LA CONFUSIONE DI GIULIANO AMATO E LA RICERCA DELLA VERITA’ SULLA STRAGE DI USTICA, di Luigi Longo

LA CONFUSIONE DI GIULIANO AMATO E LA RICERCA DELLA VERITA’ SULLA STRAGE DI USTICA

di Luigi Longo

 

Giuliano Amato, intervistato da Simonetta Fiori sulla strage di Ustica (nella quale il 27/6/1980 morirono 81 persone) per “La Repubblica” (intervista apparsa il 2/9/2023 con il titolo Ecco la verità su Ustica. Macron chieda scusa) ha dichiarato: a) «La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario»; b) «Purtroppo sì. E questo non dovrebbe accadere perché la Nato sta dentro l’articolo 11 della Carta, quindi dovrebbe operare in modo da realizzare pace e giustizia fra le Nazioni. Qui invece cosa è successo? Un apparato costituito da esponenti militari di più paesi ha negato ripetutamente la verità pensando che il danno sarebbe stato irrimediabile per l’alleanza atlantica e per la stessa sicurezza degli Stati. E quindi tutte queste persone hanno coperto il delitto per “una ragion di Stato”, anzi dovremmo dire per “una ragion di Stati” o per “una ragion di Nato”. In base alle regole della ragion di Stato, il crimine forse sarebbe stato meno grave se fosse stato soppresso il leader libico, che era l’obiettivo dell’azione militare. Ma invece sono stati uccisi ottantuno innocenti passati lì per caso. E quindi resta un delitto gravissimo»; c) «Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo. Il protratto silenzio non mi pare una soluzione».

Perché Giuliano Amato, uomo di potere (braccio destro di Bettino Craxi, deputato, ministro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Presidente del Consiglio, giudice e presidente della Corte Costituzionale, uscito indenne, insieme al PCI e alle sue metamorfosi degenerative, da Mani Pulite) rilascia questa intervista, dopo 43 anni dalla strage che, ricordo, non ha ancora un colpevole (ci sono ancora 18 documenti non declassificati) (Massimo Nesticò, Sette documenti Difesa su Ustica non ancora declassificati, www.ansa.it, 15/9/2023), nella quale sostanzialmente non dice niente di nuovo ma afferma chiaramente che la Francia è la responsabile della strage di Ustica? Già Francesco Cossiga, Presidente del Consiglio all’epoca della strage, nonchè Presidente della Repubblica dal 1985 al 1992, aveva detto (nel febbraio del 2007) che ad abbattere per errore il DC9 dell’Itavia sarebbe stato un missile francese. Queste le affemazioni di Francesco Cossiga davanti ai giudici «Il capo del Sismi, ammiraglio Martini, da me interpellato confermò di aver fornito questa informazione a Giuliano Amato e precisò che l’aereo francese aveva in realtà come missione l’abbattimento di un aereo che trasportava il colonnello Gheddafi». E aggiunge: «Ricordo anche che insieme all’ammiraglio Martini considerammo a tal proposito, la circostanza che un radar italiano aveva “battuto la traccia” sulla diagonale di Olbia; questa circostanza, infatti, rendeva plausibile che l’aereo fosse partito da una portaerei». «Chiesi all’ammiraglio Martini come avesse saputo queste cose e lui mi rispose che queste informazioni giravano negli ambienti dei servizi» precisa l’ex presidente, che fornisce altri particolari. «L’ammiraglio durante il nostro colloquio mi riferì anche che sembrava che il pilota francese si fosse suicidato, dopo aver appreso che l’aereo che aveva colpito era in realtà un aereo civile italiano. Chiesi all’ammiraglio se avesse chiesto informazioni ai francesi sul punto, ma lui mi rispose di no in quanto i francesi non gli avrebbero dato alcuna spiegazione o informazione» (Lirio Abbate, Quarant’anni di depistaggio. La verità senza colpevoli, “La Repubblica”, 2/9/2023). Alle stesse conclusioni era arrivato anni prima (1990) il deputato di Democrazia Proletaria Luigi Cipriani, componente della Commissione stragi che si batté con impegno, caparbietà e passione durevole per la ricerca della verità, sia dentro la Commissione che fuori, incontrando grande difficoltà insieme all’amarezza della solitudine della sua ricerca. Luigi Cipriani produsse un dossier sul caso, inquadrando il ruolo della Libia di Mu’ammar Gheddafi, nel Mediterraneo e nel continente Africa, che disturbava le strategie statunitensi in una fase pre-multicentrica, delicata per i nuovi equilibri mondiali che si metteranno in moto con l’implosione dell’ex URSS (1990-1991) e le trasformazioni della Nato; in secondo piano c’erano la tensione tra la Libia e la Francia sul Ciad e il deterioramento del rapporto tra la Libia e l’Italia a seguito dell’incidente della Secca della Medina (dove una piattaforma della Saipem, impegnata in ricerche petrolifere per conto di Malta, venne attaccata dalla Marina libica) (il dossier è riprodotto in Aa.Vv, Quel Marx di san Macuto, Fondazione Luigi Cipriani, Milano, 1993, pp.113-209; si veda, sul sito della Fondazione Luigi Cipriani, il suo intervento su Ustica e Bologna, il grande imbroglio).

La sentenza-ordinanza del giudice istruttore, Rosario Priore, terminata nel 1999, chiarisce che la causa della distruzione del DC9 è da attribuire ad una azione esterna:<< Certo se la caduta dell’aereo civile è stata determinata da quasi collisione, che ha cagionato la rottura dell’ala di sinistra, cui è conseguito quel break up che s’è descritto dai periti di Ufficio, Misiti e gli altri successivamente alla ipotizzata da loro esplosione, e da Casarosa e Held più di recente ed in modo completo, a partire cioè dal sorpasso stesso; la causa diretta dell’evento sarebbe la condotta del pilota dell’aereo sorpassante, ma questi che di certo ha agito mosso non da dolo diretto, non può non aver previsto la quasi collisione con il velivolo civile i cui ben conosceva la posizione dal momento che volava proprio approfittando della sua ombra radar. Lo ha sorpassato accettando questa eventualità. Ma quand’anche si versasse nell’ambito di questo dolo, la sua condotta sarebbe stata pur sempre determinata da un’esigenza di difesa da un attacco più che probabilmente mortale.

Quanto al dolo di coloro che attaccavano è difficile accertare se essi abbiano agito solo nell’intento d’inseguire o colpire il velivolo nella scia, certamente non civile, o se avendo di certo visto, direttamente o a mezzo radar il nostro DC9, ne abbiano previsto la possibilità del danno e l’abbiano accettata.

Non diverse le conclusioni anche se la caduta è stata determinata da una qualche esplosione esterna, come di missile a prevalente effetto di blast; così come descritto dai consulenti di parte civile. In questo caso si tratterebbe di vera e propria aberratio ictus. Resterebbe perciò comunque la strage, secondo il diritto interno. Ma l’azione è principalmente un atto di guerra, guerra di fatto non dichiarata – com’è d’abitudine da Pearl Harbour in poi, sino all’ultimo conflitto nei Balcani – operazione di polizia

internazionale, di fatto spettante alle grandi Potenze, giacchè non v’era alcun mandato in questo senso; azione coercitiva non bellica esercitata lecitamente o illecitamente, da uno Stato contro un altro; o atto di terrorismo, come poi s’è voluto, di attentato a un capo di Stato o leader di regime >> (Sentenza-ordinanza del Giudice Istruttore Rosario Priore depositata il 31/8/1999, www.stragi80.it/doc/la-sentenza-ordinanza-del-g-i/, capitolo 7, pag. 4965). Per Rosario Priore, quindi, il DC9 è stato abbattuto: “è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto”.

Di più non si poteva dire per il blocco di potere che faceva capo alla Nato che è l’illegalità fatta legge dagli Stati Uniti (alla faccia della separazione dei poteri e della sovranità nazionale!).

Ricordo che siamo nella fase pre-multicentrica, fine anni ‘70 inizio anni ’80, che anticipa la fase monocentrica con coordinamento mondiale degli Stati Uniti; la durata di tale fase, per nostra fortuna, è finita nel 2011 (è tutta da riscrivere la storia perché in Italia accadono cose che apparentemente sono slegate ma che appaiono, oggi, intrecciate: la seconda guerra della mafia, il ruolo delle Brigate rosse, l’uccisione di Aldo Moro, le trame di potere dei Servizi segreti, l’istituzionalizzazione del dissenso, la fine della tolleranza democratica degli Usa, il ruolo di Mani Pulite nel cambio della servitù agli Usa).

E’ nel 2011, con la strategia statunitense di distruzione della Libia (con la barbara uccisione di Mu’ammar Gheddafi) e il tentativo non riuscito della distruzione della Siria, che si entra nella fase multicentrica, con l’ascesa delle potenze mondiali di Cina e Russia (Daniele Ganser, Le guerre illegali della Nato, Fazi editore, Roma, 2022, in particolare sulla Libia pp. 365-398 e sulla Siria pp. 455-524). Faccio notare che la Francia è stato lo strumento degli Usa, via Nato, [sia nel 1980 (fase pre-multicentrica) sia nel 2011 (fase multicentrica)] usato per la eliminazione di Mu’ammar Gheddafi perchè gli interessi economici francesi si incastravano nelle strategie degli Stati Uniti che vedevano (come ho evidenziato in scritti precedenti) in Mu’ammar Gheddaffi un leader che ha portato la Libia ad essere una nazione superando le divisioni tribali; per averla fatta diventare la nazione sovrana più importante dell’Africa; per aver costruito una strategia di sviluppo non dipendente soltanto dalle risorse energetiche; per le sue azioni politiche ed economiche intraprese in Medio Oriente; per il ruolo svolto nella costruzione dell’Unione Africana (gli stati uniti d’Africa) con obiettivi strategici di autodeterminazione e di costruzione di un polo geopolitico sovrano come il continente africano, con una sua moneta, un fondo monetario africano, una banca centrale africana; per il suo anticolonialismo.

La strage di Ustica nel 1980 (fallito tentativo di assassinare Mu’ammar Gheddafi) e la distruzione della Libia nel 2011 (con l’assassinio di Mu’ammar Gheddafi) hanno come filo conduttore le strategie statunitensi nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nell’Africa, per i nuovi equilibri mondiali che si intravedevano nella fase pre-multicentrica (implosione dell’ex Urss) e si concretizzano nella fase multicentrica (ascesa di Cina e Russia come potenze mondiali): tutto torna ma in maniera diversa!

Quindi Giuliano Amato crea volutamente confusione quando sostiene che fu la Francia la responsabile della strage di Ustica, ben sapendo che furono gli Usa, via Nato, i mandanti del tentativo di uccidere Mu’ammar Gheddafi che provocò la tragedia di Ustica. La Francia è stata la serva, per i propri interessi soprattutto economici nella Libia a scapito della povera Italia, che ha eseguito l’ordine di abbattere Gheddafi nel 1980 (non riuscendoci) e contribuendo alla sua fine nel 2011. La Nato non coprì il massacro di Ustica con il silenzio, ma è stata la mandante del tentativo di assassinare Mu’ammar Gheddaffi. Quando si dice la Nato si intendono gli Usa!

Allora perché Giuliano Amato attacca la Francia? Non sarà certo perché rappresenta una Italia autorevole e sovrana che difende i suoi interessi nei nuovi equilibri che si andranno a consolidare nella fase multicentrica tra le potenze mondiali, ma sicuramente perché è al servizio dei centri strategici statunitensi che vogliono un forte ridimensionamento della Francia in Europa ed in Africa con la speranza che agli interessi di parte dei sub-decisori italiani venga riconosciuto un ruolo avanzato nella servitù.

Pertanto, in questa logica, avanzo alcune ipotesi da verificare ed approfondire, che riguardano: 1) la messa in discussione del Trattato del Quirinale tra Francia e Italia non più attuabile così come non è più attuabile il Trattato tra la Francia e la Germania sulla cooperazione e integrazione franco-tedesca per promuovere l’unità, l’efficienza e la coesione dell’Europa (sic). L’Europa non esiste più, è la Nato lo strumento di coordinamento europeo degli Usa che usa i luoghi istituzionali europei per realizzare, attraverso la gestione e l’esecuzione degli agenti strategici sub-dominanti, le strategie dei dominanti statunitensi; 2) il ridimensionamento della Francia (ritenuta non più affidabile dagli Usa) nell’Africa, che è diventata un continente importante nel conflitto strategico tra le potenze mondiali della fase multicentrica; 3) le relazioni ambigue di Emmanuel Macron con la Cina e con il Brics; 4) la definitiva chiusura per un ruolo determinante della Francia in Europa-Nato, così come è stato per la Germania. La fine del progetto statunitense dell’Unione Europea con la sostituzione della Nato a coordinamento delle nazioni europee ha comportato la inutilità dei coordinatori europei (la Germania per la sfera economica, la Francia per la sfera militare); 5) il conflitto interno tra i sub-decisori (si pensi a Giuliano Amato e a Mario Draghi due figure inquietanti per lo sviluppo del nostro povero Paese) per una migliore garanzia di servitù ai desiderata degli Stati Uniti sia direttamente sia indirettamente (via Nato). L’ultimo esempio della revoca del Memorandum sulle Vie della Seta tra Cina e Italia è significativo. E’ proprio da stupidi uscire dall’unico grande progetto di respiro mondiale.

E’ di grande attualità la riflessione di Dante Alighieri sull’Italia << Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello! >> (Dante Alighieri, La divina commedia. Purgatorio, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1975, pp. 125-126), così come lo è quella di G.W.F. Hegel << In questo periodo di sventura, quando l’Italia correva incontro alla sua miseria ed era il campo di battaglia delle guerre che i principi stranieri conducevano per impadronirsi dei suoi territori, ed essa forniva i mezzi per le guerre e ne era il prezzo; quando essa affidava la propria difesa all’assassinio, al veleno, al tradimento, o a schiere di gentaglia forestiera sempre costose e rovinose per chi le assoldava, e più spesso anche temibili e pericolose […] quando tedeschi, spagnoli, francesi e svizzeri la mettevano a sacco ed erano i gabinetti stranieri a decidere la sorte della nazione […] >> (Niccolò Macchiavelli, Il Principe, a cura di, Ugo Dotti, Feltrinelli, Milano, 2011, pp.246-247).

Nel ricordare, con Gyorgy Lukacs, che la stupidità e la disonestà si manifestano anzitutto nell’adattamento dei sentimenti e delle idee alla infamia della realtà sociale, concludo questa breve riflessione affermando che l’onta non pesa direttamente su Parigi ma su Washington! Non è Emmanuel Macron che deve chiedere direttamente scusa, nè Joe Biden che deve assumersi la responsabilità dell’assassinio di 81 persone innocenti che si sono trovate nel momento sbagliato al posto sbagliato, ma è Giuliano Amato che invece di chiedere le scuse di Emmanuel Macron dovrebbe ricercare la verità che esige una scelta di campo e una lotta al potere illegale della Nato, cioè, degli Usa. Altro che scuse!

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Dal dilemma strategico al disastro strategico (I^ parte), di Gordon Hahn _ Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli

Dal dilemma strategico al disastro strategico (I^ parte)

 di Gordon Hahn

 

(https://gordonhahn.com/2023/09/12/from-strategic-dilemma-to-strategic-disaster-part-1/

Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli)

Introduzione.

 

I funzionari e gli analisti occidentali sono soliti osservare che “la guerra di Putin contro l’Ucraina” avrebbe danneggiato, piuttosto che rafforzato, la posizione strategica della Russia. Anziché neutralizzare la minaccia della NATO, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin l’avrebbe aumentata, questo il senso del loro ragionamento analitico.

Mettendo da parte l’ovvia contraddizione con la posizione della maggior parte di questi osservatori, secondo cui né la NATO né la sua espansione rappresenterebbero una minaccia per la sicurezza della Russia, è necessario però guardare al rovescio della medaglia di tale ragionamento.

La sicurezza dell’Occidente, dei Paesi NATO, la stessa sicurezza nazionale americana sono state rafforzate dall’espansione della NATO, dal rifiuto di negoziare con Mosca una nuova architettura per la sicurezza del continente europeo nonché dalla guerra ucraina NATO-Russia e dalla sua escalation in corso?

Il fatto è che la relazione russo-occidentale in quanto dilemma di sicurezza è ora virtualmente un gioco a somma zero; quando un attore intraprende delle misure per garantire la propria sicurezza nei confronti di un altro attore, quest’ultimo solitamente risponde con delle misure che finiscono per risultare altrettanto deleterie per il primo attore quanto quelle di quest’ultimo lo sono state per la sua controparte.

Questa situazione si protrae ormai da decenni, a partire dal primo ciclo di espansione della NATO dopo la Guerra Fredda, sebbene la Russia sia stata inizialmente lenta nel rispondere a questa sfida, a causa della sua momentanea debolezza.

 

Nell’episodio più recente di questo dilemma di sicurezza reciproca – la guerra ucraina tra NATO e Russia – anche la posizione di sicurezza dell’Occidente si è indebolita, dato il rafforzamento delle forze armate russe attraverso l’aumento dei suoi numeri, delle sue risorse messe a bilancio, oltre che per l’esperienza acquisita in battaglia e per la generale mobilitazione del complesso militare-industriale russo. Lungi dall’essere “isolata a livello internazionale“, la Russia è stata in grado, insieme alla Cina, di forgiare un nuovo polo di potere nella struttura del sistema delle relazioni internazionali, assestando un colpo forse mortale all’egemonia globale occidentale, in particolare americana. Non è certo che questo rafforzi la sicurezza dell’Occidente e dell’America, soprattutto perché gran parte della formazione di poli alternativi sta assumendo toni sempre più antiamericani rispetto alla creazione di un polo o centro di potere globale alternativo, più o meno neutrale e semplice. Inoltre, il più recente alleato della NATO, membro potenziale e baluardo contro l'”espansionismo russo” – l’Ucraina di Maidan – rischia di essere svuotato quasi del tutto. Diamo uno sguardo al più ampio declino della sicurezza occidentale e poi a quello più locale dell’Ucraina, come prodotto della guerra tra NATO e Russia e dai fattori che l’hanno generata.

La crescente minaccia della NATO.

I funzionari della NATO e della Russia concordano sul fatto che la minaccia della NATO alla Russia è cresciuta. Come ha sottolineato il Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu in un’intervista concessa alla testata Kommersant del 10 agosto, l'”Occidente collettivo” ha ora schierato nelle immediate vicinanze della Russia circa 360.000 truppe, 8.000 pezzi di armatura e 650 aerei ed elicotteri. Shoigu ha sottolineato che dal febbraio 2022 l’Ucraina ha ricevuto centinaia di carri armati, più di 4.000 veicoli corazzati da combattimento, più di 1.100 pezzi di artiglieria da campo e decine di sistemi di artiglieria e missili, per un totale di oltre 160 miliardi di dollari di assistenza militare. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, ha osservato Shoigu, stanno aumentando il raggio d’azione e la brutalità delle armi che forniscono, come i missili britannici Storm Shadow e le munizioni a grappolo statunitensi. Tutto ciò “crea seri rischi di un’ulteriore escalation del conflitto“, secondo Shoigu.

 

Il ministro della Difesa russo ha inoltre definito “un fattore destabilizzante” l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO. L’ingresso della Finlandia, ha osservato, raddoppia quasi il confine terrestre della Russia con la NATO. Sul territorio finlandese, ha aggiunto, ci si può aspettare che “vengano dispiegati ulteriori contingenti militari e armi d’attacco della NATO in grado di distruggere oggetti critici importanti in profondità nelle regioni nord-occidentali della Russia“. Ulteriori rischi sono stati posti dalla “militarizzazione della Polonia” e dalla sua trasformazione nel “principale strumento della politica antirussa degli Stati Uniti“, con l’intenzione di Varsavia di creare l’esercito più potente d’Europa (lo stesso status di cui godeva l’Ucraina prima della guerra, si potrebbe aggiungere).

Shoigu ha anche sottolineato l’intenzione della Polonia di fondersi con l’Ucraina e di “occupare in sostanza” l’Ucraina occidentale, un tema sul quale cui ho già scritto molti mesi fa (Yurii Gavrilov, “Zapad vedet protiv Rossii oposredstvannuyu voinu“, Kommersant, 10 agosto 2023, p. 4).

In un articolo contiguo, Vladislav Shurygin ha sostenuto la necessità di una grande offensiva russa per prevenire l’arrivo degli ATACAM statunitensi e di altri Haimar, che consentirebbero di colpire in massa obiettivi sul territorio russo con 30-50 missili entro settembre e 100 entro novembre (Vladislav Shurygin, “Osen’ stanet reshayushchim spetsoperatsii“, Kommersant, 10 agosto 2023, pag. 4). A tutto ciò si possono aggiungere gli F-16 che sono stati promessi all’Ucraina e la notizia che Kiev, con l’aiuto della NATO, ha acquisito 17.000 droni e 10-20.000 operatori di droni da utilizzare nella sua controffensiva, finora fallita (www.ng.ru/armies/2023-08-01/1_8788_kiev.html). La guerra con i droni è un ulteriore fattore destabilizzante – come lo è l’impiego di massa di qualsiasi nuova tecnologia militare, soprattutto in tempo di guerra – che approfondisce il dilemma della sicurezza per entrambe le parti.

Ciò a cui Shoigu non ha fatto cenno è che la NATO è diventata un attore partecipante a tutti gli effetti alla guerra, fornendo a Kiev addestramento militare, supporto di intelligence, anche per colpire armi e uomini russi, oltre che consulenza e pianificazione tattica e strategica.

La Russia ha risposto e risponderà a questo intensificarsi della minaccia mentre si mobilita per portare a compimento l’esigenza di vittoria nella guerra ucraina tra NATO e Russia, e questo non potrà che portare a un deterioramento della posizione di sicurezza dell’Occidente.

Il declino della sicurezza occidentale a partire da febbraio 2022.

In termini più generali, la forza militare russa è stata quintuplicata: da 200.000 forze armate regolari prima della guerra a circa 1,2 milioni di oggi. Questo dato non include elementi come RosGvardia, Wagner, Ceceni, Ossetiani e altre forze militari irregolari organizzate dallo Stato. Con il quasi raddoppio del confine russo-NATO vista l’adesione di Helsinki alla NATO e l’imminente adesione della Svezia al blocco militare occidentale, è probabile un’ulteriore mobilitazione che potrebbe portare la forza militare russa a oltre 1,5 milioni di effettivi, se non a 2 milioni, con decine di migliaia di truppe da collocarsi al confine con la Finlandia e il potenziamento delle forze della Flotta navale del Mar Baltico.

Questo avviene mentre le forze armate russe stanno acquisendo una preziosa esperienza di combattimento avanzato grazie al sistema integrato di “intelligence, sorveglianza e ricognizione“, mai utilizzato prima. Né gli Stati Uniti né le altre forze della NATO sono in grado di acquisire un’esperienza così vasta come quella oggi in fase di acquisizione da parte della Russia, a causa della mancata adeguatezza e complementarità del personale ucraino rispetto alle potenziali capacità tecnologiche degli armamenti del sistema NATO.

 

Inoltre, la Russia sta aumentando massicciamente le risorse destinate allo sviluppo militare e dell’intelligence. Ad esempio, la Russia ha raddoppiato il suo budget militare per il 2023, portandolo a più di 100 miliardi di dollari – un terzo di tutta la spesa federale (www.reuters.com/world/europe/russia-doubles-2023-defence-spending-plan-war-costs-soar-document-2023-08-04/).

Al contrario, la Russia ha tagliato il suo budget per la difesa nel 2016 (https://www.rbth.com/defence/2016/11/01/russia-slashes-military-spending-as-revenues-shrink_644019#new_tab). Di conseguenza, la ricerca e la produzione nel complesso industriale della difesa si stanno espandendo. Ad esempio, la Lobaev Arms ha raddoppiato la produzione di fucili di precisione nel febbraio 2023 e da aprile l’ha raddoppiata ulteriormente (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/10_1233_armament.html).

Il colonnello dell’esercito americano, Darin Gaub, sostiene che gli Stati Uniti adesso avranno bisogno di 10-15 anni per rilanciare la loro produzione complessiva di armi e raggiungere i livelli necessari per eguagliare la produzione russa (https://vz.ru/news/2023/7/11/1220632.html?utm_campaign=vz&utm_medium=referral&utm_source=push). Basta ricordare l’ammissione del Segretario Generale della NATO, alcuni mesi fa, secondo cui i Paesi della NATO non sono in grado di tenere il passo con l’uso ucraino di proiettili d’artiglieria, che è dieci volte inferiore a quello russo. A questo proposito, le stime previsionali più basse per poter raggiungere una certa parità sono di tre anni, quando l’Ucraina potrebbe non avere più un esercito atto ad utilizzare le armi prodotte. Le stime indicano che “se il Pentagono raggiungesse l’obiettivo dichiarato di produrre 90.000 proiettili al mese entro l’anno fiscale 2025, sarebbe comunque solo la metà dell’attuale livello di produzione della Russia. Altri membri della NATO sono messi ancora peggio” (https://nationalinterest.org/feature/time-and-logistics-are-working-against-ukraine-206740).

 

Inoltre, i combattimenti sul campo stanno migliorando le armi russe attraverso la sperimentazione e l’elaborazione degli errori commessi in un contesto di combattimento reale. Ciò determina l’adattamento e l’innovazione nell’uso delle armi esistenti e favorisce lo sviluppo di nuove tecnologie militari, in particolare nell’ambito dei droni, dei sistemi missilistici a lancio multiplo, dei mortai con mirini intelligenti, dei kalashnikov aggiornati, dell’artiglieria guidata e a lungo raggio nonchè dei nuovi impieghi dei carri armati T-90M Proryv, dei sistemi missilistici tattici-operativi Iskander, di vari sistemi missilistici a lancio multiplo, degli elicotteri Ka-52 e Mi-28, degli aerei Su-35S e Su-57 e dei nuovi droni Kub e Lancet (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/10_1233_armament.html).

 

Più in generale, nel campo della tecnologia militare, dopo il febbraio 2022 è diventato evidente che un’industria russa di chip e semiconduttori avrebbe dovuto essere creata da zero, ponendo fine alla dipendenza dai produttori stranieri. Il governo russo ha cambiato strategia e ha ampliato il sostegno all’industria tagliando le tasse, aumentando i finanziamenti e incrementando i sussidi. Il piano aggiornato mira a reingegnerizzare la tecnologia straniera acquisita sul campo di battaglia, ad avviare la produzione sia in Russia che in Cina e a produrre ogni componente attualmente importato entro il 2024 (www.kommersant.ru/doc/5306920). Una simile sostituzione delle importazioni si sta verificando in tutta l’industria militare e civile russa. Il governo prevede di aumentare il numero dei centri di progettazione russi di oltre il 400%, passando da 70 a 300 entro il 2030, e di spendere 2,7 trilioni di rubli per sviluppare l’industria elettronica (www.kommersant.ru/doc/5355456 e https://warontherocks.com/2022/06/can-russia-rebuild-its-tech-sector-with-chinas-help/).

 

Inoltre, le forze armate russe, migliorate e più potenti rispetto a prima, sono oggi dispiegate in una posizione più avanzata a discapito della sicurezza nazionale dei paesi della NATO. Questo è il risultato in parte della guerra attuale e in parte della risposta alla mobilitazione della NATO e all’incessante espansione della NATO durante la guerra (Finlandia, Svezia e l’intenzione continua di portare l’Ucraina nell’alleanza, come rivelato dalle incessanti dichiarazioni occidentali in tal senso). In termini convenzionali e più ovvi, le forze regolari dispiegate in Ucraina si trovano molto più vicine alla NATO rispetto a quando erano situate entro i confini della Russia prima del 2014. Nell’ottobre 2022, Putin e il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko hanno concordato di formare un gruppo di forze congiunte in risposta alle “provocazioni” della NATO al confine con la Bielorussia, alla formazione da parte dell’Ucraina di unità di sabotaggio composte da fuoriusciti dell’opposizione bielorussa e ai presunti piani ucraini di attacco alla Bielorussia. Rimasto sulla carta fin dai primi anni 2000, il nucleo dell’unità sarà costituito da soldati bielorussi, con truppe russe di rinforzo. Nello stesso mese, 9.000 truppe russe, equipaggiamento e jet da combattimento MIG-31 hanno iniziato a dispiegarsi in Bielorussia il 15 ottobre (https://carnegieendowment.org/politika/88249). Inoltre, circa 20-30.000 truppe russe sono state dispiegate in Bielorussia. Inoltre, circa 10.000 famigerati combattenti della PMC Wagner sono stati trasferiti in Bielorussia dopo la fallita rivolta del loro capo Yevgenii Prigozhin di giugno scorso. In questo modo, è soprattutto la matrice di sicurezza della Polonia, membro NATO antagonista della Russia, ad aver subito il deterioramento più sostanziale.

Anche i membri della NATO Lituania e Lettonia, che hanno confini consistenti con la Bielorussia, si trovano adesso in una posizione molto meno sicura. In termini di potenza aerea, nell’agosto 2022 Mosca ha schierato tre intercettori pesanti MiG-31 nella regione russa di Kaliningrad, un’exclave a ovest della Lituania, nell’ambito di quella che il Ministero della Difesa russo ha definito una parte della “deterrenza strategica aggiuntiva“.

 

Le conquiste territoriali della Russia nell’Ucraina meridionale aprono la possibilità di creare un ponte terrestre verso la regione separatista moldava della Transnistria, popolata da russi, ucraini e la regione della Gagauzia, abitata da un’etnia turca filo-moscovita. Sullo sfondo della guerra e delle opinioni contrastanti al riguardo, crescono le tensioni tra la Transnistria, dominata dai russi, e la regione autonoma Gagauzia, da un lato, e la Moldavia, dall’altro. L’Occidente ha risposto sollecitando Kishinev a rendersi più compatibile con l’UE e la NATO, introducendo programmi per raggiungere tali obiettivi e polarizzando ulteriormente una dinamica politica interna già esplosiva. L’Ucraina ha inoltre esacerbato le tensioni tentando di istituire un blocco contro la Transnistria e compiendo un attacco a un deposito militare dell’esercito russo in Moldavia. Occasionalmente sono state riportate notizie di forze ucraine che si sono accumulate vicino al confine tra Transnistria e Ucraina con l’obiettivo di entrare nella repubblica separatista per impadronirsi dei depositi di armi russe. Inoltre, il movimento per unire la Moldavia alla Romania si è rianimato, aggravando ulteriormente l’angoscia russa e gaguziana.

 

In termini di armamenti nucleari, l’equilibrio e il controllo nucleare generale stanno crollando, il che potrebbe provocare escalation da entrambe le parti. In effetti, l’attuale guerra NATO-Russia in Ucraina è il prodotto non solo dell’espansione della NATO, ma anche dello squilibrio nucleare facilitato dall’espansione di Mosca. Nel 2014, dopo il putsch di Maidan che è la causa principale della guerra ucraina, l’amministrazione Obama ha approvato il dispiegamento, presso Paesi membri della NATO quali Romania e Polonia, di missili anti-balistici statunitensi a raggio intermedio in grado di essere convertiti in armi offensive e di colpire Mosca in 5-7 minuti. I missili di difesa aerea e anti-balistici “Aegis Ashore” possono essere equipaggiati sia con esplosivi convenzionali o nucleari offensivi sia con missili di difesa anti-missile. Così, nel luglio 2020 il comandante del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, l’ammiraglio Philip Davidson, ha dichiarato di essere favorevole al finanziamento per la costruzione di un sistema Aegis Ashore a Guam entro il 2026, sia per difendere le strutture militari statunitensi esistenti a Guam, sia per fornire una “capacità di attacco di precisione a lungo raggio nella Prima Catena Insulare controllata dalla Cina” (https://breakingdefense.com/2020/07/indopacom-wants-billions-to-build-as-pentagon-plans-cuts-to-overseas-presence/). Un sito Aegis Ashore è diventato operativo a Deveselu, in Romania, nel 2016, e un sito polacco a Redzikowo lo è stato mesi dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022 (www.mda.mil/system/aegis_bmd.html).

 

Questi dispiegamenti hanno creato una minaccia esistenziale per la sicurezza della Russia sul suo stesso confine e quindi una minaccia non dissimile da quella rappresentata quando gli Stati Uniti piazzarono missili nucleari in Turchia per colpire l’URSS o quando, in risposta, l’URSS piazzò missili nucleari a Cuba. Questa pericolosa dinamica nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia e tra NATO e Russia è un’altra causa della guerra attuale. La questione dell’INF e dei missili a corto raggio era un punto chiave (articolo 6) delle proposte di Putin del dicembre 2021 sulle proposte di colloqui per la sicurezza da lui formulate in quella fase (https://mid.ru/ru/foreign_policy/rso/nato/1790818/?lang=en). La configurazione di questa minaccia destabilizzante per Mosca sarebbe stata impossibile senza l’espansione della NATO. La prospettiva di un’espansione della NATO verso l’Ucraina ha aperto la possibilità di un dispiegamento di questi missili in Ucraina, ed è proprio per questo che i russi si sono ripetutamente opposti all’espansione della NATO, soprattutto verso l’Ucraina, nel corso degli anni e hanno proposto una nuova architettura di sicurezza europea alla NATO e a Washington sia nel 2008 che nel dicembre 2021, in un tentativo di diplomazia coercitiva alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio 2022. Questa minaccia rimane sullo sfondo dell’attuale guerra, giorni prima della quale il Presidente ucraino Volodomyr Zelenskiy ha minacciato di abrogare l’adesione dell’Ucraina al Memorandum di Budapest, che ha denuclearizzato le forze armate ucraine nel 1994.

 

La guerra minaccia anche di porre fine agli accordi sulla limitazione degli armamenti nucleari strategici tra le due maggiori potenze nucleari del mondo. Il New START scadrà nel febbraio 2026 e non potrà essere prorogato. Nel giugno 2021, Biden e Putin hanno avviato tra i loro due Paesi un “dialogo di stabilità strategica” per gettare le basi di ulteriori colloqui e di un nuovo accordo START (www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/06/16/u-s-russia-presidential-joint-statement-on-strategic-stability/). Ma dopo tre incontri, le già citate telefonate Putin-Biden e l’inizio dell’intensificazione delle operazioni belliche in Ucraina, il dialogo si è concluso e il New START ha iniziato la sua marcia verso l’estinzione. Nell’agosto del 2022, la Russia ha rifiutato un’ispezione degli Stati Uniti in una delle sue basi, come previsto dal trattato, e cinque mesi dopo il Dipartimento di Stato americano ha notificato al Congresso di non poter più valutare il comportamento della Russia come conforme ai dettati del trattato (www.state.gov/wp-content/uploads/2023/01/2022-New-START-Implementation-Report.pdf). Un anno dopo l’invasione dell’Ucraina, Mosca ha sospeso la sua partecipazione al New START, dichiarando che non avrebbe più fornito a Washington informazioni sulle sue forze nucleari. Allo stesso tempo, ha annunciato che la Russia avrebbe messo in funzione nuovi sistemi nucleari strategici e accelerato il dispiegamento dei suoi missili nucleari Sarmat, ha lanciato missili ipersonici e nuovi sottomarini nucleari e ha avvertito che potrebbe riprendere i test nucleari (https://news.yahoo.com/hard-times-now-ahead-us-194210721.html?fr=sycsrp_c).

Il Sarmat è un missile di 35 metri con una gittata di 18.000 km e può trasportare almeno 10 veicoli di rientro a bersaglio multiplo, ognuno dei quali ha una testata nucleare e attacca un bersaglio diverso. Può anche trasportare veicoli ipersonici Avangard. La Russia ha inoltre avviato la produzione di massa dei sistemi ipersonici Kinzhal su base aerea e dei missili ipersonici Zircon su base marittima (www.reuters.com/world/europe/putin-russia-pay-increased-attention-boosting-nuclear-forces-2023-02-22/).

 

Prima dell’arrivo a Kaliningrad, i MiG-31 di cui sopra sono stati adattati per il lancio di missili ipersonici Kh-47M2 Kinzhal, un tipo di missili balistici a corto raggio che, secondo quanto riferito, sono stati sviluppati a partire dal 9K720 Iskander, molto utilizzati in Ucraina. Il Kinzhal ha una velocità massima di Mach 10 o 12 – 10 o 12 volte la velocità del suono, può trasportare fino a 500 chilogrammi (1.100 libbre) di carico utile e consegnare testate convenzionali o nucleari. Il MiG-31 può lanciare il Kinzhal da una distanza massima di 2.000 chilometri e, a quanto pare, può anche lanciare piccoli carichi utili nell’orbita terrestre bassa, il che lo rende uno dei pochi jet da combattimento antisatellite esistenti (www.aerotime. aero/articles/31954-russia-deploys-hypersonic-armed-mig-31s-to-kaliningrad#:~:text=Three%20MiG-31%20heavy%20interceptors%2C%20adapted%20for%20carrying%20Kh-47M2,and%20will%20be%20placed%20on%20round-the-clock%20combat%20duty). Nel marzo 2023, la Russia ha annunciato il dispiegamento di armi tattiche a corto raggio in Bielorussia, a luglio il dispiegamento era iniziato e continua a tutt’oggi mentre leggete quest’articolo (www.defensenews.com/news/your-military/2023/08/22/poland-says-russias-moving-tactical-nuclear-weapons-to-belarus/).

 

Ma le tensioni strategiche e le nuove vulnerabilità dell’Occidente sono meglio rappresentate dal fatto che la Russia, la Cina, l’Iran e la Corea del Nord stanno già avviando apertamente una cooperazione militare e si armano a vicenda, per rafforzare le loro capacità individuali e forse collettive di sfidare gli interessi occidentali. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è diventata il nucleo di questa cooperazione tra gli “Stati canaglia“, mentre la guerra in Ucraina e le maldestre provocazioni dell’amministrazione Biden intorno a Taiwan ne hanno favorito lo sviluppo.

 

In termini di equilibrio economico tra le due parti, l’Occidente e la Russia, nonostante le aspettative occidentali di un collasso dell’economia e del sistema finanziario russo, le perdite economiche in Russia sono state limitate e gestibili, mentre le conseguenze delle sanzioni e delle contro-sanzioni russe hanno portato molte economie occidentali verso la recessione. L’Occidente si è dato la zappa sui piedi rifiutando le importazioni di petrolio e gas e distruggendo i gasdotti North Stream, privando le proprie economie di un significativo potenziale di crescita. Le sanzioni occidentali hanno avuto un effetto particolarmente negativo sul commercio degli Stati che dipendono dalla Russia. Così, la Germania, membro della NATO e Paese leader europeo, è caduta in recessione; la Russia no. Ma la situazione economia attuale è solo una parte di una più ampia dinamica commerciale e finanziaria internazionale delineatasi in risposta alla guerra e che non lascia presagire nulla di buono per l’Occidente. Infatti, le ripercussioni globali della guerra stanno riconfigurando il sistema politico, economico e finanziario a livello mondiale.

 

Il riallineamento globale sino-russo.

 

A livello globale, i rapporti di forza si sta modificando e, come ho scritto più volte, non a favore dell’Occidente.

Questo è il risultato dell’espansione della NATO, ma soprattutto della conseguente guerra NATO-Russia in Ucraina, delle relative sanzioni occidentali e delle minacce di sanzioni secondarie, nonché della lunga e sfortunata storia di egemonia e sfruttamento politico, economico e finanziario messo in atto dall’Occidente.

Il risultato più dannoso della guerra ucraina tra NATO e Russia per gli interessi occidentali è la solidificazione della “quasi alleanza” sino-russa e il rafforzamento degli sforzi per costruire un sistema globale alternativo a quello dominato dall’Occidente.

Ciò è stato sottolineato dal viaggio del presidente della RPC Jinping Xi a Mosca in primavera. Alla vigilia del vertice, Putin ha descritto la vicina alleanza o “partnership strategica” in un articolo diffuso su tutti i giornali cinesi. Tra le altre cose, il presidente russo ha osservato che: “Le relazioni Russia-Cina hanno raggiunto il livello più alto della loro storia e stanno acquistando ancora più forza; superano per qualità le alleanze politico-militari dell’epoca della Guerra Fredda” (http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/70743). Il vertice di Mosca ha portato a un’integrazione militare, politica ed economica ancora maggiore tra i due Paesi, ma la conseguenza diplomatica più importante è stato il sostegno di fatto della Cina alla resistenza della Russia all’espansione della NATO in Ucraina, sottolineato dalla condanna di Xi e di altri funzionari cinesi dell’espansione della NATO e della indicazione di tale espansione quale vera causa scatenante della guerra. Inoltre, sono stati firmati tra i due leader decine di documenti su tutte le forme di cooperazione in risposta alle sanzioni occidentali sulla Russia e alla minaccia di sanzioni secondarie su Pechino.

 

In effetti, le sanzioni occidentali hanno spinto il complesso militare-industriale russo a vendere nuove tecnologie all’Esercito Popolare di Liberazione e la fiducia di Mosca nella tecnologia cinese in rapido sviluppo ha accelerato il nascente sviluppo tecnologico congiunto e la realizzazione di comuni progetti con applicazioni militari. Ad esempio, Russia e Cina hanno successivamente avviato un progetto congiunto per la progettazione di una nuova generazione di sottomarini non nucleari, più economici da produrre e con vantaggi in termini di accesso alle acque poco profonde vicino alle coste (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/7_1233_submarine.html). Inoltre, la Cina ha inviato uniformi, altre forniture di base e forse munizioni e attrezzature per le comunicazioni. Lo sviluppo tecnologico di droni più avanzati è probabilmente alle porte.

 

La guerra ha anche rinvigorito il progetto sino-russa volto a costruire una comunità globale alternativa finalizzata a contrastare l’egemonia occidentale in tutti gli ambiti. Mentre le sanzioni occidentali hanno avuto un impatto limitato sulla Russia e hanno danneggiato le economie occidentali, la pressione dell’Occidente su altri Stati affinché aderissero al suo regime sanzionatorio ha ulteriormente energizzato la ricerca di un ordine alternativo da parte del Sud del mondo, che ha sposato gli sforzi simultanei di Russia e Cina per costruire una rete di blocchi internazionali anti-occidentali nel campo del commercio, della finanza, dei trasporti e persino semi-militari. In particolare, le due potenze hanno intensificato gli sforzi per costruire strutture globali alternative non occidentali, se non addirittura anti-occidentali, per aggirare il mondo americano. L’espansione dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la costruzione della rete cinese di trasporti e infrastrutture “One Belt One Road” (OBOR) e la de-dollarizzazione sono i meccanismi principali per raggiungere questo obiettivo, e tutti hanno subito un’accelerazione dall’inizio della guerra tra NATO e Russia in Ucraina.

 

L’espansione dei BRICS sta diventando l’elemento centrale di questa strategia di rete. Il suo vantaggio è la portata globale, mentre il progetto della nuova Via della Seta è limitato alla Grande Eurasia. Ventitré Paesi hanno espresso il desiderio di aderire ai BRICS e le prime sei richieste di adesione sono già state approvate al vertice di Johannesburg del mese scorso, che ha previsto l’operatività della loro adesione a partire dal 2024: Egitto, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Argentina ed Etiopia.

Inoltre, i BRICS hanno deciso di espandere la loro alternativa alla Banca Mondiale, la BRICS Bank (finanziatrice di 33 miliardi di dollari per 96 progetti infrastrutturali in tutto il mondo a partire da maggio 2023), coinvolgendo Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bangladesh e Uruguay. La cooptazione dell’Egitto e dell’Arabia Saudita, tradizionalmente alleati dell’Occidente, è un grande colpo per i BRICS, per la Cina e per la Russia e avvicina la potenza petrolifera saudita e l’OPEC all’Oriente.

In termini di de-dollarizzazione, dall’inizio della guerra Russia, Cina e India hanno interrotto o ridotto l’uso del dollaro negli scambi commerciali con numerosi Paesi, compresi gli acquisti di petrolio dell’Arabia Saudita, e tra di loro.

 

La globalizzazione della politica di sicurezza nazionale della Russia va oltre la crescente securizzazione della Shanghai Cooperation Oorganization (SCO). Questa accelerazione avverrà con la guerra ucraina tra NATO e Russia e con l’espansione dei BRICS, che a loro volta dovrebbero aumentare il numero di Paesi che cercano di aderire alla SCO. Sempre in Asia, le decisioni della NATO di formare l’AUKUS e di aprire un ufficio NATO in Giappone hanno spinto Mosca a rafforzare la cooperazione strategica con la Corea del Nord, che ha ricambiato le attenzioni. Si sospetta che Mosca abbia venduto a Pyongyang la tecnologia o un vero e proprio missile balistico intercontinentale Topol-M, vista l’improvvisa produzione del missile intercontinentale Hwasong-18, in grado di colpire gli Stati Uniti continentali (https://beyondparallel.csis.org/the-transfer-of-a-russian-icbm-to-north-korea/).

Ad agosto scorso, l’amministrazione Biden ha imposto sanzioni a tre società accusate di essere legate ad accordi di armi tra la Corea del Nord e la Russia e ha affermato che il presunto imminente viaggio di Kim Jong Il a Mosca includerà discussioni sulla vendita di armi a Mosca (www.theguardian.com/world/2023/sep/06/north-korea-will-pay-a-price-if-it-supplies-arms-to-russia-says-us). Al momento in cui scriviamo, Kim si trovava a Vladivostok per incontrare Putin.

 

La Russia si sta spingendo anche nell’emisfero occidentale americano, complicando ulteriormente la posizione geostrategica dell’America. Nel febbraio 2022 il vice primo ministro russo Yuri Borisov ha firmato un patto per aumentare la cooperazione militare con il Venezuela. Mosca ha quindi inviato in Venezuela attrezzature militari, truppe e mercenari e ha fornito assistenza tecnica. La Russia ha anche sostenuto le forze venezuelane inviate nello Stato di Apure, al confine con la Colombia. Mosca ha recentemente annunciato che una squadra di cecchini russi, insieme a squadre provenienti da Cina, Iran e altri sette Paesi, avrebbe partecipato a una competizione militare di cecchini in Venezuela (https://www.csis.org/analysis/russia-western-hemisphere-assessing-putins-malign-influence-latin-america-and-caribbean e https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,&nbsp; p. 1).

 

Nel giugno 2022 il Nicaragua ha rilasciato una nuova autorizzazione all’ingresso nel Paese di un numero limitato di truppe ed equipaggiamenti russi per missioni di addestramento e altre forme di supporto (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,&nbsp; p. 1). L’autorizzazione ha ampliato una precedente autorizzazione e ha permesso a 180-230 truppe russe, nonché ad aerei, navi e armi russe di operare sul suolo nicaraguense da luglio a dicembre 2022 e di fornire supporto per la lotta al narcotraffico, le comunicazioni militari, l’addestramento e altre misure militari (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,&nbsp; pp. 2-3).

 

La Russia ha fatto progressi diplomatici anche in America Latina, tra Paesi tipicamente non ben disposti nei confronti della Russia come Cuba, Nicaragua, Ecuador e Venezuela. A prescindere dall’appartenenza del Brasile ai BRICS e dall’astensione dei BRICS da qualsiasi critica alle azioni russe in Ucraina, i governi del Brasile e dell’Argentina hanno dato sostegno politico a Putin e hanno visitato Mosca mentre le truppe russe si preparavano a invadere l’Ucraina nell’inverno 2021-2022, nel caso in cui le proposte di Putin all’Occidente avessero avuto una risposta insoddisfacente, come alla fine è stato. Il presidente argentino Alberto Fernandez ha offerto il suo governo come “porta” per l’ingresso della Russia in America Latina. Il messicano Andres Manuel Lopez Obrador (AMLO) ha definito “immorale” l’assistenza militare della NATO all’Ucraina nella guerra con la Russia (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,&nbsp; pp. 4-5). L’avanzata della Russia nella regione è forse meglio rappresentata dal fatto che, come osserva un osservatore, “praticamente nessun governo della regione ha fornito sostegno militare agli ucraini che resistono all’invasione russa del loro Paese” (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,&nbsp; p. 5). Sembra che la Russia sia più popolare tra i governi latinoamericani di quanto non lo siano gli Stati Uniti, e questa sconfitta strategica è stata consolidata dalla competizione diplomatica e militare russa con Washington, intensificatasi dall’inizio della guerra ucraina tra NATO e Russia.

 

Questa sconfitta strategica potrebbe adesso persistere, approfondirsi e si sta espandendo anche oltre l’America Latina.

Quasi tutti i paesi dell’America Latina sono in crisi, mentre la maggior parte di loro si sposteranno verso la posizione di “dissenso” moderato assunta da Brasile e Argentina ovvero assumeranno una posizione di dissenso radicale detenuta da paesi come Venezuela, Nicaragua e Cuba, la Russia (e la Cina) saranno ancora più vicine ad essere in grado di utilizzare i paesi della regione per scopi di escalation asimmetrica mentre la NATO e i suoi alleati promuovono escalation dentro e intorno all’Ucraina (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,&nbsp; pag. 7).

 

Un simile scenario sembra delinearsi in Africa e in Asia, con numerosi Paesi che cercano cooperazione sia con la Russia che con la Cina, nonostante le tensioni di quest’ultime con l’Occidente, che chiede l’attuazione di sanzioni draconiane. Tra i più potenti Stati del Terzo mondo il sostegno alla Russia e ancor più alla Cina, è diventato ben chiaro alla riunione del G-20 di settembre, dove alcun tipo di critica alle azioni della Russia in Ucraina è stata più inserita nella risoluzione finale della riunione, nonostante la richiesta degli stati occidentali del G-20 di includere una condanna nel documento (https://news.yahoo.com/g20-consensus-declaration-calls-peace-144325325.html?fr=sycsrp_catchall).

Le battute d’arresto strategiche sono visibili in termini di sicurezza energetica dell’Occidente. Come già notato, Mosca e Pechino sono riuscite a trascinare il gigante petrolifero Arabia Saudita lontano dall’Occidente e nell’orbita ‘orientale’. La Russia e l’amichevole Algeria controllano i prezzi del gas naturale. La Russia ha sottratto l’Arabia Saudita e l’OPEC al sistema commerciale occidentale. Ciò consente a Mosca di manipolare e far salire i prezzi dell’energia e l’inflazione in Occidente, accentuandone difficoltà economiche, crisi e declino. Allo stesso tempo, l’Occidente è gravato da contro-sanzioni russe, dall’aumento dei prezzi del petrolio e del gas naturale e dal sostegno fornito all’economia, allo stato, alla società ed all’esercito dell’Ucraina, mentre questa è impegnata una terribile guerra di logoramento.

Inoltre, il principale alleato della NATO contro la Russia sta attraversando un periodo di difficoltà che si avvicina alla grande rovina della seconda metà del XVII secolo, durante la quale i cosacchi soffrirono il controllo polacco e russo e la guerra civile.

IN APPENDICE

Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale

Il discorso di Vladimir Putin alla sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
12 settembre 2023
11:45
Isola Russkij, Territorio di Primorye
Prima della sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
13 di 28
Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.

Alla sessione plenaria ha partecipato anche il Vicepresidente della Repubblica Democratica Popolare del Laos Pany Yathotou.

Il moderatore della discussione è Ilya Doronov, amministratore delegato del canale televisivo RBC.

* * *

Ilya Doronov: Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera a tutti.

È bello che quest’anno ci sia più gente al nostro forum rispetto all’anno scorso. Credo che l’anno scorso in questa sala ci fosse più spazio tra le sedie. Oggi siamo seduti più vicini.

Benvenuti all’8° Forum economico orientale. Avevo previsto di iniziare in modo diverso, ma le notizie in arrivo hanno cambiato i miei piani. Come avrete letto, un volo Sochi-Omsk ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza in un campo nella regione di Novosibirsk. A bordo c’erano 159 persone, nessuna delle quali è rimasta ferita. Ho letto che solo una persona ha avuto un problema di pressione sanguigna. Applaudiamo i piloti.

(Applausi.)

C’è un altro problema con gli aerei, ma possiamo parlarne più tardi.

Quindi, questo forum e questa sessione non sono standard. Perché? Il motivo è che è stato annunciato esattamente 10 anni fa che l’Estremo Oriente e l’Artico sono una priorità per noi. Yury Trutnev è stato nominato inviato plenipotenziario presidenziale nel Distretto federale dell’Estremo Oriente 10 anni fa e il Presidente ha dichiarato nel suo discorso all’Assemblea federale che l’Estremo Oriente è stato dichiarato una priorità.

Do quindi la parola al Presidente della Russia e gli chiedo di raccontarci, come si usa dire, cosa è stato fatto in questi due quinquenni.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Buon pomeriggio, amici, signora Yathotou,

Sono lieto di dare il benvenuto al nostro ospite e chiedo anche ai partecipanti di farlo.

Il nostro moderatore ha salutato il pubblico dicendo “buon pomeriggio, buongiorno, buonasera” – e in effetti, quando si arriva in Estremo Oriente, qui tutto diventa confuso e disorientante. Ma una cosa è chiara: l’Estremo Oriente è la priorità strategica della Russia per tutto il XXI secolo, e noi la rispetteremo.

Vorrei dare il benvenuto ai partecipanti e agli ospiti dell’8° Forum economico orientale, che tradizionalmente riunisce leader economici, esperti e alti funzionari del nostro Paese e di decine di altri Stati di tutto il mondo per discutere di aree promettenti e strategiche per lo sviluppo dell’Estremo Oriente russo, dell’Artico e dell’intera regione Asia-Pacifico. Nelle mie osservazioni di oggi, in un modo o nell’altro, citerò anche altre regioni russe, perché fanno parte di un unico complesso economico nazionale. Siamo qui riuniti per valutare le principali tendenze che determinano l’ulteriore sviluppo delle relazioni commerciali internazionali.

Siamo tutti consapevoli dei cambiamenti che l’economia globale ha sperimentato negli ultimi anni e continua a sperimentare ora, anche a causa di alcuni Paesi, in primo luogo quelli occidentali, ovviamente, che stanno distruggendo il sistema di relazioni finanziarie, commerciali ed economiche che avevano costruito con grande impegno.

