TERMODINAMICA DEL CONFLITTO, di Pierluigi Fagan

TERMODINAMICA DEL CONFLITTO. Come sappiamo, la “guerra fredda” fu appunto un lungo conflitto tenuto a bassa temperatura. La metafora prende il fatto che a basse temperature le molecole si muovono di meno e fanno meno attrito.
La guerra fredda rimane, nell’esperienza al conflitto americana, un prototipo del fatto che se sei di molto più forte nel senso che hai più risorse, prima o poi il tuo avversario perde la corsa a starti appresso. Memore della lezione, Putin ha fino ad oggi fatto una guerra a bassa intensità, motivo per il quale Prigozhin ed affiliati, dissentono vibratamente.
In fondo, conviene anche a Zelensky, perché tiene alta la tensione e quindi la richiesta di mezzi e fondi per supportare la sua resistenza ma anche il potere del suo inner circle. Oddio, a lui forse non dispiacerebbe neanche il darsele una volta per tutte di santa ragione, ma essendoci da una parte uno con quasi seimila testate nucleari e dall’altra un altro più o meno pari, la bassa intensità conviene a tutti.
Da un po’ e sempre più intensamente negli ultimi giorni, gli ucraini ci tengono a far sapere che loro, il ventilato “conflitto congelato” di cui molti parlano, non lo accetteranno mai. C’è chi pensa che la missione vaticana, ma è questo anche forse l’interesse di tutto quel resto del mondo che non partecipa alla tenzone e ne rimane disturbato per il disordine economico che provoca, abbia questo fine, trattare l’inizio di una trattativa.
Una trattativa finta, ovviamente, sul campo, dal punto di vista strategico, non esistono affatto condizioni per nessun tipo di pace e tra l’altro, manca anche la volontà almeno dei principali attori. Zelensky può alla fine far pace con l’idea di lasciare la Crimea, ma per tutto il resto neanche volesse potrebbe giustificare morte e distruzione per poi accettare di perdere altro. Putin uguale, a questo punto, neanche gli dessero Crimea ed il referendum in Donbass. Gli USA dovrebbero rinunciare a tutto il loro piano strategico lungamente preparato e nel quale, in fondo, le cose vanno come debbono andare. Forse una per quanto brutta pace piacerebbe oltre che al resto del mondo, all’Europa, ma tanto Europa è solo un’espressione geografica (per altro vaga). Comunque, non sono loro gli attori principali.
Tuttavia, il conflitto congelato, una trattativa probabilmente turca, in cui diplomatici gommosi vano avanti mesi a vedersi senza fare un passo avanti o forse lo possono fare ma solo se subito dopo ne fanno uno indietro per rendere la questione più interessante e giustificata, a questo punto potrebbe interessare anche russi ed americani.
Certo, agli americani è noto che il conflitto congelato dà respiro al nemico ed interrompe la pressione strategica necessaria e farlo prima o poi capitolare, tuttavia l’anno prossimo vanno ad elezioni. I repubblicani possono usare (fintamente tanto poi al Congresso se c’è da dare altri dollari al complesso militare industriale non sono certo loro a ritirare la manina) la guerra in Ucraina ed i suoi costi come leva propagandistica, soprattutto se Trump sopravvive alla tempesta giudiziaria. Ai russi, certo conviene in sé perché appunto dà respiro, ma dopo l’intemerata di Prigozhin anche di più poiché lì si debbono fare non pochi aggiustamenti interni, altrimenti non si dura molto.
Può darsi che le recenti molteplici dichiarazioni ucraine contro questa ipotesi abbiano a traguardo solo l’iniziativa vaticana che dietro potrebbe avere i multipolari ed anche i russi (magari anche gli europei che però pregano in silenzio impossibilitati a farsi soggetto attivo e dichiarato visto che hanno devoluto l’intera strategia geopolitica a Washington). Ma potrebbe anche darsi che qualcosa si possa muovere anche in Europa e soprattutto a Washington e non solo per la prospettiva elezioni.
Qui, va presa sul serio la faccenda dello spavento atomico per la rivolta poi afflosciatasi. Forse a Washington non dispiacerebbe dar respiro a Putin che a marzo prossimo, in teoria, dovrebbe andare ad elezioni, candidandosi o meno è da vedere, sempre che non le rimandi. Tanto la strategia guerra fredda vale su i tempi lunghi e dargli una piccola e parziale sospensiva non ne altera il disegno e comunque meglio lui di chissà chi. Come si dice in questi casi: meglio uno spavento senza fine che una fine spaventosa.
Naturalmente, se ne parlerebbe per iniziare dopo l’estate, prima gli ucraini debbono provare a mostrare e mostrarsi di essere in grado di riprendersi qualcosa sul campo. Anche a Zelensky serve poiché anche lui avrà i suoi Prigozhin ed i discorsi fatti in precedenza sulla fisica dl potere valgono anche lì, sebbene nessuno qui è autorizzato ad ipotizzare che anche loro abbiamo bande con interessi diversi. Magari se non vanno oltre qualche metro com’è probabile, anche loro si convincono a prendersi una pausa.
Comunque, tenete conto che anche l’Ucraina, in teoria, avrebbe le presidenziali l’anno prossimo, proprio a marzo, come i russi. Un motivo in più per sospendere la tenzone e ricevere un nuovo mandato lungo e pieno? A marzo scorso anche Prigozhin aveva annunciato di volersi candidare (a quelle ucraine, non russe! Il tipo ha mille risorse).
A metà luglio poi tutti a Vilnius, ad un concerto NATO che potrebbe trovare un vocabolario a tale scopo inventato per dire che Kiev va sotto protezione ufficiale e firmata senza entrare ufficialmente. Per cosa? Per inviare truppe d’appoggio visto che quelle ucraine vanno ad esaurimento? Difficile, oltretutto darebbe a Putin il destro per dimostrare internamente quanto effettivamente la NATO minacci la Russia. O per rassicurare Zelensky per il dopo tregua che potrebbe poi estendersi all’infinito? Magari l’anno prossimo gli ucraini trovano più interessante occuparsi di adesione all’UE e pioggia di miliardi ricostruttivi?
E dopo le presidenziali americane di novembre 2024? Ci saranno state quelle ucraine? Quelle russe? Biden o chi intorno a lui visto che abbiamo capito che lui non sembra molto in sé, saranno ancora lì con la stessa strategia neocon?
Vedremo … come al solito. A volte si scrive solo per ragionare e scambiarsi informazioni e punti di vista.

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RIVOLTE FRANCESI, UNA ANALOGIA STORICA ILLUMINANTE: GUERRA D’ALGERIA, di Roberto Buffagni

RIVOLTE FRANCESI, UNA ANALOGIA STORICA ILLUMINANTE: GUERRA D’ALGERIA.
Guardando “La battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo si capisce subito qual è il problema: risolvibile sul piano militare, insolubile sul piano politico. In Francia si sono formati diversi ghetti, cittadelle dell’immigrazione dove la polizia non entra, che sono di fatto sottratte alla sovranità dello Stato. Prima erano soprattutto le banlieues parigine e marsigliesi, poi lo Stato francese ha cominciato a distribuire gli immigrati in tutta la nazione, appunto per mitigare questo problema, ma lo ha solo esteso. Infatti le rivolte scoppiano dappertutto, anche nelle città medie e piccole, perché lo stesso fenomeno si riproduce dovunque ci sia un numero sufficiente di immigrati che formano un ghetto a scopo difensivo e di reciproca solidarietà culturale ed etnica, espellendone i francais de souche che scappano via perché non gli va di abitare a Casablanca 2 senza la polizia marocchina che garantisce l’ordine.
In questi ghetti, ci sono due fonti di autorità e di potere: gli imam, e i trafficanti di droga. Gli imam hanno l’autorità morale (e spesso sono estremisti perché i sauditi hanno largamente finanziato l’estremismo wahabita in Europa) i trafficanti di droga hanno i soldi, le armi, il monopolio della violenza e il prestigio che il successo sociale esercita sui giovani.
Come si fa, tecnicamente, per ripristinare la legge francese e l’autorità dello Stato in questi ghetti? Il modo c’è, ed è esattamente quello rappresentato, con grande fedeltà storica, ne “La battaglia di Algeri”, bellissimo film che si guarda in tutte le Accademie militari del mondo. Lo si vede verso la metà del film, quando viene descritto come i reparti di paracadutisti rastrellano la Casbah.
Lì lo fanno per sconfiggere lo FLN (e ci riescono), ora andrebbe fatto per sconfiggere i trafficanti di droga e gli imam, e riportare la legge e l’ordine nelle banlieues.
E’ una cosa tecnicamente fattibilissima, politicamente impossibile. Un’altra somiglianza delle rivolte odierne con la vicenda algerina è proprio questa: fattibilità tecnico-militare, impossibilità politica. Quando è stato richiamato de Gaulle al governo, egli ha fatto la seguente considerazione. Se teniamo l’Algeria, dobbiamo concedere la cittadinanza francese agli algerini, non è più culturalmente possibile una apartheid imperiale con gli algerini cittadini di serie B (N.B: stessa identica situazione di Israele). Questo implica che milioni di algerini mussulmani possono entrare liberamente in Francia, e vi entreranno perché verranno chiamati come forza lavoro a basso costo, e vi potranno insediare le loro famiglie. Inaccettabile perché olio e aceto non si mescolano, perché “non voglio che Colombey-les-Deux-Eglises (dove abitava de Gaulle) diventi Colombey-les Deux Mosquèes”, perchè così creiamo le condizioni per una guerra civile su base etnica.
A questo punto de Gaulle ha bruscamente concesso l’indipendenza all’Algeria. Chi vuole tenersela dà vita all’OAS (Organisation de l’Armée Secrète, i golpisti ripresero il nome resistenziale, e molti di essi, tra i quali quasi tutti gli ufficiali che sconfissero lo FLN ad Algeri, avevano in effetti combattuto nella resistenza francese). Si noti bene che l’OAS voleva concedere la piena cittadinanza francese a tutti gli algerini. Quando de Gaulle concede, bruscamente e di sorpresa, l’indipendenza all’Algeria, l’OAS (diversi reparti dell’esercito francese con alla testa ufficiali superiori + i pied noirs + varie formazioni politiche di destra) tenta il colpo di Stato contro di lui. Fu una cosa molto seria, in confronto Prigozhin fa ridere; cerca anche di farlo fuori (attentato fallito del ten.col. Bastien-Thiry, poi fucilato. De Gaulle rifiuta la grazia perché Bastien-Thiry gli ha sparato mentre in macchina c’era anche sua moglie, Tante Yvonne: attentato non cavalleresco, vai al muro Jean-Marie, e ringrazia che ti fucilo in quanto militare e non ti ghigliottino come un criminale qualsiasi. 🙂
Per ora la rivolta francese è disorganica perché non ha (ancora) un obiettivo politico chiaro, mentre la rivolta FLN ce l’aveva eccome (indipendenza dell’Algeria).
Ma a) l’obiettivo politico chiaro potrebbe darselo, per esempio la partizione del territorio francese (Hollande ha detto, dopo la sua presidenza, “andrà a finire con una partizione” e in effetti è logico b) anche senza un obiettivo politico queste rivolte destabilizzano lo Stato e la società francesi, guerra civile a bassa intensità, porzioni di territorio sottratte alla legge.
Aggiungi le diverse dinamiche demografiche tra immigrazione e francais de souche, e vedi dove si va a finire (un brutto posto). Sintesi gli immigrati SONO TROPPI.

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Temo che la guerra in Europa durerà a lungo e si estenderà. Di Claudio Martinotti Doria

Sono mesi che non scrivo più nulla sulla guerra in Ucraina e sulla situazione geopolitica generale, perché non sono un grafomane e non amo ripetermi e annoiare.

Altri autori e analisti hanno scritto quanto avrei riportato io stesso e quindi non intendevo sovrappormi vanamente. Inoltre c’è il pericolo ascrivibile alla scarsa memoria degli italiani, anche tra i miei lettori vi saranno quelli che non ricordano certamente quanto scritto in precedenza e rischierei di far la figura di chi arriva in ritardo a rilevare certi fatti, quando in realtà li avevo previsti e/o anticipati.

Mi riferisco ad esempio al numero dei soldati ucraini morti dall’inizio del conflitto.

Diverse fonti autorevoli occidentali da qualche giorno ammettono che potrebbero essere oltre 350mila, e per loro, asserviti alla propaganda istituzionale NATO-USA, simili affermazioni sono gravi e importanti, perché fino a poco prima era vietato affermare che fossero anche solo 100mila, i media mainstream si regolavano in base alle colossali menzogne della propaganda ucraina, che ne ammettevano poche decine di migliaia.

Qualche ottuso commentatore anche nei media cosiddetti indipendenti insiste ancora su cifre dimezzate rispetto a queste ultime, per significare come siano quasi tutti indottrinati e poco “indipendenti”, quantomeno nei ragionamenti.

Personalmente queste cifre le avevo fornite nei miei ultimi scritti di alcuni mesi fa, andrebbero ovviamente riviste al rialzo, considerando che solo negli ultimi giorni, con la fantomatica “controffensiva” ucraina, che tale non è, ma è tecnicamente un’offensiva e nei risultati è una farsa, un fallimento totale, le vittime sono tornate a essere un migliaio al giorno, tra morti e feriti gravi. Quanti morti vi sono stati tra gli ucraini non lo sapremo mai, anche perché le autorità naziste vietano di occuparsene e di parlarne, vietano l’accesso ai luoghi dove si potrebbero raccogliere dati, vietano le riprese video, distribuiscono i funerali in tutti i cimiteri del vastissimo paese, moltissimi cadaveri li hanno abbandonati al fronte facendoli seppellire ai russi, ecc.. Quando dico “vietano” intendo dire che finisci in galera (o peggio) se violi le regole imposte dal regime nazista di Kiev.

Inoltre pare assai verosimile che in due settimane le forze armate abbiano perso centinaia di mezzi corazzati, alcuni analisti occidentali (non russi) stimano queste perdite nel 30% di quanto disponevano gli ucraini per affrontare i russi e ricacciarli, come da loro velleitariamente dichiarato.

Allo stato dell’arte tutto quanto si poteva facilmente prevedere, se dotati di capacità neuronali di analisi e ragionamento (i nostri leader politici europei sono pertanto esonerati), si sta avverando. Non basta dotare di mezzi un esercito se questo non è fortemente motivato, sufficientemente addestrato, guidato da leader credibili, comandato da ufficiali minimamente carismatici, empatici e capaci, ecc.. L’esercito ucraino è allo sbando da parecchi mesi, e insistere su questa fantomatica offensiva serviva solo politicamente per la propaganda, per guadagnare tempo, si sapeva o si doveva prevederne l’esito, ed era sicuramente meglio evitare questo ennesimo fallimento, che era inevitabile.

I russi si erano preparati da mesi all’offensiva ucraina e hanno pure cambiato tattiche, creando difese mobili e dinamiche, che sono queste che hanno inferto duri colpi ai tentativi di avanzata dei reparti d’assalto ucraini.

Questi ultimi non sono mai arrivati neppure alle prime linee difensive russe, e dopo ve ne sono altre due da affrontare, quindi figuriamoci riuscire ad arrivare al Mare d’Azov e alla Crimea, pura illusione letale da minorati psichici.

Anche il comando supremo ucraino ha cambiato alcune tattiche, dopo le prime batoste subite e la perdita di centinaia di mezzi corazzati, anche quelli famosi che avrebbero dovuto cambiare le sorti della guerra, secondo la narrazione occidentale. Adesso combattono come si faceva oltre un secolo fa: mandano all’attacco solo la fanteria, coperta dai fumogeni. Ma vi rendete conto? Ma lo sanno i loro comandati (leggasi USA-NATO) CHE I RUSSI HANNO IN DOTAZIONE MEZZI DI RILEVAMENTO TERMICO, INFRAROSSI, DRONI CON SISTEMI OTTICI ULTRAMODERNI, satelliti militari che inquadrano anche un singolo metro quadrato? Solo per citare qualcosa di cui dispongono, tra le miriadi d’innovazioni tecnologiche militari in loro possesso e/o che presto disporranno perché in fase avanzata di progettazione e collaudo. Perché la Russia è un ciclopico paese dove la cultura è di casa, possiede da secoli le migliori accademie del mondo dove si formano centinaia di migliaia di giovani. Alcuni dei quali diverranno dei geni nel loro settore di competenza. Ecco perché hanno anticipato gli USA e non solo, con i missili ipersonici e tante altre armi avveniristiche e dalla potenza distruttiva mirata e apocalittica, non intercettabili, neppure immaginabili in Occidente nella loro concezione progettuale.

Tornando alle modalità primitive di combattere dell’esercito ucraino, a parte le mine che vengono ormai facilmente collocate dai droni, basterebbe un proiettile di artiglieria per uccidere decine di soldati, anche se sparpagliati, a causa delle schegge provocate dall’esplosione, e in aperta campagna non ci sono ripari, i cespugli e arbusti nascondono alla vista ma non evitano i proiettili.

Stanno pertanto mandano al massacro migliaia di soldati come fossero carne da macello. Che lo facciano gli USA-NATO non ci sorprende, lo hanno fatto capire fin dall’inizio del conflitto che gli ucraini erano solo utili idioti e che la guerra ai russi sarebbe durata fino all’ultimo ucraino, ma gli ucraini sono tutti d’accordo a prestarsi e a fare questa fine? Li hanno forse drogati e ipnotizzati?

Pare di no, perché sempre più reparti schierati al fronte si stanno arrendendo ai russi, magari dopo la morte del loro ufficiale (non mi stupirei fosse stata indotta), e non perché circondati e senza munizioni ma per scelta deliberata.

Sono chiari segnali che i soldati ucraini non intendono più combattere per favorire gli interessi stranieri e delle loro corrotte oligarchie. Dovranno combattere fino alla fine solo i soldati nazisti, perché sanno che sono nella lista nera dei russi, ma i nazisti nella loro maggioranza sono stati finora utilizzati per “catturare” i renitenti al servizio militare, quelli che si nascondevano ai richiami, numerosi e disertati in massa, alla faccia di Zelensky che mentiva spudoratamente parlando di file interminabili di volontari che volevano combattere. Ma quando mai?

Ci sono centinaia di video on line di testimonianze di civili che filmano vere e proprie aggressioni, sequestri di persona, arresti, violenze eseguite da nazisti su giovani per strada o padri di famiglia nelle loro case, per obbligarli ad arruolarsi e andare a combattere. E spesso tali persone si difendono, anche se poi vengono sopraffatte, tranne rari casi in cui intervengono anche i vicini per solidarietà e cacciano i nazisti.

Queste situazioni rivelano un’Ucraina in pieno conflitto sociale, nel caos più assoluto, prossima all’implosione, non certo in grado di affrontare un altro inverno di guerra.

La NATO a questo punto starà sicuramente ordendo qualche piano insidioso e perverso, ai limiti dell’aberrazione (fino a spingersi a una III Guerra Mondiale), per provocare un casus belli da attribuire ai russi (eseguito dagli ucraini o loro agenti infiltrati) che giustifichi un intervento se non diretto quantomeno indiretto, di qualche paese limitrofo (i cosiddetti “volenterosi”).

Dovendo scegliere, “a caso” direi la Polonia, che si sta preparando da parecchio a tale ipotesi, portando al 4% del PIL la spesa militare e raddoppiando gli effettivi dell’esercito (da 150 a 300mila), essendosi inoltre nel frattempo nazificata al suo interno a livello istituzionale e militare, divenendo profondamente russo-fobica e velleitaria verso la Galizia ucraina che vorrebbe annettersi, e in cambio della partecipazione alla guerra contro la Russia che potrebbe negargliela?

Ma questi polacchi, sono veramente convinti di poter sconfiggere i russi? Come lo erano 85 anni fa nei confronti dei tedeschi? Perché la Storia, quella con la esse maiuscola, non si apprende nei libri di scuola ma dai pochi storici seri e indipendenti, solo da loro, leggendo i loro libri, si viene a sapere che la Polonia a fine anni ‘30 non era affatto una vittima sacrificale debole e indifesa preda dei tedeschi espansionisti, ma era dominata dagli alti ranghi dell’esercito, fieri e autoritari, guerrafondai convinti di essere invincibili come nella migliore tradizione militare del paese.

Fino all’ultimo si sarebbe potuto evitare il II conflitto mondiale, se non fosse che la perfida Albione che voleva la guerra (non certo Chamberlain, ma Churchill si, lui e coloro i cui interessi rappresentava), aveva convinto l’élite militare che dominava la Polonia, che sarebbe stata protetta tempestivamente dall’Impero Britannico e dalla Francia, mentre poi l’abbandonò al suo destino, usandola solo come casus belli.

Potrebbe avvenire di nuovo, come sapete la Storia si ripete, perché gli uomini non apprendono da essa, anzi spesso non la conoscono proprio, la ripudiano. Dopo l’Ucraina la seconda vittima della cinica e spietata egemonia USA potrebbe essere la Polonia, consumata l’Ucraina potrebbe toccare alla Polonia, che di nuovo si sovrastima nelle sue capacità, perché lascia prevalere i sentimenti ostili all’intelligenza, prevale il desiderio di annettersi la Galizia e forse Kaliningrad per espandere e uniformare il territorio nazionale nella GRANDE POLONIA, con il beneplacito degli USA-NATO. Forse addirittura a scapito della Bielorussia, nei cui confronti sta organizzando milizie armate da infiltrare nel paese confinante per provocare conflitti civili interni, una sorta di golpe su emulazione degli USA. come fu l’Euromaidan in Ucraina nel 2014,

Le manie di grandezza della Polonia causeranno molte sofferenze all’Europa, le stanno già causando, perché sono loro i peggiori fomentatori di odio e conflitti bellici su incarico angloamericano, sono loro a portare la discordia, a sabotare, a fornire mercenari, a compiere le operazioni sporche, ecc.. Si stanno rivelando una vera e propria disgrazia per l’UE, ed è un paradosso tragico, perché è il popolo che ha maggiormente sofferto a causa della II Guerra Mondiale, in proporzione ancora di più dei russi, avendo perso oltre un quarto della popolazione durante i sei anni di conflitto.

Altra disgrazia per l’UE è stato il riconoscimento del Kosovo sottratto alla Serbia con la violenza per volontà americana, una regione servita agli USA come colonia per insediare la loro base militare più grande del continente, addestrare mercenari islamici per le loro operazioni sporche, organizzare traffici criminali di ogni tipo e crudeltà, per attizzare il fuoco della guerra nei Balcani in qualsiasi momento, contro la Serbia ovviamente, l’ultimo paese europeo rimasto fedele alla Russia. E purtroppo noi italiani avremo di nuovo modo di vergognarci in caso di conflitto, perché useranno di nuovo le nostre basi militari per aggredire la Serbia.

Mi dispiace ma non ci sarà una chiosa traboccante di speranza, ancor meno di ottimismo, non ci sono le condizioni, aspettatevi che la guerra si estenda (forse vicino ai nostri confini) e che duri a lungo, con tutto quello che ne consegue.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

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NON È UN MONDO PER IDEALISTI, di Pierluigi Fagan

Nel libro recensito nel post precedente, l’Autore Jacques Ellul sosteneva che qualsiasi società di massa moderna, a prescindere il regime politico, ha bisogno di propaganda (noi oggi la chiamiamo anche narrativa) per ottenere consenso e legittimità. Poiché sia la massa che la più colta opinione pubblica, nulla sa dei principali argomenti di cui si compone l’amministrazione e direzione di uno Stato, ecco il bisogno di dar loro non solo i fatti ma anche i giudizi, le opinioni accluse, a pacchetto. Di tutti i capitoli di cui è fatta la politica di uno Stato, il più alieno dalla mentalità non specializzata diceva esser la politica estera.
Il motivo per cui questo argomento è particolarmente alieno a tutti i cittadini governati sono tre. Il primo è che in genere, qualcosa si sa del proprio stato e nazione, ma praticamente nulla degli altri, vicini e lontani. Il secondo è che la mutevolezza delle opinioni pubbliche non permetterebbe lo sviluppo di alcuna strategia, almeno nei paesi seri. Tant’è che qui da noi è normale aderire alla Via della Seta, promettere porti e sedi per le compagnie di telecomunicazioni ai cinesi, poi cambia il governo e via dalla Via della Seta, dentro amicizia con Taiwan, porti e tlc solo agli occidentali. Magari tra quattro anni si rifà il contrario. Il terzo motivo è il più importante, l’argomento politica estera è nel dominio del realismo e della ragion di stato, ragione del tutto amorale. Le opinioni pubbliche invece sono morali o almeno coltivano questa auto-rappresentazione, hanno orrore della mancanza di buoni sentimenti che accompagna una normale politica estera che di suo è letteralmente “al di là del bene e del male”.
Forse qualcuno ricorderà che Putin, poco prima dell’inizio della guerra all’Ucraina, spese più di un’ora in televisione a reti unificate per spiegare ai cittadini varie cose tra cui che l’Ucraina non è un vero Paese, che in fondo è Russia per quanto nelle mani di traditori e malfattori, che gli stessi ucraini, fratelli del popolo russo se non russi occasionalmente in altra amministrazione, andavano liberati dal giogo di quei traditori malfattori. Si poteva definire questa la sua narrativa per giustificare la guerra al suo popolo. Un popolo in tutt’altre faccende affaccendato e come ogni altro popolo europeo, più dedito alla normale vita quotidiana, sogni, speranze, piccoli affari etc. . In particolare, i giovani che soprattutto nelle città, di nulla differiscono dai nostri, Internet, musica, sport, primi approcci sessuali e quant’altro. Sicuramente non facilmente inquadrabili militarmente e spinti con convinzione a combattere (ovvero rischiare la vita) contro quelli che percepivano come omologhi, tra l’altro dello stesso ceppo. Tant’è che Putin ha usato Wagner e ceceni, soprattutto nei combattimenti di città (notoriamente costosi in termini di vite umane) ed assai poco l’esercito propriamente detto.
I motivi dell’invasione dell’Ucraina erano strettamente geopolitici, Putin non aveva scelta per molti versi, ma ne abbiamo già discusso più di un anno fa e tanto ognuno poi usa le sue lenti per interpretare gli eventi. Tenevo solo a precisare che i motivi solidi dell’atto non erano e non sono comunicabili per varie ragioni, anche perché non verrebbero assolutamente compresi. Vale per l’una come per l’altra parte. La ragione geopolitica è semplicemente spaventosa per chi nutre convinzioni idealistiche.
Sul campo, già i ceceni a Mariupol, ma poi i Wagner con più forza a Bakhmut, avevano lamentato di non aver ricevuto sufficiente supporto dall’esercito regolare. La cosa funziona così, queste truppe professionali fanno il lavoro più sporco e rischioso della guerra in prima linea, lo sanno, lo accettano, vengono pagati bene per questo. Tuttavia, logica vuole che l’esposizione al rischio sia ben precisa ovvero che prima o poi, dopo aver sfondato o fatto il lavoro grosso, arrivi l’esercito e relativa logistica a consolidare la situazione velocemente. Pare così non sia andata e più di una volta.
Prigozhin di recente, e sempre a toni più alti, se la prende con Shoigu, Ministro della Difesa, il vero vice-Putin della faccenda. Faccio notare che Shoigu, ben prima della guerra, era dato come il più probabile successore di Putin che aveva promesso di non ricandidarsi alle prossime elezioni, anche per motivi di salute oltre altri più complessi da citare in breve. Putin pochi giorni fa dichiara di esser molto deluso da certi “generali da salotto”. I russi non fanno guerre sul campo da un po’, almeno su terra, ed è quindi vero che hanno molti quadri non proprio temprati alla bisogna. Ma la dichiarazione è da leggere come tentativo di far finta di dar sponda a Prigozhin ed i malumori dal fronte. Anche se dall’inizio del conflitto i russi hanno cambiato più e più volte generali chiave sul campo, oltre quelli morti, Putin non si è mai sognato di mettere in discussione Shoigu in quanto sa benissimo che il problema non è lui che anzi è il suo più fedele collaboratore.
Si consideri anche come il potere russo, contrariamente a quanto favoleggiato dai propagandisti occidentali, è tutt’altro che monolitico e quindi c’è più di una banda che vedrebbe con favore la dimissione di Shoigu per riaprire i giochi della successione. L’attuale rivolta di Prigozhin-Wagner sembra proprio pubblicamente rivolta contro Shoigu, per forzare la mano a Putin che non è messo in discussione, almeno ufficialmente. E’ chiaro che conta su qualche appoggio a Mosca.
Quanto alla poca partecipazione delle truppe regolari e quindi la responsabilità diretta del ministro (ovvero poi direttamente di Putin) si possono solo fare illazioni. Forse Putin immagina una guerra molto lunga e si riserva la riserva. Forse Putin sa quanto in fondo questa guerra sia impopolare laddove da film proiettato in televisione diventasse sempre più sangue e bare dei propri figli oltre un certo numero e con figli di cittadini e non contadini siberiani. Forse ci sono questioni a noi non note sulla necessità di presidiare i tanti vasti confini della federazione e le truppe scelte scarseggiano. Tant’è che oltre a mercenari e poco altro, fino ad oggi se l’è cavata più con droni e missili, neanche troppa aviazione e dopo le prime problematiche uscite, neanche la Marina e soprattutto gente del Donbass, la più motivata. O forse c’è tutto ciò e pure altro. Sta il fatto che il lamento di Prigozhin ora è diventata rabbia agita. Senz’altro ci sono obiettivi di faide interne il potere a Mosca e quindi accanto a Wagner c’è anche qualcun altro.
Del resto, se guardiamo la faccenda dal punto di vista di Prigozhin, deve esser arrivato al limite. Per quanto pagati, anche i mercenari hanno un limite al sacrificio supremo e quando questo sembra senza ragione o governato da una ragione eccessivamente cinica, difficile tenere gente del genere allineati e coperti, con le buone ormai non più da tempo, ma a questo punto neanche con le cattive. Quindi, forse, non aveva scelta.
In più, è anche possibile abbia annusato aria da “conflitto congelato”, un accontentiamoci che dava come prospettiva un suo certo ridimensionamento e conseguente regolamento di conti per le intemperanze più volte manifestate anche pubblicamente. Nell’ultima settimana Z. ha ammesso il fallimento della sua controffensiva, gli americani si sono mostrati “sorpresi e preoccupati” come se apprendessero le notizie dalla CNN (ricordo che fra un anno in USA si vota e Biden non ha interesse ad andare ad elezioni con impegni pressanti di guerra sul groppone), Putin ha ritirato fuori dichiarazioni da “be’ forse è il caso di vedere seriamente come sbrogliare questa matassa”.
Ora, fare previsioni presupporrebbe sapere cose che io non so oltreché una improvvida fiducia nella linearità di questo tipo di faccende. Immagino che decisivo sarà vedere nelle prossime ore cosa guadagna Wagner e se, quando, dove e come, i suoi alleati in alto proveranno ad uscire allo scoperto accendendo qualche altro fuoco, se ne hanno facoltà. Altresì, occorrerà vedere se e quanto gli americani e gli europei vorranno o sapranno tenere a freno gli ucraini che tenteranno di approfittarsene alla grande. Questa improvvida mossa potrebbe far diventare la questione Wagner una questione nazionale seria mobilitando anche i più renitenti in favore di Putin? Forse, dipende dallo stato interno dei russi che non conosciamo. Infine, se Putin non schiaccia i Wagner spazzandoli via in fretta, dovremo dedurne che lo stato interno alla linea di potere che dal Cremlino va nell’esercito in campo e nelle caserme è davvero fragilissima, con conseguenze gravi non solo per la guerra in corso ma più in generale per il suo stesso potere e relativo disequilibrio dell’area. Il sacrificio di Shoigu a Prigozhin mi sembrerebbe strano, ma dipende molto dallo stato interno gli equilibri del vertice di potere, Putin ne uscirebbe comunque molto male. Intanto si muovono i ceceni che invece sono stati accontentati a loro tempo in termini di potere e riconoscimento, diversamente dai Wagner.
Vediamo.

