INFLUENZA BALCANICA. LA SERBIA RIARMA MA NON PER RIVINCITE. OFFRE IL TRANSITO ALL’OLEODOTTO CHE TAGLIA FUORI L’UCRAINA…_di Antonio de Martini

Lo avevamo sottolineato già in alcuni articoli ed interviste di alcuni mesi fa. Prima che ai confini esterni, la NATO si concentrerà nei punti bianchi interni. Da quelle fessure potrebbero aprirsi crepe ingestibili. I Balcani, inoltre, sono il maggior punto di accordo tra gli interessi degli Stati Uniti e della Germania. Un buon modo per tentare di mettere in secondo piano i punti di attrito o di cercare contropartite più impegnative. D’altro canto la sopravvivenza dell’indipendenza politica della Serbia dipende dalla possibilità di rafforzare i legami con la Cina e la Russia. Potrebbero rientrare nel gioco anche Francia e Italia; la prima abituata a strepitare per nulla, la seconda ad acquattarsi contro se stessa_Giuseppe Germinario

I SERBI NEGLI ULTIMI TRE ANNI HANNO RADDOPPIATO LE SPESE PER LA DIFESA SUPERANDO ( NEL 2019) LA CROAZIA PARTNER N.A.T.O. QUEST’ANNO SPENDE IL 2,6% DEL BILANCIO. PIU’ CHE PER IL COVID.

Nel 2018 la spesa per la Difesa della Repubblica di Serbia é stata di 700 milioni di dollari, nel 2019 di 1,14 miliardi e nel 2020 – secondo il Jane’s – ha raggiunto 1,5 miliardi con un aumento anno su anno, del 43%.

Radovan Karadzic prima e dopo la cura. I successori non vogliono il bis.

I suoi vicini, MontenegroKosovoCroazia e Bosnia, sono in allarme, specie quelli che hanno minoranze serbe sul loro territorio e che magari le hanno bulleggiate, forti della presenza protettrice NATO e USA (la KFOR di cui fa parte anche l’Italia).

Ora che la presenza americana viene a mancare e la Serbia riarma – nemmeno silenziosamente- la fibrillazione non manca, stimolata da dichiarazioni tipo “Adesso abbiamo 14 MIG 29” come ha affermato orgogliosamente il presidente Aleksander Vucic. Come a dire che questa volta bombardare la Serbia non sarà facile come nel 96 .

E’risaputo che le fanterie NATO e USA possono affrontare , male evidentemente, guerriglieri afgani, ma non i guerrieri che non hanno temuto di affrontare i turchi,gli Austroungarici o i tedeschi quando se ne é presentata la necessità.

Proprio questo mese é stato creato il “giorno dell’unità, della libertà serba e della bandiera nazionale”. Ottima occasione per revival patriottici.

Alla domanda retorica del presidente croato Zoran Milanovic ” se i serbi non avessero nulla di più importante o intelligente da fare” ha risposto il Ministro dell’interno serbo Aleksander Vulin, spiegando che ” non c’è nulla di più importante dell’identità serba” e con questo ha chiuso la questione, mentre la Serbia ha lanciato la nuova parola d’ordine ” il mondo serbo” del quale potrebbero far parte “volontariamente e informalmente ” i paesi della ex Jugoslavia “per poi aderire in futuro anche giuridicamente. “

Ovvio che dichiarazioni del genere provochino timori o ipotesi interessate di revanscismo che potrebbero potenziare eventuali vecchi rivali, ma la realtà potrebbe essere ben diversa e le dichiarazioni essere semplicemente destinate a rafforzare lo spirito patriottico serbo in vista di futuri cimenti che tengono conto di quanto é effettivamente accaduto in Siria, Irak, Yemen e Afganistan, non appena quei paesi siano stati attraversati dalle linee di rifornimento o rotte commerciali petrolifere americane.

Non credo sia vero.

Pubblico pertanto una carta geoeconomica dell’Europa e delle sue vie di accesso, che illustra in blu il sistema vascolare che alimenta l’Europa ( e l’Italia) in gas e greggio proveniente dalle zone di produzione: Algeria, Russia e Levante. Ci sono gasodotti in progetto e in costruzione ( tratteggiati in rosso). Le linee blu continue sono operative. Quelle irachene le ho viste coi miei occhi,erano tre, ma non ne ricordo più il tracciato esatto, solo i punti terminali alle raffinerie di Haifa e Tripoli di Siria.