È molto importante che in queste condizioni il mondo veda espandersi lo spazio per un’effettiva cooperazione commerciale tra Stati che non cedono alle pressioni esterne ma perseguono i propri interessi nazionali, con un numero crescente di Stati di questo tipo in diverse regioni del mondo.

Nelle loro attività e politiche, essi danno priorità agli sforzi per promuovere i propri progetti nei settori dei trasporti, dell’energia, dell’industria, della finanza e della sfera umanitaria, che portano benefici diretti a lungo termine alle loro nazioni, invece di essere guidati da questioni politiche correnti.

In sostanza, stiamo assistendo a un nuovo modello emergente di relazioni e di integrazione – e non per i modelli occidentali, per le élite, per il “miliardo d’oro” prescelto, ma per l’intera umanità e per l’intero mondo multipolare esistente e in via di sviluppo. Questo modello offre l’energia creativa, l’apertura e la concentrazione su un risultato specifico come un potente vantaggio competitivo della regione Asia-Pacifico, un fattore chiave che determina e sono sicuro determinerà per lungo tempo la sua leadership globale nella crescita economica.

In particolare, l’anno scorso il commercio della Russia con i Paesi dell’Asia-Pacifico è aumentato del 13,7% e nei primi sei mesi di quest’anno è aumentato di un altro 18,3%. L’anno scorso era aumentato del 13,7% e quest’anno è aumentato del 18,3% solo nei primi sei mesi.

Mi aspetto che il nostro commercio con i Paesi dell’APR e le relazioni economiche in generale si espandano ulteriormente, perché la Russia, il nostro Estremo Oriente, è aperta a rafforzare i legami commerciali e di cooperazione, e il potenziale di tale cooperazione non può essere sopravvalutato.

Il distretto federale dell’Estremo Oriente rappresenta il 40% del territorio russo. Qui si trova quasi la metà delle nostre foreste e delle riserve aurifere, più del 70% del pesce e dei diamanti e più del 30% del titanio, del rame e così via. Qui si trovano imprese strategiche di importanza cruciale, porti marittimi e ferrovie. In breve, il ruolo dell’Estremo Oriente per il nostro Paese e per il suo futuro, per la posizione della Russia in un mondo multipolare, è immenso. Ne siamo ben consapevoli. Per questo vorrei ripetere ciò che ho detto nel mio discorso all’Assemblea federale dieci anni fa, nel dicembre 2013, e ciò che ho detto all’inizio: lo sviluppo avanzato dell’Estremo Oriente è la nostra priorità assoluta per tutto il XXI secolo, la nostra responsabilità condivisa e il lavoro del Governo, delle regioni e delle principali aziende russe, sia statali che private.

Per organizzare questo lavoro, negli ultimi anni è stato creato un quadro normativo e giuridico serio e sono stati definiti approcci moderni allo sviluppo economico e sociale dell’Estremo Oriente e dell’Artico, che è un’altra priorità strategica.

Quali sono i risultati? Il moderatore ha chiesto quali risultati siamo riusciti a ottenere lavorando insieme in questa regione negli ultimi dieci anni. Il primo riguarda l’economia. Abbiamo creato speciali preferenze fiscali, amministrative e doganali in Estremo Oriente per promuovere lo sviluppo di siti industriali e di impianti di produzione ad alta tecnologia e per creare nuovi posti di lavoro, e ci siamo occupati della costruzione di infrastrutture e di portare servizi ai siti industriali. Questo sostegno alle imprese viene fornito nelle aree di sviluppo prioritario e nel porto franco di Vladivostok, sebbene siano stati aggiunti anche altri territori.

L’anno scorso è stato lanciato uno speciale regime preferenziale sulle Isole Curili, a condizioni ancora più favorevoli rispetto alle aree di sviluppo prioritario: la durata dei benefici è più lunga, gli sgravi fiscali sono maggiori, e così via. Non entrerò nei dettagli ora, per non perdere tempo.

Grazie al sostegno del Governo ai progetti dell’Estremo Oriente, sono stati firmati accordi di investimento per oltre 7.700 miliardi di rubli, di cui 3.400 miliardi già investiti. Sono stati creati 125.000 posti di lavoro e sono diventate operative circa 700 nuove imprese. Tra questi, progetti di riferimento come uno dei più grandi impianti di lavorazione del gas al mondo e un complesso chimico per il gas nella regione dell’Amur, l’impianto di fertilizzazione minerale di Nakhodka e il complesso navale Zvezda per la costruzione di navi di grande capacità, che si trova proprio qui accanto. Si stanno sviluppando giacimenti di rame e altri minerali, tra cui Udokan, Baimskoye e Malmyzhskoye.

Importanti progetti sono stati avviati anche nel settore agroalimentare. Tra questi, le aziende agricole in serra nella Regione di Sakhalin e nel Territorio di Primorye, la lavorazione del pesce in Kamchatka e Magadan, la produzione di carne suina nel bacino del fiume Amur e l’aumento della produzione di soia nella Regione di Amur. Tutte queste aree sono promettenti sia per l’approvvigionamento del mercato interno che per l’esportazione.

In generale, la dinamica degli investimenti in Estremo Oriente, e vorrei sottolinearlo, è tre volte più veloce di quella della Russia nel suo complesso. Mentre dal 2014 al 2022 la crescita degli investimenti in capitale fisso in tutto il Paese è stata del 13%, in Estremo Oriente è stata del 39%.

Ciò si riflette anche sulla produzione. I tassi di crescita industriale in Estremo Oriente superano anche la media russa.

Secondo i risultati degli ultimi cinque anni, la maggior parte delle nostre regioni orientali – le regioni di Magadan e Amur, il Territorio Trans-Baikal, la Regione Autonoma Ebraica, il bacino del fiume Amur, la Chukotka e la Kamchatka – sono tra le prime 20 entità costitutive della Federazione Russa in termini di tassi di crescita del prodotto regionale lordo, e la Regione di Magadan è in cima a questa classifica.

Ecco alcune cifre che parlano da sole. In 10 anni, il fatturato dei porti marittimi dell’Estremo Oriente è aumentato di 1,6 volte, la messa in funzione delle abitazioni di 1,3 volte, il consumo di elettricità di 1,2 volte, la produzione annuale di oro nell’est del Paese è aumentata di 1,6 volte e quella di carbone di 2,8 volte. Capite bene di cosa stiamo parlando: non si tratta dell’aumento percentuale della crescita, tutto sta crescendo in modo esponenziale.

Vorrei sottolineare che la percentuale media di risorse esplorate nel sottosuolo dell’Estremo Oriente è ora del 35%. Capite bene che solo il 35% del sottosuolo è stato esplorato. Cosa significa questo? Che le industrie minerarie hanno tutte le possibilità di crescere a dismisura, anche per quanto riguarda le materie prime strategiche che scarseggiano e che saranno richieste dall’economia del futuro.

Tutto ciò non è solo una garanzia della sovranità delle risorse del Paese, ma anche una base per la produzione di nuovi materiali, microelettronica e fonti energetiche promettenti, per la promozione di tecnologie e sviluppi scientifici nazionali a tutela dell’ambiente e della natura, per la creazione di buoni posti di lavoro e per lo sfruttamento dei vantaggi competitivi naturali dell’Estremo Oriente e di tutta la Russia a un nuovo livello.

Al fine di aumentare la portata dell’esplorazione geologica, abbiamo lanciato una strategia frontale, chiamata così in modo splendido: Geologia. La rinascita di una leggenda. Chiedo al Governo di inserirvi una sezione separata, dedicata allo studio del sottosuolo dell’Estremo Oriente e di iniziare a preparare una sezione simile per la Siberia.

Le prospettive per l’Estremo Oriente e l’Artico sono legate non solo allo sviluppo dei giacimenti minerari, che, senza dubbio, godono di un’elevata domanda sia nell’industria nazionale che a livello internazionale.

Per ribadire che la potente base di materie prime per lo sviluppo economico che stiamo creando ci permette di andare avanti, di aumentare la profondità della lavorazione delle risorse, come dicono gli esperti, di aumentare il valore aggiunto nelle imprese nazionali, anche e soprattutto, ovviamente, in Estremo Oriente. Questa è la cosa più importante.

Per poterlo fare, dobbiamo migliorare costantemente le condizioni per fare affari nella macroregione, mantenerle a un livello competitivo a livello globale e fornire finanziamenti a lungo termine e a basso costo per i progetti di investimento, accessibili sia alle piccole e medie imprese che alle grandi aziende di produzione in tutte le aree e settori, territori e distretti.

Come forse saprete, abbiamo lanciato una piattaforma federale per gli investimenti nei cluster. Questo meccanismo è destinato a finanziare grandi progetti di importanza sistemica, principalmente per la produzione di materiali, componenti e prodotti finiti nell’industria manifatturiera.

Quest’anno, nell’ambito di questa piattaforma di investimento, dovrebbero essere finanziati progetti per la produzione prioritaria del valore di almeno 2.000 miliardi di rubli. Vorrei che il Governo utilizzasse questo strumento per espandere l’economia dell’Estremo Oriente, in modo da creare qui impianti di produzione più sofisticati con posti di lavoro moderni e ben retribuiti. È necessario promuovere progetti che richiedono grandi investimenti multimiliardari che, a loro volta, diventano punti di attrazione per i settori collegati, l’industria delle costruzioni, le società di servizi e i produttori di attrezzature, ma anche per le piccole imprese.

Vorrei anche sottolineare che la petrolchimica e la conversione del gas naturale, la metallurgia, la costruzione di macchine e altri settori dell’industria manifatturiera sono tutte industrie ad alta intensità energetica. Tuttavia, è bene ricordarlo, la maggior parte delle regioni dell’Estremo Oriente, che, come ho detto prima, stanno costruendo abitazioni, aprendo nuovi impianti di produzione e siti industriali, devono ancora far fronte alla carenza di energia e questo, ovviamente, è un problema.

La portata dei progetti che stiamo realizzando in Estremo Oriente richiede un aggiornamento altrettanto radicale del sistema energetico dell’Estremo Oriente. Allo stesso tempo, esistono opportunità davvero uniche per lo sviluppo di energia idroelettrica, nucleare e rinnovabile rispettosa dell’ambiente.

Chiedo al Governo, insieme alle nostre principali compagnie energetiche e alla comunità imprenditoriale, di preparare un programma per lo sviluppo delle capacità energetiche in Estremo Oriente. Il programma dovrebbe coprire un periodo a lungo termine, fino al 2050, per espandere al massimo le capacità economiche dei nostri territori dell’Estremo Oriente. Chiedo inoltre al Governo di sviluppare meccanismi di finanziamento dei progetti per questo programma strategico.

I piani prevedono il collegamento dei gasdotti Sila Sibiri (Potenza della Siberia) e Sakhalin-Khabarovsk-Vladivostok e la loro inclusione nel sistema integrato di approvvigionamento di gas del Paese. Questo risolverà – oserei dire – un compito storico e globale per il nostro Paese: integrare le reti di distribuzione del gas russe occidentali e orientali in una sola.

Insieme alla costruzione di Sila Sibiri-2, ci consentirà non solo di operare in modo flessibile sui mercati energetici globali, cosa che oggi è rilevante, come sappiamo, ma anche di espandere in modo significativo il programma di collegamento delle comunità della Buriazia, del Territorio Trans-Baikal e di altre regioni dell’Estremo Oriente al sistema di distribuzione del gas, fornendo alle industrie locali dell’Estremo Oriente risorse aggiuntive e alle città e ai villaggi locali combustibile ecologicamente pulito. Le capacità del terminale GNL, già costruito da una delle nostre società, saranno utilizzate per collegare la Kamchatka alla rete di distribuzione del gas,

Questo settore si sta sviluppando attivamente, anche nell’Artico. Dopo il successo del progetto Yamal LNG, è stato avviato un nuovo importante progetto per la costruzione di un terminale GNL nell’Artico: la prima linea tecnologica del progetto Arctic LNG 2. La linea è già stata consegnata alla produzione di gas naturale. È già stata consegnata al sito di produzione e i lavori di avviamento sono in corso, giusto? È fantastico.

Voglio sottolineare che la linea è in realtà un impianto galleggiante per la liquefazione del gas naturale. Questo progetto è l’unico al mondo nel suo genere, è sicuro, ed è costruito con tecnologia e capacità russe. Il progetto viene realizzato dal Murmansk LNG Construction Centre, che produce treni di liquefazione GBS.

Entro il 2030, la produzione di GNL nella zona artica russa dovrebbe aumentare del 200%, fino a 64 milioni di tonnellate all’anno. A questo proposito, è stata presa la decisione di principio di costruire nuove linee di GNL presso il centro di Murmansk per operare nei giacimenti artici. Naturalmente, ciò darà un grande contributo allo sviluppo delle nostre regioni settentrionali e migliorerà la sovranità tecnologica della Russia.

Nella regione di Murmansk verrà costruito un centro di produzione di GNL ad alta capacità. La questione non è direttamente collegata all’Estremo Oriente, ma a tal fine sarà costruito un gasdotto Volkhov-Murmansk-Belokamenka.

Non entrerò nei dettagli, ma spero vivamente che le nostre aziende, con l’aiuto del Governo, trovino un accordo tra loro su chi e come sarà impegnato nella costruzione di questa importante infrastruttura. È molto importante per Murmansk e per le comunità locali, oltre che per la Carelia.

I progetti di trasporto sono importanti come strumento di sostegno alle iniziative imprenditoriali e in generale all’economia dell’Artico e dell’Estremo Oriente e ai residenti locali. È necessario ampliare le rotte logistiche esistenti e aprire nuovi corridoi per le operazioni di carico.

Tra questi progetti, lo sviluppo della Northern Sea Route ha certamente una priorità speciale. L’anno scorso sono stati trasportati su questa rotta trentaquattro milioni di tonnellate di merci. Nei prossimi anni, il traffico merci su questo corridoio di trasporto globale non potrà che crescere, il che richiede la priorità della costruzione di una moderna flotta di rompighiaccio, nonché il potenziamento dei porti artici e delle loro infrastrutture.

Entro il 2030, prevediamo che la capacità generale dei porti marittimi nelle acque artiche raddoppierà. Se l’anno scorso questa capacità era di 123 milioni di tonnellate, entro la fine del decennio dovrebbe raggiungere i 252 milioni di tonnellate, grazie anche alla costruzione di nuovi terminal e all’espansione dell’accesso ferroviario. Entro il 2027, prevediamo di aumentare sostanzialmente la capacità del porto di Murmansk, da 56 a 110 milioni di tonnellate all’anno.

Continueremo a modernizzare la linea principale Baikal-Amur e la ferrovia transiberiana. Certamente, il ritmo deve essere accelerato, anche attraverso concessioni e attirando capitali privati per la costruzione di ponti, gallerie e cavalcavia. Ne abbiamo appena discusso con i moderatori delle rispettive sessioni.

A questo proposito, vorrei sottolineare che, grazie all’iniziativa di investitori privati, stiamo costruendo la Ferrovia del Pacifico e un nuovo porto sul Mare di Okhotsk, che ci permetterà di utilizzare le risorse della Yakutia e delle regioni settentrionali del Territorio di Khabarovsk, e di assicurarci un accesso diretto ai mercati dell’Asia-Pacifico.

Le nostre principali aziende stanno attualmente costruendo un nuovo porto a Taimyr e modernizzando la ferrovia Pangody-Nadym a Yamal. Sono molti gli esempi di imprese che effettuano investimenti a lungo termine in logistica, trasporti, progetti energetici, costruzione di ferrovie e autostrade, terminali marittimi e aeroporti.

Vorrei chiedere al Governo e ai nostri colleghi delle regioni di fare affidamento su questa risorsa e di fare in modo che gli investimenti statali e privati creino un effetto sinergico per il rinnovo delle infrastrutture e delle strutture sociali e per lo sviluppo territoriale delle regioni e del Paese in generale.

Ho già detto agli imprenditori russi, molti dei quali stanno subendo pressioni da parte di alcuni dei nostri partner, e voglio ribadire oggi che è sicuramente meglio e più affidabile investire in Russia, sia in grandi e ambiziosi progetti infrastrutturali che in progetti locali ma importanti legati allo sviluppo urbano e al turismo. Abbiamo visto cosa succede con i capitali e come e dove vanno a finire. Non commettete lo stesso errore due volte.

Proprio di recente abbiamo aperto un tratto dell’autostrada ad alta velocità da Mosca ad Arzamas. Entro la fine di quest’anno, la strada raggiungerà Kazan, e poi Ekaterinburg e Tyumen. Voglio dire che continueremo sicuramente questo grande progetto e costruiremo strade ad alta velocità attraverso la Siberia e l’Estremo Oriente fino a raggiungere l’Oceano Pacifico. Il corridoio di trasporto integrato Rossiya sarà creato da San Pietroburgo a Vladivostok. Contribuirà allo sviluppo del turismo, collegherà i centri logistici, agricoli e produttivi, darà impulso all’imprenditoria e alla rinascita di città e villaggi.

Una questione a parte è lo sviluppo del trasporto aereo tra l’Estremo Oriente e la parte europea della Russia, nonché il miglioramento dell’interconnessione diretta delle regioni dell’Estremo Oriente, in modo che le persone non debbano volare verso le regioni vicine attraverso gli aeroporti di Mosca o della Siberia.

A tal fine, come sapete, abbiamo creato una compagnia aerea integrata dell’Estremo Oriente. Le sue rotte più importanti sono sovvenzionate dallo Stato, in modo che i biglietti aerei diventino più accessibili, e ci sono ulteriori opportunità di creare nuove rotte, anche locali.

Suggerisco di continuare questo importante lavoro e di renderlo di sistema. Chiedo al Governo di mettere a punto un piano completo di misure per lo sviluppo del trasporto aereo nella regione dell’Estremo Oriente entro il 1° marzo 2024. Il piano dovrebbe riguardare la costruzione di nuovi aeroporti e l’ammodernamento di quelli esistenti, il miglioramento degli standard dell’aviazione generale, la fornitura di aerei ed elicotteri di fabbricazione russa e, naturalmente, l’aumento dell’accessibilità economica dei viaggi aerei, riducendo le spese delle compagnie aeree per il leasing degli aeromobili.

I parametri e gli obiettivi esatti sono ancora da definire, ma credo che sarebbe opportuno pianificare che entro il 2030 il flusso di passeggeri sui voli interni dell’Estremo Oriente dovrebbe crescere fino a raggiungere almeno 4 milioni di persone all’anno.

Colleghi,

L’obiettivo più importante e integrale dei nostri piani, che stiamo attuando nell’economia, nei trasporti e nelle infrastrutture dell’Estremo Oriente, è quello di migliorare la qualità della vita, di creare condizioni confortevoli e moderne per lo studio e il lavoro, il tempo libero e la crescita dei figli, e di ottenere una crescita demografica sostenibile nelle regioni russe dell’Estremo Oriente.

A tal fine, sono stati lanciati diversi meccanismi, tra cui il programma Far Eastern Hectare. Più di 119.000 persone hanno ricevuto appezzamenti di terreno per fare affari, aprire strutture produttive e turistiche o costruire le proprie case.

Vorrei ricordarvi il compito che ci attende: quest’autunno dobbiamo creare un quadro normativo per sostenere la costruzione di abitazioni individuali in tutto il Paese. Mi riferisco ai conti vincolati utilizzati per la costruzione di condomini. Questi conti proteggeranno ulteriormente i risparmi dei cittadini e creeranno l’opportunità di ottenere prestiti ipotecari per costruire le proprie case.

Richiamo l’attenzione dei colleghi del Governo sul fatto che questi meccanismi devono essere sviluppati entro la fine di quest’anno e, per ribadire, in tutto il Paese, comprese le regioni dell’Estremo Oriente.

In particolare, nell’Estremo Oriente sono disponibili condizioni ipotecarie speciali, con un importo del prestito fino a sei milioni di rubli, una durata fino a 20 anni e un tasso di interesse del 2%. Con l’aiuto di questo strumento, più di 78.000 famiglie hanno acquistato o costruito nuovi alloggi.

Propongo di adeguare i parametri del programma di prestiti ipotecari dell’Estremo Oriente e di renderlo più attraente. Ieri io e i miei colleghi ne abbiamo discusso. Si tratta di innalzare il limite massimo del prestito a nove milioni di rubli per coloro che vogliono acquistare un alloggio di proprietà con una superficie superiore ai 60 metri quadrati. In questo modo, le famiglie avranno più opportunità di scegliere un appartamento sul mercato primario o di costruire la propria casa.

Inizialmente il programma di prestiti ipotecari per l’Estremo Oriente era pensato solo per le giovani famiglie, ma dall’anno scorso anche gli insegnanti e i medici che lavorano in Estremo Oriente possono accedere a questo tipo di prestito.

Propongo di fare un passo avanti e di ampliare ancora una volta la copertura di questo programma, rendendo disponibili i mutui al due per cento anche ai dipendenti delle imprese dell’industria della difesa dell’Estremo Oriente. Per ribadire, per tutti i dipendenti dell’industria della difesa dell’Estremo Oriente, indipendentemente dall’età o dallo stato civile, proprio come abbiamo fatto per i medici e gli insegnanti.

Poi. Abbiamo suggerito meccanismi speciali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa, tra cui il cosiddetto progetto del quartiere dell’Estremo Oriente, in cui le aziende impegnate nello sviluppo globale ricevono i benefici disponibili per le aziende residenti nelle aree di sviluppo prioritario. Di conseguenza, la fase di progettazione comprende abitazioni, un ambiente urbano confortevole e infrastrutture sociali, come asili, ambulatori, centri sportivi e altro ancora.

Sostenuta dai meccanismi del Quartiere dell’Estremo Oriente, è in costruzione una città satellite vicino a Vladivostok. Ospiterà circa 80.000 persone in un ambiente di vita all’avanguardia.

Vorrei aggiungere che il cosiddetto sussidio presidenziale è stato introdotto per contribuire allo sviluppo globale delle infrastrutture sociali in Estremo Oriente. Nell’ambito di questo programma, sono state costruite, riparate e attrezzate oltre 1.500 strutture in tutte le regioni dell’Estremo Oriente. Si tratta di scuole, ospedali, palestre, centri per il fitness e la salute, case della cultura, ecc.

Ecco alcune strutture inaugurate di recente: un centro cardiovascolare a Yakutsk, un centro di medicina nucleare a Ulan-Ude, un centro per gli sport di squadra e le arti marziali a Komsomolsk-on-Amur. In Chukotka sono stati costruiti alloggi per i lavoratori del settore sociale. È stato inaugurato il Parco Mayak sulla costa del Mare di Okhotsk a Magadan.

Un’area di lavoro separata e importante che abbiamo lanciato è la rinascita di 25 agglomerati e città dell’Estremo Oriente. Non le elencherò ora; ne abbiamo discusso pubblicamente ieri. Le città dovrebbero avere un nuovo look grazie allo sviluppo di piani regolatori qualitativi basati sui problemi e sui vantaggi di ciascuna città. I piani regolatori sono più o meno pronti, ne abbiamo parlato ieri. È necessario finalizzarli, delineare le fonti di finanziamento e procedere con i lavori il più rapidamente possibile.

Durante la ristrutturazione delle città, è necessario utilizzare il meccanismo delle concessioni dell’Estremo Oriente. Suggerisco inoltre di stanziare risorse aggiuntive per i piani regolatori prioritari nei prossimi tre anni; ieri ho incaricato il Governo di mettere a punto questi meccanismi. In seguito, valuteremo la possibilità di aumentare i finanziamenti per il periodo fino al 2030.

E, naturalmente, è necessario prestare particolare attenzione alle entità municipali, comprese quelle piccole. Per esempio, nell’ambito del programma Mille cortili, l’anno scorso sono stati migliorati 1.245 spazi pubblici; altri 562 saranno migliorati quest’anno. Naturalmente, questo lavoro deve essere continuato.

Vorrei sottolineare che qualche tempo fa abbiamo deciso che tutti i nostri principali programmi di sviluppo avrebbero dovuto includere una sezione speciale sull’Estremo Oriente. Questo ci ha permesso di ottenere una discreta crescita degli investimenti governativi nei progetti realizzati in Estremo Oriente. Dovremmo mantenere questi livelli e queste dinamiche e continuare a dare priorità all’Estremo Oriente per quanto riguarda gli investimenti statali.

Un’altra cosa: l’Estremo Oriente russo non deve essere solo un territorio in cui l’economia, il settore sociale e l’ambiente urbano si stanno sviluppando rapidamente. Nel perseguire questi piani e progetti, non dovremmo trascurare gli sforzi per prenderci cura di ecosistemi unici e preservare centinaia di specie animali e vegetali rare. Tra l’altro, il forum internazionale Falcon Day si è tenuto per la prima volta nell’ambito dell’attuale Eastern Economic Forum, con l’obiettivo di discutere la conservazione e la crescita della popolazione di specie di uccelli predatori e rari.

Vorrei ringraziare i nostri amici e colleghi del Medio Oriente, che stanno prestando particolare attenzione a questo tema. E ovviamente lavoreremo con voi, colleghi, su questa questione umanitaria ma molto coinvolgente.

L’Estremo Oriente russo possiede più di 60 aree naturali protette di importanza federale, molte delle quali incluse nell’elenco dei siti del Patrimonio Naturale dell’Umanità, come il Lago Baikal, il Parco Naturale dei Pilastri della Lena, la Riserva dell’Isola di Wrangel, i vulcani della Kamchatka e altri. Tutto questo è la nostra principale ricchezza nazionale e, allo stesso tempo, è patrimonio globale; siamo obbligati a preservarlo, offrendo al contempo opportunità per la ricerca scientifica, per l’educazione e la ricreazione dei bambini e dei giovani, e per i turisti e i visitatori russi e stranieri di conoscere la meravigliosa natura del nostro Estremo Oriente.

Ho detto che l’Estremo Oriente russo dovrebbe diventare una piattaforma per nuovi settori economici, tra cui lo sviluppo del turismo nei parchi nazionali dei territori di Primorye e Khabarovsk, della Yakutia, della Buryatia, della Kamchatka, delle Isole Curili e di altre regioni.

Il 1° settembre è entrata in vigore una legge per fornire condizioni adeguate e un quadro legislativo per l’ecoturismo e creare le basi per liberare il potenziale scientifico e turistico delle aree protette. È importante dotarle di infrastrutture adeguate.

A questo proposito, propongo che l’anno prossimo vengano stanziati ulteriori fondi per i parchi nazionali dell’Estremo Oriente, e non attraverso la ridistribuzione dei fondi destinati ad altri siti naturali, ma fornendo fondi aggiuntivi rispetto al finanziamento previsto.

E qualche parola sullo sviluppo di nuove industrie in Estremo Oriente. La mostra Sviluppo dell’economia creativa in Russia, che si è svolta a fine maggio, ha incluso una discussione approfondita in cui i giovani imprenditori, compresi quelli delle regioni dell’Estremo Oriente, hanno avanzato proposte interessanti.

Ad esempio, la Yakutia vanta una delle migliori pratiche di promozione delle industrie creative, come la programmazione informatica, l’architettura, il design industriale e simili, grazie agli sforzi delle autorità regionali e all’iniziativa dei suoi imprenditori. Questa esperienza costituirà la base per lo sviluppo di uno standard regionale per le industrie creative, che sarà poi esteso ad altre entità costitutive della Federazione. Il compito più importante è quello di migliorare il riconoscimento del marchio russo.

Ho incontrato i nostri colleghi moderatori – ho accennato a questo incontro in precedenza – e hanno condiviso con me la buona notizia che questo processo sta procedendo a un ritmo abbastanza veloce con buoni risultati.

È importante sostenere la domanda di prodotti e servizi nazionali, ad esempio attraverso mostre, fiere e così via. Continueremo sicuramente a portare avanti questo processo.

La prima fiera delle industrie creative si è tenuta a Novosibirsk in agosto. Vi hanno partecipato 70 produttori russi e 17.000 persone l’hanno visitata in tre giorni.

La seconda fiera è stata ospitata di recente a Vladivostok e l’evento è stato inserito nel programma culturale del nostro forum. Penso che queste iniziative saranno riprese da altre regioni.

Parlando dell’Estremo Oriente in particolare, è stata presa un’altra decisione che riguarda lo sviluppo di nuove industrie nell’economia, nella cultura e nello sport. Abbiamo deciso che ogni anno nel Distretto Federale dell’Estremo Oriente si terrà un torneo di cyber sport.

Questa tendenza è molto popolare in tutto il mondo e i nostri atleti cibernetici sono in testa alla classifica. Sono certo che organizzare competizioni di alto livello in Russia contribuirà a promuovere gli sport informatici nel nostro Paese e a livello internazionale.

Il primo torneo si terrà nel corso dell’anno. Vorrei che le aziende informatiche nazionali e quelle a partecipazione statale prestassero attenzione a questo sport e lo sostenessero.

Colleghi,

Negli ultimi dieci anni è stato fatto molto per l’Estremo Oriente e l’Artico. È stato dato un forte impulso allo sviluppo dell’economia, della sfera sociale e delle infrastrutture, e l’ambiente per fare affari che è stato creato non ha eguali nel nostro Paese. Non ho paura di usare questa parola: è un ambiente senza precedenti. Abbiamo lanciato grandi progetti di riferimento nella produzione di risorse naturali e nell’industria manifatturiera, nella costruzione di abitazioni e nel potenziamento della rete dei trasporti. Sono stati elaborati e sono in corso di attuazione piani di modernizzazione delle città e dei paesi.

Un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questi risultati spetta agli abitanti dell’Estremo Oriente, le cui famiglie vivono qui da molte generazioni e a coloro che sono arrivati di recente da altre regioni per lavorare, studiare o gestire le proprie attività.

Vorrei ringraziare tutti coloro che credono nel futuro dell’Estremo Oriente, nelle sue vaste opportunità e potenzialità, e che contribuiscono al suo sviluppo.

Per ribadire che l’Estremo Oriente rimane la nostra priorità strategica per il resto del XXI secolo. Vorrei concludere le mie osservazioni con le righe iniziali. Sono certo che il suo ruolo, così come il ruolo e l’importanza del nostro Paese nel mondo, non potranno che crescere.

Grazie.

Ilya Doronov: Signora Vicepresidente, le darò la parola un po’ più tardi, se possibile.

Ora vorrei porre al Presidente della Russia alcune domande sul suo discorso.

Signor Presidente, è molto positivo che lei abbia menzionato l’importanza prioritaria dell’Estremo Oriente, perché molti potrebbero pensare che la nostra priorità sia nell’altra parte del mondo, in Occidente, e che tutti i nostri sforzi siano concentrati su di essa.

Vladimir Putin: Abbiamo molte priorità, ma l’Estremo Oriente è una delle priorità principali.

Ilya Doronov: È la terza volta che lo dice, e ora sapremo che è davvero così.

Lei ha parlato dell’autostrada M-12. Vorrei ringraziare lei e il signor Khusnullin, che è qui con noi oggi, per questo. Io sono di Vladimir, che si trova a 180 chilometri da Mosca, ma ci volevano sei o sette ore di macchina per percorrerla, ad esempio, durante le vacanze di maggio. Era un vero mal di testa. Ora useremo la nuova autostrada e vedremo se è meglio.

Ho diverse domande correlate.

Nel suo discorso, lei ha detto – ho preso nota delle sue parole – “un compito storico e globale” per quanto riguarda l’Estremo Oriente. Questo mi ha fatto pensare a un’analogia, cioè che i piani che avete reso pubblici possono essere paragonati a ciò che Stolypin fece per lo sviluppo della Siberia, o al piano di industrializzazione sovietico.

Ecco la mia domanda: Pensa che questi piani nazionali globali sarebbero stati realizzati e attuati se non fossero state adottate sanzioni [contro la Russia], prima nel 2014 e poi nel 2022, se non fossero state chiuse le frontiere e se non ci fosse stato impedito di depositare capitali [all’estero]?

Ecco le statistiche che dimostrano quanto ho affermato nella mia domanda. Riguardano il distretto amministrativo speciale dell’Isola Russkij, dove il numero di residenti è aumentato da 43 a 60, una crescita a valanga che ha avuto luogo dopo l’adozione delle sanzioni.

Vladimir Putin: Innanzitutto, abbiamo lanciato questo progetto 10 anni fa. Mi avete chiesto di parlarne e vi ho risposto che abbiamo iniziato a farlo molto prima degli eventi che si sono verificati negli ultimi anni, nel 2014, e lo abbiamo fatto perché abbiamo visto le tendenze dello sviluppo economico globale. Abbiamo visto l’ascesa di nuovi centri di influenza e di sviluppo economico. Credo di non dover fare i nomi di questi Paesi, che tutti conoscono. Abbiamo visto cosa stava cambiando e come, e oggi possiamo vedere che queste tendenze non sono rallentate, ma stanno prendendo slancio.

Ma cosa è successo dopo il 2014, dopo che i Paesi occidentali hanno sostenuto un colpo di Stato in Ucraina e hanno iniziato la guerra nel Donbass: molti processi hanno iniziato ad accelerare. A questo proposito, possiamo solo rammaricarci di non aver attuato per tempo i piani di sviluppo delle infrastrutture, compresa la rete ferroviaria verso l’Estremo Oriente.

Perché, onestamente, il Governo ha sbagliato in parte i calcoli e ha creduto che il volume delle spedizioni di merci non sarebbe stato così elevato; anche negli ultimi anni è stato molto più grande di quanto si potesse immaginare. Ma va bene così, stiamo facendo in modo che funzioni, ci sono piani che sono stati sviluppati in precedenza e di conseguenza sarà più facile per noi attuarli anche in tempi brevi.

Proprio ora, insieme ai moderatori e ai nostri colleghi, abbiamo discusso i piani di sviluppo del Dominio Operativo Orientale. I soldi ci sono, gli investitori sono interessati perché c’è un mercato e sono pronti a investire il proprio denaro perché possono vedere i profitti di un così grande giro di merci. Un buon ritorno sull’investimento è garantito. Ecco perché questo lavoro è iniziato molto tempo fa, e gli eventi dell’economia globale degli ultimi anni hanno dato un impulso al nostro lavoro in Estremo Oriente.

Ilya Doronov: Anche oggi è stata pronunciata due volte la frase “non commettere due volte lo stesso errore”. Non si è accorta di questo tutti, o no?

Vladimir Putin: Se vi interessa, e probabilmente interessa a molti uomini d’affari, c’è una tendenza: prima molti dei nostri uomini d’affari hanno creato delle piattaforme per se stessi e poi hanno visto che il loro denaro guadagnato legalmente è stato confiscato. Sapete, non si tratta del mio denaro, ma di quello delle nostre aziende e dei nostri imprenditori, ed è semplicemente oltre il limite. Le persone che hanno agito in questo modo non capiscono che ci saranno conseguenze negative per loro, sembra che ancora non lo capiscano.

Prendiamo, ad esempio, le restrizioni sulle transazioni in dollari. A cosa porterà? A una situazione in cui tutti i Paesi stanno valutando la possibilità di creare strumenti propri, nuovi sistemi di regolamento e stanno valutando se tenere i propri risparmi negli Stati Uniti o in Europa, e se sia conveniente investire nei titoli di questi Paesi.

Posso assicurarvi che so che questo sta accadendo. Naturalmente, tutti ci penseranno. Le nostre riserve di oro e di forex sono state congelate, ma abbiamo già guadagnato il doppio. Non si tratta di questi 300 miliardi, ma della fiducia infranta in coloro che lo stanno facendo. Stanno minando la fiducia nei loro confronti. Lo stesso sta accadendo nel commercio e nelle restrizioni al commercio.

Quindi, Dio solo sa, è colpa loro se inevitabilmente andranno incontro a conseguenze negative, sta già accadendo. Non è quello che volevamo, ma è un processo oggettivo legato al numero crescente di centri economici in rapido sviluppo.

Ilya Doronov: E coloro che vengono qui, che tornano in Russia…

Vladimir Putin: Ora parlerò di calpestare un rastrello.

Tuttavia, possiamo constatare che le catene logistiche e le consegne di merci sono state praticamente ripristinate e tutto si è normalizzato. Vediamo che questo è legato anche al tasso di cambio della valuta nazionale, compreso il ritorno limitato delle entrate in valuta estera, per usare un eufemismo, e il desiderio di depositare di nuovo qualcosa all’estero… Lo vediamo e capiamo tutto. Dobbiamo raggiungere un accordo con la comunità imprenditoriale, che dovrebbe capire e procedere partendo dalla premessa che è più affidabile operare qui. Di conseguenza, non dovrebbero calpestare lo stesso rastrello. Sono certo che coloro ai quali mi rivolgo mi capiscono.

Ilya Doronov: In realtà, la mia prossima domanda riguarda i rapporti tra lo Stato e la comunità imprenditoriale, compresi coloro che stanno tornando qui, che stanno arrivando sull’Isola Russa, ecc.

Ho intervistato Andrei Belousov prima del Forum economico internazionale di San Pietroburgo e gli ho chiesto come dovrebbero interagire lo Stato e la comunità imprenditoriale. Mi ha risposto che dovrebbero collaborare come partner, con lo Stato come senior partner e la comunità imprenditoriale come junior partner.

Vladimir Putin: Ha detto questo?

Ilya Doronov: Sì, ha detto questo.

Vladimir Putin: Parla come un ex funzionario del Comitato di pianificazione statale. Dovremmo essere partner alla pari.

Ilya Doronov: Dovrò chiedere la sua opinione dopo la sua dichiarazione.

Vladimir Putin: Sa che scherzo sempre in questo modo. È una battuta.

Ilya Doronov: Tuttavia, lei ha già detto che dovrebbero essere partner paritari. In linea di principio, ha l’impressione che la presenza dello Stato nell’economia e negli affari stia diventando eccessiva?

Vladimir Putin: Lo sentiamo dire e ne parlano in continuazione. Sì, abbiamo grandi aziende, soprattutto nel settore energetico; tuttavia, le aziende private si stanno sviluppando rapidamente e noi le sosteniamo, anche qui in Estremo Oriente.

Per tutti gli investimenti in Estremo Oriente forniamo investimenti infrastrutturali sostenuti dallo Stato. Negli ultimi tre anni circa, abbiamo investito circa 15 miliardi in infrastrutture di supporto alle imprese, non ricordo la cifra esatta. Inoltre, solo dall’inizio del 2023 abbiamo investito 8,5 miliardi. Per quanto ne so, investiremo altri 33 miliardi nei prossimi tre anni. Questo riguarda anche molti altri settori. Stiamo incentivando il lavoro delle nostre aziende e creando privilegi per loro, soprattutto qui, nella regione dell’Estremo Oriente. Restiamo qui, su questo territorio.

Prima ho citato le aree di sviluppo prioritario. Esse godono di molti benefici relativi al pagamento dei contributi sociali, dell’imposta sugli utili o dell’imposta sulla proprietà. Se prendiamo le isole Curili, esse godono di un numero doppio di benefici rispetto alle aree di sviluppo prioritario. Quindi, la cooperazione tra Stato e imprese porta buoni risultati. Continueremo a farlo.

Sa cos’altro è di fondamentale importanza? Credo che sia importante che negli ultimi dieci anni, o forse anche un paio di decenni, si sia sviluppato un ottimo dialogo tra il Governo e la comunità imprenditoriale. Il Governo non prende quasi mai decisioni economiche senza consultare preventivamente le associazioni imprenditoriali. Ci sforziamo sempre di prendere in considerazione le opinioni dei nostri partner commerciali e dei sindacati.

Ilya Doronov: Lei ha parlato di aree di sviluppo prioritarie e di preferenze fiscali. Tutto ciò suona bene. Ma ho parlato con esperti del settore e mi hanno detto che è necessario fare di più. Ad esempio, è necessario costruire infrastrutture – gas, elettricità e tutto il resto – in queste aree. Questo non è sufficiente.

Vladimir Putin: Ecco perché l’ho detto.

A proposito, mi è venuta in mente la cifra di 25 miliardi. È quanto abbiamo speso per le infrastrutture negli ultimi anni. Nei primi sei mesi di quest’anno abbiamo speso 8,5 miliardi e altri 33 miliardi sono stati accantonati. È così che stiamo facendo e continueremo a farlo. Ci rendiamo conto che investire nelle infrastrutture dovrebbe essere il nostro modo di sostenere le imprese. Quindi, lo stiamo facendo e continueremo a farlo in futuro.

Ilya Doronov: Ho una domanda sul tasso di cambio del rublo.

Un anno fa, quando eravamo su questo palco, il dollaro era a circa 60 rubli. Quest’estate è salito a 100, o anche di più. Ho controllato prima della sessione e ora è a 93 rubli per il dollaro. La volatilità è estremamente elevata e, alla fine del 2022, la valuta russa era la più volatile del mondo.

Come si possono fare proiezioni in una situazione in cui non si ha idea di cosa accadrà alla valuta nazionale?

Vladimir Putin: Sì, questa è ovviamente una domanda che richiede una ricerca approfondita come quella della Banca Centrale o del Governo, cioè delle autorità finanziarie. Nel complesso, non credo che ci siano problemi o difficoltà che non possano essere superati.

Questo è legato a molti fattori, tra cui il fatto che i nostri principali esportatori debbano o meno rimpatriare parte dei loro proventi in valuta estera. È legato al fatto che durante la prima fase, che lei ha citato, quando il dollaro era a 60 rubli, le catene logistiche per le importazioni non erano ancora state create. Ora le importazioni arrivano sul nostro mercato in volumi maggiori, il che significa che la valuta estera è più richiesta. Ci sono altri fattori, ma sono gestibili. Li vediamo e li capiamo, e li vede anche la Banca Centrale.

Naturalmente, la Banca Centrale ha dovuto aumentare il tasso di interesse di riferimento al 12%. Tra l’altro, ha dovuto farlo perché l’inflazione era aumentata un po’. Dove si trova ora? È al 5,4% o al 5,2%? Non ricordo il numero esatto, ma si aggira intorno al 5,2% in termini annuali. Quindi, la Banca Centrale non poteva non rispondere a questi sviluppi. Credo che la sua decisione sia stata corretta e anche tempestiva. Questo significherà che ci saranno meno opportunità di contrarre prestiti, limiterà l’economia e ne inibirà lo sviluppo in una certa misura. Tuttavia, questo fattore ha un peso importante nel mitigare i rischi inflazionistici. Tutto deve arrivare al momento giusto.

Ciò significa che manteniamo il controllo della situazione, e non entrerò troppo nei dettagli perché si tratta di un argomento piuttosto delicato. Ma nel complesso abbiamo tutte le carte in regola per mitigare questi rischi.

Ilya Doronov: Tuttavia, a quanto vedo, lo Stato intende svolgere il suo ruolo di regolamentazione. Ci saranno delle restrizioni? Faccio questa domanda perché l’ultima volta che il rublo ha iniziato a perdere valore, l’assistente del Presidente Maxim Oreshkin ha dovuto scrivere un articolo e il rublo è salito il giorno stesso. Anche il presidente della VTB Bank, Andrei Kostin, ha dichiarato ieri in un’intervista alla RBC che ci sono scappatoie per portare il denaro fuori dal Paese.

Vladimir Putin: Cosa stanno facendo? Stanno solo cercando di spaventare le persone proponendo loro di cooperare in termini pacifici e di intraprendere azioni specifiche, altrimenti, dicono, imporremo restrizioni e vi obbligheremo a rimpatriare le vostre entrate, ecc. Tuttavia, nessuno farà mosse improvvise in questo senso.

Ilya Doronov: Parliamo della Banca Centrale e del tasso di interesse del 12%. Venerdì ci sarà un’altra riunione e può darsi che il tasso salga ancora di più, rendendo i prestiti ancora più costosi. Come si fa a espandere la produzione e a contrarre nuovi prestiti in questo contesto? I finanziamenti stanno diventando sempre più costosi.

Vladimir Putin: Ho già detto che il tasso di interesse di riferimento influisce sui costi di finanziamento e sui tassi applicati dalle banche private, che a loro volta limitano i prestiti e soffocano la crescita economica. Nel complesso, vediamo che i prestiti sono stati abbastanza attivi. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, vediamo che i prestiti al consumo sono cresciuti ancora più rapidamente. Anche in questo settore abbiamo gli strumenti per mitigare questi rischi. Non mi dilungherò troppo su questo punto, parlate pure con [il governatore della Banca di Russia] Nabiullina, ve lo dirà lei.

Certo, dobbiamo influenzare le cose, ma se non riusciamo a trovare una situazione che porti a una crescita incontrollabile dell’inflazione, alla fine sarà ancora peggio per l’economia, perché è quasi impossibile fare piani aziendali in un contesto di inflazione elevata. Non ci sono decisioni buone o ottime in questo caso; ci sono solo decisioni difficili, che devono essere adottate tempestivamente. Finora, sia la Banca Centrale che il Governo lo hanno fatto, e in modo piuttosto efficace.

Ilya Doronov: Vorrei anche fare una domanda sui prestiti ipotecari…

Vladimir Putin: Mi scusi se la interrompo, volevo solo aggiungere qualche parola.

A fronte dell’aumento dei costi dei mutui, abbiamo creato un’intera serie di strumenti per le grandi industrie e i più grandi progetti che servono gli interessi dell’intera economia nazionale. Abbiamo una serie di misure di sostegno per l’ottenimento di prestiti, con alcune condizioni preferenziali e una serie di strumenti per sostenere le aziende che effettuano investimenti significativi, e questo viene attuato insieme al governo. Ho già parlato di piattaforme industriali e così via. Le imprese ne sono a conoscenza e continueranno a farlo.

Il fatto è che se i costi dei prestiti aumentano, il Governo dovrà probabilmente considerare di aumentare i fondi per questi strumenti. Questo significherebbe spese aggiuntive, e c’è l’altra faccia della medaglia, ovvero la sostenibilità e l’equilibrio del bilancio, e così via. Ma tutto questo può essere risolto.

Ilya Doronov: Per quanto riguarda i mutui, ho iniziato a fare la mia domanda e lei ha menzionato il programma di espansione dei mutui agevolati qui in Estremo Oriente. I dirigenti della Banca Centrale probabilmente hanno fatto una smorfia, perché hanno ripetutamente espresso la loro opinione che i mutui agevolati sono gonfiati in Russia, e vedono dei rischi. Lei vede dei rischi qui?

Vladimir Putin: Sì, ci sono alcuni rischi, ma li vediamo e li affrontiamo.

Per quanto riguarda l’Estremo Oriente, abbiamo solo 12,5 milioni di persone che vivono al di là degli Urali; questo non è un peso per l’intero Paese e la sua economia.

Ilya Doronov: E l’ultima domanda di questa sezione prima di dare la parola al Vicepresidente. È una domanda che riguarda le imprese: le tasse saranno aumentate o non è necessario?

Vladimir Putin: Per ora il governo non ne vede la necessità.

Ilya Doronov: Questa risposta è importante per l’intera comunità imprenditoriale.

(Rivolgendosi alla signora Pany Yathotou) Ora le darò la parola, ma prima vorrei citare alcuni fatti interessanti sul Laos per il pubblico. Credo sia importante.

Innanzitutto, le relazioni diplomatiche tra l’Unione Sovietica e il Laos sono state stabilite il 7 ottobre 1960. Abbiamo trovato un altro motivo per celebrare questo giorno, non è vero?

Vladimir Putin: Festeggeremo insieme.

Ilya Doronov: D’accordo.

Nel 2011, la Russia e il Laos hanno stabilito un partenariato strategico nella regione Asia-Pacifico.

Il secondo dato che ho scoperto è che il Laos è il Paese più bombardato al mondo. Gli Stati Uniti hanno sganciato oltre 200 milioni di bombe sul Laos durante la guerra del Vietnam, e 350.000 laotiani sono stati uccisi in questi bombardamenti.

Terzo. Il Partito Rivoluzionario del Popolo del Laos al potere rimane impegnato nel socialismo.

Quarto. Il Laos ha un movimento di pionieri. Francamente, non ne sapevo nulla. L’ho scoperto durante la preparazione di questa sessione.

Quinto. I laotiani amano ancora le baguette e il pane bianco. È un’ottima eredità della Francia.

Il caffè laotiano è considerato uno dei migliori al mondo, se ho capito bene.

Infine, per noi russi è importante poter soggiornare in Laos per 30 giorni senza visto, quindi benvenuti in Laos e benvenuti sul pulpito.

Prego, signora Vicepresidente, a lei la parola.

Vicepresidente del Laos Pany Yathotou (ritradotto): Grazie mille.

Sono lieto di partecipare all’8° Forum economico orientale. È un privilegio per me.

Il Laos è un membro dell’ASEAN. È un Paese con una popolazione di soli 7 milioni di abitanti.

Il nostro Paese è ricco di risorse naturali, risorse idriche, risorse energetiche, minerali, legname. Abbiamo anche molte destinazioni turistiche attraenti.

Per quanto riguarda il significato della Russia per il Laos e le relazioni con la Russia per noi. Sin dall’era sovietica, abbiamo mantenuto relazioni tradizionali forti che hanno poi raggiunto il livello di un partenariato strategico in materia di sicurezza nella regione Asia-Pacifico.

Stiamo cooperando in molti settori, tra cui l’economia, il turismo, lo sviluppo del capitale umano, inoltre entrambi i Paesi condividono informazioni e competenze acquisite in molte altre aree di interesse reciproco.

La cooperazione tra Laos e Russia ci permette di sostenerci e aiutarci a vicenda. Costruiamo la nostra cooperazione sulla base dell’interesse reciproco.

Allo stesso tempo, il Laos è un Paese in via di sviluppo e il nostro governo attribuisce grande importanza allo sviluppo socioeconomico. A tal fine, stiamo attirando investimenti da molti altri Paesi, tra cui la Russia. I nostri Paesi stanno investendo in settori importanti come l’energia, le risorse idriche e le risorse di idrocarburi.

La Russia ci ha aiutato a smantellare il nostro territorio. L’aiuto è stato fornito senza alcun vincolo; abbiamo ancora a che fare con mine e ordigni inesplosi che incidono sulla vita della nostra gente.

Con il sostegno della Russia, siamo riusciti a liberare dalle mine più di 20.000 ettari del nostro territorio. Dopo lo sminamento, abbiamo restituito questi 20.000 ettari alla nostra gente. In questo modo, bonificando il nostro territorio dagli ordigni inesplosi, stiamo affrontando il compito più importante per noi, ovvero eliminare il pericolo rappresentato dagli ordigni inesplosi.

Ilya Doronov: La parola laotiana per “grazie” è “khob chai”.

Signor Presidente, questa domanda è per lei. (Rivolgendosi a Pany Yathotou) Anche io le farò una domanda più tardi.

Negli anni ’90 abbiamo smesso di essere amici e di sostenere molti altri Paesi, ad esempio Cuba e il Laos. Pensa che sarebbe difficile ricostruire ora queste relazioni e migliorarle al livello che abbiamo mantenuto durante l’era sovietica?

Vladimir Putin: Negli anni ’90 abbiamo guadagnato molte cose, tra cui soprattutto l’emancipazione e la libertà, ma purtroppo abbiamo anche perso molto, sprecando e addirittura dilapidando ciò che avevamo ottenuto nei decenni precedenti durante l’era sovietica.

Ma, come sapete, la memoria storica delle nazioni con cui siamo stati amici, abbiamo collaborato e aiutato nel loro sviluppo è stata conservata. Non sarà difficile ripristinare le nostre relazioni sulla base dei nuovi principi, perché la gente di questi Paesi lo vuole. Mi riferisco al Laos, dove vediamo molti amici, alla regione Asia-Pacifico nel suo complesso e all’Africa.

Di recente si è svolto il vertice Russia-Africa. Francamente, sono rimasto ancora una volta sorpreso dall’apertura degli africani e dal loro desiderio di lavorare con noi. Ho riflettuto anche su questo. Vedete, il punto non è solo che abbiamo fatto qualcosa per l’Africa, aiutando il loro popolo a riconquistare la libertà e l’indipendenza e a lottare contro il colonialismo, sebbene anche questo sia importante. Si ricordano di questo, ma anche di altre cose.

Qual è, a mio avviso, il punto principale? Il punto principale è che non abbiamo mai agito da colonizzatori in nessun luogo. La nostra cooperazione si è sempre basata sull’uguaglianza o sul desiderio di fornire aiuto e sostegno. I Paesi che cercano di competere con noi, anche adesso, hanno avuto una politica completamente diversa. Quando si guarda a ciò che è accaduto in passato durante la cooperazione con la Russia, o l’Unione Sovietica come si chiamava allora, e con altri Paesi, la bilancia pende a favore della Russia, cosa che oggi dobbiamo certamente tenere in considerazione e ricordare.

Se guardiamo all’Africa e alla nostra cooperazione, vediamo che l’abbiamo aiutata. Cosa hanno fatto gli ex colonizzatori? Nel 1957 – di recente mi è stata mostrata una fotografia – hanno portato persone dall’Africa in gabbia nei Paesi europei, ad esempio in Belgio. È uno spettacolo orribile, bambini messi in mostra in gabbie.

Ilya Doronov: Sì, c’era una mostra speciale, con un intero villaggio esposto.

Vladimir Putin: Sì, portavano le persone in gabbia e le esponevano, intere famiglie e bambini in gabbie separate. Come si può dimenticare questo? Nessuno in Africa lo dimenticherà mai.

E ora stanno cercando di impartire ordini e di portare avanti la loro politica neocoloniale. Hanno indebitato tutti i Paesi africani per migliaia di miliardi di dollari. In altre parole, hanno creato un sistema di credito finanziario per l’Africa in base al quale i Paesi africani non potranno mai ripagare i loro prestiti. Non si tratta affatto di un sistema di credito, ma di una forma di contributo, se capite cosa intendo.