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Previsioni su Russia, Wagner e Ucraina Riflessioni sulla geopolitica e dintorni_ di George Friedman

Previsioni su Russia, Wagner e Ucraina
Riflessioni sulla geopolitica e dintorni.

Di George Friedman – 30 giugno 2023
Date le circostanze, ho deciso di combinare la mia serie in corso sui metodi di previsione con gli eventi attuali in Ucraina. Il libro di partenza è “Flashpoints: The Emerging Crisis in Europe”, scritto nel 2013-14 e pubblicato nel gennaio 2015. Il libro si concentra in particolare sul futuro dell’Ucraina e della Russia, oltre che di altri Paesi. Ho estratto alcuni passaggi rilevanti per la situazione attuale, che includerò alla fine di questo articolo, ma la mia attenzione si concentra sugli eventi dell’ultima settimana.

Molti hanno considerato il confronto tra il capo del Gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin e il presidente russo Vladimir Putin come un tentativo di colpo di Stato. Altri hanno sostenuto che si tratta di una cospirazione progettata in qualche modo per aumentare la capacità bellica della Russia. In altre parole, Prigozhin e Putin non erano nemici ma alleati.

Non mi sembra possibile. Prigozhin era una creatura di Putin – il suo ristoratore, poi organizzatore di una società militare russa privata che dava a Putin una forza militare negabile che poteva operare in molti Paesi di interesse per la Russia. La teoria avanzata da alcuni era che fingere un colpo di Stato contro Putin avrebbe creato una sorta di vantaggio militare. Hanno proposto che, trasferendo i membri di Wagner in Bielorussia, sarebbero stati in grado di colpire il fianco settentrionale dell’Ucraina. Questo, tuttavia, li avrebbe portati a stretto contatto con l’artiglieria ucraina in massa e potenzialmente all’azione della Polonia, che avrebbe potuto considerare la Bielorussia come uno Stato indipendente che minacciava il suo fianco orientale e l’Ucraina. Una cospirazione così vasta e con così tanti rischi di fallimento non ha senso.

Un ulteriore problema è che la risposta all’interno della Russia a questo “falso” colpo di Stato è stata imprevedibile. Il morale a tutti i livelli dell’esercito russo potrebbe essere crollato, lasciando il Gruppo Wagner come unico esercito funzionante della Russia. Putin si sarà anche fidato di Prigozhin, ma il Wagner non poteva condurre una guerra con l’Ucraina da solo. Era troppo piccolo, anche se meglio motivato del principale esercito russo.

Infine, e soprattutto, i colpi di Stato devono muoversi rapidamente per imporre una nuova realtà a una nazione e spezzare lo spirito di potenziali alternative che potrebbero voler riempire il vuoto. La segretezza è essenziale. Le dichiarazioni arrivano alla fine di un colpo di Stato, non all’inizio come in questo caso.

Un tentativo di colpo di Stato da parte di un amico è comune ma scioccante, e spesso spezza il leader. Putin era certamente scioccato, ma non distrutto.

Il motivo per cui mi sono dilungato così tanto è per introdurre la mia teoria. Credo che si sia trattato di un tentativo di rovesciare il Presidente. La guerra non sta andando bene, Prigozhin ha sostenuto che l’esercito è incompetente e che lui è più adatto a condurla, e Putin non se l’è bevuta. L’azione era ciò che sembrava essere. È stato un colpo di stato che è fallito, come molti altri.

Ma un grande mistero permane. Il Gruppo Wagner era la minaccia più pericolosa per le forze ucraine. Ora è disperso e senza leadership, eppure l’Ucraina non ha lanciato una grande offensiva per approfittare della situazione. L’offensiva di primavera prosegue con la stessa cautela di prima. Gli eventi della scorsa settimana sembrano offrire un’enorme opportunità all’Ucraina, anche se tutti i dettagli della pianificazione devono essere ignorati a favore di un’azione rapida. La Russia dovrebbe inviare grandi rinforzi all’Ucraina in breve tempo, e l’Ucraina dovrebbe correre tutti i rischi necessari per evitarlo. C’è stato abbastanza tempo per agire, poiché le truppe Wagner sono in attesa di ordini. Può darsi che il Gruppo Wagner sia ancora una forza azionabile in Ucraina, ma spostare tutte le sue forze in Bielorussia sarebbe difficile da nascondere. L’intelligence americana sarebbe probabilmente a conoscenza della loro posizione e gli Stati Uniti non manderebbero gli ucraini in un tritacarne. Eppure non c’è stata nessuna fuga di notizie, nessuna offensiva ucraina e nessuna notizia di un importante rinforzo russo, un fatto che il Cremlino avrebbe certamente annunciato con orgoglio per dimostrare che la Russia è ancora operativa.

È come se la guerra fosse stata resettata a più livelli. Continua, ma non si avvicina all’intensità che aveva prima del tentativo di colpo di Stato. I russi sembrano non dare peso alle dichiarazioni di guerra, così come l’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno parlato molto del tentativo di colpo di Stato, ma poco della guerra in sé. Sembra che siamo entrati in un nuovo periodo del conflitto, con tutte le parti che lo riducono. Putin ha bisogno di riorganizzarsi e questo richiederà tempo. Gli ucraini, con tutta la loro spavalderia, hanno bisogno di un accordo. Gli Stati Uniti hanno chiarito che un accordo è il loro obiettivo. Secondo i rapporti, il Gruppo Wagner sembra concentrato a Rostov-on-Don e Voronezh, lontano da Mosca.

L’Ucraina non sta entrando in azione e la Russia non sta inviando grandi forze per sostituire Wagner. Gli Stati Uniti sono tranquilli. Quindi la mia teoria, gratuita e che vale ogni centesimo, è che si è aperta la porta a un accordo negoziale. Putin sta combattendo una guerra che non vincerà, almeno non a breve. Gli Stati Uniti hanno le elezioni presidenziali alle porte e hanno bisogno dell’Ucraina non per vincere, ma per bloccare la Russia. Sebbene la rabbia ucraina nei confronti della Russia sia reale, non può resistere se gli Stati Uniti vogliono un compromesso.

Qualunque sia il compromesso, credo che il gioco finale stia per iniziare. Potrei sbagliarmi.

Di seguito sono riportati alcuni estratti del mio capitolo di “Flashpoints” sulle previsioni per la Russia e l’Ucraina, scritto nel 2014:

La strategia [della Russia] deve innanzitutto concentrarsi su Bielorussia e Ucraina. Al momento la Bielorussia non rappresenta un problema. È debole, ha un leader che si piegherà alla volontà dei russi e ha bisogno di investimenti russi. Ma nemmeno la Bielorussia può essere data per scontata. Quando l’attuale leader Lukashenko uscirà di scena, nessuno potrà prevedere l’evoluzione politica del Paese. I russi devono quindi istituzionalizzare la loro influenza dal punto di vista economico e attraverso le relazioni con i servizi segreti bielorussi. I russi devono essere costantemente attivi in Bielorussia.

Il problema più immediato è l’Ucraina. È una storia che risale a una decisione strategica presa dagli Stati Uniti e dalla penisola [europea] negli anni Novanta. C’erano due strategie che potevano seguire. Una era quella di permettere l’esistenza di una zona cuscinetto neutrale di Stati ex sovietici. L’altra era quella di incorporare il maggior numero possibile di questi Stati nella NATO e nell’UE. I russi non erano in grado di bloccare questo spostamento verso est. Pensavano, o almeno sostenevano di aver ricevuto una promessa, che la NATO non sarebbe mai avanzata nell’ex Unione Sovietica. Quando gli Stati baltici sono stati ammessi alla NATO, quella promessa, reale o meno, è stata infranta. La NATO si era spostata di oltre cinquecento miglia a est, verso Mosca, e non era a cento miglia da San Pietroburgo.

Il primo duello è stato sull’Ucraina, la regione chiave per la Russia. Non era solo una questione di gasdotti energetici, ma di sicurezza fisica a lungo termine della Russia. Il confine ucraino con la Russia è lungo oltre settecento miglia. Si trova a cinquecento miglia da Mosca su un terreno pianeggiante e aperto. Odessa e Sebastopoli, entrambe in Ucraina, forniscono alla Russia un accesso commerciale e militare al Mar Nero e al Mediterraneo. Se l’Ucraina dovesse essere integrata nella NATO e nell’Unione Europea, la Russia si troverebbe ad affrontare una minaccia non solo nel Baltico, ma anche dall’Ucraina. La perdita dell’accesso al territorio ucraino sarebbe un duro colpo per la strategia economica russa. Un’alleanza dell’Ucraina con la NATO rappresenterebbe una minaccia inequivocabile per la sicurezza nazionale russa. Proprio questa minaccia è riemersa. La situazione ucraina semplicemente non si chiude. Tutto ciò che è stato risolto viene riaperto. Data la sua importanza per la Russia, questo ha senso.

L’Ucraina presenta una certa fragilità. A est l’influenza russa è pesante. A ovest domina l’influenza polacca e rumena, e gli ucraini nel complesso sono divisi politicamente tra chi vuole far parte dell’UE, chi vuole essere vicino alla Russia e chi vuole un’Ucraina completamente indipendente. Questo rende i russi ancora più inquieti. Divisioni come queste rendono l’Ucraina un terreno fertile per la manipolazione da parte di chiunque sia interessato. I russi sono molto consapevoli di questa vulnerabilità, perché essi stessi hanno manipolato l’Ucraina per molto tempo. Per questo motivo, i russi interpreteranno il coinvolgimento esterno come una manipolazione e potenzialmente come una minaccia ai loro interessi primari in Ucraina.

La politica americana ed europea nei confronti dell’ex Unione Sovietica è consistita nel tentativo di trasformare le ex repubbliche sovietiche in democrazie costituzionali, secondo la teoria prevalente che ciò le avrebbe stabilizzate e integrate nel sistema economico e politico occidentale. Di conseguenza, sia questi Paesi che gli Stati Uniti si impegnarono nel finanziamento di organizzazioni non governative (ONG) che consideravano a favore della democrazia. I russi consideravano il finanziamento di questi gruppi come filo-occidentale e quindi ostile agli interessi russi. Lo stesso è accaduto in Ucraina. Gli americani erano ignari di come i russi vedessero questa interferenza. I russi, invece, non credevano che gli occidentali fossero così ingenui.

Putin capiva che gli Stati Uniti erano molto più potenti della Russia. Capiva anche che Washington poteva, a lungo andare, influenzare la penisola europea, in particolare i Paesi di confine. Ma gli Stati Uniti erano impantanati in Medio Oriente. La Russia aveva una finestra di opportunità non solo per riaffermare la propria capacità militare, ma anche per rimodellare le terre di confine, in particolare l’Ucraina, in modo da proteggere la Russia.

La Russia non affronta alcuna minaccia militare ora, ma sa anche che le minacce militari emergono improvvisamente e inaspettatamente dalla penisola. Dato il futuro incerto dell’Ucraina, ciò potrebbe avvenire rapidamente.

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PROPAGANDA, di Pierluigi Fagan

PROPAGANDA. Questo libro è stato scritto nel 1962, quindi privo di fenomeni come Internet ed i social, la globalizzazione, le televisioni private, i network tv on line, le emissioni satellitari e quelle via cavo, la mobilità cellulare, la segmentazione psicografica statistica ed i Big Data. Tuttavia, rimane opera di riferimento per lo studio del fenomeno dato ancora in molte facoltà (assieme a Bernays, Lasswell, Dobb dando in privato sempre una sbirciatina a Goebbels, rude ma efficace). Prima considerazione da fare è come molti pensatori, in Europa ma spesso anche negli Stati Uniti, negli anni ’60 avessero idee ben chiare sui profili fondamentali della società che è ancora la nostra società, peggiorata in alcuni tratti. Più che trarne il giudizio di “attualità” ci sarebbe da domandarci perché oggi riscopriamo mille ed una volta l’acqua calda, già riscaldata per bene sessanta anni fa. È chiaro che un problema che hanno le idee e gli impianti mentali critici e quindi non dominanti, è la loro dispersione nel tempo, non si accumulano, non fanno massa.
L’Autore è un inclassificabile francese. Storico del diritto, teologo protestante, critico della società della tecnica avvicinato a Gunther Anders, con tendenze anarco-libertarie, marxologo non marxista, anticipò i temi della decrescita. Qui, Jacques Ellul è in veste di sociologo, forse la sua specialità più completa e nitida.
Dato l’argomento e la recente attualità, ci sta bene iniziare dicendo che “c’è un propagandista ed un propagandato”. Il primo è spesso un funzionario di sistema che deve massaggiare psicologicamente gli individui-massa affinché siano conformi al sistema. Vale per le dittature quanto per le democrazie o pseudo tali. Secondi Ellul, la propaganda (che coincide con la divulgazione di una precisa immagine di uomo e mondo che dia ragione e senso) è una necessità delle società moderno-tecniche sotto qualsiasi regime politico. Alte le conoscenze del propagandista di psicologia sociale, individuale, del profondo, di sociologia, di mitologia, delle forme religiose così che, dall’alto del suo potere cognitivo, disprezza il propagandato per quanto l’abbia ben studiato o forse proprio per questo.
Coinvolge il razionale e l’irrazionale, il pubblico ed il privato, il conscio e l’inconscio, nonché tutti i media possibili ed immaginabili, questi sempre di proprietà o dello Stato o di capitalisti, come in Occidente. Meglio un solo media o comunque pochi ed accordati.
Nella società “liberali”, la libertà è ridotta ad avere due schieramenti che si odiano reciprocamente e sono impossibilitati al dialogo reciproco, da qui la mortificazione della pallida pretesa al pluralismo democratico a vantaggio di un bipolarismo di fatto. Tanto poi due poli pendono al centro e quindi la struttura di potere governa comunque. Questo cristallizza le immagini di mondo partendo da un poderoso lavoro di semplificazione di cui il propagandato è grato.
Quanta ansia per l’impreparazione e la paura derivata dalla continua torrenziale cascata di notizie incomprensibili, inquietanti ed ansiogene! Poiché i poteri richiedono comunque legittimità data dal popolo e poiché non si vede come gente che lavora otto ore al giorno più i trasferimenti e le cure personali possa sapere vagamente qualcosa di economia, finanza, tecnologia, geopolitica, cultura, politica, società, futuro, ambiente, ecco parole d’ordine, mantra, cori preconfezionati, slogan, testimonial, esperti, frammenti di razionalità lubrificati con ampie dosi di emotività nei cervelli deboli, distratti, immemori, dipendenti, scossi e resi incerti dall’ignoranza evidente affamata di Verità e cose buone da pensare.
Oggi, avendo sempre più problemi complessi e globali, la propaganda diventa vieppiù esasperatamente puntinista (attenzione ce la “n”), scintille di attenzione de-correlate, caleidoscopi impressionistici. L’ efficacia della propaganda ha precondizione nella sua vastità avvolgente, continuità, invisibile coerenza, ripetitività, per perversi versi, utilità nel dar ragione e senso a ciò che non ce l’ha. Più senso meno dissenso.
Conoscenza e sfruttamento scientifico dei meccanismi di contagio e sincronia delle masse, del fatto che come diceva Durkheim “il gruppo pensa ed agisce in modi del tutto differenti da come penserebbero ed agirebbero i suoi individui componenti se isolati”, l’odierno isolamento reciproco tra persone che non si trasmettono informazione e conoscenza reciprocamente (non dibattono) ma suggono dati ed interpretazioni da una fonte unica, pubblico che si fa una opinione o meglio acquisisce quella somministrata dato che non ha tempo e strumenti per farsene una propria, creano la situazione perfetta. La propaganda, come la pubblicità, non inventa quasi nulla, pesca tra pregiudizi, stereotipi, categorizzazioni, modelli, tradizioni, conformismi, miti profondi (c’è una primigenia fame del mito soprattutto da parte maschile), che già esistono (la Nazione, il lavoro, l’Eroe, la felicità, la libertà).
Un mito eterno è quello del Big Man che si adora mentre ti manipola e ti fotte, ne è appena morto uno che ha ricodificato i codici socioculturali, etici, morali, politici nostrani in un tripudio di convinti applausi dei suoi adoranti propagandati. Mi ero messo a fare l’elenco degli orfani addolorati al suo funerale, da Boldi a Razzi, una fotografia sociologica del livello dell’immaginario nazionale degli ultimi tre decenni, poi ho lasciato perdere, tanto di questi tempi è inutile. Se l’imbecille fosse in grado di rendersi conto di esserlo non lo sarebbe.
La tassonomia di Ellul è elaborata. C’è propaganda politica e sociologica, verticale ed orizzontale, di agitazione ed integrazione (modello partito di lotta ma poi di governo che cambia radicalmente argomenti e tono di voce. Tipo “contro i poteri forti” poi abbracci Elon Musk), razionale ed irrazionale. In Occidente tende a dar adattamento ad una insensata società individualistica di massa previa distruzione o indebolimento di ogni struttura intermedia. Gli accenni al prototipo americano del suo tempo danno l’idea di una vera e propria “radiazione sociale”, sono le forme, i modi, i simboli stessi della nostra società circostante a comunicare prima ancora che qualcuno li ordini in discorso.
Un altro sociologo più recente, George Ritzer (2005) ha avuto dieci edizioni in inglese fino a due anni fa, con un libro sulla forma McDonald di molte strutture sociali: efficienza, calcolabilità, prevedibilità, uniformità in un universo di McUniversità, McMedia, McBambini e da ultimo una McCoscienza di sé. Tutto ciò irradia la sua forma con coerenza direttamente dalla società, il discorso propagandistico diventa solo un accompagno. Il bisogno di semplificare i discorsi fa pari con quello di semplificare la società. I suoi effetti non sono superficiali e transitori, formano il mentale prima che per contenuti per forme, ad esempio dicotomizzare tutto (bene-male, giusto-sbagliato), giudicare ancor prima di analizzare, ordinare il pensiero nei sentieri già tracciati (che tanto si sa già dove vanno a finire), ossessionarsi nevroticamente al presente così che le cause sfuggono, non domandarsi mai “perché”? ovviamente cercando di superare le risposte da favolistica scadente.
Ultimamente, spingere compulsivamente bottoni su un parallelepipedo piatto da tenere davanti gli occhi. L’ efficacia della propaganda ha precondizione nella sua vastità avvolgente, continuità, invisibile coerenza, ripetitività.
L’altra sera mi sono imbattuto in una serata Rampini sulla 7, tema gli Stati Uniti d’America (di cui le bretelle del nostro riproducevano colori e forme della bandiera) ne seguirà una sulla Cina. Secondo Rampini che rivendicava con orgoglio la sua nuova cittadinanza americana, gli Stati Uniti sono fortissimi, inarrivabili e vincenti in tutti i principali items di potenza (armi, dollaro, Pil, tecnologia, demografia) e tali rimarranno, per nostra fortuna, ancora a lungo. L’unico problema è che ultimamente sembrano esser poco convinti di sé stessi (mannaggia!). Il titolo della puntata era “A cosa serve l’America’”, lui è americano, in pratica era una televendita travestita da info-approfondimento.
Aggiungo solo un ulteriore scorcio su tale Nathalie Tocci, una esperta convocata a spiegarci bene le cose. La signora che sembra dirigere un think tank di politica internazionale italiano salvo scoprire sul loro sito che ricevono quasi il 50% dei fondi da “enti e fondazioni estere” (senza vergogna), quando parlava degli Stati Uniti tendeva ad alzare le punte interne delle sopracciglia e quindi abbassare quelle esterne, come se stesse parlando partecipata del povero Cappuccetto Rosso in preda a mille insidie del mondo-bosco. Quando parlava di Russia e Cina faceva il contrario, abbassava le punte interne ed alzava quelle esterne come stesse parlando del lupo cattivo che si appresta a far la festa alla povera nonnina. Del resto, era sera tarda e le favole della buonanotte hanno il loro pubblico. Ho provato nostalgia per Luttwak.
Siamo alla regressione infantile delle opinioni pubbliche, il che fa il paio con un altro concetto di sociologia contemporanea, la “gamification”, ovvero mettere meccanismi di gioco in ambienti non giocosi come Internet, social, sistemi di apprendimento o di business, sollecitando partecipazione attiva e “spontanea”. Il recente scadimento qualitativo dei propagandisti fa il paio con quello dei propagandati e più in generale dà lo Spirito del tempo.
Termino in positività, che fare, quali antidoti, come superare questa condizione di servitù psico-intellettuale volontaria, propedeutica alla servitù volontaria di partecipare al termitaio sociale al ritmo dei tamburi suonati per noi dai propagandisti del sistema? Il tempo. Dal lavoro sulle cose al lavoro su sé stessi, ricavandone tempo da dedicare all’autoformazione della propria mentalità, una mentalità formata ha distanza critica dalla propaganda, rompe la magia, l’incanto, diventa immune, la guarda dall’alto in basso rompendo la servitù volontaria. Ma tra più tradizione, più lavoro, più ordine, più giustizia, più libertà, più innovazione, più sicurezza, più opportunità, le propagande politiche sembrano unanimi nell’evitare di promettere l’unico -più- che vi è necessario per decidere da voi, giudicare da voi, agire col pieno senso del voi: più tempo.
Meno lavoro, più tempo, meno propaganda. Questa è l’ultima, irrealizzabile, utopia.

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Trattare con l’estero … È più complicato di quanto si possa pensare. _ di AURELIEN

Trattare con l’estero …
È più complicato di quanto si possa pensare.

AURELIEN
28 GIU 2023
Questa settimana volevo scrivere di qualcosa di molto diverso, ma sono stato distratto da una serie di articoli che criticavano la diplomazia degli Stati Uniti e dell’Unione europea, soprattutto nei confronti della Cina. Sono stato anche colpito da diverse persone che hanno espresso scetticismo sul mio commento secondo cui nel 2014 Merkel e Hollande avrebbero potuto pensare di fare qualcosa di utile e stabilizzante riarmando l’Ucraina dopo gli accordi di Minsk. Ho quindi pensato che questo potesse essere il momento giusto per scrivere qualche parola sui meccanismi reali delle relazioni tra Stati, e tra Stati e organizzazioni internazionali, e sul perché spesso sono diversi da quelli che vediamo nei media o leggiamo nei libri di testo sulle relazioni internazionali. In particolare, voglio spiegare come le relazioni tra i governi vadano ben oltre la politica estera formale, anche se questo aspetto della vita è molto pubblicizzato.

Non posso affermare di essere un esperto, ma ho avuto la fortuna di assistere alla salsiccia della politica estera in diversi Paesi per molti anni e di aver contribuito io stesso a qualche umile intervento. Non vi sorprenderà sapere che le relazioni che gli Stati intrattengono tra loro variano enormemente per portata, contenuto e natura, e che il sistema statunitense, sempre considerato paradigmatico, è in realtà estremamente insolito, se non addirittura unico.

Per cominciare, gli Stati hanno relazioni di ogni tipo tra loro e con le istituzioni internazionali, e quella che noi consideriamo la classica “politica estera” non è affatto la loro portata. Anzi, quella che si potrebbe descrivere come politica estera “pura” è spesso solo una piccola parte. Per “pura” intendo lo status politico della nazione a livello internazionale, regionale e bilaterale, e i tentativi di migliorarlo e di aumentare l’influenza dello Stato. Anche qui, però, c’è di solito un contenuto pragmatico: l’influenza è raramente, se non mai, puramente esistenziale. Così gli Stati possono ospitare con successo eventi sportivi internazionali o conferenze internazionali. Possono candidarsi ed essere eletti come membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Possono riuscire a far sì che i loro cittadini siano nominati a posti importanti nelle organizzazioni internazionali, o che siano invitati come osservatori o addirittura partecipanti a importanti riunioni internazionali.