Il tratteggiato rosso che attraversa la Serbia, ha creato le premesse di un periodo di instabilità, che non é dovuto all’ipotesi di una ” seconda lezione” ai serbi che si cautelerebbero con un piano di riarmo che ha allarmato i vicini. E’ dovuto alla previsione di rappresaglie contro l’aver offerto ai russi l’opportunità di ” punire” l’Ucraina privandola delle royalties di transito sul suo territorio dei gasodotti russi rivolti a occidente. A fine lavori, la Russia disporrà di due itinerari di rifornimento della Germania e dei paesi centroeuropei “amici”, senza dover subire controlli, ricatti e prezzi degli ucraini protetti dagli USA.

Al contrario , ora l’Ucraina deve temere per la perdita di miliardi di royalties russe di transito, nella indifferenza europea che si vedrebbe comunque rifornita.

La Russia ha raddoppiato il northstream ( anche se il secondo condotto é finito ma non é ancora operativo) e sta moltiplicando gli oleodotti anche da sud ( con l’oleodotto ” Brotherhood e Turkish detti southstream) con l’obbiettivo di impedire che un sabotaggio metta in crisi il sistema di approvvigionamento dell’Europa.

Per evitare di passare sotto le forche caudine dell’Ucraina, ha organizzato un passaggio ungherese attraverso l Serbia e l’Austria ed ora la Serbia si cautela riarmando ed ecco perché l’Austria si vede improvvisamente il premier passato sotto processo per corruzione.

Il ballo é cominciato e Belgrado ha intenzione di vendere cara la pelle.

Per cominciare intimorisce i vicini – specie il Kosovo – che potrebbero ospitare basi ufficiali come la base Usa costruita durante e dopo la scorsa guerra balcanica, sia clandestine in caso la si voglia destabilizzare col solito collaudato sistema di “rivendicazioni popolari democratiche.”

Irussi guardano ai Balcani dalla metà del XIX secolo fino al trattato che va sotto il nome di Sykes-Picot, ma che fu ideazione e proposta di SERGEI SAZONOV , ministro degli esteri dello Zar, nel 1915.

La Russia entrò nel primo conflitto mondiale per difendere la Serbia contro l’impero Austro-Ungarico brandendo la bandiera dell’idea panslava e molti analisti sono pronti a giurare che potrebbe nuovamente scendere in campo in difesa dell’alleato, visto anche il successo del suo intervento in Siria e l’evidente riluttanza americana ad essere coinvolta da sola in azioni dirette.

L’Europa, che già pensa ad armare un corpo di spedizione di 50.000 uomini, dimentica che questo numero era, negli anni novanta, il quorum minimo necessario per una azione di peace keeping. Una guerra guerreggiata contro un esercito di popolo motivato, ansioso di rivincita e modernamente equipaggiato, richiederebbe ben altri mezzi e tutt’altra leadership.

IBalcani sono i nostri vicini di casa e non possiamo non notare che la ragnatela dei metanodotti punta all’Europa – il grande consumatore del globo assieme alla Cina anche’essa rifornita dai russi con un accordo decennale- e sia la rete russa che quella algerina e la costituenda rete levantina puntano verso l’Italia ( quella libica é ipotecata e resterà così a lungo) che é il ponte attraverso il quale tutti vogliono passare per giungere al cuore industriale dell’Europa che é la Germania. Un gasdotto su terra costa molto meno di uno sottomarino e potrebbe usufruire della rete creata dall’ENI in mezzo secolo. Italia e Germania, assieme formano il più ricco mercato del mondo per gli idrocarburi.

COSA VUOLE PUTIN

Con il recente aumento dei prezzi nell’imminenza della stagione autunnale, La Russia intende recuperare la ricchezza perduta con il varo delle sanzioni a suo carico, varate dall’Europa sulla scia degli USA.

La sanzioni economiche alla Russia costano cos^ doppiamente agli europei: in termini di lucro cessante ( mancate vendite ) e di danno emergente ( aumento dei costi del petrolio e del gas).

Putin e Lavrov ( e non va dimenticato Schroeder che , diventato il consulente di Gasprom si é certo vendicato di essere stato sostituito alla guida della Germania da una incolore Hausfrau) hanno usato strategicamente i rifornimenti di idrocarburi abbinati alla politica di armamento.

