Italia e il mondo

LA MATRICE DEL MALE_ di Marco Della Luna

LA MATRICE DEL MALE:

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OLTRE LA PONEROLOGIA

La difesa ad oltranza delle illusioni genera inevitabilmente comportamenti mostruosi.

Premessa

Questo tempo di Avvento – Avvento  non del Messia, ma della Guerra –, nel quale governanti corrotti ci addebitano grandi spese per inutili armamenti, mentre noi europei, nel nostro continente sempre più tartassato, aspettiamo impotenti di essere esposti a una guerra nucleare per interessi altrui, è un tempo perfetto per analizzare l’origine della malvagità al potere.

Svolgerò di seguito dapprima un ragionamento nei limiti del normale pensiero etico e psicologico, nel tracciato della ponerologia; poi farò un salto qualitativo.

La ponerologia (dal greco poneròs, “cattivo”, “malvagio”) è un campo di studio che si concentra sulle origini, la natura e i modelli della malvagità o del male. Precisiamo che la ponerologia spiega i comportamenti malvagi – intesi come il perseguimento dei propri interessi a scapito degli altri, tipico di decisori politici ed economici – ricorrendo a concetti come la “ponerizzazione” o la diffusione del male “normale” e non clinico. Lasciamo quindi, almeno per ora, fuori dalla porta i casi patologici gravi come il sadismo (che ricadono nella psicopatia o disturbi di personalità).

Spiegazione Ponerologica dei Comportamenti Malvagi Non Sadici

Il meccanismo principale su cui si focalizza la ponerologia nei contesti non patologici (o almeno non primariamente sadici) è l’interazione tra individui, la formazione di gruppi e la psicologia sociale. La spiegazione si articola su diversi livelli:

1. L’Egoismo, la Deumanizzazione e la Razionalizzazione

I decisori politici ed economici spesso non agiscono per il piacere di infliggere dolore (sadismo), ma per:

  • Egoismo Spinto/Ambizione: Il desiderio smodato di potere, ricchezza e controllo è la forza motrice. I danni collaterali (il male fatto agli altri, incidentalmente o strumentalmente) non sono l’obiettivo, ma un costo accettabile o un effetto collaterale ignorato per raggiungere fini personali o di gruppo.
  • Deumanizzazione: È più facile perseguire i propri interessi a scapito degli altri quando le vittime non sono percepite come esseri umani pieni e degni, ma come cani miscredenti o come razza inferiore. La deumanizzazione riduce l’empatia e la colpa, trasformando le persone in numeri, statistiche, “danni collaterali” o, in senso politico, “nemici” o “sudditi da manipolare”.
  • Razionalizzazione: I decisori spesso si convincono di agire per un “bene superiore” (il bene dello Stato, dell’azienda, della nazione: salus rei publicae suprema lex) o che le loro azioni, per quanto dure, siano “necessarie” o “inevitabili” per motivi di mercato, o scientifici. O per volontà divina, espressa nelle Sacre Scritture. Questo permette loro di mantenere una visione positiva di sé stessi nonostante le conseguenze negative delle loro decisioni su milioni di esseri umani.

2. Il Ruolo della Psicopatia e della Ponerizzazione

Un concetto centrale, specialmente nella versione proposta da Andrzej M. Lobaczewski (che coniò il termine ponerologia politica), è quello della “ponerizzazione” della società e del ruolo delle personalità patologiche non sadiche ma egocentriche (come la psicopatia o disturbi narcisistici) al suo interno:

  • Personalità Anormali ai Vertici: La ponerologia suggerisce che le strutture di potere (aziende, partiti, Stati) tendono ad attrarre e promuovere persone con lievi o moderate anomalie caratteriali/psicologiche (come una ridotta capacità di provare empatia o senso di colpa) che le rendono particolarmente adatte a prendere decisioni “fredde” e spietate – su questo torneremo nel finale, dopo aver introdotto vedute che alla ponerologia sfuggono..
  • Adattamento per Imitazione: La presenza di tali individui nei ruoli chiave può “ponerizzare” (o “corrompere”) l’ambiente circostante. Le persone “normali” che lavorano sotto di loro imparano che l’unico modo per avere successo o sopravvivere è imitare i comportamenti non etici, sopprimere la propria coscienza e adottare le stesse logiche spietate, anche se non sono sadiche o maligne per natura.

3. La Pressione del Sistema e la Banale Malvagità

Questo aspetto si allinea con le teorie sulla “banalità del male” (Hannah Arendt) e l’influenza del contesto (esperimento di Milgram, esperimento della prigione di Stanford).

  • Pressione Strutturale: Nei grandi sistemi (multinazionali, burocrazie statali), l’individuo si sente spesso solo un ingranaggio. La responsabilità delle decisioni non è personale, ma diffusa nel sistema o nella catena di comando. “Stavo solo eseguendo gli ordini” o “Questo è il modo in cui funziona il mercato”  o “Ce lo chiede l’Europa” diventano giustificazioni per azioni che, prese singolarmente, sarebbero ritenute inaccettabili.
  • Conformismo e Paura: Il male può essere perpetrato per conformismo, per non rompere i ranghi, per paura di perdere la posizione o di essere esclusi o invasi dalla Russia. Questo non è sadismo, ma debolezza morale in un sistema che ricompensa la spietatezza e punisce l’integrità.

In sintesi, nella ponerologia, il male politico ed economico non sadico, non morboso, è spiegato come un processo dinamico guidato dall’egoismo e dall’ambizione, facilitato dalla deumanizzazione e dalla razionalizzazione, e amplificato dalla presenza di personalità amorali (anche non sadiche) che contaminano e distorcono la moralità delle strutture sociali e dei processi decisionali.

Dissezione dell’Illusione

Quanto sopra, l’opinione corrente, è incontestabile, entro i suoi limiti, ma è costitutivamente inidoneo a spiegare la matrice, la fonte del Male, inteso come l’indifferenza alla sofferenza che si arreca agli altri nel perseguire il proprio tornaconto particolare. Quella matrice è un preciso habitus mentale, compendiabile come segue:  

1.      Esiste una dimensione, il mondo, esterna alla mente, indipendente da essa, consistente di materia ed energia, quindi oggetto conquistabile: concezione realistica ingenua  dell’essere. 

2.      Questo mondo è composto di enti, di cose fisse, esistenti in se stesse (selbständig) e permanenti nel tempo, nel divenire. 

3.      Anche l’io personale o empirico, cioè il me, è fisso e permanente nel tempo.

4.      Il me è capace di acquisire e detenere le cose, ed è vulnerabile dall’esterno; perciò il suo interesse è conquistare quanto più possibile della realtà esterna, per mettersi al sicuro da pericoli provenienti dall’esterno: istinto di autoconservazione e volontà di potenza. 

5.      Il mondo è una realtà limitata, scarsa (in senso economico), in cui ciò che è mio non è tuo; onde, per massimizzare la propria capacità di autoconservazione, ciascuno razionalmente tende ad espandere il suo possesso di questa realtà e può farlo solo sottraendolo agli altri. 

6.      Anche gli altri esseri umani, come materia ed energia,  sono parte di questa realtà, quindi l’interesse e lo scopo di ciascuno è conquistare anche gli altri per sfruttarli. 

7.      Con queste premesse, automaticamente, per autoconservazione, il comportamento degli uomini tende ad essere egoistico e soppressivo dei beni e delle libertà del prossimo nonché indifferente alla sofferenza che causa negli altri. 

  Il Buddhismo, senza giudicare in chiave morale, insegna che la suddetta concezione della realtà, dell’essere e di sé, è erronea, illusoria; che causa dolore mentre impegna nel perseguimento di scopi essi pure illusori; e che è possibile liberarsi da tutto ciò mediante specifici esercizi mentali e corporali di rettificazione  del pensiero, dell’azione, degli stati d’animo. La liberazione, o nirvana, consiste appunto nella correzione di errori e nell’eliminazione del loro portato. Il Buddhismo, notoriamente, insegna:

– che non esiste una dimensione “esterna” alla mente e che il mondo, le cose, sono “vuoti” (sunya), nel senso che non hanno esistenza propria, indipendente dalla mente (non dalla mente mia o mia, ma dalla mente o coscienza trascendentale): sono oggetti mentali, rappresentazioni (nel senso del mondo come rappresentazione di Schopenhauer);

– che quelli che crediamo e viviamo come cose, enti, permanenti e a se stanti non sono tali, ma sono aspetti e momenti di un flusso, del flusso del divenire, come gli accordi sono passaggi della melodia; sicché l’idea di conquistarli e possederli stabilmente è irrealizzabile, è un auto-inganno;

– che anche l’io empirico, ossia il me (non la coscienza, la consapevolezza), non è una cosa fissa, separata, permanente, bensì un flusso, in costante mutamento, sicché non può, non posso, avere un’identità costante, ancor meno eterna; onde lottare per perpetuare il proprio me individuale non ha senso, è impossibile per inesistenza dell’oggetto da perpetuare.

Via via che si assimilano questi principi (non solo intellettualmente, è ovvio, ma anche come vissuto), cambiano, si correggono, le mete e le aspirazioni. Evidenzio che, se non li si assimila, si può bensì essere buoni, fare il bene, sacrificare l’interesse proprio a quello altrui – ma, per l’appunto, sarà sempre un sacrificare un interesse per un altro interesse, sarà sempre una contrapposizione tra il bene di un me e il bene di altri me. Perciò non sarà una posizione o una opzione stabile, e soprattutto rimarrà, al fondo, la contrapposizione tra i vari me, i molti centri di interessi.