Questo può avere risultati positivi o negativi. Il fatto che i sudafricani abbiano ospitato (e vinto) la Coppa del Mondo di rugby nel 1995 è stato un passo importante per far uscire il Paese dall’isolamento internazionale sotto un nuovo governo. Quasi un decennio dopo, l’allora primo ministro spagnolo José María Aznar invitò George Bush e Anthony Blair a un incontro sull’Iraq nell’aprile 2003, poco prima della guerra. Deve essere sembrata un’abile trovata politica. Ma la guerra non era popolare in Spagna e la carriera politica di Aznar finì di fatto in quel momento.

In realtà, la maggior parte delle relazioni estere ha a che fare con qualcosa, il che significa che sono condotte da, o sostenute da, esperti nelle materie giuste. I diplomatici devono ovviamente possedere alcune competenze professionali specifiche, come le lingue, le abilità personali per sopravvivere e coltivare i contatti in altre culture, e tutta una serie di capacità scritte, orali e manageriali per ottenere, per quanto possibile, ciò che il governo vuole, a volte temperato da ciò che si pensa di poter realisticamente ottenere. I diplomatici spesso si specializzano in regioni e lingue, sia perché sono difficili e richiedono anni di studio (il giapponese è un buon esempio), sia perché sono ampiamente utilizzabili (lo spagnolo, ad esempio). Ma in definitiva, che si tratti di negoziare quote di pesca, livelli di armamento o bilanci per gli aiuti all’estero, i diplomatici hanno generalmente esperti in materia seduti dietro o accanto a loro, pronti a consigliare su questioni tecniche. In effetti, si può dire che quanto meglio un Paese riesce a integrare i consigli tecnici degli esperti con le capacità negoziali dei diplomatici, tanto più riuscirà a ottenere ciò che vuole.

Naturalmente, gli esperti dei vari dipartimenti governativi avranno spesso a che fare con i loro omologhi stranieri. I medici parleranno con i medici, i poliziotti con i poliziotti, gli esperti di sicurezza con gli esperti di sicurezza, gli esperti di commercio con gli esperti di commercio e così via, in tutto il campo del governo. (A sua volta, questo genera una serie di accordi e intese, anche se, forse per una stranezza della storia, solo i ministeri degli Esteri possono effettivamente negoziare trattati formali: tendono a proteggere ferocemente le loro prerogative e amano essere informati su altri tipi di accordi. Tutto ciò ha una serie di conseguenze.

Una di queste è che il ministero degli Esteri è solo un attore nella totalità delle relazioni governative tra gli Stati. Nella maggior parte dei casi è il più potente, ma questo dipende molto dal sistema di governo e dall’argomento. Un caso estremo è stato quello della Turchia durante la Guerra Fredda e dopo, dove lo Stato Maggiore turco, e non il Ministero degli Esteri, aveva l’ultima parola sulle posizioni negoziali in materia di sicurezza. Ma anche in una democrazia classica, il ministero degli Esteri raramente avrà la capacità o il diritto di definire unilateralmente le posizioni negoziali, e in effetti sarebbe sciocco cercare di farlo. Ciò che i diplomatici dovrebbero avere, invece, è la percezione dell’andamento dei negoziati, di ciò che gli altri vogliono e di ciò che probabilmente sarà generalmente accettato. Di tanto in tanto un diplomatico pronuncerà le temute parole “non negoziabile”, ovvero che, per quanto la vostra proposta sia sensata e logica, non otterrà un sostegno sufficiente per essere accettata. E poi dirà che non vale la pena sprecare “capitale negoziale” per questa proposta, quando invece ci sono altre cose che si possono provare.

Ma ammettendo che si debba lasciare ai diplomatici il compito di giudicare queste cose, c’è anche la questione di cosa dovrebbero dire nel concreto, non solo nei negoziati, ma anche nei rapporti quotidiani e nelle visite ad alto livello. Qui la situazione è molto più complicata. Sebbene il Ministero degli Esteri sia l’agenzia esecutiva responsabile del raggiungimento dei risultati, lo fa a nome del Paese e del governo nel suo complesso, e quindi è necessario che ci sia un solido consenso dietro le sue proposte. Spesso questo non è facile, per due motivi.

In primo luogo, e più banalmente, il Ministero degli Esteri ha sempre a che fare con gli stranieri. A parità di condizioni, vuole una vita tranquilla e vuole evitare il più possibile inutili discussioni. I governi si concedono continuamente favori e accomodamenti di routine che passano sottotraccia, e i ministeri degli Esteri non vogliono mettere a rischio qualcosa come il rilascio di visti o l’accesso consolare, per il gusto di fare una questione politica transitoria. Quindi un ministero degli Esteri, che deve considerare l’intero spettro delle relazioni con una potenza straniera, può essere riluttante a insistere troppo su un determinato argomento, anche se i dipartimenti interni potrebbero voler essere molto più incisivi. Questo accade in particolare con l’Ambasciata in loco, che può essere particolarmente riluttante ad adottare una linea troppo dura: una situazione familiare per chiunque abbia mai avuto un incarico operativo all’estero, o un incarico che lo porta spesso sul campo. Quegli idioti a casa, si pensa, con le loro aspettative disperate, non capiscono davvero cosa sta succedendo sul campo. Poi si passa a un lavoro a domicilio e si inizia a vedere i propri rappresentanti all’estero come “autoctoni”, che non tengono sufficientemente conto degli interessi del proprio Paese o della propria organizzazione. Entrambe le cose possono essere vere, a seconda delle circostanze.

Allo stesso modo, si entra nel servizio pubblico in generale perché si ha una mentalità di risoluzione dei problemi: altrimenti si sarebbe un giornalista o un accademico o un operatore di ONG. Quindi la prima domanda che ci si pone di fronte a un problema è: “Come lo risolviamo? I diplomatici sono particolarmente inclini a sentirsi così, poiché gran parte del loro lavoro è orientato al processo, e i loro colleghi a volte li accusano, e a volte a ragione, di volere un accordo a tutti i costi, e di vedere l’emissione di un comunicato, ad esempio, come un fine in sé, a prescindere da ciò che dice. Il fatto è che è difficile concludere un incontro internazionale senza un comunicato, o una visita ad alto livello senza un accordo di qualche tipo, e i ministeri degli Esteri spesso spingono per ottenere qualcosa, qualsiasi cosa, che possa essere considerata un risultato.

In secondo luogo, e soprattutto, le relazioni tra Paesi sono sempre complesse e riguardano necessariamente una serie di argomenti. Questo sarebbe meno problematico se tutti gli imperativi puntassero nella stessa direzione, ma raramente è così, e quindi qualsiasi politica nei confronti di un Paese straniero deve essere in effetti un compromesso, in cui i pezzi non sempre si combinano bene. Nonostante i tentativi di “migliorare il coordinamento” (o come dicevano gli inglesi “joined-up government”), la realtà è che il problema può essere gestito, ma è fondamentalmente insolubile. Una situazione tipica è la seguente. Si ha a che fare con un Paese che è una potenza importante in una particolare regione instabile e si cerca di incoraggiarlo a usare questo potere in modo positivo. Sapete di sostenere un governo corrotto, ma ritenete che qualsiasi altro governo prevedibile sarebbe altrettanto cattivo, se non peggiore. Sotto la pressione del vostro Paese e di altri, il Paese sta riducendo il suo sostegno a una fazione dissidente nella guerra civile vicina, ma per ragioni politiche non lo ha ancora annunciato. È un importante produttore di alcuni prodotti a base di petrolio e chiede la vostra assistenza per proteggere le sue linee di rifornimento dai sabotaggi. Il contratto per la gestione del principale porto del Paese, vinto da una delle vostre società dieci anni fa, sarà presto rinnovato. Sebbene il Paese sia una democrazia teorica, la milizia del partito al potere ha preso ad attaccare gli avversari politici. Il Paese ha un problema di criminalità che non riesce a risolvere e sta cercando di formare professionalmente le sue forze di polizia. Ci sono accuse (non confermate) che alcuni di questi poliziotti siano anche membri di varie milizie politiche. Il Paese ha un fiorente commercio di stupefacenti e ci sono accuse (ma anche in questo caso non ci sono prove) di coinvolgimento di membri delle famiglie delle élite politiche e militari. All’esterno del Paese c’è un’opposizione attiva, molti dei cui leader hanno una formazione occidentale e sono popolari tra i media, i gruppi per i diritti umani e i Paesi con cui si cerca di coordinare la politica estera.

Così, nell’arco di una settimana, il Ministro degli Esteri potrebbe ricevere pressioni sui diritti umani nel Paese da parte di un’alta personalità delle Nazioni Unite, ricevere una lettera dal Ministro del Commercio che sollecita un maggiore sostegno nel Paese per il rinnovo del contratto portuale, leggere un articolo dei media in cui si afferma che poliziotti addestrati nel vostro Paese sono stati accusati da esponenti dell’opposizione di un possibile coinvolgimento in presunti omicidi politici, ricevere una delegazione di leader regionali che esorta il vostro Paese a continuare a partecipare al processo di pace locale e a continuare a fare pressione sul governo interessato, subire le pressioni dell’UE per introdurre sanzioni contro lo stesso governo a causa del suo sostegno alla fazione dissidente e, infine, dover decidere se ricevere o meno i leader dell’opposizione in esilio che sono in tournée per raccogliere sostegno politico. Ovviamente, mezza dozzina di dipartimenti governativi avranno opinioni su ciò che dovrebbe essere fatto. È vero che ci sono relazioni bilaterali più facili da gestire (mi vengono in mente l’Australia e la Nuova Zelanda), ma ce ne sono anche altre molto più difficili. Dopo tutto, tra il Ministero degli Interni che chiede di coltivare legami più stretti con la polizia del Paese per combattere il traffico di droga e il Ministero delle Finanze che vuole colpire individui potenzialmente corrotti nel governo e nelle forze dell’ordine per combattere il riciclaggio di denaro, non è possibile trovare una soluzione che accontenti tutti. Quindi, in pratica, vengono enfatizzati elementi diversi in occasioni diverse.

Quanto più grande è un governo e quanto più ampio è il suo raggio d’interesse, ovviamente, tanto più complesso è il problema; inoltre, anche la struttura del governo e il suo funzionamento giocano un ruolo. È praticamente inevitabile avere una politica generale incoerente sotto alcuni aspetti, e quanto più grandi e potenti sono i singoli attori del governo, tanto più è probabile che ciò accada. Questo vale anche sul campo. Molti Paesi hanno rappresentanti di altri dipartimenti governativi che lavorano nelle loro ambasciate, responsabili nei confronti dell’ambasciatore ma anche dei loro ministeri in patria. L’esempio più antico è quello degli Addetti alla Difesa, che storicamente erano i rappresentanti personali del Sovrano nella sua veste di capo delle Forze Armate. Le cose sono un po’ cambiate da allora, ma rimane il fatto che questi ufficiali hanno una linea di relazioni con le loro capitali che si aggiunge a quella del Ministero degli Esteri. A seconda del Paese, possono essere presenti rappresentanti dei ministeri del Commercio, dello Sviluppo, della Tecnologia o degli Interni, nonché, ad esempio, ufficiali di collegamento della polizia. Non è raro che queste persone gestiscano in proprio programmi ampi e prestigiosi, sui quali il Ministero degli Esteri non ha alcun controllo. Di conseguenza, i locali possono ricevere risposte leggermente (o addirittura molto) diverse da un’Ambasciata a seconda dell’interlocutore.

Quanto più grande e diviso è un sistema governativo, tanto più incoerenti saranno le sue relazioni con gli altri Stati. (Ma prima di tutto, molto dipende dal grado di controllo centrale che può essere esercitato all’interno di un sistema. Non è solo una questione di lotta e di dominio, è anche, e forse soprattutto, una questione di cultura. In molti Paesi i governi hanno una cultura del consenso tra i dipartimenti, in altri una cultura del conflitto e della competizione. Più la macchina governativa è personalizzata e politicizzata, più è difficile trovare un consenso parziale o totale. Sistemi presidenziali forti possono alleviare in qualche misura questo problema, ma ovviamente i Presidenti e i loro collaboratori non possono gestire la politica estera giorno per giorno. In Francia, dove la Presidenza ha, per tradizione, una notevole influenza sulla politica estera, il Presidente è spesso descritto come un “arbitro” tra i vari attori in conflitto, in quel campo come in altri. Dopodiché, molto dipende dall’equilibrio di potere all’interno del governo stesso. In Francia e in Germania, per ragioni storiche diverse, il ministero degli Esteri è estremamente potente sulle questioni di sicurezza, mentre il ministero della Difesa è storicamente debole (in Germania, infatti, il “ministero” è in realtà solo un quartier generale delle forze armate con una crosta politica sopra). La combinazione di un potente ministero degli Esteri e di un Presidente che storicamente si è interessato molto alla politica estera ha fatto sì che storicamente la politica francese fosse abbastanza ben focalizzata (meno di recente, per ragioni che non è il caso di approfondire in questa sede). Quindi, per qualsiasi questione, in qualsiasi Paese, bisogna innanzitutto vedere quanto sia potente e influente la persona che ha fatto una particolare dichiarazione o proposta, riconoscendo che il potere si basa in qualche misura sullo status personale. Un ministro dello Sviluppo a capo di un partito della coalizione di governo può essere politicamente più forte del ministro degli Esteri, un giovane protetto del Presidente, poiché può far cadere il governo in qualsiasi momento.

Nei sistemi politici relativamente collegiali (come è stato storicamente quello britannico) gli inevitabili attriti e disaccordi possono di solito essere appianati con la discussione e il compromesso. In altri, la politica estera, come molte altre aree del governo, è essenzialmente un’area di lotta per l’influenza e il denaro. Ormai sarà chiaro, credo, perché gli affari esteri degli Stati Uniti (piuttosto che la semplice “politica estera” studiata nelle università) sono così complicati e confusi, e spesso così inefficaci. Spesso si rimane sorpresi nello scoprire, ad esempio, che il Dipartimento di Stato è solo uno degli attori delle relazioni internazionali, e non sempre il più potente. L’enorme pubblicità che alcuni funzionari politici del Dipartimento si sono guadagnati non si è necessariamente tradotta in potere effettivo, o nella capacità di ottenere risultati specifici, perché in genere non controllano le risorse necessarie per realizzarli. In parole povere, il Dipartimento di Stato non ha capacità militari, deve competere con il Pentagono e le varie agenzie di intelligence per avere influenza sui governi stranieri e non ha una propria capacità di raccolta di informazioni. Anche in politica estera deve fare i conti con il potere e l’influenza del Consigliere per la sicurezza nazionale e del suo staff, oltre che con organizzazioni come il Pentagono, l’USAID e la CIA che di fatto hanno politiche estere proprie.

Di conseguenza, un viaggio all’estero (come quello di Blinken in Cina) è preceduto da una battaglia tra tutti gli attori di Washington che pensano di avere un interesse, per determinare quali debbano essere gli obiettivi del visitatore e cosa dovrà dire. Il numero di potenziali attori (spesso singoli individui piuttosto che semplici dipartimenti) e il numero di aree di interazione bilaterale sono tali che un visitatore viene spesso caricato di una massa di obiettivi incompatibili e di linee da seguire. E piuttosto che cercare un compromesso, la tendenza è quella di aggiungere sempre più parole e qualifiche a ciò che già esiste. Quindi, se Blinken è stato criticato per le sue dichiarazioni su Taiwan, è perché la stessa politica statunitense è contraddittoria, sia per l’accettazione della politica di “una sola Cina”, sia per la vendita di armi a Taiwan. Ciascuna politica è sostenuta da gruppi diversi in misura diversa, e qualsiasi dichiarazione generale di politica deve fare riferimento a entrambe, altrimenti qualcuno si arrabbierà (sono sicuro che i cinesi se ne rendono conto).

Ironia della sorte, il risultato è quello di indebolire la posizione degli Stati Uniti su molte questioni, oltre a far sì che altri Stati mettano in dubbio la saggezza di negoziare con quel Paese. La posizione degli Stati Uniti su molte questioni, raggiunta dopo lunghe lotte, è spesso molto inflessibile e incoerente (la maggior parte dei Paesi ha questo problema, ma in misura molto minore). Questo può rendere la vita dei professionisti del Dipartimento di Stato molto difficile nei negoziati, perché non hanno quasi nessuna libertà di manovra. Un buon vecchio trucco nei negoziati, quando si vuole dimostrare la scarsa flessibilità di cui si dispone, è quello di mostrare agli altri le proprie istruzioni. Nelle occasioni in cui ho visto istruzioni statunitensi su questioni controverse, esse si protraggono per pagine e pagine. E pagine. In molti casi, per attuarle tutte occorrerebbe un’acrobazia quadridimensionale.

E anche quando qualcosa viene firmato, non è detto che produca risultati. Una delle cose più strane del sistema governativo degli Stati Uniti (e tra poco parleremo di politica) è che gli accordi firmati non vengono necessariamente attuati, se qualcuno, da qualche parte, decide che avrebbe dovuto essere consultato ed è scontento, o se un’organizzazione è effettivamente in grado di impedire che le cose accadano davvero. Il Pentagono, ad esempio, si oppone ostinatamente a qualsiasi cosa che non sia quella che descrive come operazioni “di guerra” e cerca di sabotare i tentativi di far fare alle forze statunitensi qualsiasi altra cosa. Così, nei giorni del dispiegamento della NATO in Bosnia dopo il 1995, il Pentagono ha fatto del suo meglio per tirarsi fuori, informando i media e il Congresso su quanto tutto fosse costoso e inutile. Allo stesso modo, poco prima dell’inizio dei negoziati per lo Statuto della Corte Penale Internazionale nel 1998, lo Stato Maggiore degli Stati Uniti ha inviato una squadra di avvocati militari in giro per i Paesi della NATO per cercare di convincere le autorità militari della NATO a fare pressioni sui loro governi affinché non firmassero il Trattato, nonostante la politica di tutti questi governi (compreso quello degli Stati Uniti) fosse quella di farlo. E così via.

Nessun Paese, nemmeno gli Stati Uniti, fa la sua politica estera nel vuoto, e pochi Paesi hanno una politica estera autarchica che ignora gli interessi e le preoccupazioni degli altri. Anche i grandi Stati, e persino gli Stati Uniti, non possono agire come se il resto del mondo non contasse nulla, checché ne pensino alcuni politici di facciata. Le nazioni hanno bisogno della cooperazione pratica degli altri per fare le cose. Ma soprattutto, è risaputo che i grandi Paesi non fanno sempre di testa loro e a volte è difficile distinguere la coda dal cane. I Paesi piccoli possono manipolare quelli grandi in vari modi, uno dei quali è quello di fornire informazioni e analisi politiche sui loro vicini. È stato suggerito in modo plausibile, ad esempio, che la maggior parte delle informazioni che gli Stati Uniti hanno sugli Stati arabi e sull’Iran provenga da Israele, e che la maggior parte delle informazioni sulla Corea del Nord provenga dal Sud. Data la difficoltà delle lingue e delle culture coinvolte e il fatto che nessun Paese dispone di risorse illimitate, ciò potrebbe essere vero e, nella misura in cui lo è, apre ovviamente molte possibilità di manipolazione.

Più in generale, le reali relazioni di lavoro tra grandi e piccoli Stati sono sempre più complesse di quanto non sembri: l’influenza di Israele sugli Stati Uniti è un caso emblematico, ma non unico. Un buon esempio è l’Arabia Saudita, che storicamente dipende dalle potenze occidentali per la sua sicurezza e ha acquistato armi occidentali. Ma tali armi, così come le sue forze armate, devono essere sostenute da un enorme numero di espatriati occidentali, che sono di fatto ostaggi e scudi umani. Una conseguenza di questo tipo di accordo è che le grandi potenze finiscono spesso per difendere e scusare il comportamento di quelle più piccole, come nel caso dell’intervento saudita in Yemen.

Per le nazioni che fanno parte di gruppi formali come la NATO o l’UE con un forte profilo politico, rimanere al passo con gli altri membri (o almeno non avere discussioni inutili) è spesso una priorità. Questo vale anche per i raggruppamenti informali, come gli Stati nordici, i Paesi del Benelux o i Paesi africani dell’ECOWAS, dove la tendenza è quella di evitare il dissenso, ove possibile. A volte, inoltre, le nazioni sono effettivamente ostaggio del loro passato e delle numerose e complesse relazioni che hanno intrecciato nel corso di decenni e persino di secoli. Ironia della sorte, le potenze precedentemente imperiali spesso trovano difficile lasciarsi il passato alle spalle: i britannici e i francesi sono sempre sommersi da richieste private di aiuto e assistenza da parte delle ex colonie, anche se i governi che chiedono aiuto si sentono ancora obbligati a lamentarsi pubblicamente del “neo-imperialismo” per ragioni di politica interna. Sia l’intervento britannico in Sierra Leone nel 2000 che il successivo intervento francese in Mali, ad esempio, sono avvenuti su richiesta urgente dei governi della regione e contro gli istinti degli stessi europei.

A quanto detto sopra, dobbiamo aggiungere due fattori importanti che vengono generalmente trascurati nelle discussioni di politica estera: l’influenza del processo politico interno e l’influenza del complesso media/ONG. Eppure, entrambi possono essere profondi. La politica estera, dopo tutto, non è più solo lo sport dei Re: dovrebbe essere finalizzata a portare benefici concreti alla popolazione di un Paese, o come minimo a preservarla dai danni. (Anche se gli idealisti che credono che i governi dovrebbero subordinare gli interessi delle loro popolazioni a quelli di altre popolazioni sono comunque sorprendentemente influenti). Il primo modo in cui ciò avviene è attraverso il sistema politico interno che, in alcuni casi, può effettivamente determinare la politica estera.

Il classico esempio moderno è probabilmente la Brexit, che è iniziata come una mezza proposta di referendum che avrebbe risolto alcuni dei problemi politici interni del Partito Conservatore, si è trasformata in un’iniziativa di politica estera del tutto inaspettata e incoerente, ed è terminata come la disperata ricerca di un accordo, qualsiasi accordo, che avrebbe tenuto buoni gli estremisti del Partito Conservatore e avrebbe anche pacificato gli Unionisti dell’Ulster, da cui dipendeva la maggioranza del governo. (All’epoca mi chiedevo cosa ne pensassero gli accademici neorealisti di un simile comportamento, guidato quasi esclusivamente dall’ignoranza e dal panico). Ma un altro buon esempio è l’immigrazione. In Europa, ad esempio, la PMC ha da tempo sancito la “libertà di movimento” (meglio espressa come “libertà di essere spostati”) come principio umanitario, a patto che coloro che vengono spostati siano tenuti discretamente fuori dalla loro vista. Ma nessuno ha pensato di chiedere alle popolazioni dell’Europa occidentale cosa pensassero di questa meravigliosa iniziativa di politica estera, e abbiamo visto le conseguenze di questa omissione.

Anche il processo politico interno ha un’influenza sulle relazioni estere molto maggiore di quanto spesso si pensi. I governi devono spiegare e giustificare le loro politiche estere come tutte le altre, ma in aggiunta alcune proposte possono richiedere un voto favorevole in Parlamento, una legge di abilitazione o addirittura un referendum. Quest’ultimo è di norma una formalità relativa, ma può rivelarsi disastroso, come nel caso del referendum francese del 2005 sulla revisione del Trattato di Unione Politica, il cui risultato ha inflitto alla classe politica europea cicatrici che non si sono ancora rimarginate. Ma è forse negli Stati Uniti, il cui Congresso si considera un governo alternativo, che questa influenza è maggiore. Tralasciando la questione dei politici di proprietà di governi stranieri, c’è anche la questione della ratifica dei trattati, in cui gli oppositori possono cercare di rallentare o addirittura bloccare il processo, sia perché sono contrari a qualcosa, sia semplicemente per causare problemi all’altra parte. Una delle conseguenze di ciò è che è impossibile sapere se un trattato firmato dagli Stati Uniti abbia effettivamente un valore: potrebbe essere respinto dal Congresso, o semplicemente non essere mai presentato per la ratifica, come nel caso dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, il cui testo è stato enormemente massificato per soddisfare le preoccupazioni degli Stati Uniti, solo che Clinton si è tirato indietro dal presentarlo al Congresso. Chiunque abbia partecipato a negoziati con gli Stati Uniti è abituato a sentire il ritornello “Il Congresso non lo accetterà”. Come ha risposto acidamente un diplomatico europeo durante la mia audizione, “allora mandate il Congresso a negoziare”.

L’ultima area di confusione e complessità è quella che può essere descritta sinteticamente come il complesso industriale dei media e delle ONG, e in particolare la sua suddivisione “diritti umani”. Sia i media che l’industria dei diritti umani sono campi brutalmente competitivi al giorno d’oggi, e gli individui e le istituzioni che ne fanno parte dipendono dalla visibilità pubblica per i loro finanziamenti e le loro carriere. Sfortunatamente, il tipo di commento ponderato e informato sugli affari esteri che sarebbe effettivamente utile non ottiene clic, e lascia il posto a un tipo di sensazionalismo che una volta era associato alla stampa scandalistica. Poiché i problemi reali (guerre, crisi, carestie) sono molto lontani e le persone che riteniamo responsabili sono al di fuori della nostra portata, ci comportiamo come i bambini, sfogando la nostra rabbia su coloro che sono più vicini: di solito i nostri rapporti governativi o le storie dei media emergeranno tipicamente, piene di frasi come “presunto”, “sospetto”, “non confermato” o “si dice che sia collegato a”, lasciando al lettore nessuna informazione reale, ma una vaga sensazione che stia accadendo qualcosa di terribile e che il loro governo sia in qualche modo da biasimare. Anche quando ci sono legami indiscussi con altri Paesi, i media insistono abitualmente nel considerare gli eventi all’estero semplicemente come estensioni della politica interna: alcuni dei media occidentali si sono illusi a tal punto da credere che gli Stati Uniti potessero “fermare” la guerra nello Yemen in qualche modo imprecisato, per esempio.

La somma totale della strumentalizzazione politica, mediatica e delle ONG degli eventi all’estero può essere quella di creare una sorta di realtà alternativa, di solito meno sfumata e dipinta con colori più accesi rispetto alla situazione reale. Non è una novità: i media e le ONG statunitensi hanno creato quella che è stata giustamente definita una “Bosnia di fantasia” durante la crisi del 1992-95, e il governo statunitense è stato costretto ad agire, in molti casi, come se questa fantasia fosse la realtà. Lo stesso è accaduto con la crisi ruandese e, più di recente, abbiamo assistito alla creazione di paesi immaginari che assomigliano vagamente all’Iraq, all’Afghanistan e, naturalmente, all’Ucraina. In quest’ultimo caso, il rapporto tra il complesso dei media e delle ONG e il sistema politico è così complesso da essere quasi indecifrabile.

Per tutti questi motivi, c’è un limite alla complessità e ai dettagli che una politica estera può effettivamente incorporare, senza implodere sotto stress. L’enorme numero di attori e di questioni, il peso della storia e dei precedenti e la natura interconnessa dei problemi fanno sì che la maggior parte della “politica estera” sia in pratica una gestione della crisi, o un tentativo di gestione. Le nazioni non possono essere trattate come “attori” unitari: nel migliore dei casi, al loro interno esistono coalizioni temporanee e mutevoli, disposte ad assecondare politiche per motivi diversi. Ovviamente le nazioni possono avere politiche di massima ragionevolmente coerenti o obiettivi a lungo termine, ma tendono a essere molto generali e di alto livello. I francesi, ad esempio, hanno perseguito l’autonomia strategica e il mantenimento dello status di grande potenza fin dagli anni Cinquanta, ma il “piano strategico” per questo probabilmente starebbe su mezza facciata di carta e ammonta a poco più, in pratica, di un consenso d’élite su principi molto generali.