Abbiamo usato e usiamo tuttora un approccio completamente diverso, che ci dà alcuni vantaggi quando lavoriamo con i nostri partner, compresi quelli con cui avevamo relazioni speciali durante l’era sovietica e quelli con cui stiamo rilanciando le relazioni ora. Anche i nostri amici ne sono consapevoli.

Pertanto, non prevedo grandi difficoltà, anche per quanto riguarda la riconquista delle nostre precedenti posizioni.

Ilya Doronov: Visto che abbiamo comunque toccato questo argomento, posso farle una domanda: Cosa farete con coloro che non la pensano così? Per esempio, che dire degli Stati baltici, della Repubblica Ceca o dell’Ungheria, che dicono che la Russia ha agito come una potenza colonizzatrice quando ha ordinato ai suoi carri armati di invadere Praga o Budapest?

Vladimir Putin: Abbiamo riconosciuto da tempo che questa parte della politica dell’Unione Sovietica è stata un errore e non ha fatto altro che aumentare le tensioni. La politica estera di un Paese non deve contraddire direttamente gli interessi di altre nazioni. Questo è quanto.

Tuttavia, se parliamo di calpestare i rastrelli, questo è il caso oggi delle principali potenze occidentali, in primis gli Stati Uniti. Hanno esercitato pressioni sui loro alleati e sui loro cosiddetti partner – dopo tutto, non hanno amici, ma solo interessi. Si tratta di un’estensione di una nota formula britannica.

Ilya Doronov: Grazie.

Signora Vicepresidente, ho una domanda per lei. Che cosa ci guadagna la Repubblica Democratica del Laos dalla collaborazione con la Russia? Ad esempio, perché avete deciso di rilanciare i corsi di lingua russa nel vostro Paese? Il fatto che il Presidente del Laos parli russo non è stato il motivo, vero?

Pany Yathotou (ritradotto): Il Presidente Putin ha già detto che la Repubblica Democratica Popolare del Laos ha effettivamente mantenuto relazioni molto buone e affidabili con l’URSS e la Federazione Russa, e io concordo con questa valutazione. Intendiamo basarci sui nostri successi passati e sulla nostra fruttuosa cooperazione per andare avanti.

Naturalmente, questo include gli aiuti umanitari che riceviamo. Gli scambi commerciali tra i nostri Paesi sono aumentati e anche gli investimenti sono cresciuti in una certa misura. Ci aspettiamo anche che un maggior numero di turisti russi visiti il nostro Paese.

Naturalmente, apprezziamo molto tutti i vantaggi che queste relazioni ci hanno offerto. È anche ovvio che la cooperazione che abbiamo avuto nell’era sovietica per lo sviluppo delle capacità e delle risorse umane è stata uno dei nostri maggiori successi, che merita una menzione speciale. Lei ha giustamente notato che molti dei leader che hanno guidato la Repubblica Democratica Popolare del Laos hanno studiato in un modo o nell’altro in Unione Sovietica.

Forse sapete anche che abbiamo costruito una ferrovia che collega il Laos alla Cina. Si tratta di un progetto strategico e volevamo usarlo per espandere questa rotta fino all’Australia. Siamo convinti che l’estensione di questa ferrovia al territorio della Federazione Russa avrebbe un impatto positivo sui flussi commerciali e di investimento tra i nostri due Paesi.

Ciò aumenterebbe anche il flusso di passeggeri dalla RDP del Laos verso la Cina attraverso il territorio russo. Vorremmo discutere la questione in modo più approfondito per poter sfruttare questo potenziale nelle nostre relazioni commerciali e di investimento. Spero che i nostri Paesi esplorino questa opportunità in modo da ottenere risultati tangibili.

Vladimir Putin: Lei ha appena parlato dei Giovani Pionieri che operano in Laos come organizzazione. La signora Vicepresidente ha recentemente visitato il nostro campo per bambini di Okean e ha notato con piacere che i bambini del Laos trascorrono le loro vacanze lì. Le condizioni a cui sono sottoposti sono ottime e hanno stretto grandi amicizie con i loro coetanei russi.

Ma posso anche aggiungere che i bambini laotiani non solo frequentano il campo Okean, ma studiano anche nelle scuole Suvorov della Federazione Russa.

Ilya Doronov: Cadetti laotiani delle scuole Suvorov.

Vladimir Putin: Sì. Lo spiegherò ai nostri ospiti stranieri: sono scuole militari per bambini dove studiano e si sentono molto a loro agio.

Ilya Doronov: Grazie.

Visto che abbiamo parlato di…

Vladimir Putin: Quindi, stiamo facendo tutto questo a un ritmo facile e continueremo a ripristinare le relazioni con i nostri amici.

Ilya Doronov: È meraviglioso.

Visto che abbiamo parlato di logistica: Belt and Road, l’iniziativa cinese, compie quest’anno il suo decimo anniversario. Abbiamo il progetto del Grande partenariato eurasiatico. Ma dopo il Vertice del G20 è stato annunciato che – specificherò i Paesi – gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Israele, la Giordania e l’India hanno concluso i lavori per un accordo storico, come è stato detto, su un nuovo corridoio economico India-Medio Oriente-Europa. La Russia non è inclusa, così come la Cina. Pensa che questa iniziativa influenzerà la realizzazione dei nostri progetti e di quelli cinesi e cosa significa per noi in generale?

Vladimir Putin: Penso che sia un bene per noi; ci aiuterà a sviluppare la logistica.

Innanzitutto, questo progetto è stato discusso a lungo, forse da diversi anni. A dire il vero, gli americani vi hanno aderito all’ultimo momento. Ma non vedo perché dovrebbero volerne far parte, se non forse per qualche interesse commerciale.

Nel frattempo, il traffico aggiuntivo di merci lungo questo corridoio sarà di fatto un’aggiunta al nostro progetto Nord-Sud. Non vediamo nulla che possa danneggiarci in alcun modo.

Il corridoio Nord-Sud va verso il Golfo Persico e poi verso l’India. Se c’è un’altra rotta, credo che includa Israele, potremo raggiungere il Mediterraneo attraverso il Mar Nero e utilizzare questo corridoio.

Non lo so, i colleghi che hanno presentato questo progetto devono valutarlo attentamente. Per ora si tratta solo di un memorandum di intenti.

Ilya Doronov: Sì.

Vladimir Putin: Ma dovremmo vedere l’economia di questo progetto, perché il carico dovrebbe raggiungere il mare su rotaia, per poi essere caricato su navi marittime e quindi viaggiare verso gli Emirati Arabi o l’Arabia Saudita, per poi essere nuovamente caricato su rotaia. Occorre calcolare questo doppio trasbordo e il suo impatto economico.

Il capo della nostra azienda leader, le Ferrovie russe, Oleg Belozyorov, sta annuendo, quindi sembra che io abbia colto nel segno e che si tratti davvero di una questione economica, che dovrebbe essere accuratamente calcolata.

In termini di tempo, se andiamo dal Nord Europa, da San Pietroburgo a Mumbai, impiegheremo lo stesso tempo che con la rotta Nord-Sud. Ribadisco che bisogna considerare l’aspetto economico. Penso che la nostra rotta possa essere più efficiente.

Inoltre, l’interesse per l’utilizzo del Canale di Suez non andrà da nessuna parte. Non credo che questo avrebbe un impatto negativo sul Canale di Suez. Non credo che ciò accadrà.

E, infine, l’ultima cosa. I volumi delle spedizioni di merci crescono ogni anno e penso che più rotte di questo tipo ci sono, meglio è.

Ilya Doronov: Grazie.

Le prossime domande ci riporteranno nel nostro Paese. Siamo a Vladivostok, dove molte persone hanno la guida a destra. Spiegherò l’essenza della mia domanda, e molto probabilmente il pubblico si dividerà in due parti uguali o disuguali. Una penserà a cosa fare, l’altra sorriderà perché questo non la riguarda.

Prima di tutto, lei è fortunato ad avere un Aurus, una Niva e una Volga. Molti altri funzionari russi non sono così fortunati, se si considera quanto lei ha detto a proposito della guida di auto di fabbricazione russa.

Il primo tentativo in tal senso è stato fatto negli anni ’90, ma è fallito. Chi può garantire che questa volta ci riusciremo? E quali auto dovrebbero guidare?

Vladimir Putin: Sa, allora non avevamo auto di produzione nazionale, ma ora sì. È vero che hanno un aspetto più modesto rispetto alle Mercedes o alle Audi, che abbiamo acquistato in grandi quantità negli anni ’90, ma questo non è un problema. Penso che dovremmo emulare molti dei nostri partner, ad esempio l’India. Loro si concentrano sulla produzione e sull’utilizzo di veicoli di fabbricazione indiana. Penso che il Primo Ministro Modi stia facendo la cosa giusta nel promuovere il programma Make in India. Ha ragione.

Abbiamo automobili [di produzione russa] e dobbiamo usarle; questo va assolutamente bene. Questo non comporterà alcuna violazione dei nostri obblighi nell’ambito dell’OMC, assolutamente no. Riguarda gli acquisti di Stato. Dobbiamo creare una certa catena per quanto riguarda le auto che le diverse classi di funzionari possono guidare, in modo che utilizzino auto di produzione nazionale.

Probabilmente conoscete le proposte di continuare ad acquistare queste auto. Sarebbe facile da fare, perché la logistica è snella.

Ilya Doronov: Intende l’acquisto di auto straniere?

Vladimir Putin: Sì, è così. Ma ho anche detto che ho dei dubbi sul fatto di continuare questa pratica, per usare un eufemismo.

Il Governo e la Direzione della gestione delle proprietà presidenziali hanno coordinato un sistema che indica la classe di auto che i funzionari possono guidare. Che usino auto di fabbricazione russa.

Ilya Doronov: Quando vedremo il primo funzionario farlo?

Vladimir Putin: Inizieranno a farlo ora. Le acquisizioni inizieranno a breve.

Si tratta di questioni pratiche. Le acquisizioni inizieranno a breve. Franky, non so quando esattamente, ma inizieranno presto.

Ilya Doronov: Vorrei fare una domanda sulle auto cinesi.

Quest’anno le importazioni di auto cinesi sono aumentate del 543%. Secondo le previsioni, quest’anno verranno importati quasi mezzo milione di auto cinesi. C’è il rischio che dominino il nostro mercato e che diventiamo dipendenti dall’industria automobilistica cinese?

Vladimir Putin: No, stiamo lavorando a questo progetto insieme.

Prendiamo le auto della Grande Muraglia, che hanno iniziato a essere assemblate vicino a Mosca.

Ilya Doronov: La Haval viene assemblata a Tula.

Vladimir Putin: Sì, a Tula. Il governatore me ne ha presentata una.

È una buona auto. Stiamo sviluppando la nostra industria automobilistica. Per fortuna, lo stiamo facendo sempre più su basi proprie e stiamo aumentando la localizzazione. Presto verranno prodotte anche auto di Moskvich. Il sindaco di Mosca mi ha detto di recente come sta procedendo il progetto. E le nostre auto Lada saranno migliorate. Dobbiamo farlo sulla nostra base.

Certo, quando assemblavamo le auto quasi al 100% con componenti stranieri, com’era la nostra produzione? Aumenteremo i livelli di localizzazione. Certo, ci vuole tempo, ma è la cosa giusta da fare dal punto di vista dello sviluppo dell’industria automobilistica del nostro Paese sulle nostre basi.

Non abbiamo intenzione di chiudere completamente, né di dedicarci al fai-da-te.

Abbiamo prodotto Aurus? Sì, l’abbiamo fatto.

Ilya Doronov: Ma quanto costa?

Vladimir Putin: Sì. Il prezzo è alto perché non ne producono abbastanza. Quando entrerà in produzione di serie, il prezzo si dimezzerà. Certo, ci vuole tempo, ma sarà il nostro stesso sviluppo. Si tratta di acquisire e ripristinare competenze, di tasse e di posti di lavoro. Non c’è bisogno che ve lo dica. Tutti sanno cosa c’è dietro. Ma allo stesso tempo, collaboreremo con chi vuole lavorare con noi.

Ilya Doronov: Chiederò…

Vladimir Putin: I funzionari devono certamente guidare auto nazionali.

Ilya Doronov: Anche i prezzi del carburante sono legati alle auto. Lei se ne è occupato personalmente, ma il diesel ha già superato i 61 rubli e anche la benzina sta diventando più cara. Vedo che molte persone hanno una domanda negli occhi: cosa sta succedendo? E lo vedo in ogni tipo di conversazione a tavola, dove si discute del prezzo del carburante.

Perché sta succedendo? Riusciremo a risolvere il problema?

Vladimir Putin: Sì, certo, il governo ci sta lavorando. Credo che i nostri produttori di prodotti petroliferi abbiano ragione. Il Governo avrebbe dovuto reagire tempestivamente. Sono state prese decisioni appropriate, ma non molto tempo fa, per mantenere la parità tra i prezzi del mercato esterno e quelli del mercato interno. Poi, questi meccanismi sono stati cancellati. Il Governo non ha reagito tempestivamente ai cambiamenti del mercato globale dovuti all’aumento del prezzo del petrolio.

Tuttavia, questa è una posizione regolamentata, e proprio ieri ho parlato con il signor Sechin, che ha una sua posizione. Ma in generale, i produttori e il Governo si sono accordati tra loro sulle azioni da intraprendere nel prossimo futuro.

Per noi è molto importante fornire ai produttori agricoli il gasolio.

Ilya Doronov: Sì, il Ministero dell’Agricoltura ha già lanciato l’allarme.

Vladimir Putin: Sì. C’era una carenza fisica di gasolio. Ma ora è fisicamente disponibile, e il problema è la regolazione dei prezzi.

Prima c’erano diversi meccanismi. Nel 2009, quando ero a capo del Governo, è stata presa una decisione – un intero faldone – sulla nostra interazione con le compagnie di carburante e di energia, e tutto è stato definito nei dettagli.

Tra l’altro, questa risoluzione è ancora in vigore, ma non viene applicata. Vengono utilizzati altri strumenti, il cosiddetto ammortizzatore. Vi ho già detto che si tratta di trovare un equilibrio tra prezzi esterni e interni. Ma è stato dimezzato e ha perso la sua efficacia precedente.

Gli strumenti sono noti e gli accordi sono in vigore. Spero che questo faccia la differenza nella situazione attuale.

Ilya Doronov: Ho una domanda sulla Camera dei Conti: è senza capo dal novembre dello scorso anno. Qual è il motivo? Alexei Kudrin era così bravo che non riescono a trovare un sostituto? Se è così, perché lo hanno lasciato andare a Yandex?

Vladimir Putin: Prima di tutto, la Russia non ha un sistema di schiavi: se voleva andare a lavorare nel mondo degli affari, non potevamo costringerlo a restare. Anche se era davvero il più adatto per quel lavoro; era stato anche un buon ministro delle Finanze.

La Camera dei Conti sta lavorando ed è abbastanza efficace. Ha effettuato circa 1.000 audit. Non sono sicuro della cifra, ma credo che abbiano rivelato violazioni per 1.600 miliardi di rubli.

La Camera dei Conti ha un presidente ad interim, ma questo non influisce sulla qualità del suo lavoro. Credo che la questione del personale sarà risolta al momento opportuno, quando il Parlamento e il Governo selezioneranno i candidati adatti. Non è un problema che ostacola il lavoro dell’agenzia.

Ilya Doronov: Ho citato Yandex per un motivo. Recentemente, Arkady Volozh ha creato il suo sito web ufficiale, dove dice – cito testualmente – di essere “un imprenditore tecnologico israeliano nato in Kazakistan” che “ha co-fondato Yandex N.V., quotata al NASDAQ, una delle più grandi società internet in Europa”. Vi ricordo che Volozh è nato nel 1964, quando il Kazakistan faceva parte dell’Unione Sovietica, ma nella sua pagina biografica non c’è alcun riferimento all’Unione Sovietica.

Ci sono altri uomini d’affari che esprimono pubblicamente la loro opinione, compresa quella sull’operazione militare speciale.

Qual è, secondo lei, il limite da non superare? Una linea che anche coloro che hanno contribuito al valore della nazione come Yandex non dovrebbero oltrepassare?

Vladimir Putin: Non sta a me tracciare questa linea. Dovrebbe essere nella mente e nella coscienza di chi fa certe affermazioni.

Vorrei sottolineare che nella maggior parte dei casi le persone fanno queste dichiarazioni perché vogliono preservare i loro affari, preservare i loro beni, soprattutto se si sono trasferiti e hanno deciso di legare la loro vita a un altro Paese.

Lui vive in Israele e posso immaginare che, per vivere una vita buona e prospera lì e avere buoni rapporti con le autorità, debba fare certe dichiarazioni. È rimasto in silenzio per molto tempo prima di decidere di fare una dichiarazione. Dio gli conceda la salute e che possa vivere bene lì. Francamente, non siamo particolarmente infastiditi da ciò che ha detto.

Ma in generale, se una persona è cresciuta su questo suolo, ha ricevuto un’istruzione e ha avuto successo, dovrebbe avere un certo rispetto per il Paese che gli ha dato tutto. Non mi riferisco a Volozh – è una persona di talento che ha creato un’ottima azienda e ha selezionato un team – ma in generale.

Sì, si può immaginare che una persona non sia d’accordo con l’operato delle autorità attuali. Ha il diritto di esprimere le sue opinioni? Certamente. Ma qui ci sono alcuni punti fermi.

Possiamo schierarci con i nostri avversari geopolitici e stare al loro fianco, danneggiando così gli interessi del nostro Paese, oppure possiamo agire diversamente. Le sfumature sono molte. Le persone decidono da sole chi sono. Hanno un senso di identità nazionale? O preferisce imitare e sentirsi un’altra persona, non un russo nato nell’Unione Sovietica? Una persona fa le sue scelte.

Siate certi che i cittadini comuni della Russia, il nostro popolo, capiscono tutto perfettamente e non c’è modo di ingannare nessuno. Se qualcuno ha scelto un nuovo destino, che provi a farsi conoscere lì, a mettersi alla prova e a ottenere risultati. Perché chiunque sia, qualsiasi risultato abbia ottenuto, l’ha ottenuto qui e non è garantito che otterrà lo stesso risultato in un altro luogo. Questa è la loro scelta.

Ilya Doronov: Un’altra domanda sul tema dei nuovi destini: a luglio è stato pubblicato sulla rivista russa Voprosy Ekonomiki un articolo di un esperto indipendente di Glasgow. Glasgow è la Scozia.

Vladimir Putin: Ne sono consapevole.

Ilya Doronov: Lo dico per il pubblico. Non ho dubbi che lei ne sia a conoscenza.

L’articolo si intitola “I mancati pagamenti nell’economia russa degli anni Novanta: Un’istituzione imprevista”. Sapete chi l’ha scritto? Anatoly Chubais. In questo articolo viene presentato come un ricercatore britannico indipendente.

Ho una domanda: lei si fida dei ricercatori britannici?

Vladimir Putin: Sa, mi fido dei ricercatori indipendentemente dalla loro nazionalità. Se sono persone serie, ricercatori seri, non solo mi fido di loro, ma ammiro il loro lavoro, la loro vita e i risultati del loro lavoro, perché un vero scienziato è immerso nell’argomento su cui sta lavorando. Queste persone mettono tutta la loro vita nella causa a cui si dedicano, anche a costo della loro stessa vita. Gli esempi nel nostro Paese e all’estero abbondano.

Se si divertono, non sono certo scienziati, ma piuttosto quasi-scienziati che intrattengono il pubblico. Non è nemmeno una cosa negativa, lasciateli divertire. Anche se una scelta migliore sarebbe quella di andare al circo e assistere a uno spettacolo.

Il fatto che il signor Chubais si stia nascondendo per qualche motivo… Mi è stata mostrata una foto online in cui non è più Anatoly Borisovich Chubais, ma un certo Moshe Israelievich che vive da qualche parte… Non sono sicuro del motivo per cui lo sta facendo e del motivo per cui è scappato.

Vedete, potrebbe anche avere a che fare con il fatto che ci sono processi complessi in corso nell’industria delle nanotecnologie che lui ha diretto per molti anni. C’è un grosso buco lì, un enorme buco finanziario, davvero. Non vi dirò nemmeno le cifre, grandi cifre. Per fortuna, non ci sono casi penali o procedimenti giudiziari in corso. Forse è collegato a questo, e teme che alla fine si arrivi a un caso penale e per questo si è dato alla clandestinità in Israele. Francamente, non ho idea del perché l’abbia fatto.

Ilya Doronov: L’opinione di un uomo che ha lavorato a Dresda, giusto?

Vladimir Putin: Beh, è un’assurdità. Scrive anche… Non è uno sciocco. Non ho letto questo articolo, forse ha scritto qualcosa di utile. Ma, a quanto pare, ha fallito nel suo compito di capo di una grande azienda creata per sviluppare le nanotecnologie. Almeno dal punto di vista economico e finanziario ha fallito.

Ilya Doronov: La domanda riguarda la privatizzazione e, stranamente, la deprivazione. La nuova privatizzazione in Russia è un’idea ampiamente discussa, ma la deprivatizzazione – il processo con cui lo Stato si appropria dei beni – è oggi una preoccupazione molto più grande per le imprese. Se ne discute sia qui, a margine dell’EEF, sia a Mosca. Ci sono diversi precedenti.

Gli imprenditori dicono di non essere sicuri che alcune regole siano cambiate e di essere incerti sul futuro. La questione è critica. Come commenterebbe la questione?

Vladimir Putin: No, non è prevista alcuna privazione, non ci sarà alcuna privazione, posso dirlo con certezza.

L’ufficio del procuratore sta indagando su alcuni casi, su alcune aziende, ma è un’altra cosa: le forze dell’ordine sono autorizzate a indagare su ciò che accade nell’economia in casi specifici, ma questo non ha nulla a che fare con una politica di privatizzazione. Questo non accadrà, e Igor Krasnov [Procuratore generale] conosce il mio approccio. Signor Krasnov?

Ilya Doronov: Sì, è in questa sala e sta annuendo.

Vladimir Putin: Sta facendo cenno di saperlo.

Ilya Doronov: Quindi, le imprese possono essere sicure che nessuno renderà la loro vita un incubo, come lei ha detto più volte?

Vladimir Putin: Nessuno renderà la vita di nessuno un incubo, ma tutti devono rispettare le leggi della Federazione Russa. E se non lo fanno, devono essere pronti ad affrontare le indagini della Procura, del Comitato Investigativo e della Camera dei Conti su ciò che sta accadendo, anche nella sfera economica, ed esortare tutti a rispettare la legge russa. Ma nessuno sarà perseguito semplicemente per aver fatto affari.

Inoltre, vorrei sottolineare ancora una volta, soprattutto nelle condizioni attuali: in generale, le aziende russe si comportano in modo altamente responsabile – cercano di mantenere i loro team, di creare nuove catene logistiche e di essere attive. Certo, in molti casi le imprese hanno bisogno di una nuova classe, una classe giovane di imprenditori – anche questo è vero. Ma nessuno sta dicendo che abbiamo bisogno di una privazione o di una ridistribuzione. No, questo non succederà.

Ilya Doronov: Anche il capo dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori Alexander Shokhin è stato intervistato dalla RBC. L’intervista è stata rilasciata oggi. Cito: “Ci sono domande sui nuovi proprietari dei beni nazionalizzati. Se un bene diventa proprietà dello Stato, dove va a finire?”. Questa è una grande preoccupazione per le imprese.

Vladimir Putin: Se un bene diventa di proprietà dello Stato, viene sottoposto alle procedure previste dalla legge. Se il bene viene affidato alla gestione di agenzie statali, queste lo gestiscono in conformità alla legge, che prevede gare d’appalto pubbliche.

Ilya Doronov: Il prossimo tema è quello delle imprese e dell’iniziativa privata. Oggi, guarda caso, è la data – chiedo anche a voi di applaudire – in cui il 12 settembre 1959 l’Unione Sovietica ha lanciato la stazione interplanetaria Luna-2. È stato il primo veicolo della storia ad aver lanciato la stazione interplanetaria. Fu il primo veicolo della storia a raggiungere la superficie della Luna. Ringraziamo coloro che hanno costruito quella stazione.

E come sappiamo, Luna-25 non è riuscita nell’intento.

Quindi, la domanda è: non è forse giunto il momento di pensare di introdurre l’iniziativa privata anche nell’esplorazione spaziale? Elon Musk sta lanciando con successo veicoli spaziali. Non è turbato dal fatto che abbiamo iniziato a perdere la nostra posizione di leader nell’esplorazione spaziale?

Vladimir Putin: No. L’esplorazione spaziale è un’impresa complessa e responsabile, legata all’alta tecnologia. Qui non abbiamo solo esperienza pratica, ma anche competenze eccellenti.

Per quanto riguarda l’atterraggio in un sito dove nessuno è mai atterrato prima, sì, è un lavoro difficile, ovviamente, e sarà analizzato di conseguenza, e il lavoro continuerà. È un peccato, naturalmente, che l’allunaggio non abbia avuto luogo, ma questo non significa che intendiamo porre fine al programma. Continueremo a lavorarci. Non si sono verificati incidenti di questo tipo in altri Paesi, anche più gravi e con gravi conseguenze? Certo, si tratta sempre di affrontare l’incertezza. Quindi, non c’è nulla di strano in questo caso, anche se vorremmo che la prossima volta tutto riuscisse.

Ma continueremo questo lavoro e ne rafforzeremo alcune aree.

Per quanto riguarda gli affari privati, Elon Musk è certamente una persona eccezionale, va riconosciuto, credo che questo sia riconosciuto in tutto il mondo. È un uomo d’affari energico e di talento e sta realizzando molte cose, anche con il sostegno dello Stato americano. Da parte nostra, anche noi abbiamo intenzione di sviluppare questo settore. Roscosmos ha portato avanti progetti sostenuti dal governo per attirare investitori privati in questo settore di attività, e li stiamo già attirando con successo.

Ilya Doronov: È giunta notizia che lei visiterà il [cosmodromo] di Vostochny. Cosa dobbiamo aspettarci da questa visita?

Vladimir Putin: Ho un programma per la mia visita, e scoprirete tutto quando sarò lì.

Ilya Doronov: Bene, d’accordo.

Il problema della demografia riguarda sia la Russia che l’Estremo Oriente. Lei ha appena detto che 12 milioni di persone vivono al di là degli Urali. Ci sono statistiche ufficiali: secondo Rosstat, nell’ultimo anno la popolazione russa è diminuita di 555.000 persone.

Perché secondo lei, nonostante tutte le misure adottate dallo Stato, non riusciamo a invertire la situazione demografica?

Vladimir Putin: In generale, penso che si stia fallendo ovunque: se c’è una tendenza al ribasso, è molto difficile da superare. Questo è dovuto all’enorme numero di input che sono difficili da comprendere per i non addetti ai lavori.

Ciò è dovuto al tenore di vita e alle molte priorità che hanno le famiglie e le donne in età fertile e riproduttiva. Perché è necessaria un’istruzione, poi è necessario iniziare una carriera, quindi il primo figlio arriva a 30 anni, non c’è tempo per il secondo e così via. Ci sono molti fattori.

Per quanto riguarda la Russia, ne ho già parlato molte volte, gli esperti lo sanno: abbiamo avuto due grandi cali, che ci hanno dato un numero relativamente basso di persone in grado di riprodurre nuova prole: negli anni 1943-1944, quando c’è stato un forte calo del tasso di natalità, e nei primi anni ’90, purtroppo.

I primi anni ’90 sono anche il periodo in cui Anatoly Chubais e il suo team erano attivi. Possiamo ridere, ma hanno fatto molto per compiere passi verso una netta transizione verso l’economia di mercato in Russia. È difficile dire chi avrebbe potuto fare meglio e come. È sempre più facile criticare.

In ogni caso, hanno adottato misure dure, che hanno portato, tra l’altro, al collasso quasi totale del sistema sociale, all’impoverimento di massa e al forte calo del tasso di natalità: come durante la Grande Guerra Patriottica, nel 1943-1944.

Quindi, questi due grandi cali si susseguono a ondate, di volta in volta, e così ci troviamo di nuovo di fronte a questa insidia demografica dopo qualche anno – credo dopo 10 o 15 anni: le persone raggiungono l’età fertile, ma sempre meno per definizione, e ora ci troviamo in questa fase.

Tuttavia, molto è stato fatto per questo. C’è stato un momento in cui il nostro tasso di natalità è aumentato e ha raggiunto numeri positivi.

Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione è l’aspettativa di vita, che in Russia sta crescendo. Nel 2021, l’aspettativa di vita media era di 71 anni, mentre ora è di oltre 73, credo addirittura di 73,6 anni. C’è stato un momento, credo a giugno, in cui ha superato di poco i 74 anni, se si calcola anno per anno.

In secondo luogo, è necessario, ovviamente, ridurre il tasso di mortalità e aumentare il tasso di natalità. C’è un altro modo: un afflusso migratorio. Quindi, dobbiamo lavorare su tutti i fattori.

Lei ha accennato al fatto che stiamo attuando tutta una serie di misure a sostegno delle famiglie con bambini, della maternità e dell’infanzia; non mi dilungherò ora, perché si tratta di un’intera grande raccolta. Abbiamo introdotto il capitale di maternità, che stiamo aumentando; abbiamo introdotto il capitale di maternità per il primo figlio, e così via. Dobbiamo intensificare queste misure e lavorare nel settore sanitario per sostenere la maternità e l’infanzia. Faremo tutto questo.

Solo di recente abbiamo registrato una crescita naturale della popolazione. Purtroppo non siamo riusciti a mantenere questa tendenza. Dobbiamo lavorare sodo in tutti i settori, compreso, tra l’altro, quello dell’informazione, aumentando il prestigio della maternità e della paternità con il sostegno dell’opinione pubblica e dei media, per…

Ilya Doronov: Per ispirare.

Vladimir Putin: Ispirare le persone ad avere una buona famiglia sana, promuovere i valori tradizionali, compresi quelli religiosi. Si tratta di una serie di azioni. Ci lavoreremo, ma questo deve essere fatto dall’intera società.

Ilya Doronov: Ho una nonna di 96 anni che era la decima figlia della famiglia. Oggi non si vedono praticamente più famiglie di questo tipo.

Vladimir Putin: Perché, esistono. Cerchiamo di sostenere le famiglie numerose, dove ci sono dieci o più figli.

Ilya Doronov: Una domanda che va oltre il tema della demografia.

I demografi della Scuola Superiore di Economia hanno calcolato che per mantenere la popolazione russa a 146 milioni di persone, ogni anno per 80 anni dovranno entrare 390.000 migranti. Nello scenario negativo, saranno necessari 1,1 milioni di migranti all’anno.

Non riuscite a vedere il pericolo che c’è in tutto questo? Non diventeremo come alcune zone degli Stati Uniti o del Belgio? Ad esempio, ad Anversa sta accadendo qualcosa con i migranti e la polizia non può entrare nell’area.

Vladimir Putin: Sì, certo, dobbiamo tenerlo presente e non permettere in nessun caso che ciò accada in Russia. Questo è un momento molto delicato nella vita dello Stato russo. L’economia, ovviamente, richiede l’impiego di lavoratori immigrati in alcuni settori, soprattutto in quello delle costruzioni. Credo che lì lavori il 33% di tutti gli immigrati.

In generale, non abbiamo così tanti migranti che lavorano nel mercato del lavoro: solo il 3,7% del numero totale di lavoratori. Si tratta di una questione molto delicata, legata all’economia, alla sfera sociale e alla condizione morale della società.

Tra l’altro, per noi è più facile che per i Paesi europei o gli Stati Uniti, perché abbiamo un afflusso di lavoratori dalle ex repubbliche sovietiche. Per noi è più facile lavorare con loro; i leader di questi Paesi comprendono la situazione e sono pronti a collaborare.

Stiamo offrendo programmi di formazione pre-immigrazione con molti Paesi. A cosa servono? Aiutano le persone che intendono lavorare in Russia a imparare la lingua russa e le leggi della Federazione Russa. Abbiamo bisogno che queste persone capiscano che se si trasferiscono in un altro Paese devono rispettare le nostre tradizioni, la nostra cultura e così via. C’è molto lavoro da fare. Dobbiamo continuare a lavorare con loro.

Tra l’altro, questo è importante anche per i nostri cittadini, i cittadini della Federazione Russa, affinché gli immigrati non rappresentino un fattore di disturbo per loro. Questa è la nostra priorità. Dobbiamo certamente pensare prima agli interessi dei cittadini russi.

Quindi, se accettiamo gli immigrati, dobbiamo certamente scegliere quelli che contribuiranno a migliorare lo sviluppo economico della Russia.

C’è un’altra alternativa, semplice e complicata allo stesso tempo. La parte semplice è che potremmo non aver bisogno di una forza lavoro così grande di immigrati se introduciamo una nuova tecnologia che elimina molta manodopera.

Questo ci porta a risolvere un altro problema: lo sviluppo della tecnologia, l’aggiornamento delle strutture e delle attrezzature e così via. Questa è la parte difficile, perché non si può fare da un giorno all’altro. Richiede investimenti consistenti, azioni sicure e duro lavoro. Ci sono molti modi per affrontare questo difficile problema: dobbiamo solo lavorarci. E lo faremo.

Ilya Doronov: Ora farò una domanda che diventa ogni giorno più rilevante e pressante.

Inizierò con le elezioni regionali che si sono appena concluse. Diverse regioni del Distretto Federale dell’Estremo Oriente hanno votato nel giorno delle elezioni nazionali – di fatto, quest’anno i russi hanno potuto votare nell’arco di tre giorni. Congratuliamoci con i candidati vincitori.

Tre anni fa, quando le è stato chiesto se avrebbe cercato la rielezione, ha risposto che non aveva ancora deciso. Ora mancano sei mesi alla campagna presidenziale. È ancora indeciso se candidarsi?

Vladimir Putin: La legge dice che il Parlamento deve designare le prossime elezioni alla fine dell’anno. Quando la decisione sarà presa, le elezioni saranno annunciate, la data sarà stabilita e poi ne parleremo.

Ilya Doronov: Ok, allora possiamo chiederle.

Ho una domanda sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Quali sono le sue aspettative in merito? Si svolgeranno l’anno prossimo e stanno accadendo cose strane; sappiamo che Trump potrebbe essere arrestato in qualsiasi momento.

Vladimir Putin: Perché dovremmo preoccuparci? Credo che non ci saranno cambiamenti fondamentali nella politica estera degli Stati Uniti nei confronti della Russia, indipendentemente da chi diventerà Presidente.

È vero che sentiamo il signor Trump dire che può risolvere molti problemi gravi, tra cui la crisi ucraina, in pochi giorni. Beh, c’è di che essere contenti. Sarebbe un bene. Ma, nel grande schema delle cose, noi… tra l’altro, nonostante le accuse di avere legami speciali con la Russia, che sono un’assurdità assoluta, ha imposto il maggior numero di sanzioni alla Russia durante la sua presidenza. Quindi, è difficile dire cosa aspettarsi da un nuovo Presidente, chiunque esso sia. È improbabile, tuttavia, che si verifichi un cambiamento cruciale, perché le autorità attuali hanno condizionato la società americana a essere anti-Russia per natura e spirito; le cose stanno così. L’hanno fatto e ora sarà molto difficile per loro invertire la rotta. Questo è il primo punto.

In secondo luogo, considerano la Russia come un avversario esistenziale e costante o addirittura un nemico e impiantano questa idea nella testa degli americani comuni. Questo non è positivo perché favorisce l’ostilità. Ciononostante, in America ci sono molte persone che desiderano costruire relazioni commerciali buone e amichevoli con noi e, inoltre, condividono molte delle nostre posizioni, soprattutto dal punto di vista della conservazione dei valori tradizionali. Abbiamo molti amici e persone che la pensano come noi. Ma, ovviamente, vengono soppressi.

Non abbiamo quindi modo di sapere chi sarà eletto, ma chiunque sia, è improbabile che la politica antirussa degli Stati Uniti cambi.

Per quanto riguarda la persecuzione di Trump, beh, nelle condizioni attuali, a mio avviso, è una buona cosa.

Ilya Doronov: Perché?

Vladimir Putin: Perché rivela il marcio sistema politico americano, che non dovrebbe pretendere di insegnare agli altri la democrazia.

Tutto ciò che sta accadendo a Trump è la persecuzione politica di un rivale politico. Ecco cos’è. E sta avvenendo sotto gli occhi dell’opinione pubblica statunitense e del mondo intero. Hanno esposto i loro problemi interni. In questo senso, se stanno cercando di combatterci, è un bene perché mostra, come si diceva in epoca sovietica, l’aspetto bestiale dell’imperialismo americano, la sua smorfia bestiale e ringhiosa.

Ilya Doronov: Sì, me lo ricordo.

Visto che ha sollevato questo argomento, mi permetta di condividere con lei un’altra citazione, ma questa volta non le dirò a chi appartiene, e lo faccio di proposito. “Quando si studia la storia e la cultura della Cina, o della Thailandia, o di un qualsiasi Paese africano, si ritiene essenziale provare un certo rispetto per i tratti distintivi di quella cultura. Ma quando si parla dei mille anni di cristianesimo orientale in Russia, i ricercatori occidentali provano per lo più solo stupore e disprezzo: perché mai questo strano mondo, un intero continente, si è ostinato a rifiutare la visione occidentale delle cose? Perché si è rifiutato di seguire il percorso manifestamente superiore della società occidentale? La Russia è categoricamente condannata per ogni caratteristica che la distingue dall’Occidente”.

Lei ha appena parlato di un nemico esistenziale. Questa citazione, tra l’altro, appartiene a Solzhenitsyn, che ha lasciato il Paese, ha vissuto in Occidente e poi è tornato.

Da dove deriva, secondo lei, questo atteggiamento nei nostri confronti?

Vladimir Putin: Innanzitutto, vorrei dire che le conversazioni che ho avuto con Alexander Solzhenitsyn mi hanno convinto che era onesto e sincero nei suoi sentimenti patriottici verso la Russia. In un certo senso, era un nazionalista, ma nel senso positivo e civile del termine. Per questo motivo, non mi sorprende che questa citazione gli appartenga. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, tutto ciò che riguarda le relazioni della Russia con l’Occidente ruota attorno agli interessi geopolitici dei Paesi occidentali. Questo vale per tutti questi attacchi, anche in ambito spirituale: sono tutti un’estensione di questo confronto geopolitico. Naturalmente, l’Occidente ha cercato a lungo di convertire la Russia al cattolicesimo e di portarla sotto il dominio della Santa Sede. E quando ciò è fallito, si è cominciato a cercare il modo di presentare il nostro Paese come l’Impero del Male. È stato Reagan a coniare questa frase, ma in realtà lo vediamo fin dal Medioevo, o forse anche prima.

Ogni volta che la Russia ha alzato la testa ed è emersa come un vero concorrente geopolitico, e sto parlando di concorrenza e nient’altro, la Russia si è immediatamente scontrata con le politiche di contenimento di qualcuno. Allo stesso modo, l’Occidente sta cercando di contenere la Cina nel suo sviluppo, visto che sotto la guida del Partito Comunista Cinese e con il nostro amico Presidente della Repubblica Popolare Cinese al timone, il Paese ha fatto grandi passi avanti nel suo sviluppo. Per loro questo è uno shock e stanno facendo di tutto per rallentare lo sviluppo della Cina. Ma non sono stati in grado di farlo, sono in ritardo. È un’occasione persa per loro, ed è già troppo tardi. Questo è un processo oggettivo.

Non si tratta solo della Cina. C’è anche l’India e l’Indonesia. Emergeranno nuovi centri di potere e nel tentativo di contenere questi processi alcuni Paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, non faranno altro che farsi del male.

Ilya Doronov: Possiamo chiederle di condividere con noi un segreto?

Ricorda la visita di Xi Jinping…

Vladimir Putin: Non condivido mai informazioni segrete. Come potete pensare il contrario? Dopotutto, lavoravo per il KGB.

Ilya Doronov: Capisco. In questo caso, se possibile, può condividere con noi un’intuizione.

Xi Jinping ha visitato la Russia, e ricordiamo il video in cui lo avete visto partire, e ha detto: abbiamo avviato un cambiamento che non si vedeva da 100 anni. Cosa intendeva dire?

Vladimir Putin: Sa, ci siamo parlati a tu per tu per quattro ore. C’erano così tante sfumature e dettagli.

Posso solo dire che negli ultimi anni abbiamo raggiunto un livello senza precedenti nelle nostre relazioni. Questo vale per le nostre interazioni in tutti i loro aspetti.

Oggi abbiamo avuto un incontro con la delegazione cinese. Rispetto alle nostre statistiche, quelle cinesi mostrano un volume di scambi commerciali ancora maggiore tra i nostri Paesi. Abbiamo tutte le possibilità di raggiungere forse i 200 miliardi di dollari di scambi commerciali quest’anno, anche se non posso essere sicuro che ci riusciremo perché dipende da vari fattori mutevoli come le fluttuazioni dei prezzi o i tassi di cambio delle valute, quindi dovremo aspettare e vedere come influiscono. Ma ciò che conta è che siamo proattivi nel promuovere la nostra cooperazione, piuttosto che le cifre specifiche.

In effetti, abbiamo raggiunto un livello notevole nelle nostre relazioni sulle questioni di sicurezza internazionale e in termini di coordinamento delle nostre posizioni. Agiamo nel reciproco interesse e cerchiamo di ascoltarci su molte questioni importanti. Ciò significa sia ascoltare e sentire, sia rispondere a livello governativo, a livello di capi di Stato, a livello ministeriale, nonché nei contatti tra le agenzie e le istituzioni militari e di sicurezza. Abbiamo migliorato la nostra cooperazione e raggiunto livelli senza precedenti in questo senso.

Ma c’è un fatto interessante: non stiamo creando alcuna alleanza militare o cercando di usare la nostra amicizia contro qualcuno. La nostra amicizia è pensata per servire il nostro popolo. Questo è il modo in cui possiamo andare avanti.

Ilya Doronov: Tutto sembra perfetto per quanto riguarda le nostre relazioni con la Cina, ma ci sono anche dei problemi. Ho parlato con i dirigenti d’azienda e cosa mi hanno detto? Per esempio, la Cina non ha fretta di portare la sua produzione in Russia e cerca soprattutto di esportare qui più prodotti finiti. E non possiamo dire che il mercato interno cinese sia completamente aperto ai nostri prodotti non di base. Inoltre, non vediamo molta voglia da parte degli investitori cinesi di utilizzare gli strumenti offerti dal mercato azionario russo.

Qual è il problema?

Vladimir Putin: La Cina è un Paese indipendente e dà priorità ai propri interessi. Lo stesso vale per la Russia, che persegue i propri interessi.

Sarebbe sbagliato sostenere che non rispondiamo alle richieste dell’altro. Permettetemi di citare una questione delicata che riguarda l’apertura del mercato cinese alle nostre compagnie carbonifere e minerarie. Anche la Cina deve affrontare alcune sfide nell’industria del carbone e vuole che i suoi minatori forniscano i loro prodotti al mercato interno, ma ha comunque aperto il suo mercato ai nostri produttori di carbone, e questo è stato uno sforzo notevole. In effetti, non abbiamo ancora raggiunto un accordo sulla carne di maiale, ma loro hanno i loro contratti e il governo è stato riluttante a interferire in questi affari, dato che queste aziende hanno legami di lunga data. Dobbiamo risolvere il problema della peste suina africana. Dobbiamo affrontare queste sfide? Sì, le affrontiamo. E dobbiamo affrontarle.

Sono tutte questioni attuali e in corso, e dobbiamo affrontarle al livello corrispondente. Stiamo facendo progressi su tutti questi fronti e non ho dubbi che riusciremo a risolvere le questioni da lei citate.

Tuttavia, dobbiamo fare la nostra parte e dimostrare i vantaggi che abbiamo da offrire. I nostri partner cinesi si sono dimostrati piuttosto ricettivi nei confronti delle nostre iniziative. Lei ha detto che si astengono dall’avviare attività produttive in Russia, ma non lo hanno fatto anche a Tula?

Ilya Doronov: Uno stabilimento automobilistico.

Vladimir Putin: Una fabbrica di automobili. Come fa a dire che non aprono impianti di produzione qui? In effetti lo fanno.

Ma devono esplorare il mercato, valutare l’investimento che sono disposti a offrire e i potenziali ritorni, giusto? Ciò significa che dobbiamo affrontare alcune questioni da parte nostra per offrire agli investitori condizioni favorevoli.

Siamo stati abbastanza bravi nell’alta tecnologia, e il progetto di costruire centrali nucleari in Cina va avanti, e in effetti ce ne sono parecchie. Naturalmente, la Russia è un fornitore leader in questo settore con prestazioni eccellenti, sia a livello nazionale che internazionale. I nostri partner cinesi lo riconoscono e ci offrono questi progetti e ci permettono di utilizzare questi siti, nonostante il fatto che anche loro stiano sviluppando il loro settore nucleare. Tuttavia, sono stati disposti a venirci incontro perché le nostre proposte presentano vantaggi competitivi.

Per esempio, dobbiamo trovare un terreno comune sul progetto degli aerei a fusoliera larga. Si tratta di un compito impegnativo, ma stiamo facendo progressi, anche se i colloqui vanno avanti da tempo, ma dobbiamo comunque ottenere risultati. Per fare un altro esempio, nella produzione di elicotteri abbiamo un chiaro vantaggio competitivo sul mercato internazionale, ma questo non ci ha impedito di lavorare con la Cina. Produrremo elicotteri per il trasporto pesante – c’è un accordo anche in questo senso. Abbiamo lavorato insieme nel settore spaziale e, nonostante alcune sfide, anche in questo caso abbiamo dei vantaggi competitivi. Sono abbastanza disposti a lavorare con noi.

Ancora una volta, dobbiamo riconoscere che la Repubblica Popolare Cinese ha raggiunto molti risultati nell’alta tecnologia sotto la guida del suo attuale leader. È nostro dovere parlarne con loro, e questo lavoro è in corso. Dobbiamo capire in che modo possono trarre vantaggio dalla collaborazione con noi, per offrire loro condizioni favorevoli. È una normale prassi commerciale. Il fatto che poggi su una solida base di fiducia reciproca non può essere sottovalutato. Sono certo che andremo avanti.

Ilya Doronov: Lei ha parlato di alta tecnologia. Probabilmente non sa che i cinesi hanno sconvolto gli Stati Uniti quando hanno prodotto da soli un chip a 7 nanometri e lo hanno utilizzato nei loro nuovi smartphone.

Vladimir Putin: Non è questo che ha spaventato gli americani. Gli Stati Uniti hanno paura della Cina perché qui vivono 1,5 miliardi di persone e questa economia sta facendo passi da gigante nel suo sviluppo. È questo che spaventa gli Stati Uniti. È una sfida per gli Stati Uniti, questo è certo. Anche i chip sono importanti, naturalmente, ma sono solo una parte della storia.

Ilya Doronov: Bene.

Alcune domande sulla questione di Solzhenitsyn.

A luglio, il corrispondente speciale del quotidiano Kommersant, Andrei Kolesnikov, che domani scriverà su Kommersant un bellissimo articolo su questa sessione plenaria che leggeremo, ha parlato con lei e ha fatto dei paralleli tra oggi e il 1937. Lei ha risposto dicendo che oggi siamo nel 2023.

Non sono d’accordo con Andrei in questo senso; quello che mi viene in mente è il 1922, il “piroscafo dei filosofi”, in realtà ce n’erano più di uno, e le persone venivano mandate fuori dal Paese non solo sui piroscafi; i bolscevichi facevano lasciare il Paese sovietico.

Oggi i dissidenti se ne vanno di loro spontanea volontà e nessuno li obbliga a farlo, ma il Paese sta nuovamente perdendo persone di talento. Come pensa che questa perdita influirà sulla Russia?

Vladimir Putin: Sa, ogni persona fa la sua scelta, e ne abbiamo già parlato. Secondo varie stime condotte da giornalisti, circa 160-170 personalità della cultura hanno lasciato l’estero perché in disaccordo con le politiche dello Stato russo.

Si può essere in disaccordo con le politiche dello Stato russo e continuare a stare qui e a parlarne; nessuno lo vieta. Ma alcuni hanno scelto di andarsene. Questo non è solo legato alla posizione delle persone del mondo dell’arte che non sono d’accordo con l’operato della leadership russa, ma ha anche a che fare con considerazioni materiali.

Negli ultimi anni, molti hanno comprato case o appartamenti all’estero e hanno aperto conti bancari lì. Vogliono tenerseli stretti, hanno paura di perderli. Questa è una delle ragioni, e non dico che sia l’unica. Partono per preservare i loro beni. Sono tenuti – è risaputo – a rilasciare dichiarazioni, a criticare e a denunciare. Quindi, criticano e denunciano.

Per ribadire che ci sono persone che sono sinceramente in disaccordo con ciò che lo Stato russo e le autorità russe stanno facendo. Ma, ripeto, nessuno impedisce loro di criticare mentre sono qui, eppure hanno scelto di andarsene. Così sia, è una loro scelta.

La cultura russa ne ha risentito? Probabilmente sì. Se se n’è andata una persona di talento che avrebbe potuto fare qualcosa qui, probabilmente abbiamo perso qualcosa.

D’altra parte, francamente, forse è meglio che servano gli interessi del Paese che vogliono servire all’estero, piuttosto che qui, dove influenzerebbero milioni di nostri cittadini e promuoverebbero valori non tradizionali. È una questione complessa, ma alla fine ognuno è padrone del proprio destino. Se hanno deciso di andarsene, così sia.

Per fortuna qui tutto funziona, compresi i teatri, le sale da concerto e le sedi espositive. Molti artisti si recano nella zona di operazioni militari speciali per sostenere i nostri eroi in prima linea. Hanno fatto questa scelta. E senza dubbio stanno facendo tutto nell’interesse del popolo russo.

Ilya Doronov: Molto probabilmente, domani o oggi, i membri della nuova ondata di emigrazione guarderanno o leggeranno di questa sessione plenaria sui media occidentali. È importante che sappiano: la strada del ritorno in Russia è aperta per tutti loro, oppure no?

Vladimir Putin: Nessuno l’ha chiusa; ci sono andati da soli. Chi ha detto loro di non tornare? Non possiamo farlo. Di cosa stiamo parlando? La questione è che, secondo la legge russa, un cittadino russo può vivere dove vuole, ma nessuno può revocargli la cittadinanza o negargli l’ingresso nella Federazione Russa.

Ilya Doronov: Ho un’altra domanda.

Riguarda la cosiddetta trasformazione della pena. Ci ricordiamo, o meglio, ne abbiamo letto, che nella Russia zarista c’erano i trasporti penali (esilio) e i katorga (lavori forzati); poi nell’Unione Sovietica c’è stato il Terrore Rosso, le rappresaglie e poi gli ospedali psichiatrici. E ora, nella Russia moderna, abbiamo gli agenti stranieri.

Facendo i conti, ho scoperto che nel nostro Paese il numero di persone e organizzazioni che portano questa denominazione ha superato le 400 unità. Ogni venerdì si aggiungono nuovi nomi e nuovi volti all’elenco.

Non credete che stiamo tirando dentro tutti quelli che ci ostacolano? C’è un meccanismo in atto? Ok, qualcuno è diventato un agente straniero, ma come può smettere di esserlo? Cosa devono fare?

Vladimir Putin: Non stiamo tirando dentro nessuno. Chi stiamo tirando dentro? Questa legge è in vigore negli Stati Uniti dal 1937 o 1938. La nostra legge è quasi una copia, solo che è molto più liberale, e continuiamo a parlarne. Negli Stati Uniti, la legge prevede l’azione penale e la reclusione per determinate azioni.

Chi è un agente straniero in Russia? È una persona che si impegna in attività pubbliche per denaro di uno Stato straniero. E questa legge non vieta loro di continuare a svolgere questa attività, ma impone solo di rivelare le fonti di finanziamento. Sappiamo bene che chi paga il pifferaio chiama la musica. Se sono pagati qui, all’interno del Paese, per svolgere attività pubbliche, dovrebbero almeno mostrare la fonte dei loro finanziamenti. Non c’è nulla di strano in questo.

Tuttavia, ci sono molte sfumature e gli attivisti per i diritti umani me le hanno ripetutamente segnalate. Alcune persone che non sono realmente coinvolte in attività pubbliche, ma che si impegnano nel lavoro ambientale e in altre cose, si ritrovano in questa legge. Sì, la stiamo modificando. Continuo a chiedere alle forze dell’ordine, alla procura e agli organi investigativi di proporre modi per migliorare questa procedura.

Ma se mi sta chiedendo se è possibile revocare questo status, sì, è possibile, e ci sono stati dei precedenti attraverso le sentenze dei tribunali.

Ilya Doronov: Ho una domanda relativa all’Ucraina.

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha recentemente visitato l’Ucraina e poi ha rilasciato un’intervista alla ABC, in cui ha affermato che l’Ucraina è pronta a colloqui con la Russia, aggiungendo che i termini e i futuri confini dipenderanno dall’opinione dell’Ucraina. Tuttavia, ha anche affermato che i colloqui di pace non sono attualmente un’opzione, poiché, cito testualmente, “Bisogna essere in due per ballare il tango”, sottintendendo che la Russia non è disposta a impegnarsi in questi colloqui. Ho due domande. Può commentare questo fatto? E secondo, secondo lei, cosa c’è dietro la posizione del Segretario di Stato americano? L’ha sentita dire a Sochi che la controffensiva è fallita ed è ora di iniziare a parlare?

E la terza domanda: perché il Segretario di Stato americano fa queste dichiarazioni a nome dell’Ucraina?

Vladimir Putin: Dovreste chiedergli perché fa dichiarazioni a nome dell’Ucraina; non ho modo di saperlo.