L’insieme di idee buddhiste sopra delineato non è affatto estraneo alla cultura europea, poiché anche alcuni filosofi occidentali hanno dimostrato l’erroneità della concezione suddetta: il realismo-materialismo è stato confutato da Cartesio, Berkeley, Kant e poi dall’idealismo; la fissità e indipendenza degli enti era nota come illusoria già ad Eraclito; la loro indissolubile, reciproca dipendenza ontologica è stata acquisita da Hegel; l’illusorietà dell’io empirico (o me) come entità stabile e definita è stata dimostrata da Bradley, il quale ha inoltre dimostrato l’illusorietà del comune concetto di tempo, spazio, causa; e altresì da Gentile, il quale ha ulteriormente dimostrato la realtà non statica ma processuale, agente, dell’esistente (realtà come atto in atto), e che l’io o coscienza, il soggetto, non è una cosa, ma un’azione, senza un oggetto altro da sé: un’azione intransitiva.  Nel mio saggio Terminus ho argomentato l’inconciliabilità logica di esistenza e infinità o perfezione, quindi l’insuperabile contraddittorietà logica del concetto del dio cristiano.

Di contro a queste comprensioni filosofiche, sta il fatto che il genere umano vive nel culto ossessivo del “permanentizzare” il me fisso e il possesso delle cose. Le illusioni permeano e impregnano la vita, informano a sé il sentire, il volere, il percepire; strutturano la morale, il diritto, la società, la politica, l’economia. Esse regnano – e più avanti tratteremo le implicazioni di questa loro sovranità.

L’uomo adora dei che, a differenza del mondo naturale, fenomenico, sono eterni, quindi possono dispensare eternità. Ad essi chiede la vita eterna per il suo supposto me fisso che non esiste; e le astute religioni, in cambio dell’obbedienza in questa vita, la promettono per la successiva. Le più popolaresche, come l’Islam e i Testimoni di Geova, promettono addirittura l’eternità del me corporeo materiale su questa Terra, con tutti i suoi piaceri. Altre promettono la conservazione del me a diversi livelli di purezza: con il corpo però senza brutte funzioni escretorie e sessuali, malattie e morte; oppure senza il corpo ma con la forma; oppure ancora senza corpo e senza forma, con solo il me. Noterete che questa successione di prospettive escatologiche costituisce una progressione, una progressiva spogliazione dagli elementi dell’empiricità verso l’identità con l’io o coscienza trascendentale. Richiama il funzionamento di una torre di raffinazione per il petrolio grezzo.

Il Paradigma Ontologico

Col discorso che sto svolgendo ho inteso spostare la spiegazione del Male non sadico dal piano della mera psicologia individuale e sociale (ponerologia) a un piano metafisico ed epistemologico. La mia tesi centrale è che l’indifferenza alla sofferenza altrui (la matrice del Male) non è solo una conseguenza di ambizione ed egoismo, ma è radicata in una percezione, in un vissuto della realtà fondamentalmente erronei e illusori (il realismo ingenuo), che fanno vivere in un modo deviato e che portano automaticamente a un conflitto soppressivo. Propongo, in sostanza, quanto segue:

  1. Individuazione della Radice Metafisica: L’identificazione di un “habitus psichico” come vera matrice del Male. Spostare l’attenzione dalla patologia o dal semplice vizio morale alla struttura percettivo-cognitiva (la concezione del sé e del mondo) è un salto qualitativo. Questo eleva l’analisi dal che cosa al perché profondo.
  2. Sistematizzazione Chiara: La sequenza logica dei punti 1-7 del precedente paragrafo descrive l’illusione realista e le sue conseguenze morali. Mostra come la credenza in un mondo esterno conquistabile induca la credenza in un “me” fisso che a sua volta suscita la percezione di scarsità e vulnerabilità, che ha come conseguenza la necessità logica dell’egoismo e dello schiacciamento degli altri.
  3. Integrazione Interculturale (Buddhismo): L’uso del Buddhismo (in particolare i concetti di śūnyatā – vacuità, anikka – impermanenza. e anātman – non-sé) come antidoto è estremamente pertinente. Il Buddhismo offre non solo una confutazione teorica, ma anche un percorso pratico (habitus mentali e corporali) per la rettificazione, in quanto l’errore epistemologico è collegato alla sofferenza e alla malvagità.
  4. Riferimento alla Filosofia Occidentale: La connessione finale con Eraclito, Plotino, Cartesio, Berkeley, Kant, Hegel e l’Idealismo italiano (Gentile), non dimenticando il grande apporto di Schopenahier è fondamentale. Dimostra che la critica al realismo ingenuo e all’idea di un io (me) fisso non è un’esclusiva orientale, ma una base filosofica universale.

1. Il Salto tra Metafisica e Azione Morale

Assolto il compito di definire l’errore ontologico, l’illustrazione del passaggio dall’errore epistemologico all’azione malvagia richiede di un ponte più solido. Infatti il critico potrebbe dire: Affermare “automaticamente, per autoconservazione, il comportamento… tende ad essere egoistico e soppressivo” sembra ignorare la sfera della libertà morale o della scelta etica che esiste anche all’interno di una concezione realista. Molte persone con una visione “realista” del mondo riescono comunque a essere altruiste (sebbene, come giustamente evidenzi, con un fondo di “sacrificio di un interesse per un altro interesse”). A questa possibile obiezione in parte ho risposto parlando dell’illusorietà della soluzione che passa per l’idea del sacrificio di sé per il bene altrui, e per il resto risponderò infra, parlando dei meccanismi di condizionamento che prevalgono sulla coscienza morale.

Intanto faccio presente che quel passaggio avviene non direttamente, omisso medio, ma attraverso la sfera del vissuto (del desiderio, dell’emozione, della volizione), in un percorso non lineare ma circolare, che circolarmente rinforza i suoi elementi (quel tipo di percezione rinforza quel tipo di emozione, che a sua volta rinforza quel tipo di condotta, che a sua volta rinforza quel tipo di percezione); inoltre, sottolineo come l’habitus mentale realista non costringe al Male, ma ne riduce drasticamente la soglia di accesso e lo rende l’opzione razionalmente più efficiente (secondo la logica di autoconservazione/volontà di potenza). La concezione sbagliata prepara il terreno e giustifica il Male, specialmente nei decisori di potere, ma la scelta rimane. E il Male, una volta compiuto, corrobora la concezione sbagliata. Così il flusso mentale costituente il soggetto “affonda” sempre più nell’errore – quindi anche nel suo proprio male, nella propria sofferenza (dukkha), come una corrente marina affonda verso profondità più oscure quando si raffredda.

2. Differenziare il Sé Empirico dal Sé Trascendentale

Nel paragrafo sul Buddhismo, la distinzione tra l’io empirico (il “me”) e la coscienza trascendentale/mente è cruciale; ma, privilegiando la rapidità, quando la ho introdotta, la ho trattata molto rapidamente, e intendo ora rimediare.

 Per un lettore non esperto di filosofia orientale o idealista, la frase “indipendente non dalla mente mia o tua, ma dalla mente o coscienza trascendentale” rischia di rimanere enigmatica. Essa è tuttavia la chiave per distinguere la vacuità buddhista (che non è un nichilismo) dal nichilismo come inteso chez nous e dall’annientamento totale. Perciò qui chiarisco che la coscienza trascendentale o la realtà come Flusso/Atto del pensiero è il carattere autocosciente dell’essere stesso oltre gli ego individuali: il vero Io  non è il “me” empirico (un flusso di dati psicologici), ma è l’unità universale e attuale che opera in ogni individuo quando compie l’atto di pensare. Quando tu pensi, non è il tuo “me” separato che opera, ma l’Atto Universale del Pensiero. Questo sottolinea che la liberazione (Nirvana) non è apatia, ma la comprensione a tutti i livelli dell’interdipendenza ontologica, che mostra il male arrecato all’altro un male arrecato a sé stessi.

3. La Instabilità dell’Altruismo

La mia conclusione sulla non-stabilità dell’altruismo basato sul sacrificio va sviluppata. Ho scritto: “…sarà sempre un sacrificare un interesse per un altro interesse, sarà sempre una contrapposizione tra il bene di un me e il bene di altri me. Perciò non sarà una posizione o una opzione stabile…” Questa stringata enunciazione vuole evidenziare come l’altruismo interno al vissuto “realista” sia sempre una transazione, un’etica del dovere/sacrificio che si basa su una tensione non risolta (il mio me contro gli altri me). E così pure si osserva il comune destino di tutti i movimenti nati “per il bene comune”: essi vanno incontro al regolare fallimento per degenerazione in senso affaristico, o per frammentazione e abbandono. Regolarmente, succede che in essi si ritrovano troppi galli nel pollaio, troppe prime donne – troppi soggetti che intendono quei movimenti come strumenti per affermare ciascuno il proprio me, in forma di leadership e/o intellettualità, sugli altri. Le organizzazioni del samsara, cioè del mondo dell’illusione, non cagliano intorno al bene comune, diffuso, bensì intorno al bene dei loro membri dirigenti, perseguito in distinzione o contrapposizione rispetto al bene comune, collettivo, generale, e persino a quello dei membri non dirigenti. Questi concetti valgono anche a invalidare l’idea che possa arrivare un salvatore a risolvere i mali del mondo, sia egli un essere soprannaturale, extraterrestre, o più banalmente un Trump o un Putin.