Perciò è sempre saggio essere scettici riguardo alle accuse di strategie politiche nascoste a lungo termine: esse hanno le loro origini concettuali nelle fantasie medievali di piani segreti ebraici per il dominio del mondo, e più recentemente nelle accuse fatte durante la Guerra Fredda di una cospirazione comunista lunga generazioni per dominare ogni parte del mondo. L’esempio classico sono le affermazioni dell’ex ufficiale del KGB e disertore Anatoly Golitsyn, il quale sosteneva che non solo la scissione sino-sovietica, ma anche la rivolta ungherese del 1956, l’invasione della Cecoslovacchia del 1968 e persino la caduta del Muro di Berlino facevano tutti parte di una strategia di inganno a lungo termine per indebolire l’Occidente e assicurare il trionfo di Mosca. Le sue farneticazioni hanno convinto molte persone di alto livello in Occidente, tra cui James Jesus Angleton, capo del controspionaggio della CIA, che ha messo sottosopra l’organizzazione nel tentativo di trovare le spie che Golitsyn sosteneva la infestassero.

Tuttavia, gli esseri umani sono animali che creano modelli e, se dobbiamo scegliere, preferiamo l’idea di cospirazione a quella di caos. Ecco perché ci sono stati molti tentativi postumi di costruire un piano segreto coerente per una guerra con la Russia a partire dalle dichiarazioni e dagli scritti di tutta una serie di personaggi occidentali, alcuni influenti, altri no. Ma il problema non è che nella NATO siano stati elaborati piani segreti a lungo termine che hanno coinvolto migliaia di persone in decine di Paesi per un decennio o più, mentre i governi andavano e venivano. Come spero sia ormai chiaro, questo tipo di cose non accadono nella vita reale, così come non accadevano nelle fantasie di Golitsyn. Il vero problema è che la politica della NATO e dell’UE nei confronti della Russia è stata concepita e attuata proprio come discusso in questo saggio, a tentoni, con compromessi, diverse intese e diversi livelli di interesse, e senza porsi la domanda di politica estera più fondamentale di tutte: cosa penserà l’altra parte? In tutte le riunioni in cui decisori affannati, preoccupati soprattutto di Iraq, Afghanistan, Siria, rifugiati, terrorismo dello Stato Islamico e di una dozzina di altri argomenti, sono finalmente arrivati a parlare della Russia, c’è stato forse un singolo individuo a fine tavolo che ha cercato di attirare l’attenzione, per dire che forse i russi avrebbero percepito il riarmo dell’Ucraina come un atto aggressivo, anche se non era questa l’intenzione. (Ma non c’era tempo per affrontare questo argomento ora. Ce ne occuperemo più avanti. Forse.

Ma è così che si fa la salsiccia. Come ho sottolineato la scorsa settimana, l’incoerenza dell’approccio occidentale alla Russia e all’Ucraina, la mancanza di un vero e proprio piano a lungo termine, la sovrapposizione e il conflitto delle motivazioni degli attori principali fanno sì che la risposta al successo russo sia confusa e caotica. Spesso gli errori in politica estera, dovuti al modo in cui vengono commessi, sono recuperabili. Questa volta non ne sono così sicuro.

https://aurelien2022.substack.com/p/dealing-with-foreigners?utm_source=post-email-title&publication_id=841976&post_id=131639305&isFreemail=true&utm_medium=email

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Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina, di JOHN J. MEARSHEIMER_a cura di Roberto Buffagni

 Questo recentissimo articolo di John Mearsheimer, che traduciamo e pubblichiamo, raccoglie gli argomenti fondamentali degli interventi pubblici recenti e prossimi del grande studioso americano. Difficile sopravvalutarne l’importanza. In esso si ritrovano, corredati da un ampio apparato di note e documenti, gli elementi essenziali della situazione in Ucraina, e dei suoi prossimi, probabili sviluppi. Come d’uso, Mearsheimer li esprime con la massima semplicità e chiarezza, in uno sforzo di obiettività e perspicuità che gli fa onore.

Buona lettura,

Roberto Buffagni

 

https://mearsheimer.substack.com/p/the-darkness-ahead-where-the-ukraine?utm_source=profile&utm_medium=reader2

Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina

 

JOHN J. MEARSHEIMER

23 GIUGNO 2023

Questo articolo esamina la probabile traiettoria futura della guerra in Ucraina.[1] Affronterò due questioni principali.

 

Primo: è possibile un accordo di pace significativo? La mia risposta è no. Siamo in una guerra in cui entrambe le parti – l’Ucraina e l’Occidente da una parte e la Russia dall’altra – si vedono come una minaccia esistenziale che deve essere sconfitta. Dati gli obiettivi massimalisti di entrambe le parti, è quasi impossibile raggiungere un trattato di pace praticabile. Inoltre, le due parti hanno divergenze inconciliabili per quanto riguarda il territorio e il rapporto dell’Ucraina con l’Occidente. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato che potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra calda. Il peggiore esito possibile è una guerra nucleare, che è improbabile ma non si può escludere.

 

In secondo luogo, qual è la parte che probabilmente vincerà la guerra? La Russia alla fine vincerà la guerra, anche se non sconfiggerà in modo decisivo l’Ucraina. In altre parole, non conquisterà tutta l’Ucraina, ciò che sarebbe necessario per raggiungere tre degli obiettivi di Mosca: rovesciare il regime, smilitarizzare il Paese e tagliare i legami di sicurezza di Kiev con l’Occidente. Ma finirà per annettere un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In altre parole, la Russia otterrà una brutta vittoria.

 

Prima di affrontare direttamente questi temi, sono necessarie tre considerazioni preliminari. Innanzitutto, sto cercando di prevedere il futuro, cosa non facile da fare, visto che viviamo in un mondo incerto. Pertanto, non sto sostenendo di avere la verità; infatti, alcune delle mie affermazioni potrebbero essere smentite. Inoltre, non sto dicendo ciò che vorrei che accadesse. Non sto facendo il tifo per una parte o per l’altra. Sto semplicemente dicendo ciò che penso accadrà con il procedere della guerra. Infine, non sto giustificando il comportamento russo o le azioni di nessuno degli Stati coinvolti nel conflitto. Sto solo spiegando le loro azioni.

 

Ora passiamo alla sostanza.

 

Dove siamo oggi

Per capire dove sta andando la guerra in Ucraina, è necessario innanzitutto valutare la situazione attuale. È importante sapere come i tre attori principali – Russia, Ucraina e Occidente – pensano alle minacce che li circondano e concepiscono i loro obiettivi. Quando parliamo di Occidente, tuttavia, ci riferiamo soprattutto agli Stati Uniti, poiché gli alleati europei prendono ordini da Washington, quando si tratta di Ucraina. È inoltre essenziale comprendere l’attuale situazione sul campo di battaglia. Cominciamo con le minacce che circondano la Russia e i suoi obiettivi.

 

Le minacce secondo la Russia

È chiaro sin dall’aprile 2008 che i leader russi considerano una minaccia esistenziale gli sforzi dell’Occidente per far entrare l’Ucraina nella NATO e farne un bastione occidentale ai confini della Russia. In effetti, il Presidente Putin e i suoi luogotenenti lo hanno ripetutamente sottolineato nei mesi precedenti l’invasione russa, quando stava diventando chiaro che l’Ucraina era quasi un membro de facto della NATO.[2] Dall’inizio della guerra, il 24 febbraio 2022, l’Occidente ha aggiunto un ulteriore livello a questa minaccia esistenziale, adottando una nuova serie di obiettivi che i leader russi non possono fare a meno di considerare estremamente minacciosi. Di seguito dirò di più sugli obiettivi occidentali, ma è sufficiente dire che l’Occidente è determinato a sconfiggere la Russia e ad espellerla dai ranghi delle grandi potenze, se non a provocare un cambiamento di regime o addirittura a innescare una disgregazione della Russia analoga a quella dell’Unione Sovietica nel 1991.

 

In un importante discorso pronunciato lo scorso febbraio (2023), Putin ha sottolineato che l’Occidente è una minaccia mortale per la Russia. “Durante gli anni che hanno seguito la dissoluzione dell’Unione Sovietica“, ha detto, “l’Occidente non ha mai smesso di cercare di incendiare gli Stati post-sovietici e, soprattutto, di finire la Russia in quanto maggiore porzione sopravvissuta dell’estensione storica del nostro Stato. Hanno incoraggiato i terroristi internazionali ad aggredirci, hanno provocato conflitti regionali lungo il perimetro dei nostri confini, hanno ignorato i nostri interessi e hanno cercato di contenere e sopprimere la nostra economia“. Ha poi sottolineato che “l’élite occidentale non fa mistero del suo obiettivo, che è, cito, ‘la sconfitta strategica della Russia’. Cosa significa questo per noi? Significa che hanno intenzione di finirci una volta per tutte“. Putin ha poi aggiunto che: “questo rappresenta una minaccia esistenziale per il nostro Paese“.[3] I leader russi vedono anche il regime di Kiev come una minaccia per la Russia, non solo perché è strettamente alleato con l’Occidente, ma anche perché lo considerano figlio delle forze fasciste ucraine che hanno combattuto a fianco della Germania nazista contro l’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale.[4]

 

Gli obiettivi della Russia

La Russia deve vincere questa guerra, poiché ritiene di dover affrontare una minaccia alla propria sopravvivenza. Ma che aspetto ha la vittoria? Il risultato ideale, prima dell’inizio della guerra nel febbraio 2022, era trasformare l’Ucraina in uno Stato neutrale e risolvere la guerra civile nel Donbass, che opponeva il governo ucraino ai russi etnici e ai russofoni che volevano una maggiore autonomia, se non l’indipendenza, per la loro regione. Sembra che questi obiettivi fossero ancora realistici durante il primo mese di guerra, e sono stati infatti alla base dei negoziati di Istanbul tra Kiev e Mosca nel marzo 2022.[5] Se all’epoca i russi avessero raggiunto questi obiettivi, l’attuale guerra sarebbe stata evitata o sarebbe finita rapidamente.

 

Ma un accordo che soddisfi gli obiettivi della Russia non è più possibile. L’Ucraina e la NATO sono legate a doppio filo per il prossimo futuro e nessuna delle due è disposta ad accettare la neutralità ucraina. Inoltre, il regime di Kiev è un anatema per i leader russi, che lo vogliono eliminare. Essi parlano non solo di “de-nazificare” l’Ucraina, ma anche di “smilitarizzarla”, due obiettivi che presumibilmente richiederebbero la conquista di tutta l’Ucraina, la costrizione alla resa delle sue forze militari e l’insediamento di un regime amichevole a Kiev[6].

 

Una vittoria decisiva di questo tipo non è probabile per una serie di ragioni. L’esercito russo non è abbastanza numeroso per un compito del genere, che richiederebbe probabilmente almeno due milioni di uomini.[7] In effetti, l’attuale esercito russo ha difficoltà a conquistare tutto il Donbass. Inoltre, l’Occidente farebbe di tutto per impedire alla Russia di conquistare tutta l’Ucraina. Infine, i russi finirebbero per occupare enormi quantità di territorio densamente popolato da ucraini etnici che detestano i russi e si opporrebbero ferocemente all’occupazione. Cercare di conquistare tutta l’Ucraina e piegarla alla volontà di Mosca finirebbe sicuramente in un disastro.

 

A parte la retorica sulla de-nazificazione e la smilitarizzazione dell’Ucraina, gli obiettivi concreti della Russia prevedono la conquista e l’annessione di un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando al contempo l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In questo modo, la capacità dell’Ucraina di condurre una guerra contro la Russia sarebbe notevolmente ridotta ed è improbabile che essa si qualifichi per l’adesione all’UE o alla NATO. Inoltre, un’Ucraina distrutta sarebbe particolarmente vulnerabile alle interferenze russe nella sua politica interna. In breve, l’Ucraina non sarebbe un bastione occidentale al confine con la Russia.

 

Che aspetto avrebbe questo stato disfunzionale? Mosca ha ufficialmente annesso la Crimea e altri quattro oblast’ ucraini – Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe – che insieme rappresentano circa il 23% del territorio totale dell’Ucraina prima dello scoppio della crisi nel febbraio 2014. I leader russi hanno sottolineato di non avere alcuna intenzione di cedere quel territorio, che in parte non è ancora controllato dalla Russia. In effetti, c’è motivo di pensare che la Russia annetterà altro territorio ucraino, se avrà la capacità militare di farlo a un costo ragionevole. È difficile, tuttavia, dire quanto ulteriore territorio ucraino Mosca cercherà di annettere, come chiarisce Putin stesso[8].

 

È probabile che il pensiero russo sia influenzato da tre calcoli. Mosca ha un forte incentivo a conquistare e annettere permanentemente il territorio ucraino che è densamente popolato da etnie russe e russofone. Vorrà proteggerli dal governo ucraino – che è diventato ostile a tutto ciò che è russo – e assicurarsi che in Ucraina non ci sia una guerra civile come quella che ha avuto luogo nel Donbass tra il febbraio 2014 e il febbraio 2022. Allo stesso tempo, la Russia vorrà evitare di controllare un territorio largamente popolato da ucraini di etnia ostile, il che pone limiti significativi a un’ulteriore espansione russa. Infine, per trasformare l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale bisognerà che Mosca si appropri di notevoli quantità di territorio ucraino, in modo da essere ben posizionata per arrecare danni significativi alla sua economia. Il controllo di tutte le coste ucraine lungo il Mar Nero, ad esempio, darebbe a Mosca una notevole influenza economica su Kiev.

 

Questi tre calcoli suggeriscono che la Russia probabilmente tenterà di annettere i quattro oblast’ – Dnipropetrovsk, Kharkiv, Mykolaiv e Odessa – che si trovano immediatamente a ovest dei quattro oblast’ che ha già annesso – Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe. Se ciò accadesse, la Russia controllerebbe circa il 43% del territorio ucraino prima del 2014.[9] Dmitri Trenin, uno dei principali strateghi russi, ritiene che i leader russi cercherebbero di conquistare ancora più territorio ucraino, spingendosi a ovest nell’Ucraina settentrionale fino al fiume Dnieper e prendendo la parte di Kiev che si trova sulla sponda orientale del fiume. Scrive che “un passo logico successivo“, dopo aver preso tutta l’Ucraina da Kharkiv a Odessa, “sarebbe quello di espandere il controllo russo a tutta l’Ucraina a est del fiume Dnieper, compresa la parte di Kiev che si trova sulla sponda orientale del fiume. Se ciò accadesse, lo Stato ucraino si ridurrebbe fino a comprendere solo le regioni centrali e occidentali del Paese“.[10]

 

Le minacce secondo l’Occidente

Può sembrare difficile da credere oggi, ma prima dello scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2014, i leader occidentali non vedevano la Russia come una minaccia per la sicurezza. I leader della NATO, ad esempio, al vertice dell’Alleanza del 2010 a Lisbona, parlavano con il presidente russo di “una nuova fase di cooperazione verso un vero partenariato strategico”.[11] Non sorprende che l’espansione della NATO prima del 2014 non fosse giustificata in termini di contenimento di una Russia pericolosa. In realtà, è stata la debolezza russa a permettere all’Occidente di far passare a Mosca le prime due tranche di espansione della NATO, nel 1999 e nel 2004, e poi a permettere all’amministrazione di George W. Bush di pensare, nel 2008, che fosse possibile costringere la Russia ad accettare l’ingresso nell’alleanza di Georgia e Ucraina. Ma questa ipotesi si è rivelata sbagliata e quando nel 2014 è scoppiata la crisi ucraina, l’Occidente ha improvvisamente iniziato a dipingere la Russia come un nemico pericoloso che doveva essere contenuto, se non indebolito[12].

 

Dall’inizio della guerra nel febbraio 2022, la percezione dell’Occidente nei confronti della Russia si è costantemente inasprita fino al punto in cui Mosca sembra essere vista come una minaccia esistenziale. Gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO sono profondamente coinvolti nella guerra dell’Ucraina contro la Russia. In realtà, fanno praticamente tutto tranne premere il grilletto o i comandi per l’invio dei missili.[13] Inoltre, hanno chiarito il loro impegno inequivocabile a vincere la guerra e a mantenere la sovranità dell’Ucraina. Pertanto, perdere la guerra avrebbe conseguenze enormemente negative per Washington e per la NATO. La reputazione di competenza e affidabilità dell’America ne risulterebbe gravemente danneggiata, con ripercussioni sul modo in cui i suoi alleati e i suoi avversari – in particolare la Cina – si rapporterebbero con gli Stati Uniti. Inoltre, quasi tutti i Paesi europei che fanno parte della NATO ritengono che l’alleanza sia un ombrello di sicurezza insostituibile. Pertanto, la possibilità che la NATO venga gravemente danneggiata – forse addirittura distrutta – se la Russia vince in Ucraina è motivo di profonda preoccupazione tra i suoi membri.

 

Inoltre, i leader occidentali dipingono spesso la guerra in Ucraina come parte integrante di una più ampia lotta globale tra autocrazia e democrazia, in una prospettiva intrinsecamente manichea. Inoltre, si dice che il futuro del sacrosanto ordine internazionale basato sulle regole dipenda dalla vittoria contro la Russia. Come ha detto Re Carlo lo scorso marzo (2023), “la sicurezza dell’Europa e i nostri valori democratici sono minacciati“.[14] Allo stesso modo, una risoluzione introdotta nel Congresso degli Stati Uniti in aprile dichiara: “Gli interessi degli Stati Uniti, la sicurezza europea e la causa della pace internazionale dipendono dalla… vittoria ucraina“.[15] Un recente articolo del Washington Post illustra il modo in cui l’Occidente tratta la Russia come una minaccia esistenziale: “I leader degli oltre 50 altri Paesi che sostengono l’Ucraina hanno definito il loro sostegno come parte di una battaglia apocalittica per il futuro della democrazia e dello Stato di diritto internazionale contro l’autocrazia e l’aggressione, che l’Occidente non può permettersi di perdere“.[16]

 

Gli obiettivi dell’Occidente

Come dovrebbe essere chiaro, l’Occidente è fermamente impegnato a sconfiggere la Russia. Il Presidente Biden ha ripetutamente affermato che gli Stati Uniti sono in questa guerra per vincere. “L’Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia“. Deve finire con un “fallimento strategico“. Washington, ha sottolineato, resterà in lotta “per tutto il tempo necessario“.[17] In particolare, l’obiettivo è sconfiggere l’esercito russo in Ucraina – cancellando le sue conquiste territoriali – e paralizzare l’ economia russa con sanzioni letali. In caso di successo, la Russia verrebbe estromessa dai ranghi delle grandi potenze, indebolendola al punto da non poter più minacciare di invadere l’Ucraina.[18] I leader occidentali hanno altri obiettivi, tra cui il cambio di regime a Mosca, la messa in stato d’accusa di Putin come criminale di guerra e l’eventuale smembramento della Russia in Stati più piccoli[19].

 

Al contempo, l’Occidente rimane impegnato a far entrare l’Ucraina nella NATO, anche se c’è disaccordo all’interno dell’alleanza su quando e come ciò avverrà.[20] Jens Stoltenberg, segretario generale dell’alleanza, ha dichiarato in una conferenza stampa a Kiev in aprile (2023) che “la posizione della NATO rimane invariata” e che ” l’Ucraina diventerà un membro dell’alleanza“. Allo stesso tempo, ha sottolineato che “il primo passo verso un’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO è garantire che l’Ucraina prevalga, ed è per questo che gli Stati Uniti e i loro partner hanno fornito un sostegno senza precedenti all’Ucraina“.[21] Dati questi obiettivi, è chiaro perché la Russia veda l’Occidente come una minaccia esistenziale.

 

Minacce e obiettivi dell’Ucraina

Non c’è dubbio che l’Ucraina si trovi di fronte a una minaccia esistenziale, dato che la Russia è intenzionata a smembrarla e ad assicurarsi che il nuovo Stato superstite non solo sia economicamente debole, ma non sia nemmeno un membro de facto o de jure della NATO. Non c’è dubbio, inoltre, che Kiev condivida l’obiettivo dell’Occidente di sconfiggere e indebolire seriamente la Russia, in modo da poter riconquistare il territorio perduto e tenerlo per sempre sotto il controllo ucraino. Come ha detto di recente il Presidente Zelensky al Presidente Xi Jinping, “non ci può essere una pace basata su compromessi territoriali“.[22] I leader ucraini restano, com’è naturale, fermamente impegnati ad aderire all’UE e alla NATO e a rendere l’Ucraina parte integrante dell’Occidente[23].

 

In sintesi, i tre attori principali della guerra in Ucraina credono tutti di dover affrontare una minaccia esistenziale, il che significa che ognuno di loro pensa di dover vincere la guerra o subire terribili conseguenze.

 

Il campo di battaglia oggi

Passando agli eventi sul campo di battaglia, la guerra si è evoluta in una guerra di logoramento in cui ogni parte è principalmente interessata a dissanguare l’altra, facendola arrendere. Naturalmente, entrambe le parti si preoccupano anche di catturare territorio, ma questo obiettivo è di secondaria importanza rispetto al logoramento dell’avversario.

 

L’esercito ucraino ha avuto il sopravvento nella seconda metà del 2022, il che gli ha permesso di riprendere territorio dalla Russia nelle regioni di Kharkiv e Kherson. Ma la Russia ha risposto a queste sconfitte mobilitando altri 300.000 uomini, riorganizzando l’esercito, accorciando le linee del fronte e imparando dai propri errori.[24] I combattimenti del 2023 si sono svolti nell’Ucraina orientale, principalmente nelle regioni di Donetsk e Zaporozhe. I russi hanno avuto la meglio, quest’anno, soprattutto perché hanno un vantaggio sostanziale nell’artiglieria, che è l’arma più importante nella guerra di logoramento.

 

Il vantaggio di Mosca è stato evidente nella battaglia per Bakhmut, che si è conclusa con la conquista della città da parte dei russi a fine maggio (2023). Sebbene le forze russe abbiano impiegato dieci mesi per prendere il controllo di Bakhmut, hanno inflitto enormi perdite alle forze ucraine con la loro artiglieria.[25] Poco dopo, il 4 giugno, l’Ucraina ha lanciato la sua tanto attesa controffensiva in diverse località delle regioni di Donetsk e Zaporozhe. L’obiettivo è penetrare nelle prime linee di difesa della Russia, sferrare un colpo sconvolgente alle forze russe e riprendersi una parte sostanziale del territorio ucraino ora sotto il controllo russo. In sostanza, l’obiettivo è duplicare i successi dell’Ucraina a Kharkiv e Kherson nel 2022.

 

Finora l’esercito ucraino ha fatto pochi progressi nel raggiungere questi obiettivi ed è invece impantanato in battaglie di logoramento mortali con le forze russe. Nel 2022, l’Ucraina ha avuto successo nelle campagne di Kharkiv e Kherson perché il suo esercito combatteva contro forze russe in inferiorità numerica, con una densità di presenza sul territorio troppo scarsa. Oggi non è così: L’Ucraina sta attaccando linee di difesa russe ben preparate. Ma anche se le forze ucraine dovessero sfondare queste linee difensive, le truppe russe stabilizzerebbero rapidamente il fronte e le battaglie di logoramento continuerebbero.[26] Gli ucraini sono in svantaggio in questi scontri perché i russi hanno un significativo vantaggio nella potenza di fuoco.

 

Dove siamo diretti

Permettetemi di cambiare marcia e di allontanarmi dal presente per parlare del futuro, iniziando da come gli eventi sul campo di battaglia potrebbero svolgersi in futuro. Come ho già detto, credo che la Russia vincerà la guerra, il che significa che finirà per conquistare e annettere un consistente territorio ucraino, lasciando l’Ucraina come uno stato disfunzionale. Se ho ragione, questa sarà una grave sconfitta per l’Ucraina e per l’Occidente.

 

C’è tuttavia un lato positivo in questo risultato: una vittoria russa riduce notevolmente la minaccia di una guerra nucleare, poiché è più probabile che si verifichi un’escalation nucleare se le forze ucraine ottengono vittorie sul campo di battaglia e minacciano di riprendersi tutti o la maggior parte dei territori che Kiev ha perso a favore di Mosca. È sicuro che i leader russi penserebbero seriamente di usare le armi nucleari per salvare la situazione. Naturalmente, se mi sbaglio sulla direzione della guerra e l’esercito ucraino prende il sopravvento e inizia a spingere le forze russe verso est, la probabilità di un uso del nucleare aumenterebbe in modo significativo, il che non significa che sarebbe una certezza.

 

Su cosa si basa la mia affermazione che i russi probabilmente vinceranno la guerra?

 

La guerra in Ucraina, come ho sottolineato, è una guerra di logoramento in cui la cattura e il mantenimento del territorio sono di secondaria importanza. L’obiettivo della guerra di logoramento è logorare le forze della controparte fino al punto in cui questa abbandona la battaglia o è talmente indebolita da non poter più difendere il territorio conteso.[27] Chi vince una guerra di logoramento è in gran parte funzione di tre fattori: il rapporto tra la determinazione delle due parti, l’equilibrio demografico tra di esse e la correlazione del numero di caduti. I russi hanno un vantaggio decisivo nella dimensione della popolazione e un netto vantaggio nella correlazione del numero di caduti; le due parti sono equamente bilanciate in quanto a determinazione.

 

Consideriamo l’equilibrio della determinazione. Come si è detto, sia la Russia che l’Ucraina ritengono di dover affrontare una minaccia esistenziale e, naturalmente, entrambe le parti sono pienamente impegnate a vincere la guerra. Pertanto, è difficile vedere una differenza significativa nella loro determinazione. Per quanto riguarda le dimensioni della popolazione, la Russia aveva un vantaggio di circa 3,5:1 prima dell’inizio della guerra nel febbraio 2022. Da allora, il rapporto si è notevolmente spostato a favore della Russia. Circa otto milioni di ucraini sono fuggiti dal Paese, sottraendo popolazione all’Ucraina. Circa tre milioni di questi emigranti sono andati in Russia, aggiungendosi alla sua popolazione. Inoltre, ci sono probabilmente altri quattro milioni di cittadini ucraini che vivono nei territori ora controllati dalla Russia, spostando ulteriormente lo squilibrio demografico a favore della Russia. Mettendo insieme questi numeri, la Russia ha un vantaggio di circa 5:1 in termini di popolazione[28].

 

Infine, c’è la correlazione del numero di caduti, questione controversa sin dall’inizio della guerra nel febbraio 2022. Il senso comune in Ucraina e in Occidente è che i livelli di caduti da entrambe le parti siano all’incirca uguali o che i russi abbiano subito più vittime degli ucraini. Il capo del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino, Oleksiy Danilov, arriva a sostenere che i russi hanno perso 7,5 soldati per ogni soldato ucraino nella battaglia per Bakhmut.[29] Queste affermazioni sono sbagliate. Le forze ucraine hanno sicuramente subito perdite molto maggiori rispetto ai loro avversari russi, per un motivo: la Russia ha molta più artiglieria dell’Ucraina.

 

Nella guerra di logoramento, l’artiglieria è l’arma più importante sul campo di battaglia. Nell’esercito americano, l’artiglieria è ampiamente conosciuta come “la regina delle battaglie”, perché è la principale responsabile dell’uccisione e del ferimento dei soldati in combattimento.[30] Pertanto, il rapporto tra artiglierie conta enormemente in una guerra di logoramento. Secondo quasi tutti i dati, i russi hanno un vantaggio nell’artiglieria compreso tra 5:1 e 10:1, il che pone l’esercito ucraino in una posizione di svantaggio significativo sul campo di battaglia.[31] Coeteris paribus, ci si aspetterebbe che la correlazione tra i caduti si avvicini alla correlazione tra artiglierie. Pertanto, correlazione tra i caduti dell’ordine di 2:1 a favore della Russia è una stima prudente.[32]

 

Una possibile sfida alla mia analisi è sostenere che la Russia è l’aggressore in questa guerra, e l’aggressore soffre invariabilmente livelli di perdite molto più alti rispetto al difensore, soprattutto se le forze attaccanti sono impegnate in ampi assalti frontali, che spesso si dice siano il modus operandi delle forze armate russe.[33] Dopo tutto, l’aggressore è allo scoperto e in movimento, mentre il difensore combatte principalmente da posizioni fisse che forniscono una copertura sostanziale. Questa logica è alla base della famosa regola empirica del 3:1, secondo la quale una forza attaccante ha bisogno di un numero di soldati almeno triplo rispetto a quello del difensore per vincere una battaglia.[34] Ma questa linea di argomentazione presenta dei problemi quando viene applicata alla guerra in Ucraina.