Per quanto riguarda il processo negoziale: se gli Stati Uniti ritengono che l’Ucraina sia pronta a parlare, allora comincino a revocare l’ordine esecutivo del Presidente ucraino che vieta i colloqui. Esiste un ordine esecutivo presidenziale in cui egli vieta a se stesso e a chiunque altro di tenere colloqui. Blinken dice di essere pronto. Bene, che inizino cancellando questo decreto o ordine esecutivo, o come lo chiamano; questo sarebbe il primo passo.

Ora, per quanto riguarda la situazione generale. Molte persone, me compreso, lo capiscono: L’Ucraina sta conducendo quella che chiamano una controffensiva. Non ci sono risultati, ovviamente. Evitiamo di definirla un fallimento o meno. Non ci sono risultati. Ci sono state perdite significative. Dall’inizio della controffensiva, hanno perso 71.500 uomini. E vogliono ottenere risultati ad ogni costo, come si suol dire. A volte sembra che non siano nemmeno i loro uomini quelli che stanno lanciando in questa controffensiva; è come se non fossero i loro uomini. Francamente… questo è ciò che mi dicono i comandanti in prima linea. È incredibile.

Ilya Doronov: Parla con loro al telefono?

Vladimir Putin: Sempre.

Hanno subito perdite significative, tra cui 543 carri armati e quasi 18.000 veicoli blindati di varie classi, e così via. Sembra quindi che vogliano, come dicono i loro curatori occidentali, azzannare quanto più territorio possibile, scusate il linguaggio. E poi, quando tutte le risorse, sia di personale che di equipaggiamento e munizioni, saranno prossime allo zero, cercheranno di fermare le ostilità, dicendo di volere i negoziati da molto tempo ormai, ma useranno questi colloqui solo per guadagnare tempo e per rifornirsi di risorse e ripristinare le capacità di combattimento delle loro forze armate.

Questa tattica è possibile. In ogni caso, è una possibilità. Ancora una volta, se c’è un sincero desiderio di ottenere qualcosa attraverso i colloqui, allora che lo facciano. Ma perché Blinken dice questo?! Lasciamo che siano gli ucraini stessi a dire che stanno revocando l’ordine esecutivo che ho citato e a dirlo.

Hanno dichiarato pubblicamente che non si impegneranno in colloqui. Ora lasciamo che dichiarino pubblicamente di volerlo fare. Non vedo nulla che possa danneggiare la loro immagine.

Ilya Doronov: Quale potrebbe essere il primo passo da parte loro, dopo il quale saremmo pronti ad avviare i negoziati?

Vladimir Putin: Ascoltate, da tutte le parti le persone con cui comunichiamo, che vorrebbero agire come intermediari, ci chiedono: siete pronti per un cessate il fuoco? Come possiamo cessare le ostilità se l’altra parte sta conducendo una controffensiva? Cosa dovremmo fare? Loro continueranno la loro controffensiva e noi diremo che ci fermiamo? Non siamo dei trotzkisti che dicevano che il movimento è tutto e l’obiettivo finale è niente. È una teoria sbagliata.

Ilya Doronov: Quindi, significa che prima Kiev dovrebbe fermare le ostilità, dimostrarlo, e poi saremmo pronti a parlare?

Vladimir Putin: Ascoltate, vi ho già detto che per prima cosa dovrebbero revocare l’ordine esecutivo che vieta i colloqui e annunciare di volersi impegnare in negoziati, e questo è tutto. Poi vedremo cosa succederà.

Ilya Doronov: Chiederò delle forniture di armi e poi farò una domanda al Vicepresidente perché è un argomento delicato anche per lei; ne ha parlato brevemente. È stata presa la decisione di inviare proiettili all’uranio impoverito. Ora si dice che l’Ucraina potrebbe ricevere anche missili a lungo raggio, con una gittata fino a 300 chilometri.

Innanzitutto, come pensa che questo possa influenzare la situazione sul fronte? E in secondo luogo, come risponderemo a questa eventualità?

Vladimir Putin: Ne abbiamo già parlato, ma devo ripeterlo. Non molto tempo fa, l’amministrazione statunitense considerava l’uso delle munizioni a grappolo un crimine di guerra, lo ha detto pubblicamente. Ora stanno inviando munizioni a grappolo nell’area di combattimento in Ucraina.

Ilya Doronov: Tuttavia, dicono che né gli Stati Uniti né noi abbiamo firmato un trattato che le vieta.

Vladimir Putin: Ora sto parlando di una questione diversa. Hanno annunciato pubblicamente che si tratta di un crimine, ma lo fanno lo stesso. In generale, non si preoccupano di ciò che la gente pensa di loro; fanno sempre tutto solo nel loro interesse. Hanno fatto delle stime e, poiché le munizioni da 155 mm si stanno esaurendo ed è difficile produrle in Europa o negli Stati Uniti, stanno fornendo ciò che hanno nei loro arsenali. Beh, hanno le bombe a grappolo, quindi ci sono. Lo stesso vale per l’uranio impoverito. Usarlo è un crimine, hanno detto, non io, hanno detto che è un crimine. Ma ora lo stanno facendo lo stesso.

Non c’è niente che funzioni. Naturalmente, ci sta costando un pedaggio. Lo stesso vale per l’uranio impoverito. Contamina il terreno. È un male? È molto grave.

Ilya Doronov: A proposito, il capo dell’AIEA [Rafael Mariano] Grossi ha detto: “No, non succederà nulla del genere”.

Vladimir Putin: Sappiamo di cosa si tratta. Il terreno sarà comunque contaminato.

E che dire? Ha modificato la situazione? Gli inglesi inviano queste granate da molto tempo. È cambiato qualcosa sul campo di battaglia? No. Ora stanno per mandare gli F-16. Cambierà qualcosa? No. Sta solo prolungando il conflitto.

Il loro processo elettorale inizia a novembre e hanno bisogno di mostrare qualche risultato ad ogni costo. Stanno spingendo l’Ucraina a continuare le ostilità, indipendentemente da ciò che dicono pubblicamente, perché non si preoccupano degli ucraini. Sorprendentemente, nemmeno l’attuale leadership ucraina sembra preoccuparsi del proprio popolo; lo getta come legna da ardere in una stufa, semplicemente.

Cambierà qualcosa? Io penso di no. Sono sicuro che non cambierà. Trascinerà il conflitto? Sì, lo farà.

Ma ciò che ci preoccupa è il fatto che non hanno freni. Permettetemi di raccontare una storia.

Non molto tempo fa, sul nostro territorio, il Servizio di Sicurezza Federale, durante uno scontro armato, ha eliminato diverse truppe e catturato le altre. Si è scoperto che si trattava di un gruppo di sabotatori dei servizi speciali ucraini. Sono in corso gli interrogatori. Quali erano i loro obiettivi? La loro missione era danneggiare una delle nostre centrali nucleari, facendo saltare una linea elettrica, una linea di trasmissione ad alta tensione, con l’obiettivo di interrompere il funzionamento della centrale. Non era il loro primo tentativo in questo senso. Durante l’interrogatorio, hanno detto di essere stati addestrati da istruttori britannici. Si rendono conto di cosa stanno giocando? Stanno cercando di provocarci per indurci a intraprendere azioni di ritorsione contro gli impianti nucleari ucraini?

Il governo britannico e il Primo Ministro sanno cosa stanno facendo le loro agenzie di intelligence in Ucraina, o sono all’oscuro di tutto? Prendo addirittura in considerazione la possibilità che le agenzie di intelligence britanniche agiscano sotto le istruzioni degli americani, e sappiamo chi è il beneficiario finale. Capiscono con cosa hanno a che fare o no? Credo che stiano semplicemente sottovalutando la situazione.

Ilya Doronov: Non hanno vissuto Chernobyl.

Vladimir Putin: Sapete che sono consapevole che una volta detto questo, inizieranno a gridare che si tratta di un’altra minaccia, di un ricatto nucleare e così via. Vi assicuro che quello che ho appena detto è la verità completa e non adulterata.

Questi individui sono sotto la nostra custodia e stanno collaborando. Conosco la probabile reazione: “Diranno tutto quello che volete sotto la minaccia delle armi”. No, non è così e i vertici delle agenzie di intelligence britanniche sanno che sto dicendo la verità. Ma non sono sicuro che i leader britannici capiscano veramente cosa sta succedendo.

Queste cose ci preoccupano molto perché non sanno dove fermarsi e questo potrebbe portare a gravi conseguenze.

Ilya Doronov: Ma sappiamo che non prenderemo di mira le infrastrutture nucleari.

Vladimir Putin: Le ho detto che potrebbero provocarci a intraprendere tali azioni.

Ilya Doronov: Signora Vicepresidente, una domanda per lei. Lei ha menzionato la questione delle munizioni a grappolo. Se non ricordo male, la guerra in Vietnam è finita nel 1975. Quanto hanno influito i bombardamenti in Laos sulla vita dei civili, e continuano a influire sulla loro vita ancora oggi?

Pany Yathotou (ritradotto): Per quanto riguarda le munizioni a grappolo e le granate inesplose, queste vestigia della guerra, credo che il numero rimanente sia ancora molto elevato. Non le abbiamo ancora disarmate tutte. Naturalmente, queste munizioni inesplose ci creano seri problemi. Riceviamo assistenza umanitaria e tecnica dalla Russia e dalle organizzazioni internazionali, ma finora non siamo riusciti a bonificare il nostro territorio.

Le conseguenze più devastanti per la nostra popolazione sono varie ferite e, ovviamente, molte vite sono andate perse. Per questo motivo, nella Repubblica Democratica Popolare del Laos ci sono molti orfani i cui genitori sono stati uccisi da munizioni inesplose.

Inoltre, queste munizioni stanno ostacolando lo sviluppo della nostra agricoltura perché molti terreni agricoli sono stati gravemente danneggiati dalle munizioni a grappolo. A questo proposito, il governo del Laos sta lavorando duramente per affrontare questa sfida umanitaria, in particolare in collaborazione con la Russia e le organizzazioni internazionali.

Ilya Doronov: Il governo del Laos può dire quanti anni ci vorranno ancora per smantellare completamente il Paese?

Pany Yathotou (ritradotto): La guerra in Laos è durata oltre 30 anni. È stata una delle guerre più lunghe della storia.

L’uso di munizioni a grappolo faceva parte delle tattiche utilizzate in quella guerra. Non possiamo dire quanti anni ancora ci vorranno per disinnescare le vestigia inesplose della guerra. Non c’è dubbio che il governo laotiano continuerà a lavorare in stretta collaborazione con i Paesi amici e le organizzazioni internazionali per risolvere la questione il prima possibile.

Ilya Doronov: Grazie.

Vuole fare un commento?

Vladimir Putin: No. Vorrei solo aggiungere che noi – i nostri esperti – non solo aiutiamo a disinnescare le mine, ma stiamo anche formando il personale locale. Abbiamo già formato 150 professionisti locali dello sminamento.

Ilya Doronov: Signor Presidente, ora le chiederò dell’Armenia. Un anno fa, Nikol Pashinyan era su questo palco e l’ho vista parlare in disparte. Sembrava che steste avendo una conversazione perfettamente normale.

Ora leggiamo delle esercitazioni armeno-statunitensi che sono iniziate ieri, credo. La moglie di Pashinyan si è recata a Kiev. Il presidente del parlamento armeno ha fatto commenti molto sfavorevoli sul nostro ministero degli Esteri.

Da dove deriva questa svolta nella politica armena? Come influirà sulla situazione al confine con l’Azerbaigian? E dove potrebbe portare l’Armenia?

Vladimir Putin: Non credo che ci sia stata alcuna svolta. Vediamo e capiamo cosa sta succedendo. Posso dire molte cose su questo argomento. Abbiamo proposto una serie di soluzioni di accordo.

Francamente – e credo sia un fatto noto – l’Armenia controllava sette distretti che ha ottenuto dopo il conflitto armeno-azero in questione. Abbiamo proposto di raggiungere un accordo con l’Azerbaigian in modo che due distretti – Kalbajar e Lachin – restino sotto la giurisdizione dell’Armenia, così come l’intero Karabakh. Tuttavia, la leadership armena non ha accettato, anche se abbiamo cercato di convincerli a farlo per 10 o addirittura 15 anni. C’erano diverse opzioni, ma tutte si riducevano a questo. Alla domanda su cosa avrebbero fatto, hanno risposto che avrebbero combattuto. Bene, d’accordo.

Alla fine, tutto si è risolto nello stato di cose che vediamo oggi. Ma non si tratta solo degli esiti del recente conflitto; si tratta anche del fatto che la leadership armena ha sostanzialmente – beh, non sostanzialmente, ma effettivamente – riconosciuto la sovranità dell’Azerbaigian sul Karabakh e lo ha documentato nella dichiarazione di Praga.

A dire il vero, ne siamo consapevoli. Ora, il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ci dice: siete consapevoli che l’Armenia ha riconosciuto il fatto che il Karabakh è il nostro territorio e che lo status del Karabakh non è più una questione rilevante. È stata risolta. I leader armeni lo hanno dichiarato pubblicamente e hanno riconosciuto che il territorio antecedente al 1991 che include il Karabakh – hanno fornito le cifre – fa parte dell’Azerbaigian. Questo è effettivamente avvenuto, e non è stata una nostra decisione; è una decisione presa dall’attuale leadership armena. E se così fosse, ci dicono, dovreste risolvere con noi ogni questione in sospeso relativa al Karabakh su base bilaterale. Ebbene, cosa possiamo dire? Non possiamo dire nulla. Se l’Armenia stessa ha riconosciuto il Karabakh come parte dell’Azerbaigian, cosa possiamo fare?

Certo, ci sono altre questioni legate all’aspetto umanitario e al mandato delle nostre forze di pace. Questo è vero. Il mandato è ancora in vigore. Le questioni umanitarie, compresa la prevenzione della pulizia etnica, sono rimaste irrisolte, e su questo sono pienamente d’accordo. Spero che la leadership azera – ce lo ha sempre detto e continua a dirlo – non sia interessata alla pulizia etnica. Anzi, al contrario, sono interessati a che questo processo si svolga senza intoppi.

Ilya Doronov: Quanto sono giustificate, secondo lei, le affermazioni di Erevan secondo cui la Russia e la CSTO non hanno aiutato, e non è stato nemmeno tolto l’assedio al Nagorno-Karabakh, che ha portato a un disastro umanitario?

Vladimir Putin: Dal momento che l’Armenia ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbaigian, cosa c’è da discutere? Questo è l’aspetto chiave della questione. L’Armenia ha determinato lo status del Karabakh stesso. Non c’è altro da dire.

Ilya Doronov: Una domanda personale, se posso. Il signor Pashinyan ha parlato con lei di recente? Glielo chiedo perché ha parlato con il Presidente della Francia Emmanuel Macron e con il Presidente dell’Iran.

Vladimir Putin: Mi ha inviato un messaggio dettagliato. Manteniamo la comunicazione. Non abbiamo problemi con l’Armenia o con il Primo Ministro Pashinyan a questo proposito; rimaniamo sempre in contatto.

Ilya Doronov: C’è un’altra domanda importante sugli sviluppi in Ucraina. Si dice che sia possibile una nuova mobilitazione in Russia.

Cosa può dire a coloro che ci stanno osservando?

Vladimir Putin: Guardi, in Ucraina è in corso una mobilitazione forzata. Arriva a ondate, una dopo l’altra, e non so se ci sia ancora qualcuno da chiamare.

Abbiamo effettuato una mobilitazione parziale. Come sapete, abbiamo richiamato 300.000 persone. Negli ultimi sei o sette mesi, 270.000 persone si sono offerte per il servizio a contratto nelle Forze Armate e nelle unità di volontariato.

Ilya Doronov: Questo si aggiunge alla mobilitazione parziale?

Vladimir Putin: Sì, certo, si sono arruolati negli ultimi sei o sette mesi. Le persone si recano negli uffici di reclutamento militare e firmano i contratti. Ben 270.000 lo hanno fatto. Inoltre, il processo continua. Ogni giorno, tra le 1.000 e le 1.500 persone vengono a firmare, ogni giorno.

Lei sa che questo è il tratto distintivo del popolo russo, della società russa. Non so se questo sia possibile in qualsiasi altro Paese, perché la nostra gente si arruola consapevolmente nella situazione attuale, sapendo che alla fine sarà mandata in prima linea. I nostri uomini, i nostri uomini russi, rendendosi pienamente conto di ciò che li aspetta e comprendendo che potrebbero morire per difendere la loro Madrepatria o essere gravemente feriti, fanno comunque questa scelta, volontariamente e consapevolmente, per proteggere gli interessi del loro Paese.

Lei ha parlato di elezioni. Si sono tenute ovunque, anche nelle regioni di Zaporozhye e Kherson e nelle repubbliche di Lugansk e Donetsk. Si sono svolte in condizioni difficili e ammiro il coraggio del personale dei seggi elettorali. Quando sono iniziati i bombardamenti – il nemico ha preso di mira anche i seggi elettorali – la gente si è rifugiata negli scantinati, per poi riprendere il lavoro una volta terminati i raid. La gente si è recata ai seggi e si è messa in fila nonostante la possibilità che venissero attaccati.

Perché dico questo? Perché i nostri soldati, i nostri uomini, i nostri eroi che combattono in prima linea sanno che ci sono persone che devono proteggere, e questo è il punto chiave. Stiamo proteggendo il nostro popolo.

Ilya Doronov: Tra poco finiremo. Ma ho ancora diverse domande.

Il 1° settembre è stato consegnato alle scuole un nuovo testo di storia. Non ne parlerò nel dettaglio perché abbiamo intervistato il suo aiutante, Vladimir Medinsky, che ha specificato la posizione ufficiale.

Ma contiene la seguente frase. Cito: “Sapete, la vita è sempre più complicata di qualsiasi stereotipo ideologico o giornalistico. Passerà un decennio e il nostro tempo sarà sottoposto a un esame rigoroso. Gli storici si chiederanno quali passi compiuti dai leader mondiali, compresa la leadership del nostro Paese, siano stati giusti e tempestivi, e in quali casi si sarebbe dovuto intraprendere un diverso corso d’azione”.

Se possibile, volevo chiederle di non aspettare gli storici del futuro. Dal suo punto di vista, cosa è stato fatto correttamente e dove sono stati commessi errori in questo periodo?

Vladimir Putin: No, aspettiamo gli storici del futuro. Solo le generazioni future saranno in grado di valutare in modo obiettivo ciò che abbiamo fatto per questo Paese.

Ricordo quello che il principe Potyomkin scrisse a Caterina la Grande sull’annessione della Crimea. Non sarò in grado di riprodurre la citazione esatta, ma posso trasmetterne il significato. Egli scrisse quanto segue: Il tempo passerà e le generazioni future vi rimprovereranno per non aver annesso la Crimea nonostante foste in grado di farlo, e voi vi vergognerete. Gli interessi dello Stato vengono prima di tutto. Noi siamo guidati proprio da queste considerazioni, diamo loro la massima priorità, e di certo non ce ne vergogniamo.

Ilya Doronov: Ho una domanda relativa allo sport. Mi riferisco ai Giochi Olimpici che si terranno in Francia l’anno prossimo.

Prima di porre la mia domanda, vorrei che tutti noi applaudissimo il nostro tennista, Daniil Medvedev, che si è battuto nella finale degli US Open a New York. È stata una bella finale, con un russo e un serbo, due credenti ortodossi, che hanno giocato.

Ringraziamo Daniil per questo. È vero, non c’era nessuna bandiera – ho visto la trasmissione – né alcun riferimento al fatto che è russo.

Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che ai Giochi Olimpici che il suo Paese ospiterà l’anno prossimo non ci saranno bandiere russe o bielorusse – niente.

Cosa dire ai nostri atleti, per i quali le Olimpiadi sono davvero l’obiettivo della loro vita? Stanno aspettando e dovranno mancare.

Vladimir Putin: Dirò questo. Data la situazione, dovremmo innanzitutto farci guidare dagli interessi degli atleti. Ognuno di loro, che si è allenato per anni o addirittura decenni in vista di queste competizioni cruciali, dovrebbe prendere una decisione autonoma.

Per quanto riguarda il Movimento Olimpico stesso, vorrei dire questo. Credo che l’attuale gestione delle federazioni internazionali e del Comitato Olimpico Internazionale stia distorcendo l’idea originale di Pierre de Coubertin, secondo cui lo sport deve essere al di là della politica, non deve disunire le persone, ma unirle.

Cosa è successo negli ultimi decenni? Il Movimento Olimpico è stato preso nella trappola degli interessi finanziari. Lo sport internazionale e il Movimento Olimpico internazionale sono stati commercializzati, il che è inaccettabile, e questa commercializzazione ha portato a… Di cosa sto parlando? Gli sponsor, le trasmissioni commerciali, le principali aziende occidentali, che in ultima analisi forniscono la base per il funzionamento del Comitato Olimpico Internazionale e del movimento nel suo complesso, dipendono direttamente dalle organizzazioni politiche e dai governi dei loro Paesi.

Questa combinazione ha creato una situazione in cui lo sport internazionale e il Movimento Olimpico sono in declino e non svolgono più le loro funzioni principali. L’idea principale [dello sport] non è solo quella di battere i record, ma di unire le persone, ma il Movimento olimpico internazionale non sta più facendo questo. Questo è deplorevole per il Movimento Olimpico stesso, perché si creeranno movimenti alternativi, in un modo o nell’altro, e non si può fare nulla al riguardo perché è un processo oggettivo.

L’anno prossimo si terranno i Giochi Mondiali dell’Amicizia; si terranno competizioni nell’ambito dei BRICS, e coloro che sono depoliticizzati vi parteciperanno volentieri. Questo avrà un effetto distruttivo sulle attuali organizzazioni internazionali. Devono essere ringiovanite, anche in termini di personale.

È deplorevole che ciò stia accadendo, ma proteggeremo gli interessi dei nostri atleti. Questo è il primo punto. In secondo luogo, creeremo possibilità alternative per loro, anche in termini di risultati finanziari dei loro successi.

Ilya Doronov: Il Ministero dello Sport ha fornito le statistiche relative all’EEF o a prima dell’EEF, secondo le quali 55 atleti olimpici russi hanno cambiato la loro cittadinanza, e il numero comprendente anche gli atleti non olimpici è di oltre 100. Lei comprende queste persone?

Vladimir Putin: Ho detto all’inizio della mia risposta che le persone hanno lavorato per decenni per raggiungere i loro obiettivi, ma sono state impedite per motivi politici.

Sa, c’è un altro elemento in tutto questo. Non so se posso dirlo, ma alcuni dicono che lo sport e le competizioni internazionali sono diventate la sublimazione della guerra. C’è qualcosa in questo.

Non giudico nessuno, ma è importante che gli atleti, soprattutto quelli di alto livello, sentano l’inno e vedano la bandiera del loro Paese quando salgono sul podio. Ma alla fine ognuno fa la sua scelta. Questo è ciò che credo.

Ilya Doronov: Le farò un’ultima domanda.

Abbiamo aperto la sessione plenaria di oggi affermando che dieci anni fa abbiamo proclamato l’Estremo Oriente, la Siberia e l’Artico come nostre priorità.

Vorrei dare uno sguardo al futuro e parlare di come potrebbero essere l’Estremo Oriente, la Siberia e la Russia tra dieci anni.

In questo momento stiamo assistendo a una sorta di reincarnazione in una nuova fase, forse paragonabile a quella dell’Unione Sovietica, quando c’era un movimento di giovani pionieri, e ora abbiamo il Movimento dei Primi. Qualche tempo fa abbiamo riportato in auge la musica dell’inno sovietico. Alla VDNKh si sta preparando una mostra intitolata Russia, che ci ricorda anche il passato.

L’immagine futura dell’Ucraina, ad esempio, è chiara e comprende l’adesione alla NATO e all’UE. Anche in Occidente l’immagine del futuro appare, per così dire, rosea.

Qual è l’immagine del futuro per la Russia?

Vladimir Putin: Lei ha appena detto che per alcuni Paesi l’immagine del loro futuro comprende l’appartenenza a organizzazioni come la NATO o l’UE. Si rende conto di ciò che ha appena detto? In altre parole, il loro futuro è legato non solo all’interazione con gli altri, ma alla loro completa dipendenza dagli altri.

Nella sfera della difesa, hanno bisogno di qualcuno che li copra, altrimenti falliranno. Nella sfera economica, hanno bisogno di qualcuno che invii loro fondi, altrimenti non saranno in grado di sollevare la loro economia. Tra l’altro, nessuno vuole la pace in Ucraina perché, se la guerra finirà, dovranno rispondere al loro popolo degli aspetti economici e sociali, e non c’è molto da dimostrare. Dubito che, una volta terminate le ostilità, si assisterà a una ripresa dell’economia ucraina. Chi li sfamerà? Ne dubito.

Siamo noi gli artefici del nostro futuro. Di recente ho incontrato dei giovani scienziati a Sarov. Anche loro mi hanno fatto delle domande, almeno abbiamo parlato di questo. Di che cosa? Voglio dire questo, forse in un formato diverso, ma l’idea di fondo sarà la stessa. Gli scienziati si occupano di ricerca e sviluppo. Gli industriali lavorano nella sfera della produzione materiale, nell’agricoltura, nel settore industriale, ecc. Le figure culturali creano immagini per preservare i nostri valori, che danno forma alla vita interiore di ogni persona e di ogni cittadino della Russia. Tutto questo insieme darà sicuramente un risultato. Tutto questo dovrebbe concretizzarsi nell’autosufficienza del nostro Paese, anche nei settori della sicurezza e della difesa. Ma questo non significa che il Paese si autoisoli. Significa che svilupperemo il nostro Paese e lo renderemo ancora più forte in collaborazione con i nostri partner e amici e in integrazione con la stragrande maggioranza dei Paesi che rappresentano la maggior parte della popolazione mondiale.

Ho già parlato di industria, scienza e così via. Ma nel farlo, dobbiamo in ogni caso preservare l’anima della Russia, l’anima della nostra nazione multietnica e multiconfessionale. Questa componente umanitaria, insieme alla scienza, all’istruzione e alla produzione reale, sarà la base su cui questo Paese avanzerà, sentendosi e considerandosi uno Stato sovrano e pienamente indipendente con buone prospettive di sviluppo. Sarà così.

Guardate, nonostante tutte le restrizioni imposte alla Russia… Cosa speravano? Si aspettavano che il nostro sistema finanziario andasse in pezzi, che l’economia crollasse, che gli impianti industriali si fermassero e che migliaia di persone rimanessero senza lavoro. Ma non è successo nulla di tutto ciò. La performance dello scorso anno ha collocato la Russia tra le prime cinque grandi economie mondiali in termini di parità di potere d’acquisto e di volume dell’economia. È molto probabile che continueremo su questa strada. Ho detto che l’inflazione in Russia è cresciuta un po’, ma è nei limiti degli indicatori rilevanti. La disoccupazione è al minimo storico del 3%. Si tratta di un dato senza precedenti: un tasso di disoccupazione nazionale del tre per cento.

Naturalmente, a questo proposito, emergono altre questioni legate alla forza lavoro, ma anche queste vengono affrontate. I redditi reali stanno aumentando per la prima volta da diversi anni. Certo, si tratta di redditi modesti, come ho detto, ma la tendenza è nella giusta direzione. Anche i redditi reali disponibili e i salari reali stanno crescendo. Nel complesso, tutto questo ci dà ragione di pensare che la Russia non solo ha un futuro sostenibile e positivo, ma anche che questo futuro è assicurato dagli sforzi di tutto il nostro popolo multietnico.

Ilya Doronov: In conclusione, ci si sente di dire che questo sembra un programma elettorale. Ma non possiamo parlarne fino a dicembre.

Grazie. Concludiamo la sessione plenaria. Abbiamo parlato per quasi tre ore e abbiamo cercato di rispondere a molte domande, ma non si può abbracciare l’infinito.

Signora Vicepresidente del Laos, grazie per essere venuta. Signor Presidente, grazie per aver risposto a tutte le mie domande.

Grazie a lei. Buona serata a tutti.

http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/72259

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SITREP 9/20/23: Attriti e disordini, di Simplicius The Thinker

NB_I video mancanti sono comunque disponibili nel link originale

https://simplicius76.substack.com/p/sitrep-92023-friction-and-turmoil?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=137203989&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=false&r=9fiuo&utm_medium=email

SITREP 9/20/23: Attriti e disordini

di Simplicius The Thinker

Dato che sono un appassionato di approfondimenti e seguirò sempre le questioni importanti man mano che si sviluppano, ho voluto iniziare con la continuazione di una linea precedente. In uno degli ultimi rapporti abbiamo parlato delle potenziali mobilitazioni da entrambe le parti, dei numeri delle truppe e di come ciò si colleghi ai prossimi sviluppi del conflitto nel futuro a medio termine.

Ho riferito che vi erano nuove indicazioni secondo cui la forza russa di 300.000 uomini, recentemente reclutata, sarebbe stata utilizzata per ruotare le truppe precedentemente mobilitate a partire da settembre-ottobre del 2022.

Tuttavia, il presidente della Duma di Stato Andrey Kartapolov ha messo a tacere le speculazioni con un nuovo decreto che afferma direttamente che le truppe precedentemente mobilitate non saranno “smobilitate” come pensavo, e che il loro mandato terminerà solo con la fine della SMO stessa:

Torneranno a casa dopo aver completato un’operazione militare speciale. Non è prevista alcuna rotazione. Hanno diritto a ferie per ogni sei mesi di servizio, e ora vanno in ferie”, ha detto il deputato.
Tuttavia, si continua a dichiarare che i nuovi reclutati saranno utilizzati per le rotazioni in corso di tipo normale, come i feriti, eccetera, ma semplicemente che i 300 mila mobilitati dall’anno scorso non saranno smobilitati in massa fino alla fine della guerra.

Questa è una buona notizia, perché significa che la Russia sta costruendo le sue forze. È interessante notare che, a questo proposito, il generale Milley ha rilasciato una nuova dichiarazione in cui fa riferimento al fatto che la Russia ha 200.000 o “più di 200.000” truppe in Ucraina. Ancora una volta ricordiamo che ho ripetutamente ribadito che la Russia sta usando molte meno truppe di quanto si sia portati a credere. Se ora hanno solo più di 200.000 uomini in Ucraina dopo mobilitazioni di massa e centinaia di migliaia di nuovi arruolamenti, immaginate cosa avevano all’inizio? Per questo motivo rimango fedele a quanto ho riferito, ovvero che la Russia ha utilizzato solo 70-80 mila uomini nelle fasi iniziali della SMO, e non molto di più anche al momento dell’anniversario del primo anno.

In definitiva, però, potrebbe esserci un inganno deliberato da parte della Duma russa, che potrebbe non voler rivelare completamente i propri piani di guerra futuri. Quindi, per quanto ne sappiamo, è possibile che stiano costruendo i nuovi reclutati per un grande pugno d’attacco, mentre per ora li sminuiscono come una sorta di riserve.

Proseguendo, l’altro grande argomento per il quale abbiamo un aggiornamento sono le perdite ucraine. La notizia bomba di ieri è arrivata dal capo del commissariato militare della regione di Poltava:

\Le perdite del rifornimento delle Forze Armate dell’Ucraina dello scorso anno ammontano al 90% – commissario militare di PoltavaQuesto riconoscimento è stato fatto dal capo facente funzioni del TCC regionale di Poltava, il tenente colonnello delle Forze Armate dell’Ucraina Vitaly Berezhnoy.

Quindi, sta dicendo che circa il 90% di tutti i soldati reclutati in tutta la sua grande regione sono diventati vittime. Come ho scritto ieri nella mailbag, alcuni hanno fatto un calcolo a ritroso per ottenere una cifra teorica di 400.000 persone estrapolata per l’intera AFU:

Quindi se l’Ucraina ha mobilitato 700.000 persone e ha un esercito di 300.000, per un totale di 1.000.000 Si possono prevedere perdite di circa 800.000: – di cui 400.000 sarebbero feriti, circa la metà può tornare – 400.000 uccisi
Secondo notizie non verificate, Zelensky si sarebbe “indignato” e avrebbe chiesto il licenziamento del commissario di Poltava.

Inoltre, un combattente ucraino ha pubblicato la conferma delle cifre di Poltava dalla sua stessa unità, sul suo conto:

Dice anche che alcune divisioni hanno cifre di perdite ancora peggiori. Quanto si può fare peggio di un tasso di perdite dell’80-90%?

Il fatto è che sta diventando sempre più chiaro che alcune delle peggiori e più estreme previsioni sulle perdite ucraine potrebbero in effetti essere vere. Questo si estende a cose come la cattura di prigionieri di guerra, ad esempio con il nuovo rapporto di ieri secondo cui già 3.500 soldati dell’AFU si sono arresi dal lancio del nuovo progetto russo di avere una speciale “frequenza di resa” su tutti i canali radio dove gli ucraini possono comporre e arrendersi in modo sicuro alle forze russe:

Dal lancio del progetto Volga, in cui le Forze armate ucraine sono invitate a collegarsi alla frequenza 149.200 per arrendersi, poco più di 3.500 soldati e ufficiali nemici si sono arresi volontariamente. Di fatto, un’intera brigata di “controffensiva”.
Il problema è che questo progetto ha solo pochi mesi di vita. Ciò significa che 3.500 si sono arresi solo da luglio o giù di lì, quando credo sia stato lanciato. Questo spiegherebbe l’improvvisa impennata a 18.000 prigionieri di guerra totali, poiché il nuovo canale radio ha reso molto conveniente per l’AFU arrendersi in modo sicuro, il che era classicamente una delle principali barriere che impedivano la loro resa. Temevano che uscendo in campo aperto, ecc. sarebbero stati colpiti da cecchini nervosi o da chiunque non avesse visto la loro bandiera bianca improvvisata.

Ma il nuovo canale permette loro di coordinare completamente la resa con le forze russe avversarie, che danno loro istruzioni su dove e come farlo e poi informano tutti gli amici vicini di non sparare sulle truppe ucraine. Lo si può vedere in questo video, girato proprio nel momento in cui è stato lanciato il canale radio:

Non ho trovato il video
La cosa interessante è che in questo periodo abbiamo assistito a un enorme aumento di video di arrese “di massa”, sotto forma di interi gruppi di truppe. Solo ieri e oggi, per esempio:

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Non ho trovato il video
Non ho trovato video
E anche nel momento in cui scriviamo, è arrivato un video nuovo di zecca con la didascalia specifica che questo gruppo di soldati ucraini ha usato il canale speciale “Volga” per arrendersi alle forze russe:

Un nuovo “partito” di militanti delle Forze armate ucraine si è arreso alla DPRIl filmato mostra ucraini mobilitati che sono “stanchi di combattere”. Per farlo, hanno utilizzato uno speciale canale radio russo aperto.Ricordiamo che a metà luglio è stata chiamata la frequenza 149.200: su di essa, ogni ucraino che decide di arrendersi può andare in onda e chiamare il nominativo “Volga”.
Purtroppo, a questo punto le truppe ucraine vengono solo falciate. Un mese o due fa abbiamo visto che hanno iniziato a passare a tattiche di “assalto alla carne”, perché la loro armatura aveva iniziato a scarseggiare in modo scomodo. Ora ci sono numerose prove di questo, sotto forma di video che mostrano truppe ucraine a piedi che attraversano semplicemente i campi aperti, o che al massimo usano i loro veicoli leggeri di mobilità rimasti:

Non ho trovato il video
Guardate il video qui sopra, vedete come le truppe dell’AFU erano ammassate nelle strisce erbose tra i campi? Ora, guardate il video qui sotto che mostra la vista da terra di un soldato dell’AFU che barcolla nella desolazione. Si tratta di un video imperdibile che mostra quanto l’AFU stia pagando per ogni centimetro quadrato dei suoi assalti alla carne:

 

Non ho trovato il video
C’è anche questo rapporto che sembra sottolineare il calo delle armature:

Ecco una piccola ma curiosa notizia. Le Forze armate ucraine hanno annunciato il cambio di nome e quindi la trasformazione della 92ª Brigata meccanizzata nella 92ª Brigata d’assalto. Cosa significa tutto questo? La Brigata meccanizzata è composta da quattro compagnie meccanizzate equipaggiate con veicoli blindati pesanti di supporto. Una Brigata d’assalto ha solo due compagnie meccanizzate e altre due di fanteria veterana senza corazzatura. Questo dimostra che la disponibilità di veicoli corazzati da parte ucraina sta effettivamente diminuendo in modo significativo.
E qui c’è una buona descrizione recente della nuova tattica che l’Ucraina sta utilizzando nell’area di Rabotino:

Gli ucraini e i loro supervisori hanno capito che ora siamo di fronte a una guerra di trincea e di fanteria, e quindi stanno usando sempre più munizioni a grappolo. Secondo le mie sensazioni, ora vengono utilizzate due munizioni a grappolo per ogni munizione a frammentazione ad alto esplosivo. I blocchi di gomma da masticare si stanno precipitando verso Novoprokopovka. Di conseguenza, la loro progressione si presenta così: per diversi giorni stirano le trincee con l’artiglieria, mentre si accumulano in piccoli gruppi nei sotterranei di Rabochino. All’ora stabilita, corrono all’assalto a piedi. Se l’assalto all’opornik (punto di forza) successivo fallisce, tutto si ripete di nuovo e così via finché lo sbarco non viene cancellato dalla faccia della terra”.
Con anche questo corollario:

Nonostante tutte le critiche, la linea Surovikin svolge ancora il suo compito. Sì, gli ucraini l’hanno raggiunta nella zona di Verbovoye, ma l’hanno presa d’assalto a piedi. I veicoli blindati non hanno sfondato, il che significa che anche dopo la perdita delle prime linee, i “denti di drago” continuano a svolgere la loro funzione.
Quando i veicoli blindati sono diventati un elemento ausiliario sul campo di battaglia, la fanteria, l’artiglieria, i droni e la guerra elettronica sono saliti alla ribalta. Chi realizza la costruzione corretta in questo quadrato otterrà un vantaggio sul campo di battaglia nel prossimo futuro.
Come corollario, ho trovato interessante questa statistica, anche se non sono certo che sia vera:

Durante l’intera battaglia di Kursk, la parte sovietica ha utilizzato 400 mila mine. Ora, solo tra Pyatikhatki e Gulyai – Pole – questo è principalmente il sito di Rabochino – Verbovoe – la nostra squadra ha messo 480 mila mine e questa cifra continua a crescere! Si è notato che anche nelle loro profonde retrovie, l’APU, quando avanza verso la linea del fronte, si imbatte spesso nelle nostre mine, nelle quali hanno effettuato dei passaggi già a giugno.
È probabile, però, che sia vero, viste le capacità su scala industriale che la Russia possiede ora nel posare le mine con le capacità di sminamento automatico RAAM e FASCAM, che spargono centinaia di mine alla volta dopo essere state sparate dall’artiglieria tubolare.

Come ultimo accenno al tema delle perdite, nella mailbag di ieri avevo parlato di forze partigiane e mercenari. Ora i mercenari britannici stanno fuggendo dall’Ucraina perché sono terrorizzati per la loro vita a causa del recente aumento di mercenari uccisi in modo extragiudiziale, o meglio assassinati dal loro stesso popolo:

Leggete quello che dice sopra: “Finirò per morire se continuo”.

Il gruppo sta ricevendo un duro contraccolpo per aver portato alla luce le recenti uccisioni di mercenari nelle retrovie, come gli altri mercenari britannici trovati morti con le mani legate dietro la schiena.

Il video fa riferimento a un altro mercenario di nome Macer Gifford, che ne parla qui sotto ed esprime anch’egli il desiderio di andarsene:

Non ho trovato il video
Ed ecco il notiziario britannico sui mercenari morti recentemente ritrovati, in cui si ammette che la Russia probabilmente non è il colpevole:

Non ho trovato il video
Anche un mercenario polacco ha riferito quanto siano sconcertanti le perdite da parte dell’AFU:

Cosa sta guadagnando l’Ucraina in tutto questo massacro? Non c’è stato praticamente alcun progresso: gli insediamenti che dicono di aver “catturato”, come Klescheyevka, rimangono in realtà nella zona grigia e nessuna delle due parti può entrarvi. In effetti, sorprendentemente, anche gli insediamenti “catturati” – come è effettivamente ora – mesi fa, come Staryomayorsk e Urozhayne, non sono nemmeno controllati dall’Ucraina. Continuano a essere per lo più zone grigie, con piccoli gruppi che entrano da nord e vengono poi cacciati dall’artiglieria.

È una prova di ciò che la Russia ha detto all’inizio: le guerre di artiglieria hanno semplicemente raso al suolo tutti questi luoghi (che includono Klescheyevka, Andreevka, ecc.), consentendo ora a entrambe le parti di occuparli ulteriormente, perché semplicemente non ci sono più oggetti dietro cui ripararsi.

Le nuove riprese del drone di Klescheyevka confutano la pretesa dell’Ucraina di controllarla, poiché mostrano una landa desolata senza truppe di nessuna delle due parti che la occupano:

Non ho trovato il video
Infine, ci sono voci come la seguente. Ma prendetele con le molle:

Mobilitazione generale in cambio di armi e rifiuto delle elezioniUn’interessante versione dei piani di Zelensky per una visita negli Stati Uniti da parte del deputato popolare Dubinsky è stata pubblicata dal canale ucraino ZeRada.Secondo il deputato popolare, Zelensky riceverà armi e smetterà di insistere sulle elezioni obbligatorie del prossimo anno in cambio di una mobilitazione totale e dell’invio di tutti al fronte – dalle donne e gli adolescenti ai disabili e agli anziani.Fino all’ultimo…
D’altra parte, nel teatro del Mar Nero e della Crimea, l’Ucraina ha ottenuto qualche risultato che le permette di mantenere a galla la sua guerra dell’informazione. Non si tratta ovviamente di una coincidenza, ma piuttosto del fatto che, a causa del fallimento dell’offensiva, l’Ucraina è stata costretta a riorientare le risorse verso qualcosa di nuovo che le garantisse “punti vittoria” sui media.

Questo ha portato a una nuova campagna su larga scala contro la Crimea, che include le recenti incursioni su piattaforme petrolifere abbandonate che l’Ucraina sta cercando di utilizzare come aree di sosta per le unità DRG per tentare incursioni notturne sulle coste della Crimea. Si sostiene che queste unità stiano anche cercando di sorvegliare le difese della Crimea, come un lanciatore russo S-300 che sarebbe stato colpito a Yevpatoria.

Ora hanno preso di mira i cantieri navali di Sebastopoli, colpendo la nave da sbarco russa di classe Ropucha e forse il sottomarino diesel di classe Kilo. Dico forse perché le foto “trapelate” del sottomarino sembrano essere potenzialmente false in quanto:

non corrispondono alle riprese satellitari
sono state “trapelate” / postate per la prima volta da account ucraini
sono stranamente pixelate/censurate quando le riprese video trapelate della nave proprio accanto al sottomarino erano chiare e non censurate
non ci sono filmati satellitari successivi che mostrino una distruzione più chiara, quando invece c’è stata in ogni altro colpo, come per l’Il-76, ecc.
hanno anche affermato che la nave da pattugliamento russa Sergey Kotov è stata colpita da droni navali e completamente affondata, ma si è rivelato un falso, indicando una campagna di informazione coordinata dall’Ucraina
Molti stanno facendo un gran parlare di questi attacchi, usandoli per mettere insieme una narrazione secondo cui l’Ucraina sta guadagnando forza nelle sue capacità di attacco e sta “assottigliando” le difese della Russia, degradando la sua capacità di proteggere la Crimea, e che tutto questo porterà all’abbandono e alla riconquista della Crimea.

Ma si tratta di un’ingegnosa opera di ingegneria narrativa da parte dell’Ucraina. La maggior parte dei singoli pezzi non è correlata. Per esempio, l’attacco agli S-300 di Yevpatoria ha poco a che fare con la capacità dell’Ucraina di colpire Sebastopoli a 70 km di distanza, dato che un’unità radar a quella distanza non può nemmeno vedere un bersaglio che si muove in mare o a bassa quota.

Né gli attacchi all’impianto di riparazione di Sebastopoli sono necessariamente indicativi di nuove capacità. Proprio come gli attacchi alla lontana base aerea russa di Pskov, completamente estranea alla SMO, l’Ucraina sta prendendo di mira aree più vulnerabili e potenzialmente trascurate per fare colpo.

Per esempio, nelle vicinanze di Sebastopoli ci sono interi ormeggi pieni delle più potenti, costose e avanzate navi russe. Perché non hanno potuto colpire e distruggere quelle? Invece sono stati costretti a colpire un bacino di riparazione che ospitava due navi già fuori servizio, che in effetti erano lì ferme da mesi. È la stessa argomentazione che ho fatto in precedenza sul fatto che la Russia ha interi campi d’aviazione pieni di jet di prima linea, elicotteri Ka-52, ecc. e che l’Ucraina non è stata in grado di toccarli, affidandosi invece ad attacchi furtivi che producono fanfare su aree trascurate e insignificanti nelle retrovie.

Detto questo, anche se si trattava solo di una vecchia nave da sbarco che non serve alle SMO, è comunque un colpo doloroso, soprattutto se è vero che anche il sottomarino è stato colpito o distrutto. Naturalmente, il Ministero della Difesa russo ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui si afferma che entrambe le navi saranno riparate, ma alcuni esperti ritengono che ciò sia improbabile visti i danni potenziali. Dovremo aspettare e vedere, ma dato che entrambi i vascelli erano già fuori servizio, non è che la capacità della Russia sia stata ridotta nel breve termine.

L’unica domanda da porsi sarà se la Russia riuscirà a colmare le lacune che hanno permesso a questi (secondo quanto riferito) 3 Storm Shadows di aggirare la rete. Il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che erano 10 in totale e che 7 sono stati abbattuti, quindi è possibile che si sia trattato di un attacco di saturazione che ha sopraffatto le difese aeree. Va ricordato che se fosse stato così facile per l’Ucraina, l’avrebbe ripetuto di nuovo e avrebbe messo fuori uso tutte le navi russe a Sebastopoli. Il fatto che siano riusciti a farlo solo una volta mi indica che si tratta di un’azione pianificata a lungo e che sono in grado di portare a termine solo una volta ogni tanto.

In generale, possiamo concludere che, sebbene questi attacchi diano l’apparenza di forza e di “successo” di qualche tipo, seguono un tema comune, quello di colpire oggetti abbandonati o derelitti con scarse connessioni con le SMO, il che dimostra solo la debolezza e la disperazione dell’Ucraina nel creare vittorie mediatiche. Dal colpire i grattacieli di Mosca agli aerei da trasporto vuoti da qualche parte vicino al Golfo di Finlandia, fino a colpire navi in avaria ferme in un’officina di riparazione, nessuno di questi attacchi costituisce un vero e proprio attacco decisivo o dannoso alle capacità militari russe attive. Questo è il risultato più importante e la linea di fondo.

Nel frattempo, Shoigu ha concluso i negoziati con Kim:

E si è già spostato rapidamente in Iran, per incontrare il ministero della Difesa iraniano:

Non ho trovato il video
Ci si aspetta che vengano firmate cose importanti. La voce più significativa dei colloqui con la Corea del Nord è che la Russia potrebbe aver concluso accordi per ottenere oltre 10 milioni di proiettili d’artiglieria da 122 e 152 mm dalla Corea del Nord. Se anche solo lontanamente vero, si tratta di un numero significativo che rappresenta un utilizzo di granate per 1-3 anni, a seconda dell’intensità. Sparare 30.000 proiettili al giorno equivale a poco più di 10 milioni all’anno.

Un aumento così massiccio di granate – se vero – potrebbe dare alla Russia abbastanza per lanciare comodamente un’offensiva massiccia in futuro senza preoccuparsi di attingere alle riserve di emergenza. Ricordate quello che ho detto molte volte in precedenza: una debolezza è che la Russia deve sempre mantenere una grande riserva di proiettili per l’eventualità che la NATO lanci una sorta di attacco furtivo e scoppi una guerra su larga scala. Ciò significa che la Russia potrebbe avere diversi milioni di proiettili come riserva di emergenza che non può toccare dal punto di vista dottrinale.

Per quel che vale, il capo dell’SBU Budanov ha detto che la Russia ha già iniziato a ricevere le spedizioni:

Si parla anche di un potenziale acquisto di MLR e sistemi di artiglieria nordcoreani a lungo raggio, ma questo è tutto da vedere.

La Corea del Nord fornirà alle Forze armate russe circa 10 milioni di proiettili di calibro 122 e 155 mm”, spiega l’analista politico Yuri Baranchik. “Diverse fonti riferiscono inoltre che la Repubblica Democratica Popolare di Corea fornirà a Mosca un sistema MLRS moderno e potente come il KN-09″. Ricordo che il sistema KN-25 è stato introdotto da Pyongyang nel 2019 e vanta una gittata di oltre 400 km. È una sorta di versione migliorata dell’HIMARS”, ha detto Baranchik.

***

Poi volevo parlare brevemente dei frenetici eventi geopolitici che si stanno verificando in questo momento.

Non solo sono ricominciate le ostilità nel Nagorno-Karabakh, ma si sta riunendo un’importante assemblea generale delle Nazioni Unite, dove Zelensky è volato a New York per presentare quello che potrebbe essere uno dei suoi ultimi grandi casi di sostegno.

L’incontro delle Nazioni Unite si svolge all’ombra delle escalation ucraine sul grano, che hanno visto Polonia, Ungheria e Slovacchia bandire il grano ucraino, dando il via a un’azione legale da parte dell’Ucraina stessa.

Ora non corre buon sangue e la pazienza della Polonia si è un po’ esaurita, tanto che la Polonia ha cancellato il previsto incontro con Zelensky all’assemblea delle Nazioni Unite:

E il presidente polacco ha rilasciato con amarezza questa brutta dichiarazione sull’Ucraina:

Presidente polacco “Una persona che sta annegando è estremamente pericolosa perché può trascinarti negli abissi. Può far annegare il soccorritore. L’Ucraina si sta comportando come un annegato che si aggrappa a tutto ciò che può, ma noi abbiamo il diritto di difenderci dal male che ci viene fatto”.
In effetti, l’Ucraina è stata sottoposta a numerosi attacchi in questo momento di crisi. Il presidente della Camera McCarthy sta bloccando ulteriori aiuti, chiedendo a condizione di ottenere prima una verifica personale da parte di Zelensky sulla destinazione dei dollari americani:

Non ho trovato il video
Due cose sul video qui sopra:

In primo luogo, è probabile che McCarthy voglia dare l’immagine di “mettere gli americani al primo posto” prima del proverbiale assegno in bianco all’Ucraina.

Ma anche così, nella remota possibilità che quanto sopra abbia anche solo un briciolo di genuinità, dirò che questa è una perfetta illustrazione di ciò che intendevo quando ho spiegato nella serie mailbag perché l’Ucraina è costretta ad andare sempre avanti, anche a costo di un massacro di massa. Perché nel momento in cui smettono di fornire ai loro sponsor l’illusione o la percezione del successo e del trionfo, i rappresentanti di ciascun Paese inizieranno a chiedersi “dove stanno andando i loro soldi”, mentre la pazienza dei loro elettori si affloscia.

Al di là di questo, il compito di Zelensky è quello di rinnovare il più possibile il sostegno agli armamenti, e parallelamente ci sono stati rapporti su alcune delle nuove spedizioni, che includono i Leopard 1 tedeschi. Purtroppo, ci sono già problemi in paradiso, poiché un nuovo rapporto sostiene che l’Ucraina ha rifiutato il primo lotto di Leopard perché nessuno di essi funzionava… è quasi troppo comico per essere reale:

Tre importanti ammissioni che aprono gli occhi in questa sola nota:

1. Ricordate che per mesi ho riferito di come la Germania stesse accelerando e velocizzando una piccola spedizione di emergenza di Leopard 1 a luglio, al fine di colmare le lacune dovute all’imprevista distruzione delle principali unità corazzate ucraine durante le fasi iniziali della “controffensiva”. A quanto pare, stando a quanto riportato sopra, anche quella spedizione d’emergenza è risultata inutile.

2. Ammettono che l’Ucraina non è in grado di riparare o di mantenere queste attrezzature, quindi suppongo che si tratti di una cosa usa e getta, come uno di quegli RPG che si buttano via dopo, o forse, per essere ancora più precisi, come la carta igienica.

3. Il motivo per cui quanto sopra è più importante di quanto sembri è la prossima folle ammissione: si afferma che l’attuale lotto di carri armati è defunto semplicemente a causa dello sforzo sperimentato durante l’addestramento leggero per il quale sono stati utilizzati. Mettete insieme le due idee: da un lato i carri armati sono inutilizzabili e si rompono dopo un uso leggero, dall’altro l’Ucraina ammette di non avere alcuna capacità di mantenere o riparare questi carri armati…

Cosa rimane?

In breve, si tratta di un fiasco completo, che va a sostegno della mia affermazione secondo cui queste ultime misure provvisorie non sono altro che tentativi di propaganda in fase terminale di pura disperazione. Lo stesso vale per gli ATACM, gli F-16, ecc.

Ma questo non impedisce a Zelensky non solo di elemosinare di più, ma anche di usare con insincerità la tattica della paura, sostenendo che la Russia mira a conquistare tutta l’Europa. Ascoltate qui le sue risposte quando il conduttore chiede quanto denaro ci vorrà ancora?