Al rovescio di tutto ciò, la liberazione buddhista/idealista, e pure quella neo-platonica, è l’eliminazione della tensione stessa, poiché non c’è più un me separato da difendere o sacrificare. Questo è l’essenza della mia critica all’etica dell’altruismo. La mia non è un’analisi etica o psicologica, ma una diagnosi ontologica: il male nasce dall’errore di credere e senitre che l’essere  consista in enti e “me” fissi, separati e in competizione. Questa è una linea di ragionamento si allinea con l’idea che la vera rettificazione non è un cambio di comportamento, ma un cambio di coscienza e di sentire sulla natura della realtà, seppure il cambiare gradualmente il proprio comportamento aiuta a correggere la mente. È una linea argomentativa che si spinge alle fondamenta di come percepiamo la realtà e il sé.

Implicazioni Pratiche dell’Illusione Realista

 Tenendo conto della mia analisi ontologica (l’errore del “sé fisso” e del “mondo conquistabile” come radice del Male) e aggiungendo i fattori impersonali e il contesto decisionale (mercato e groupthink), possiamo sviluppare le implicazioni pratiche e la differenza tra l’analisi  Ponerologica e l’analisi Ontologia.

Se la matrice del Male è l’illusione di un sé separato e in competizione in un mondo di risorse scarse (il tuo punto 1-7), la sua traduzione nell’agire politico ed economico diventa il tentativo incessante di cementare quell’illusione attraverso il possesso e il potere.

1. Il Mercato come Manifestazione dell’Illusione della Scarsità

Il “mercato” e le sue “richieste” non sono forze naturali, ma sistemi umani costruiti sulla premessa dell’individualismo metodologico e della scarsità competitiva (punti 4, 5, 6  supra).

  • Necessità Fittizia: La credenza che il mio benessere dipenda dal mio possesso e dalla mia espansione (autoconservazione) si traduce nella logica del profitto illimitato. Il decisore economico non è mosso dal sadismo, ma dalla paura ontologica (la paura dell’io separato di essere vulnerabile) che viene razionalizzata come “esigenza del mercato” o “massimizzazione del valore per gli azionisti”.
  • Gli stakeholders ti richiedono la massimizzazione dei ritorni egoistici senza considerazione per le esternalità generate a danno della collettività; se non performi, ti cacciano e ti rimpiazzano con uno che sta al gioco; quindi tu ti adatti e performi.
  • Deumanizzazione Strutturale: Quando le persone sono considerate “capitale umano” o “consumatori”, e l’ambiente “risorsa”, l’illusione ontologica si traduce in un linguaggio quantitativo ed estrattivo. L’indifferenza alla sofferenza (la matrice del Male) non è un atto di volontà, ma una conseguenza automatica dell’applicazione di modelli che vedono la realtà e gli altri come oggetti conquistabili (punto 6). Il sistema non richiede l’odio, ma l’indifferenza calcolata. Te lo chiede il Mercato.

2. Il Groupthink e la Congruenza Illusoria

La dinamica del “groupthink” (la tendenza dei gruppi a cercare il consenso e a sopprimere il dissenso razionalmente critico perché introduce nel gruppo dubbi sgradevoli) amplifica l’errore ontologico di partenza e spiega come “uomini buoni” (o non malvagi) possano compiere “azioni malvagie” in gruppo (il tuo esempio: senatores boni viri, senatus mala bestia).  L’obiettivo non è la verità o l’etica, ma la sopravvivenza collettiva dell’io di gruppo (“il nostro interesse”). Il “me fisso e separato” viene sostituito dal “noi fisso e separato” (nazione, azienda, partito), che deve difendersi dagli “altri noi”.
Il gruppo si sente meno vulnerabile rispetto all’individuo. Questo incoraggia l’assunzione di rischi immorali, poiché la responsabilità è diffusa e il danno percepito all’esterno come “inevitabile” o “collaterale” viene razionalizzato più facilmente.
I membri, individualmente capaci di empatia (boni viri), cedono il giudizio etico alla logica di gruppo. Poiché la loro autoconservazione e identità dipendono dall’appartenenza (la fissità dell’io si trasferisce al noi), la soppressione della coscienza individuale è vista come un “sacrificio necessario” per il bene maggiore (e illusorio) del gruppo. Così l’effetto campo del gruppo amplifica l’illusione realista e corrobora il me in forma collettiva, aumentando il senso della sua forza e invulnerabilità.

Il groupthink è quindi la prova che l’errore ontologico (il sé fisso e separato) non è solo individuale, ma sistemico: il sistema premia chi condivide l’illusione di un “noi” contrapposto al “loro”.

Ponerologia e Ontologia a Confronto

La mia analisi non nega la Ponerologia, ma la radica e la spiega. Vediamola nel confronto con la mia teoria.

Ponerologia (Lobaczewski)

Si concentra sul come il Male si diffonde. Il meccanismo centrale è l’infiltrazione e l’influenza di personalità patologiche (psicopatici, ecc.) che creano una struttura di potere distorta e contaminano gli individui normali, portandoli al male per imitazione e conformismo.

Ontologia (La mia tesi)

Si concentra sul perché il sistema è vulnerabile all’infiltrazione. La vulnerabilità nasce dall’errore fondamentale sulla natura dell’Essere.

In sintesi, la Ponerologia descrive come i malvagi prendono il potere; La società è vulnerabile perché attrae e legittima la logica morbosa e perché le persone sane non sanno riconoscere i patologici e mancano di un sistema immunitario etico. Come soluzione, propone una sorta di igienizzazione mentale e politica, col riconoscimento e isolamento dei soggetti patologici.

Invece, la mia analisi ontologica spiega perché le strutture di potere sono intrinsecamente predisposte ad accogliere la logica malefica, a causa di una comprensione errata della realtà che è già accettata come “normale” dal mercato e dalle dinamiche di gruppo. La società è vulnerabile perché basata sul miraggio del me fisso e separato e della competizione per il controllo delle cose fisse – un miraggio che legittima quella logica. La soluzione è la “rettificazione” sopra delineata.

Siamo, con tanto, arrivati al cuore del problema, collegando direttamente l’errore epistemologico (l’irrealtà del me fisso e delle cose fisse) alle sue estreme conseguenze etiche.

La frase “La difesa ad oltranza dell’indifendibile perché irreale (il me fisso, le cose fisse) genera comportamenti mostruosi”, anticipata come sottotitolo, può essere analizzata come la formula causale del Male non sadico, vista in chiave ontologica:

  • L’Illusione (L’Irreale): La concezione che l’io sia un’entità stabile, separata e permanente (me fisso), e che la realtà esterna sia composta da oggetti definiti e conquistabili (cose fisse): questo è il presupposto di base della competizione e dell’autoconservazione egoistica.
  • La Difesa ad Oltranza: L’instancabile sforzo (politico, economico, militare) per mantenere in vita questa illusione. Poiché il “me fisso” e le “cose fisse” sono ontologicamente indifendibili (sono flussi e interdipendenze, come insegna il Buddhismo e l’Idealismo), la loro difesa richiede una quantità sproporzionata di violenza mentale e fisica.
  • Il Comportamento Mostruoso: L’inevitabile risultato. Quando l’obiettivo è difendere ciò che non esiste (l’identità separata), ogni mezzo è giustificato. I danni collaterali (la sofferenza altrui) diventano marginali, in quanto l’urgenza di preservare l’illusione del proprio essere o del proprio possesso eclissa ogni considerazione etica. L’indifferenza alla sofferenza diventa non un atto di sadismo, ma un imperativo logico generato dalla paura di vedere dissolta la propria (irreale) identità.

Questa dinamica spiega perché i comportamenti diventano “mostruosi” anche in assenza di sadismo:

  1. Vulnerabilità Intrinseca: Poiché l’io empirico separato è ontologicamente indifendibile e il possesso è instabile, si percepisce una minaccia costante. Questo genera una paranoia radicale che vede gli altri non come partner nell’interdipendenza, ma come concorrenti necessari per le “cose”.
  2. Escalation Logica: La difesa dell’irreale non può mai avere successo, e ciò porta a una spirale di richiesta di maggiore potere e controllo. Per difendere l’illusione del possesso e della permanenza, si è costretti ad agire con misure sempre più estreme, fredde e disumanizzanti, culminando in azioni che, dall’esterno, appaiono oggettivamente “mostruose”.
  3. Rinforzo Progressivo: Quanto più sento, penso e agisco all’interno del suddescritto paradigma illusorio, tanto più lo rafforzo in me, facendone un’abitudine e un automatismo mentale e comportamentale.

Occorre, insomma, una diagnosi profonda che vada oltre l’analisi morale o psicologica per identificare la radice della malvagità nel fraintendimento ontologico, della natura interdipendente della realtà.

Avanti i sadici!