 

In primo luogo, non sono solo i russi ad aver avviato campagne offensive nel corso della guerra.[35] Infatti, gli ucraini hanno lanciato due grandi offensive lo scorso anno che hanno portato a vittorie ampiamente annunciate: l’offensiva di Kharkiv nel settembre 2022 e l’offensiva di Kherson tra agosto e novembre 2022. Sebbene gli ucraini abbiano ottenuto sostanziali guadagni territoriali in entrambe le campagne, l’artiglieria russa ha inflitto pesanti perdite alle forze attaccanti. Il 4 giugno gli ucraini hanno appena iniziato un’altra grande offensiva contro forze russe più numerose e molto più preparate di quelle contro cui hanno combattuto a Kharkiv e Kherson.

 

In secondo luogo, la distinzione tra attaccanti e difensori in una grande battaglia non è solitamente in bianco e nero. Quando un esercito attacca un altro esercito, il difensore lancia invariabilmente contrattacchi. In altre parole, il difensore passa all’attacco e l’attaccante alla difesa. Nel corso di una battaglia prolungata, è probabile che ogni schieramento finisca per attaccare e contrattaccare e per difendere posizioni fisse. Questo tira e molla spiega perché i rapporti di scambio di perdite nelle battaglie della Guerra Civile americana e della Prima Guerra Mondiale sono spesso più o meno uguali, non favorevoli all’esercito che ha iniziato sulla difensiva. In effetti, l’esercito che sferra il primo colpo a volte subisce meno perdite dell’esercito bersaglio.[36] In breve, la difesa di solito implica molto attacco.

 

Dai resoconti giornalistici ucraini e occidentali emerge chiaramente che le forze ucraine lanciano spesso contrattacchi contro le forze russe. Si consideri questo resoconto del Washington Post sui combattimenti dell’inizio di quest’anno a Bakhmut: “C’è questo movimento fluido in corso”, ha detto un primo tenente ucraino… Gli attacchi russi lungo il fronte permettono alle loro forze di avanzare di qualche centinaio di metri prima di essere respinte ore dopo. È difficile distinguere esattamente dove si trovi la linea del fronte perché si muove come una gelatina”, ha detto. “[37] Dato l’enorme vantaggio della Russia in termini di artiglieria, sembra ragionevole supporre che la correlazione dei caduti, in questi contrattacchi ucraini, favorisca i russi, probabilmente in modo asimmetrico.

 

In terzo luogo, i russi non stanno impiegando – almeno non spesso – assalti frontali su larga scala che mirano ad avanzare rapidamente e a catturare il territorio, ma esporrebbero le forze attaccanti al fuoco incessante dei difensori ucraini. Come ha spiegato il generale Sergej Surovikin nell’ottobre del 2022, quando era al comando delle forze russe in Ucraina, “abbiamo una strategia diversa… Risparmiamo ogni soldato e continuiamo a schiacciare il nemico che avanza“.[38] In effetti, le truppe russe hanno adottato tattiche intelligenti che riducono il livello di caduti.[39] La loro tattica preferita non è lanciare attacchi frontali su larga scala che mirano a conquistare rapidamente il territorio, ma che esporrebbero le forze d’attacco al fuoco feroce dei difensori ucraini. La loro tattica preferita è quella di lanciare attacchi di sondaggio contro le posizioni fisse ucraine con piccole unità di fanteria, che inducono le forze ucraine ad attaccarle con mortai e artiglieria.[40] Questa risposta permette ai russi di determinare dove si trovano i difensori ucraini e la loro artiglieria. I russi sfruttano quindi il loro grande vantaggio in termini di artiglieria per colpire gli avversari. In seguito, unità di fanteria russa avanzano nuovamente e, quando incontrano una seria resistenza ucraina, ripetono il procedimento. Queste tattiche spiegano perché la Russia sta facendo lenti progressi nella conquista del territorio ucraino.

 

Si potrebbe pensare che l’Occidente possa fare molto per pareggiare la correlazione dei caduti. fornendo all’Ucraina molti più tubi e proiettili di artiglieria, eliminando così il significativo vantaggio della Russia in quest’arma di importanza critica. Tuttavia, questo non accadrà presto, semplicemente perché né gli Stati Uniti né i loro alleati hanno la capacità industriale necessaria per produrre in massa tubi e proiettili d’artiglieria per l’Ucraina; e neppure possono aumentare la loro capacità industriale rapidamente.[41] Il meglio che l’Occidente possa fare – almeno per il prossimo anno – è mantenere l’attuale squilibrio di artiglieria tra Russia e Ucraina, ma anche questo sarà un compito difficile.

 

L’Ucraina può fare poco per rimediare al problema, perché la sua capacità di produrre armi è limitata. È quasi completamente dipendente dall’Occidente, non solo per l’artiglieria, ma per ogni tipo di sistema d’arma importante. La Russia, d’altra parte, aveva una formidabile capacità di produrre armi durante la guerra, che è stata incrementata dall’inizio dei combattimenti. Putin ha recentemente dichiarato: “La nostra industria della difesa sta guadagnando slancio ogni giorno. Nell’ultimo anno abbiamo aumentato la produzione militare di 2,7 volte. La nostra produzione delle armi più critiche è aumentata di dieci volte e continua ad aumentare. Gli impianti lavorano su due o tre turni e alcuni sono impegnati 24 ore su 24[42]. In breve, dato il triste stato della base industriale ucraina, l’Ucraina non è in grado di condurre una guerra di logoramento da sola. Può farlo solo con il sostegno dell’Occidente. Ma anche in questo caso, è destinata a perdere.

 

C’è stato un recente sviluppo che aumenta ulteriormente il vantaggio della Russia nella potenza di fuoco rispetto all’Ucraina. Per il primo anno di guerra, la potenza aerea russa ha avuto poca influenza su ciò che è accaduto nella guerra di terra, soprattutto perché le difese aeree dell’Ucraina erano abbastanza efficaci da tenere gli aerei russi lontani dalla maggior parte dei campi di battaglia. Ma i russi hanno seriamente indebolito le difese aeree dell’Ucraina, il che ora permette alle forze aeree russe di colpire le forze di terra ucraine sulle linee del fronte, o direttamente dietro di esse.[43] Inoltre, la Russia ha sviluppato la capacità di equipaggiare un suo enorme arsenale di bombe da 500 kg con kit di guida che le rendono particolarmente letali.[44]

 

In sintesi, la correlazione tra caduti e feriti continuerà a favorire i russi nel prossimo futuro, il che è molto importante in una guerra di logoramento. Inoltre, la Russia è in una posizione migliore per condurre una guerra di logoramento perché la sua popolazione è molto più numerosa di quella ucraina. L’unica speranza di Kiev di vincere la guerra è che la determinazione di Mosca crolli, ma ciò è improbabile, dato che i leader russi vedono l’Occidente come un pericolo esistenziale.

 

Prospettive di un accordo di pace negoziato

Un coro crescente di voci in tutto il mondo chiede a tutte le parti in causa nella guerra ucraina di abbracciare la diplomazia e negoziare un accordo di pace duraturo. Tuttavia, questo non accadrà. Ci sono troppi ostacoli formidabili per porre fine alla guerra in tempi brevi, tanto meno per trovare un accordo che produca una pace duratura. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato, in cui entrambe le parti continuano a cercare opportunità per indebolire l’altra parte e in cui il pericolo di nuovi scontri è sempre presente.

 

A livello più generale, la pace non è possibile perché ogni parte vede l’altra come una minaccia mortale che deve essere sconfitta sul campo di battaglia. In queste circostanze non c’è quasi spazio per il compromesso con l’altra parte. Ci sono anche due punti specifici di disputa tra le parti in guerra che sono irrisolvibili. Uno riguarda il territorio, l’altro la neutralità ucraina.[45] Quasi tutti gli ucraini sono profondamente impegnati a recuperare tutto il territorio perduto, compresa la Crimea.[46] Chi può biasimarli? Ma la Russia ha ufficialmente annesso la Crimea, Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe ed è fermamente intenzionata a mantenere questo territorio. In realtà, c’è motivo di pensare che Mosca annetterà altro territorio ucraino, se ne avrà la possibilità.

 

L’altro nodo gordiano riguarda le relazioni dell’Ucraina con l’Occidente. Per comprensibili ragioni, l’Ucraina vuole una garanzia di sicurezza una volta terminata la guerra, che solo l’Occidente può fornire. Ciò significa l’adesione di fatto o di diritto alla NATO, poiché nessun altro Paese può proteggere l’Ucraina. Quasi tutti i leader russi, tuttavia, chiedono un’Ucraina neutrale, il che significa nessun legame militare con l’Occidente e quindi nessun ombrello di sicurezza per Kiev. Non c’è modo di far quadrare il cerchio.

 

Ci sono altri due ostacoli alla pace: il nazionalismo, che ora si è trasformato in ipernazionalismo, e la totale mancanza di fiducia da parte russa.

 

Il nazionalismo è una forza potente in Ucraina da oltre un secolo e l’antagonismo verso la Russia è stato a lungo uno dei suoi elementi centrali. Lo scoppio dell’attuale conflitto, il 22 febbraio 2014, ha alimentato questa ostilità, spingendo il parlamento ucraino ad approvare, il giorno successivo, una legge che limitava l’uso del russo e di altre lingue minoritarie, una mossa che ha contribuito a far precipitare la guerra civile nel Donbass.[47] L’annessione della Crimea da parte della Russia, poco dopo, ha peggiorato una situazione già difficile. Contrariamente al senso comune dell’Occidente, Putin aveva capito che l’Ucraina era una nazione separata dalla Russia e che il conflitto tra l’etnia russa e russofona che viveva nel Donbass e il governo ucraino riguardava la “questione nazionale“.[48] L’invasione russa dell’Ucraina, che ha contribuito a far precipitare la guerra civile nel Donbass, è stata un’azione che ha contribuito a peggiorare la situazione.

 

L’invasione russa dell’Ucraina, che mette direttamente i due Paesi l’uno contro l’altro in una guerra prolungata e sanguinosa, ha trasformato il nazionalismo in ipernazionalismo da entrambe le parti. Il disprezzo e l’odio nei confronti dell'”altro” soffocano le società russa e ucraina, creando potenti incentivi per eliminare questa minaccia, se necessario con la violenza. Gli esempi abbondano. Un importante settimanale di Kiev sostiene che famosi autori russi come Mikhail Lermontov, Fëdor Dostoevskij, Leone Tolstoj e Boris Pasternak sono “assassini, saccheggiatori, ignoranti“.[49] La cultura russa, dice un importante scrittore ucraino, rappresenta “la barbarie, l’omicidio e la distruzione“….. Questo è il destino della cultura del nemico [50].

 

Prevedibilmente, il governo ucraino è impegnato nella “de-russificazione” o “decolonizzazione“, che comporta l’eliminazione dalle biblioteche dei libri di autori russi, la ridenominazione di strade con nomi legati alla Russia, l’abbattimento di statue di personaggi come Caterina la Grande, la messa al bando della musica russa prodotta dopo il 1991, la rottura dei legami tra la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa ortodossa russa e la riduzione al minimo dell’uso della lingua russa. Forse l’atteggiamento dell’Ucraina nei confronti della Russia è riassunto al meglio dal commento di Zelensky: “Non perdoneremo. Non dimenticheremo“.[51]

 

Passando al lato russo della medaglia, Anatol Lieven riferisce che “ogni giorno sulla TV russa si possono vedere insulti etnici pieni di odio rivolti agli ucraini“.[52] Non sorprende che i russi stiano lavorando per russificare e cancellare la cultura ucraina nelle aree che Mosca ha annesso. Queste misure includono il rilascio di passaporti russi, la modifica dei programmi scolastici, la sostituzione della grivna ucraina con il rublo russo, l’eliminazione di biblioteche e musei e la ridenominazione di città e paesi.[53] Bakhmut, ad esempio, è diventata Artemovsk e la lingua ucraina non viene più insegnata nelle scuole della regione di Donetsk.[54] A quanto pare, anche i russi non perdonano né dimenticano.

 

L’aumento dell’ipernazionalismo è prevedibile in tempo di guerra, non solo perché i governi si affidano pesantemente al nazionalismo per motivare la popolazione a sostenere il proprio Paese fino in fondo, ma anche perché la morte e la distruzione che derivano dalla guerra – soprattutto dalle guerre prolungate – spingono ogni parte a disumanizzare e odiare l’altro. Nel caso dell’Ucraina, l’aspro conflitto sull’identità nazionale getta benzina sul fuoco.

 

L’ipernazionalismo rende naturalmente più difficile la cooperazione tra le parti e dà alla Russia un motivo per impadronirsi di un territorio pieno di etnie russe e russofone. Presumibilmente, molti di loro preferirebbero vivere sotto il controllo russo, data l’ostilità del governo ucraino verso tutto ciò che è russo. Nel processo di annessione di queste terre, è probabile che i russi espellano un gran numero di ucraini etnici, soprattutto per il timore che si ribellino al dominio russo se rimangono. Questi sviluppi alimenteranno ulteriormente l’odio tra russi e ucraini, rendendo praticamente impossibile un compromesso sul territorio.

 

C’è un’ultima ragione per cui un accordo di pace duraturo non è fattibile. I leader russi non si fidano né dell’Ucraina né dell’Occidente per negoziare in buona fede, il che non significa che i leader ucraini e occidentali si fidino delle loro controparti russe. La mancanza di fiducia è evidente da tutte le parti, ma è particolarmente acuta da parte di Mosca a causa di una recente serie di rivelazioni.

 

La fonte del problema è ciò che è accaduto durante i negoziati per l’accordo di Minsk II del 2015, che costituiva un quadro per la chiusura del conflitto nel Donbass. Il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno avuto un ruolo centrale nella definizione di tale quadro, sebbene si siano ampiamente consultati sia con Putin che con il presidente ucraino Petro Poroshenko. Queste quattro persone sono state anche le protagoniste dei successivi negoziati. Non c’è dubbio che Putin si sia impegnato a far funzionare Minsk. Ma Hollande, Merkel e Poroshenko – così come Zelensky – hanno tutti chiarito che non erano interessati all’attuazione di Minsk, ma di averla vista invece come un’opportunità per far guadagnare tempo all’Ucraina per costruire le proprie forze armate in modo da poter affrontare l’insurrezione nel Donbass. Come ha detto la Merkel a “Die Zeit”, si trattava di “un tentativo di dare all’Ucraina il tempo… di diventare più forte“.[55] Allo stesso modo, Poroshenko ha detto: “Il nostro obiettivo era fermare la minaccia, o almeno ritardare la guerra – per assicurarci otto anni per ripristinare la crescita economica e creare potenti forze armate“.[56]

 

Poco dopo l’intervista rilasciata dalla Merkel a Die Zeit nel dicembre 2022, Putin ha dichiarato in una conferenza stampa: “Pensavo che gli altri partecipanti a questo accordo fossero almeno onesti, ma no, si è scoperto che anche loro ci stavano mentendo e volevano solo rifornire l’Ucraina di armi e prepararla a un conflitto militare“. Ha poi aggiunto che l’essere stato ingannato dall’Occidente gli ha fatto perdere l’opportunità di risolvere il problema dell’Ucraina in circostanze più favorevoli per la Russia: “A quanto pare, ci siamo orientati troppo tardi, ad essere onesti. Forse avremmo dovuto iniziare tutto questo [l’operazione militare] prima, ma speravamo solo di poterlo risolvere nel quadro degli accordi di Minsk“. Ha poi chiarito che la doppiezza dell’Occidente complicherà i futuri negoziati: “La fiducia è già quasi a zero, ma dopo queste dichiarazioni, come possiamo negoziare? Su cosa? Possiamo fare accordi con qualcuno e dove sono le garanzie?[57].

 

In sintesi, non c’è quasi nessuna possibilità che la guerra in Ucraina si concluda con un accordo di pace significativo. È invece probabile che la guerra si trascini per almeno un altro anno e che alla fine si trasformi in un conflitto congelato che potrebbe ritornare a essere una guerra guerreggiata.

 

 

Le conseguenze

L’assenza di un accordo di pace praticabile avrà una serie di terribili conseguenze. Le relazioni tra Russia e Occidente, ad esempio, rimarranno probabilmente profondamente ostili e pericolose nel prossimo futuro. Ciascuna delle due parti continuerà a demonizzare l’altra e a lavorare sodo per massimizzare la quantità di dolore e di problemi causati al rivale. Questa situazione prevarrà certamente se i combattimenti continueranno; ma anche se la guerra si trasformerà in un conflitto congelato, è improbabile che il livello di ostilità tra le due parti cambi molto.

 

Mosca cercherà di sfruttare le fratture esistenti tra i Paesi europei, lavorando al contempo per indebolire le relazioni transatlantiche e le istituzioni europee chiave come l’UE e la NATO. Visti i danni che la guerra ha causato e continua a causare all’economia europea, visto il crescente disincanto in Europa di fronte alla prospettiva di una guerra infinita in Ucraina e viste le differenze tra Europa e Stati Uniti riguardo al commercio con la Cina, i leader russi dovrebbero trovare terreno fertile per causare problemi in Occidente.[58] Questa ingerenza rafforzerà naturalmente la russofobia in Europa e negli Stati Uniti, peggiorando una situazione già di per sé negativa.

 

L’Occidente, da parte sua, manterrà le sanzioni su Mosca e ridurrà al minimo i rapporti economici tra le due parti, il tutto allo scopo di danneggiare l’economia russa. Inoltre, collaborerà sicuramente con l’Ucraina per contribuire a generare insurrezioni nei territori che la Russia ha sottratto all’Ucraina. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti e i loro alleati continueranno a perseguire una politica di contenimento a muso duro nei confronti della Russia, che molti ritengono sarà rafforzata dall’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO e dal dispiegamento di forze significative della NATO nell’Europa orientale.[59] Naturalmente, l’Occidente continuerà a impegnarsi per far entrare Georgia e Ucraina nella NATO, anche se è improbabile che ciò accada. Infine, le élites statunitensi ed europee manterranno sicuramente il loro entusiasmo per la promozione di un cambio di regime a Mosca, per poi processare Putin per le azioni della Russia in Ucraina.

 

Le relazioni tra la Russia e l’Occidente non solo rimarranno avvelenate in futuro, ma saranno anche pericolose, in quanto ci sarà la possibilità sempre presente di un’escalation nucleare o di una guerra tra grandi potenze tra la Russia e gli Stati Uniti[60].

 

La distruzione dell’Ucraina

L’Ucraina si trovava in gravi difficoltà economiche e demografiche prima dell’inizio della guerra dello scorso anno.[61] La devastazione inflitta all’Ucraina dall’invasione russa è orribile. Analizzando gli eventi del primo anno di guerra, la Banca Mondiale dichiara che l’invasione “ha richiesto un tributo inimmaginabile alla popolazione ucraina e all’economia del Paese, con una contrazione dell’attività pari a uno sconcertante 29,2% nel 2022“. Non sorprende che Kiev abbia bisogno di massicce iniezioni di aiuti stranieri solo per mantenere in funzione il governo, per tacere della guerra. Inoltre, la Banca Mondiale stima che i danni superino i 135 miliardi di dollari e che saranno necessari circa 411 miliardi di dollari per ricostruire l’Ucraina. La povertà, si legge, “è aumentata dal 5,5% nel 2021 al 24,1% nel 2022, spingendo 7,1 milioni di persone in più nella povertà e annullando 15 anni di progressi“.[62] Le città sono state distrutte, circa 8 milioni di ucraini sono fuggiti dal Paese e circa 7 milioni sono sfollati interni. Le Nazioni Unite hanno confermato 8.490 morti tra i civili, anche se ritengono che il numero reale sia “considerevolmente più alto“.[63] Sicuramente l’Ucraina ha subito oltre 100.000 caduti sul campo di battaglia.

 

Il futuro dell’Ucraina appare estremamente cupo. La guerra non mostra segni di cessazione a breve, il che significa più distruzione di infrastrutture e abitazioni, più distruzione di città e paesi, più morti civili e militari e più danni all’economia. Non solo l’Ucraina rischia di perdere ancora più territorio a favore della Russia, ma secondo la Commissione Europea, “la guerra ha avviato l’Ucraina su un percorso di declino demografico irreversibile“.[64] A peggiorare le cose, i russi faranno gli straordinari per mantenere la nuova Ucraina economicamente debole e politicamente instabile. Il conflitto in corso rischia anche di alimentare la corruzione, che da tempo è un problema acuto, e di rafforzare ulteriormente i gruppi estremisti in Ucraina. È difficile immaginare che Kiev possa mai soddisfare i criteri necessari per entrare nell’UE o nella NATO.

 

La politica degli Stati Uniti verso la Cina

La guerra in Ucraina sta ostacolando lo sforzo degli Stati Uniti di contenere la Cina, che è di fondamentale importanza per la sicurezza americana, dal momento che la Cina è un concorrente alla pari, mentre la Russia non lo è.[65] In effetti, la logica dell’equilibrio di potenza dice che gli Stati Uniti dovrebbero essere alleati con la Russia contro la Cina e rivolgere tutta la loro attenzione sull’Asia orientale. Invece, la guerra in Ucraina ha avvicinato Pechino e Mosca, fornendo alla Cina un potente incentivo per assicurarsi che la Russia non venga sconfitta e che gli Stati Uniti rimangano bloccati in Europa, ostacolando i loro sforzi di riorientamento verso l’Asia orientale.

 

Conclusione

Dovrebbe essere ormai evidente che la guerra in Ucraina è un enorme disastro che difficilmente finirà presto e che, quando finirà, il risultato non sarà una pace duratura. È necessario spendere qualche parola su come l’Occidente sia finito in questa terribile situazione.

 

Il senso comune sulle origini della guerra è che Putin abbia lanciato un attacco non provocato il 24 febbraio 2022, motivato dal suo grande piano di creare una grande Russia. L’Ucraina, si dice, era il primo Paese che intendeva conquistare e annettere, ma non l’ultimo. Come ho detto in numerose occasioni, non ci sono prove a sostegno di questa linea di argomentazione, anzi ci sono prove considerevoli che la contraddicono direttamente.[66] Sebbene non ci siano dubbi che la Russia abbia invaso l’Ucraina, la causa ultima della guerra è stata la decisione dell’Occidente – e qui stiamo parlando principalmente degli Stati Uniti – di fare dell’Ucraina un bastione occidentale al confine con la Russia. L’elemento chiave di questa strategia era l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, una mossa che non solo Putin, ma l’intero establishment della politica estera russa, vedeva come una minaccia esistenziale da eliminare.

 

Spesso si dimentica che numerosi politici e strateghi americani ed europei si sono opposti all’espansione della NATO fin dall’inizio, perché avevano capito che i russi l’avrebbero vista come una minaccia e che questa politica avrebbe portato al disastro. L’elenco degli oppositori comprende George Kennan, il Segretario alla Difesa del Presidente Clinton, William Perry, e il suo Capo dello Stato Maggiore, il Generale John Shalikashvili, Paul Nitze, Robert Gates, Robert McNamara, Richard Pipes e Jack Matlock, per citarne solo alcuni.[67] Al vertice NATO di Bucarest dell’aprile 2008, sia il Presidente francese Nicolas Sarkozy che il Cancelliere tedesco Angela Merkel si sono opposti al piano del Presidente George W. Bush di far entrare l’Ucraina nell’alleanza. La Merkel ha in seguito dichiarato che la sua opposizione si basava sulla convinzione che Putin l’avrebbe interpretata come una “dichiarazione di guerra“.[68]

 

Naturalmente, gli oppositori dell’espansione della NATO avevano ragione, ma hanno perso la battaglia e la NATO ha marciato verso est, provocando alla fine una guerra preventiva da parte dei russi. Se gli Stati Uniti e i loro alleati non si fossero mossi per far entrare l’Ucraina nella NATO nell’aprile 2008, o se fossero stati disposti ad assecondare le preoccupazioni di Mosca in materia di sicurezza dopo lo scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2014, probabilmente oggi non ci sarebbe alcuna guerra in Ucraina e i suoi confini avrebbero l’aspetto che avevano quando ottenne l’indipendenza nel 1991. L’Occidente ha commesso un errore colossale, per il quale, insieme a molti altri, non ha ancora finito di pagare.

 

 

 

[1] Questo documento è stato scritto come base per i discorsi pubblici che ho tenuto o terrò sul conflitto ucraino. Si veda, ad esempio: https://youtu.be/v-rHBRwdql8

[2]
https://nationalinterest.org/feature/causes-and-consequences-ukraine-crisis-203182

https://jmss.org/article/view/76584

https://harpers.org/archive/2023/06/why-are-we-in-ukraine/

https://nationalinterest.org/feature/course-correcting-toward-diplomacy-ukraine-crisis-204171

https://www.amazon.com/How-West-Brought-Ukraine-Understanding/dp/0991076702/ref=pd_vtp_h_vft_none_pd_vtp_h_vft_none_sccl_1/142-3537937-6121237?pd_rd_w=ezoTp&content-id=amzn1.sym.a5610dee-0db9-4ad9-a7a9-14285a430f83&pf_rd_p=a5610dee-0db9-4ad9-a7a9-14285a430f83&pf_rd_r=ZGPKTJ5C49MCEE3RVTNG&pd_rd_wg=TaIQh&pd_rd_r=a9e88789-cd82-47ab-95d8-03165a6f271b&pd_rd_i=0991076702&psc=1

https://scheerpost.com/2022/04/09/former-nato-military-analyst-blows-the-whistle-on-wests-ukraine-invasion-narrative/

 

[3] http://www.en.kremlin.ru/events/president/transcripts/70565

[4] http://en.kremlin.ru/events/president/news/71445

http://en.kremlin.ru/events/president/news/71391

 

[5] https://nationalinterest.org/feature/course-correcting-toward-diplomacy-ukraine-crisis-204171

https://tass.com/politics/1634479

 

[6] http://en.kremlin.ru/events/president/news/71391

Putin ha menzionato brevemente questi due obiettivi nel suo discorso del 24 febbraio 2023 che annunciava l’invasione dell’Ucraina. Ma non erano obiettivi realistici, dato che la Russia stava lanciando una “operazione militare speciale” che non mirava a conquistare tutta l’Ucraina. http://en.kremlin.ru/events/president/news/67843

Non sorprende quindi che Putin abbia abbandonato questi due obiettivi durante i negoziati di Istanbul nel marzo scorso. 2022. https://www.ft.com/content/7f14efe8-2f4c-47a2-aa6b-9a755a39b626

 

[7] La Germania invase la Polonia il 1° settembre 1939 con circa 1,5 milioni di soldati. Il territorio polacco conquistato ai fini dell’annessione e dell’amministrazione era di circa 188.000 chilometri quadrati ed era popolato da circa 22,1 milioni di polacchi. L’Ucraina senza la Crimea era di circa 603.601 chilometri quadrati e aveva una popolazione di 41 milioni di ucraini quando la Russia la invase il 24 febbraio 2022. In altre parole, l’Ucraina era geograficamente più di tre volte più grande della parte di Polonia conquistata dai tedeschi nel 1939 e la sua popolazione era quasi il doppio. Per i numeri dell’Ucraina, si vedano le note 9 e 28. Per i numeri della Polonia, si veda Robert M. Kennedy, The German Campaign in Poland (1939), (Washington, DC: Department of the Army, 1956), p. 77; Richard C. Lukas, Forgotten Holocaust: The Poles under German Occupation, 1939-1944 (Lexington, KY: University of Kentucky Press, 1986), p. 2; and http://rcin.org.pl/Content/15652/WA51_13607_r2011-nr12_Monografie.pdf

[8] http://en.kremlin.ru/events/president/news/71391

[9] L’Ucraina prima del 2014 era 603.628 km quadrati. Crimea (27.000), Donetsk (26.517), Kherson (28.461), Luhansk (26.684) e Zaporozhe (27.180) rappresentano circa il 23% del territorio ucraino. Se i russi annettessero anche Dnipropetrovsk (31.914), Kharkiv (31.415), Mykolaiv (24.598) e Odessa (33.310), controllerebbero circa il 43% dell’Ucraina pre-2014.