Inoltre, afferma che l’Ucraina non può fermare l’offensiva nemmeno per Rasputitsa, che sta già iniziando. Questo perché teme che il sostegno degli alleati inizi a diminuire, come sembra stia già accadendo, il che è esattamente ciò su cui ho insistito:

Alla luce di tutti questi scongiuri, l’ultimo pacchetto americano è stato notato come 17 volte più piccolo dei precedenti fondi di assistenza:

Nel 46° pacchetto di aiuti militari all’Ucraina del 6 settembre, gli Stati Uniti hanno incluso armi ed equipaggiamenti militari per un valore di soli 175 milioni di dollari. Si tratta di una cifra 17 volte inferiore al più grande al momento, il 29° pacchetto di aiuti militari, che è stato annunciato il 6 gennaio 2023.È inoltre degno di nota il fatto che alla fine del primo mese dell’offensiva, le Forze Armate statunitensi hanno dovuto spendere più di 2 miliardi di dollari non previsti. Dopo le prime perdite significative nelle direzioni di Zaporizhia e Donetsk Sud, le Forze Armate ucraine hanno avuto bisogno di un sostanzioso risarcimento per le attrezzature e gli equipaggiamenti militari persi, per il quale gli Stati Uniti hanno stanziato un totale di oltre 2 miliardi di dollari in quattro tranche – il 13 e il 27 giugno, e il 7 e il 25 luglio. Una parte significativa di queste somme è stata spesa per ulteriori forniture di veicoli da combattimento di fanteria M2 Bradley e di veicoli corazzati Stryker. (Cronaca militare del TG)

***

Probabilmente commenterò più approfonditamente la situazione dell’Armenia in un’altra occasione, poiché non volevo che questo post diventasse troppo lungo dopo il precedente iper-lungo. Per ora mi limiterò a dire che la situazione è molto complessa e che ci sono chiare provocazioni contro la Russia da parte armena, come la seguente folla pagata che canta epiteti russi sgradevoli verso Lavrov e Putin:

Tutti ormai sanno che non ci si può fidare di Pashinyan:

Sembra sempre più che le provocazioni siano una campagna deliberatamente orchestrata da Pashinyan e dai suoi collaboratori della CIA per spingere la Russia fuori dall’Armenia, dopo aver incolpato la Russia del crollo della pace. In questo modo gli Stati Uniti possono intervenire e offrire una risoluzione, per poi iniziare una nuova gestione americana della regione e iniziare ad attivare questo fianco contro la Russia.

Ciò è evidente dal fatto che anche nei giorni e nelle settimane precedenti a oggi sono aumentate le “provocazioni” contro le truppe di pace russe, come questa della scorsa settimana:

Tali provocazioni non avvengono mai “organicamente”, ma sono sforzi coordinati da ONG e agenzie di intelligence in ogni caso.

Ora è chiaro che gli Stati Uniti stanno cercando di “attivare” tutte le regioni intorno alla Russia per destabilizzarla il più possibile, come sforzo continuo per indebolire la campagna ucraina. Questo segue altri annunci di questo tipo:

E fa seguito ai crescenti attacchi alle forze russe e alle forze alleate della Russia in tutto il mondo, dalla Siria all’Africa. Tra questi, i recenti attacchi che hanno ucciso i soldati di Wagner, dopo le notizie secondo cui le agenzie di intelligence francesi starebbero addestrando i ribelli a colpire Wagner:

Il collegamento tra i ribelli tuareg in Mali e la FranciaIl canale russo Rybar ha ottenuto un’informazione interessante, ma attesa. A quanto pare, l’agenzia di intelligence francese DGSE ha una stretta connessione con il movimento Azawad nel nord del Mali.L’attacco alla città di Bourem è stato un test delle forze della milizia e delle capacità dell’esercito maliano e delle restanti unità della PMC “Wagner”. Attualmente, i ribelli tuareg sotto la guida di agenti francesi si stanno preparando per un’offensiva sulla città di Gao. La Francia ha promesso di sostenere i tuareg nei loro tentativi di creare uno Stato indipendente e contro i militanti jihadisti. Tutto questo viene fatto per indebolire l’influenza filo-russa nel Sahel e allo stesso tempo per motivare altri gruppi terroristici a intensificare gli attacchi alle forze armate del Mali.
Ma anche se gli Stati Uniti e gli alleati stanno disperatamente cercando di infiammare il mondo per indebolire la Russia nelle sue periferie in ogni modo possibile, tutti questi sforzi sono poco più che pula al vento e non avranno alcun effetto sull’OMU. E come sempre dobbiamo ricordare che tutto questo impallidisce in confronto alla guerra ibrida/asimmetrica di maggior successo condotta dalla Russia contro gli atlantisti in Africa e altrove.

Concludo questa sezione con questi post. In primo luogo il post di RussiansWithAttitudes sulla situazione in Armenia, che solleva molti punti positivi:

Un’ultima considerazione sulla questione Armenia/Karabakh: un’enorme percentuale del popolo armeno, forse la maggioranza, non ha alcun desiderio di difendere e combattere per il Karabakh. Hanno desiderato qualcuno che li liberasse da questo fastidioso problema. Hanno trovato questo qualcuno: Volevano un politico che vendesse gli armeni del Karabakh, ma in un modo che non facesse sentire in colpa gli armeni in Armenia. In altre parole, avrebbe dovuto creare una falsa narrativa in cui la colpa fosse in realtà della Russia. L’immaginario “sostegno russo all’Azerbaigian” è stato il mito politico chiave in Armenia (e ancor più nella diaspora) negli ultimi anni. Hanno eletto una persona che li avrebbe salvati dal problema del Karabakh. Lo hanno rieletto dopo che ha vergognosamente perso una guerra per la quale avevano avuto 30 anni per prepararsi (e non hanno scavato una sola trincea). Se il popolo armeno fosse contrario a Pashinyan, lo butterebbe fuori. Non l’hanno fatto e non lo faranno. Pashinyan consegnerà il Karabakh agli azeri. Lo farà in modo tale da poter dare la colpa ai “malvagi russi che ci hanno pugnalato alle spalle”. Farà esattamente ciò per cui è stato eletto: sbarazzarsi del Karabakh e salvare gli armeni in Armenia dal senso di colpa di aver tradito i loro connazionali.Attualmente, il governo e la società armena stanno lavorando molto più duramente alla costruzione di una narrativa che spieghi perché è colpa di Mosca se l’intera popolazione dell’Artsakh è stata violentata, torturata e uccisa con strumenti agricoli, piuttosto che lavorare sulla loro preparazione militare.Non vogliono che la Russia o l’Iran proteggano il Karabakh. Non vogliono proteggere il Karabakh da soli. Vogliono solo una scusa morale per il loro tradimento nei confronti dei loro connazionali armeni. È un peccato, perché gli abitanti dell’Artsakh sono molto coraggiosi e sono pronti a combattere e a morire per la loro terra. Ma la Russia non può aiutarli se l’Armenia non vuole farlo. Dal punto di vista della logica geostrategica, l’unica cosa che conta per la Russia in Armenia in questo momento è il corridoio Zangezur che si collega all’Iran. Gli sforzi diplomatici russi hanno salvato l’Armenia da una completa catastrofe militare nel 2020. Le forze di pace russe hanno fatto in modo che almeno una parte dell’Artsakh rimanesse armena, ma la Russia non può impegnarsi a proteggere l’Artsakh se lo Stato armeno non si impegna a farlo. Lo Stato armeno spera di poter vendere i suoi connazionali come Danegeld agli azeri e continuare a zoppicare, magari con il supporto vitale dell’Occidente. Si tratta di un’illusione, ovviamente. Ma è quello che hanno deciso. Non si possono salvare le persone contro la loro volontà. Pertanto, la Russia non dovrebbe essere coinvolta, se non per salvaguardare i propri interessi diretti.
E poi quello che Dmitry Medvedev ha scritto oggi su Pashinyan:

Un giorno, uno dei miei colleghi di un Paese fraterno mi disse: “Sono un estraneo per voi, non mi accetterete”, ha detto Dmitry Medvedev a proposito del primo ministro armeno.” Ho risposto quello che dovevo: “Non giudicheremo dalla biografia, ma dai fatti”. Poi ha perso la guerra, ma stranamente è rimasto al suo posto. Poi ha deciso di incolpare la Russia per la sua incompetente sconfitta. Poi ha ceduto parte del territorio del suo Paese. Poi ha deciso di flirtare con la NATO, e sua moglie ha sfidato i nostri nemici con dei biscotti. Indovinate quale destino lo attende…”.
***
Un’ultima notizia interessante e varia.

La guerra dei droni della Russia si sta scaldando. Di seguito un video che mostra quanto sia diventato letale l’uso dei droni FVP da parte della Russia: la fanteria non è più al sicuro da nessuna parte, i droni la inseguono in ogni angolo:

Non ho trovato il video
Ed ecco un esempio di una piccola boutique russa di assemblaggio di droni che produce 1000 pezzi al mese:

Non ho trovato il video
Sempre più spesso la narrativa occidentale è che la Russia vuole la Polonia e/o i Paesi Baltici e che gli Stati Uniti dovranno presto unirsi alla guerra. Non solo questa è stata la principale frase di Zelensky nel video che ho postato in precedenza, ma sia Nikki Haley che Mike Pence hanno scelto questa minaccia come principale punto di attacco della loro campagna elettorale:

Il prossimo:

Si dice che Wagner tornerà presto in prima linea, anche se non si sa sotto quale bandiera:

Inizialmente si sosteneva che Wagner sarebbe stato in qualche modo coinvolto con le forze russe della Rosgvardia, ma ciò rimane incerto.

A proposito di Wagner, un episodio assurdo si è verificato in Siria. Si tratta di un lungo post che incollo in modo che chi non è particolarmente interessato possa saltarlo, ma se è vero, mostra il tipo di reale animosità e ostilità che esiste tra Wagner e il Ministero della Difesa russo, che ha portato a tutti i brutti affari che sono emersi quest’anno.

Si tratta del generale russo Yunus-bek Yevkurov, che Prigozhin si è inimicato anche quando ha preso il controllo di Rostov:

Da knyaz_cherkasky:

Mi scuso in anticipo con i miei abbonati se non ho risposto a nessuno, ma le parole non possono descrivere quello che stava succedendo qui di notte. Non so nemmeno se sia possibile descriverlo per non seminare il panico (dovreste chiederlo alle persone severe con le spalline sotto le giacche), ma i siriani sono sotto shock, e tutto era a un soffio dal pasticcio tra i Wagner e il nostro Ministero della Difesa, e secondo le voci sia in Siria che in Libia, tra cui la cosiddetta. Una “marcia per la giustizia” (la rivolta di Wagner di Prigozhin) sarebbe stata una passeggiata per bambini. In realtà, a causa di ciò, il mio trasferimento del secondo gruppo di archeologi a Palmira per lavorare nel teatro è stato interrotto, poiché il passaggio attraverso il T4 per Palmira è stato bloccato. Ma, a quanto pare, tutto si è risolto – Wagner è riuscito a raggiungere Mosca, gli elicotteri sono stati cancellati in tempo. I siriani parlano eccitati e dicono che tutto è stato come nel film.Per non scrivere un post a parte e, allo stesso tempo, rispondere a numerose domande, aggiungerò che si sta già discutendo di mezza Siria a est di Furukulus.L’incidente di ieri è il seguente: Wagner, dopo il divieto di volare attraverso Khmeimim e l’annullamento dei permessi da parte del Ministero degli Esteri russo, si è accordato con il Ministero della Difesa siriano e ha organizzato voli di rotazione verso l’Africa, attraverso la base aerea siriana T4. Quando l’aereo è decollato, gli elicotteri russi sono stati alzati in volo e i camion dei pompieri sono entrati in pista per impedirne l’atterraggio. Ai siriani è stato detto che se l’aereo atterra, verrà aperto il fuoco su di esso. Inoltre, i soldati siriani, che avevano ricevuto l’ordine di accettare l’aereo, per qualche tempo hanno resistito alle azioni del Ministero della Difesa russo sulla pista stessa, ma quando hanno visto gli elicotteri in volo, hanno ritenuto opportuno ritirarsi. Poiché il carburante dell’aereo in volo (un aereo cargo proveniente dalla Libia) si stava esaurendo, si è posto il problema di non riuscire a tornare in Libia. A casa di Wagner, coloro che si stavano preparando per l’incontro si sono messi in contatto con la Libia e, secondo le voci, hanno detto che se l’aereo fosse stato abbattuto, Wagner in Libia avrebbe colpito la base del Ministero della Difesa in risposta. La cosa più divertente (se può essere divertente) è che a bordo c’erano 170 siriani, contractor Wagner, che stavano tornando a casa dopo un contratto in Libia). I siriani me lo hanno raccontato eccitati, con gli occhi spalancati, agitando le braccia e chiedendo – cosa sta succedendo lì?
È chiaro che la Russia ha creato un mostro con il gruppo Wagner, ma era necessario per l’epoca.

A questo proposito, Surovikin è stato avvistato alla guida di una delegazione militare russa in Algeria, il che significa che è tornato all’ovile:

In che veste, però? Non si sa ancora.

Il prossimo:

Un incidente molto strano e interessante. La Russia ha diffuso il filmato di un drone Lancet-3M, una nuova variante con raggio d’azione esteso, che ha colpito un jet Mig-29 ucraino presso l’aeroporto di Dolgintsevo, vicino a Krivoy Rog:

Ci sono molte cose da dire al riguardo, in quanto apre un intero argomento di discussione.

In primo luogo, la buona notizia è che dimostra che i Lancet possono ora spingersi a più di 70 km o più dietro le linee nemiche, che è la distanza del campo d’aviazione dal lato russo del Dnieper.

Tuttavia, ha sollevato molte domande su come sia possibile che un campo d’aviazione apparentemente pieno di aerei funzionanti possa essere lasciato indisturbato così vicino alla linea del fronte, dato che nel video si vedono diversi altri aerei. Alcuni hanno suggerito che alcuni di essi potrebbero essere aerei donatori in naftalina per ottenere pezzi di ricambio. Anche sulla base di questa foto che mostra una pila di pneumatici, alcuni hanno suggerito che l’Ucraina si stesse preparando a coprire gli aerei con i pneumatici, come ha fatto di recente la Russia, o a bruciare i pneumatici per creare del fumo di occultamento, percependo un attacco imminente – il che potrebbe indicare che gli aerei erano appena arrivati prima del colpo:

Ho già parlato a lungo dei campi d’aviazione dell’Ucraina. Il punto cruciale è che i loro aerei si spostano molto per evitare che gli attacchi russi siano indovinati. I pochi aerei rimasti saltano da un campo d’aviazione all’altro, oltre che su piste autostradali ad hoc e hangar letteralmente costruiti nelle strade secondarie. Scorrete fino a metà pagina per vedere il mio approfondimento:

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Ciononostante, la questione solleva altri interrogativi. A 70 km dalla linea del fronte sono a portata di mano gli MLRS pesanti (Smerch) e una serie di altri sistemi (Iskander, ecc.) che potrebbero distruggere quegli aerei. Sappiamo che giorni fa la Russia ha annunciato di aver distrutto 5 aerei proprio in quel campo:

Poiché non conosciamo la data esatta del video del Lancet, potrebbe essere avvenuto prima o dopo. Il che significa che il Lancet potrebbe benissimo essere stato l’attacco iniziale dopo la prima ricognizione degli aerei sul posto, e che il successivo attacco missilistico è seguito subito dopo. Questa è la spiegazione più logica.

Tuttavia, dal momento che questo ha suscitato una discussione più ampia tra gli altri esperti, ne incollerò alcuni tra i più convincenti perché ritengo che il dibattito sul perché la Russia non possa “annientare” tutti i campi d’aviazione dell’Ucraina in una volta sola sia importante. Ancora oggi, la maggior parte dei profani non riesce a capirlo e crede che sia facile lanciare una sorta di “attacco” di massa per spazzare via interi campi d’aviazione rendendoli completamente inutilizzabili, oltre a distruggere qualsiasi cosa vi sia parcheggiata.

Ma non è proprio così che funziona. Il motivo principale è che alcuni di questi campi costruiti dai sovietici, come quello di Starokonstantinovka, sono così giganteschi che è difficile immaginarne o apprezzarne le dimensioni per una persona comune. Non c’è nessun tipo di attacco che possa spazzare via completamente una cosa del genere, a meno che non si tratti di un attacco nucleare. Ma lascerò che sia il seguente esperto a spiegarlo:

Dopo l’ennesimo raid riuscito dei Su-24M ucraini con missili Storm Shadow, decollati dalla base aerea di Starokonstantinov, si è ricominciato a chiedere “perché non distruggiamo i missili nemici, gli aerei e le loro basi?”. La risposta, come sempre, è abbastanza semplice e banale: perché non possiamo. Non si tratta di accordi dietro le quinte che molti inventano per spiegare ciò che sta accadendo. Il fatto è che le basi dei missili e dei bombardieri nemici sono ben protette sia da rifugi che da sistemi di difesa aerea, e la ricezione tempestiva di informazioni da parte della ricognizione satellitare della NATO permette loro di ritirare i propri velivoli diverse ore prima dell’attacco, cosa di cui abbiamo anche scritto più volte.Allo stesso tempo, semplicemente non usiamo testate a grappolo per i missili da crociera Kalibr o X-101, che potrebbero immediatamente coprire interi siti dell’aviazione ucraina (se fosse possibile catturarli allo scoperto) o discariche di esemplari non volanti che vengono portati via per i pezzi di ricambio di quelli ancora in volo. E i missili in grado di colpire efficacemente robusti rifugi in cemento armato sono pochi ed estremamente costosi.D’altra parte, come dimostra la pratica, il nostro tentativo di giocare in difesa passiva finisce con il nemico che ha l’iniziativa e, avendo accumulato solo pochi missili difficili da uccidere, semplicemente sfonda la difesa aerea in un punto specifico e provoca gravi danni a cui non si può resistere.Informatore militareRybar: “Perché non possiamo prendere e distruggere i campi d’aviazione, i porti e i nodi ferroviari ucraini?”.
Una buona risposta a questa domanda è stata data dal teorico militare americano Edward Luttwak in un suo recente articolo.Secondo lui, solo per un raid dell’aviazione britannica sulla Germania durante la Seconda guerra mondiale, gli aerei potevano sganciare 2560 tonnellate di munizioni: Si tratta di un quantitativo superiore al totale delle munizioni sganciate dai missili da crociera russi su obiettivi in territorio ucraino dall’inizio della CDF.
La natura dei combattimenti è cambiata radicalmente da allora. Se allora 700 (!) bombardieri potevano partecipare a un attacco, ora non c’è nemmeno un numero così elevato di aerei e di personale di volo. Oggi, questo approccio, se il nemico ha una difesa aerea, porterà al fatto che le già scarse tavole si esauriranno semplicemente in un mese o due.Sia il “Kalibry” che l’X-101 sono mezzi efficaci per una distruzione puntuale. Ma non vale certo la pena aspettare che una salva di 10 missili sia in grado di demolire qualche grande fabbrica sovietica che l’Ucraina ha ereditato, per ragioni oggettive. E questo vale anche per altri prodotti simili, siano essi Tomahawk o Storm Shadow.
Lo si vede chiaramente nell’esempio dell’attacco statunitense alla base aerea siriana di Shayrat nel 2017: con il lancio di 59 missili e colpi precisi, non si è verificato alcun “paesaggio lunare” in quel luogo, e gli aerei del campo d’aviazione hanno iniziato a decollare il giorno dopo. (Rybar)
Un punto sollevato dal primo è che se la Russia avesse missili appositamente progettati per colpire le piste di atterraggio, potrebbe almeno fare un lavoro un po’ migliore per annullare potenzialmente le piste (anche se sarebbero comunque fisse). Alcuni Paesi hanno missili speciali per questo scopo, ad esempio il Matra Durandal della Francia:

Il Durandal è una bomba anti-pista sviluppata dall’azienda francese Matra (ora MBDA), progettata per distruggere le piste degli aeroporti ed esportata in diversi Paesi. Un semplice cratere in una pista potrebbe essere semplicemente riempito, ma il Durandal utilizza due esplosioni per spostare le lastre di cemento di una pista, rendendo così la pista molto più difficile da riparare.
La Russia ha bombe che fanno questo, per esempio le Betab-500ShP, ma devono essere sganciate da un jet, il che le esclude. Si dice che il P-270 Moskit e alcuni altri missili abbiano funzioni secondarie anti-pista, anche se non credo che siano specificamente progettati per questo come il Durandal, con la doppia esplosione, ecc. Ma non sono sicuro che la Russia abbia tentato di usarli sulle piste.

In definitiva, le piste possono essere riparate e persino riempite con relativa facilità, quindi non è il deterrente più grande e non sono sicuro di quanto sia buono il compromesso tra il tempo guadagnato e il costo dei missili utilizzati. È buono per qualcosa come un Paese del terzo mondo, dove si può disabilitare la loro unica pista di atterraggio, ma contro una potenza militare come l’Ucraina potrebbe non creare un grande ostacolo.

A questo proposito, ecco una nuova foto di un Su-34 russo in volo con le bombe glide Fab-500M62 UMPK attaccate.

Il prossimo:

La Russia ha diffuso un nuovo spot militare che sembra “accennare” alla futura conquista di Kiev e Odessa:

Il prossimo:

Tra le notizie di “Tutto va bene in Ucraina”, abbiamo il seguente resoconto:

Il governo ucraino propone che i detenuti producano energia elettrica pedalando sulle biciclette.Tale proposta di legge è stata registrata dal deputato del popolo Sergei Grivko (Servo del Popolo), il quale ha proposto di consentire ai detenuti di produrre energia elettrica utilizzando generatori di biciclette in cambio di una pena detentiva più breve. “Se entro un mese si conformeranno agli standard stabiliti dal Ministero della Giustizia, allora il periodo di detenzione sarà ridotto di 3 giorni, ma non più di 10 mesi all’anno. In altre parole, nel corso di un anno, un detenuto può ridurre il periodo di detenzione di 30 giorni. Questo avrà un impatto diretto sul risparmio sul suo contenuto – fino a circa l’8% (fino a 200 milioni di UAH)”, scrive Grivko.

Concetto interessante. Quindi, i prigionieri possono ridurre la loro pena diventando criceti che generano elettricità.

Infine, vi lascio con questo edificante campionario di popolazioni ucraine e russe in strada, alla domanda se sia gradito che la parte avversa venga bombardata? Come sempre, traete le vostre conclusioni:


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Le conseguenze dell’allargamento dell’UE all’Ucraina, di Maxime Lefebvre

Le conseguenze dell’allargamento dell’UE all’Ucraina

Maxime Lefebvre

27 luglio 2023

Dalla rivoluzione arancione del 2004 all’invasione russa del 2022, l’Ucraina ha costantemente bussato alla porta dell’Unione Europea. Ma a differenza della NATO, l’UE non ha mai offerto all’Ucraina la prospettiva di adesione, come invece ha fatto con i Paesi dei Balcani occidentali (nel 2000) e con la Turchia (nel 1963). L’UE ha riconosciuto le “aspirazioni europee” dell’Ucraina e ha accolto con favore la sua “scelta europea”, ma non le ha mai concesso una “prospettiva europea”, nonostante le pressioni del Regno Unito (che nel frattempo ha lasciato l’Unione), della Svezia e degli Stati membri dell’Europa orientale. I Paesi Bassi hanno persino subordinato la ratifica dell’accordo di associazione nel 2016 a una dichiarazione referendaria che non prevedeva alcuna prospettiva di adesione.

Tutto è cambiato con la guerra in Ucraina nel 2022. Per solidarietà con gli ucraini, è diventato impossibile negare a questo popolo martire e a questo “Paese europeo” (riconosciuto come tale in una dichiarazione UE-Ucraina del 2008 adottata sotto la presidenza francese, ma non come “Stato europeo” ai sensi dell’articolo 49 del TUE) la prospettiva di entrare un giorno nell’Unione. Per non creare divisioni sgradite in questo contesto, il Consiglio ha passato la palla alla Commissione, che si è affrettata a esprimere un parere favorevole, e il Consiglio europeo ha accettato la domanda ucraina a tempo di record, già a giugno (la Turchia aveva aspettato fino al 1999 per essere ufficialmente accettata). Contemporaneamente, è stata accettata anche la domanda della Moldavia (geopoliticamente legata al destino dell’Ucraina) e la Georgia ha ottenuto una prospettiva europea.

La questione non è più se si apriranno i negoziati di adesione, ma quando e quali saranno le conseguenze di questi nuovi allargamenti. Le cose possono accadere rapidamente, visto che sono passati appena dieci anni tra la prospettiva di adesione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) a Copenaghen (1993) e il grande allargamento a Est (2004).
Uno spostamento dell’Unione verso est

Supponiamo che l’allargamento alla Turchia rimanga congelato (i negoziati sono fermi dal 2020) e che l’Unione si espanda “solo” ai sei Paesi dei Balcani occidentali in attesa di adesione e ai tre nuovi candidati a Est. L’Unione passerebbe da 27 a 36 membri, la maggior parte dei quali (20) sarebbero ex “Paesi del blocco orientale” e insieme soddisferebbero uno dei criteri per la maggioranza qualificata nel Consiglio (55% degli Stati). Questo criterio numerico è importante anche per la Commissione, dove la maggioranza dei commissari proverrebbe dall’Europa orientale.

Dal punto di vista demografico, i nuovi membri non hanno molto peso rispetto ai 450 milioni di abitanti dell’Unione Europea a 27: 20 milioni per i Balcani e appena 40 milioni per l’Ucraina. L’Unione Europea non riacquisterebbe nemmeno la popolazione precedente alla Brexit. Con una maggioranza in Consiglio secondo il criterio della maggioranza numerica, i Paesi dell’Europa orientale nel loro insieme non raggiungerebbero la minoranza di blocco secondo il criterio demografico (35% della popolazione). Le decisioni dovranno quindi tenere conto degli interessi dell’Est, ma si può prevedere che l’influenza dei Paesi occidentali più popolosi e ricchi rimarrà predominante, soprattutto perché i parlamentari e i funzionari europei vengono assunti più o meno in proporzione alla popolazione degli Stati interessati.

La divisione tra Est e Ovest può tuttavia essere problematica sotto molti aspetti. Secondo il criterio religioso, che è alla base dell’approccio delle “civiltà” di Samuel Huntington (Clash of Civilisations, 1996), alcuni degli attuali PECO appartengono alla civiltà dell’Europa occidentale (caratterizzata dal cristianesimo cattolico e protestante), mentre Grecia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Ucraina, Georgia, Serbia, Macedonia e Montenegro hanno una tradizione ortodossa e tre Paesi hanno una maggioranza musulmana (Albania, Bosnia e Kosovo). Sulle questioni migratorie, il rifiuto del gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) dell’immigrazione non cristiana e non europea potrebbe trovare un sostegno più ampio.

Il sociologo Henri Mendras (L’Europe des Européens, 1997) ha teorizzato il divario tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale, i quali non hanno sperimentato, o hanno sperimentato solo con ritardo, i processi di individualizzazione, costituzione di Stati nazionali, industrializzazione e democratizzazione tipici dell’Occidente. I problemi con lo Stato di diritto in Ungheria e Polonia (e altrove), o con la corruzione endemica (in particolare in Ucraina), sono difficili da superare e potrebbero non essere mai superati.
Convergenza economica o rapporto centro/periferia?

Il divario è anche economico. L’Ucraina è un Paese povero per gli standard dell’UE: il 25% del PIL pro capite della Polonia (erano allo stesso livello nel 1990), il 10% di un Paese come la Francia. E gli altri futuri Paesi dell’allargamento non se la passano molto meglio. L’adesione di 60 milioni di poveri comporterà un maggiore bisogno di solidarietà, attraverso gli aiuti della Politica agricola comune e della politica regionale, che saranno finanziati a spese degli aiuti ricevuti dagli altri Paesi meno sviluppati della periferia orientale e mediterranea dell’UE, oppure dovranno essere finanziati dai Paesi più ricchi.

Tuttavia, la capacità redistributiva dell’UE è minata dall’uscita del Regno Unito (che rappresentava un contributo netto significativo), dalla ricaduta dei Paesi mediterranei in seguito alla crisi dell’eurozona e dalla riluttanza di diversi Paesi ricchi ad aumentare la spesa per l’UE in un contesto di debito eccessivo e di rigore di bilancio. Inoltre, come ha dimostrato il caso delle importazioni ucraine di cereali che hanno provocato richieste di salvaguardia da parte di alcuni Paesi dell’Europa orientale, il libero scambio con l’Ucraina ha effetti problematici anche per l’UE.

È possibile ipotizzare uno scenario ottimistico di convergenza in cui l’Ucraina seguirebbe lo sviluppo economico della Polonia e di altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, il che ridurrebbe a lungo termine la necessità di solidarietà. Tuttavia, il caso della Grecia dopo il 2010 dimostra che non si possono escludere arretramenti in Paesi in cui lo Stato di diritto non è ben consolidato, e il caso dell’Italia dimostra che il Mezzogiorno non è mai stato in grado di recuperare il ritardo rispetto al Nord del Paese.

È ipotizzabile un altro scenario in cui la periferia orientale e mediterranea dell’Unione rimarrebbe permanentemente sottosviluppata. Ciò si accompagnerebbe a un esodo delle forze vitali di questi Paesi verso un futuro migliore in Germania o in altri Paesi dell’Europa occidentale, come abbiamo visto dopo l’adesione dei Paesi dell’Europa orientale, che si stanno spopolando drammaticamente (cfr. Ivan Krastev, Le Destin de l’Europe, 2018). Creando 8 milioni di rifugiati (il 20% della popolazione), la guerra in Ucraina ha accelerato un processo che era già iniziato.

L’Unione Europea sarà abbastanza forte da imporre profondi cambiamenti strutturali allo Stato di diritto nel lungo periodo? Nessuno ha la risposta. È possibile che si debba tornare all’idea di un’integrazione a più velocità, con una zona euro più integrata che deve essere strutturata all’interno di un’Unione europea più grande che non sarebbe in grado di applicare le sue politiche più ambiziose (unione monetaria, zona Schengen senza controlli alle frontiere) a tutti i suoi membri. È anche possibile che un rafforzamento dei partiti nazionalisti in tutta Europa finisca per mettere a repentaglio l’intero progetto europeo.
Effetti sulla politica estera dell’Unione

L’adesione dell’Ucraina all’UE confermerebbe lo sviluppo auspicato dal politologo americano Zbigniew Brzezinski (Le Grand échiquier. L’Amérique et le reste du monde, 1997): il consolidamento di una “spina dorsale geostrategica” comprendente Francia, Germania, Polonia e Ucraina. Questo scenario prevede l’unificazione dell’Europa contro la Russia, con tutte le istituzioni europee più o meno geopoliticamente allineate (UE, NATO, Consiglio d’Europa, Comunità politica europea avviata nel 2022). La guerra in Ucraina ha spinto l’Europa verso questo scenario e oggi è difficile capire come si possa tornare al progetto di un’architettura di sicurezza europea che includa la Russia.

Ma garantire la sicurezza a lungo termine dell’Ucraina in un confronto senza fine con la Russia è una sfida importante. Come ha dimostrato il recente vertice di Vilnius, non è facile estendere la NATO all’Ucraina, un Paese in guerra con la Russia e in parte occupato da quest’ultima, senza scontrarsi con il dilemma della garanzia dell’articolo 5 (assistenza nel quadro della difesa collettiva): o questo articolo non sarà applicato e sarà demonetizzato, o sarà applicato e la NATO sarà trascinata in una guerra potenzialmente nucleare. L’UE non si trova di fronte allo stesso dilemma, in quanto la propria clausola di difesa collettiva (articolo 42-7 del TUE) non ha la portata operativa dell’articolo 5 del Trattato di Washington: inoltre, l’adesione di una Cipro divisa non ha portato a un conflitto con la Turchia.

Qualunque sia la soluzione alla questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina (attraverso la NATO, l’UE o il sostegno bilaterale come avviene oggi), un’UE allargata all’Ucraina sarà ancora più anti-russa e dovrà inquadrare maggiormente la sua politica estera in un quadro transatlantico e occidentale, con il rischio che l’UE non emerga più autonoma e più capace di far valere i propri interessi, in particolare nelle relazioni con gli Stati Uniti.

L’adesione dell’Ucraina e degli altri Paesi attualmente candidati potrebbe quindi portare a un’Unione più eterogenea, la cui unità dipenderebbe dall’unità e dalla forza del quadro liberale occidentale guidato dagli Stati Uniti e incarnato in particolare dalla NATO. Se questo quadro dovesse indebolirsi, anche a causa degli sviluppi oltre Atlantico, e se le forze nazionaliste centrifughe dovessero continuare a rafforzarsi all’interno dell’Unione, il progetto europeo potrebbe essere pericolosamente indebolito. Ciò rende ancora più urgente e necessaria la riscoperta di un asse franco-tedesco forte e trainante al centro dell’Unione.

https://www.telos-eu.com/fr/les-consequences-dun-elargissement-de-lue-a-lukrai.html

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Gli USA e l’impoverimento dell’Europa, di ROBERTO IANNUZZI

Gli USA e l’impoverimento dell’Europa

Mentre Washington ha nuovamente imposto la sua “indispensabilità” nel continente europeo, l’Europa rischia di diventare la retrovia impoverita di un Occidente in declino.

21 LUG 2023
(Image by pxhere)

Lo scorso aprile, un trionfale articolo dell’Economist intitolato “The lessons from America’s astonishing economic record” affermava che “la più grande economia del mondo sta lasciando i suoi competitori sempre più nella polvere”.

La scomoda verità – ha però osservato Graham Allison, uno dei massimi politologi americani – è che l’Economist giunge a questa sbalorditiva conclusione proprio escludendo l’unico vero competitore degli Stati Uniti: la Cina.

Il paragone a cui si limitava il noto settimanale britannico era fra gli USA e gli altri paesi del G7. In questa competizione, gli Stati Uniti non solo sono avanti ma stanno accrescendo il loro distacco.

Il punto scottante, sottolinea Allison, è che a partire dalla fondazione del G7 circa mezzo secolo fa, la quota del PIL globale a cui contribuisce il gruppo è andata progressivamente diminuendo.

Queste sette economie, che negli anni ’70 del secolo scorso determinavano oltre il 60% dell’output mondiale, oggi ne rappresentano solo il 44% (appena il 30% se misurato a parità di potere d’acquisto).

Mentre la sfida decisiva dei prossimi anni sarà quella fra USA e Cina, ciò a cui stiamo assistendo è una sorta di “cannibalismo” economico fra paesi dell’Occidente.

Se nel 2008 l’economia dell’Unione Europea era poco più grande di quella americana (16,2 trilioni di dollari contro 14,7), nel 2022 l’economia USA ha raggiunto i 25 trilioni mentre quella di UE e Regno Unito insieme non ha toccato neanche i 20 trilioni.

Il divario continua ad aumentare, e non è solo una questione di tenore di vita. E’ la crescente dipendenza europea dagli Stati Uniti in materia di tecnologia, energia, finanza e difesa che sta erodendo ogni residua aspirazione di “autonomia strategica” dell’Europa.

Il panorama tecnologico europeo è dominato da compagnie americane come Microsoft, Amazon e Apple. Mentre la Cina ha sviluppato i propri giganti tecnologici, le poche compagnie europee che emergono vengono spesso acquistate dagli Stati Uniti.

Se nel 1990 l’Europa produceva il 44% dei semiconduttori a livello mondiale, questa percentuale è scesa attorno al 9% nel 2020. Con una quota pari al 12%, gli USA non se la passano meglio.

Ma mentre Washington ha messo in campo un’ambiziosa politica industriale con i provvedimenti dell’Inflation Reduction Act (IRA) e del CHIPS and Science Act, le grandi aspirazioni europee riguardo alla transizione ecologica ed a quella digitale rischiano di rimanere sulla carta.

Di fronte agli ingenti sussidi industriali messi in campo dall’IRA, che rischiano di svantaggiare pesantemente l’industria dell’UE, la Commissione Europea ha mostrato una sconcertante passività.

Nel frattempo, per il tanto sbandierato Green Deal europeo che dovrebbe costare 620 miliardi di euro, la Commissione ha stanziato appena 82,5 miliardi, lasciando presagire che esso rimarrà probabilmente poco più di uno slogan.

E mentre lo status di valuta di riserva mondiale di cui gode il dollaro permette a Washington di finanziare i propri piani, i problemi congeniti dell’unione monetaria europea pongono limiti molto più stringenti all’UE.

Dopo il crollo del muro di Berlino, per alcuni anni era forse sembrato che l’Europa fosse meno dipendente dall’America. Ma, puntando sull’allargamento a est della NATO e dell’UE, Washington ha creato un nuovo serbatoio di paesi strettamente legati agli USA, allo stesso tempo spostando il baricentro dell’Unione e dell’Alleanza Atlantica.

Sfruttando abilmente il conflitto ucraino, gli Stati Uniti hanno nuovamente imposto la loro indispensabilità nel continente europeo, spingendo i propri alleati a rompere ogni rapporto con Mosca ed a rinunciare alle fonti energetiche russe a basso costo.

Ciò ha creato un ulteriore squilibrio fra le due sponde dell’Atlantico. Mentre gli USA dispongono di proprie fonti di gas e petrolio a buon mercato, i prezzi energetici europei sono schizzati alle stelle.

La Germania, motore della crescita UE, ha visto il proprio modello di prosperità fondato sulle esportazioni progressivamente demolito dall’elevata inflazione e da spese quadruplicate a causa della sua improvvisa dipendenza dalle costose fonti energetiche statunitensi. Ciò ha posto il paese in recessione.

Il problema, comune ad altri paesi dell’Unione, accresce ulteriormente il rischio di una migrazione delle imprese europee sull’altra sponda dell’Atlantico, e di una progressiva deindustrializzazione del vecchio continente.

Gli europei hanno cominciato a impoverirsi. A differenza degli Stati Uniti, i consumi in Europa stanno diminuendo. L’Ue ora contribuisce al 18% della spesa globale per i consumi, a fronte di un contributo americano pari al 28%. Quindici anni fa, sia gli USA che l’UE contribuivano a circa un quarto di tale spesa.

Nel frattempo, la militarizzazione dell’Europa a seguito dello scontro con la Russia, in assenza di una robusta industria europea della difesa, è destinata a creare ulteriore dipendenza dall’industria bellica americana.

Già prima del conflitto, circa metà della spesa militare europea andava ad arricchire il complesso militare-industriale statunitense.

E alla luce della competizione con Pechino, Washington sta esercitando pressioni sui paesi europei affinché riducano anche i propri interessi commerciali ed i propri investimenti in Cina.

Nel panorama della nuova competizione globale, l’Europa rischia dunque di diventare la retrovia impoverita (se non addirittura il campo di battaglia) di un Occidente in declino.

https://robertoiannuzzi.substack.com/p/gli-usa-e-limpoverimento-delleuropa

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LAMPEDUSA : « L’ÉLITE » EUROPEA PUNISCE MELONI (Pierre Duriot)

È una grande storia a Lampedusa, ed è assolutamente impossibile che questo afflusso di 11.000 migranti in meno di una settimana sia frutto del caso. Si dice che queste traversate, di solito molto costose e orchestrate – non è un segreto – da scafisti sotto la copertura di organizzazioni non governative con finanziamenti opachi e strutture organizzative tentacolari, siano attualmente gratuite per gli aspiranti esuli. L’obiettivo è senza dubbio quello di punire la Meloni per le sue cattive compagnie, visto che la settimana scorsa è andata a trovare il cattivissimo Viktor Orban, che sta bloccando l’accordo europeo sulla distribuzione dei migranti. Poiché la questione non è se accogliere o meno i migranti, ma come distribuirli. La questione dell’accoglienza dei migranti non è una questione umanitaria, ma un dogma sovranazionale che viene imposto ai cittadini. “Giorgia Meloni è vittima del suo nazionalismo e della sua propaganda”, afferma l’eurodeputato italiano Sandro Gozi, che non nasconde nemmeno di essere stato “punito”.

Tutto ciò è confermato dal profilo dei migranti, tutti maschi, di età compresa tra i 16 e i 35 anni, vigorosi e in forma, per i quali non valgono le restrizioni sanitarie imposte a noi. Nessun controllo, nessun obbligo di identità, fanno quello che vogliono e dicono quello che vogliono. I tedeschi non si lasciano ingannare e non vogliono questi migranti punitivi. I francesi hanno il culo tra due sedie e Macron fa il gran signore con i nostri soldi, parlando di umanità e rigore. Quale umanità? Queste persone non correvano alcun pericolo nel loro Paese, altrimenti sarebbero fuggite con mogli, figli e antenati. In realtà, la maggior parte di loro sono musulmani francofoni che non nascondono nemmeno di essere venuti in Francia per ottenere benefici sociali. Contraddicendo il Presidente, Darmanin ha annunciato che alle frontiere saranno dislocati più doganieri, senza dubbio per placare l’estrema destra, che sbraita e sbraita ma non fa nulla di concreto, come al solito, si potrebbe dire. E questa punizione per l’Italia sarà anche una punizione per la Francia.

La popolazione è esasperata, perché al di là del dogma dell’accoglienza obbligatoria, l’altro dogma è quello dell’immigrazione come fonte di ricchezza per la Francia, che lascia comodamente che l’immigrazione arabo-afro-musulmana sia soffocata da altre immigrazioni, che sono appunto una fonte di ricchezza. Se l’immigrazione arabo-afro-musulmana fosse stata una fonte di ricchezza per tutto il tempo in cui l’abbiamo accolta in massa, il PIL pro capite della Francia non sarebbe crollato, il debito non sarebbe abissale e i posti di lavoro sarebbero occupati. Per non parlare dei quotidiani e sempre più squallidi atti di delinquenza. Ciò che stupisce è che, nonostante tutte le prove del contrario, i politici cerchino di mantenere questo dogma della ricca immigrazione, anche se ci sta rovinando.

Tutto questo, l’improvvisa corsa a Lampedusa, il profilo dei migranti, lascia pochi dubbi sul fatto che un organismo sovranazionale stia agendo per punire i Paesi che pensano male. Allo stesso tempo, si tratta di una manovra sempre più rozza da parte di un’élite globalizzata che percepisce il crescente malcontento globale dei popoli europei e non si preoccupa nemmeno più di garantire la discrezione delle sue azioni deleterie. E Paesi come l’Italia e la Francia, che avrebbero tutti i mezzi per respingere questa invasione con la forza, non lo fanno. Nel frattempo, i Paesi del Golfo difendono le loro frontiere con munizioni vere, e nessuno ha nulla da ridire, visto che l’obbligo di accogliere gli immigrati è curiosamente imposto solo agli europei. Quindi nulla è fatto a caso, qualcuno sta pianificando la caduta di Roma e, per inciso, la nostra.

Pierre Duriot

https://www.minurne.org/billets/37457

discorsi BRICS_a cura di Giuseppe Germinario

Qui sotto i discorsi di Xi Jinping, Putin, Lavrov, Narendra Modi e Ramaphosa tenuti al recente vertice dei BRICS a Johannesburg. Alla fine il testo del documento finale scaturito da una lunga e faticosa consultazione ed alcuni significativi imprevisti. La realtà dei BRICS sta emergendo con forza; la consapevolezza di assumere una postura autonoma dalle pervasive e tentacolari intromissioni di un “Occidente” a guida statunitense che, accanto alla usuale protervia, sta manifestando segni evidenti di debolezza e scarsa autorevolezza si sta consolidando. Non è ancora una salda alleanza politica paragonabile alla NATO allargata; deve riuscire a conciliare la pletora di interessi dei quali sono portatori i vari paesi in predicato di aderire e sulla quale si giocheranno le dinamiche geopolitiche di tutti i giocatori e contendenti. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Discorso di Xi Jinping al 15° vertice dei BRICS

Fonte: client di notizie CCTV

23/08/2023 19:20

Unità e cooperazione per lo sviluppo, coraggio di assumersi la responsabilità e promozione della pace

——Discorso al 15° vertice BRICS

(23 agosto 2023, Johannesburg)

Il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping

Caro Presidente Ramaphosa,

Caro Presidente Lula,

Caro Presidente Putin,

Caro Primo Ministro Modi:

È un grande piacere venire a Johannesburg per discutere i piani di cooperazione e sviluppo dei BRICS con tutti i miei colleghi. Questa è la terza volta che l’incontro dei leader BRICS entra in Africa, il che è di grande significato. Vorrei ringraziare il presidente Ramaphosa e il governo sudafricano per aver organizzato con attenzione questo incontro.

Attualmente, il mondo è entrato in un nuovo periodo di tumulto e cambiamento, e sta attraversando importanti aggiustamenti, importanti divisioni e importanti riorganizzazioni. L’incertezza, l’instabilità e i fattori imprevedibili sono in aumento.

I paesi BRICS sono una forza importante nel plasmare il panorama internazionale. Scegliamo in modo indipendente il percorso di sviluppo, difendiamo congiuntamente il diritto allo sviluppo e ci muoviamo insieme verso la modernizzazione, che rappresenta la direzione della società umana e influenzerà profondamente il processo di sviluppo del mondo. Guardando indietro alla storia, abbiamo sempre aderito allo spirito BRICS di apertura, inclusività e cooperazione vantaggiosa per tutti, e abbiamo continuato a spingere la cooperazione BRICS a un nuovo livello e ad aiutare lo sviluppo dei cinque paesi; abbiamo sempre sostenuto l’equità internazionale e giustizia, ha sostenuto la giustizia sulle principali questioni internazionali e regionali e ha promosso le economie emergenti.La voce e l’influenza dei paesi mercantili e dei paesi in via di sviluppo. I paesi BRICS sono sempre stati sostenitori e praticanti di una politica estera indipendente: sulle grandi questioni internazionali insistono a partire dal merito della questione stessa, a parlare in modo corretto, a fare affari in modo corretto e a non barattare mai i principi. cedere alle pressioni esterne, o essere vassallo di un altro paese. I paesi BRICS hanno un ampio consenso e obiettivi comuni: non importa come cambia la situazione internazionale, l’intenzione originale e l’aspirazione comune alla cooperazione non cambieranno.

La cooperazione BRICS è in una fase cruciale per ereditare il passato e inaugurare il futuro. Dobbiamo cogliere la tendenza generale, guidare la direzione, aderire all’intenzione originaria di unità e auto-miglioramento, rafforzare la cooperazione in vari campi, promuovere partenariati di alta qualità, promuovere lo sviluppo delle riforme della governance globale in una direzione più giusta e ragionevole, e iniettare più certezza, stabilità e giustizia nel mondo.

—— Dobbiamo approfondire la cooperazione economica, commerciale e finanziaria per stimolare lo sviluppo economico. Lo sviluppo è un diritto inalienabile di tutti i Paesi, non il “brevetto” di pochi Paesi. Al momento, lo slancio di ripresa dell’economia mondiale non è stabile e le istituzioni internazionali prevedono che quest’anno l’economia mondiale crescerà meno del 3%. Le sfide che i paesi in via di sviluppo devono affrontare sono ancora più gravi e c’è ancora molta strada da fare per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. I paesi BRICS dovrebbero essere compagni sulla strada dello sviluppo e della rivitalizzazione e opporsi al “disaccoppiamento e alla rottura delle catene” e alla coercizione economica. È necessario concentrarsi sulla cooperazione pratica, in particolare nell’economia digitale, nello sviluppo verde, nella catena di approvvigionamento e in altri settori, e promuovere scambi e scambi nei settori dell’economia, del commercio e della finanza.

La Cina istituirà un “Parco di incubazione scientifica e tecnologica della Nuova Era Cina-BRICS” per fornire sostegno alla trasformazione dei risultati dell’innovazione scientifica e tecnologica; basandosi sul meccanismo di cooperazione della costellazione di satelliti di telerilevamento dei BRICS, esplorare la creazione di un “Parco di incubazione globale di telerilevamento dei BRICS piattaforma di cooperazione per dati satellitari e applicazioni”, per fornire supporto dati per lo sviluppo dell’agricoltura, dell’ecologia, della riduzione dei disastri e di altri campi in vari paesi. La Cina è disposta a collaborare con tutte le parti per costruire il “Meccanismo di scambio e cooperazione dell’industria sostenibile BRICS” per fornire una piattaforma per l’aggancio dell’industria e la cooperazione progettuale per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

—— Dobbiamo espandere la cooperazione politica e di sicurezza per mantenere la pace e la tranquillità. “Nessun beneficio è maggiore dell’ordine, e nessun danno è maggiore del caos.” Al momento, la mentalità della Guerra Fredda persiste e la situazione geopolitica è cupa. Le persone di tutti i paesi attendono con ansia un buon ambiente di sicurezza. La sicurezza internazionale è indivisibile: cercare la propria sicurezza assoluta a scapito degli interessi di altri paesi finirà per danneggiare i propri. La crisi ucraina è arrivata a questo punto per ragioni complicate. La priorità assoluta ora è promuovere i colloqui di pace, promuovere la distensione, fermare la guerra e raggiungere la pace. Non dobbiamo “aggiungere benzina sul fuoco” e lasciare che la situazione peggiori.

I paesi BRICS dovrebbero aderire alla direzione generale dello sviluppo pacifico e consolidare il partenariato strategico BRICS. È necessario fare buon uso di meccanismi come l’incontro dei ministri degli Esteri dei BRICS e l’incontro degli alti rappresentanti per gli affari di sicurezza, sostenersi a vicenda su questioni riguardanti i reciproci interessi fondamentali e rafforzare il coordinamento sulle principali questioni internazionali e regionali. Dovremmo mediare attivamente sulle questioni legate agli hotspot, promuovere una soluzione politica e calmare le questioni legate agli hotspot. L’intelligenza artificiale è un nuovo campo dello sviluppo umano. I paesi BRICS hanno concordato di avviare il lavoro del gruppo di ricerca sull’intelligenza artificiale il prima possibile. È necessario sfruttare appieno il ruolo del gruppo di ricerca, espandere ulteriormente la cooperazione sull’intelligenza artificiale, rafforzare lo scambio di informazioni e la cooperazione tecnica, svolgere congiuntamente un buon lavoro nella prevenzione dei rischi, formare un quadro di governance e standard di intelligenza artificiale con ampio consenso, e migliorare continuamente la sicurezza e l’affidabilità della tecnologia dell’intelligenza artificiale, la controllabilità e l’equità.

—— Dobbiamo rafforzare gli scambi interpersonali e culturali e promuovere l’apprendimento reciproco tra le civiltà. Civiltà diverse e percorsi di sviluppo diversi sono come dovrebbe essere il mondo. La storia umana non finirà con una civiltà o un sistema. I paesi BRICS dovrebbero portare avanti lo spirito di inclusività, sostenere la coesistenza pacifica e la simbiosi di diverse civiltà e rispettare il percorso di modernizzazione scelto indipendentemente da tutti i paesi. È necessario fare buon uso di meccanismi come il Seminario sulla governance statale dei BRICS, il Forum sugli scambi interpersonali e il Concorso per l’innovazione delle donne per approfondire gli scambi culturali e interpersonali e rafforzare i legami interpersonali.

La Cina propone che i paesi BRICS espandano la cooperazione nel campo dell’istruzione, sfruttino appieno il ruolo delle alleanze per l’istruzione professionale, esplorino la creazione di meccanismi di cooperazione nell’istruzione digitale e creino un modello di cooperazione educativa a tutto tondo. Allo stesso tempo, rafforzare gli scambi culturali tradizionali e promuovere l’eredità e l’innovazione dell’eccellente cultura tradizionale.

——Dobbiamo sostenere l’equità e la giustizia e migliorare la governance globale. Rafforzare la governance globale è la scelta giusta per la comunità internazionale per condividere opportunità di sviluppo e rispondere alle sfide globali. Le regole internazionali dovrebbero essere scritte e rispettate da tutti in conformità con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite: chi ha il braccio forte o chi ha la voce alta non dovrebbe avere l’ultima parola. Per non parlare della formazione di bande e dell’inserimento delle proprie “leggi sulla famiglia e regolamenti sulle bande” in regole internazionali. I paesi BRICS dovrebbero praticare un vero multilateralismo, mantenere il sistema internazionale con le Nazioni Unite al centro, sostenere e rafforzare il sistema commerciale multilaterale con l’OMC al centro e opporsi alla formazione di “piccoli circoli” e “piccole cricche”. È necessario valorizzare appieno il ruolo della Nuova Banca per lo Sviluppo, promuovere la riforma del sistema finanziario e monetario internazionale e rafforzare la rappresentanza e la voce dei paesi in via di sviluppo.

Sono lieto di vedere che l’entusiasmo dei paesi in via di sviluppo nel partecipare alla cooperazione BRICS è in forte aumento, e molti paesi in via di sviluppo hanno chiesto di aderire al meccanismo di cooperazione BRICS. Dobbiamo sostenere lo spirito di apertura, inclusività e cooperazione vantaggiosa per tutti, consentire a più paesi di unirsi alla famiglia BRICS, condividere saggezza e forza e promuovere lo sviluppo della governance globale in una direzione più giusta e ragionevole.

Cari colleghi!

L’antico continente africano racchiude una saggezza semplice e profonda. C’è un proverbio africano che dice: “Si viaggia velocemente da soli e si viaggia lontano insieme.” Lo spirito di Ubuntu sostiene “Siamo qui, quindi sono qui”, sottolineando che le persone sono interdipendenti e inseparabili. La convivenza in armonia e l’armonia nel mondo sono da migliaia di anni il meraviglioso obiettivo della nazione cinese. La Cina è disposta a lavorare con i partner BRICS per sostenere il concetto di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità, rafforzare i partenariati strategici, approfondire la cooperazione in vari campi, rispondere alle sfide comuni con responsabilità BRICS, creare un futuro migliore con responsabilità BRICS e, congiuntamente, salpate verso l’altra sponda della modernizzazione!

grazie a tutti.

https://m.guancha.cn/internation/2023_08_23_706068.shtml

Riunione nel formato BRICS Plus/Outreach
Vladimir Putin ha partecipato, in videoconferenza, alla riunione del formato BRICS Plus/Outreach.

24 agosto 202312:40
Vladimir Putin ha partecipato, in videoconferenza, alla riunione del formato BRICS Plus/Outreach.
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Vladimir Putin ha partecipato, in videoconferenza, alla riunione del formato BRICS Plus/Outreach.
Tenutosi nell’ambito del 15° Vertice BRICS a Johannesburg, in Sudafrica, l’incontro ha riunito i leader di oltre 50 Paesi di tutto il mondo e gli alti dirigenti delle organizzazioni regionali.