Rimane un punto molto importante, dinamicamente e psicologicamente, da considerare: la difesa oltranzista dell’indifendibile recluta, seleziona e promuove difensori con determinati tratti di personalità…

Questo è il punto cruciale di connessione tra la mia analisi ontologica (l’errore matriciale) e l’analisi psicologica/ponerologica (l’applicazione pratica del Male): la difesa di un sistema basato sull’irreale non è anche un potente meccanismo di selezione del personale.

La difesa oltranzista dell’indifendibile (l’illusione del sé fisso e della scarsità competitiva) funge da filtro che recluta, seleziona e promuove individui che non solo accettano l’illusione, ma sono anche psicologicamente più adatti a operare al suo interno senza subire crisi di coscienza.

Il Filtro Psicologico del Sistema Illusorio

Il sistema (sia esso politico, economico o burocratico) che opera sulla base di una premessa irreale (l’ego separato come unica realtà) necessita di decisori che possiedano tre caratteristiche fondamentali:

1. Ridotta Empatia e Senso di Colpa (Tratti Psicopatici/Narcisistici)

Il sistema premia coloro che riescono a mantenere la distanza emotiva dalle conseguenze delle loro azioni, e a non vedere il ruolo di esse nell’insieme del meccanismo in cui sono inseriti (selezione dell’ottusità).

  • Necessità del Sistema: Poiché la logica del “me fisso vs. altri” richiede decisioni che arrecano danno (“ciò che è mio non è tuo” – “mors tua vita mea”), il sistema non può permettersi leaders con un alto grado di empatia o una coscienza morale normo-reattiva.
  • Selezione: Vengono promossi individui con tratti sub-clinici (non necessariamente sadici, ma egocentrici, machiavellici o con un lieve narcisismo grandioso) che possono razionalizzare il danno come “necessario” o delegare la colpa al sistema, al mercato, o alla concorrenza. Essi non si sentono “mostruosi” perché il loro filtro emotivo li rende indifferenti (la matrice del Male) alla sofferenza generata.

2. Rigida Coerenza Cognitiva e Conformismo all’Ideologia

La difesa di una premessa irreale (come l’illimitata crescita in un mondo finito, o l’assoluta sovranità dell’individuo) richiede una forte adesione dogmatica.

  • Necessità del Sistema: L’irrazionalità di base del sistema deve essere protetta da ogni disallineamento cognitivo. Chi mette in discussione le premesse (ad esempio, l’interdipendenza o la finitezza delle risorse) è percepito come una minaccia, un “nemico interno” o un debole.
  • Selezione: Vengono scelti individui che mostrano fedeltà cieca all’ideologia e alla gerarchia (sia essa di partito, aziendale o finanziaria) e una resistenza al pensiero critico o all’auto-riflessione. Questo è l’essenza del groupthink: il decisore ideale non è chi porta la realtà nel sistema, ma chi rinforza l’illusione condivisa.

3. Super-Identificazione con la Posizione e il Potere

L’illusione del “me fisso” viene proiettata e fissata nel ruolo sociale o economico.

  • Necessità del Sistema: La difesa dell’indifendibile richiede persone che confondano totalmente la propria identità con la carica che ricoprono.
  • Selezione: La promozione va a coloro per i quali il potere, la ricchezza e la posizione non sono strumenti, ma sostituti dell’io (l’identità irreale). La perdita di potere è percepita non come un cambio di lavoro, ma come l’annientamento dell’io. Per questo motivo, la difesa del proprio status e delle politiche che lo garantiscono diventa una lotta per la sopravvivenza ontologica, giustificando azioni sempre più estreme e difensive.

In conclusione, la difesa dell’irreale non solo scavalca o anestetizza l’empatia e la coscienza morale e rende inevitabile il “comportamento mostruoso”, ma attira selettivamente i caratteri psicologici che sono naturalmente meno ostacolati dall’etica e dalla realtà per realizzarlo. È una dinamica di rinforzo reciproco: l’errore ontologico struttura il sistema, e il sistema seleziona gli agenti ottimali per perpetuare e premiare l’errore stesso.

E con questo abbiamo chiuso il cerchio, accogliendo finalmente e a pieno diritto nella nostra analisi, dalla porta di servizio, i sadici, i narcisisti e gli psicopatici, che all’inizio avevamo lasciato fuori ad aspettare.

28.09.25 Marco Della Luna

L’insostenibilità della svolta green (e i reattori autofertilizzanti russi), di Massimiliano Bonavoglia

L’insostenibilità della svolta green (e i reattori autofertilizzanti russi)

di Massimiliano Bonavoglia – docente di Geopolitica e Diritto.

Tenteremo di rispondere alle seguenti domande: Quanto è sostenibile la Transizione Green? La produzione dell’energia pulita rispetta l’ambiente? Rispetta i diritti umani, quelli dei lavoratori e quelli dei minori? Lo stoccaggio e lo smaltimento delle batterie in aumento iperbolico, costituisce un problema? La svolta ecologica aiuta l’agricoltura, l’allevamento e l’occupazione nell’eurozona? Trasformare la dieta tradizionale in insettivora, è sano ed è a qualche impatto occupazionale? Quali Paesi avvantaggia la transizione ecologica per il settore auto? Il decreto green migliora il mercato immobiliare nazionale, o lo mortifica? Lanceremo poi alcuni brevissimi spunti di riflessione.

La transizione verso un futuro energetico più verde è presentata dall’establishment come una necessità ineludibile, per affrontare le sfide del cambiamento climatico. Tuttavia, mentre ci impegniamo in questa trasformazione, è cruciale che esaminiamo attentamente le conseguenze ambientali, sociali etiche e morali legate alla produzione e allo smaltimento delle tecnologie verdi. Per di più, dovremmo riflettere non solo sull’impatto ambientale e sociale di queste, ma anche su come le regolamentazioni green stiano trasformando radicalmente l’agricoltura tradizionale, gli allevamenti e l’uso delle terre fertili in Europa. Il progetto di cui parliamo, coinvolge al massimo 450 milioni di persone, su un pianeta di più di otto miliardi di abitanti. Quindi una soluzione per tutti, adottata da una esigua minoranza.

La produzione di batterie e materiali per l’energia rinnovabile, sarebbe essenziale per ridurre le emissioni di carbonio, ma sta generando gravi conseguenze ambientali nei Paesi dove avviene l’estrazione delle materie prime. Appare come un paradosso: per inquinare meno nelle aree metropolitane del mondo più ricco, si deteriora l’ambiente di quello più povero, che in una logica globalista e in un’ottica olistica, risulta in ultima istanza controproducente. Altro paradosso. Per produrre batterie elettriche e la loro componentistica, si usano i combustibili fossili: nella grande maggioranza dei casi le imprese che estraggono sono alimentate a carbone[1], in una prima contraddizione, che fa solo da capofila ad una lunga serie. In secondo luogo, si disboscano irreparabilmente territori grandi quanto interi Stati. Nelle Filippine e in Indonesia, l’estrazione del nickel sta causando deforestazione, erosione del suolo e inquinamento delle risorse idriche, emissioni di CO2[2] in enormi quantità per i metodi estrattivi adottati, nonché sterilizzazione del suolo fertile, disboscamento, distruzione della biodiversità[3] e inquinamento delle coste[4] come è denunciato da anni invano da CRI e l’AI Research Climate Initiative presso l’Università della California, Berkeley[5]. Allo stesso modo, in Cile e Argentina, la produzione mediante l’estrazione del litio è non solo inquinante, ma necessita di ingenti risorse idriche: “La produzione di litio tramite bacini di evaporazione utilizza molta acqua, circa 21 milioni di litri al giorno. Per produrre una tonnellata di litio sono necessari circa 2,2 milioni di litri d’acqua”[6]. Il tutto in regioni spesso aride, compromettendo ecosistemi fragili e la sopravvivenza delle comunità locali, le cui proteste non fanno notizia nel mondo, perché mettono in dubbio la “nuova religione” della transizione ecologica occidentale[7].

Questi aspetti tutt’altro che green, non sono limitati ai territori di estrazione. L’inquinamento delle acque e del suolo causato dall’estrazione di metalli pesanti come il cobalto in Congo e la grafite in Cina, hanno conseguenze a lungo termine per la salute umana e per l’ambiente, contribuendo alla contaminazione delle catene alimentari e alla perdita di biodiversità globale[8].

Non possiamo ignorare il costo ambientale e umano nascosto dietro le tecnologie verdi. In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo il cobalto, essenziale per le batterie al litio, è spesso estratto attraverso il lavoro minorile: “Lo ha ripetutamente denunciato anche Amnesty International che, dopo un primo rapporto nel 2016, ne ha pubblicato un secondo l’anno scorso, lanciando anche un appello internazionale per mettere fine allo sfruttamento del lavoro minorile. “- Questi bambini – vi si legge – lavorano in condizioni estreme, alcuni di loro più di dodici ore al giorno, senza alcuna protezione e percependo salari da fame. Si ammalano prima e più dei loro coetanei. Rischiano ogni giorno incidenti sul lavoro, a causa di carichi troppo pesanti fino alla morte per i frequenti crolli nelle grotte artigianali. Spesso sono picchiati e maltrattati dalle guardie della sicurezza –”[9]. Minori persino nell’età della prima infanzia, che dovrebbero essere a scuola o giocare in ambienti protetti, sono costretti a lavorare in condizioni pericolose e altamente logoranti, con rischi altissimi per la loro salute e il loro futuro, senza alcuna tutela. Questo scempio è eticamente inaccettabile e contraddice i valori di equità e giustizia che dovrebbero guidare la nostra transizione energetica, oltre che rivelare un controsenso generale se l’obiettivo è ridurre l’inquinamento planetario: “Quando si visita questa zona della Repubblica Democratica del Congo – ha dichiarato Mark Dummett, direttore del programma Imprese, sicurezza e diritti umani di Amnesty International – si è immediatamente colpiti dal forte inquinamento e dalla mancanza di azione da parte del governo e delle aziende dell’industria estrattiva per evitarlo e per proteggere le persone che lì vivono e lavorano e che non hanno alcun modo di sfuggire alle polveri. Le preoccupanti scoperte di questo rapporto – ha aggiunto – indicano che il danno fatto, potrebbe avere effetti a lungo termine -”[10].