[10] https://russiancouncil.ru/en/analytics-and-comments/comments/six-months-into-the-conflict-what-exactly-does-russia-hope-to-achieve-in-ukraine/

https://www.newstatesman.com/world/europe/ukraine/2023/02/russia-cannot-afford-lose-need-victory-sergey-karaganov-what-putin-wants

 

[11] https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2020/4/pdf/2003-NATO-Russia_en.pdf

[12] https://www.rand.org/pubs/research_briefs/RB10014.html

[13] https://www.cfr.org/article/how-much-aid-has-us-sent-ukraine-here-are-six-charts

https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/04/18/russia-ukraine-war-us-involvement-leaked-documents/

 

[14] https://www.france24.com/en/europe/20230330-live-charles-iii-addresses-german-parliament-during-first-trip-abroad-as-king

[15] https://www.congress.gov/bill/118th-congress/house-resolution/322/text

[16] https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/06/14/ukraine-counteroffensive-biden-support/

[17] https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/04/18/russia-ukraine-war-us-involvement-leaked-documents/

[18] https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/04/18/russia-ukraine-war-us-involvement-leaked-documents/

[19] https://foreignpolicy.com/2023/04/17/the-west-is-preparing-for-russias-disintegration/

[20] https://foreignpolicy.com/2023/05/15/ukraine-nato-membership-europe-russia-war/?tpcc=recirc_latest062921

https://www.nytimes.com/2023/06/14/us/politics/biden-nato-ukraine.html

https://www.stripes.com/theaters/europe/2023-06-16/ukraine-status-nato-military-aid-10457960.html?utm_campaign=dfn-ebb&utm_medium=email&utm_source=sailthru

 

[21] https://kyivindependent.com/stoltenberg-says-ukraine-will-join-nato-vows-continued-support-despite-russias-dangerous-and-reckless-nuclear-rhetoric/

[22] https://www.wsj.com/articles/chinas-xi-makes-first-call-to-zelensky-since-russian-invasion-b784bb7f?mod=world_lead_pos2

[23] https://kyivindependent.com/zelensky-ukraine-applies-for-fast-track-nato-accession/#:~:text=30%2C%20President%20Volodymyr%20Zelensky%20said,and%20we%20protect%20each%20other

[24] https://bigserge.substack.com/p/russo-ukrainian-war-schrodingers?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

[25] https://bigserge.substack.com/p/the-battle-of-bakhmut-postmortem?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

[26] https://www.militarytimes.com/news/your-military/2023/06/12/russias-improved-weaponry-and-tactics-challenge-ukraine-offensive/

[27] https://tass.com/defense/1524515

[28] All’inizio del conflitto, la Russia contava circa 144 milioni di persone, mentre l’Ucraina ne contava 41 milioni, cifra che include gli abitanti del Donbass ma non i 2,4 milioni di persone che vivono in Crimea. Il rapporto è di 3,5:1 a favore della Russia. Come si è detto, circa 8 milioni di ucraini hanno lasciato il Paese dall’inizio della guerra – di cui circa 3 milioni sono andati in Russia e gli altri 5 milioni in Occidente. Inoltre, la Russia ha annesso territori in Ucraina, non tutti controllati. Prima dell’inizio della guerra, nel febbraio 2022, nei quattro oblast’ che la Russia ha annesso c’erano circa 8,8 milioni di persone, alcune delle quali si trovavano in un territorio che la Russia non controlla ancora e altre sono incluse nei 3 milioni di ucraini che si sono trasferiti in Russia. Sembra ragionevole supporre che 4 milioni degli 8,8 milioni che si trovavano in questi oblast prima della guerra siano ora sotto il controllo russo. Pertanto, la Russia ha ora una popolazione di 151 milioni (144 + 3 milioni di rifugiati + 4 milioni di persone nelle aree dell’Ucraina orientale che ora controlla). L’Ucraina, invece, ha 30 milioni di abitanti (41 milioni – 8 milioni di rifugiati – 4 milioni di persone nelle aree dell’Ucraina orientale che la Russia controlla). Questi numeri portano a un vantaggio russo di 5:1. Naturalmente, questi numeri potrebbero cambiare se un gran numero di rifugiati ucraini tornasse a casa o se la Russia conquistasse un numero sostanzialmente maggiore di territori ucraini e li annettesse. In ogni caso, l’Ucraina rimarrà decisamente in inferiorità numerica per quanto riguarda le dimensioni della popolazione.

https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC132458

https://www.economist.com/europe/2022/12/12/the-war-has-worsened-ukraines-demographic-woes

https://www.russiamatters.org/analysis/whats-ahead-war-ukraine

https://tass.com/society/1627949

https://www.rt.com/russia/577546-ukraine-population-shrink-half/

 

[29]
https://kyivindependent.com/danilov-ukraine-lost-7-5-times-fewer-troops-than-russians-in-bakhmut/

https://www.bbc.com/news/world-europe-64955537

 

[30] Per citare un fante ucraino che combatte a Bakhmut, “è un peccato che probabilmente il 90% delle nostre perdite siano dovute all’artiglieria – o ai carri armati e all’aviazione… E molto meno (perdite) nei conflitti tra fanterie“.

https://kyivindependent.com/battle-of-bakhmut-ukrainian-soldiers-worry-russians-begin-to-taste-victory/

https://www.moonofalabama.org/2023/03/ukraine-is-lying-about-casualty-ratios-to-justify-holding-of-bakhmut.html

 

[31]
https://english.elpais.com/international/2023-03-01/ukraine-outgunned-10-to-1-in-massive-artillery-battle-with-russia.html

https://www.nbcnews.com/politics/national-security/russia-ukraine-war-ammo-rcna56210

https://babel.ua/en/news/81312-forbes-russia-has-a-five-fold-advantage-in-artillery-but-western-weapons-can-change-the-situation

https://kyivindependent.com/why-ukraine-struggles-to-combat-russias-artillery-superiority/

https://www.washingtonpost.com/world/2023/04/20/bakhmut-ukraine-war-leaked-documents/

https://kyivindependent.com/battle-of-bakhmut-ukrainian-soldiers-worry-russians-begin-to-taste-victory/

https://kyivindependent.com/ukrainian-soldiers-in-bakhmut-our-troops-are-not-being-protected/

https://www.washingtonpost.com/world/2023/03/13/ukraine-casualties-pessimism-ammunition-shortage/

https://www.washingtonpost.com/world/2023/04/08/ukraine-ammunition-shortage-shells-ration/?utm_campaign=wp_post_most&utm_medium=email&utm_source=newsletter&wpisrc=nl_most&carta-url=https%3A%2F%2Fs2.washingtonpost.com%2Fcar-ln-tr%2F39a85b2%2F6431956453816d1ce09541f1%2F5972c5a9ae7e8a1cf4af1c87%2F31%2F72%2F6431956453816d1ce09541f1&wp_cu=45c484975590037f02458fe7cb0bc152%7CC0E249690CC33FB5E0430100007FF646

https://www.rt.com/russia/575278-ukraine-general-lament-state-army/?utm_source=Newsletter&utm_medium=Email&utm_campaign=Email

 

[32] È difficile determinare il numero di vittime russe e ucraine, poiché entrambe le parti forniscono poche informazioni sulle proprie vittime e informazioni discutibili sulle vittime dell’avversario. Vale la pena notare, tuttavia, che sia i resoconti pro-ucraini che quelli pro-occidentali degli eventi sul campo di battaglia parlano spesso dei livelli notevolmente elevati di perdite subite dalle forze ucraine, mentre non ci sono discorsi equivalenti nelle descrizioni pro-russe del campo di battaglia. Ci sono certamente discussioni sulle perdite russe, ma si vedono poche prove che le forze russe stiano subendo livelli di perdite particolarmente elevati come le loro controparti ucraine. Diversi governi, istituzioni e singoli individui offrono stime sulle vittime, ma non forniscono spiegazioni su come sono arrivati ai loro numeri. Una rara eccezione è rappresentata da un’attenta analisi della lunga battaglia di Bakhmut da parte di un blogger filo-russo, che stima la correlazione dei caduti in quella battaglia abbia favorito i russi per circa 2:1. https://bigserge.substack.com/p/the-battle-of-bakhmut-postmortem?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

[33] https://samf.substack.com/p/time-for-ukraines-offensive?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

https://www.washingtonpost.com/world/2023/03/06/bakhmut-wagner-mercenaries-russia-ukraine/

https://www.wsj.com/articles/wagner-and-russian-army-cooperate-in-fresh-push-to-take-bakhmut-114fe886

https://www.economist.com/graphic-detail/2023/03/08/how-many-russians-have-been-killed-in-ukraine?utm_content=article-link-3&etear=nl_today_3&utm_campaign=r.the-economist-today&utm_medium=email.internal-newsletter.np&utm_source=salesforce-marketing-cloud&utm_term=3/8/2023&utm_id=1517391

 

[34] https://www.jstor.org/stable/2538780

[35] https://www.russiamatters.org/analysis/whats-ahead-war-ukraine

[36] Per quanto riguarda la guerra civile americana, si vedano le cifre relative alle perdite degli attaccanti e dei difensori iniziali nelle prime dodici battaglie principali di quel sanguinoso conflitto in Richard E. Beringer et al., Why the South Lost the Civil War (Athens, GA: University of Georgia Press, 1986), p. 460. Per quanto riguarda la Prima guerra mondiale, si pensi a due delle principali battaglie che si svolsero nel 1916. Nella battaglia di Verdun, iniziata dalla Germania contro la Francia e in cui furono sparati 23 milioni di proiettili d’artiglieria dalle due parti, ci furono 350.000 vittime tedesche e 400.000 vittime francesi. Nella battaglia della Somme, in cui le forze britanniche e francesi iniziarono l’attacco contro l’esercito tedesco e in cui furono sparati 1.700.000 proiettili solo il primo giorno, gli Alleati subirono circa 620.000 perdite, mentre i tedeschi ne subirono 550.000. Martin Gilbert, Atlas of the First World War (London: Weidenfeld and Nicolson, 1970), pp. 53, 56; and https://www.historic-uk.com/HistoryUK/HistoryofBritain/Battle-of-the-Somme/https://www.britannica.com/event/Battle-of-Verdun

[37] https://www.washingtonpost.com/world/2023/04/20/bakhmut-ukraine-war-leaked-documents/

[38] https://tass.com/defense/1524515

[39] A dimostrazione che le forze di terra russe sono in buona forma dopo quattordici mesi di guerra e che probabilmente miglioreranno in futuro, si veda la recente testimonianza al Congresso del generale Christopher Cavoli, comandante supremo delle forze alleate in Europa.

https://www.stripes.com/theaters/europe/2023-04-26/ukraine-russia-offensive-eucom-congress-9928802.html?utm_campaign=dfn-ebb&utm_medium=email&utm_source=sailthru&SToverlay=2002c2d9-c344-4bbb-8610-e5794efcfa7d

https://armedservices.house.gov/sites/republicans.armedservices.house.gov/files/04.26.23%20Cavoli%20Statement%20v2.pdf

https://www.economist.com/syrsky-interview

https://www.kyivpost.com/post/15227#:~:text=War%20in%20Ukraine-,%27They%20Should%20Not%20Be%20Underestimated%27%3A%20A%20Ukrainian%20Soldier%20Describes,says%20a%20serviceman%20in%20Kreminna.

https://rusi.org/explore-our-research/publications/special-resources/meatgrinder-russian-tactics-second-year-its-invasion-ukraine

 

[40] search/publications/special-resources/meatgrinder-russian-tactics-second-year-its-invasion-ukraine

https://responsiblestatecraft.org/2023/04/17/lieven-inside-ukraine-some-real-breaks-and-insights/

https://kyivindependent.com/battle-of-bakhmut-ukrainian-soldiers-worry-russians-begin-to-taste-victory/

https://www.bbc.com/news/world-europe-64955537

https://www.kyivpost.com/post/15227

https://www.nytimes.com/2023/06/17/world/europe/russia-ukraine-war-tactics.html

https://www.militarytimes.com/news/your-military/2023/06/12/russias-improved-weaponry-and-tactics-challenge-ukraine-offensive/

https://rusi.org/explore-our-research/publications/special-resources/meatgrinder-russian-tactics-second-year-its-invasion-ukraine

https://www.economist.com/europe/2023/05/21/russias-army-is-learning-on-the-battlefield?utm_medium=cpc.adword.pd&utm_source=google&ppccampaignID=17210591673&ppcadID=&utm_campaign=a.22brand_pmax&utm_content=conversion.direct-response.anonymous&gclid=Cj0KCQjwnMWkBhDLARIsAHBOftrBBcuuqhkoC_blsz3jrXFjUYLFreTmzrqvsoZOQhKLRO6oUOAOvEQaAl1iEALw_wcB&gclsrc=aw.ds

 

[41] https://www.ft.com/content/aee0e1a1-c464-4af9-a1c8-73fcbc46ed17

https://www.wsj.com/articles/eu-to-send-ukraine-a-million-artillery-shells-as-russia-gains-ground-5e25a064

https://www.rt.com/russia/573610-russia-ammo-production-putin/

https://bigserge.substack.com/p/russo-ukrainian-war-leak-biopsy?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

https://www.wsj.com/articles/u-s-reaches-deep-into-its-global-ammunition-stockpiles-to-help-ukraine-8224d985

https://www.nytimes.com/2023/03/16/world/europe/ukraine-ammunition-bakhmut.html#:~:text=the%20main%20story-,Ukraine%20Burns%20Through%20Ammunition%20in%20Bakhmut%2C%20Putting%20Future%20Fights%20at,jeopardize%20a%20planned%20springtime%20campaign.

https://www.reuters.com/world/europe/germany-only-has-20000-high-explosive-artillery-shells-left-report-2023-06-19/#:~:text=BERLIN%2C%20June%2019%20(Reuters),the%20need%20for%20urgent%20purchases.

 

 

[42] http://en.kremlin.ru/events/president/news/71445

http://en.kremlin.ru/events/president/news/71391

 

[43] https://www.wsj.com/articles/ukraine-runs-into-russian-air-superiority-82c621c

[44] https://kyivindependent.com/russias-smart-bombs-pose-increasingly-serious-threat-to-ukraine/

https://www.rt.com/russia/575978-ukraine-glide-bombs-offensive/

https://www.nytimes.com/2023/05/25/world/europe/russia-ukraine-soviet-bombs.html?smid=nytcore-ios-share&referringSource=articleShare

 

[45] https://www.rt.com/russia/576996-russia-conditions-ukraine-peace/

[46] Un sondaggio condotto a febbraio e marzo [2023] dall’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev ha rilevato che l’87% degli ucraini considera inaccettabile qualsiasi concessione territoriale per raggiungere la pace. Solo il 9% ha dichiarato che accetterebbe concessioni se ciò significasse una pace duratura”.

https://www.ft.com/content/d68b4007-4ddf-4320-b29a-f2eee2662d6e

[47] https://www.atlanticcouncil.org/blogs/ukrainealert/the-truth-behind-ukraine-s-language-policy/

Questo articolo chiarisce quanto sia importante la lingua per alimentare i problemi all’interno dell’Ucraina.

[48] http://en.kremlin.ru/events/president/news/66181

[49] https://mondediplo.com/2023/01/04ukraine

[50] https://www.nybooks.com/online/2023/04/21/derussification-ukraine-libraries/?utm_medium=email&utm_campaign=NYR%2004-23-23%20Tallman%20Benfey%20Bell%20Rudick%20Debevec-McKenney%20Schaeffer&utm_content=NYR%2004-23-23%20Tallman%20Benfey%20Bell%20Rudick%20Debevec-McKenney%20Schaeffer+CID_b19f74f0617664032481c98beab30139&utm_source=Newsletter&utm_term=A%20Book%20is%20a%20Quiet%20Weapon

https://www.washingtonpost.com/world/interactive/2023/ukraine-russian-influence-destruction/?itid=hp-top-table-main_p001_f004

 

[51] https://goodfaithmedia.org/understanding-zelenskyys-we-will-not-forgive-we-will-not-forget

[52] https://www.thenation.com/article/world/ukraine-russia-nationalism-war/

[53] https://www.nytimes.com/2023/04/22/world/europe/zelensky-russian-ban-ukraine.html

https://www.wsj.com/articles/schools-in-occupied-ukraine-seek-to-turn-children-into-loyal-russians-d26cf4e?mod=hp_lead_pos6

 

[54] https://www.rt.com/russia/577407-donetsk-ukrainian-language-pushilin/

[55] https://consortiumnews.com/2022/12/13/patrick-lawrence-germany-the-lies-of-empire/

https://www.rt.com/russia/567873-zakharova-merkel-minsk-agreements/

 

[56] https://consortiumnews.com/2022/12/05/scott-ritter-merkel-reveals-wests-duplicity/

https://www.rt.com/russia/577553-poroshenko-minsk-accords-nato/

Su Zelensky, https://www.rt.com/russia/571243-zelensky-minsk-agreements-failure/

 

[57] https://www.rt.com/russia/567967-putin-thinks-shouldve-started-sooner/

http://www.en.kremlin.ru/events/president/transcripts/70565

http://en.kremlin.ru/events/president/news/71445

http://en.kremlin.ru/events/president/news/71391

https://www.rt.com/russia/578175-lavrov-ukraine-world-order/

 

[58] La Banca Mondiale riferisce che: “L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, la conseguente interruzione delle forniture di energia, cibo, metalli e altro, e l’inasprimento della politica monetaria e delle condizioni finanziarie hanno rallentato drasticamente la crescita in Europa e Asia Centrale (ECA) nel 2022. La crescita dell’attività regionale si è indebolita all’1,2% nel 2022 dal 7,1% del 2021”.

https://openknowledge.worldbank.org/server/api/core/bitstreams/004535c2-fbcd-4e96-9439-bc4bc502c2b3/content

https://www.wsj.com/articles/world-bank-warns-of-lost-decade-for-global-economy-aba506a4

https://www.politico.eu/article/74-percent-of-europeans-agree-with-french-president-emmanuel-macron-on-china-us-defense-report-shows/

 

[59] https://www.nytimes.com/2023/04/17/world/europe/nato-russia-ukraine-war.html

https://armedservices.house.gov/sites/republicans.armedservices.house.gov/files/04.26.23%20Cavoli%20Statement%20v2.pdf

 

[60] https://www.foreignaffairs.com/ukraine/playing-fire-ukraine

Si consideri, ad esempio, come l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO accrescerà il senso di pericolo della Russia. Non solo Mosca si troverà di fronte a un’alleanza occidentale più formidabile, ma la Finlandia condivide con la Russia un confine lungo 830 miglia e gli Stati Uniti stanno apparentemente pianificando di stabilire una presenza militare in Finlandia. Inoltre, il Mar Baltico, di vitale importanza strategica per la Russia – soprattutto per via di Kaliningrad – sarà ora circondato dai Paesi della NATO. A peggiorare le cose, c’è un serio potenziale di problemi nell’Artico, dove la Russia è uno degli otto Stati rivieraschi e dove è probabile che si verifichino controversie a causa del continuo scioglimento dei ghiacci. Gli altri sette Stati della costiera, tuttavia, sono ora tutti membri della NATO: Gran Bretagna, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Stati Uniti. In caso di crisi nell’Artico, una Russia in inferiorità numerica e spaventata – con la maggior parte delle sue forze convenzionali bloccate in Ucraina – potrebbe perseguire una strategia militare altamente rischiosa per proteggersi.

https://www.indianpunchline.com/us-sees-in-finlands-nato-accession-encirclement-of-russia/

https://www.zerohedge.com/geopolitical/us-talks-establishing-military-bases-finland

https://www.thearcticinstitute.org/china-russia-arctic-cooperation-context-divided-arctic/#

https://warontherocks.com/2023/03/russia-wont-sit-idly-by-after-finland-and-sweden-join-nato/

https://www.nytimes.com/2023/05/31/world/europe/blinken-arctic-nato-russia.html

 

[61] https://carnegieendowment.org/2012/03/09/underachiever-ukraine-s-economy-since-1991-pub-47451

https://www.britannica.com/place/Ukraine/Economic-difficulties

https://consortiumnews.com/2023/05/08/ukraines-big-mistake/

Per quanto riguarda la popolazione ucraina, si vedano le fonti alla nota 28.

[62] https://reliefweb.int/report/ukraine/ukraine-rapid-damage-and-needs-assessment-february-2022-2023-enuk

https://openknowledge.worldbank.org/server/api/core/bitstreams/004535c2-fbcd-4e96-9439-bc4bc502c2b3/content

https://www.19fortyfive.com/2023/06/the-shocking-economic-damage-to-ukraine-from-russias-invasion/

 

[63] https://www.ohchr.org/en/news/2023/04/ukraine-civilian-casualty-update-10-april-2023

[64] https://joint-research-centre.ec.europa.eu/jrc-news-and-updates/war-exacerbates-ukraines-population-decline-new-report-shows-2023-03-08_en

https://www.rt.com/russia/577546-ukraine-population-shrink-half/

 

[65] https://www.politico.com/news/magazine/2023/06/09/america-weapons-china-00100373

[66] https://www.foreignaffairs.com/articles/russia-fsu/2014-08-18/why-ukraine-crisis-west-s-fault

https://www.nytimes.com/2014/03/14/opinion/getting-ukraine-wrong.html

https://nationalinterest.org/feature/causes-and-consequences-ukraine-crisis-203182

https://www.economist.com/by-invitation/2022/03/11/john-mearsheimer-on-why-the-west-is-principally-responsible-for-the-ukrainian-crisis

https://www.newyorker.com/news/q-and-a/why-john-mearsheimer-blames-the-us-for-the-crisis-in-ukraine

https://youtu.be/JrMiSQAGOS4

[67] https://www.armscontrol.org/act/1997-06/arms-control-today/opposition-nato-expansion#:~:text=Dear%20Mr.,policy%20error%20of%20historic%20proportions.

[68] https://www.theguardian.com/world/2022/jun/07/no-regrets-over-handling-of-vladimir-putin-says-angela-merkel

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Putin ha suggerito con forza che una soluzione politica alla guerra per procura è ancora possibile, di ANDREW KORYBKO

Putin ha suggerito con forza che una soluzione politica alla guerra per procura è ancora possibile

ANDREW KORYBKO
20 GIU 2023

I suoi sostenitori nella comunità degli Alt-Media che si sono convinti che l’operazione speciale non si fermerà fino a quando le forze russe non raggiungeranno il confine polacco saranno sicuramente infuriati da questa valutazione, ma è basata sulle sue stesse parole, come dimostrato dal sito ufficiale del Cremlino.

Le tre ultime apparizioni di Putin

La scorsa settimana, in una serie di apparizioni, il Presidente Putin ha suggerito con forza che una soluzione politica alla guerra per procura tra NATO e Russia in Ucraina è ancora possibile. I suoi sostenitori nella comunità Alt-Media che si sono convinti che l’operazione speciale non si fermerà fino a quando le forze russe non raggiungeranno il confine polacco saranno sicuramente infuriati da questa valutazione, ma è basata sulle sue stesse parole, come dimostrato dal sito ufficiale del Cremlino. Ecco le tre apparizioni che verranno citate in questa analisi:

* 13 giugno: “Incontro con i corrispondenti di guerra” http://en.kremlin.ru/events/president/news/71391

* 16 giugno: “Sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo”. http://en.kremlin.ru/events/president/news/71445

* 17 giugno: “Incontro con i capi delegazione degli Stati africani”. http://en.kremlin.ru/events/president/news/71451

Di seguito sono riportati gli estratti rilevanti di ciascuna apparizione, insieme a un riassunto di una sola frase del punto che ha trasmesso in ogni passaggio. Dopo averli esaminati tutti e tre, il prossimo sottocapitolo riassumerà il gioco finale previsto dal Presidente Putin per questa guerra per procura. Infine, l’ultima parte di questa analisi si concluderà con alcune riflessioni sulla fattibilità dei suoi piani, che sono probabilmente abbastanza ragionevoli se ci si prende il tempo di rifletterci con calma.

Incontro con i corrispondenti di guerra

* La Russia intende ancora raggiungere i suoi obiettivi originari nell’operazione speciale.

– Gli obiettivi e i compiti dell’operazione militare speciale stanno cambiando in base alla situazione attuale, ma naturalmente nel complesso non stiamo cambiando nulla. I nostri obiettivi sono fondamentali per noi”.

* La smilitarizzazione dell’Ucraina rimane sulla buona strada.

– L’industria della difesa ucraina cesserà presto di esistere. Cosa producono? Consegnano munizioni, consegnano attrezzature e armi – tutto viene consegnato. Non vivrete a lungo così, non durerete. Quindi, la questione della smilitarizzazione si pone in termini molto pratici”.

* La controffensiva di Kiev sta fallendo.

– Se consideriamo le perdite irrecuperabili, è chiaro che la parte che difende subisce meno perdite, ma questo rapporto di 1 a 10 è a nostro favore. Le nostre perdite sono un decimo di quelle delle forze ucraine. La situazione è ancora più grave per quanto riguarda gli armamenti… Secondo i miei calcoli, queste perdite si aggirano intorno al 25 o forse al 30% dell’equipaggiamento fornito dall’estero”.

* Gli attacchi contro il territorio russo prima del 2014 sono progettati per distogliere le forze dalla linea del fronte.

– “Per quanto riguarda le zone di confine, c’è un problema, ed è legato – e penso che anche voi lo capiate – principalmente al desiderio di dirottare le nostre forze e le nostre risorse da questa parte, di ritirare parte delle unità da quelle zone che sono considerate le più importanti e critiche dal punto di vista di una possibile offensiva da parte delle forze armate dell’Ucraina”.

* Si sta valutando la creazione di zone cuscinetto per proteggere il territorio russo prima del 2014.

– “Se la situazione continuerà, a quanto pare dovremo prendere in considerazione la questione – e lo dico con molta attenzione – per creare una sorta di zona cuscinetto sul territorio dell’Ucraina a una distanza tale da cui sarebbe impossibile raggiungere il nostro territorio. Ma questa è una questione a parte, non sto dicendo che inizieremo questo lavoro domani. Dobbiamo vedere come si sviluppa la situazione”.

* L’ormai defunto progetto di trattato con l’Ucraina ha aiutato la Russia a consolidare le sue conquiste orientali e meridionali.

– “Anche se l’hanno buttato via, abbiamo comunque usato questo tempo per arrivare dove siamo ora, cioè praticamente tutta la Novorossija e una parte significativa della Repubblica Popolare di Donetsk, con accesso al Mar d’Azov e a Mariupol. E quasi tutta la Repubblica Popolare di Lugansk, con alcune eccezioni”.

* La Russia potrebbe mobilitarsi se decidesse di muoversi di nuovo contro Kiev, ma oggi non ce n’è bisogno.

– “Dobbiamo tornare [a Kiev] o no? Perché faccio questa domanda retorica? È chiaro che non avete una risposta, solo io posso rispondere. Ma a seconda dei nostri obiettivi, dobbiamo decidere sulla mobilitazione, ma oggi non ce n’è bisogno”.

* Uno dei fattori fondamentali di questo conflitto è che l’Occidente sta inondando l’Ucraina di armi.