A seguito del vertice, i Paesi BRICS hanno adottato la Seconda Dichiarazione di Johannesburg.

* * *

Discorso del Presidente della Russia alla riunione del formato BRICS Plus/Outreach

Il Presidente della Russia Vladimir Putin: Presidente Ramaphosa, capi di Stato, colleghi, amici, signore e signori,

Vorrei innanzitutto ringraziare la presidenza sudafricana per aver organizzato questo incontro altamente rappresentativo nel formato BRICS Plus/Outreach. Ci fornisce un quadro di comunicazione molto importante, offrendoci una grande opportunità di avere una conversazione significativa su questioni di attualità che riguardano la cooperazione reciprocamente vantaggiosa con i Paesi che la pensano allo stesso modo, ossia i Paesi che condividono ampiamente gli approcci dei cinque Paesi BRICS. Sono lieto di porgere a tutti voi, cari amici, il mio saluto.

Tutti noi qui presenti siamo sostenitori di un nuovo ordine mondiale multipolare con un autentico equilibrio di interessi e che tenga conto degli interessi sovrani del maggior numero possibile di Paesi, consentendo loro di seguire i propri modelli di sviluppo e aiutandoli a preservare le loro diverse culture e tradizioni nazionali.

Vorrei sottolineare che i BRICS non sono in competizione con nessuno e non cercano di fare da contrappeso a nessuno. È ovvio, tuttavia, che l’emergere di un nuovo ordine mondiale, che è un processo oggettivo, ha dei feroci oppositori che cercano di bloccare questo processo e di impedire l’emergere di nuovi centri di sviluppo e di potere indipendenti in tutto il mondo.

I Paesi del cosiddetto Miliardo d’oro hanno fatto di tutto per conservare il mondo unipolare come era in passato. È una soluzione che fa comodo a loro, e sono loro a trarne vantaggio. Stanno cercando di sostituire il diritto internazionale con il loro ordine basato su regole, come lo chiamano loro, ma nessuno ha visto queste regole. Allo stesso tempo, usano queste regole per perseguire i loro obiettivi personali e le cambiano ogni volta che fa comodo alla loro agenda politica, ogni volta che vogliono, e in qualsiasi modo che si adatti agli interessi di determinati Paesi.

In realtà, anche questa è una manifestazione del colonialismo, anche se in forma nuova. Tra l’altro, non è molto bello. Oggi questi colonizzatori si nascondono dietro i nobili slogan della democrazia e dei diritti umani, mentre cercano di risolvere le sfide che devono affrontare a spese di altri e continuano a sottrarre risorse ai Paesi in via di sviluppo.

A proposito, il Presidente del Brasile ha menzionato l’onere del debito che le economie in via di sviluppo devono affrontare. Naturalmente, da un lato c’è questo sforzo di sottrarre tutte queste risorse, mentre dall’altro, in termini di prestiti, le relazioni sono strutturate in modo tale da rendere virtualmente impossibile la restituzione di questi prestiti, per cui questi obblighi possono essere visti come indennizzi obbligatori piuttosto che come pagamenti di prestiti.

Il nuovo ordine mondiale emergente è minacciato anche dal neoliberismo radicale che alcuni Paesi stanno cercando di imporre, con l’obiettivo di distruggere i valori tradizionali che sono importanti per tutti noi: la famiglia e il rispetto delle tradizioni nazionali e religiose.

Alcuni politici non esitano a giustificare persino il neonazismo, la xenofobia e vari tipi di estremismo e a condonare i terroristi per servire i loro scopi opportunistici.

La maggioranza globale a cui appartengono i Paesi presenti al vertice è sempre più stanca delle pressioni e delle manipolazioni, ma è aperta a una cooperazione onesta, paritaria e reciprocamente rispettosa.

Questo è l’approccio che i Paesi BRICS adottano per sviluppare le loro relazioni multidimensionali con i Paesi presenti al vertice e con altri Stati interessati, nonché con gli organismi di integrazione regionale, tra cui la CSI, l’UEEA, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, l’ASEAN, la Comunità dei Caraibi e il Consiglio di Cooperazione per gli Stati Arabi del Golfo.

Dato che la maggior parte degli Stati africani partecipa al nostro incontro, il BRICS oggi si concentra naturalmente sull’Africa, e noi in Russia ne siamo felici. Crediamo che questo sia l’approccio giusto, soprattutto perché oggi abbiamo la Repubblica del Sudafrica come presidente.

Amici, ho incontrato molti di voi di recente, in occasione del secondo vertice Russia-Africa a San Pietroburgo, dove si sono svolte discussioni utili e costruttive. A San Pietroburgo abbiamo riaffermato che la Russia e l’Africa sono legate da crescenti legami di amicizia e da strette relazioni reciprocamente vantaggiose che si basano sulle fondamenta gettate durante la lotta dei popoli africani per la libertà a metà del XX secolo.

Apprezziamo profondamente l’atteggiamento estremamente amichevole dei Paesi africani nei confronti della Russia. Da parte sua, la Russia è sinceramente interessata a un ulteriore approfondimento dei legami multiformi con il continente africano, e noi promuoveremo attivamente questi legami nella pratica e realizzeremo nuovi progetti comuni in vari campi.

Il nostro Paese ha prestato particolare attenzione a garantire le forniture di cibo e fertilizzanti ai Paesi africani e ai mercati globali in generale. In altre parole, sfruttiamo tutte le opportunità a nostra disposizione per contribuire agli sforzi globali per combattere la fame e prevenire una crisi alimentare. Fortunatamente, la Russia ha prodotto raccolti di grano record per il secondo anno consecutivo.

A proposito, come ho già detto, nei prossimi mesi forniremo aiuti umanitari urgenti a sei Paesi africani, inviando a ciascuno di essi tra le 25.000 e le 50.000 tonnellate di cereali e consegnandoli gratuitamente, come è stato annunciato a San Pietroburgo. Stiamo per concludere i colloqui con i nostri amici su questi temi e stiamo per portare a termine questo compito. Devo sottolineare che lo stiamo facendo nonostante tutte le sanzioni illegali contro le nostre esportazioni che complicano seriamente i trasporti, la logistica, le assicurazioni e i regolamenti. Vorrei rassicurare i nostri amici africani che la Russia rimarrà sempre un fornitore affidabile di prodotti agricoli e continuerà a sostenere i Paesi più bisognosi.

La Russia ha lo stesso atteggiamento responsabile nei confronti delle esportazioni di energia, che si concentrano soprattutto sui mercati in rapido sviluppo. Offrendo il suo carburante a prezzi competitivi, la Russia aiuta i Paesi amici, compresi quelli africani, a mantenere bassi i prezzi e a espandere la produzione manifatturiera e agricola. Questo rafforza la loro sicurezza energetica e rende le loro economie più resistenti.

Gli esperti hanno calcolato che entro il 2050 la popolazione mondiale aumenterà di 1,7 miliardi di persone, mentre la domanda globale di energia aumenterà del 22%, soprattutto nei Paesi meno sviluppati e in via di sviluppo. È quindi ovvio che nel prossimo futuro non ci saranno alternative agli idrocarburi. Questo non significa che non sia necessario realizzare la transizione energetica, ma il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio deve essere graduale, equilibrato e preparato con cura, tenendo conto dei contesti e delle capacità nazionali specifiche.

A questo proposito, alcuni Paesi stanno affrontando le conseguenze degli errori commessi nella pianificazione della transizione. I problemi non fanno che aumentare. Ma crediamo che questi problemi possano essere risolti con un uso efficiente di tutti i tipi di risorse energetiche, dopo l’introduzione di nuove tecnologie pulite e di incentivi per ridurre l’impronta di carbonio.

La Russia, insieme ai suoi partner BRICS, sostiene certamente la cooperazione tecnologica a parità di condizioni nelle energie rinnovabili e in altri settori importanti, tra cui lo sviluppo di nuovi tipi di reattori nucleari, la promozione delle tecnologie dell’idrogeno e così via, ad esempio l’energia idroelettrica. Tra l’altro, l’Africa è il nostro partner prioritario anche in questi settori.

Attualmente la Russia è coinvolta in più di 30 promettenti progetti energetici in Africa, che si trovano in varie fasi di sviluppo. Siamo attivi in 16 Paesi. Ad esempio, Rosatom sta costruendo la centrale nucleare di Dabaa in Egitto. La capacità totale dei progetti energetici che stiamo promuovendo è di circa 3,7 gigawatt.

Le esportazioni di petrolio russo, prodotti petrolchimici e gas naturale liquefatto in Africa sono più che raddoppiate negli ultimi due anni, con un incremento del 160%.

Va da sé che ogni aspetto discusso si applica pienamente non solo all’Africa, ma anche ad altre regioni e certamente ai Paesi invitati a questo incontro BRICS plus/Outreach – l’esportazione di cibo, fertilizzanti, risorse energetiche, altre iniziative economiche, così come la cooperazione culturale, scientifica, educativa e sportiva. Costruiremo relazioni costruttive e reciprocamente vantaggiose con tutti questi Paesi e amplieremo la nostra partnership. Il nostro Paese ha molto da offrire.

A questo proposito, vorrei sottolineare che la Russia presiederà i BRICS il prossimo anno. In rappresentanza dei nostri colleghi, daremo priorità all’espansione dei legami con i Paesi che si uniranno a noi nel formato BRICS plus/Outreach.

Colleghi,

in conclusione, vorrei esprimere la fiducia che questo incontro sarà molto utile e, spero, contribuirà al rafforzamento delle relazioni amichevoli tra i cinque Paesi BRICS – che aumenteranno l’anno prossimo – e i vostri Paesi, e servirà a intensificare la cooperazione in una serie di settori.

Vi ringrazio per l’attenzione.

Vladimir Putin: signor Presidente (Cyril Ramaphosa)! Cari amici, colleghi!

Io, come gli altri partecipanti all’evento di oggi, vorrei ringraziare i nostri amici sudafricani per quello che hanno fatto nel corso della collaborazione, prima di tutto voglio dire lavorare per un accordo di dichiarazione.

Deve essere notato che, come si è scoperto, questo lavoro è stato difficile, e il Presidente Cyril Ramaphosa ha mostrato incredibile l’arte diplomatica per la negoziazione di tutte le posizioni, compresi quelli relativi alla estensione del BRICS.

Il nostro collega brasiliano, il presidente Lula da Silva, ha appena menzionato alcuni dei punti più importanti per tutti noi, tra i quali vorrei ovviamente individuare la questione della moneta unica. Si tratta di una questione difficile, ma in un modo o nell’altro ci muoveremo verso la risoluzione di questi problemi. E in secondo luogo, ciò riguarda l’organizzazione degli accordi tra i nostri paesi nella sfera dell’attività economica.

Vorrei congratularmi con i nostri nuovi membri, che lavoreranno a pieno ritmo il prossimo anno. Vorrei assicurare a tutti i colleghi che continueremo il lavoro che abbiamo iniziato oggi – per espandere l’influenza dei BRICS nel mondo. Mi riferisco all’instaurazione di un lavoro pratico con i nuovi membri dell’organizzazione e con coloro che lavoreranno nell’ambito dei BRICS come sensibilizzazione, con i nostri partner che in un modo o nell’altro prestano attenzione alla cooperazione con la nostra organizzazione e vorrebbero lavorare con noi insieme.

Trattiamo questo con grande attenzione e rispetto e organizzeremo sicuramente questo lavoro – ovviamente, in contatto con tutti i partner, ci consulteremo su come organizzare questo lavoro. Nel corso di discussioni congiunte a livello dei ministri degli Esteri e di altri dipartimenti, elaboreremo norme adeguate affinché il ruolo e l’importanza dei BRICS nel mondo continuino a crescere.

Grazie

Vladimir Putin

http://en.kremlin.ru/events/president/news/72096

Narendra Modi (India)

Eccellenze,
• È per me un grande piacere essere presente tra tutti voi amici in terra d’Africa.
• Mi congratulo di cuore con il Presidente Ramaphosa per aver dato al BRICS Outreach Summit l’opportunità di condividere idee con i paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.
• In tutte le discussioni BRICS degli ultimi due giorni, abbiamo sottolineato le priorità e le preoccupazioni dei paesi del Sud del mondo.
• Riteniamo che il momento più importante sia che i BRICS diano particolare importanza a queste questioni.
• Abbiamo anche deciso di espandere il Forum BRICS. Diamo il benvenuto a tutti i paesi partner.
• È un enigma per le nostre cellule rendere le istituzioni e i forum globali rappresentativi e inclusivi.

Eccellenze,
• Quando usiamo il termine “Sud del mondo”, non è solo un termine diplomatico. •
Nella nostra storia comune, ci siamo opposti insieme al colonialismo e all’apartheid.
• È stato sul suolo dell’Africa che il Mahatma Gandhi ha predicato la non violenza e pacifico sviluppò, testò e utilizzò concetti potenti come la resistenza nella lotta per la libertà dell’India.
• I suoi pensieri e le sue idee ispirarono grandi leader come Nelson Mandela.
• Su queste solide basi storiche, stiamo rimodellando le nostre relazioni moderne.

Eccellenze,
• L’India attribuisce la massima priorità alle relazioni con l’Africa.
• Oltre agli incontri ad alto livello, abbiamo aperto 16 nuove ambasciate in Africa.
• Oggi l’India è il quarto partner commerciale dell’Africa e il quinto paese investitore.
• Che si tratti di progetti energetici in Sudan, Burundi e Ruanda, o di impianti di zucchero in Etiopia e Malawi.
• Che si tratti di parchi tecnologici in Mozambico, Costa d’Avorio e Swaziland, o di campus allestiti da università indiane in Tanzania e Uganda.
• L’India ha sempre dato priorità al rafforzamento delle capacità e allo sviluppo delle infrastrutture dei paesi africani.
• L’India è un partner fidato e vicino nel viaggio per trasformare l’Africa in una futura potenza globale nell’ambito dell’Agenda 2063.
• Per ridurre il divario digitale in Africa, abbiamo fornito più di quindicimila borse di studio in teleeducazione e telemedicina.
• Abbiamo costruito accademie e college di difesa in Nigeria, Etiopia e Tanzania.
• Ha inviato squadre di formazione in Botswana, Namibia, Uganda, Lesotho, Zambia, Mauritius, Seychelles e Tanzania.
• Circa 4.400 operatori di pace indiani, comprese le donne, stanno contribuendo a ripristinare la pace e la stabilità in Africa.
• Stiamo anche lavorando a stretto contatto con i paesi africani nella lotta contro il terrorismo e la pirateria.
• Abbiamo fornito generi alimentari e vaccini a molti paesi durante i tempi difficili della pandemia di Covid.
• Ora stiamo lavorando anche alla produzione congiunta di vaccini anti-Covid e di altri vaccini con i paesi africani.
• Che si tratti dei cicloni in Mozambico e del Malawi o delle inondazioni in Madagascar, l’India è sempre stata al fianco dell’Africa come primo soccorritore.

Eccellenze,
• Dall’America Latina all’Asia Centrale;
• Dall’Asia Occidentale al Sud-Est Asiatico;
• Dall’Indo-Pacifico all’Indo-Atlantico,
• L’India vede tutti i paesi come un’unica famiglia.
• Vasudhaiva Kutumbakam – che significa che il mondo intero è una famiglia – è stata la base del nostro stile di vita per migliaia di anni.
• Questo è anche il motto della nostra presidenza del G20.
• Abbiamo invitato tre paesi africani e diversi paesi in via di sviluppo come paesi ospiti per integrare le preoccupazioni del Sud del mondo.
• L’India ha anche proposto di dare all’Unione Africana un membro permanente del G-20.

Eccellenze,
• Credo che i BRICS e tutti i paesi amici presenti oggi possano cooperare insieme per rafforzare il mondo multipolare.
• Per rendere rappresentativa l’istituzione globale e mantenerla rilevante, si può far progredire la sua riforma.
• Abbiamo interessi comuni nella lotta al terrorismo, nella protezione ambientale, nell’azione per il clima, nella sicurezza informatica, nella sicurezza alimentare e sanitaria, nella sicurezza energetica e nella costruzione di catene di approvvigionamento resilienti. Ci sono immense possibilità di cooperazione.
• Vorrei congratularmi con tutti voi per l’Alleanza Solare Internazionale; Un sole, un mondo, una griglia; Coalizione per le infrastrutture resilienti ai disastri; Una Terra, una Salute; Alleanza dei Grandi Felini; Ti invitiamo a partecipare alle nostre iniziative internazionali come il Centro Globale per la Medicina Tradizionale.
• Invito tutti voi a impegnarvi con l’infrastruttura pubblica digitale dell’India, per sfruttarla nel vostro sviluppo.
• Saremo lieti di condividere la nostra esperienza e capacità con tutti voi.
• Sono certo che i nostri sforzi comuni ci daranno una nuova fiducia per affrontare insieme tutte le sfide.
• Esprimo ancora una volta la mia gratitudine a tutti voi, in particolare al presidente Ramaphosa, per questa opportunità.
Grazie.

https://www.narendramodi.in/prime-minister-narendra-modi-attends-a-brics-session-in-johannesburg-south-africa-573227

Discorso del presidente Cyril Ramaphosa in occasione della plenaria aperta del XV vertice dei Brics, mercoledì 23 agosto 2023, Sandton International Convention Center:

Signore e signori,

Benvenuti in Sud Africa e al 15° vertice BRICS.

Il partenariato BRICS abbraccia quattro continenti e cinque paesi che ospitano quasi tre miliardi e mezzo di persone.

Negli ultimi decenni il blocco è stato un importante motore della crescita, del commercio e degli investimenti globali.

BRICS è sinonimo di solidarietà e progresso.

BRICS è sinonimo di inclusività e di un ordine mondiale più giusto ed equo.

BRICS è sinonimo di sviluppo sostenibile.

Siamo una formazione inclusiva di economie in via di sviluppo ed emergenti che lavorano insieme per trarre vantaggio dalle nostre ricche storie, culture e sistemi per promuovere la prosperità comune.

Lo facciamo perché sappiamo che la povertà, la disuguaglianza e il sottosviluppo sono le sfide più grandi che l’umanità deve affrontare.

Siamo quindi determinati a sfruttare il partenariato BRICS per promuovere una ripresa economica globale inclusiva.

Portare avanti l’agenda africana è una priorità strategica per il Sudafrica durante la sua presidenza dei BRICS.

È per questo motivo che abbiamo scelto come tema del Summit di quest’anno: “BRICS e Africa: partenariato per una crescita reciprocamente accelerata, uno sviluppo sostenibile e un multilateralismo inclusivo”.

Accogliamo con favore il continuo impegno dei paesi BRICS con l’Africa nello spirito di partenariato e rispetto reciproco.

I nostri obiettivi sono il commercio e gli investimenti reciproci.

Vogliamo che i beni, i prodotti e i servizi provenienti dall’Africa competano su un piano di parità nell’economia globale.

L’Area di libero scambio continentale africana, una volta pienamente operativa, sbloccherà i vantaggi del mercato continentale e genererà opportunità reciprocamente vantaggiose sia per i paesi africani che per quelli BRICS.

Mentre le nazioni del mondo affrontano gli effetti del cambiamento climatico, dobbiamo garantire che la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima sia giusta, equa e tenga conto delle diverse circostanze nazionali.

In linea con questo obiettivo, i paesi BRICS devono promuovere gli interessi del Sud del mondo e chiedere ai paesi industrializzati di onorare i propri impegni a sostenere le azioni sul clima da parte dei paesi ad economia in via di sviluppo.

La pace e la stabilità sono precondizioni per un mondo migliore e più equo.

Siamo profondamente preoccupati per i conflitti nel mondo che continuano a causare grandi sofferenze e difficoltà.

Come Sud Africa, la nostra posizione resta che la diplomazia, il dialogo, la negoziazione e l’adesione ai principi della Carta delle Nazioni Unite sono necessari per la risoluzione pacifica e giusta dei conflitti.

Siamo preoccupati che i sistemi finanziari e di pagamento globali vengano sempre più utilizzati come strumenti di contestazione geopolitica.

La ripresa economica globale si basa su sistemi di pagamento globali prevedibili e sul buon funzionamento delle banche, delle catene di approvvigionamento, del commercio, del turismo e dei flussi finanziari.

Continueremo le discussioni sulle misure pratiche per facilitare i flussi commerciali e di investimento attraverso un maggiore utilizzo delle valute locali.

Il mondo sta cambiando.

Le nuove realtà economiche, politiche, sociali e tecnologiche richiedono una maggiore cooperazione tra le nazioni.

Queste realtà richiedono una riforma fondamentale delle istituzioni di governance globale affinché possano essere più rappresentative e maggiormente capaci di rispondere alle sfide che l’umanità deve affrontare.

Pur essendo fermamente impegnati a promuovere gli interessi del Sud del mondo, i BRICS sono pronti a collaborare con tutti i paesi che aspirano a creare un ordine internazionale più inclusivo.

Siamo fiduciosi che questo quindicesimo vertice BRICS porterà avanti la causa della prosperità e del progresso comuni.

Siamo fiduciosi che questo quindicesimo vertice BRICS arricchirà e ispirerà il nostro lavoro verso il raggiungimento di una comunità globale più umana.

Vi ringrazio.

RILASCIATO DALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA DEL SUDAFRICA

https://www.ifanews.it/brics-a-johannesburg-il-testo-dellintervento-del-padrone-di-casa-presidente-cyril-ramaphosa

XV BRICS Summit

Johannesburg II Declaration

BRICS and Africa: Partnership for Mutually Accelerated Growth, Sustainable Development and Inclusive Multilateralism

Sandton, Gauteng, South Africa

Wednesday 23 August 2023

Preambolo

  1. Noi, i Leader della Repubblica Federativa del Brasile, della Federazione Russa, della Repubblica dell’India, della Repubblica Popolare Cinese e della Repubblica del Sudafrica ci siamo riuniti a Sandton, in Sudafrica, dal 22 al 24 agosto 2023, per il XV Vertice BRICS tenutosi sotto il tema: “BRICS e Africa: Partnership for Mutually Accelerated Growth, Sustainable Development and Inclusive Multilateralism”.
  2. Riaffermiamo il nostro impegno allo spirito BRICS di rispetto e comprensione reciproci, uguaglianza sovrana, solidarietà, democrazia, apertura, inclusione, collaborazione rafforzata e consenso. Sulla base di 15 anni di vertici BRICS, ci impegniamo ulteriormente a rafforzare il quadro della cooperazione BRICS reciprocamente vantaggiosa nell’ambito dei tre pilastri della cooperazione politica e di sicurezza, economica e finanziaria, culturale e tra i popoli, e a potenziare il nostro partenariato strategico a beneficio dei nostri popoli attraverso la promozione della pace, di un ordine internazionale più rappresentativo e più equo, di un sistema multilaterale rinvigorito e riformato, dello sviluppo sostenibile e della crescita inclusiva.

Partenariato per un multilateralismo inclusivo

  1. Ribadiamo il nostro impegno a favore di un multilateralismo inclusivo e del rispetto del diritto internazionale, compresi gli scopi e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali delle Nazioni Unite (ONU) come sua indispensabile pietra angolare, e il ruolo centrale dell’ONU in un sistema internazionale in cui gli Stati sovrani cooperano per mantenere la pace e la sicurezza, far progredire lo sviluppo sostenibile, assicurare la promozione e la protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, e promuovere una cooperazione basata sullo spirito di solidarietà, rispetto reciproco, giustizia e uguaglianza. 4. Esprimiamo preoccupazione per l’uso di misure coercitive unilaterali, che sono incompatibili con i principi della Carta delle Nazioni Unite e producono effetti negativi soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Ribadiamo il nostro impegno a rafforzare e migliorare la governance globale promuovendo un sistema internazionale e multilaterale più agile, efficace, efficiente, rappresentativo, democratico e responsabile.
  2. Chiediamo una maggiore rappresentanza dei mercati emergenti e dei Paesi in via di sviluppo nelle organizzazioni internazionali e nei forum multilaterali in cui svolgono un ruolo importante. Chiediamo inoltre di aumentare il ruolo e la quota di donne provenienti dai PMA a diversi livelli di responsabilità nelle organizzazioni internazionali.
  3. Ribadiamo la necessità che tutti i Paesi collaborino alla promozione e alla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali secondo i principi di uguaglianza e rispetto reciproco. Concordiamo di continuare a trattare tutti i diritti umani, compreso il diritto allo sviluppo, in modo equo e paritario, sullo stesso piano e con la stessa enfasi. Concordiamo di rafforzare la cooperazione su questioni di interesse comune sia all’interno dei BRICS che nelle sedi multilaterali, tra cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il Consiglio per i Diritti Umani, tenendo conto della necessità di promuovere, proteggere e rispettare i diritti umani in modo non selettivo, non politicizzato e costruttivo e senza doppi standard. Chiediamo il rispetto della democrazia e dei diritti umani. A questo proposito, sottolineiamo che essi dovrebbero essere attuati sia a livello di governance globale che a livello nazionale. Riaffermiamo il nostro impegno a garantire la promozione e la protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, con l’obiettivo di costruire un futuro condiviso più luminoso per la comunità internazionale, basato su una cooperazione reciprocamente vantaggiosa.
  4. Sosteniamo una riforma globale dell’ONU, compreso il suo Consiglio di Sicurezza, al fine di renderlo più democratico, rappresentativo, efficace ed efficiente, e di aumentare la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo tra i membri del Consiglio, in modo che possa rispondere adeguatamente alle sfide globali prevalenti e sostenere la legittima aspirazione dei Paesi emergenti e in via di sviluppo dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, compresi il Brasile, l’India e il Sudafrica, a svolgere un ruolo maggiore negli affari internazionali, in particolare nelle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di Sicurezza. 8. Riaffermiamo il nostro sostegno a un sistema commerciale multilaterale aperto, trasparente, giusto, prevedibile, inclusivo, equo, non discriminatorio e basato su regole, con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) al centro, con un trattamento speciale e differenziato (S&DT) per i Paesi in via di sviluppo, compresi i Paesi meno sviluppati. Sottolineiamo il nostro sostegno a lavorare per ottenere risultati positivi e significativi sui temi della 13ª Conferenza ministeriale (MC13). Ci impegniamo a impegnarci in modo costruttivo per portare avanti la necessaria riforma dell’OMC al fine di presentare risultati concreti alla MC13. Chiediamo il ripristino di un sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC vincolante a due livelli, pienamente funzionante e accessibile a tutti i membri entro il 2024, e la selezione dei nuovi membri dell’Organo d’Appello senza ulteriori ritardi.
  5. Riaffermiamo il nostro sostegno a un sistema commerciale multilaterale aperto, trasparente, giusto, prevedibile, inclusivo, equo, non discriminatorio e basato su regole, con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) al centro, con un trattamento speciale e differenziato (S&DT) per i Paesi in via di sviluppo, compresi i Paesi meno sviluppati. Sottolineiamo il nostro sostegno a lavorare per ottenere risultati positivi e significativi sui temi della 13ª Conferenza ministeriale (MC13). Ci impegniamo a impegnarci in modo costruttivo per portare avanti la necessaria riforma dell’OMC al fine di presentare risultati concreti alla MC13. Chiediamo il ripristino di un sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC vincolante a due livelli, pienamente funzionante e accessibile a tutti i membri entro il 2024, e la selezione dei nuovi membri dell’Organo d’Appello senza ulteriori ritardi.
  6. Chiediamo di compiere progressi verso la realizzazione di un sistema commerciale agricolo equo e orientato al mercato, di porre fine alla fame, di raggiungere la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione, di promuovere un’agricoltura e sistemi alimentari sostenibili e di attuare pratiche agricole resilienti. Sottolineiamo la necessità di realizzare la riforma dell’agricoltura in conformità con il mandato dell’articolo 20 dell’Accordo sull’agricoltura, riconoscendo al contempo l’importanza di rispettare i mandati relativi a una soluzione permanente di stoccaggio pubblico (PSH) per scopi di sicurezza alimentare e a un meccanismo speciale di salvaguardia (SSM) per i Paesi in via di sviluppo, compresi i Paesi meno sviluppati, nei rispettivi contesti negoziali. I membri dei BRICS sono inoltre preoccupati per le misure restrittive del commercio non conformi alle norme dell’OMC, comprese le misure illegali unilaterali come le sanzioni, che incidono sul commercio agricolo.
  7. Sosteniamo una solida rete di sicurezza finanziaria globale con al centro un Fondo Monetario Internazionale (FMI) basato su quote e dotato di risorse adeguate. Chiediamo la conclusione della 16a revisione generale delle quote del Fondo Monetario Internazionale (FMI) entro il 15 dicembre 2023. La revisione dovrebbe ripristinare il ruolo primario delle quote nel FMI. Qualsiasi adeguamento delle quote dovrebbe comportare un aumento delle quote dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo (EMDC), proteggendo al contempo la voce e la rappresentanza dei membri più poveri. Chiediamo una riforma delle istituzioni di Bretton Woods, che preveda un ruolo maggiore per i mercati emergenti e i Paesi in via di sviluppo, anche in posizioni di leadership all’interno delle istituzioni di Bretton Woods che riflettano il ruolo dei PMA nell’economia mondiale.

Promuovere un ambiente di pace e sviluppo

  1. Accogliamo con favore la Dichiarazione congiunta dei Ministri degli Affari Esteri e delle Relazioni Internazionali dei BRICS riunitisi il 1° giugno 2023 e prendiamo atto della 13ª Riunione dei Consiglieri per la Sicurezza Nazionale e degli Alti Rappresentanti per la Sicurezza Nazionale dei BRICS tenutasi il 25 luglio 2023.
  2. Siamo preoccupati per i conflitti in corso in molte parti del mondo. Sottolineiamo il nostro impegno per la risoluzione pacifica delle differenze e delle controversie attraverso il dialogo e le consultazioni inclusive in modo coordinato e cooperativo e sosteniamo tutti gli sforzi che favoriscono la risoluzione pacifica delle crisi.
  3. Riconosciamo l’importanza di una maggiore partecipazione delle donne ai processi di pace, compresa la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, il mantenimento della pace, la costruzione della pace, la ricostruzione e lo sviluppo post-conflitto e il mantenimento della pace.
  4. Sottolineiamo il nostro impegno per il multilateralismo e per il ruolo centrale delle Nazioni Unite, che sono i prerequisiti per mantenere la pace e la sicurezza. Invitiamo la comunità internazionale a sostenere i Paesi a lavorare insieme per la ripresa economica post-pandemia. Sottolineiamo l’importanza di contribuire alla ricostruzione e allo sviluppo dei Paesi post-conflitto e invitiamo la comunità internazionale ad assistere i Paesi nel raggiungimento dei loro obiettivi di sviluppo. Sottolineiamo l’imperativo di astenersi da qualsiasi misura coercitiva non basata sul diritto internazionale e sulla Carta delle Nazioni Unite.
  5. Ribadiamo la necessità del pieno rispetto del diritto umanitario internazionale nelle situazioni di conflitto e della fornitura di aiuti umanitari in conformità con i principi fondamentali di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza stabiliti nella risoluzione 46/182 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
  6. Lodiamo i continui sforzi collettivi delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana e delle organizzazioni sub-regionali, compresa in particolare la cooperazione tra il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il Consiglio di Pace e Sicurezza dell’Unione Africana, per affrontare le sfide regionali, tra cui il mantenimento della pace e della sicurezza, la promozione della costruzione della pace, la ricostruzione post-conflitto e lo sviluppo, e chiediamo che si continui ad agire in tal senso nel sostegno della comunità internazionale a questi sforzi, utilizzando mezzi diplomatici come il dialogo, i negoziati, le consultazioni, la mediazione e i buoni uffici, per risolvere le controversie e i conflitti internazionali, risolvendoli sulla base del rispetto reciproco, del compromesso e dell’equilibrio degli interessi legittimi. Ribadiamo che il principio “soluzioni africane a problemi africani” dovrebbe continuare a servire come base per la risoluzione dei conflitti. A questo proposito, sosteniamo gli sforzi di pace africani nel continente rafforzando le relative capacità degli Stati africani. Siamo preoccupati per l’aggravarsi della violenza in Sudan. Sollecitiamo l’immediata cessazione delle ostilità e chiediamo l’accesso senza ostacoli della popolazione sudanese all’assistenza umanitaria. Restiamo preoccupati per la situazione nella regione del Sahel, in particolare nella Repubblica del Niger. Sosteniamo la sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e l’unità nazionale della Libia. Ribadiamo il nostro sostegno a un processo politico “a guida libica e di proprietà libica” con la mediazione delle Nazioni Unite come canale principale. Sottolineiamo la necessità di raggiungere una soluzione politica duratura e reciprocamente accettabile alla questione del Sahara occidentale, in conformità con le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e in adempimento del mandato della Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO).
  7. Accogliamo con favore gli sviluppi positivi in Medio Oriente e gli sforzi dei Paesi BRICS per sostenere lo sviluppo, la sicurezza e la stabilità nella regione. A questo proposito, approviamo la dichiarazione congiunta dei viceministri degli Esteri e degli inviati speciali dei BRICS per il Medio Oriente e il Nord Africa nella riunione del 26 aprile 2023. Accogliamo con favore il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra il Regno dell’Arabia Saudita e la Repubblica Islamica dell’Iran e sottolineiamo che la de-escalation delle tensioni e la gestione delle differenze attraverso il dialogo e la diplomazia sono fondamentali per la coesistenza pacifica in questa regione del mondo strategicamente importante. Riaffermiamo il nostro sostegno alla sovranità, all’indipendenza e all’integrità territoriale dello Yemen e lodiamo il ruolo positivo di tutte le parti coinvolte nel raggiungimento di un cessate il fuoco e nella ricerca di una soluzione politica per porre fine al conflitto. Invitiamo tutte le parti a impegnarsi in negoziati diretti inclusivi e a sostenere la fornitura di assistenza umanitaria, di soccorso e di sviluppo al popolo yemenita. Sosteniamo tutti gli sforzi che favoriscono una soluzione politica e negoziata che rispetti la sovranità e l’integrità territoriale siriana e la promozione di una soluzione duratura alla crisi siriana. Accogliamo con favore la riammissione della Repubblica Araba Siriana alla Lega degli Stati Arabi. Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per la terribile situazione umanitaria nei Territori Palestinesi Occupati dovuta alla escalation di violenza dovuta alla continua occupazione israeliana e all’espansione degli insediamenti illegali. Invitiamo la comunità internazionale a sostenere negoziati diretti basati sul diritto internazionale, comprese le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e l’Iniziativa di pace araba, verso una soluzione a due Stati che porti alla creazione di uno Stato di Palestina sovrano, indipendente e vitale. Lodiamo l’ampio lavoro svolto dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) e chiediamo un maggiore sostegno internazionale alle attività dell’UNRWA per alleviare la situazione umanitaria del popolo palestinese.
  8. Esprimiamo seria preoccupazione per il continuo deterioramento della situazione di sicurezza, umanitaria, politica ed economica ad Haiti. Riteniamo che l’attuale crisi richieda una soluzione guidata da Haiti che comprenda il dialogo nazionale e la creazione di consenso tra le forze politiche locali, le istituzioni e la società. Invitiamo la comunità internazionale a sostenere gli sforzi di Haiti per smantellare le bande, migliorare la situazione della sicurezza e porre le basi per uno sviluppo sociale ed economico duraturo nel Paese.
  9. Ricordiamo le nostre posizioni nazionali riguardo al conflitto in Ucraina e nelle zone limitrofe, espresse nelle sedi appropriate, compresi il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Prendiamo atto con apprezzamento delle pertinenti proposte di mediazione e di buoni uffici volte alla risoluzione pacifica del conflitto attraverso il dialogo e la diplomazia, tra cui la missione di pace dei leader africani e la proposta di un percorso di pace.
  10. Chiediamo il rafforzamento del disarmo e della non proliferazione, compresa la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione e dell’immagazzinamento di armi batteriologiche (biologiche) e tossiniche e sulla loro distruzione (BTWC) e la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell’immagazzinamento e dell’uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (CWC), riconoscendone il ruolo nella salvaguardia e nella conservazione della loro integrità ed efficacia per mantenere la stabilità globale e la pace e la sicurezza internazionali. Sottolineiamo la necessità di rispettare e rafforzare la BTWC, anche attraverso l’adozione di un protocollo giuridicamente vincolante alla Convenzione che preveda, tra l’altro, un efficiente meccanismo di verifica. Riaffermiamo il nostro sostegno per garantire la sostenibilità a lungo termine delle attività spaziali esterne e la prevenzione di una corsa agli armamenti nello spazio esterno (PAROS) e della sua weaponization, anche attraverso negoziati per l’adozione di un pertinente protocollo multilaterale giuridicamente vincolante.

Riconosciamo il valore della bozza aggiornata del Trattato sulla prevenzione della collocazione di armi nello spazio extra-atmosferico, della minaccia o dell’uso della forza contro oggetti spaziali extra-atmosferici (PPWT) presentata alla Conferenza sul disarmo nel 2014. Sottolineiamo che anche gli impegni pratici e non vincolanti, come le misure di trasparenza e di rafforzamento della fiducia (TCBM), possono contribuire al PAROS.

  1. Ribadiamo la necessità di risolvere la questione nucleare iraniana con mezzi pacifici e diplomatici in conformità con il diritto internazionale, e sottolineiamo l’importanza di preservare il JCPOA e la Risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per la non proliferazione internazionale, nonché per la pace e la stabilità in generale, e auspichiamo che le parti interessate ripristinino la piena ed effettiva attuazione del JCPOA in tempi brevi.
  2. Esprimiamo una ferma condanna del terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni, sempre, ovunque e da chiunque sia commesso. Riconosciamo la minaccia derivante dal terrorismo, dall’estremismo che porta al terrorismo e dalla radicalizzazione. Ci impegniamo a combattere il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni, compresi i movimenti transfrontalieri di terroristi, le reti di finanziamento del terrorismo e i paradisi sicuri. Ribadiamo che il terrorismo non deve essere associato a nessuna religione, nazionalità, civiltà o gruppo etnico. Riaffermiamo il nostro incrollabile impegno a contribuire ulteriormente agli sforzi globali per prevenire e contrastare la minaccia del terrorismo sulla base del rispetto del diritto internazionale, in particolare della Carta delle Nazioni Unite, e dei diritti umani, sottolineando che gli Stati hanno la responsabilità primaria nella lotta al terrorismo e che le Nazioni Unite continuano a svolgere un ruolo centrale e di coordinamento in questo settore. Sottolineiamo inoltre la necessità di un approccio globale ed equilibrato dell’intera comunità internazionale per arginare efficacemente le attività terroristiche, che rappresentano una grave minaccia, anche nell’attuale contesto pandemico. Rifiutiamo l’uso di due pesi e due misure per contrastare il terrorismo e l’estremismo che lo favorisce. Chiediamo una rapida finalizzazione e adozione della Convenzione globale sul terrorismo internazionale nel quadro delle Nazioni Unite e l’avvio di negoziati multilaterali su una convenzione internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo chimico e biologico, in occasione della Conferenza sul disarmo. Accogliamo con favore le attività del Gruppo di lavoro antiterrorismo dei BRICS e dei suoi cinque sottogruppi basati sulla Strategia antiterrorismo dei BRICS e sul Piano d’azione antiterrorismo dei BRICS. Ci auguriamo di approfondire ulteriormente la cooperazione antiterrorismo.
  3. Pur sottolineando il formidabile potenziale delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) per la crescita e lo sviluppo, riconosciamo le possibilità esistenti ed emergenti che esse comportano per le attività e le minacce criminali ed esprimiamo preoccupazione per il crescente livello e la complessità dell’abuso criminale delle TIC. Accogliamo con favore gli sforzi in corso nel Comitato ad hoc per elaborare una convenzione internazionale completa sul contrasto all’uso delle TIC a fini criminali e riaffermiamo il nostro impegno a cooperare per l’attuazione del mandato adottato dalla risoluzione 75/282 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in modo tempestivo.
  4. Riaffermiamo il nostro impegno per la promozione di un ambiente TIC aperto, sicuro, stabile, accessibile e pacifico, sottolineando l’importanza di rafforzare le intese comuni e intensificare la cooperazione nell’uso delle TIC e di Internet. Sosteniamo il ruolo guida delle Nazioni Unite nel promuovere un dialogo costruttivo per garantire la sicurezza delle TIC, anche nell’ambito del Gruppo di lavoro aperto delle Nazioni Unite sulla sicurezza delle e nell’uso delle TIC 2021-2025, e nello sviluppare un quadro giuridico universale in questo ambito. Chiediamo un approccio globale, equilibrato e obiettivo allo sviluppo e alla sicurezza dei prodotti e dei sistemi TIC. Sottolineiamo l’importanza di stabilire un quadro giuridico di cooperazione tra i Paesi BRICS per garantire la sicurezza nell’uso delle TIC. Riconosciamo inoltre la necessità di far progredire la cooperazione pratica all’interno dei BRICS attraverso l’attuazione della Tabella di marcia della cooperazione pratica dei BRICS per garantire la sicurezza nell’uso delle TIC e le attività del Gruppo di lavoro dei BRICS sulla sicurezza nell’uso delle TIC.
  5. Riaffermiamo il nostro impegno a rafforzare la cooperazione internazionale e la nostra collaborazione contro la corruzione e continuiamo ad attuare gli accordi internazionali pertinenti a questo proposito, in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Consapevoli che la piaga della corruzione non conosce confini geografici e non rispetta alcuna società o causa umanitaria, abbiamo posto congiuntamente una solida base per combattere la corruzione attraverso il rafforzamento delle capacità, tra cui la realizzazione di programmi di formazione e la condivisione delle migliori pratiche attualmente applicate in ciascuno dei nostri Paesi. Continueremo a rafforzare questi sforzi e ad aumentare la nostra conoscenza delle vie emergenti. Rafforzeremo la cooperazione internazionale attraverso reti di collaborazione per lo scambio di informazioni e l’assistenza legale reciproca per combattere i flussi finanziari illeciti, contrastare i paradisi sicuri e sostenere le indagini, l’azione penale e il recupero dei beni rubati soggetti alle leggi e ai regolamenti nazionali dei Paesi BRICS.

Partenariato per una crescita reciprocamente accelerata

  1. Notiamo che una ripresa squilibrata dallo shock e dalle difficoltà della pandemia sta aggravando le disuguaglianze in tutto il mondo. Lo slancio della crescita globale si è indebolito e le prospettive economiche sono diminuite a causa della frammentazione degli scambi commerciali, dell’inflazione elevata e prolungata, dell’inasprimento delle condizioni finanziarie globali, in particolare dell’aumento dei tassi di interesse nelle economie avanzate, delle tensioni geopolitiche e dell’aumento della vulnerabilità del debito.
  2. Incoraggiamo le istituzioni finanziarie multilaterali e le organizzazioni internazionali a svolgere un ruolo costruttivo nella costruzione del consenso globale sulle politiche economiche e nella prevenzione dei rischi sistemici di perturbazione economica e frammentazione finanziaria. Chiediamo che le Banche Multilaterali di Sviluppo (MDB) continuino ad attuare le raccomandazioni, che dovrebbero essere volontarie all’interno dei quadri di governance delle MDB, contenute nel Rapporto di Revisione Indipendente del G20 sui Quadri di Adeguatezza Patrimoniale delle MDB per aumentare le loro capacità di prestito, salvaguardando al contempo la stabilità finanziaria a lungo termine delle MDB, il solido rating dei creditori e lo status di creditore privilegiato.
  3. Riteniamo che la cooperazione multilaterale sia essenziale per limitare i rischi derivanti dalla frammentazione geopolitica e geoeconomica e per intensificare gli sforzi in aree di interesse reciproco, tra cui, ma non solo, il commercio, la riduzione della povertà e della fame, lo sviluppo sostenibile, compreso l’accesso all’energia, all’acqua e al cibo, ai combustibili, ai fertilizzanti, nonché la mitigazione e l’adattamento all’impatto dei cambiamenti climatici, l’istruzione, la salute e la prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie.
  4. Notiamo che gli elevati livelli di debito in alcuni Paesi riducono lo spazio fiscale necessario per affrontare le sfide di sviluppo in corso, aggravate dagli effetti di ricaduta degli shock esterni, in particolare dalla forte stretta monetaria nelle economie avanzate. L’aumento dei tassi di interesse e l’inasprimento delle condizioni di finanziamento aggravano la vulnerabilità del debito in molti Paesi. Riteniamo che sia necessario affrontare l’agenda del debito internazionale in modo adeguato per sostenere la ripresa economica e lo sviluppo sostenibile, tenendo conto delle leggi e delle procedure interne di ciascun Paese. Uno degli strumenti, tra gli altri, per affrontare collettivamente le vulnerabilità del debito è l’attuazione prevedibile, ordinata, tempestiva e coordinata del Quadro comune per il trattamento del debito del G20, con la partecipazione dei creditori ufficiali bilaterali, dei creditori privati e delle Banche Multilaterali di Sviluppo, in linea con il principio dell’azione congiunta e dell’equa ripartizione degli oneri.
  5. Riaffermiamo l’importanza che il G20 continui a svolgere il ruolo di principale forum multilaterale nel campo della cooperazione economica e finanziaria internazionale che comprende sia i mercati sviluppati ed emergenti che i Paesi in via di sviluppo, dove le principali economie cercano congiuntamente soluzioni alle sfide globali. Siamo ansiosi di ospitare con successo il 18° Vertice del G20 a Nuova Delhi sotto la Presidenza indiana del G20. Notiamo l’opportunità di costruire uno slancio sostenuto per il cambiamento da parte dell’India, del Brasile e del Sudafrica che presiederanno il G20 dal 2023 al 2025 e abbiamo espresso il nostro sostegno per la continuità e la collaborazione nelle loro presidenze del G20, augurando loro ogni successo nei loro sforzi. Pertanto, ci impegniamo a seguire un approccio equilibrato, continuando ad amplificare e integrare ulteriormente la voce del Sud globale nell’agenda del G20 sotto la Presidenza indiana nel 2023 e le Presidenze brasiliana e sudafricana nel 2024 e 2025.
  6. Riconosciamo l’importante ruolo dei Paesi BRICS nel lavorare insieme per affrontare i rischi e le sfide dell’economia mondiale per raggiungere la ripresa globale e lo sviluppo sostenibile. Ribadiamo il nostro impegno a rafforzare il coordinamento delle politiche macroeconomiche, ad approfondire la cooperazione economica e a lavorare per realizzare una ripresa economica forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva. Sottolineiamo l’importanza di continuare ad attuare la Strategia per il Partenariato Economico BRICS 2025 in tutti i percorsi ministeriali e i gruppi di lavoro pertinenti. Cercheremo di individuare soluzioni per accelerare l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
  7. Riconoscendo che i Paesi BRICS producono un terzo del cibo mondiale, riaffermiamo il nostro impegno a rafforzare la cooperazione agricola e a promuovere l’agricoltura sostenibile e lo sviluppo rurale dei Paesi BRICS per migliorare la sicurezza alimentare sia all’interno dei BRICS che nel mondo. Sottolineiamo l’importanza strategica di facilitare l’accesso costante ai fattori di produzione agricoli per garantire la sicurezza alimentare globale. Ribadiamo l’importanza di attuare il Piano d’azione 2021-2024 per la cooperazione agricola dei Paesi BRICS e accogliamo con favore la Strategia sulla cooperazione per la sicurezza alimentare dei Paesi BRICS. Sottolineiamo la necessità di catene di approvvigionamento alimentare resilienti.
  8. Riconosciamo il dinamismo dell’economia digitale nel consentire la crescita economica globale. Riconosciamo inoltre il ruolo positivo che il commercio e gli investimenti possono svolgere nel promuovere lo sviluppo sostenibile, l’industrializzazione nazionale e regionale e la transizione verso modelli di consumo e produzione sostenibili. Riconosciamo le sfide che lo sviluppo del commercio e degli investimenti deve affrontare nell’era digitale e riconosciamo che i membri dei BRICS si trovano a livelli diversi di sviluppo digitale e quindi riconoscono la necessità di affrontare le rispettive sfide, compresi i vari divari digitali. Accogliamo con favore l’istituzione del Gruppo di lavoro sull’economia digitale dei BRICS. Ribadiamo che l’apertura, l’efficienza, la stabilità e l’affidabilità sono fondamentali per affrontare le sfide della ripresa economica e per stimolare il commercio e gli investimenti internazionali. Incoraggiamo un’ulteriore cooperazione tra i Paesi BRICS per migliorare l’interconnettività delle catene di approvvigionamento e dei sistemi di pagamento per promuovere i flussi commerciali e di investimento. Concordiamo di rafforzare gli scambi e la cooperazione nel commercio dei servizi, come stabilito nel Quadro di cooperazione BRICS per il commercio dei servizi, con il Consiglio imprenditoriale BRICS e l’Alleanza imprenditoriale femminile BRICS (WBA), con l’obiettivo di promuovere l’attuazione della Roadmap di cooperazione BRICS per il commercio dei servizi e dei documenti pertinenti, compreso il Quadro di cooperazione BRICS per il commercio dei servizi professionali.
  9. Ribadiamo il nostro sostegno all’Agenda 2063 dell’Unione Africana e agli sforzi dell’Africa verso l’integrazione, anche attraverso l’operatività dell’Area di libero scambio continentale africana. Sottolineiamo che l’AfCFTA è pronta a creare un ambiente prevedibile per gli investimenti, in particolare per lo sviluppo delle infrastrutture, e offre l’opportunità di trovare sinergie con i partner in materia di cooperazione, commercio e sviluppo nel continente africano. Sottolineiamo l’importanza di rafforzare il partenariato tra i BRICS e l’Africa per sbloccare opportunità reciprocamente vantaggiose per aumentare il commercio, gli investimenti e lo sviluppo delle infrastrutture. Accogliamo con favore i progressi compiuti verso il Protocollo AfCFTA sulle donne e i giovani nel commercio e riconosciamo il suo potenziale di catalizzatore per l’inclusione economica e finanziaria delle donne e dei giovani nell’economia africana. Sottolineiamo l’importanza di questioni quali l’industrializzazione, lo sviluppo delle infrastrutture, la sicurezza alimentare, la modernizzazione dell’agricoltura per una crescita sostenibile, l’assistenza sanitaria e la lotta al cambiamento climatico per lo sviluppo sostenibile dell’Africa.
  10. Notiamo inoltre che il continente africano rimane ai margini del sistema commerciale globale e ha molto da guadagnare dalla collaborazione con i BRICS. L’accordo di libero scambio continentale africano (AfCFTA) e la cooperazione con i BRICS offrono al continente l’opportunità di abbandonare il suo ruolo storico di fornitore di prodotti di base ed esportatore di materie prime verso un’aggiunta di valore a più alta produttività. Accogliamo con favore e sosteniamo l’inclusione dell’Unione Africana come membro del G20 al Vertice del G20 di Nuova Delhi.
  11. Ci impegniamo a rafforzare la cooperazione intra-BRICS per intensificare il Partenariato BRICS sulla Nuova Rivoluzione Industriale (PartNIR) e creare nuove opportunità per accelerare lo sviluppo industriale. Sosteniamo la cooperazione intra-BRICS nello sviluppo delle risorse umane sulle nuove tecnologie attraverso il Centro BRICS per le competenze industriali (BCIC), il Centro BRICS per l’innovazione PartNIR, il BRICS Startup Forum e la collaborazione con altri meccanismi BRICS pertinenti, per realizzare programmi di formazione per affrontare le sfide della NIR per un’industrializzazione inclusiva e sostenibile. Ribadiamo il nostro impegno a proseguire la discussione sulla creazione del BCIC in collaborazione con l’UNIDO per sostenere congiuntamente lo sviluppo delle competenze dell’Industria 4.0 tra i Paesi BRICS e per promuovere partenariati e una maggiore produttività nella Nuova Rivoluzione Industriale. Attendiamo con ansia la cooperazione con l’UNIDO e chiediamo al Gruppo consultivo PartNIR di coordinarsi con l’UNIDO.
  12. Riconosciamo il ruolo cruciale che le Micro, Piccole e Medie Imprese (MSME) svolgono nello sbloccare il pieno potenziale delle economie dei BRICS e riaffermiamo l’importanza della loro partecipazione alle reti di produzione e alle catene del valore. Continueremo ad adoperarci congiuntamente per eliminare vincoli quali la mancanza di informazioni e finanziamenti facilmente accessibili, la carenza di competenze, gli effetti di rete, nonché la regolamentazione degli oneri amministrativi eccessivi e i vincoli legati agli appalti, garantendo informazioni e finanziamenti facilmente accessibili, l’aggiornamento delle competenze e il collegamento al mercato. Approviamo il BRICS MSMEs Cooperation Framework, che promuove la cooperazione tra i Paesi BRICS su questioni quali lo scambio di informazioni su fiere e mostre e l’incoraggiamento alla partecipazione delle MSMEs agli eventi selezionati per migliorare le interazioni e la cooperazione tra le MSMEs, che possono garantire accordi. Gli Stati membri faciliteranno lo scambio di missioni commerciali e promuoveranno incontri Business to Business (B2B) specifici per settore tra le PMI, al fine di migliorare la cooperazione tra imprese e le alleanze commerciali tra le PMI dei BRICS, con particolare attenzione alle PMI di proprietà di donne e giovani. Gli Stati membri forniranno informazioni sulle PMI, sulle opportunità di sviluppo aziendale e sulle possibilità di partnership per lo sviluppo delle PMI nei Paesi BRICS. Inoltre, promuoveremo la condivisione di informazioni sulle politiche commerciali e sulle informazioni di mercato per le PMI, al fine di aumentare la loro partecipazione al commercio internazionale. Faciliteremo l’accesso a risorse e capacità quali competenze, reti di conoscenza e tecnologie che potrebbero aiutare le PMI a migliorare la loro partecipazione all’economia e alle catene globali del valore. Scambieremo opinioni su misure e approcci per integrare le PMI dei BRICS nel commercio globale e nelle catene globali del valore, anche condividendo esperienze su come gli approcci di integrazione regionale possono sostenere lo sviluppo delle PMI. 38. Ribadiamo l’impegno a promuovere l’occupazione per lo sviluppo sostenibile, compreso lo sviluppo di competenze per garantire una ripresa resiliente, politiche occupazionali e di protezione sociale che rispondano alle esigenze di genere, compresi i diritti dei lavoratori. Riaffermiamo il nostro impegno a rispettare, promuovere e realizzare un lavoro dignitoso per tutti e a raggiungere la giustizia sociale. Intensificheremo gli sforzi per abolire efficacemente il lavoro minorile sulla base dell’Appello all’azione di Durban e accelereremo i progressi verso una protezione sociale universale per tutti entro il 2030. Investiremo nei sistemi di sviluppo delle competenze per migliorare l’accesso a competenze pertinenti e di qualità per i lavoratori dell’economia informale e per i lavoratori delle nuove forme di occupazione, cercando di aumentare la produttività per economie economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibili e inclusive. Esamineremo lo sviluppo di una piattaforma BRICS per implementare l’Ecosistema di produttività per il lavoro dignitoso.
  13. Riconosciamo l’urgente necessità di ripresa dell’industria turistica e l’importanza di aumentare i flussi turistici reciproci e lavoreremo per rafforzare ulteriormente l’Alleanza BRICS per il turismo verde per promuovere misure che possano dare forma a un settore turistico più resiliente, sostenibile e inclusivo.
  14. Concordiamo di rafforzare gli scambi e la cooperazione nel campo della standardizzazione e di fare pieno uso degli standard per far progredire lo sviluppo sostenibile.
  15. Concordiamo di continuare ad approfondire la cooperazione sulla concorrenza tra i Paesi BRICS e di creare un ambiente di mercato equo per la cooperazione economica e commerciale internazionale.
  16. Concordiamo di rafforzare il dialogo e la cooperazione sui diritti di proprietà intellettuale attraverso il meccanismo di cooperazione sui diritti di proprietà intellettuale dei BRICS (IPRCM). Nel momento in cui celebriamo un decennio di cooperazione tra i capi degli uffici per la proprietà intellettuale, accogliamo con favore l’allineamento del loro piano di lavoro agli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
  17. Sosteniamo il rafforzamento della cooperazione statistica all’interno dei Paesi BRICS, poiché i dati, le statistiche e le informazioni costituiscono la base di un processo decisionale informato ed efficace. L’anniversario della sua prima edizione, sosteniamo la continuazione della pubblicazione statistica congiunta BRICS 2023 e della pubblicazione statistica congiunta BRICS Snapshot 2023 per coinvolgere una più ampia gamma di utenti.
  18. Riconosciamo i benefici diffusi di sistemi di pagamento veloci, economici, trasparenti, sicuri e inclusivi. Attendiamo con ansia il rapporto della BRICS Payment Task Force (BPTF) sulla mappatura dei vari elementi della Roadmap del G20 sui pagamenti transfrontalieri nei Paesi BRICS. Accogliamo con favore la condivisione di esperienze da parte dei membri dei BRICS sulle infrastrutture di pagamento, compresa l’interconnessione dei sistemi di pagamento transfrontalieri. Riteniamo che ciò rafforzerà ulteriormente la cooperazione tra i Paesi BRICS e incoraggerà un ulteriore dialogo sugli strumenti di pagamento per facilitare i flussi commerciali e di investimento tra i membri BRICS e altri Paesi in via di sviluppo. Sottolineiamo l’importanza di incoraggiare l’uso delle valute locali nelle transazioni commerciali e finanziarie internazionali tra i BRICS e i loro partner commerciali. Incoraggiamo inoltre il rafforzamento delle reti bancarie di corrispondenza tra i Paesi BRICS e la possibilità di effettuare regolamenti nelle valute locali.
  19. Incarichiamo i nostri Ministri delle Finanze e/o i Governatori delle Banche Centrali, a seconda dei casi, di considerare la questione delle valute locali, degli strumenti e delle piattaforme di pagamento e di riferirci entro il prossimo Vertice.
  20. Riconosciamo il ruolo chiave della NDB nella promozione delle infrastrutture e dello sviluppo sostenibile dei Paesi membri. Ci congratuliamo con Dilma Rousseff, ex Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, in qualità di Presidente della Nuova Banca di Sviluppo (NDB) e confidiamo che contribuirà al rafforzamento della NDB nel realizzare efficacemente il suo mandato. Ci aspettiamo che la NDB fornisca e mantenga le soluzioni di finanziamento più efficaci per lo sviluppo sostenibile, un processo costante di espansione dei membri e miglioramenti nella governance aziendale e nell’efficacia operativa verso la realizzazione della Strategia generale della NDB per il 2022-2026. Diamo il benvenuto ai tre nuovi membri della NDB, ossia Bangladesh, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Incoraggiamo la NDB a svolgere un ruolo attivo nel processo di condivisione delle conoscenze e a incorporare le migliori pratiche dei Paesi membri nelle sue politiche operative, secondo il suo meccanismo di governance e tenendo conto delle priorità nazionali e degli obiettivi di sviluppo. Consideriamo la NDB un membro importante della famiglia globale delle MDB, dato il suo status unico di istituzione creata dai Paesi meno sviluppati per i Paesi meno sviluppati.
  21. Accogliamo con favore l’istituzione della Rete di gruppi di riflessione BRICS per la finanza nel 2022 e gli sforzi per rendere operativa la Rete. Lavoreremo per l’identificazione e la designazione dei principali gruppi di riflessione dei Paesi membri. Approviamo le Linee guida operative per la Rete dei gruppi di riflessione BRICS per la finanza sviluppate sotto la presidenza del Sudafrica, che forniscono indicazioni su come la Rete opererà in termini di governance, fornitura di risultati e finanziamento della Rete dei gruppi di riflessione BRICS per la finanza.
  22. Riconosciamo che gli investimenti in infrastrutture sostengono lo sviluppo umano, sociale, ambientale ed economico. Rileviamo che la domanda di infrastrutture è in crescita, con una maggiore necessità di scala, innovazione e sostenibilità. Evidenziamo che i Paesi BRICS continuano a offrire eccellenti opportunità per gli investimenti infrastrutturali. A questo proposito, riconosciamo inoltre che fare leva sulle risorse limitate dei governi per catalizzare il capitale privato, le competenze e l’efficienza sarà fondamentale per colmare il divario degli investimenti infrastrutturali nei Paesi BRICS.
  23. Continuiamo a sostenere il lavoro della Task Force sul Partenariato Pubblico-Privato (PPP) e le Infrastrutture nella condivisione delle conoscenze, delle buone pratiche e delle lezioni apprese sullo sviluppo e la fornitura efficace di infrastrutture a beneficio di tutti i Paesi membri. A questo proposito, la Task Force ha raccolto i principi guida che promuovono l’adozione di un approccio programmatico nella realizzazione delle infrastrutture e promuove l’uso dei PPP e di altre soluzioni di finanza mista nello sviluppo e nella realizzazione delle infrastrutture. Attendiamo con ansia la convocazione del Simposio sugli investimenti in infrastrutture, che si terrà nel corso dell’anno, per discutere con i governi, gli investitori e i finanziatori dei Paesi BRICS sulle modalità di collaborazione con il settore privato per promuovere l’uso della finanza verde, di transizione e sostenibile nella realizzazione delle infrastrutture.
  24. Il Contingent Reserve Arrangement (CRA) dei BRICS continua ad essere un importante meccanismo per mitigare gli effetti di una situazione di crisi, integrando gli accordi finanziari e monetari internazionali esistenti e contribuendo al rafforzamento della rete di sicurezza finanziaria globale. Ribadiamo il nostro impegno per il continuo rafforzamento del CRA e attendiamo con ansia il completamento con successo del sesto Test-Run nel 2023. Sosteniamo inoltre i progressi compiuti per modificare le questioni tecniche in sospeso sull’Accordo interbancario centrale e approviamo il tema proposto per il Bollettino economico dei BRICS del 2023 “Sfide in un contesto post-COVID-19”.
  25. Accogliamo con favore la continua cooperazione su temi di interesse reciproco relativi alla finanza sostenibile e di transizione, alla sicurezza informatica, alla tecnologia finanziaria e ai pagamenti, e attendiamo con ansia di sviluppare il lavoro in questi settori nell’ambito dei flussi di lavoro pertinenti, compreso lo studio proposto sullo sfruttamento della tecnologia per affrontare le carenze di dati sul clima nel settore finanziario e sosteniamo le iniziative proposte volte a migliorare la sicurezza informatica e a sviluppare la tecnologia finanziaria, compresa la condivisione di conoscenze ed esperienze in questo settore.