L’estrazione di altri materiali, come la mica in Madagascar[11], segue un percorso simile, con minori anche molto piccoli, impiegati in condizioni precarie e pericolose ed esposti a intossicazioni frequenti. Questa realtà dovrebbe farci riflettere sul vero costo umano delle nostre scelte tecnologiche.

Oltre alla produzione, la fine vita delle batterie e dei pannelli solari rappresenta un altro problema urgente. Questi prodotti contengono materiali tossici che, se non gestiti correttamente, possono contaminare il suolo e le acque, ponendo rischi significativi per l’ambiente e la salute pubblica. Le attuali tecnologie di riciclo sono insufficienti[12], con una bassa efficienza nel recupero dei materiali e processi che spesso generano ulteriori rifiuti pericolosi.

In molti Paesi, le infrastrutture per gestire questi rifiuti sono carenti, portando a un accumulo di materiali pericolosi o alla loro esportazione verso nazioni con regolamentazioni ambientali meno stringenti, che molto spesso sono i medesimi in cui viene estratto, con una moltiplicazione dei danneggiamenti al territorio e suoi abitanti. Questo trasferimento del problema non risolve la questione, ma semplicemente la sposta, creando nuove aree di crisi ambientale e sociale. I Paesi ricchi impongono ai loro cittadini l’uso di batterie elettriche, che vengono prodotte con grave danno per i Paesi poveri, che poi devono anche stoccarne le scorie da smaltimento.

Le politiche green stanno creando pressioni immense su settori chiave dell’economia europea come l’agricoltura e l’allevamento, al punto che c’è da chiedersi se il legislatore sia in buona fede. Regolamentazioni sempre più stringenti sui metodi di coltivazione e sulle emissioni provenienti dagli allevamenti, stanno mettendo in ginocchio decine di migliaia di imprese agricole europee. Molti agricoltori e allevatori, non potendo sostenere i costi associati alle nuove normative, sono costretti a chiudere o a ridurre drasticamente la loro produzione, quando non subiscono un esproprio in piena regola dei propri terreni, per far posto alla installazione di impianti fotovoltaici o gigantesche pale eoliche[13]. Ennesimo paradosso, leggiamo da ricerche come quelle di: “(…) due studiosi di Harvard, Lee Miller e David Keith, che nel 2018 hanno cercato di capire quale sarebbe l’impatto sul clima se un terzo degli Stati Uniti fosse coperto da pale eoliche. Secondo i loro modelli scientifici, è emerso che la temperatura locale aumenterebbe di circa 0,24° C”[14]. Meno terreni agricoli, meno cibo prodotto. Dunque in una prima fase, il reperimento degli elementi necessari per produrre batterie elettriche, motori elettrici e impianti di accumulo di energia solare richiedono deforestazione, disboscamento e distruzione della flora e della fauna di territori sempre più ampi, causando la riduzione di ossigeno e l’assorbimento dell’anidride carbonica. In una seconda, più realizzativa, la destinazione di altri territori agli impianti green solari o eolici, sottrae altra terra alla produzione di cibo e alla occupazione.

Questa crisi non si limita a una riduzione della produzione alimentare. Secondo alcune stime, le nuove regolamentazioni potrebbero portare a una perdita di posti di lavoro a 4 o 5 zeri in tutta Europa, aggravando il problema della disoccupazione e creando un esercito di nuovi disoccupati. Un esempio significativo è l’impatto delle direttive europee sugli allevamenti, che potrebbero ridurre il numero di occupati nel settore almeno del 30% nei prossimi anni.

Dunque, la conseguenza non secondaria è l’inevitabile diminuzione della disponibilità di cibo tradizionale, minacciando la sicurezza alimentare e la biodiversità agricola dell’Europa. Il fenomeno non si estende solamente alle terre fertili, ma assistiamo alla confisca di lagune destinate all’allevamento di molluschi e frutti di mare, per installare impianti fotovoltaici galleggianti, con un ulteriore attacco alla capacità di produzione alimentare[15].

Una delle conseguenze più inquietanti di queste politiche è la promozione del consumo di farine di insetti come alternativa alle proteine tradizionali. Sebbene presentata come una soluzione sostenibile, ci sono preoccupazioni crescenti sulla sicurezza[16] di questi alimenti. Alcuni studi suggeriscono che i componenti di molti insetti potrebbero essere tossici[17] per l’organismo umano, causando reazioni allergiche o accumuli di sostanze nocive nel tempo, con effetti sulla salute del tutto sconosciuti.

Questa tendenza, se non valutata attentamente, potrebbe portarci a una situazione in cui le nostre diete vengono radicalmente trasformate, senza un’adeguata comprensione delle conseguenze a lungo termine, di cui noi consumatori saremmo gli assuntori sperimentali, per non dire cavie.

Il problema della distribuzione delle risorse

Nel PNRR non v’è traccia alcuna di tutto quanto detto sin qui, tantomeno se ne fa menzione nell’Agenda 2030 tanto declamata dall’ex-presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, alfiere dei piani europei dai tempi in cui era governatore della BCE. In campo ci sono appunto la svolta green, con tutte le sue nefaste ricadute sui popoli europei e mondiali, e la digitalizzazione, ossia il passaggio ad una moneta digitale centralizzata che coinvolga l’identità digitale di ogni cittadino. Tanta elettricità in più, insomma, che inquina come abbiamo visto, anziché tutelare l’ambiente.

Investigando presso lo U.S. Geological Survey (USGS), dell’International Energy Agency (IEA), si scopre che i componenti delle batterie elettriche per l’automotive del futuro non sono presenti in Europa:

Elemento Paesi Produttori
Nichel Indonesia, Filippine, Russia, Nuova Caledonia, Australia, Canada, Brasile
Litio Australia, Cile, Cina, Argentina, Zimbabwe, Portogallo, Brasile
Cobalto Repubblica Democratica del Congo, Russia, Australia, Filippine, Cuba, Madagascar, Canada
Grafite Cina, Mozambico, Brasile, India, Canada, Madagascar, Ucraina
Terre Rare Cina, Stati Uniti, Myanmar, Australia, Thailandia, India, Brasile
Manganese Sudafrica, Australia, Gabon, Brasile, Cina, Ghana, India
Rame Cile, Perù, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Stati Uniti, Australia, Zambia

O meglio, geograficamente in verità sì, l’unico Paese menzionabile è la Russia, che inspiegabilmente l’Europa ha deciso spingere politicamente, socialmente, economicamente, militarmente e, non ultimo, dal punto di vista dell’energia, sempre più verso l’Asia.

Anche ad un primo sguardo sull’Automotive continentale e intercontinentale

Fine modulo

spicca l’inarrestabile ascesa della Cina nel settore automobilistico elettrico con implicazioni pesanti per l’industria automobilistica europea. La Cina sta diventando rapidamente il leader globale nella produzione di veicoli elettrici, grazie a una combinazione di politiche di sostegno, investimenti massicci e una strategia industriale ben pianificata. I numeri parlano chiaro[18]: nel 2023, la Cina ha prodotto oltre 7 milioni di veicoli elettrici, pari a circa il 60% della produzione mondiale totale. Questa cifra è di gran lunga superiore alla produzione combinata di veicoli elettrici in Europa e Stati Uniti. Le case automobilistiche cinesi, come BYD e NIO, stanno conquistando quote di mercato globali con tassi di crescita esponenziali. BYD, ad esempio, ha visto le sue vendite di veicoli elettrici crescere del 150% nel 2023, superando i principali produttori europei e americani. La Cina è leader mondiale nella produzione di batterie per veicoli elettrici. Il 70% delle batterie al litio-ionico globali proviene da produttori cinesi come CATL e BYD. Questo conferisce alla Cina un vantaggio significativo nel controllo della catena di approvvigionamento delle materie prime e nella tecnologia delle batterie.

