Aneddotica, di Andrea Zhok
A volte la banalità del quotidiano illustra più delle parole_Giuseppe Germinario
ANEDDOTICA
1) Madre porta il figlio quattordicenne a fare la vaccinazione contro l’encefalite da zecca.
L’infermiera, mentre armeggia per preparare le fiale:
“O che bel ragazzo. Ma l’hai fatta la vaccinazione per il Covid? Come no?”
Madre: “Stiamo valutando la situazione per qualche mese, perché i dati sulla sicurezza dei vaccini non sono del tutto tranquillizzanti.”
Infermiera: “Ma come! Hanno fatto tutte le prove! E poi guardi che con la variante Delta vanno in ospedale un sacco di ragazzi!”
Madre: “Scusi, ma dove ha trovato detto che vanno in ospedale un sacco di ragazzi?”
Infermiera: “Ah, guardi, io non ce l’ho neanche la televisione; leggo i giornali e c’è scritto tutto là”
Madre: “Capisco. Lei sta spaventando i miei figli. Se vuole fare la vaccinazione per cui siamo venuti proceda, altrimenti ce ne andiamo.” – “Ah, va bene, va bene.”
2) Un conoscente porta la sorella in ospedale perché ha avuto uno svenimento e le dolgono fortemente le articolazioni.
Riferisce al medico che quarantotto ore prima hanno fatto la seconda dose di vaccino.
Replica del medico:
“Ma cosa cerca di dimostrare? Ma siete Novax?”
3) L’amico B. ha il cognato che è anestesista, e che insiste perché si vaccini.
B.: “Ci sto pensando, ma perché insisti tanto? Credi che sia tanto a rischio?”
Cognato: “Non è tanto quello, è che se ti ammali, guarda che qui i non vaccinati li trattano come spazzatura. Non è che poi starei tanto tranquillo.”
4) Post di un’infermiera (con stemmone di Emergency e santino di Gino Strada):
“Ecco, questi no-green pass, no-vax, no questo e no quello, tutti leoni quando vanno in strada a protestare! E magari si accalcano, e poi tutti co…ni, quando ci arrivano qua e ci pregano di intubarli.”
Un tempo i medici formulavano il Giuramento di Ippocrate, che tra le sue clausole riporta:
“Giuro di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario.”
Ma il nostro nuovo mondo coraggioso sembra aver superato tutto questo.
L’aria che tira è che oggi – anche se lavoro grazie alle tue tasse – però mi sento giustificato a curarti solo se mi convinci di essere dalla parte dei buoni, solo se sei dalla parte giusta, la mia.
Altrimenti sei un subumano e ho il buon diritto – diciamocelo, lo spiegano anche i giornali – di fare di te un po’ quello che mi pare (tanto se vieni qua, il coltello dalla parte del manico ce l’ho io).
Sono certo che molti medici inorridiscano come inorridisco io di fronte a questi episodi, a questi atteggiamenti, che vediamo testimoniati anche quotidianamente sui media.
Però allora dovrebbero forse non solo inorridire privatamente, ma anche alzare la voce.
Non so se un giorno realizzeremo fino in fondo quanto male è stato causato nella società italiana, non dal Covid – che è pure una malattia insidiosa – ma dall’oscena gestione politico-sanitaria del Covid stesso (soprattutto recente).
Non so se capiremo quanto fango umano, quanto fascismo profondo, quanta frustrazione pronta a scattare in odio e prevaricazione soddisfatta di sé sia stata portata a galla da queste vicende.
Io comunque mi faccio il fioretto di non dimenticarlo.
Perché il Green Pass – nella forma che ha preso in Italia – è un’iniziativa inaccettabile e va abrogato?
Abbiamo speso molte parole, forse troppe, per spiegarne contorni, implicazioni, per mostrarne il pessimo significato politico, morale e strategico.
Proviamo ora a prendere la strada di un argomento minimalista, diretto, forse più comprensibile.
1) Premessa: Il requisito di Green Pass rappresenta una grave violazione della libertà personale. Vietare l’accesso di un ragazzo ad una biblioteca o ad una palestra, di uno studente all’università, o addirittura minacciare con la perdita del lavoro e del salario un insegnante sono atti di estrema gravità, discriminazioni pesantissime, non formalismi, non bazzecole.