Hanno fidelizzato la Cina – che era grande amica industriale degli USA – con l’impegno a forniture decennali per tutte le sue industrie e promettono di acquistare armamento terrestre dai cinesi, coi quali hanno recentemente fatto manovre combinate con utilizzo di soli mezzi cinesi di terra – stanno fidelizzando la Serbia offrendole – oltre che la franchigia doganale assoluta per le merci già in atto da anni – royalties di transito degli oleodotti che si apprestano a negare all’infedele Ucraina e allettano la Turchia con offerte analoghe e collaborazione alla progettazione ( notizia della scorsa settimana) di carri armati turchi.

Aentrambe viene offerta anche la certezza di difendersi dalla eventuale schiacciante superiorità aerea USA e le affranca dalla dipendenza in fatto di armamenti e manutenzione in maniera che ulteriori sanzioni USA a loro carico e minacce di intervento risulterebbero inefficaci. Vendono i formidabili sistemi contraerei S 400 e gli aerei MIG 29 che sono superiori ai concorrenti americani e rendono impossibile operazioni come quelle che hanno atterrato Saddam Hussein, Gheddafi e hanno messo in difficoltà Siria e Yemen. Chi compra da Putin diventa intoccabile senza che la Russia possa essere considerata direttamente responsabile…

COSA VORREMMO NOI EUROPEI

Questo é il mistero. Per il momento, ognuno segue una politica basata sulla percezione degli interessi nazionali: La Germania difende il proprio canale di rifornimento di gas ( Northstream 1 e 2 )con la Russia. La Francia segue, ma non sappiamo per quanto ancora, vuole esercitare l’opzione dell’energia nucleare, L’Europa dell’est riapre le proprie centrali a carbone, L’Italia ha , d’accordo col passato governo tunisino, puntato sull’energia solare da produrre in Nord Africa e portare in Germania.

Il problema si é manifestato a causa dell’impennata dei prezzi del Gas dovuta alle restrizioni combinate ” quarantena + sanzioni. La brusca ripresa dell’attività industriale ha provocato una altrettanto brusca ripresa delle forniture e dei prezzi. Unico rimedio finora notato, é stata la riduzione dell’IVA praticata dagli spagnoli, mentre la Francia ha – con tre aumenti successivi- aumentato il prezzo del 57% e gli italiani, hanno nominato una commissione di studio….

Più sempliciotta la soluzione escogitata dal duo Ursula Van Der Leyen e Frans Timmermans che hanno varato un ” piano verde” assortito a uno slogan ” Fit for55″ ( riduzione del 55% delle emissioni di gas serra) con cui si vantano di essere stati i primi al mondo a fissare il traguardo ” clima” delle riduzioni di consumi entro il 2030.

Non indicano come riuscirvi e questo ne riduce la credibilità. Si affidano alla buona volontà delle imprese e danno l’impressione di non rendersi conto degli ostacoli cui andranno incontro a partire dai due anni che mediamente una delibera impiega per giungere in Parlamento con l’approvazione dei singoli paesi. Non a caso i verdi votarono contro la elezione di Ursula alla presidenza della commissione e si astennero alla votazione della fiducia della intera compagine.

D’altronde, la Ursula si é già scusata ufficialmente per una serie di topiche: dal mancato sostegno all’Italia all’atto dello scoppio della pandemia, alla sottovalutazione del trentesimo anniversario dell’indipendenza ucraina (fece comunicare dal capo di gabinetto che non avrebbe partecipato, come per una fiera di paese), al “divanogate” di Ankara ( che ha mostrato un uso approssimativo del suo staff al netto della misoginia del protocollo turco); i ritardi nella consegna dei vaccini ASTRA ZENECA, mentre l’Inghilterra li otteneva puntualmente. Tutto fa pensare che non domina la macchina ma ne é dominata. Non mi meraviglierei se venisse sostituita in corsa ( o anche informalmente) , ad esempio , da Angela Merkel.

Di certo, di fronte a una politica energetica chiara degli USA, della Russia e dei cinesi, L’Unione Europea procede tra indecisioni del centro e miopi egoismi delle periferie.

Il finale della partita strategica ed energetica europea si giocherà nei Balcani dove la Croazia e la Bulgaria si riarmano per ” compliance” coi nuovi requisiti NATO, La Grecia per “difendersi” dai turchi, la Serbia per cautelarsi dalle possibili conseguenze dell’ospitare un gasdotto essenziale per l’economia ucraina in un momento strategico particolare per i rapporti tra est e ovest.

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