Per contro, il settore automobilistico europeo, storicamente un faro di innovazione e qualità, sta affrontando sfide senza precedenti a causa della crescente competitività cinese: le case automobilistiche cinesi riescono a produrre veicoli elettrici a costi significativamente più bassi rispetto ai concorrenti europei. Ad esempio, il prezzo medio di un veicolo elettrico cinese è circa il 30% inferiore rispetto a un veicolo elettrico europeo equivalente, rendendo questi ultimi meno competitivi nei mercati globali. I marchi automobilistici europei, come Fiat e Opel, sono stati acquisiti da aziende cinesi negli ultimi anni. La Fiat, ad esempio, è ora controllata dal gruppo Stellantis, di cui un’importante partecipazione è detenuta da aziende cinesi. Questi eventi riflettono un trend preoccupante, per cui l’industria automobilistica europea perde il controllo sui suoi marchi storici e sulla sua produzione. Geely, un grande conglomerato cinese nel settore automobilistico, ha acquisito una partecipazione significativa in Daimler AG, il gruppo che possiede il marchio Mercedes-Benz. Nel 2018, Geely, attraverso la sua controllata Zhejiang Geely Holding Group, ha acquisito una partecipazione del 9,69% in Daimler AG, diventando uno dei principali azionisti dell’azienda. BMW ha stretto accordi con il gigante cinese delle batterie CATL (Contemporary Amperex Technology Co. Limited) per fornire batterie agli ioni di litio per i suoi veicoli elettrici. Questo accordo è parte della strategia di BMW per garantire un approvvigionamento stabile di batterie per i suoi modelli elettrici, inclusi quelli della serie i.

Alcuni analisti e osservatori del mercato hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla crescente influenza cinese sui marchi automobilistici europei, suggerendo che la cessione di quote significative possa influenzare le decisioni strategiche e operative delle aziende europee. La concorrenza dei produttori cinesi potrebbe portare alla chiusura di impianti di produzione europei e alla perdita di migliaia di posti di lavoro. Le previsioni suggeriscono che l’industria automobilistica europea potrebbe perdere fino a 100.000 posti di lavoro nei prossimi cinque anni se non si trova una risposta competitiva.

Imporre la riqualificazione energetica, implica una svalutazione immobiliare?

In meno di dieci anni, il comparto immobiliare continentale dovrà diventare ecosostenibile. Impianti fotovoltaici sul tetto, pompa di calore al posto della caldaia a condensazione, che costa il triplo e occupa gran parte del terrazzo (per chi ce l’ha), cappotto isolante che avvolge le quattro facciate esterne (di polistirolo, ovvero un derivato del petrolio) che un giorno andrà smaltito con inevitabili problemi di inquinamento per stoccaggio e smaltimento. Gli immobili in classe F e G, le ultime due classi energetiche, con alto grado di dispersione termica secondo i parametri fissati, se entro sei e nove anni non verranno efficientati con costi paragonabili all’acquisto dell’immobile stesso, non potranno più essere venduti o affittati in locazione abitativa. In Italia abbiamo due problemi: mancano i soldi e mancano le imprese edili per efficientare 7 – 8 milioni di edifici sul territorio nazionale, che necessitano di incrementare la propria classe energetica se non si vuol vederne azzerato il valore.

Fino a marzo 2024, il Superbonus ha permesso di riqualificare energeticamente 494.406 edifici. Questo risultato è stato ottenuto grazie all’impegno di molteplici imprese, il cui numero è cresciuto significativamente proprio grazie all’introduzione di questa agevolazione. Infatti, tra il 2019 e il 2021, si è registrato un aumento di circa 30.000 imprese edili nel settore, attribuito principalmente agli incentivi fiscali come il Superbonus. Secondo le stime, l’effetto cumulato del Superbonus sul debito pubblico italiano ha raggiunto oltre 122 miliardi di euro[19] in termini di detrazioni fiscali riconosciute fino a marzo 2024​. Questa cifra rappresenta una spesa diretta per lo Stato, che ha incrementato il debito pubblico in modo sostanziale, in particolare considerando che queste detrazioni devono essere finanziate attraverso il bilancio pubblico. Contando che dovrebbero esistere circa 500.000 imprese nel 2024, diventa evidente che è impossibile raggiungere gli obiettivi fissati dal decreto nei tempi fissati (in media da sei mesi a due anni per edificio). Quindi sono stati presi impegni irrealizzabili dai vari capi di governo che si sono susseguiti, per obbedire alle imposizioni europee. I mercati lo sanno, soprattutto le banche. La prima conseguenza è l’incremento degli interessi che le banche chiedono ai mutuatari che desiderano acquistare casa in classi energetiche non più di moda. I prestiti per mutuo bancario mediamente prevedono vent’anni di rate, la banca si trova a fronteggiare un rischio insolvenza che potrebbe non esser recuperabile nella seconda metà della durata. Quindi interessi più alti. Se il denaro costa di più, l’oggetto per cui viene prestato, il mattone, perde valore. A ciò si aggiunga l’aumento dell’offerta di immobili in classi energetiche basse, a causa dei costi di trasformazione che ultimamente sono saliti anche per effetto dell’inflazione oltre che per la pessima normazione del superbonus, e la contemporanea diminuzione della domanda per quella categoria immobiliare, perché l’aumento degli interessi bancari riduce l’accesso al credito e dunque, circolarmente, la domanda. Ma la domanda di chi? E’ importante porsi questa domanda, perché l’investitore di medie o grandi dimensioni, acquisterà con interessi bancari relativamente bassi abitazioni di piccole dimensioni, in classi energet5iche alte, affittabili ad alti o altissimi prezzi di locazione, cui difficilmente le classi meno abbienti, e le giovani coppie che progettano9 di avere figli potranno raggiungere. Queste categorie sociali, che fino a pochi anni fa acquistavano in periferia immobili meno termo-isolati e coibentati ma con ampiezze sufficienti per una famiglia, oggi sono esclusi da questo mercato e fanno impennare la domanda nelle locazioni abitative, con un effetto turbo sui prezzi. Quindi dobbiamo chiederci anche che tipo di tessuto demografico si stia incentivando negli agglomerati urbani: affitti brevi per massimizzare i ricavi e pagarsi le riqualificazioni, carissimi e inarrivabili per le famiglie, quando da decenni si parla (e solo quello) della insufficiente natalità in Italia.

Attraverso queste dinamiche interconnesse, le regolamentazioni green causano un abbattimento del valore degli immobili soprattutto in classi energetiche basse, distribuite numericamente maggiormente nel sud dell’Europa, quindi Portogallo, Italia, Grecia, Spagna. Paesi in cui il clima richiede meno efficienza energetica piuttosto che alle latitudini tipicamente più rigide dei Paesi del nord Europa. Effettivamente i PIIGS (con l’Irlanda) erano proprio i Paesi messi nel mirino delle direttive della BCE e del MES per la ristrutturazione del proprio debito. Si diceva che vivessero al di sopra delle proprie possibilità. L’Irlanda ne è uscita come sappiamo. Gli altri hanno scontato dmuping fiscale ([concorrenza fiscale] proprio da Irlanda e Olanda) ed hanno provato a evitare il MES [Meccanismo Europeo di Stabilità, costituito da un fondo privato che specula sul debito dei Paesi che vi si rivolgono]. Oggi soprattutto quelli del sud devono affrontare ristrutturazioni immobiliari in Italia impossibili anche solo sulla carta: lo ripetiamo, mancano le imprese (e i soldi) per efficientare circa 7 – 8 milioni di edifici residenziali (senza contare quelli con altra destinazione urbanistica) ovvero circa il 60% del comparto immobiliare residenziale nazionale[20]. Interessante è notare che l’Italia, è ritenuta tra i più indebitati e fragili degli Stati europei. A ben guardare tuttavia, si posiziona tra quelli che contano il maggior numero di proprietari immobiliari, a differenza di Francia, Paesi Bassi, Germania, dove la tendenza è rimanere in affitto per i privati cittadini, e lasciare la proprietà nelle mani di grandi fondi, come Vonovia in Germania che ne conta centinaia di migliaia, o Landsec nel Regno Unito (che pure non è più in Unione Europea). L’abbattimento dei valori immobiliari nazionali, l’eccessiva onerosità per la loro riqualificazione, combinati con altri fattori quali il rialzo dei tassi di interesse delle politiche monetarie della BCE nello scorso anno, il conseguente aumento delle rate dei mutui variabili contratti negli ultimi 5 o 10 anni,  e la crescente offerta in presenza di una contrazione della domanda, potrebbero rappresentare l’occasione ideale per grandi fondi speculativi, che approfittano esattamente di queste condizioni di mercato per fare shopping su grandi numeri a prezzi frazionati. Questa catena di conseguenze e vantaggi per alcuni è frutto delle politiche europee tutt’altro che rivolte ai benefici dei popoli europei.

…e la guerra in Ucraina?

Colpisce che le stesse personalità politiche, istituzionali e massmediatiche che fano propaganda alla agognata svolta green europea, siano iperbelliciste sul fronte guerra in Ucraina. Un Paese non europeo e non appartenente alla NATO che è in conflitto contro il Paese che ha più armi atomiche al mondo, la Russia, deve assolutamente ricevere armamenti molto costosi per volontà americana (continente oltreoceano), nonché elargizioni finanziarie in misura di centinaia di miliardi di dollari, con danni ambientali che nessuno vuole calcolare. Se non fosse per un desiderio di pace, che poi è stato il fondamento numero uno della costruzione dell’UE, almeno per coerenza verso la tutela dell’ambiente, per la quale abbiamo appena richiamato quanti sacrifici e rinunce devono fare i popoli europei, perché nessuno parla di pace green?