Partenariato per lo sviluppo sostenibile

  1. Ribadiamo l’invito ad attuare l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile nelle sue tre dimensioni: economica, sociale e ambientale, in modo equilibrato e integrato, mobilitando i mezzi necessari per l’attuazione dell’Agenda 2030. Esortiamo i Paesi donatori a onorare gli impegni assunti con l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) e a facilitare il rafforzamento delle capacità e il trasferimento di tecnologia insieme a risorse di sviluppo aggiuntive ai Paesi in via di sviluppo, in linea con gli obiettivi politici nazionali dei beneficiari. A questo proposito, sottolineiamo che il Vertice sugli SDGs che si terrà a New York nel settembre 2023 e il Vertice del Futuro che si terrà nel settembre 2024, costituiscono opportunità significative per rinnovare l’impegno internazionale sull’attuazione dell’Agenda 2030.
  2. Riconosciamo l’importanza di attuare gli SDGs in modo integrato e olistico, tra l’altro attraverso l’eliminazione della povertà e la lotta ai cambiamenti climatici, promuovendo al contempo l’uso sostenibile del territorio e la gestione dell’acqua, la conservazione della diversità biologica e l’uso sostenibile dei suoi componenti e della biodiversità e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’uso delle risorse genetiche, anche attraverso un accesso appropriato alle risorse genetiche, in linea con l’articolo 1 della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e in conformità con le circostanze, le priorità e le capacità nazionali. Sottolineiamo inoltre l’importanza della tecnologia e dell’innovazione, della cooperazione internazionale e dei partenariati pubblico-privato, compresa la cooperazione Sud-Sud.
  3. Sottolineiamo l’importanza di collaborare su questioni relative alla conservazione della biodiversità e all’uso sostenibile, come la ricerca e lo sviluppo di tecnologie di conservazione, lo sviluppo di aree protette e la lotta al commercio illegale di fauna selvatica. Inoltre, continueremo a partecipare attivamente alle convenzioni internazionali sulla biodiversità, come la Convenzione sulla diversità biologica (CBD), i suoi protocolli e l’avanzamento dell’attuazione del Quadro globale sulla biodiversità (GBF) di Kunming-Montreal, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD) e il lavoro per l’Iniziativa globale per la riduzione del degrado del suolo e il miglioramento della conservazione degli habitat terrestri. 55. Accogliamo con favore la storica adozione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KMGBF) alla 15a Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD COP-15) nel dicembre 2022. Ci impegniamo quindi ad adoperarci per l’attuazione di tutti gli obiettivi e i traguardi globali del KMGBF, in conformità con i principi di responsabilità comuni ma differenziate e con le circostanze, le priorità e le capacità nazionali, al fine di realizzare la sua missione di arrestare e invertire la perdita di biodiversità e la visione di vivere in armonia con la natura. Esortiamo i Paesi sviluppati a fornire mezzi adeguati per l’attuazione, comprese le risorse finanziarie, lo sviluppo delle capacità, la cooperazione tecnica e scientifica e l’accesso e il trasferimento di tecnologia per attuare pienamente il KMGBF. Riconosciamo inoltre il potenziale della cooperazione sull’uso sostenibile della biodiversità nelle imprese per sostenere lo sviluppo economico locale, l’industrializzazione, la creazione di posti di lavoro e le opportunità commerciali sostenibili.
  4. Ribadiamo l’importanza di attuare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e il relativo Accordo di Parigi, nonché il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità (CBDR-RC), rafforzando il trasferimento di tecnologie climatiche a basso costo, lo sviluppo di capacità e la mobilitazione di nuove risorse finanziarie aggiuntive accessibili, adeguate e tempestive per progetti sostenibili dal punto di vista ambientale. Concordiamo sulla necessità di difendere, promuovere e rafforzare la risposta multilaterale ai cambiamenti climatici e di lavorare insieme per un esito positivo della 28ª Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC COP28). Riconosciamo che i Paesi sviluppati dovrebbero potenziare i mezzi di attuazione, anche attraverso un flusso adeguato e tempestivo di finanziamenti per il clima a prezzi accessibili, la cooperazione tecnica, la creazione di capacità e il trasferimento di tecnologia per le azioni sul clima. Inoltre, sono necessari accordi finanziari completi per affrontare le perdite e i danni dovuti ai cambiamenti climatici, compresa l’operatività del Fondo per le perdite e i danni, come concordato alla COP27 dell’UNFCCC, a beneficio dei Paesi in via di sviluppo.
  5. Siamo d’accordo nell’affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, assicurando al contempo una transizione equa, conveniente e sostenibile verso un’economia a basse emissioni di carbonio e a bassa emissione, in linea con i principi della CBDR-RC, alla luce delle diverse circostanze nazionali. Sosteniamo transizioni giuste, eque e sostenibili, basate su priorità di sviluppo definite a livello nazionale, e invitiamo i Paesi sviluppati a dare l’esempio e a sostenere i Paesi in via di sviluppo verso tali transizioni.
  6. Sottolineiamo la necessità di un sostegno dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo per l’accesso alle tecnologie e alle soluzioni esistenti ed emergenti a basse emissioni che evitino, riducano e rimuovano le emissioni di gas serra e rafforzino le azioni di adattamento per affrontare i cambiamenti climatici. Sottolineiamo inoltre la necessità di potenziare il trasferimento di tecnologie a basso costo e di mobilitare risorse finanziarie aggiuntive accessibili, adeguate e tempestive per progetti sostenibili dal punto di vista ambientale.
  7. Esprimiamo la nostra forte determinazione a contribuire al successo della COP28 a Dubai, nel corso dell’anno, concentrandoci sull’attuazione e sulla cooperazione. In quanto meccanismo principale per valutare i progressi collettivi verso il raggiungimento dello scopo dell’Accordo di Parigi e dei suoi obiettivi a lungo termine e per promuovere l’azione per il clima su tutti gli aspetti dell’Accordo di Parigi nell’ambito dell’UNFCCC, il Global Stocktake deve essere efficace e identificare le lacune nell’attuazione della risposta globale ai cambiamenti climatici, gettando al contempo le basi per una maggiore ambizione da parte di tutti, in particolare dei Paesi sviluppati. Invitiamo i Paesi sviluppati a colmare le lacune ancora esistenti nei mezzi di attuazione delle azioni di mitigazione e adattamento nei Paesi in via di sviluppo.
  8. Accogliamo con favore la candidatura del Brasile ad ospitare la COP30, poiché l’anno 2025 sarà fondamentale per il futuro stesso della risposta globale ai cambiamenti climatici.
  9. Esortiamo inoltre i Paesi sviluppati a rispettare i loro impegni, compreso quello di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 e fino al 2025 per sostenere l’azione per il clima nei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, l’importanza di raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2025 rispetto alla base del 2019 è fondamentale per attuare le azioni di adattamento. Inoltre, auspichiamo la definizione di un ambizioso Nuovo obiettivo collettivo quantificato, prima del 2025, in base alle esigenze e alle priorità dei Paesi in via di sviluppo. Ciò richiederà un maggiore sostegno finanziario da parte dei Paesi sviluppati, che sia aggiuntivo, basato su sovvenzioni e/o concessioni, erogato tempestivamente e adeguato per portare avanti l’adattamento e la lotta contro il cambiamento climatico attraverso una mitigazione in modo equilibrato. Ciò si estende al sostegno per l’attuazione dei Contributi Nazionali Determinati (NDC).
  10. Riconosciamo che i meccanismi finanziari e gli investimenti per sostenere l’attuazione dei programmi per l’ambiente e il cambiamento climatico devono essere rafforzati e che è necessario un maggiore slancio per riformare questi meccanismi finanziari, così come le banche multilaterali di sviluppo e le istituzioni finanziarie internazionali. A questo proposito, invitiamo gli azionisti di queste istituzioni a intraprendere un’azione decisiva per incrementare i finanziamenti e gli investimenti per il clima a sostegno del raggiungimento degli SDGs relativi al cambiamento climatico e a rendere i loro accordi istituzionali adatti allo scopo.
  11. Ci opponiamo alle barriere commerciali, comprese quelle che, con il pretesto di affrontare il cambiamento climatico, vengono imposte da alcuni Paesi sviluppati e ribadiamo il nostro impegno a rafforzare il coordinamento su questi temi. Sottolineiamo che le misure adottate per affrontare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità devono essere coerenti con l’OMC e non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificabile o una restrizione mascherata al commercio internazionale e non devono creare ostacoli inutili al commercio internazionale. Qualsiasi misura di questo tipo deve essere guidata dal principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità (CBDR-RC), alla luce delle diverse circostanze nazionali. Esprimiamo la nostra preoccupazione per qualsiasi misura discriminatoria incoerente dell’OMC che distorcerà il commercio internazionale, rischierà di creare nuove barriere commerciali e sposterà l’onere di affrontare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sui membri dei BRICS e sui Paesi in via di sviluppo.
  12. Ci impegniamo a intensificare gli sforzi per migliorare la nostra capacità collettiva di prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie globali e a rafforzare la nostra capacità di contrastare collettivamente eventuali pandemie future. A questo proposito, riteniamo importante continuare a sostenere il Centro virtuale di ricerca e sviluppo sui vaccini dei BRICS. Attendiamo con ansia lo svolgimento della Riunione di alto livello sulla prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie, che si terrà il 20 settembre 2023 presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e chiediamo un risultato che mobiliti la volontà politica e la leadership continua su questo tema.
  13. Riconosciamo il ruolo fondamentale dell’assistenza sanitaria di base come fondamento dell’assistenza sanitaria universale e della resilienza del sistema sanitario, nonché della prevenzione e della risposta alle emergenze sanitarie. Riteniamo che l’incontro di alto livello Copertura Sanitaria Universale (UHC) da tenersi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2023 sarebbe un passo fondamentale per mobilitare il massimo sostegno politico per l’UHC come pietra angolare per il raggiungimento dell’SDG 3 (buona salute e benessere). Ribadiamo il nostro sostegno alle iniziative internazionali, con la guida dell’OMS, per affrontare la tubercolosi (TB) e attendiamo di impegnarci attivamente nella riunione di alto livello delle Nazioni Unite sulla TB che si terrà a New York nel settembre di quest’anno, incoraggiando una dichiarazione politica assertiva.
  14. Tenendo conto delle legislazioni nazionali e delle priorità dei Paesi BRICS, ci impegniamo a proseguire la cooperazione in materia di medicina tradizionale in linea con le precedenti riunioni dei Ministri della Salute dei BRICS e i loro risultati, nonché con il Forum di alto livello dei BRICS sulla medicina tradizionale.
  15. Notiamo che i Paesi BRICS hanno un’esperienza e un potenziale significativi nel campo della medicina nucleare e della radiofarmaceutica. Accogliamo con favore la decisione di istituire un Gruppo di lavoro BRICS sulla medicina nucleare per espandere la cooperazione in questo settore.
  16. Accogliamo con favore il fatto che il Sudafrica ospiti le riunioni del Comitato direttivo per la scienza, la tecnologia e l’innovazione (STI) dei BRICS per tutto il 2023 come principale meccanismo di coordinamento per gestire e garantire il successo delle attività STI dei BRICS. Invitiamo il Comitato direttivo a intraprendere una revisione strategica delle aree tematiche e del quadro organizzativo del Gruppo di lavoro STI dei BRICS per garantire un migliore allineamento con le attuali priorità politiche dei BRICS. Ci congratuliamo con il Sudafrica per aver ospitato l’8° Forum dei giovani scienziati BRICS e per la contemporanea organizzazione del 6° Premio per i giovani innovatori BRICS. Lodiamo il successo del Programma quadro STI dei BRICS nel continuare a mettere in contatto gli scienziati attraverso il finanziamento di un impressionante portafoglio di progetti di ricerca tra i Paesi BRICS. Apprezziamo inoltre gli sforzi del Segretariato del Programma Quadro STI dei BRICS nel facilitare la discussione per il lancio, nel 2024, di un invito a presentare proposte per i progetti faro STI dei BRICS. Riconosciamo i progressi compiuti nell’attuazione del Piano d’azione BRICS per la cooperazione in materia di innovazione (2021-24). A questo proposito, incoraggiamo ulteriori azioni su iniziative come BRICS Techtransfer (i Centri BRICS per il trasferimento tecnologico) e iBRICS Network (la rete dedicata all’innovazione dei BRICS). Accogliamo inoltre con favore ulteriori azioni, in particolare da parte del gruppo di lavoro STIEP (Science, Technology and Innovation Entrepreneurship Partnership) dei BRICS, nei settori dell’innovazione e dell’imprenditorialità, ad esempio attraverso il sostegno alla rete e alla formazione per l’incubazione dei BRICS, al programma di formazione per il trasferimento tecnologico dei BRICS e al BRICS Startup Forum.
  17. Ci congratuliamo con le nostre agenzie spaziali per aver attuato con successo l’accordo RSSC dei BRICS attraverso lo scambio di campioni di dati della Costellazione Satellitare dei BRICS; l’organizzazione del 1° Forum applicativo RSSC dei BRICS nel novembre 2022; la convocazione della 2° riunione del Comitato Congiunto di Cooperazione Spaziale dei BRICS nel luglio 2023 e continuare ad attuare con successo i Progetti Pilota della Costellazione dei BRICS. Incoraggiamo le agenzie spaziali dei BRICS a continuare a migliorare il livello di cooperazione nella condivisione e nelle applicazioni dei dati satellitari di telerilevamento, in modo da fornire un supporto di dati per lo sviluppo economico e sociale dei Paesi BRICS.
  18. Pur sottolineando il ruolo fondamentale dell’accesso all’energia nel raggiungimento degli SDGs e prendendo atto dei rischi delineati per la sicurezza energetica, evidenziamo la necessità di una maggiore cooperazione tra i Paesi BRICS in quanto principali produttori e consumatori di prodotti e servizi energetici. Riteniamo che la sicurezza energetica, l’accesso e le transizioni energetiche siano importanti e debbano essere equilibrati. Accogliamo con favore il rafforzamento della cooperazione e l’aumento degli investimenti nelle catene di approvvigionamento per le transizioni energetiche e rileviamo la necessità di partecipare pienamente alla catena di valore globale dell’energia pulita. Ci impegniamo inoltre ad aumentare la resilienza dei sistemi energetici, comprese le infrastrutture energetiche critiche, a promuovere l’uso di opzioni energetiche pulite e a promuovere la ricerca e l’innovazione nella scienza e nella tecnologia energetica. Intendiamo affrontare le sfide della sicurezza energetica incentivando i flussi di investimenti energetici. Condividiamo una visione comune, tenendo conto delle priorità e delle circostanze nazionali, sull’uso efficiente di tutte le fonti energetiche, in particolare: energie rinnovabili, compresi i biocarburanti, l’energia idroelettrica, i combustibili fossili, l’energia nucleare e l’idrogeno prodotto sulla base di tecnologie e processi a zero o basse emissioni, che sono fondamentali per una giusta transizione verso sistemi energetici più flessibili, resilienti e sostenibili. Riconosciamo il ruolo dei combustibili fossili nel sostenere la sicurezza energetica e la transizione energetica. Chiediamo la collaborazione tra i Paesi BRICS sulla neutralità tecnologica e sollecitiamo l’adozione di norme e regole comuni, efficaci, chiare, eque e trasparenti per la valutazione delle emissioni, l’elaborazione di tassonomie compatibili di progetti sostenibili e la contabilizzazione delle unità di carbonio. Accogliamo con favore la ricerca congiunta e la cooperazione tecnica nell’ambito della Piattaforma di cooperazione per la ricerca energetica dei BRICS e lodiamo l’organizzazione del Vertice sull’energia giovanile dei BRICS e altre attività correlate.
  19. Restiamo impegnati a rafforzare la cooperazione dei BRICS sulle questioni demografiche, poiché le dinamiche della struttura di età della popolazione cambiano e pongono sfide e opportunità, in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne, lo sviluppo dei giovani, i diritti dei disabili, l’occupazione e il futuro del lavoro, l’urbanizzazione, la migrazione e l’invecchiamento.
  20. Ribadiamo l’importanza della cooperazione dei BRICS nel campo della gestione delle catastrofi. Sottolineiamo l’importanza delle misure di riduzione del rischio di catastrofi per la costruzione di comunità resilienti e lo scambio di informazioni sulle migliori pratiche, l’adozione di iniziative di adattamento ai cambiamenti climatici, l’integrazione dei sistemi di conoscenze indigene e il miglioramento degli investimenti nei sistemi di allarme rapido e nelle infrastrutture resilienti alle catastrofi. Sottolineiamo inoltre la necessità di un’inclusione olistica nella riduzione del rischio di catastrofi, integrando la riduzione del rischio di catastrofi nella pianificazione governativa e comunitaria. Incoraggiamo l’espansione della cooperazione all’interno dei paesi BRICS attraverso attività congiunte per migliorare le capacità dei sistemi di emergenza nazionali.
  21. Concordiamo con l’importanza attribuita dal Sudafrica, in qualità di Presidente dei BRICS, alla trasformazione dell’istruzione e dello sviluppo delle competenze per il futuro. Sosteniamo il principio di facilitare il riconoscimento reciproco delle qualifiche accademiche tra i Paesi BRICS per garantire la mobilità di professionisti, accademici e studenti qualificati e il riconoscimento delle qualifiche ottenute nei rispettivi Paesi nel rispetto delle leggi nazionali applicabili. Accogliamo con favore le proposte concrete avanzate durante il 10° incontro dei Ministri dell’Istruzione dei BRICS, incentrate sulle aree critiche dell’istruzione e della formazione, come lo sviluppo dell’imprenditorialità, le competenze per il mondo che cambia, i giovani fuori dalla scuola, il cambiamento climatico, l’intelligenza del mercato del lavoro, lo sviluppo della prima infanzia e la classifica globale delle università. Apprezziamo i progressi compiuti nel campo dell’istruzione e della cooperazione in materia di istruzione e formazione tecnica e professionale (TVET), in particolare l’operatività dell’Alleanza di cooperazione TVET dei BRICS, che si concentra sul rafforzamento della comunicazione e del dialogo e sulla rapida finalizzazione della Carta dell’Alleanza di cooperazione TVET dei BRICS, promuovendo in tal modo una cooperazione sostanziale in materia di TVET, integrando la TVET con l’industria.
  22. Ci impegniamo a rafforzare gli scambi di competenze e la cooperazione tra i Paesi BRICS. Sosteniamo la trasformazione digitale dell’istruzione e della formazione professionale, poiché ogni Paese BRICS è impegnato a livello nazionale a garantire l’accessibilità e l’equità dell’istruzione e a promuovere lo sviluppo di un’istruzione di qualità. Siamo d’accordo nell’esplorare opportunità di meccanismi di cooperazione per l’educazione digitale dei BRICS, di dialogare sulle politiche di educazione digitale, di condividere le risorse educative digitali, di costruire sistemi educativi intelligenti e di promuovere congiuntamente la trasformazione digitale dell’educazione nei Paesi BRICS e di sviluppare un’educazione sostenibile rafforzando la cooperazione all’interno della Rete universitaria BRICS e di altre iniziative da istituzione a istituzione in questo settore, compresa la Lega universitaria BRICS. Accogliamo con favore la considerazione del Consiglio di amministrazione internazionale della BRICS Network University di espandere l’adesione alla BRICS Network University per includere più università dei Paesi BRICS. Sottolineiamo l’importanza di condividere le migliori pratiche per ampliare l’accesso a un’assistenza e a un’istruzione olistica per la prima infanzia, al fine di offrire un migliore inizio di vita ai bambini nei Paesi BRICS. Accogliamo con favore la decisione di facilitare gli scambi all’interno dei Paesi BRICS per dotare gli studenti di competenze adatte al futuro attraverso percorsi di apprendimento multipli.

Approfondire gli scambi tra le persone

  1. Riaffermiamo l’importanza degli scambi interpersonali dei BRICS nel rafforzare la comprensione reciproca, l’amicizia e la cooperazione. Apprezziamo i progressi compiuti sotto la presidenza del Sudafrica nel 2023, anche nei settori dei media, della cultura, dell’istruzione, dello sport, delle arti, della gioventù, della società civile e degli scambi accademici, e riconosciamo che gli scambi interpersonali svolgono un ruolo essenziale nell’arricchimento delle nostre società e nello sviluppo delle nostre economie.
  2. Riconosciamo che la gioventù è una forza trainante per accelerare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La leadership dei giovani è fondamentale per accelerare una giusta transizione basata sui principi di solidarietà intergenerazionale, cooperazione internazionale, amicizia e trasformazione della società. È necessario coltivare una cultura dell’imprenditorialità e dell’innovazione per lo sviluppo sostenibile dei nostri giovani. Ribadiamo l’importanza del Vertice dei giovani dei BRICS come forum per un impegno significativo sulle questioni giovanili e riconosciamo il suo valore come struttura di coordinamento per l’impegno dei giovani nei BRICS. Accogliamo con favore la finalizzazione del quadro del Consiglio della Gioventù dei BRICS.
  3. Ci congratuliamo per il successo del BRICS Business Forum. In occasione del suo 10° anniversario, accogliamo con favore l’auto-riflessione del BRICS Business Council, che si concentra sulle pietre miliari raggiunte e sulle aree di miglioramento. Accogliamo inoltre con favore l’intenzione del Consiglio degli Affari dei BRICS di tracciare i flussi commerciali all’interno dei BRICS, identificare le aree in cui il commercio non hanno soddisfatto le aspettative e di raccomandare soluzioni.
  4. Riconosciamo il ruolo critico delle donne nello sviluppo economico e lodiamo l’Alleanza imprenditoriale femminile dei BRICS. Riconosciamo che l’imprenditorialità inclusiva e l’accesso ai finanziamenti per le donne faciliterebbero la loro partecipazione alle iniziative imprenditoriali, all’innovazione e all’economia digitale. Accogliamo con favore le iniziative che miglioreranno la produttività agricola e l’accesso alla terra, alla tecnologia e ai mercati per le donne agricoltrici.
  5. In occasione del suo 15° anniversario, riconosciamo il valore del Forum accademico dei BRICS come piattaforma per le deliberazioni e le discussioni dei più importanti accademici dei BRICS sulle questioni che ci affliggono oggi. Anche il BRICS Think Tanks Council festeggia 10 anni di rafforzamento della cooperazione nella ricerca e nello sviluppo di capacità tra le comunità accademiche dei Paesi BRICS.
  6. Il dialogo tra i partiti politici dei Paesi BRICS svolge un ruolo costruttivo nella costruzione del consenso e nel rafforzamento della cooperazione. Prendiamo atto del successo dell’organizzazione del Dialogo tra i partiti politici dei BRICS nel luglio 2023 e diamo il benvenuto ad altri Paesi BRICS affinché ospitino eventi simili in futuro.
  7. Riaffermiamo i nostri impegni nell’ambito di tutti gli strumenti e gli accordi firmati e adottati dai Governi degli Stati BRICS sulla cooperazione nel campo della cultura e ci impegniamo a rendere operativo con urgenza il Piano d’azione (2022-2026) attraverso il Gruppo di lavoro BRICS sulla cultura.
  8. Ci impegniamo a garantire l’integrazione della cultura nelle nostre politiche nazionali di sviluppo, in quanto motore e fattore abilitante per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Riaffermiamo inoltre il nostro impegno a promuovere la cultura e l’economia creativa come bene pubblico globale, come adottato alla Conferenza mondiale sulla cultura e lo sviluppo sostenibile-MONDIACULT22.
  9. Concordiamo di sostenere la protezione, la conservazione, il restauro e la promozione del nostro patrimonio culturale, compreso quello tangibile e intangibile. Ci impegniamo a intraprendere un’azione forte per combattere il traffico illecito dei nostri beni culturali e a incoraggiare il dialogo tra le parti interessate alla cultura e al patrimonio e ci impegniamo a promuovere la digitalizzazione della cultura e dei settori creativi trovando soluzioni tecnologicamente innovative e spingendo per politiche che trasformino le modalità con cui i contenuti culturali sono prodotti, la diffusione e l’accesso ai contenuti culturali. Riaffermiamo il nostro impegno a sostenere la partecipazione di imprese, musei e istituzioni culturali a mostre e festival internazionali ospitati dai Paesi BRICS e ad estendere l’assistenza reciproca nell’organizzazione di tali eventi.
  10. Accogliamo con favore l’istituzione di un gruppo di lavoro congiunto sullo sport per sviluppare un quadro di cooperazione sportiva dei BRICS, durante la presidenza del Sudafrica nel 2023. Ci auguriamo che i Giochi dei BRICS si svolgano con successo nell’ottobre 2023 in Sudafrica. Ci impegniamo a fornire il sostegno necessario ai Paesi BRICS per partecipare alle competizioni e agli incontri sportivi internazionali che si svolgono nel loro Paese, nel rispetto delle norme pertinenti.
  11. Sottolineiamo che tutti i Paesi BRICS hanno una ricca cultura sportiva tradizionale e concordiamo di sostenerci reciprocamente nella promozione degli sport tradizionali e autoctoni tra i Paesi BRICS e nel mondo. Incoraggiamo le nostre organizzazioni sportive a svolgere varie attività di scambio sia online che offline.
  12. Lodiamo i progressi compiuti dai Paesi BRICS nella promozione della resilienza urbana, anche attraverso il forum BRICS sull’urbanizzazione, e apprezziamo l’impegno a rafforzare ulteriormente la collaborazione inclusiva tra governo e società a tutti i livelli, in tutti i Paesi BRICS, nell’attuazione dell’Agenda 2030 e nella promozione della localizzazione degli SDG.

Sviluppo istituzionale

  1. Ribadiamo l’importanza di rafforzare ulteriormente la solidarietà e la cooperazione dei BRICS sulla base dei nostri interessi reciproci e delle nostre priorità chiave, per rafforzare ulteriormente il nostro partenariato strategico.
  2. Prendiamo atto con soddisfazione dei progressi compiuti nello sviluppo istituzionale dei BRICS e sottolineiamo che la cooperazione dei BRICS deve accogliere i cambiamenti e stare al passo con i tempi. Continueremo a stabilire chiare priorità nella nostra ampia cooperazione, sulla base del consenso, e a rendere il nostro partenariato strategico più efficiente, pratico e orientato ai risultati. Incarichiamo i nostri Sherpa di continuare a discutere regolarmente dello sviluppo istituzionale dei BRICS, anche per quanto riguarda il consolidamento della cooperazione.
  3. Accogliamo con favore la partecipazione, su invito del Sudafrica in qualità di Presidenza BRICS, di altri PEM in qualità di “Amici dei BRICS” alle riunioni dei BRICS al di sotto del livello del vertice e al dialogo BRICS-Africa Outreach e BRICS Plus durante il XV vertice dei BRICS a Johannesburg nel 2023. 90. Apprezziamo il notevole interesse dimostrato dai Paesi del Sud globale per l’adesione ai BRICS. Fedeli allo Spirito BRICS e all’impegno per un multilateralismo inclusivo, i Paesi BRICS hanno raggiunto un consenso sui principi guida, gli standard, i criteri e le procedure del processo di espansione dei BRICS.
  4. Abbiamo deciso di invitare la Repubblica Argentina, la Repubblica Araba d’Egitto, la Repubblica Federale Democratica di Etiopia, la Repubblica Islamica dell’Iran, il Regno dell’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a diventare membri a pieno titolo dei BRICS a partire dal 1° gennaio 2024.
  5. Abbiamo anche incaricato i nostri Ministri degli Esteri di sviluppare ulteriormente il modello dei Paesi partner dei BRICS e un elenco di potenziali Paesi partner e di riferire entro il prossimo Vertice.
  6. Brasile, Russia, India e Cina si congratulano per la presidenza BRICS del Sudafrica nel 2023 ed esprimono la loro gratitudine al governo e al popolo sudafricano per aver organizzato il XV Vertice BRICS.
  7. Brasile, India, Cina e Sudafrica estendono il loro pieno sostegno alla Russia per la sua presidenza BRICS nel 2024 e per lo svolgimento del XVI Vertice BRICS nella città di Kazan, in Russia.
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Contare in morti in guerra non è un morboso esercizio di necrofilia. Di Claudio Martinotti Doria

Il fatto che io abbia insistito negli ultimi articoli dedicati alla guerra in Ucraina sull’effettivo numero di morti dell’esercito ucraino (rapportandolo a quelli russi) non è frutto di malcelata necrofilia, nulla di morboso, ma è perché tecnicamente sapere quanti siano i caduti offre un quadro preciso delle prospettive belliche del paese, correlandolo ai dati demografici e socioeconomici.

Gli ultimi dati forniti dagli stessi funzionari USA, che probabilmente nel cambio di narrativa attualmente in corso sono stati autorizzati a farlo, riferiscono di circa mezzo milione di caduti, intendendo morti e feriti gravi non più in grado di combattere (ad esempio i mutilati). Vi è stata addirittura una fonte interna all’Ucraina (un’istituzione filogovernativa) che ha riferito di 350mila morti, in netto contrasto con il regime nazista di Kiev che con ostentata patetica protervia insiste a riferire da parecchi mesi che sono solo 13mila, come circa un anno fa quando corresse la von del Leyen che affermò essere 100mila. Per il regime di Kiev nell’ultimo anno non è morto nessun soldato ucraino.

Personalmente avevo riferito pressappoco gli stessi numeri dei funzionari USA parecchi mesi fa, molto prima della cosiddetta e impropriamente definita “controffensiva”, durante la quale si stima vi siano stati altri 40/50 mila morti.

Sui feriti non sono d’accordo con le fonti occidentali, come scrissi già in passato. I feriti in una guerra convezione ad alta intensità, come è ormai divenuto il conflitto in Ucraina, sono mediamente il triplo dei morti, e di questi almeno il 25% riporta ferite gravi, invalidanti, cioè rimangono mutilati e/o non più in grado di combattere. Ma non è il caso del conflitto in Ucraina, perché è caratterizzato da un uso intensivo dell’artiglieria e dei bombardamenti aerei e missilistici da parte russa, in un rapporto di 10 a 1 rispetto all’Ucraina. Questo significa che la stragrande maggioranza, forse anche il 90% dei feriti ucraini, non sono stati colpiti da armi da fuoco ma da esplosioni, quindi da onde d’urto e schegge. Sono cioè stati fatti letteralmente a pezzi. Ecco perché sono definiti “carne da cannone”.

Le ferite da artiglieria sono molto più gravi e laceranti di quelle da armi da fuoco, devastano il corpo e gli organi interni e le articolazioni. Molti feriti non sopravvivono, soprattutto considerando che i tempi medi di soccorso da parte ucraina sono dieci fino a venti volte superiori a quelli russi, che vengono praticamente soccorsi nei minuti successivi. Per i soldati ucraini passano ore prima che riescano a trasportarli in un ospedale per essere assistiti e curati alla meno peggio, quando gli va bene che non siano abbandonati a morire di una lenta agonia. Questa è la triste, cruda e spietata realtà dei fatti, come testimoniato dagli stessi soldati ucraini.

Questo significa che i feriti a distanza di tempo muoiono o rimangono gravemente invalidi per non aver ricevuto tempestiva assistenza sul campo. Quindi a mio avviso la cifra di 50mila mutilati tra i soldati ucraini, fornita dalle fonti occidentali (quelle serie) non corrispondono a mio avviso alla realtà, sono molti di più. Dalle fonti cui attingo abitualmente, che analizzando scrupolosamente i video, documenti e testimonianze dirette sul campo, mi sono fatto l’idea che i morti siano ormai ben oltre i 500mila e i feriti gravi non meno di 250mila. In sostanza il regime nazista di Kiev ha perso 750mila uomini. Ecco perché da diversi mesi ha scatenato migliaia di commissari per l’arruolamento forzato di reclute e in rete hanno circolato migliaia di video (nonostante i divieti e i rischi) che denunciavano i metodi brutali di arruolamento, che applicavano sistematicamente il sequestro in strada o nelle proprie abitazioni di tutti gli uomini in età per combattere.

Siccome molti commissari erano corrotti e in cambio di denaro o beni preziosi rinunciavano ad arruolare chi li pagava, il regime di Kiev li ha sostituiti con altri ferocemente nazisti, privi di scrupoli, obbligati ad ottenere un risultato certo, pena gravi conseguenze per loro, ecco perché ultimamente il sistema di reclutamento si è intensificato e divenuto ancora più brutale, solo che non hanno tenuto conto della reazione popolare, ormai satura e non più disposta a sopportare repressioni e violenze.

Così sta succedendo che ogni tanto trovano un commissario massacrato di botte e/o giustiziato con armi da fuoco (di cui moti cittadini ucraini sono dotati). E quando le autorità indagano non trovano un solo testimone disposto a parlare. L’omertà e quindi la complicità popolare è assoluta.

Un grosso problema per il regime di Kiev, a corto di carne da cannone. Se insistono rischiano una sorta di guerra civile, cioè si ammazzeranno tra di loro. Fare il commissario arruolatore è divenuto rischioso come andare a combattere al fronte.

Ora cercherò di spiegare il perché di questa situazione, ricorrendo ai dati demografici e anagrafici.

La popolazione ucraina era ai tempi dell’indipendenza dall’Unione Sovietica di circa 50milioni di persone.

Fin dalle prime rivoluzioni colorate filooccidentali dei primi anni del nuovo millennio e negli anni fino al colpo di stato del 2014 orchestrato dagli USA, la popolazione ucraina era già calata di una decina di milioni, emigrati in tutta Europa e Russia in cerca di migliori condizioni di vita, per poi mantenere la famiglia rimasta in patria con le rimesse, non essendoci lavoro nel proprio paese.

Dopo il colpo di stato del 2014 divenne evidente per gli ucraini filorussi e russofoni, che per loro tirava una brutta aria di stampo nazionalista e perfino nazista e russofoba, quindi ne emigrarono in alcuni anni alcuni milioni e circa 5 milioni non fecero più parte dell’Ucraina in quanto residenti nelle regioni secessioniste autoproclamatisi indipendenti del Donbass. In totale all’incirca altri 10milioni di ucraini si sono sottratti al dominio del regime nazista di Kiev.

Poi allo scoppio del conflitto con la Russia nel febbraio 2021 ci fu un altro fuggi-fuggi generale per sottrarsi alla guerra, oltre tre milioni di russofoni si rifugiarono in Russia (che ormai ne ospita, secondo le stime dai 5 ai 7 milioni) e altrettanti emigrarono in Europa, pagando tangenti varie alle guardie di frontiera oppure sono riusciti a fuggire di nascosto. Nel frattempo altre regioni ucraine del Sud e quasi l’intero Donbass furono acquisite e poi annesse alla Russia sottraendo altri milioni di ucraini al controllo del regime di Kiev.

Quindi ad essere ottimisti il regime di Kiev allo stato attuale controlla (si fa per dire, meglio sarebbe dire “minaccia e opprime”) solo 17-18 milioni di ucraini rimasti in patria, perlopiù a occidente del grande fiume Dnepr. E di questi la stragrande maggioranza sono donne, anziani e giovani non maggiorenni. Ecco perché il regime è alla disperazione non disponendo più di carne da cannone da inviare al fronte. I pochi rimasti piuttosto che farsi quasi certamente ammazzare al fronte e morire per un regime corrotto e odioso, preferirebbero affrontare armati i commissari arruolatori oppure simulare di voler combattere per poi arrendersi alla prima occasione (come avviene sempre più spesso), sempre che riescano a evitare di farsi sparare alla schiena dai loro ufficiali, ma anche questi alla lunga potrebbero finire come i commissari arruolatori.

Una situazione irrisolvibile per il regime di Kiev, che non potrà nascondere a lungo ai partner occidentali, certamente non ai servizi di intelligence USA e UK e polacchi, vista la loro pervasiva presenza sul suolo ucraino. Soprattutto i polacchi lo sanno benissimo.

La Polonia ha già perso oltre 10mila soldati inviati come mercenari per combattere a fianco degli ucraini, e anche loro hanno subito la stessa sorte degli ucraini in termini di feriti, un enorme tributo di sangue per il quale la Polonia vuole delle importanti contropartite. Sapendo la grave debolezza in cui versa il regime di Kiev la Polonia approfitterà certamente di tale vulnerabilità, non appena l’esercito ucraino collasserà e le forze russe avanzeranno fino al fiume Dnepr e occuperanno la regione di Odessa dominando l’accesso al mare.

A mio avviso l’enorme investimento della Polonia per rafforzare il suo esercito non ha solo lo scopo di affrontare la Russia in una guerra che sanno costerebbe loro lacrime e sangue, ma per occupare l’Ucraina Occidentale e annetterla sotto forma di protettorato polacco per poi difenderla dai russi.

Anche se a leggere i resoconti dei media occidentali sembrerebbe che l’esercito polacco sia fortissimo, in realtà ai ritmi di armamento e reclutamento attuali, occorreranno comunque due o tre anni per essere operativo, quindi non sono in grado attualmente di scendere in guerra contro la Russia, ma potranno soltanto contenerla al confine naturale rappresentato dal grande fiume Dnepr.

Una cospicua parte dell’esercito polacco dovrà rimanere schierato al confine con la Bielorussia, non potendo escludere, dal loro punto di vista, una possibile aggressione russa da quella parte, nel momento in cui la Polonia ufficialmente facesse entrare sul suolo ucraino le sue forze armate, perché sarebbe un atto di guerra.

Quindi, anche se è vero che i polacchi sono russofobi, non credo siano totalmente pazzi e suicidi, forse parte del governo ma non la maggioranza della popolazione, per cui non credo che affronteranno la Russia direttamente sostituendosi agli ucraini, per compiacere gli USA-UK, ma si limiteranno a cercare (non significa riuscirci) di portare a casa il massimo risultato col minimo sforzo, approfittando della debolezza altrui.

Per concludere la conta dei morti e feriti anche da parte russa, riferisco per semplificare che la maggioranza degli analisti occidentali seri e indipendenti (non propagandisti NATO) stima in 1 a 8 il rapporto morti e feriti tra russi e ucraini (personalmente propenderei per 1 a 10), quindi le conclusioni traetele voi, tenendo conto di quanto ho riferito

In precedenza, cioè che l’artiglieria ucraina è ridotta a un decimo di quella russa, quindi i feriti russi da artiglieria sono infinitamente meno in proporzione, e l’assistenza e le cure ai soldati russi feriti è praticamente immediata e di elevatissima qualità, per cui il numero di invalidi e mutilati è ridottissimo.

Appare evidente a chiunque abbia avuto la pazienza di leggere questo mio modesto articolo, che le prospettive belliche dell’Ucraina sono ridotti al lumicino. Nonostante i loro sforzi non sono riusciti neppure ad avvicinarsi alla prima linea difensiva russa, e dopo ve ne sono altre due.

Finora tutti i numerosi attacchi ucraini sono stati fermati solo dagli avamposti difensivi russi, dai campi minati, dall’artiglieria mobile e delle retrovie e dall’aviazione leggera (perlopiù elicotteri e droni), che è riuscita in questi mesi a distruggere il 50% delle loro armi pesanti, soprattutto i mezzi corazzati, forniti dall’Occidente (quelli che avrebbero dovuto cambiare le sorti della guerra) e a uccidere tra i 40 e i 50mila soldati ucraini mandati all’attacco senza adeguata copertura aerea, come carne da cannone.

E nonostante queste evidenze oggettive, l’Occidente continua ancora a fornirli di armi, rendendosi moralmente responsabile della loro inutile morte e della sofferenza dei pochi sopravvissuti. Un’ignominia.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

Ecoansia e altre amenità _ Di Claudio Martinotti Doria

Ecoansia e altre amenità

Di Claudio Martinotti Doria

Quante volte ho avuto la tentazione di scrivere un articolo durante i mesi trascorsi, ma poi mi sono sempre detto che in fondo l’argomento l’avevo già affrontato, in genere prevedendolo nei suoi sviluppi con discreta approssimazione, e mi sarei dovuto limitare a brevi aggiornamenti, pertanto rinunciavo, complice anche la vista sempre più indebolita dai 40 anni trascorsi davanti a uno monitor del pc.

Solo ora mi sono deciso a scrivere qualche nota, anche per mettere alla prova la mia vista sempre più sfocata e la conseguente concentrazione, necessaria per scrivere con un minimo di grano salis.

A motivarmi a scrivere è stato in primo luogo l’incredibile e paradossale riscontro che a rifiutarsi di fare la fine di solito riservata a fine ciclo, dei vassalli servili e utili idioti delle élite anglosassoni e affini, sono stati gli africani. Oltre alle sacrosante motivazioni ostili al neocolonialismo, parassitismo, saccheggio, e altre amenità comportamentali tipiche degli imperi neocoloniali (USA in primis), credo gli stati e alcuni popoli africani, si siano accorti di quali pessime e tragiche fini erano destinate le nazioni e popolazioni che si erano fidate degli americani e loro vassalli europei. E tale riscontro stride fortemente con il fatto che le nazioni e le supponenti popolazioni europee, pare non essersene ancora accorte, nonostante siano le principali vittime delle politiche estere, economiche e militari, anglosassoni. L’hanno capita gli africani e gli europei invece no, almeno apparentemente, poi in realtà per molti governi si tratta solo di sottomissione dovuta a corruzione o illusione di carriera, inettitudine e costrizione (ricatti, minacce,  azioni di stampo mafioso, sono ordinaria amministrazione per gli anglosassoni, così come gli omicidi camuffati da suicidi, incidenti domestici, stradali o durante le vacanze).

In breve stanno danneggiando gravemente la loro principale colonia, l’intero continente europeo (con qualche eccezione) per potersi mantenere ancora in vita qualche anno, mantenendo il loro tenore di vita molto elevato, mi riferisco ovviamente alle élite della società anglosassone, non certo al cento medio e medio basso, ormai distrutto anch’esso come in Europa. Perché più che una lotta tra imperi, stati e nazioni, è un conflitto ibrido a tutto campo tra classi sociali, siamo tornati alla lotta di classe, solo che non se ne è accorto quasi nessuno.

Per prolungare l’egemonia ormai al tramonto, gli imperi anglosassoni stanno realizzando una sorta di neofeudalesimo, come scrissi per la prima volta già parecchi anni fa, nel quale i signori feudali in conflitto tra di loro e con alleanze mutevoli, fanno combattere truppe mercenarie e fanno confliggere i servi della gleba dei vari feudi, perché il potere si esercita meglio se la popolazione è ridotta alla lotta per la sopravvivenza e vive nella confusione e paura permanente.

In Europa la più colpita pare essere la Germania, con circa un 25% in più di aziende fallite e una delocalizzazione in atto delle principali industrie tecnologiche e innovative tedesche, che si trasferiscono negli STATI UNITI, dove l’energia costa molto meno, approfittando delle generose agevolazioni create ad hoc dall’amministrazione Biden, proprio mirando a questo scopo: sottrarre le aziende migliori all’UE (il sabotaggio del North Stream aveva questo scopo oltre che quello di separare la Germania alla Russia) e anche di Taiwan.

In realtà la più colpita è l’Italia, solo che i media distolgono l’attenzione dell’opinione pubblica con il trucchetto del diversivo, puntando l’attenzione su quel Paese che sembra messo peggio, a scopo consolatorio e distrattivo.

L’Italia sono almeno una quarantina di anni che intendono spogliarla di tutte le sue ricchezze, ma per riuscirci hanno dovuto procedere per gradi, prima separando il Ministero del Tesoro dalla Banca d’Italia che non fu più obbligata a comprare i titoli di stato emessi ma furono immessi nel fatidico e fantomatico “mercato”, così il debito pubblico inizio a impennarsi. Poi ci fu il famoso incontro del ‘92 sul panfilo Britannia con tutto quelle che ne è conseguito, sul quale non sto ad attardarmi perché hanno scritto decine di libri e centinaia di articoli sull’argomento, è ovvio che per portare avanti un’operazione così complessa e ambiziosa, hanno corrotto e infiltrato migliaia di personaggi nei posti chiave delle istituzioni.

Stiamo parlando di sottrarre agli italiani circa 5000 miliardi di euro di risparmi accumulati (ricchezza privata) e il maggior patrimonio artistico, architettonico, storico, archeologico, immobiliare, naturalistico, ecc.. esistente al mondo, concentrato in una striscia di territorio di appena 300mila kmq in una sorta di “portaerei in mezzo al Mediterraneo” come viene considerata dagli anglosassoni.

Una localizzazione geopolitica strategica che ne ha decretato la sorte.

Noi italiani siamo tendenzialmente esterofili e critici verso noi stessi ma non possiamo negare l’evidenza e sforzandoci di essere realistici dovremmo riconoscere che siamo (nonostante la peggiore classe politica che ci assilla da sempre) il paese più ricco, bello e geniale del mondo, in termini di concentrazione in uno spazio ristretto di tutto quello che possediamo e disponiamo, comprese le migliori menti creative (almeno quelle non ancora emigrate all’Estero m che potrebbero anche tornare se le condizioni lo consentissero). E’ comprensibile che vogliano sottrarcelo. E per farlo le hanno inventate e provate tutte, soprattutto negli ultimi anni, colpendoci a livello sanitario e soprattutto neurologico, perché se la popolazione diventa depressa e confusa sarà più facile ingannarla e farle credere una cosa per un’altra, dire che si sta facendo qualcosa per il loro bene mentre sono messi a 90 gradi per fare ginnastica.