2) Per giustificare un atto discriminatorio di questa gravità ci devono essere motivazioni a prova di bomba, non congetture, non illazioni, non auspici. Una simile limitazione della libertà può essere giustificata solo se è incontestabile che essa sia l’unico, o almeno il migliore, metodo disponibile per evitare che la libertà di qualcuno (il discriminato) produca un danno a qualcun altro (l’incluso).
Questo sfondo motivazionale richiede due condizioni:
2.1) Dev’essere manifesto che l’accesso dell’escluso (no GP) ad un certo luogo possa creare un danno ai presenti che l’accesso dell’incluso (sì GP) non crea.
Così, se un bambino è malato e la sua malattia è contagiosa possiamo dover ricorrere alla sua esclusione dalla classe, sulla base del fatto che il suo accesso alla classe metterebbe a repentaglio la salute altrui, mentre l’accesso di un bambino sano non lo farebbe.
2.2) Dev’essere parimenti incontrovertibile che non vi sono strade alternative, egualmente percorribili, che potrebbero permettere di non procedere con l’atto di esclusione.
Nel caso in cui esistesse un modo semplice e non oneroso per fare in modo che il bambino non risultasse più contagioso per gli altri, insistere nel non ammetterlo sarebbe un atto ingiustificabilmente discriminatorio.
3) Né il primo punto, né il secondo corrispondono allo stato di cose nella presente fattispecie del Green Pass “anti-Covid”, focalizzato sull’avvenuta vaccinazione.
3.1) In primo luogo non è vero che l’accesso, supponiamo, di uno studente non vaccinato rappresenti una minaccia alla salute dei presenti in un’aula che uno studente vaccinato non rappresenterebbe.
L’ipotesi su cui si poteva fondare una procedura del genere è che, come avviene per altri vaccini, anche qui il vaccino eliminasse la possibilità che il vaccinato risulti contagioso. Questo fatto è però oggi smentito al di là di ogni ragionevole dubbio: i vaccinati con gli attuali vaccini anti-Covid possono perfettamente trasmettere il virus. Dati epidemiologici e test di laboratorio provenienti da vari paesi lo hanno ampiamente confermato.
Circa quanto e come avvenga la diffusione, i dati sono ancora controversi. Alcuni studi testimoniano la presenza di un’equivalente carica infettante nei soggetti vaccinati e non vaccinati (vedi riferimenti nei commenti); a ciò alcuni replicano che però, forse, la durata della contagiosità è minore; altri replicano che, al contrario, la rilevante permanenza del virus nel cavo orofaringeo in assenza di sintomi, tenuti sotto controllo dal vaccino, fa dei vaccinati dei superdiffusori.
Qui siamo sul piano delle congetture.
Il dato solido è che un non vaccinato che entri in un ambiente di vaccinati può forse temere per sé (loro sono protetti, lui no), ma di principio non rappresenta una minaccia ai vaccinati diversa da quella che sarebbe rappresentata dall’ingresso di un ulteriore vaccinato.
3.2) Ma prima di lanciarci nell’usuale lotta a base di congetture, chiediamoci se la soluzione discriminante che è stata adottata non abbia alternative. Ora, si dà il caso che un’alternativa non discriminante, e soprattutto molto più sicura per tutti, esiste. Se vogliamo davvero minimizzare i rischi di contagio in certi ambienti la strada maestra non è il vaccino, ma un tampone rapido per tutti. E’ un’opzione adottata peraltro in molti paesi. In Austria, ad esempio, se vuoi accedere ad una palestra o alle terme o a un concerto fai un tampone salivare all’ingresso (gratuito), o porti il risultato di uno recente. Questo metodo è semplice, non invasivo, non oneroso, non discrimina nessuno ed è di gran lunga una garanzia di contenimento dei contagi migliore.
4) Conclusione.
Se l’intento del Green Pass è quello dichiarato di fornire un presidio di sicurezza, la sua attuale forma è fallimentare, ingiustificabile, e gravemente discriminatoria: non garantisce nulla in termini di ridotto accesso del virus in certi ambienti e trascura soluzioni alternative che forniscono garanzie molto superiori.
Naturalmente se l’intento non è quello dichiarato, allora si spiega il carattere punitivo riservato alla strategia dei tamponi, concepiti come una piccola tortura (tampone molecolare nasale) a carico del cittadino (abbiamo i tamponi più cari d’Europa).
Ma qui entriamo su un piano squisitamente politico, di cui le argomentazioni di salute pubblica rappresentano semplicemente la foglia di fico, e di cui abbiamo discusso altre volte.