E’ forse ambientalista la guerra? E’ assodato che le esplosioni in corso, con armi sempre più potenti, da entrambi i fronti, siano tutt’altro che ecosostenibili. Per il versante ucraino, come sappiamo, siamo noi occidentali i responsabili. Per non pensare alle movimentazioni di veicoli bellici ed armamenti, dall’elmetto della prima ora agli F-16 appena inviati, sicuramente non con motori elettrici. Per non calcolare le esercitazioni della NATO, in corso da decenni in tutta Europa ma ultimamente molto più attive in grande stile, come quelle nei Paesi Baltici, in Norvegia (per segnalare alla Russia le proprie attività), ma anche in Polonia, in Germania, nel Regno Unito, in Portogallo e naturalmente in Italia. Pensiamo anche solamente alla sindrome di Quirra,[21] Poligono Interforze del Salto di Quirra (PISQ). Queste attività hanno portato a procedimenti penali[22] per danni gravissimi e decessi non solo tra i militari interessati, ma anche le popolazioni circostanti per accertati casi di leucemia, linfoma e altri disturbi, collegati all’esposizione a sostanze tossiche, compresi metalli pesanti e sostanze chimiche usate nelle munizioni.

L’ambiente e la salute vanno preservati a costo di cambiare tipo di abitazione, auto, lavoro, persino ridursi a ingerire insetti, ma la guerra per confini che non sono europei, va finanziata senza indugi e le spese per inviare armi all’Ucraina, non devono essere centellinate. Pochi possono permettersi un’auto elettrica, quindi dobbiamo imparare a usare i mezzi pubblici e rispolverare i velocipedi tradizionali (bicicletta et similia) e moderni (monopattini elettrici) rinunciando all’automobile di proprietà. Ecco perché si prevedono le città a 15 minuti, ossia ghetti nelle metropoli, con tornelli per varcare la soglia del proprio quartiere, solo a certe condizioni. Cosa sono queste, se non limitazioni nella libertà di movimento individuale, o più semplicemente della libertà personale (articolo 13 della Costituzione italiana)?

Quello che viene considerato in occidente un terribile dittatore, il presidente della Bielorussia Aleksander Lukashenko, allorché l’OMS gli offrì 92 milioni di dollari per adottare il lockdown nel 2020, si rifiutò di accettare misure che avrebbero ristretto la libertà dei propri cittadini e danneggiato l’economia del proprio Paese[23]. L’Oms allora rilanciò a 940 milioni di dollari con la garanzia del FMI (Fondo monetario internazionale) e Lukashenko non solo rifiutò, ma denunciò pubblicamente la cosa, lasciando intendere che gli altri Paesi che vi si erano allineati, come l’Italia, fossero invece stati corrotti. Stiamo parlando di un Paese ex-sovietico, povero rispetto per esempio al nostro, che difende l’economia locale e la libertà dei propri cittadini, dinnanzi alle sperimentazioni della tecnologia della sorveglianza auspicata da Klaus Schwab nel suo libro Il grande Reset, e la negazione di libertà individuali di massa con pretesti sanitari tutti da dimostrare. Per inciso, 940 milioni di dollari hanno un potere d’acquisto ben maggiore in Bielorussia, che in un qualsiasi Paese del G7. “Dopo questa coraggiosa presa di posizione – scrive Nicola Bizzi [storico e scrittore] – Lukashenko è stato demonizzato dalla comunità internazionale ed accusato di brogli elettorali: l’operazione rivoluzione colorata, tesa a rovesciare Lukashenko, sarebbe stata finanziata dal Fondo monetario internazionale”[24].

Abbiamo detto delle abitazioni: cosa farà chi non avrà la disponibilità economica per efficientare la propria casa, di cui magari sta pagando le rate del mutuo, se non cederne la proprietà? Senza auto, senza abitazione di proprietà, il cittadino europeo del futuro sarà come lo descrisse un video di propaganda del WEF (World Economic Forum) del 2016[25] intitolato “8 previsioni per il mondo nel 2030” il cui incipit è rimasto paradigmatico ed oggi viene attribuita ad una visione complottista di ciò che ci aspetta: “Non possiederai nulla e sarai felice”. Il fatto che si parli all’utente senza usare la prima persona plurale, lascia il dubbio che non ci si riferisca alla totalità dell’umanità, ma ad una larga parte di cui fa parte appunto l’ascoltatore, evidentemente però non chi l’ha formulata, altrimenti avrebbe inserito se stesso nella forma verbale dicendo “non possiederemo”.  Anche il prosieguo è molto significativo, ne vediamo alcune:

“Qualsiasi cosa tu voglia, la noleggerai e sarà consegnata da un drone [quindi non un postino in bicicletta, ovvero un essere umano che lavora e non emette CO2, ma un oggetto che costa quattrini, toglie lavoro agli esseri umani e necessita di energia per funzionare]”;

“Gli Stati Uniti non saranno la prima potenza mondiale, una manciata di Paesi saranno al comando [quali Paesi? Con quale criterio verranno selezionati, e, soprattutto, da chi?]”;

“Non morirai aspettando un donatore di organi, non trapianteremo organi, ne stamperemo invece [quindi dovremo trovare il modo di stampare organi biocompatibili, o trasformare il nostro organismo in modo tale da poter ricevere e integrare organi stampati?]”;

“Mangerai molta meno carne, un piacere occasionale, non un’abitudine, per il bene dell’ambiente e della nostra salute [quindi la carne diventerà un lusso per pochi?]”;

“Un miliardo di persone sarà sfollato a causa del cambiamento climatico [quindi non parliamo nemmeno di migranti che volontariamente si avventurano verso nuove terre correndo enormi rischi, ma di evacuazioni forzate?]”; si parla persino di alieni: “Gli scienziati avranno capito come mantenervi in salute nello spazio. L’inizio di un viaggio alla ricerca della vita aliena? [quindi di nuovo, rivolto all’ascoltatore, non si parla in prima persona plurale… dobbiamo supporre che saremo spediti nel cosmo?]”. Che futuro hanno disegnato per noi i più ricchi del mondo?

Come produrre energia senza inquinare?

Siccome è sempre più semplice indicare le criticità di certe politiche, piuttosto che trovare soluzioni percorribili, osserviamo che Paesi come la Russia, hanno deciso di fronteggiare il problema dell’energia a basso impatto ambientale con Reattori Autofertilizzanti: Questi reattori, come i BN-600 e BN-800, sono progettati per utilizzare neutroni veloci e possono produrre più materiale fissile (come il plutonio) di quanto ne consumino. Sono in grado di riciclare parte del loro combustibile, riducendo la necessità di nuovo combustibile e producendo meno rifiuti a lunga vita. La Russia è leader mondiale nella tecnologia dei reattori autofertilizzanti. La centrale di Belojarsk ospita sia il BN-600 (in funzione dal 1980) che il BN-800 (in funzione dal 2016), e sono reattori veloci raffreddati a sodio.

La Russia sta sviluppando il reattore BN-1200, che mira a essere un passo avanti verso la commercializzazione su larga scala di questa tecnologia. Adottare reattori nucleari autofertilizzanti, come i reattori di Belojarsk, offre diversi vantaggi significativi rispetto ai reattori nucleari convenzionali. I reattori autofertilizzanti sono progettati per produrre più combustibile di quanto ne consumino, attraverso un processo in cui i neutroni in eccesso prodotti durante la reazione nucleare convertono il materiale fertile (come l’uranio-238 o il torio) in materiale fissile (come il plutonio-239). Questo significa che il combustibile può essere riciclato e riutilizzato, riducendo la necessità di estrarre nuovo uranio. Con il riciclo del combustibile e l’efficienza nel consumo di uranio, i reattori autofertilizzanti possono ridurre la domanda di uranio naturale, preservando le riserve esistenti e limitando l’impatto ambientale dell’estrazione mineraria. Non solo, ma i reattori veloci autofertilizzanti sono in grado di bruciare alcuni dei rifiuti radioattivi a lunga vita prodotti dai reattori convenzionali, come gli attinidi minori (americio, curio, nettunio). Questo aspetto non secondario riduce sia la quantità totale di rifiuti prodotti, sia la pericolosità e la durata della radioattività dei rifiuti stessi. Grazie alla capacità di riciclare il combustibile e utilizzare il plutonio generato in situ, i reattori autofertilizzanti possono estendere significativamente la durata delle riserve di uranio e torio, rendendo l’energia nucleare una risorsa più sostenibile a lungo termine. I reattori autofertilizzanti possono utilizzare plutonio proveniente da rifiuti nucleari esistenti o da arsenali militari smantellati, contribuendo alla riduzione del plutonio disponibile per la produzione di armi nucleari e aumentando la sicurezza globale. Cina e India sono interessate ad acquistare e adottare questa tecnologia. Ha senso tagliare i ponti con la Russia? Domande che dovrebbe porsi il legislatore europeo, se fosse libero nel momento decisionale, e soprattutto, non corrotto. Per fare un solo esempio sulla poca credibilità di equilibrio, disinteresse personale e fedeltà al perseguimento di interessi nazionali ed europei, che il legislatore merita, pensiamo alla assoluta sottomissione a politiche atlantiste del tutto dannose per l’economia, la fornitura di energia, la tutela della pace nel continente, durante la guerra in corso in Ucraina.