– “Sapete, questa è una questione fondamentale, assolutamente fondamentale. Quando diciamo – io l’ho detto e voi l’avete ripetuto – che l’Occidente sta inondando l’Ucraina di armi, questo è un fatto, nessuno lo nasconde, anzi, ne sono orgogliosi”.

* La produzione tecnico-militare della Russia è aumentata nell’ultimo anno.

– “Durante l’anno abbiamo aumentato la produzione delle nostre armi principali di 2,7 volte. Per quanto riguarda la produzione delle armi più richieste, l’abbiamo aumentata di dieci volte. Dieci volte!”.

* Non tutte le risposte della Russia al superamento delle sue “linee rosse” sono coperte dai media.

– “Non tutto può essere coperto dai media, anche se non c’è nulla di cui vergognarsi. Gli attacchi al sistema energetico dell’Ucraina non sono forse una risposta al superamento delle linee rosse? E la distruzione del quartier generale della principale direzione dell’intelligence delle forze armate ucraine fuori Kiev, quasi all’interno della città di Kiev, non è una risposta? Lo è”.

* Lo Stato ucraino esiste e deve essere trattato con rispetto, ma è inaccettabile minacciare la Russia.

– Se vogliono vivere nei nostri territori storici, devono influenzare la loro leadership politica in modo che stabilisca relazioni corrette con la Russia e che nessuno rappresenti una minaccia per noi da questi territori. Questo è il problema. Questo è il nocciolo della questione”.

* È discutibile che l’Occidente continuerà a fornire armi all’Ucraina a prescindere dalle sue perdite.

– “Questo è discutibile (detto in risposta all’affermazione di un corrispondente di guerra secondo cui “Chiaramente, indipendentemente dalle perdite subite dall’Ucraina, i Paesi occidentali continueranno a fornirle armi”)”.

* Non c’è alcuna garanzia che la Russia passi all’offensiva dopo il fallimento della controffensiva di Kiev.

– “Penso che, essendo consapevole – lo dico a ragion veduta – delle perdite catastrofiche, la leadership, qualunque essa sia ha la testa sulle spalle, dovrebbe pensare a cosa fare dopo. Aspetteremo di vedere com’è la situazione e prenderemo ulteriori provvedimenti sulla base di questa comprensione”.

* I proiettili all’uranio impoverito vengono spediti in Ucraina perché l’Occidente ha già esaurito tutti gli altri.

– “Semplicemente non hanno granate, ma hanno granate all’uranio impoverito nei magazzini. Sembra che abbiano deciso di usare questi proiettili per il momento. Hanno ripulito i magazzini”.

* I problemi economici dell’UE impediranno i suoi piani di produrre più armi per l’Ucraina.

– I problemi economici dell’UE si stanno aggravando… Quindi, non è così facile produrre tutto lì, e ancora più difficile è espandere la produzione e costruire nuovi impianti. Questo ci tornerà utile, perché la Russia ha una situazione particolare. Dobbiamo costruire i nostri armamenti; dovremo farlo, e accumuleremo riserve strategiche nei magazzini”.

* Il mission creep americano sta creando rischi molto seri per la Russia.

– “Gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti in questo conflitto, quasi direttamente, provocando gravi crisi di sicurezza internazionale. Correggere i movimenti dei droni che attaccano le nostre navi da guerra è un rischio molto serio. È una cosa molto seria e loro devono sapere che noi ne siamo a conoscenza. Penseremo a cosa fare in futuro. In generale, le cose stanno così”.

* I colloqui di pace potrebbero riprendere e la bozza di trattato di Istanbul essere rilanciata se gli Stati Uniti tagliassero le forniture di armi a Kiev.

– “Non abbiamo mai rifiutato – come ho detto mille volte – di partecipare a qualsiasi colloquio che possa portare a un accordo di pace… In definitiva si tratta degli interessi degli Stati Uniti. Sappiamo che sono loro a detenere la chiave per risolvere i problemi. Se vogliono veramente porre fine al conflitto odierno attraverso i negoziati, devono prendere una sola decisione: smettere di fornire armi ed equipaggiamenti. Tutto qui. L’Ucraina non produce nulla. Domani vorranno tenere colloqui non formali, ma sostanziali, e non per affrontarci con ultimatum, ma per tornare a quanto concordato, ad esempio, a Istanbul”.

* Molti americani hanno paura che il loro Paese scateni la Terza Guerra Mondiale, perché sanno che non vincerà.

– “[Gli Stati Uniti] fingono di non averne [paura di inasprire all’infinito la situazione e di alzare la posta in gioco]. In realtà, ci sono molte persone che pensano con chiarezza e non sono disposte a condurre il mondo in una terza guerra mondiale in cui non ci saranno vincitori; nemmeno gli Stati Uniti ne usciranno vincitori”.

Sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo

* Il Presidente Putin ha ripetuto le statistiche tecnico-militari della Russia della sua ultima apparizione.

– “La nostra industria della difesa sta guadagnando slancio ogni giorno. Nell’ultimo anno abbiamo aumentato la produzione militare di 2,7 volte. La nostra produzione delle armi più critiche è aumentata di dieci volte e continua ad aumentare”.

* Basare gli F-16 forniti dalla NATO all’Ucraina al di fuori del Paese rappresenterebbe un grave pericolo per la Russia.

– “Anche gli F-16 bruceranno (se saranno inviati in Ucraina), non c’è dubbio. Ma se si trovano in basi aeree fuori dall’Ucraina e vengono utilizzati nelle ostilità, dovremo pensare a come e dove colpire le risorse che vengono utilizzate contro di noi nelle ostilità. C’è il serio pericolo di un ulteriore coinvolgimento della NATO in questo conflitto armato”.

* La porta della diplomazia rimane aperta se l’Occidente decide di riprendere i colloqui con la Russia.

– “Non abbiamo mai chiuso [la porta alla diplomazia]. Sono stati loro a decidere di chiuderla, eppure continuano a sbirciarci attraverso la fessura”.

* Gli attacchi all’interno della Russia sono progettati per provocare una risposta schiacciante.

– “Sapendo che ci sono poche possibilità di successo (sul fronte), ci stanno provocando (con gli attacchi di Belgorod e del Cremlino) per ottenere una risposta dura, sperando di puntare il dito contro di noi e dire: ‘Guardateli; sono maligni e crudeli; nessuno dovrebbe avere a che fare con loro’. Vogliono dire questo a tutti i partner con cui stiamo lavorando. Quindi, no, non c’è bisogno di intraprendere queste azioni”.

* Tuttavia, una zona cuscinetto è ancora in programma, anche se la Russia non si lascerà distrarre dal fronte.

– Per quanto riguarda questi territori adiacenti, si tratta di un tentativo di distrarre la nostra attenzione dalle possibili aree chiave dell’offensiva principale che stanno considerando, un tentativo di costringerci a dislocare le unità che abbiamo accumulato in altre aree di combattimento, e così via… Ho già detto che se questi attacchi ai nostri territori adiacenti continueranno, prenderemo in considerazione la possibilità di creare una zona cuscinetto nel territorio ucraino. Dovrebbero sapere a cosa può portare. Usiamo armi di alta precisione a lungo raggio contro obiettivi militari e stiamo avendo successo in tutte queste aree”.

* La Russia non sta pensando a un attacco nucleare e userà queste armi solo per autodifesa.

– “Ho già detto che l’uso del deterrente finale è possibile solo in caso di minaccia allo Stato russo. In questo caso, useremo certamente tutte le forze e i mezzi a disposizione dello Stato russo. Su questo non ci sono dubbi”.

Incontro con i capi delegazione degli Stati africani

* La Russia continuerà a parlare con l’Ucraina nonostante la possibilità che si ritiri da altri accordi.

– La Russia non ha mai rifiutato alcun colloquio… La Turchia ha ospitato tutta una serie di colloqui tra la Russia e l’Ucraina per elaborare misure di fiducia, che lei ha appena menzionato, e redigere il testo del trattato… Ma dopo che abbiamo ritirato le nostre forze da Kiev, come avevamo promesso, le autorità di Kiev, proprio come fanno di solito i loro padroni, hanno gettato il tutto nella pattumiera della storia, diciamo in modo delicato, cercherò di evitare qualsiasi espressione scurrile. Lo hanno rifiutato. Dove sono le garanzie che non si ritireranno da altri accordi? Ma anche in queste circostanze, non abbiamo mai rifiutato di tenere colloqui”.

Il gioco finale previsto da Putin

Nei sottocapitoli precedenti sono stati evidenziati gli estratti più rilevanti delle ultime apparizioni del Presidente Putin sui media per quanto riguarda la sua prevista partita finale. Al momento, è chiaramente riluttante a inasprire il conflitto con un secondo round di mobilitazione, che potrebbe precedere una nuova marcia su Kiev. Per il momento, tuttavia, non è necessario, poiché la prima è già servita allo scopo militare di consolidare le conquiste della Russia a est e a sud, anche se quella politica di raggiungere un accordo di pace è fallita.

La smilitarizzazione dell’Ucraina rimane uno degli obiettivi più importanti del Presidente Putin, che ha dichiarato che sta procedendo come dimostrato dalla distruzione del suo complesso militare-industriale. Sebbene il nemico continui ad attaccare i confini della Russia prima del 2014, Putin ritiene che ciò sia finalizzato a distogliere le forze del suo Paese dal fronte, motivo per cui esita a ritagliare una zona cuscinetto in quel paese in questo momento, anche se ciò rimane nelle carte e potrebbe essere raggiunto solo con i missili invece che con l’invio di truppe.

La “gara logistica” / “guerra di logoramento” tra NATO e Russia, che il Segretario Generale Stoltenberg ha finalmente riconosciuto a metà febbraio, sta andando a favore di Mosca, come dimostra l’aumento della sua produzione militare-industriale tra 2,7 e 10 volte, a seconda del prodotto. L’Occidente è già a corto di forniture per l’Ucraina e per questo motivo sta ricorrendo all’invio di uranio impoverito, ha osservato il Presidente Putin, dal momento che non ha letteralmente più altre cartucce.

Egli ritiene che le suddette dinamiche strategico-militari potrebbero combinarsi con i problemi economici dell’UE, che si stanno aggravando, per rendere impossibile per la NATO sconfiggere la Russia nella “corsa della logistica”/”guerra di logoramento”. In tal caso, i colloqui di pace potrebbero riprendere al termine della controffensiva di Kiev sostenuta dalla NATO, durante la quale il progetto di trattato con l’Ucraina, ormai defunto, potrebbe essere rilanciato come base per facilitare una rapida risoluzione del conflitto.

Questo scenario è possibile solo se gli Stati Uniti interrompono la fornitura di armi all’Ucraina, cosa che il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, Michael McCaul, ha dichiarato essere possibile se la controffensiva fallisce, poiché il Congresso potrebbe non essere in grado di approvare un pacchetto di spesa supplementare per sostenere questi aiuti. Tuttavia, il mission creep degli Stati Uniti potrebbe portare a un incidente con la Russia in aria, in mare e/o per quanto riguarda la base degli F-16 promessi all’Ucraina in un Paese della NATO prima che ciò accada.

Questo potrebbe anche essere intenzionale se la sua élite liberal-globalista diventasse abbastanza disperata da inasprire il conflitto se pensasse che così facendo potrebbe costringere la Russia ad abbandonare le sue regioni appena unificate, aiutandola così a “salvare la faccia” davanti agli elettori se accettasse un accordo di pace. Se dovesse emergere uno stallo nucleare simile a quello del 1962 a seguito di una provocazione degli Stati Uniti, il Presidente Putin probabilmente lo considererebbe un bluff, ma userebbe comunque le armi nucleari solo per autodifesa, anziché per un primo attacco come suggerito da un autorevole esperto.

Ovviamente non vuole che si arrivi a quel punto, ma è prerogativa dell’America decidere se farlo o meno. La Russia è più che in grado di rimanere nella “gara logistica”/”guerra di logoramento” se gli Stati Uniti si rifiutano, per qualsiasi motivo, di tagliare le forniture di armi a Kiev dopo la fine della sua fallita controffensiva, ma è improbabile che quest’ultima possa contare ancora a lungo sull’UE, dal momento che ha già esaurito tutte le sue scorte. Questo fatto aumenta le possibilità di una significativa de-escalation, a meno che non intervengano i guerrafondai.

Pensieri conclusivi

Il Presidente Putin ritiene che le probabilità favoriscano almeno il congelamento della linea di contatto (LOC) attraverso un cessate il fuoco, se non addirittura la cessazione totale del conflitto, facendo rivivere la bozza di trattato con l’Ucraina, ormai defunta, dello scorso anno, anche se con modifiche che riflettano la nuova realtà di Kiev che ha perso altre quattro regioni. C’è anche la possibilità di trovare una soluzione diplomatico-giuridica creativa per fare della LOC il nuovo confine internazionale senza violare il divieto della Costituzione russa di cedere territori.

A parte le speculazioni sui dettagli diabolici di un trattato di pace, il punto è che queste discussioni potrebbero iniziare letteralmente il giorno dopo che gli Stati Uniti avranno tagliato le forniture di armi a Kiev, nel caso in cui questa dovesse tacitamente cedere la vittoria alla Russia nella “gara logistica”/”guerra di logoramento” dopo la fine della controffensiva. L’élite liberale-globalista al potere potrebbe invece intensificare l’escalation per disperazione, al fine di ottenere concessioni sensibili da parte della Russia per “salvare la faccia” di fronte agli elettori se accettano un accordo di pace, il che potrebbe portare a uno stallo.

In ogni caso, il Presidente Putin non ha attualmente in programma un’escalation del coinvolgimento della Russia nel conflitto, come dimostra la sua esclusione di un secondo round di mobilitazione, la sua riluttanza a ritagliare una zona cuscinetto e il suo rifiuto di rendere pubblica ogni risposta al superamento delle “linee rosse” del suo Paese. In questo momento, sta scommettendo che la fallita controffensiva di Kiev, i problemi economici dell’UE e le scorte esaurite della NATO si combineranno per far rivivere la bozza di trattato dell’anno scorso, ormai defunta, il che è in realtà abbastanza ragionevole.

https://korybko.substack.com/p/putin-strongly-suggested-that-a-political

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Guerra russo-ucraina: l’insurrezione di Wagner, di Big Serge

Questa analisi che traduco e pubblichiamo mi pare in assoluto la migliore e la più equilibrata tra tutte le moltissime comparse sinora sulla vicenda dell’insurrezione armata delle milizie Wagner; forse anche perché coincide con la mia, pubblicata il 25 giugno scorso[1]: si tenga dunque in considerazione il possibile conflitto di interessi, nel mio giudizio positivo.

L’analisi di Big Serge sfugge al pericolo principale, che in casi simili è: sovrainterpretare. Una miriade di informazioni impossibili da verificare, manipolazioni a tutto spiano, emozioni al calor bianco: è in casi come questo che la nebbia della guerra clausewitziana sale più fitta. Per farsi un’idea, invece, è necessario attenersi a quel che è possibile valutare con un minimo sindacale di attendibilità, non farsi travolgere dai pregiudizi e dalle ipotesi onnicomprensive che spiegano tutto, in breve sospendere il giudizio su tutto ciò che non suoni autentico, e tenersi pronti a cambiare idea se il contesto muta con il passare dei giorni.

L’Autore, inoltre, ha ben chiaro che “nel nostro tempo prevale un modello analitico: c’è una macchina che prende istantaneamente vita, accogliendo voci e informazioni parziali in un ambiente di estrema incertezza e risputando formule che corrispondono a presupposti ideologici. L’informazione non è valutata in modo neutrale, ma è costretta a passare attraverso un filtro cognitivo che le assegna un significato alla luce di conclusioni predeterminate.

In altre parole, la maggior parte dell’informazione e dei commenti, sia nei media ufficiali, sia nelle fonti che si vogliono “critiche” e “alternative”, corrisponde a quel che Leszek Kolakowski chiamava “la quinta operazione”. Nelle quattro operazioni aritmetiche – addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione – il risultato consegue ai fattori, e non è noto prima che l’operazione aritmetica sia eseguita. La “quinta operazione”, invece, precostituisce il risultato e vi adatta i fattori che lo producono.

Buona lettura.

Roberto Buffagni

[1] http://italiaeilmondo.com/2023/06/25/commedia-in-piu-atti-di-roberto-buffagni-linquietante-azione-a-distanza-di-pierluigi-fagan/

Guerra russo-ucraina: l’insurrezione di Wagner

La corsa selvaggia di Yevgeny Prigozhin

26 GIU 2023

Gli eventi dello scorso fine settimana (23-25 giugno 2023) sono stati così surreali e fantasmagorici da sfuggire alla narrazione e alla descrizione. Venerdì, il famigerato Gruppo Wagner ha lanciato quella che sembrava una vera e propria insurrezione armata contro lo Stato russo. Hanno occupato parte di Rostov sul Don – una città di oltre 1 milione di abitanti, capoluogo di regione e sede del Distretto militare meridionale della Russia – prima di partire in colonna armata verso Mosca. Questa colonna – dotata di equipaggiamento militare pesante, compresi i sistemi di difesa aerea – è arrivata a poche centinaia di chilometri dalla capitale – praticamente indisturbata dalle forze statali russe – prima di fermarsi bruscamente, annunciare che era stato raggiunto un accordo con l’aiuto del presidente bielorusso Aleksandr “Zio Sasha” Lukashenko, fare marcia indietro e tornare alle basi di Wagner nel teatro ucraino.

Inutile dire che lo spettacolo di un gruppo di mercenari russi che marciava armato su Mosca e di carri armati e fanteria Wagner che isolavano gli edifici del Ministero della Difesa a Rostov, ha suscitato nei commentatori occidentali la fiducia che lo Stato russo stesse per essere rovesciato e che lo sforzo bellico russo in Ucraina sarebbe evaporato. Nel giro di poche ore sono state diffuse previsioni fiduciose e stravaganti[1], tra cui l’affermazione che l’impronta globale della Russia si sarebbe disintegrata mentre il Cremlino richiamava le truppe per difendere Mosca e che la Russia stava per entrare in uno stato di guerra civile[2]. Abbiamo anche visto la macchina della propaganda ucraina andare in tilt, con personaggi come Anton Gerashchenko e Igor Sushko che hanno bombardato i social media con storie false sull’ammutinamento di unità dell’esercito russo e sulla “defezione” dei governatori regionali a Prigozhin.

Va detto questo, sul modello analitico che prevale nel nostro tempo: c’è una macchina che prende istantaneamente vita, accogliendo voci e informazioni parziali in un ambiente di estrema incertezza e risputando formule che corrispondono a presupposti ideologici. L’informazione non è valutata in modo neutrale, ma è costretta a passare attraverso un filtro cognitivo che le assegna un significato alla luce di conclusioni predeterminate. Si presume che la Russia crollerà e subirà un cambiamento di regime (lo ha detto Fukuyama), quindi le azioni di Prigozhin dovevano essere inquadrate in riferimento a questo presunto scenario finale.

All’estremo opposto, abbiamo assistito a una misura analoga di aggressivo adattamento al modello da parte dei sostenitori della Russia “Confidiamo nel Piano”, tutti sicuri che la rivolta di Wagner fosse solo una recita, un elaborato stratagemma architettato di concerto da Prigozhin e Putin per ingannare i nemici della Russia e far avanzare il Piano. L’errore analitico in questo caso è lo stesso: le informazioni vengono analizzate al solo scopo di sostenere e far avanzare una conclusione preconfezionata; solo che si presume l’onnicompetenza russa, invece del collasso dello Stato russo.

Io ho assunto una posizione intermedia. Ho trovato l’idea che la Russia si trovasse di fronte a una guerra civile o a un collasso statale estremamente bizzarra e del tutto infondata, ma non pensavo nemmeno (e ritengo che gli eventi abbiano confermato questa opinione) che Prigozhin agisse in collaborazione con lo Stato russo per inscenare  una farsa. Se davvero la rivolta di Wagner è stata una Psyop (operazione psicologica) per ingannare la NATO, si è trattato di un’operazione estremamente elaborata e contorta che non ha ancora mostrato alcun chiaro beneficio (ci ritorno più avanti).

La mia convinzione di massima è che Prigozhin abbia agito di sua spontanea volontà in modo estremamente rischioso (rischiando sia la propria vita che un effetto destabilizzante sulla Russia). Ciò ha posto lo Stato russo di fronte a una vera e propria crisi (anche se non sufficientemente grave da minacciare l’esistenza dello Stato) che, a mio avviso, è stata gestita nel complesso abbastanza bene. La rivolta di Wagner è stata chiaramente negativa per la Russia, ma non è stato un rischio esistenziale, e lo Stato ha fatto un buon lavoro per contenerla e mitigarla.

Entriamo nel merito, iniziando con un breve sguardo alla cronologia degli eventi.

Anatomia di un ammutinamento

La quantità di disinformazione (propagata in particolare dagli ucraini e dai liberali russi residenti in Occidente) che è circolata durante il fine settimana è stata estrema, per cui potrebbe essere prudente rivedere la progressione degli eventi così come sono effettivamente accaduti.

Il primo segnale che qualcosa non andava è arrivato con alcune dichiarazioni esplosive del capo della Wagner Yevgeny Prigozhin il 23 (venerdì). In un’intervista piuttosto lunga e incoerente[3], ha fatto l’affermazione scioccante che la giustificazione russa per la guerra in Ucraina era una vera e propria menzogna, e che la guerra era infestata di corruzione e uccisioni di civili. Le cose sono diventate ancora più folli quando la Wagner ha affermato che l’esercito russo aveva colpito il loro campo con un missile. Questo era estremamente strano: il video[4] che è stato rilasciato (che pretendeva di mostrare le conseguenze di questo “attacco missilistico”) non mostrava un cratere d’impatto, né detriti, né alcun ferito o ucciso del personale di Wagner. I “danni” del missile consistevano in due fuochi da campo che bruciavano in una trincea – a quanto pare la Russia ha missili che possono innescare piccoli incendi controllati senza distruggere la vita vegetale circostante?

Il video ovviamente non mostrava le conseguenze di un attacco missilistico, ma la retorica di Prigozhin si è intensificata dopo questo fatto e ha presto annunciato che Wagner avrebbe iniziato una “marcia per la giustizia” per ottenere soddisfazione delle sue varie rimostranze. Non era chiaro cosa volesse esattamente, ma sembrava incentrato su rancori personali nei confronti del Ministro della Difesa Sergei Shoigu e del Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov.

Poco dopo, sono arrivati alcuni video dalle autorità russe (tra cui uno con il generale Surovikin) che sembravano scongiurare la Wagner di “fermare il movimento delle loro colonne” e di tornare ai loro posti, per evitare spargimenti di sangue e destabilizzazione. Questo convalidava alcune delle voci secondo cui Wagner stava lasciando il teatro di operazioni in forze. La notizia che la Guardia Nazionale Russa era stata attivata a Mosca e altrove sembrava avvalorare il timore che uno scontro armato in Russia fosse imminente.

Alla fine di venerdì, convogli armati di Wagner erano a Rostov[5] (con il marchio Z rosso) e avevano preso il controllo di diversi uffici militari, in quello che equivaleva a un colpo di mano incruento per impossessarsi della città. Le scene erano un po’ stravaganti: carri armati per le strade della città e cordoni di sicurezza intorno a strutture chiave, ma apparente indifferenza da parte della popolazione. La gente si mescolava tra le truppe di Wagner[6], gli spazzini proseguivano il loro lavoro[7], Wagner comprava cheeseburger[8] e la gente si faceva foto con i carri armati.

1 un T -72 è il non plus ultra degli accessori

 

Quella sera, Prigozhin ebbe un incontro teso ma civile[9] con due funzionari di alto livello del Ministero della Difesa: Yanus Evkurov (vice ministro della Difesa) e Vladimir Alekseev (vice capo della direzione dell’intelligence militare).

Le cose si sono scaldate sul serio il giorno dopo (sabato 24) con la notizia che due consistenti corpi armati si stavano muovendo all’interno dei confini prebellici della Russia. Uno era una colonna di personale e armi di Wagner che aveva lasciato Rostov per Mosca, l’altra una forza cecena inviata dallo Stato a Rostov. Alla notizia che le forze statali russe stavano stabilendo posti di blocco e posizioni difensive al di fuori di Mosca, sembrava che potessero essere imminenti due battaglie separate: una della colonna Wagner contro le forze statali davanti a Mosca, e un’altra tra i ceceni e i resti dei Wagner per il controllo di Rostov.

È stato a questo punto che la disinformazione ucraina ha iniziato a scatenarsi, affermando che le unità militari russe e le amministrazioni regionali stavano disertando nel campo di Prigozhin, sostenendo che non si trattava solo di una rivolta della Wagner contro lo Stato, ma di una rivolta generale del sistema russo contro il governo di Putin. In realtà (e questo è un punto chiave su cui tornerò più avanti) non ci sono state defezioni in nessuna unità militare russa regolare o nei governi regionali, e non ci sono stati disordini civili. L’ammutinamento è stato limitato al Gruppo Wagner, e anche in questo caso non tutto il Wagner ha partecipato.

Comunque sia, nelle prime ore della sera di sabato c’erano motivi concreti per temere che si potesse sparare fuori Mosca o a Rostov. Putin ha rilasciato una dichiarazione in cui denunciava il tradimento e prometteva una risposta adeguata. Il Ministero della Giustizia russo ha aperto un fascicolo penale contro Prigozhin per tradimento. Due aerei del Ministero della Difesa russo sono stati abbattuti (un elicottero Mi-8 e un IL-22) dalla colonna Wagner. L’atmosfera globale è diventata notevolmente più umida a causa del volume di salivazione proveniente da Washington.

2 Lì non si può parcheggiare, amico

Poi, la colonna Wagner si è fermata. Il governo bielorusso ha annunciato che era stato negoziato un accordo con Prigozhin e Putin. L’ufficio di Lukahsenko affermò che “si è raggiunto l’accordo sull’inammissibilità di scatenare un sanguinoso massacro sul territorio della Russia”. La colonna si allontanò dalla strada per Mosca e tornò ai campi Wagner in Ucraina, mentre le forze di Wagner rimaste a Rostov fecero i bagagli e partirono. A parte gli equipaggi dei due aerei abbattuti, nessuno fu ucciso.

Naturalmente, le speculazioni si sono immediatamente concentrate sui termini dell’accordo tra Prigozhin e lo Stato. Alcuni hanno ipotizzato che Putin avesse accettato di rimuovere Shoigu, Gerasimov o entrambi dai loro incarichi (forse era questo lo scopo fin dall’inizio?). In realtà, i termini sono stati relativamente blandi e anticlimatici:

Il procedimento per tradimento contro Prigozhin è stato ritirato e lui è andato in Bielorussia.

i combattenti Wagner che avevano partecipato alla rivolta non sarebbero stati accusati e sarebbero tornati a operare in Ucraina

I combattenti Wagner che non hanno partecipato alla rivolta avrebbero firmato contratti con le forze armate russe (essenzialmente uscendo da Wagner e diventando truppe regolari a contratto)

Un vago riferimento a “garanzie di sicurezza” per i combattenti Wagner.

Quindi, tutto questo è molto strano. Una vera e propria insurrezione armata con carri armati e armi pesanti (non un uomo con un copricapo da bufalo[10]) con la presa di controllo di strutture militari, risolta improvvisamente da Lukashenko, e tutto ciò che Prigozhin sembra aver ottenuto è stato… un passaggio gratuito per la Bielorussia? Davvero strano.

Cerchiamo quindi di analizzare ciò che è successo utilizzando un quadro analitico che non sia predeterministico – cioè, assumiamo che né l’onnicompetenza russa né il cambio di regime russo e la coccolosità neoliberale siano garantiti.

