CORONAVIRUS E STATO D’ECCEZIONE, di Teodoro Klitsche de la Grange

CORONAVIRUS E STATO D’ECCEZIONE

Da quando si è profilata l’emergenza sanitaria, la celebre affermazione di Carl Schmitt “sovrano è chi decide dello stato di eccezione” è stata ripetuta tante volte e in modo bipartisan, dalla destra alla sinistra. Qualcuno l’ha fatto – come sempre nelle affermazioni politiche – per sostenere più poteri al governo che alle regioni (per lo più a direzione politica avversa) altri per diverse ragioni.

Approfittando che sta sulla cresta dell’onda, ricordiamo quanto scrive Schmitt, e ancor più il suo allievo Fortsthoff, sul carattere delle “misure” che il sovrano (o comunque i poteri pubblici) prendono in casi di emergenza.

Sostiene Forsthoff che tali misure vanno ricondotte al concetto di “provvedimento”. Citando Schmitt scrive che è “tipico del provvedimento «che il procedimento sia determinato, nel suo contenuto, da un dato di fatto concreto e sia completamente permeato da uno scopo obiettivo». Perciò contrappone il provvedimento alla decisione emessa nella dovuta forma di un regolare procedimento ed alla norma di legge, «se essa esprime essenzialmente un principio di diritto, cioè se essa vuole essere soprattutto giusta, permeata dall’idea di diritto»… Caratteristica del provvedimento è una specifica relazione tra mezzo e scopo. Il provvedimento è diretto ad un determinato scopo, A questo scopo sono adattati e subordinati i mezzi che sono usati per il suo raggiungimento” mentre “la sentenza giudiziaria in quanto è presa «in base al diritto» sta al di sopra della adeguatezza allo scopo e del perseguimento di esso, che distinguono il provvedimento”; mentre nella legge scopo e idea di giustizia sono ambo presenti “La norma giuridica può essere creata per regolare un rapporto della vita in modo adeguato, cioè in conformità ad uno scopo ed in corrispondenza alle idee correnti di giustizia. Una tale legge, nel suo complesso, è sottratta alla determinazione di uno scopo, poiché contiene in se stessa un valore”. Quindi “L’ordinamento non è mai solo mezzo a scopo, esso ha un proprio valore”. Lo scopo, che in altri atti giuridici ha un ruolo di comprimario o subordinato, nelle misure d’eccezioni è determinante; l’idoneità delle stesse è commisurata alla congruità a conseguire lo scopo.

Ne consegue che la “tavola dei valori” o “le idee di giustizia” che informano ogni ordinamento sono qui subordinate. Il perché è chiaro: allorquando è in gioco l’esistenza e/o beni pubblici essenziali come la vita, la sicurezza collettiva, il resto, come l’intendenza di De Gaulle, segue. Dov’è che le misure hanno la propria validità e legittimità? La prima nell’essere adeguate allo scopo (“razionali rispetto allo scopo” avrebbe scritto Max Weber), la seconda nell’essere prese da un’autorità che goda di fiducia e largo consenso.

In questo senso la vicenda del coronavirus è iniziata proprio male. Ai governatori leghisti delle regioni del Nord che chiedono di mettere in quarantena gli studenti, di qualsiasi nazionalità, provenienti dalla Cina, il segretario Dem replicava “Allarmismi ridicoli… il governo ha già sospeso i voli provenienti dalla Cina, dunque non si capisce come i bambini possano arrivare” (fonte “Il Messaggero”); e una loquace deputata Dem “i governatori fomentano panico e intolleranza”; la Ministra Azzolina “Il governo si è mosso immediatamente e voglio tranquillizzare tutti perché la propaganda non fa assolutamente bene: non ci sono motivazioni al momento per pensare di escludere gli alunni dalla scuola” (fonte: “Il Messaggero”).

Il Presidente Conte, forse per non essere tacciato di sovranismo, rimanda tutto a presidi e primari “Ci dobbiamo fidare delle autorità scolastiche e sanitarie, se ci dicono che non ci sono le condizioni per il provvedimento in discussione invito i governatori del nord a fidarsi di chi ha specifica competenza”, senza porsi il problema di cosa succede se i presidi e i primari non avessero la stessa opinione (dato il numero è impossibile che ne abbiano una condivisa da tutti).

È chiaro che tutte queste affermazioni erano condizionate dalla ideologia e dalla lotta politica: accoglienze e frontiere aperte versus sovranismo e frontiere chiuse. Cioè erano proprio il contrario di quello che una misura d’emergenza deve essere. Il fatto che (almeno) dai tempi di Boccaccio e della peste nera è noto che l’isolamento è un efficace strumento di riduzione del contagio e che il virus se ne impipa delle divisioni politiche ed ideologiche, così come i mezzi per combatterlo; l’agente patogeno non è antifascista o anticomunista, ma semplicemente (e banalmente) pericoloso come terremoti, inondazioni (e altro).

Resta il fatto che dopo poche settimane Conte ha chiuso province, regioni, scuole e, da ultimo, tutta Italia dimenticandosi di governatori, presidi e primari: probabilmente ha fatto bene, ma ci sono volute – per farlo – diverse settimane nelle quali il coronavirus non ha trovato ostacoli, o ne ha trovati meno.

E rimane il problema della fiducia che può ispirare ai cittadini una maggioranza ed un governo che fa di una questione essenzialmente “tecnica” (nel senso indicato) una faccenda politico-ideologica: sarebbe meglio che facessero tesoro dell’intera lezione di Schmitt e Forsthoff (e Weber) sul punto.

Teodoro Klitsche de la Grange