Le posizioni iperbelliciste assunte dall’Unione Europea, espongono gli Stati che la compongono a diverse ripercussioni riguardanti l’energia e l’economia, ma ciò non ha scalfito la politica estera nemmeno con le nuove elezioni, che per altro, hanno visto mantenere la stessa carica della presidente della Commissione. La medesima persona che per i quattro anni precedenti aveva sventolato i cambi al vertice imposti dalle elezioni democratiche, come la dimostrazione della superiorità rispetto alle autocrazie perenni del resto del mondo, nella sua chiamata ai sacrifici dei popoli per sostenere l’Ucraina contro la Russia. Il parlamento europeo si è allineato alla posizione del presidente della commissione ed ha votato non per la negoziazione della pace, bensì per il finanziamento della guerra, sino alla riconquista della Crimea da parte Ucraina, ancora nel 2024[26], quando oramai è evidente che pur con 200 miliardi di dollari ricevuti per lo più in armamenti, l’Ucraina non è in grado di riprendersi le quattro regioni perse nei due anni trascorsi, figuriamoci la Crimea diventata russa nel 2014.

Questi esseri, non privi di ipocrisia, impongono svolte epocali, senza porsi troppe domande. Ma il cittadino consapevole, mentre acceleriamo verso una transizione energetica verde, dovrebbe chiedersi: a quale costo? La velocità con cui stiamo cercando di trasformare il mondo occidentale, potrebbe portare a conseguenze infauste, che sono in netto contrasto con gli obiettivi di sostenibilità ed equità. Possiamo permettere che la corsa verso un futuro più verde si traduca in devastazione ambientale, sfruttamento umano, impoverimento delle risorse alimentari tradizionali e rischi per la salute pubblica? È essenziale che la transizione sia bilanciata, considerando non solo i benefici ambientali a breve termine, ma anche le conseguenze ambientali, sociali etiche e morali a lungo termine.

Urgono riflessioni critiche

La soluzione potrebbe non consistere nel tuffarsi nella transizione verde, ma riflettere su come possiamo realizzare un qualsiasi progetto in modo responsabile, tale che il piano europeo Fit for 55, ovvero la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in Europa del 55% per il 2030, non si trasformi in una maledizione sia per i Paesi che ne devono pagare le spese produttive in termini ambientali, sia per le economie e il tessuto sociale dei popoli europei che le devono adottare. È possibile investire in tecnologie di riciclo avanzate, promuovere pratiche di estrazione mineraria etica e sostenibile, e garantire che i diritti umani siano rispettati in tutta la catena di approvvigionamento? Sembra che nessuno se lo sia ancora chiesto tra i fanatici del green. Allo stesso tempo, è possibile proteggere la nostra agricoltura tradizionale, i nostri allevamenti e la nostra sicurezza alimentare, evitando soluzioni rapide potenzialmente pericolose come il consumo di insetti? Solo adottando un approccio olistico e responsabile, possiamo costruire un futuro veramente sostenibile, che protegga il pianeta garantendo dignità e giustizia per tutte le persone coinvolte. Forse, in questo modo si può fare della sostenibilità non solo un obiettivo tecnologico, ma un imperativo etico e di responsabilità, che guidi ogni nostra decisione. Questo approccio, come abbiamo cercato di mostrare, manca totalmente ai vertici dell’UE. Nonostante le rumorose proteste di alcune categorie quali gli agricoltori, i pescatori, i balneari, i tassisti nel continente, e le popolazioni del cosiddetto terzo mondo, non risulta adottata alcuna modifica alla direzione delle politiche sull’energia e quella della politica estera, che genererà un quadriennio in cui i nodi verranno al pettine e i popoli europei dovranno affrontarne le conseguenze. Forse perché ancora oggi, troppi cittadini credono che il nemico sia al di fuori dei confini europei…


[1] https://kr-asia.com/the-hidden-environmental-costs-of-indonesias-clean-battery-production

[2] Cfr.: “(…) 40/90 tonnellate di CO2 per tonnellata di Nickel” https://blog.ui.torino.it/2021/08/04/nickel-un-protagonista-della-transizione-elettrica/

[3] https://www.salviamolaforesta.org/petizione/1182/le-auto-elettriche-sacrificano-le-foreste

[4] “A settembre 2023 l’area delle operazioni del nichel in Indonesia ha raggiunto quasi un milione di ettari – dice Arie Rompas, di Greenpeace Indonesia -, con ben 362 licenze. Per le riserve di nichel ancora da esplorare. Abbiamo scoperto che verranno disboscati altri 600mila ettari di foresta vergine, una cifra spaventosa. Significa che la lavorazione del nichel, oltre a produrre emissioni molto elevate, distruggerà anche la biodiversità della regione”  cfr.: https://www.startmag.it/energia/estrazione-nichel-economia-indonesia/

[5] Cfr.: https://news.mongabay.com/2024/02/indonesian-nickel-project-harms-environment-and-human-rights-report-says/

[6] https://www.euronews.com/green/2022/02/01/south-america-s-lithium-fields-reveal-the-dark-side-of-our-electric-future

[7] https://www.wired.it/article/litio-miniere-argentina-manifestanti/; si veda anche https://www.nationalgeographic.it/batterie-al-litio-quanto-ne-sappiamo-davvero; e https://www.geopop.it/laltro-lato-dei-veicoli-elettrici-le-conseguenze-ambientali-dellestrazione-del-litio/ e https://lavialibera.it/it-schede-334-batterie_al_litio_i_danni_ambientali_dietro_al_simbolo_green

[8] https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/terra_poli/2024/04/04/dal-litio-al-rame-le-miniere-in-africa-minacciano-lambiente_a577a70a-4359-4075-94fe-4ea7ba7b0005.html

[9] https://ilmanifesto.it/la-febbre-del-litio-corrompe-lafrica; si veda anche sul lavoro minorile nelle miniere di cobalto: https://www.mondoemissione.it/aprile-2021/la-maledizione-del-cobalto/

[10] Ibidem.

[11] https://ilmanifesto.it/la-luce-sinistra-delle-miche-sui-bambini-minatori

[12] “Per estrarre una tonnellata di litio, ad esempio, sono necessari circa 500.000 litri d’acqua e una serie di passaggi che determinano un grande consumo di CO2: si stima che, per ogni chilo di idrossido di litio, vengano emessi dai 5 ai 16 chili di anidride carbonica. C’è poi la fase dello smaltimento: alla fine del loro ciclo di vita, le batterie al litio devono seguire una procedura precisa per evitare danni all’uomo e all’ambiente.” https://www.alternativasostenibile.it/articolo/auto-elettriche-perch%C3%A8-le-batterie-restano-un-serio-problema-ambientale

[13]https://www.carteinregola.it/index.php/pnrr-via-libera-agli-espropri-per-gli-impianti-su-aree-agricole-per-impianti-di-produzione-energetica/; si veda anche: https://alleanzacattolica.org/esproprio-green/;  e: https://www.carteinregola.it/index.php/pnrr-via-libera-agli-espropri-per-gli-impianti-su-aree-agricole-per-impianti-di-produzione-energetica/

[14] https://www.thesocialpost.it/2024/08/16/pale-eoliche-causano-riscaldamento-lo-studio/

[15] https://ledicoladelsud.it/news/taranto-un-impianto-fotovoltaico-offshore-i-mitilicoltori-giu-le-mani-dal-mar-piccolo/

[16] https://www.affaritaliani.it/cronache/farine-di-insetti-non-sicure-dal-punto-di-vista-nutrizionale-ecco-i-rischi-840393.html

[17]https://www.repubblica.it/il-gusto/2023/03/25/news/farine_di_insetti_allergie_e_disturbi_ecco_chi_non_puo_mangiarle-393616550/ , “ (…) tra questi vi sono ad esempio alcuni scarafaggi che contengono testosterone, e il cui consumo prolungato nel tempo può provocare, tra gli altri, problemi di fertilità e cancro al fegato”, https://www.focus.it/scienza/salute/insetti-nel-piatto-ci-sono-rischi-per-la-salute

[18] https://insideevs.it/news/707510/auto-plug-in-cina-previsioni/

[19] https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-post-mortem-per-il-superbonus-extra-deficit-extra-debito-e-rallentamento-in-atto

[20] https://ance.it/wp-content/uploads/allegati/20230725_Il_futuro_del_superbonus.pdf

[21] https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/sindrome-del-salto-di-quirra

[22] https://ilgiornaledellambiente.it/veleni-di-quirra-le-fasi-finali-del-processo-contro-la-base-militare/

[23] https://opinione.it/economia/2020/09/15/ruggiero-capone_oms-fmi-onu-lockdown-autora-bizza-francia-italia-germania-nigeria-brasile-marx-l-opinione-bielorussia-operazione-corona/

[24] Ibidem.

[25] https://www.youtube.com/watch?v=B-48pRqwmBw.

[26] https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/29/il-parlamento-ue-non-vota-per-i-negoziati-ma-per-riconquistare-anche-la-crimea-allucraina-missili-a-lungo-raggio-e-caccia-fino-alla-vittoria/7463634/#:~:text=Zonaeuro-,Il%20Parlamento%20Ue%20non%20vota%20per%20i%20negoziati%2C%20ma%20per,e%20caccia%20fino%20alla%20vittoria%E2%80%9D&text=Il%20Parlamento%20europeo%20sposa%20la,territori%20occupati%2C%20compresa%20la%20Crimea.

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