Vorrei iniziare affrontando proprio queste due teorie ideologicamente predeterminate. Da un lato c’è chi sostiene che la Russia stia per precipitare in un conflitto civile e in un cambio di regime, dall’altro chi pensa che l’intera vicenda sia stata una manovra psicologica pre-pianificata dal governo russo. I primi sono già stati screditati in virtù del fatto che tutte le loro drammatiche previsioni sono crollate nel giro di 24 ore: Prigozhin non ha infatti guidato un ammutinamento che si è contagiato nel sistema russo, non ha rovesciato Putin e non si è autoproclamato zar Eugenio I. L’altra teoria estrema – quella della psyop – rimane praticabile, ma la ritengo estremamente improbabile, per le ragioni che elencherò ora.

Scenari di psyop

È relativamente facile limitarsi a dire “l’ammutinamento è stato uno psyop” senza approfondire. È banalmente ovvio che la rivolta di Wagner ha “ingannato” l’analisi occidentale[11] – ma questa non è ipso facto una prova che la rivolta sia stata inscenata allo scopo di ingannare l’Occidente. Dobbiamo chiedere qualcosa di più specifico: a quale scopo la rivolta potrebbe essere stata sceneggiata?

Ho individuato quattro teorie distinte che meritano almeno di essere esaminate: vediamole e spieghiamo perché, a mio avviso, nessuna di esse riesce a spiegare in modo soddisfacente la rivolta.

Opzione 1: esca viva

Una potenziale spiegazione – che ho visto suggerire abbastanza spesso – è l’idea che Prigozhin e Putin abbiano inscenato la rivolta allo scopo di stanare teoriche reti di sediziosi, agenti stranieri ed elementi sleali. Si suppone che Prigozhin abbia creato una specie di crisi controllata, ma esteticamente realistica, per lo Stato russo, facendo apparire il governo di Putin vulnerabile e costringendo parti infide e nemiche in tutta la Russia a rivelarsi.

Concettualmente, ciò equivale più o meno a dire che il governo di Putin finge di essere un animale ferito per attirare gli avvoltoi e poterli uccidere.

Penso che questa teoria sia interessante per la popolare, perché fa di Putin un leader estremamente astuto, machiavellico e paranoico. È anche il motivo per cui penso che sia sbagliata. Putin ha tratto una grande legittimazione dalla sua capacità di combattere la guerra senza sconvolgere la vita quotidiana in Russia – non ci sono razionamenti, non ci sono arruolamenti, non ci sono restrizioni alla circolazione, ecc. In effetti, una delle maggiori critiche a Putin è stata mossa dal partito della guerra, secondo il quale egli sta combattendo timidamente la guerra perché ha paura, e che si preoccupi troppo di mantenere la normalità in Russia.

Sembra quindi incongruo che un leader che si è preoccupato di non mettere la società russa su un piede di guerra faccia poi qualcosa di così destabilizzante come inscenare una finta rivolta. Inoltre, se davvero la rivolta di Wagner era una sceneggiata per stanare altri elementi infidi e terroristici, è fallita malamente: non ci sono state defezioni, né disordini civili, né denunce di Putin. Quindi, per diverse ragioni, la teoria dell’esca viva non supera la prova dell’olfatto.

Opzione 2: mascheramento dei dispiegamenti

Una seconda teoria è l’idea che la rivolta di Wagner sia stata essenzialmente una gigantesca cortina fumogena per consentire il movimento di forze militari in Russia. Suppongo che il ragionamento sia che se le colonne armate svolazzano di qua e di là, la gente potrebbe non accorgersi se le forze russe si spostano in posizione per, ad esempio, attaccare Sumy o Kharkov. Questa idea è stata cosmeticamente rafforzata dalla notizia che Prigozhin sarebbe andato in Bielorussia. Si trattava forse di uno stratagemma per mascherare il dispiegamento della Wagner per un’operazione nell’Ucraina occidentale?

Il problema di questa linea di pensiero è triplice. In primo luogo, non comprende la complessità dell’allestimento di una forza per le operazioni. Non si tratta solo di portare in posizione una fila di camion e carri armati: ci sono enormi necessità logistiche. Munizioni, carburante, infrastrutture per le retrovie devono essere allestite. Questo non può essere fatto in 24 ore, sotto la copertura temporanea di un finto ammutinamento.

In secondo luogo, l’effetto “distrazione” è diretto soprattutto ai media e ai commentatori, non all’intelligence militare. Per dirla in altro modo, la CNN e il New York Times erano sicuramente concentrati sulla rivolta di Wagner, ma i satelliti americani continuano a sorvolare lo spazio di battaglia e l’ISR occidentale è ancora in funzione. Le buffonate di Prigozhin non impedirebbero loro di osservare gli allestimenti per attaccare un nuovo fronte.

Terzo e ultimo punto: non sembra che gran parte di Wagner accompagnerà Prigozhin in Bielorussia – il suo viaggio nella Terra di Lukashenko assomiglia più a un esilio che a una riorganizzazione del Gruppo Wagner.

Opzione 3: Radicalizzazione architettata

Questa è la solita teoria della “falsa bandiera” che circola ogni volta che accade qualcosa di brutto da qualche parte. È diventata piuttosto blasé e banale: “Putin ha inscenato la rivolta per poter intensificare la guerra, aumentare la mobilitazione, ecc.”.

Questo non ha alcun senso ed è abbastanza facile da respingere. Ci sono stati veri e propri attacchi ucraini all’interno della Russia (tra cui un attacco di droni al Cremlino e incursioni transfrontaliere delle forze ucraine). Se Putin avesse voluto intensificare la guerra, avrebbe potuto sfruttare una qualsiasi di queste opportunità. L’idea che abbia scelto di orchestrare una rivolta interna – correndo il rischio di una destabilizzazione diffusa – piuttosto che concentrarsi sull’Ucraina è ridicola.

Opzione 4: Consolidamento del potere

Di tutte le teorie psyop, questa è quella che probabilmente ha più credito. Ci sono stati due diversi filoni, che tratteremo a turno.

All’inizio, alcuni ipotizzavano che Putin stesse usando Prigozhin come pretesto per cacciare Shoigu e Gerasimov. L’ho ritenuto improbabile per alcune ragioni.

In primo luogo, non credo che si possa affermare che questi uomini meritino di essere licenziati. All’inizio la guerra russa è stata caratterizzata da elementi disomogenei, ma c’è un chiaro arco di miglioramento nell’industria degli armamenti, con sistemi chiave come il Lancet e il Geran che stanno diventando disponibili in quantità sempre maggiori, e proprio in questo momento le forze armate russe stanno facendo a pezzi la controffensiva ucraina.

In secondo luogo, se Putin volesse rimuovere Shoigu o Gerasimov, farlo in risposta a una finta rivolta è il modo peggiore per farlo, perché darebbe l’impressione che Putin si pieghi alle richieste di un terrorista. Si tenga presente che Putin non ha criticato pubblicamente né Shoigu né Gerasimov per la loro gestione della guerra. Pubblicamente, sembrano avere il suo pieno appoggio. Il presidente potrebbe davvero rimuoverli in risposta alle richieste di Prigozhin senza apparire incredibilmente debole? Sarebbe molto meglio se Putin li licenziasse di sua spontanea volontà, facendo di se stesso, e non di Prigozhin, il kingmaker.

Di certo, a questo punto non sembra che né Shoigu né Gerasimov perderanno il loro posto. Questo ha portato la teoria del “consolidamento del potere” a passare a una seconda linea di pensiero, secondo cui Putin voleva usare Prigozhin essenzialmente per testare il sistema politico russo, vedendo come avrebbero reagito l’amministrazione regionale e i vertici dell’esercito.

3 Gli oggetti della collera di Prigozhin?

In questo modo la rivolta viene trattata come un’esercitazione antincendio: si dà l’allarme, si vede come reagiscono tutti e si prende nota di chi ha seguito le istruzioni. Certo, le figure politiche russe sono uscite allo scoperto per affermare il loro sostegno a Putin e denunciare la Wagner – con un certo stile russo, come il governatore di Tver che ha invitato Prigozhin a suicidarsi[12]. Questo forse conferisce credibilità all’idea che Putin abbia voluto mettere alla prova i suoi subordinati.

Ancora una volta, però, credo che questa teoria non tenga conto di alcuni punti chiave. Innanzitutto, la Russia appariva internamente molto stabile. Putin non stava affrontando alcuna opposizione o pressione politica, né disordini civili, né ammutinamenti nell’esercito, né critiche da parte di figure politiche di alto profilo – non è chiaro perché avrebbe dovuto sentire il bisogno di scuotere il Paese solo per testare la lealtà dell’apparato politico. Forse si pensa che sia una figura iper-paranoica alla Stalin, che si sente spinto a fare giochi mentali con il Paese, ma questo non quadra con il suo modello operativo. In secondo luogo, la traiettoria della guerra è al momento decisamente a favore della Russia, con la vittoria a Bakhmut ancora fresca nella memoria pubblica e la controffensiva dell’Ucraina che assomiglia sempre di più a un fallimento militare di portata storica mondiale. Non ha molto senso che in questo momento in particolare, quando le cose stanno andando molto bene per la Russia, Putin voglia lanciare una granata solo per testare i tempi di reazione.

In definitiva, penso che tutte queste teorie “Psyop” siano molto deboli se valutate in buona fede nei loro stessi termini. I loro errori hanno un filo conduttore. Le cose sono andate molto bene per la Russia, con l’esercito che si è comportato in modo eccellente nella sconfitta in corso della controffensiva ucraina, nessun disordine o agitazione interna e un’economia in crescita. La linea di pensiero psyop presume che, in un momento in cui le cose vanno bene, Putin correrebbe un rischio enorme inscenando un finto ammutinamento per ottenere guadagni trascurabili, rischiando non solo di provocare disordini civili e spargimenti di sangue, ma anche di rovinare l’immagine di stabilità e affidabilità della Russia all’estero.

Si presume che la squadra di Putin sia onnicompetente e in grado di mettere in atto uno schema di inganno molto complesso. Non credo che il governo russo sia onnicompetente. Penso che sia semplicemente un livello normale di competenza – troppo competente per fare una trovata ad alto rischio e bassa ricompensa come questa.

Cosa vuole Prigozhin

A volte mi piace pensare al predeterminismo occidentale da “fine della storia” (in cui tutta la storia è una marcia inesorabile verso la democrazia performativa neoliberale globale e la liberazione finale e la felicità di tutta l’umanità viene annunciata quando la bandiera del Pride sventola vittoriosa a Mosca, Pechino, Teheran e Pyongyang) come se fosse essenzialmente un corollario geopolitico di Jurassic Park – una storia struggente di arroganza e rovina (e uno dei miei film preferiti).

Il modello analitico dei creatori di Jurassic Park presumeva che i dinosauri – creature di cui non sapevano praticamente nulla – si sarebbero sottomessi, con il tempo, alle routine di controllo, come gli animali di uno zoo. Accecati dall’illusione del controllo e dalla stabilità teorica del loro sistema (che si presumeva stabile perché progettato per esserlo), non si apprezzava il fatto che il tirannosauro avesse un’intelligenza e una volontà proprie.

Credo che Yevgeny Prigozhin sia un po’ come il tirannosauro di Jurassic Park. Sia l’apparato neoliberale occidentale che i pianificatori russi a quattro dimensioni sembrano pensare a Prigozhin come a un ingranaggio che esiste per eseguire la funzione del loro modello di mondo. Che tale modello sia la lunga marcia della storia verso la democrazia e l’ultimo uomo o un brillante e sfumato piano generale di Putin per distruggere il mondo unipolare atlantico, non ha molta importanza: entrambi tendono a negare la capacità di iniziativa di Prigozhin e a trasformarlo in uno schiavo del modello. Ma forse è un tirannosauro, con un’intelligenza e una volontà che hanno una direzione autonoma, indifferente ai nostri modelli di mondo. Forse ha abbattuto la recinzione per ragioni sue proprie.

4 un aspirante Lenin? o solo un uomo con le spalle al muro?

Dobbiamo tornare a chi è Prigozhin e a cosa è Wagner.

Per Prigozhin, Wagner è innanzitutto un’attività che gli ha fruttato un’enorme quantità di denaro, soprattutto in Africa. Il valore di Wagner (nel senso più fondamentale) deriva dal suo alto grado di efficacia in combattimento e dal suo status unico di entità indipendente dalle forze armate russe. Qualsiasi minaccia a uno di questi fattori rappresenta una catastrofe finanziaria e di status per Prigozhin.

Recentemente, gli sviluppi della guerra hanno evidenziato una minaccia esistenziale per il gruppo Wagner come PMC vitale. Si tratta di:

Una spinta concertata da parte del governo russo per costringere i combattenti Wagner a firmare contratti con il Ministero della Difesa[13]. In effetti, questo minaccia di liquidare Wagner come organizzazione indipendente e di sussumerla all’interno delle forze armate regolari russe.

Il Wagner sta perdendo l’aumento nel reclutamento derivante dalle coscrizioni dell’anno scorso (compresi i detenuti)[14]. Questi coscritti hanno fornito un’enorme riserva di manodopera che ha permesso al Wagner di affrontare i combattimenti su larga scala a Bakhmut, ma molti hanno terminato il loro turno di servizio.

Ciò significa che Wagner deve affrontare una potenziale distruzione da due fronti. Dal punto di vista istituzionale, il governo russo vuole essenzialmente neutralizzare l’indipendenza del Wagner, incorporandolo nel Ministero della Difesa. Dal punto di vista di Prigozhin, questo significa essenzialmente la nazionalizzazione della sua azienda.

Inoltre, un Wagner snellito (dopo aver eliminato gran parte dei coscritti che lo avevano portato alle dimensioni di un corpo d’armata) non è qualcosa che Prigozhin vuole mandare in combattimento in Ucraina. Una volta che la Wagner sarà ridotta al suo nucleo di operatori esperti in “lavori bagnati”, le perdite in Ucraina inizieranno a intaccare direttamente la vitalità della Wagner.

In altre parole, Prigozhin e le autorità erano a un punto morto. Probabilmente Prigozhin voleva soprattutto, per dirla senza mezzi termini, usare la fama conquistata a Bakhmut per riportare Wagner in Africa e ricominciare a fare soldi a palate. Quello che non voleva era che la sua PMC venisse assorbita dall’esercito russo, o che il suo nucleo di letali professionisti venisse sottoposto all’attrito di un’altra grande battaglia in Ucraina. Il Ministero della Difesa, invece, vuole assorbire i combattenti di Wagner nell’esercito regolare, e usarli per sconfiggere l’Ucraina sul campo di battaglia.

Quindi, c’è un chiaro conflitto di interessi.

Ma cosa può fare Prigozhin? Non ha alcun potere istituzionale, e Wagner dipende dal Ministero della Difesa per le attrezzature, le forniture, l’ISR e molto altro. Inoltre, il patrimonio personale di Prigozhin e la sua famiglia sono sotto la giurisdizione dello Stato russo. Il suo potere è molto limitato. Ci sono solo poche cose che può fare. Può registrare video per mettere in imbarazzo, molestare e umiliare il Ministero della Difesa. Naturalmente, probabilmente non è saggio attaccare direttamente Putin in questi sproloqui, e potrebbe non essere utile insultare i soldati russi comuni, quindi questi attacchi devono essere mirati proprio al tipo di alti funzionari burocratici che l’opinione pubblica russa è predisposta a disprezzare – uomini come Shoigu e Gerasimov.

A parte questi capricci video, Prigozhin aveva solo un’altra possibilità per fermare l’assorbimento istituzionale di Wagner: organizzare una protesta armata. Convincere quanti più uomini possibile a unirsi a lui, fare una mossa e vedere se lo Stato poteva essere scosso abbastanza da concedergli l’accordo che voleva.

Sembra strano, naturalmente. Avete sentito parlare della diplomazia delle cannoniere. Ora assistiamo a trattative contrattuali con i carri armati. Tuttavia, è chiaro che la disputa sull’indipendenza e sullo status di Wagner rispetto alle istituzioni militari russe era al centro di questa vicenda. All’inizio del mese, Prigozhin ha annunciato la sua intenzione di disobbedire a un ordine presidenziale che imponeva ai suoi caccia di firmare i contratti del Ministero della Difesa entro il 1° luglio[15][16].

La dichiarazione di Prigozhin di questa mattina (lunedì 26 giugno)[17], tuttavia, è stata estremamente istruttiva. Si è concentrato quasi esclusivamente sulla sua lamentela principale: Wagner sarebbe stato assorbito dall’esercito istituzionale. Non porta la questione alla sua conclusione e nota che questo avrebbe nazionalizzato la sua attività altamente redditizia, ma i suoi commenti non lasciano dubbi sulla sua motivazione. Ecco alcuni punti chiave:

Wagner non voleva firmare contratti con il Ministero della Difesa.

L’assorbimento nel Ministero della Difesa avrebbe significato la fine di Wagner: “Questa unità avrebbe dovuto cessare di esistere il 1° luglio”.

“L’obiettivo della nostra campagna era di impedire la distruzione del Gruppo Wagner”.

Ma cosa pensava che sarebbe successo Prigozhin? Qual era il suo scenario ottimistico? Probabilmente sperava che il sentimento generale anti-burocratico e anti-corruzione, unito alla popolarità e alla fama di Wagner, avrebbe portato a un’ondata di sostegno per il gruppo che avrebbe messo il governo in condizione di acconsentire all’indipendenza di Wagner.

È stata una decisione audace. Di fronte all’assorbimento istituzionale, Prigozhin ha scommesso su una campagna di destabilizzazione misurata che avrebbe scosso il Paese quel tanto che basta per spaventare Putin e indurlo a fare un accordo. Prigozhin potrebbe essersi convinto che si trattava di un lancio di dadi intelligente e decisivo che avrebbe potuto cambiare le cose a suo favore. Io penso piuttosto che non stessero affatto giocando a dadi. Stavano giocando a carte e Prigozhin non aveva nulla in mano.

La gestione della crisi da parte della Russia

Questa è la parte dell’articolo che sospetto farà arrabbiare i lettori e mi farà guadagnare l’accusa di “copiare” – e così sia. Ma mettiamo le cose in chiaro:

La Russia ha gestito molto bene la rivolta di Wagner e la sua gestione della crisi indica un alto grado di stabilità dello Stato.

Ora, non sto dicendo che la rivolta sia stata positiva per la Russia. È stata chiaramente negativa sotto diversi aspetti. Gli aerei russi sono stati abbattuti da Wagner e i piloti russi sono stati uccisi. A Prigozhin è stato permesso di andarsene dopo aver causato queste morti – una macchia sul governo. C’era una diffusa confusione, che non fa bene al morale, e le operazioni nel Distretto Militare Sud furono interrotte dall’occupazione di Rostov da parte di Wagner.

Nel complesso, questo non è stato un buon fine settimana per la Russia. È stata una crisi, ma è stata una crisi che lo Stato ha gestito abbastanza bene, nel complesso, e ha mitigato gli aspetti negativi – forse ricavando anche un paio di bicchieri di limonata dai limoni di Prigozhin. Forse è appropriato che Shoigu sia stato ministro delle Situazioni di emergenza (essenzialmente per i soccorsi in caso di disastri). I disastri non sono mai positivi, ma è sempre meglio gestirli bene quando accadono.

La risposta dello Stato è stata piuttosto semplice: andare a vedere il bluff di Prigozhin.

Prigozhin si è diretto verso Mosca con la sua colonna – ma cosa avrebbe fatto una volta arrivato? La guardia nazionale russa si stava preparando a bloccare l’ingresso in città. Wagner avrebbe attaccato Mosca? Avrebbe sparato ai soldati della Guardia Nazionale? Avrebbero assaltato il Cremlino o bombardato San Basilio? Farlo avrebbe portato all’inevitabile morte di tutti gli uomini coinvolti. Wagner, senza rifornimenti o approvvigionamenti propri, non può combattere con successo le forze armate russe e probabilmente non potrebbe rifornirsi per più di un giorno o due.

Il problema dell’approccio di Prigozhin è che la pantomima di un colpo di Stato non funziona se non si è disposti a tentare davvero un colpo di Stato, e un colpo di Stato funziona solo se le autorità istituzionali si schierano con noi. Non è che Prigozhin possa arrivare con un carro armato fino al mausoleo di Lenin e iniziare a impartire ordini ai ministeri federali e alle forze armate. I colpi di Stato richiedono il controllo delle leve istituzionali del potere – governatorati regionali, ministeri e corpi ufficiali delle forze armate.

Prigozhin non solo non aveva tutte queste cose, ma di fatto l’intero apparato di potere lo ha denunciato, disprezzato e bollato come traditore. Essendosi ammutinato in un vicolo cieco, le sue uniche scelte erano: iniziare uno scontro a fuoco fuori Mosca, garantendosi la morte e la fama di terrorista traditore, oppure arrendersi. È probabile che l’abbattimento di un aereo russo da parte della colonna Wagner (che Prigozhin dichiarò in seguito essere stato un “errore”) lo abbia spaventato e gli abbia confermato che si stava spingendo troppo oltre e che non aveva una buona via d’uscita. Quando il vostro avversario viene a vedere e voi non avete nulla in mano, non c’è altro da fare se non abbandonare il gioco.

Consideriamo poi, per un momento, la situazione reale in Russia. Una colonna corazzata si stava dirigendo verso la capitale. Qual è stata la reazione dello Stato e del popolo russo? Le autorità a tutti i livelli hanno denunciato pubblicamente la rivolta e hanno dichiarato di sostenere il presidente. Non ci sono state defezioni, né dalle unità militari né dall’amministrazione civile. Non ci sono stati disordini civili, né saccheggi, né perdita del controllo governativo di base nel Paese. Confrontate le scene in Russia durante una ribellione armata con gli Stati Uniti nell’estate del 2020. Quale Paese è più stabile?

Alla fine, il governo è riuscito a dissipare una situazione di crisi, che avrebbe potuto facilmente degenerare in un grave spargimento di sangue, senza alcuna perdita di vite umane a parte gli equipaggi dei due aerei abbattuti (morti che non dobbiamo minimizzare e che devono essere ricordati come vittime dell’ambizione di Prigozhin). Inoltre, i termini dell'”accordo” equivalgono a poco più di una resa da parte di Prigozhin. Egli stesso sembra destinato a una sorta di semi-esilio in Bielorussia (potenzialmente in attesa di un momento terminale tipo Trotsky) e sembra che la maggior parte dei Wagner firmerà contratti e sarà assorbita nelle forze armate istituzionali della Russia. Sulla base del discorso tenuto da Putin questa sera (quindici minuti fa, al momento in cui scriviamo), i combattenti Wagner hanno solo tre opzioni: firmare i contratti MOD, sciogliersi e tornare a casa, o unirsi a Prigozhin nell’esilio bielorusso (presumibilmente senza il loro equipaggiamento). Per quanto riguarda lo status istituzionale della Wagner, Prigozhin ha perso e lo Stato ha vinto. La Wagner come corpo combattente indipendente è finita.

Dobbiamo essere onesti, ovviamente, sui danni della rivolta.

Prigozhin ha ucciso dei militari russi quando la sua colonna ha abbattuto quegli aerei, e poi ha visto cadere l’accusa di tradimento a suo carico. Si può dire, ovviamente, che una risoluzione pacifica ha evitato ulteriori spargimenti di sangue, ma questo non cambia il fatto che ha ucciso dei soldati russi e se la cava. Si tratta di un fallimento che ha una dimensione sia morale che di legittimità istituzionale.

Inoltre, l’intero episodio dovrebbe servire come severa lezione sull’instabilità intrinseca dell’affidarsi a gruppi di mercenari che operano al di fuori delle istituzioni militari formali. Ci sono molti gruppi di questo tipo in Russia, non solo Wagner, e sarebbe una negligenza se il governo non si muovesse con decisione per liquidare la loro indipendenza. Altrimenti, stanno semplicemente aspettando che qualcosa di simile accada di nuovo, potenzialmente con un esito molto più esplosivo.

Nel complesso, tuttavia, sembra piuttosto innegabile che il governo abbia gestito una crisi estrema in modo piuttosto competente. Contrariamente a quanto si dice in Occidente, secondo cui la rivolta di Wagner avrebbe rivelato la debolezza del governo di Putin, l’unità dello Stato, la calma del popolo e la strategia di de-escalation suggeriscono che lo Stato russo è stabile.

Conclusione: 1917

Uno dei passatempi più universali e amati dall’umanità è quello di fare cattive analogie storiche, e questo processo era certamente in piena attività durante lo scorso fine settimana. Il paragone più popolare, naturalmente, è stato quello di paragonare la rivolta di Prigozhin alla caduta dello zar nel 1917.

Il problema è che questa analogia è una perfetta inversione della verità.

Lo Zar cadde nel 1917 perché si trovava al quartier generale dell’esercito lontano dalla capitale. In sua assenza, un ammutinamento della guarnigione a Pietrogrado (Pietroburgo) portò al crollo dell’autorità governativa, che fu poi ripresa da un nuovo gabinetto formato dalla Duma di Stato. I colpi di Stato non si ottengono con un insensato spargimento di sangue. Ciò che conta di più è la questione fondamentale dell’autorità burocratica, perché è questo che significa governare. Quando si alza un telefono e si dà l’ordine di chiudere una linea ferroviaria; quando si ordina a un’unità militare di mettersi a disposizone; quando si emette un ordine di acquisto per cibo, munizioni o medicine – queste istruzioni sono rispettate?

Era banalmente ovvio che Prigozhin non aveva né la forza, né il sostegno istituzionale, né un reale desiderio di usurpare l’autorità, e l’idea che stesse tentando un vero e proprio colpo di stato era assurda. Immaginiamo, per un momento, che Wagner fosse riuscita a farsi strada attraverso la Guardia Nazionale Russa fino a Mosca. Prigozhin irrompe nel ministero della Difesa, arresta Shoigu e si siede sulla sua poltrona. Crediamo davvero che l’esercito sul campo segua improvvisamente i suoi ordini? Non è una sedia magica. Il potere viene messo in palio solo in caso di collasso totale dello Stato, e quello che abbiamo visto in Russia è stato il contrario: abbiamo visto lo Stato serrare i ranghi.

Quindi, alla fine, sia i commentatori neoliberali che i Fiduciosi nel Piano russo sono rimasti con una visione insoddisfacente degli eventi. Prigozhin non è né il messaggero di un cambiamento di regime né una pedina nel gioco degli scacchi “della quinta dimensione” di Putin. È semplicemente un uomo mercuriale e violentemente irresponsabile che ha visto che la sua Corporazione Militare Privata stava per essergli portata via, e ha deciso di andare fino a livelli estremi e criminali per impedirlo. È stato un giocatore di carte senza niente in mano che ha deciso di bluffare per uscire dall’ angolo – finché il suo bluff non è stato scoperto.

 

[1] https://youtu.be/Tr-zidVQckI

[2] https://www.theatlantic.com/international/archive/2023/06/russia-civil-war-wagner-putin-coup/674517/

[3] https://twitter.com/i/status/1672177488535977984

[4] https://twitter.com/i/status/1672315464284815363

[5] https://twitter.com/i/status/1672435707137196033

[6] https://twitter.com/i/status/1672551944039145474

[7] https://twitter.com/i/status/1672699475976921089

[8] https://twitter.com/i/status/1672508128720564227

[9] https://twitter.com/i/status/1672463543189348352

[10] https://www.theguardian.com/us-news/2021/nov/17/qanon-shaman-jacob-chansley-sentenced-capitol-attack-role

[11] https://edition.cnn.com/europe/live-news/russia-ukraine-war-news-06-25-23/h_10ca74299a2b2f940854c485d4092f34

[12]

[13] https://www.reuters.com/world/europe/putin-backs-push-mercenary-groups-sign-contracts-despite-wagners-refusal-2023-06-13/

[14] https://www.newsweek.com/wagner-group-releasing-thousands-convict-troops-uk-1789232

[15]

[16] https://www.nytimes.com/2023/06/11/world/europe/wagner-russia-defense-ministry-contract.html

[17] https://meduza.io/en/feature/2023/06/26/we-gave-a-master-class

https://bigserge.substack.com/p/russo-ukrainian-war-the-wagner-uprising

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