I metodi di inganno e dominio sono gli stessi da millenni, ma modificandone le forme e applicazioni: il ricorso alla paura fino al terrore e al panico è un classico, ma con la psicopandemenza hanno sfiorato la genialità, poi il solito divide et impera che funziona sempre e trova infinite forme di applicazione anche autoalimentate.

Si sono persino inventati l’ecoansia, ingaggiando un’attricetta in cerca di visibilità e carriera, per inscenare la parte e sdoganare il concetto, che adesso, anche se accolto dalla maggioranza ridicolizzandolo, circola come una pubblicità di successo. Un motivetto o tormentone estivo: soffro di ecoansia. Ho cercato di contrastare questo espediente propagandistico di successo con una contromossa ironica da me elaborata subitaneamente, ma ho potuto diffonderla solo a livello minimalistico, nella cerchia di amici e conoscenti, non certo nel sistema mediatico (che disprezzo ed evito) e non arrivando pertanto al grande pubblico, sperando semmai nel passaparola.

La mia contromossa è stata questa: io soffro incontrovertibilmente di ANOANSIA, nel senso che ho la continua ossessiva sensazione che vogliano mettermelo nel culo, in ogni circostanza e contesto sociale, istituzionale, politico, economico, finanziario, previdenziale, ecc., e per placare tale tensione, infiammazione e bruciore perineale, hai voglia ad applicare gel di aloe vera o presunta …. Non dubito che i sondaggi fatti circolare nelle settimane precedenti, sulla diffusione dell’ecoansia siano fasulli, come tutto ciò che viene pubblicato e trasmesso dai media mainstream, ma al contrario sono quasi certo che se facessero un sondaggio serio tra gli italiani sull’ANOANSIA, spiegandola bene, si avrebbe conferma che questa esiste veramente, solo che gli italiani non ne sono ancora consapevoli e non sanno etichettarla. Per farla conoscere agli italiani rendendoli consapevoli di soffrirne ci vorrebbe un comico cabarettista di capacità e notorietà che la declami valorizzandone il concetto, esattamente o ancora meglio dell’attricetta che ha recitato con falsa commozione il concetto di ecoansia.

Dovremmo imparare e reagire sempre, mai subire passivamente una situazione che sappiamo essere per noi nociva. Invece ci limitiamo quasi sempre a parlarne tra di noi, sempre gli stessi.

Concludo con un accenno all’argomento cardine di quasi tutti i miei articoli precedenti, evitando che qualcuno mi rimproveri per averlo trascurato: il conflitto in Ucraina. Se facessi un’estrapolazione dei passi salienti dei miei articoli precedenti potrei comporne uno apparentemente nuovo che sembrerebbe pure aggiornato e attualizzato, salvo alcuni particolari, in quanto sta avvenendo quanto era prevedibile. Gli ucraini stanno facendo la fine degli utili idioti dell’impero anglosassone, carne da cannone che non solo non hanno scalfito neppure la prima delle tre linee difensive russe, ma sono finiti nel tritacarne e tritatutto che avevano predisposto per loro. In tal modo i russi continuano a dimostrarsi estremamente corretti e galantuomini nel condurre il conflitto limitandosi a colpire obiettivi militari e ad uso militare, al contrario del regime nazista di Kiev che colpisce i civili e compie qualsiasi nefandezza e aberrazione criminale per trarre profitto dalla guerra e per sfogare la loro frustrazione da fallimento e per cercare di avere l’approvazione e i finanziamenti occidentali, essendo ormai un regime parassitario che vive esclusivamente di economia di guerra, finanziata da terzi.

La NATO è ormai agli sgoccioli e rischia la stessa sopravvivenza, per cui dovrà alzare l’asticella dell’escalation fino a provocare l’intervento dei pazzi russofobi della cosiddetta Nuova Europa, cioè i paesi dell’Est, le nuove colonie anglosassoni, Polonia e Paesi Baltici, che però se anche si unissero a quello che rimane dell’Ucraina Occidentale, non potrebbero mai trionfare sulla Russia che nel frattempo si è consolidata, accumulando una straordinaria esperienza di guerra sul campo, perfezionando e soprattutto sperimentando nuove armi sempre più efficaci e sofisticate, producendole a ritmi che in Occidente possono solo sognare. Come ho affermato varie volta, questo significa che il tempo lavora a favore della Russia, che continuerà a rispettare e valorizzare la vita umana risparmiando inutili perdite e sofferenze al loro esercito attendendo il momento propizio per sferrare i loro contrattacchi, man mano che l’esercito ucraino collasserà sui vari fronti. Non esiste alcuna arma in dotazione alla NATO che possa impedire che questo avvenga, nessuna arma che possa cambiare le sorti dell’Ucraina, nessuna provocazione o atto terroristico che possa far cambiare strategia alla Russia, perché la leadership russa ha una visione lungimirante mentre le nostre sono penosamente limitate e asservite a loschi interessi di nicchia.

Gli psicopatici russofobi neocons anglosassoni sarebbero anche disposti a ricorrere alle armi nucleari, ma glielo impediscono le altre élite che compartecipano al potere, perché sanno benissimo che basterebbero pochi missili ipersonici SARMAT e droni subacquei POSEIDON per spazzare via completamente l’intera Gran Bretagna e le coste americane dell’Atlantico e del Pacifico, e con i moderni missili antinave in dotazione alla Russia tutte le flotte USA-NATO farebbero la stessa fine ovunque si trovino, e tutto questo avverrebbe pochi minuti dopo aver fatto esplodere un solo ordigno nucleare contro la Russia.

Quindi se vogliamo ragionare seriamente, dobbiamo renderci conto che non ci sarà nessun negoziato, perché la Russia non ritiene credibili e degni di fiducia gli attuali interlocutori, ne gli ucraini, ne la NATO ne l’UE, quindi non rimane loro che portare a termine l’operazione bellica, che come hanno sempre rivelato fin dall’inizio, prevede la completa demilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina. Nessuno potrà impedirlo perché i russi sono persone serie e dotate di una cultura e coesione che noi purtroppo abbiamo perso da diverse generazioni. Noi in Occidente dobbiamo solo nutrire due speranze; che i russi continuino a dimostrarsi moderati e compassionevoli, e che gli attuali leader occidentali scompaiano magari per uno strano fenomeno di abduction collettivo. He sarebbe come dire “non ci resta che sperare negli alieni più evoluti”.

Articolo riproducibile citando la fonte.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

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SITREP 8/13/23: L’AFU lotta per un significato simbolico nella stagnazione di fine estate, di SIMPLICIUS THE THINKER

SITREP 8/13/23: AFU Struggles For Symbolic Meaning In Late Summer Doldrums

 

I media occidentali hanno iniziato a perdere la testa. Il pessimismo e la condanna sono ormai endemici nei loro resoconti. Ormai è praticamente accettato che l’Ucraina non ha alcuna possibilità nella controffensiva. Ascoltate questo servizio della CNN, che riassume perfettamente il sentimento attuale: non stanno più menando il can per l’aia:

Un nuovo articolo del NYTimes rivela molto dello stesso, ma con alcuni dettagli macabri sulle perdite ucraine:

Le pesanti perdite non sono state uno shock per loro. La maggior parte dei comandanti ha dichiarato di aver visto le unità, comprese le proprie, decimate a volte durante gli ultimi 16 mesi di combattimenti. Il comandante del battaglione, Oleksandr, ha raccontato che le perdite sono state così elevate durante la controffensiva a Kherson lo scorso anno che è stato costretto a sostituire i membri della sua unità per tre volte.
Il comandante rivela che la maggior parte dei suoi nuovi uomini è mentalmente distrutta:

“Ho perso molto”, ha detto, “e alcuni dei nuovi uomini sono mentalmente a pezzi”. Per quanto riguarda la distruzione di carri armati e veicoli corazzati, ha fatto finta di niente, considerandola una normale conseguenza della guerra.

A selection of headlines:

Questo nuovo articolo del WashPost tocca la nota più bassa di tutte:

L’articolo inizia con questo preambolo sferzante:Per quasi 18 mesi, l’Ucraina si è opposta agli invasori russi, raccogliendo il sostegno delle sue truppe con le vittorie dello scorso anno sul campo di battaglia nelle regioni di Kiev, Kharkiv e Kherson. Quelle vittorie hanno portato gli ucraini assediati attraverso un inverno di attacchi aerei sulle infrastrutture civili e una battaglia brutale e simbolica per Bakhmut, la città orientale che è caduta ai russi a maggio. Per tutto il tempo, i funzionari ucraini e i loro partner occidentali hanno pubblicizzato l’imminente controffensiva che, sostenuta da un’ondata di nuove armi e addestramento, speravano potesse ribaltare le sorti della guerra. Ma due mesi dopo che l’Ucraina è passata all’attacco, con pochi progressi visibili sul fronte e un’estate incessante e sanguinosa in tutto il Paese, la narrazione dell’unità e della perseveranza senza fine ha iniziato a sfilacciarsi.
L’articolo prosegue affermando che, sebbene non esista un bilancio ufficiale delle vittime, quasi tutti conoscono più persone morte al fronte:

Blyzniuk vive anche nel timore che suo marito o i suoi due figli in età da combattimento vengano mobilitati. Ha già notato che per le strade della sua città camminano molti meno uomini di prima. L’Ucraina non rende noto il conteggio delle vittime militari, ma tutti condividono storie di nuovi soldati al fronte che durano appena due o tre giorni.
Un altro soldato racconta i dettagli macabri del lavoro in prima linea:

Nella regione di Donetsk, un soldato estone ucraino che si fa chiamare Suzie lavora in un punto di stabilizzazione dove i soldati feriti vengono curati prima di essere trasferiti in ospedali in città più sicure. In un giorno recente, ha aiutato a organizzare i sacchi per i cadaveri che sarebbero stati presto utilizzati nell’obitorio improvvisato che già puzzava di morte. A volte, ha detto, i corpi dei soldati sono così fatti a pezzi che devono usare due o tre sacchi per contenerli. Ci sono volte in cui un soldato viene restituito con “solo il 15% del corpo”, ha detto Suzie. “Non ho mai visto tanto sangue prima d’ora”.
Anche se l’argomento è già stato trattato a lungo, volevo soffermarmi brevemente sulle vittime ucraine, semplicemente perché sono arrivati sulla scrivania diversi nuovi dati rivelatori.

Un altro articolo del NYTimes afferma apertamente che l’Ucraina ha superato le 150.000 vittime totali:

Come al solito, si aggiunge l’ammiccamento che la Russia ne ha ancora di più, solo per attutire l’effetto del colpo.

Ecco l’opinione di un analista (ArmChairWarlord) dopo aver effettivamente studiato i cimiteri di una regione come campione:

Ci sono almeno 10.000 tombe che ho trovato nell’Oblast di Lviv, ce ne saranno di più, perché ho controllato solo i cimiteri principali. Non posso visitare tutti i cimiteri o le città, per motivi di sicurezza, e ho bisogno di sostenermi finanziariamente, quindi devo mantenere la mia attività allo stesso tempo. Le perdite ucraine saranno intorno ai 200.000, esclusi i dispersi. Questa è la mia stima. Quasi ogni persona con cui parlo conosce qualcuno che è morto, e a sua volta conosce qualcun altro che conosce un’altra persona morta. Le conversazioni di solito si svolgono in questo modo: “È morto l’uomo del secondo piano del mio appartamento, e mia cugina di XXXXX ha perso suo figlio, e sono morti anche altri tre della classe di suo figlio…” Forse non sapremo mai la verità o le perdite reali, e nemmeno da parte russa. È interessante notare che in una settimana ho visto anche più di 200 uomini e più di 30 donne con arti mancanti o in sedia a rotelle. Si tratta di persone che si trovavano nello stesso posto in cui mi trovavo io, in un determinato momento… quindi potete concludere da soli quanti di questi sono.Esaminiamo quindi i dati in nostro possesso che mostrano un numero di vittime ucraine compreso tra 200 e 400.000.- Indagini demografiche- Conteggio dei necrologi sui social media- Costruzione di cimiteri- Rivelazioni di amputazioni- Vecchie e inavvertite rivelazioni ufficiali- Arruolamento senza fine, ma senza crescita dell’esercito.È tutto completamente coerente al suo interno, e punta allo stesso numero approssimativo di vittime compreso tra 2 e 400.000. Questo è esattamente ciò che ci si aspetterebbe se fosse davvero così: tutti questi indicatori secondari sono coerenti tra loro e non c’è alcun dato di contropartita oltre alle ovvie bugie dei funzionari ucraini. Dato che il conteggio di Mediazona sui 30.000 caduti russi è stato recentemente convalidato da un’altra rivelazione involontaria da parte loro (di circa 8.500 caduti tornati in servizio, in totale, nell’intera VDV per l’intera SMO), ciò indica anche un fatto assolutamente brutale: per ogni soldato russo ucciso in questa guerra, muoiono tra i sette e i tredici soldati ucraini. È un dato apocalittico per l’esercito ucraino e una vergogna per i suoi consiglieri occidentali. Questo dato, tra l’altro, si allinea perfettamente con le dichiarazioni del Ministero della Difesa ucraino sulle vittime russe. Ciò suggerisce fortemente che il famigerato e poco plausibile conteggio delle perdite russe da parte del Ministero della Difesa ucraino sia, sorprendentemente, un resoconto accurato delle loro perdite.
Ciò a cui si riferisce nell’ultima parte è un’interessante rivelazione emersa dal discorso di congratulazioni del VDV Generale Teplinsky per la Giornata del Paracadutista della scorsa settimana, che avevo postato qui. Egli aveva accennato in modo obliquo al fatto che 8.500 membri del VDV erano stati feriti in totale. Dato che sappiamo che il rapporto tra morti e feriti è tipicamente di almeno 2:1, se non 3:1, questo ci dice che il totale dei caduti dei VDV era probabilmente dell’ordine di 2000-4000 al massimo. E si tenga presente che, secondo i grafici di MediaZona, la VDV ha subito la più alta percentuale di perdite di qualsiasi altro gruppo delle forze armate russe.

E indovinate di quanti VDV MediaZona ha verificato la morte? ~1600. Questo dato è in linea con le cifre fornite dallo stesso generale Teplinsky, in quanto il rapporto tra morti e feriti russi è di circa 1:5, il che si spiega con il fatto che le migliori capacità mediche e di evacuazione sul campo di battaglia della Russia fanno sì che ci siano meno morti rispetto ai semplici feriti, in quanto una percentuale molto più alta di feriti viene curata con successo.

Le autorità ucraine hanno iniziato ad aprire e distruggere le tombe dei soldati sovietici in molti luoghi del Paese, oltre a portare al loro posto soldati ucraini morti di recente. Così, 653 soldati sovietici sono stati recentemente esumati dal cimitero militare di Leopoli e sostituiti da soldati ucraini.
La prossima informazione è un documento trapelato che mostra le perdite della 5ª Brigata d’assalto separata ucraina dal 1° gennaio 2023 al 31 luglio 2023:

La prima pagina descrive l’unità ritirata per la ricostituzione. La seconda pagina fornisce i numeri. Le perdite sono molto eloquenti. La brigata perse un totale di 1.845 perdite irrecuperabili. Si tenga presente che questa brigata contava al massimo 3.000 e secondo alcuni 2.000 persone in totale. Si tratta quindi di perdite che vanno dal 70% al 90% in più per i 7 mesi di combattimenti di quest’anno.

Se le perdite di questa brigata sono rappresentative della maggior parte delle altre, allora circa 2000 perdite x ~50 altre brigate equivalgono a più di 100.000 perdite solo per quest’anno.

Certo, questa 5a brigata è stata assegnata a Bakhmut e quindi ha sperimentato alcune delle più brutali perdite nei primi mesi di quest’anno contro le forze Wagner. Ciò che è anche degno di nota è che 13 delle perdite nel documento sono elencate come “suicidi”.

Questo è interessante perché il suicidio è diventato così diffuso nelle file dell’AFU che abbiamo un nuovo documento trapelato di un ordine del Ministero della Difesa di interrompere immediatamente la fornitura di munizioni alle nuove reclute per evitare che si suicidino in massa:

Ricordiamo che alcune settimane fa ho pubblicato un video che mostrava i mobiks ucraini mentre venivano condotti in un autobus verso un punto di schieramento. Filmando con i loro telefoni, hanno raccontato che non gli vengono date armi finché non sono in trincea e solo sotto stretta sorveglianza.

L’ultima notizia di oggi riguarda il licenziamento da parte di Zelensky di tutti i principali comandanti della mobilitazione del Paese, in quello che è un evidente tentativo di riformare disperatamente l’intero meccanismo alla vigilia di quella che, come abbiamo riferito in precedenza, sarebbe stata una potenziale nuova campagna di reclutamento nel corso dell’anno. I precedenti comandanti sono stati licenziati per corruzione e per aver preso tangenti, ora Zelensky vuole assicurarsi che nessuno venga lasciato passare attraverso le fessure e che tutti i corpi capaci vengano selezionati.

Potrebbe essere difficile, però. Qui un famoso demografo di nome Alexander Raksha fornisce alcune notizie tristi sulla popolazione dell’Ucraina. Ritiene che sia già tornata ai livelli del XIX secolo e che nel Paese siano rimasti probabilmente solo 27 milioni di persone, rispetto ai 40 milioni di prima:

La sua pagina può essere trovata qui: https://t.me/s/rakshademography

Questo è molto probabile, dato che gli ultimi dati del giugno 2023 mostrano che oltre 4 milioni di ucraini sono fuggiti solo nell’UE, senza contare i minori per i quali non hanno dati:

Sappiamo che la popolazione combinata di LPR, DPR e Crimea è probabilmente superiore ai 6 milioni. Se a questo si aggiungono i milioni di ucraini fuggiti in Russia dal resto dell’Ucraina, si arriva a un minimo di 12-15 milioni di persone che hanno abbandonato il Paese in generale. Se si sottrae la popolazione prebellica di oltre 36 milioni di persone, si arriva rapidamente a 27 milioni e anche al di sotto.

Quindi, le cose stanno diventando disastrose per l’Ucraina, ma la domanda che tutti si pongono è: cosa succederà?

Da un lato, un coro crescente di voci sempre più autorevoli ritiene che la Russia stessa si stia preparando per una sua grande offensiva. Nessuno però è d’accordo su quando – le stime vanno dalla fine di agosto alla prossima primavera-estate.

Lo stimato ex generale russo Konstantin Pulikovsky sostiene che, in ultima analisi, per quanto buona sia la difesa, la vittoria può essere raggiunta solo attraverso operazioni offensive. Afferma che la Russia inizierà sicuramente un’offensiva, ma solo quando percepirà che il nemico è completamente esaurito:

Il tenente generale Pulikovsky, ex comandante del gruppo di truppe in Cecenia: La cosa più importante da capire è che la difesa, anche la più attiva, la migliore difesa, è un metodo di combattimento forzato. È impossibile ottenere la vittoria nella difesa, la vittoria si ottiene solo nelle operazioni offensive. Ci sarà un’offensiva, ci sarà sicuramente un’offensiva. Ma di solito inizia quando sentiamo che il nemico è davvero esausto. Perché l’offensiva è sempre associata a pesanti perdite. E la difesa, al contrario, porta a pesanti perdite del nemico, come sta accadendo ora. Ma ci sarà un’offensiva, non ho dubbi su questo. Quando avverrà non dipende dalle forze armate dell’Ucraina, ma dalla situazione socio-politica, che è controllata dal blocco NATO e direttamente dagli Stati Uniti. È lì che si trova il nostro principale nemico. A seconda di questa situazione, si deciderà quando passare all’offensiva.
È interessante notare che l’assistente del capo della RPD Yan Gagin ha fatto eco a questa opinione:

Quello che dice è molto interessante. Che la Russia è pronta per una grande operazione offensiva, ma in questo momento continua a condurre la difesa semplicemente perché al momento è molto redditizio farlo. Il ragionamento che fa è forte: L’Ucraina è così disperata di ottenere qualsiasi tipo di svolta visibile che riversa le sue forze in avanti in condizioni completamente sfavorevoli che permettono alla Russia di decimarle. In questo modo, sembra implicare che per il momento, finché l’AFU continuerà i suoi “assalti di carne”, la Russia sarà felice di continuare a liquidarli all’aperto, dove è abbastanza facile e redditizio farlo. Poi, quando sarà il momento, lancerà un’offensiva.

Il capo del Battaglione Vostok Khodakovsky fa eco a questo sentimento:

Teplynskiy (famoso generale dei VDV) aveva ragione quando diceva che le vittorie non si ottengono in difesa. Tuttavia, abbiamo speso generosamente le nostre risorse nella fase iniziale dell’Operazione Militare Speciale, e per accumularne e prepararne una nuova, avevamo bisogno di una pausa. Qualcuno aveva bisogno di risultati, quindi le riserve grezze sono state lanciate all’attacco. Contrariamente alle aspettative, i risultati non sono stati raggiunti – ma, come prevedibile, questo approccio non ha permesso di formare un potenziale in grado di affrontare compiti seri. La situazione si avvicinava naturalmente al momento in cui dovevamo semplicemente ritirarci in una difesa a ranghi profondi, dando temporaneamente l’iniziativa nelle mani del nemico per guadagnare tempo e contemporaneamente logorare le sue forze.Ogni giorno l’esercito riceve rinforzi, le fabbriche producono nuovi equipaggiamenti e armi – le perdite vengono reintegrate. Certo, le spese nei primi mesi sono state enormi. Si dice che alcuni comandanti sparassero “Kalibrs” come da una fionda… Ora queste pratiche non esistono più. Attualmente, la situazione si sta lentamente ma fiduciosamente spostando a nostro favore. Il nemico sperava che iniziassimo a ritirarci, come abbiamo fatto nelle regioni di Kharkov e Kherson, ma abbiamo resistito. Non sono riusciti a sfondare subito la nostra difesa, impantanandosi nella loro offensiva strisciante. Ora stanno cadendo in un leggero panico, cercando di risollevare il morale dell’esercito e della società con piccole vittorie, ma la matematica – una scienza esatta e imparziale – dice la verità”.
Gleb Bazov di Slavyangrad ritiene che la forza di combattimento dell’AFU si esaurirà a settembre e la Russia inizierà la propria offensiva a febbraio:

Quello a cui stiamo assistendo è la fase finale della controffensiva ucraina. Per i prossimi due mesi, la controffensiva continuerà ad attenuarsi, per poi spegnersi di nuovo. Gli ultimi accordi del gioco d’azzardo offerto dal giocatore più debole sono in arrivo. Il mittelspiel della campagna 2023-24 inizierà a settembre, quando la controparte si sarà esaurita. La Russia, che è il giocatore tecnicamente più attrezzato e più intelligente, continuerà a mettere in atto gli elementi costitutivi di un’offensiva che probabilmente inizierà nel febbraio del prossimo anno e deciderà questa guerra.
Anche la Bild tedesca condivide questo sentimento:

Se l’Ucraina non farà un serio passo avanti sul fronte, la Russia potrebbe passare alla controffensiva – Paul Ronzheimer, corrispondente dell’edizione tedesca di Bild -. Ora i russi stanno dando agli ucraini una “feroce ripassata”. “Ma le cose potrebbero peggiorare se i russi riuscissero a respingere tutti gli attacchi ucraini. Allora gli ucraini dovranno prepararsi a una controffensiva russa”, scrive Bild.
Arestovich riassume la situazione dicendo che la Russia passerà l’inverno a costruire nuovi droni e armamenti:

Infine, un ufficiale ucraino esprime il suo punto di vista: l’Ucraina non sarà in grado di riconquistare i confini del 2022, tanto meno quelli del 1991 (cioè la Crimea):

La seconda parte del video qui sopra solleva un punto interessante. L’intervistatore chiede: cosa penserà l’esercito ucraino se il conflitto verrà congelato agli attuali confini? L’ufficiale risponde che all’esercito andrà bene così e che nessuno “marcerà su Kiev” per averli traditi.

È interessante notare che a questo fa eco un altro post del 35° marines dell’AFU, che attualmente combatte nel settore più caldo della regione di Vremevske:

👉 Post ucraino (35a Brigata)È chiaro che la Federazione Russa non ha più intenzione di avanzare. Hanno seminato i nostri campi con centinaia di migliaia di mine. Non ci basteranno 100 anni per sminare tutto. Purtroppo, non saremo in grado di superare nemmeno questa linea. La guerra sarà congelata. “L’inverno arriverà presto. Spero che riescano a trovare un accordo”.
Sempre più spesso l’opinione dell’Occidente sembra essere quella che certamente l’Ucraina non ha alcuna possibilità di “vincere”, ma che allo stesso modo la Russia non ha alcuna possibilità di avanzare, e quindi il conflitto, nella migliore delle ipotesi, sarà congelato.

È un’assurdità. La Russia ha appena iniziato a potenziare la sua macchina da guerra e non l’avrebbe fatto su larga scala se non avesse intenzione di usarla in un orizzonte temporale più lungo. L’unica domanda è fino a che punto la Russia intende spingersi. Sappiamo che il minimo assoluto è riprendere le terre costituzionalmente riconosciute che Putin ha già firmato come territorio russo. Questo include non solo tutta la DPR/LPR, non ancora completamente liberata, ma anche Zaporozhye e Kherson.

Inoltre, il ministro ucraino degli Affari esteri Kuleba ha chiaramente affermato che esprimere speranze di cessate il fuoco rasenta la criminalità, e che nessuno nell’amministrazione sta cercando di raggiungere questo obiettivo:

Il consigliere presidenziale Podolyak segue l’esempio e afferma che l’Ucraina non si fermerà non solo finché non restituirà i suoi territori, ma finché non otterrà un “cambio di regime” in Russia:

Obiettivi piuttosto massimalisti.

Ma tornando indietro, è vero che esiste una piccola scappatoia che Putin potrebbe usare per “salvare la faccia” se lo volesse davvero. Quando ha firmato l’annessione ufficiale di Kherson/Zaporozhye, ha lasciato la delimitazione esatta dei loro confini aperta a considerazioni future. Ciò significa che i confini esatti non sono stati del tutto stabiliti; il che significa che se la Russia volesse davvero, potrebbe congelare il conflitto e limitarsi a dire che le aree attualmente occupate di Kherson/Zaporozhye sono le aree russe “ufficialmente” delimitate. Tuttavia, non credo che questo accada perché sarebbe un grossolano tradimento nei confronti dei cittadini delle restanti aree di Zaporozhye/Kherson, e non riesco a immaginare che Putin lo faccia.

Quindi, la domanda rimane come sempre: la Russia intende riconquistare solo quelle terre, o spingersi anche oltre, fino a Odessa, Kharkov, ecc. È interessante notare che, a questo proposito, Peskov ha rilasciato una nuova dichiarazione che ha suscitato molti mugugni e indignazione nella comunità filorussa, in quanto ha affermato che la Russia intende recuperare solo i territori che ha firmato per legge:

Nell’articolo, Peskov afferma espressamente che la Russia non vuole annettere altri territori:

“No”, ha detto quando gli è stato chiesto se la Russia vuole aggiungere altri territori ucraini. “Vogliamo solo controllare tutte le terre che abbiamo scritto nella nostra Costituzione come nostre”.
A seguito di ciò, molti hanno notato che Putin ha precedentemente deriso Peskov per essersi messo i piedi in bocca in questi modi:

La domanda ovvia è: la dichiarazione di Peskov riflette davvero l’opinione del Cremlino e, per estensione, di Putin? Oppure è semplicemente ignorante e tenuto all’oscuro delle vere intenzioni della Russia?

A mio avviso, la spiegazione più probabile è che stia dicendo ciò che è più diplomatico per ora, perché questa è la narrazione che la Russia vuole sia creduta per il momento. Per chi non l’avesse notato, essendo un legalista, Putin ama che tutte le azioni della Russia passino attraverso una sorta di processo dimostrativo sulla scena mondiale. Si noti come in passato abbia fatto riferimento alla potenziale necessità di “respingere il confine” con una zona cuscinetto, se l’Ucraina dovesse continuare le provocazioni nei pressi di Belgorod e Kursk.

Ritengo che Putin non voglia fare pressione annunciando troppo presto le vere intenzioni della Russia. Aspetterà fino a quando l’Ucraina continuerà a superare le varie linee rosse in futuro, e quando la Russia sarà effettivamente in grado di iniziare ad acquisire i territori sopra menzionati, come Kharkov e Odessa. A quel punto, si annuncerà come una sorpresa che la Russia è ora costretta a prendere quei territori a causa delle azioni flagranti dell’Ucraina.

Ma naturalmente non possiamo esserne assolutamente certi. C’è sempre la possibilità – per quanto piccola – che le intenzioni del Cremlino non siano così massimaliste. Ma ci sono chiare argomentazioni per cui un “congelamento del conflitto” non massimalista sarebbe disastroso, e quindi è molto difficile immaginare che Putin sia d’accordo. Per esempio, ecco un buon articolo di un altro analista sulle conseguenze di un simile scenario ipotetico:

Professor Eddy: Quando dico che congelare il conflitto senza risolvere i compiti del Sistema di Difesa Libero è inaccettabile per noi, mi riferisco anche al problema della rivelata riluttanza della NATO a impegnarsi in una guerra su larga scala con un nemico paragonabile. Se la guerra si concluderà con la conservazione dello Stato ucraino nella sua forma attuale, sia a Kiev che nella NATO si trarranno lezioni da quanto sta accadendo sul campo di battaglia e, naturalmente, si apporteranno modifiche all’addestramento e all’equipaggiamento delle truppe.
Il fatto che oggi manchino le munizioni – la produzione mensile degli Stati Uniti ora non raggiunge nemmeno il fabbisogno settimanale delle Forze Armate ucraine, l’equipaggiamento e l’addestramento, significa che dobbiamo risolvere il nostro compito, ottenendo la sconfitta del nemico ed eliminando la minaccia militare dall’Ucraina.

Perché se il conflitto viene congelato nella sua forma attuale, allora tra cinque anni il nemico sarà meglio preparato per la ripetizione e più armato, e noi, dopo tutto, non stiamo combattendo per ripetere questo processo di nuovo.Allo stesso tempo, si dovrebbe capire che la NATO non avrà alcuna restrizione morale al fine di ripetere qualche anno più tardi – aspetteranno tale opportunità, soprattutto nella speranza dei nostri problemi – sia reali che immaginari. Pertanto, se non vogliamo avere al nostro fianco un Paese amareggiato e impoverito, ma armato fino ai denti a spese di qualcun altro e che sogna di vendicarsi, mentre l’esercito di quel Paese sarà quasi l’unico posto in cui pagherà un po’ di soldi, allora la questione deve essere risolta ora.
Ora, la NATO e l’Occidente stanno facendo le loro scommesse. Stanno contemporaneamente cercando di capire come congelare favorevolmente il conflitto, in modo da creare condizioni favorevoli per la sua futura riattivazione, ma anche di coprire con potenziali piani secondari se l’Ucraina non dovesse cedere alle richieste di cessate il fuoco da parte delle loro menti occidentali. È qui che entra in gioco la situazione della Polonia. Per l’Occidente si tratta di una sorta di puzzle: come mettere insieme i pezzi in modo tale che la Polonia possa essere usata per ritardare la distruzione dell’Ucraina per mano dell’esercito russo, e/o salvarla del tutto, ma senza necessariamente scatenare una guerra nucleare totale?

Su questo fronte, continuiamo a vedere l’introduzione di queste idee nella coscienza collettiva di polacchi e ucraini. Qui i polacchi discutono apertamente della restituzione dei loro territori dall’Ucraina occidentale:

È venuto alla luce un video affascinante che mostra un mercenario polacco che combatte per l’AFU e che spiega apertamente che non gliene può fregare di meno degli ucraini, ma che piuttosto sta combattendo per la Polonia per riconquistare la sua terra. Alcuni si sono detti convinti che si tratti di un falso, ma io credo che il soldato non sapesse di essere registrato e pensasse di gongolare in tutta tranquillità:

La cosa più rivelatrice della sua posizione è che conferma completamente tutto ciò che io stesso ho detto, ma anche ciò che Putin ha recentemente intimato riguardo al vettore più probabile della Polonia per riconquistare quelle terre. Egli spiega che lo scopo è quello di indurre molto lentamente la popolazione ucraina a lasciare la terra, facendo crollare l’economia ucraina.

Infine, l’ultimo discorso video di Shoigu parla anche di questo:

Parla della creazione dei due nuovi distretti militari come baluardo contro l’espansione della NATO. Ascoltate in particolare al minuto 2:40, quando dice che la Polonia “è diventata il principale strumento della politica antirussa degli Stati Uniti”.

A 3:10 dice: “Ci sono piani per creare una cosiddetta unione polacco-ucraina per garantire la sicurezza dell’Ucraina occidentale e, di fatto, per occupare questo territorio in futuro”.

Si può notare la disinvoltura con cui se ne parla ora. Questo si aggiunge ai nuovi volantini apparsi nell’Ucraina occidentale, come il seguente:

💥💥💥💥In Polonia sono apparsi volantini a nome del partito Diritto e Giustizia, in cui si dice agli ucraini che dovranno rinunciare a Leopoli: “Cari ucraini! Vorrei ricordarvi che non siamo fratelli con voi e non siamo disposti ad aiutarvi all’infinito. Cosa siete disposti a dare in cambio del nostro aiuto?”.

Ma si tenga presente che la Polonia, semplicemente accaparrandosi l’Ucraina occidentale, non aiuta apertamente l’Ucraina in alcun modo. Si tratterebbe semplicemente di un revanscismo opportunistico allo scopo di rafforzare la Polonia stessa. Affinché abbia un qualche tipo di effetto nel preservare il regime ucraino, la Polonia dovrebbe assumere un qualche tipo di status di “protettorato” su una fascia più ampia dell’Ucraina occidentale, sotto la quale un “governo in esilio” ucraino potrebbe forse operare una volta che la Russia iniziasse ipoteticamente a sconfinare a ovest del Dnieper e/o a circondare Kiev.

Questo sarebbe ancora molto lontano, e per ora sembra che la Polonia si stia limitando a fare da palo per assicurarsi che, nel caso in cui l’Ucraina cominciasse a crollare, la Polonia possa prendere la sua “dovuta” libbra di carne. Ma, come suggerisce il mercenario nel video qui sopra, forse stanno aspettando che l’Ucraina si indebolisca economicamente al punto che gli ucraini occidentali vedano l’unione con la Polonia come la scelta migliore, proprio come i residenti del Donbass hanno visto l’unione con la Russia come l’opzione che avrebbe assicurato il loro futuro economico.

Aggiornamenti sul campo di battaglia
Passiamo ora agli aggiornamenti sul campo di battaglia per vedere quanto il conflitto si stia avvicinando o allontanando rispetto alle proiezioni di cui sopra.

In generale, la maggior parte delle cose continua così. A Rabotino, sul lato occidentale del fronte di Zaporozhye, i combattimenti posizionali sono andati avanti e indietro, con le forze russe che hanno ripreso alcune posizioni. Lo stesso vale intorno ad Artyomovsk/Bakhmut, dove gli assalti russi hanno ripreso ancora più posizioni sia intorno a Klescheyevka che a Berkhovka, più a nord, vicino a Soledar.

In effetti, ecco uno degli assalti dei corazzati che hanno ripreso le posizioni vicino a Klescheyevka. Si tratta di un piccolo distaccamento guidato da un T-90M russo affiancato in una formazione a cuneo da manuale da BMP-3 che trasportano smontatori. La professionalità e la potenza di fuoco sono in mostra mentre radono al suolo la roccaforte ucraina, utilizzando il fumo di occultamento dopo aver scaricato la fanteria che ha conquistato la posizione.

Il lavoro del gruppo corazzato “Petrovich” 3AK (3° Corpo d’Armata) con il supporto dell’artiglieria della 72ª brigata di fucilieri motorizzati 3AK riflette gli attacchi dell’APU a Kleshcheyevka in direzione Bakhmut.

Il più significativo e unico successo ucraino è arrivato a Urozhayne (Harvest), che è l’insediamento sequenziale successivo a Staromayorsk, che la Russia ha liberato l’ultima volta. Anche in questo caso, Urozhayne è stata in gran parte distrutta dall’artiglieria, ma si trovava anche in una posizione molto difficile da difendere, per cui ora si dice che le forze russe si siano ritirate in gran parte anche da qui. L’Ucraina lo sta pubblicizzando come un grande successo, ma il problema è che loro stessi sono entrati solo nella periferia nord, secondo gli ultimi rapporti. E di fatto, non sono ancora riusciti a prendere nemmeno Staromayorsk. Entrambe le città sono ora nella “zona grigia” per il seguente motivo:

Come si può notare, l’intera “valle” si trova in una zona molto bassa. Urozhayne è cerchiata in alto, mentre Staromayorsk si trova alla sua sinistra. Sono molto difficili da difendere se il nemico ha le posizioni sulle alture su ciascun lato. Questo permette al controllore delle alture di avere il controllo del fuoco sugli insediamenti e di infliggere grandi perdite a chiunque osi avvicinarsi.

Ecco una ripartizione più granulare. Si può notare che la linea rossa del controllo russo indica che i russi hanno lasciato l’insediamento, ma l’AFU non può nemmeno entrare:

Ed ecco una vista progressivamente ingrandita per mostrare quanto siano lontani dalla vera prima linea di difesa in quella regione:

Un’altra vista delle principali linee di difesa. Come si può vedere, la linea principale in quella regione inizia appena a sud di Staromylanovka, che si trova pochi chilometri a sud di Urozhayne:

Le truppe russe considerano comunque con rammarico la perdita di Urozhayne. E ci sono alcune delle accuse standard lanciate sulla mancanza di una tempestiva soppressione dell’artiglieria nemica. Va notato che l’Ucraina ha puntato tutto su questo quartiere. Per esempio, non solo stanno usando i più recenti droni occidentali per individuare gli HIMAR, che hanno usato qui per “beccare” qualsiasi punto posteriore russo esposto, come l’artiglieria, ecc. Ma hanno persino registrato l’uso di JDAM per smantellare le posizioni russe a Urozhayne.

Inoltre, va notato che qui la Russia utilizza soprattutto le sue armate combinate orientali/siberiane 36° e 29°, mentre l’Ucraina utilizza alcune delle sue unità speciali più d’élite, come il 68° Jager, il 35/36/37° marines, gli “Uccelli di Magyar” per la squadra di droni – i ragazzi che si sono fatti un nome a Bakhmut, in particolare con l’uso di armi chimiche:

Si tenga presente che le mappe di cui sopra provengono da fonti filo-ucraine e mostrano che Staromayorsk è stata ripetutamente conquistata, ma in realtà i rapporti più recenti e attendibili continuano a smentirlo.

In ogni caso, quest’area sta chiaramente subendo le maggiori pressioni e le notizie di ingenti perdite per l’AFU continuano ad aumentare.

Riportiamo il testo – La parte meridionale di Urozhayne continua a rimanere sotto il controllo delle Forze Armate russe e i combattimenti per il villaggio continuano. Il nemico è riuscito a entrare nella parte settentrionale del villaggio e a guadagnare un punto d’appoggio al confine con la parte centrale, dove c’erano ancora almeno un po’ di case “vive”. Le nostre forze si sono ritirate nella parte centro-meridionale del villaggio (informazioni ricevute questa mattina da partecipanti diretti ai combattimenti).Ieri, una colonna di aneto che si muoveva verso la fattoria statale “Ottobre” è stata ben sventrata, l’evacuazione dei feriti nella parte settentrionale del villaggio è stata interrotta e 3 carri armati sono stati messi fuori uso.
Ecco un filmato di una colonna d’assalto di blindati ucraini che si avvicina a Urozhayne e viene fatta saltare in aria:

In un’altra relazione avevo accennato a come l’Ucraina ami usare il noto trucco del whataboutism per nascondere il fatto che sta subendo perdite enormemente sproporzionate. Quando la Russia avanza, si dice che la Russia sta perdendo molti più uomini mentre l’AFU cede un po’ di terreno, il che è falso. Tuttavia, quando le fonti russe usano questa affermazione, essa viene ora messa in una luce dubbia perché il seguace medio del conflitto è stanco di sentire entrambe le parti usare questa affermazione e assume psicologicamente la posizione neutrale che questo deve essere il caso per entrambe le parti a seconda di chi sta avanzando.

Ma ora abbiamo visto, grazie all’assoluto torrente di nuove informazioni provenienti da ogni possibile angolazione – che si tratti di ricercatori cimiteriali, del già citato articolo del NYTimes con la bomba dei 150.000 morti, di infiniti resoconti aneddotici degli stessi soldati dell’AFU, eccetera – che l’Ucraina è quella che sta subendo perdite senza precedenti, mentre per la Russia accade il contrario; ogni volta che arriva una nuova “rivelazione”, come nella forma dei numeri del VDV che ho fornito all’inizio, finisce per convalidare il fatto che la Russia ha subito molte meno perdite di quanto molti erano portati a credere.

Il punto è che non bisogna farsi prendere da questa falsa equivalenza che i sostenitori degli UA usano deliberatamente come espediente. Il fatto è che l’AFU sta gettando tutto quello che ha in queste ultime settimane di assalti perché sa che la sua esistenza è a rischio e se non cattura qualche grande obiettivo simbolico o non ottiene qualche vittoria trionfale, tutto potrebbe finire entro la fine di quest’anno. Per intenderci:

Nel frattempo, la Russia continua ad avanzare nel nord e ha conquistato decine di posizioni ucraine. Tanto che l’Ucraina ha ordinato l’evacuazione su larga scala dell’area di Kupyansk e per la prima volta si sentono le cannonate dal centro di Kupyansk:

I resoconti delle unità AFU nel nord riportano un flusso costante di allarmi:

Quindi questo tema generale è quello che continuerà a svilupparsi nel prossimo futuro. La Russia continuerà ad avanzare lentamente a Kupyansk e a logorare l’AFU nelle gole della kill zone della regione di Vremevske. La Russia avanza con intelligenza e pazienza, conservando la sua forza lavoro senza subire grandi perdite, mentre l’Ucraina avanza con “assalti di carne” perché deve farlo e perché è schiavizzata da Zelensky per mostrare qualche risultato prima che scada il timer.

È uno dei motivi per cui mi sono trattenuto dallo scrivere un nuovo Sitrep più a lungo del solito, perché per ora le cose si sono evolute in una sorta di prevedibile e pedante periodo di stasi. Molti sviluppi sono un po’ superflui. Il potenziale offensivo dell’Ucraina si è esaurito ed è in grado di lanciare solo assalti di carne di piccole unità, mentre la Russia, al contrario, non ritiene che il tempo sia ancora favorevole per una sua grande offensiva.

Un corrispondente in prima linea riferisce:

⚡️⚡️⚡️Distinctive nelle battaglie in direzione di Kupyansk è una tattica completamente diversa di condurre un’offensiva rispetto a prima. E per essere precisi, ha semplicemente iniziato a essere eseguita almeno vicino alle istruzioni tattiche. Si nota la precisione degli attacchi aerei e dell’artiglieria a razzo su obiettivi identificati, il che potrebbe indicare che la nostra intelligence ha raggiunto un livello qualitativamente nuovo. Nella maggior parte dei casi, le squadre d’assalto passano all’offensiva dopo aver effettuato attacchi precisi sulle posizioni nemiche. Le intercettazioni radio confermano che il nemico subisce pesanti perdite proprio dalla nostra artiglieria e dall’aviazione.Si registra anche un aumento del livello di controllabilità generale delle truppe, che indica un miglioramento della qualità delle comunicazioni.Tutto ciò non significa un cambiamento fondamentale nella situazione delle truppe, ma di certo i progressi in meglio sono già evidenti.Come esempio, posso citare il fatto che per la prima volta in tutta la guerra ho incontrato un’unità in cui, alla domanda “di cosa avete bisogno?”, mi è stato risposto “abbiamo tutto”. Allo stesso tempo, a rispondere non sono stati ufficiali e comandanti di alto livello, ma normali aerei d’attacco e i loro comandanti più giovani.Questo mi fa happy⚡️⚡️⚡️
Un’ultima nota su quando la Russia potrebbe lanciare la propria offensiva. Qualcuno ricorderà che tempo fa ho scritto di cosa serve per lanciare un’offensiva e di come funziona la pianificazione di un’offensiva. L’idea principale è che i pianificatori militari stanziano una determinata quantità di materiale, munizioni, ecc. per un determinato periodo, utilizzando calcoli precisi di ciò che prevedono di spendere, come i proiettili da 152 mm.

Nel caso della Russia, sappiamo che alla fine dell’anno scorso ha toccato il fondo ed è entrata in modalità di conservazione. Ciò è dovuto alle spese massicce dello scorso autunno, a cui si è fatto riferimento in precedenza nel commento citato sul fatto che i comandanti usavano “i kalibr come fionde”, e da cui è nata la leggenda dei “60.000 proiettili al giorno”.

Sappiamo che la Russia probabilmente ora usa circa 10-20.000 proiettili al giorno, cioè 300-600.000 al mese. Tuttavia, sappiamo anche che il loro tasso di produzione mensile si aggira intorno ai 250-400k, più o meno. Per amor di discussione, supponiamo che, a meno di alti picchi anomali, la media delle conchiglie sia di 10k o meno al giorno. Come si può notare, il margine per la quantità di scorte mensili che si accumulano come avanzo delle spese è piuttosto ridotto. Questo significa che ci vuole molto tempo per costruire una scorta di granate che possa essere utilizzata in un periodo di alta intensità per un’offensiva.

Diciamo che per un’offensiva di 1 mese, i pianificatori vogliono sparare almeno 60k granate al giorno. 60k x 30 = 1,8 milioni di proiettili. Questo è quanto dovrebbero immagazzinare per un’offensiva di questo tipo. Queste sono ipotesi, ma il mio punto di vista è che se stanno accumulando solo, diciamo, 10-20k in più al mese, allora si può capire come potrebbe essere necessario un tempo molto lungo per accumulare abbastanza per essere in grado di effettuare un periodo di offensiva ad alta intensità con un’elevata produzione offensiva.

Possiamo solo sperare che la loro produzione di granate abbia raggiunto livelli ancora più alti di quanto pensiamo, in modo da poter portare un’offensiva prima. Recentemente, uno dei funzionari della difesa ha dichiarato che la produzione di munizioni russe è aumentata di 20 volte. All’inizio può sembrare un’affermazione estrema, ma in realtà è molto realistica, anche se non sufficiente. Ecco perché:

Sappiamo che gli Stati Uniti producono 14.000 proiettili al mese e che la maggior parte delle nazioni sviluppate del “1° mondo” ne producono ancora meno, o comunque intorno a quella cifra, semplicemente perché non c’è assolutamente bisogno di produrne di più in tempo di pace, dato che non c’è richiesta di sparare così tanto. Quindi, la Russia avrebbe potuto produrre numeri simili in tempo di pace.

Quindi, per ipotesi, diciamo che in precedenza la Russia produceva 14k al mese, ma ora sappiamo che ne produce circa 300k o più. Beh, 14k x 20 = 280k. Quindi sì, la Russia ha probabilmente aumentato la sua produzione di 20 volte, ma come potete vedere è ancora molto bassa in termini ideali. 300k al mese sono meno di 4M all’anno e permettono di sparare al massimo 10k proiettili al giorno. Per poter sparare 60k proiettili come prima, la Russia dovrebbe produrre ben 1.800.000 proiettili al mese (60k al giorno x 30 giorni = 1,8M). Ciò equivale a circa 22 milioni all’anno.

Quanti proiettili produceva l’URSS all’anno durante la Seconda Guerra Mondiale? 100 milioni.


Articoli vari
Passiamo agli aggiornamenti vari.

La Russia continua a colpire grandi punti di schieramento. Un hotel per mercenari chiamato Reikartz è stato colpito a Zaporozhye giorni fa. Alcune fonti hanno parlato di ~45 morti e ~70 feriti, mentre un’altra ha parlato di oltre 100 morti. Nulla è confermato, a parte i video del colpo preciso qui e qui.

La Russia ha anche inviato un messaggio alla Turchia bombardando la fabbrica ucraina Motor Sich che costruisce motori turchi:

ANKARA, Turkey — Russia was sending a clear message to Turkey when it bombed Ukrainian business Motor Sich, which makes engines for Turkish aircraft, analysts have told Defense News.

The Aug. 6 missile and drone attack across Ukraine killed six people, Kyiv officials said. Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy said the Zaporizhzhia-based facilities of Motor Sich, which his government took over in November, also came under attack.

Anche la Germania, che vanta piani per la costruzione di un impianto di carri armati nell’Ucraina occidentale, ha ricevuto una notifica ufficiale con questo sciopero.

La Russia continua inoltre ad applicare in modo aggressivo la fine dell’accordo sul grano, controllando tutte le navi in arrivo per verificare il potenziale contrabbando di armi. Un incidente di ieri ha evidenziato le disperate bugie che l’Ucraina sforna quotidianamente.

È stato riferito che la marina russa ha sparato colpi di avvertimento a una nave diretta al porto di Izmail quando questa si è rifiutata di fermarsi o di rispondere agli avvertimenti russi. La Russia ha dichiarato di averla abbordata con la forza, ma l’Ucraina ha rilasciato una dichiarazione in cui nega tutto ciò e afferma che la Russia si è inventata tutto. Ecco i dettagli:

🇷🇺🚢🇵🇼🇺🇦 Il Ministero della Difesa russo riferisce che il 13 agosto, intorno alle 6:40 del mattino, nella parte sud-occidentale del Mar Nero, il pattugliatore “Vasily Bykov” della Flotta del Mar Nero ha individuato la nave da carico “Sukra Okan” battente bandiera di Palau, che era in rotta verso il porto ucraino di Izmail. Alla richiesta di fermarsi per un’ispezione sul trasporto di merci vietate, il capitano del cargo non ha risposto. Per fermare la nave con la forza, è stato sparato un colpo di avvertimento dalle armi automatiche di una nave da guerra russa. Allo scopo di ispezionare la nave da carico, un elicottero Ka-29 con un gruppo di militari russi è stato lanciato dalla nave di pattuglia “Vasily Bykov”. Dopo le trattative via radio, la nave si è fermata e la squadra di ispezione è sbarcata sulla nave da carico. Dopo aver completato il lavoro della squadra di ispezione a bordo della “Sukra Okan”, la nave ha ripreso il suo movimento verso il porto di Izmail. Le navi della Flotta del Mar Nero continuano a pattugliare le aree loro assegnate.
Ed ecco la risibile smentita dell’Ucraina:

“Non c’è stato nessun elicottero e nessun colpo di avvertimento”, né alcuna ispezione, sostengono. Ma ecco che la marina russa ha pubblicato un video che mostra un Ka-29 che deposita una squadra di abbordaggio che ispeziona la nave:

⚡️⚡️⚡️Meanwhile, la Rete ha filmato il lavoro del gruppo di ispezione della Marina russa, che questa mattina è sbarcato sulla nave cargo “Sukra Okan” nel Mar Nero.⚡️⚡️⚡️And ucraini hanno scritto in mattinata che non c’è stata alcuna ispezione.
Le bugie dell’Ucraina sono state smascherate ancora una volta.

Il prossimo:

Molti mi hanno chiesto come l’Ucraina continui a usare gli Storm Shadows sui Su-24, cosa che ho fatto, ma ho pensato di condividere questo nuovo rapporto della tedesca BILD che descrive in dettaglio alcuni degli sforzi compiuti:

L’Ucraina ha convertito strade in piste per aumentare il numero di basi aeree e ha potenziato 10 Su-24 per gli attacchi missilistici, – Bild▪️Last settimana, Zelenskiy ha visitato una base aerea segreta nell’Ucraina occidentale, di cui non si conoscono né il nome né l’ubicazione. Da queste basi decollano aerei dell’Aeronautica delle Forze Armate dell’Ucraina con missili a lungo raggio Storm Shadow e Scalp.▪️Russia cerca di colpire queste basi aeree. Da diverse settimane le Forze Armate della RF attaccano i campi d’aviazione dell’Ucraina occidentale in cui potrebbero trovarsi dei Su-24. Ad esempio, sotto Starokonstantinov”. La Russia lancia il 90% dei suoi missili da crociera e balistici nelle basi in cui si trovano questi aerei”, ha dichiarato l’esperto militare Thomas Tayner alla Bild.▪️According Secondo i media, questo non è possibile perché le Forze armate ucraine spostano i Su-24 con i missili occidentali da una base all’altra ogni 24 ore. Per fare questo, hanno ripristinato tutti i campi d’aviazione dei tempi dell’URSS e in alcuni luoghi hanno convertito le strade in piste. I più preziosi sistemi di difesa aerea occidentali Patriot e Iris-T sono utilizzati per proteggere le basi aeree, scrive Bild.
E a proposito di Storm Shadows, la Russia continua ad abbatterli. Eccone un altro abbattuto dal Pantsir-S1 e i suoi resti ritrovati sul campo:

È interessante notare che è trapelata una nuova foto che mostra un Su-24 ucraino in procinto di lanciare uno Storm Shadow:

La cosa più importante è che rivela a quale bassa quota sganciano i missili. Alcuni ricorderanno i miei lunghi articoli su questo argomento e sui pro e i contro dell’altitudine, ma questo conferma che i piloti degli Emirati Arabi Uniti non osano avvicinarsi al raggio d’azione dell’AD russo.

Il prossimo:

Parlando di aerei, dato che in passato molti mi hanno chiesto i numeri della produzione, un nuovo dato che è stato rilasciato mostra quanti elicotteri ha prodotto la Russia:

La holding Russian Helicopters, che fa parte dell’azienda di Stato, ha recentemente aumentato in modo significativo la produzione di velivoli rotanti: nel 2022 è stato prodotto il doppio degli elicotteri rispetto all’anno precedente. Se nel 2021 Russian Helicopters ha consegnato al Ministero della Difesa 134 elicotteri militari di vari modelli, nel 2022 il loro numero è salito a 296 unità.Non ci sono dati per quest’anno, ma dobbiamo aspettarci che superino in modo significativo le cifre dell’anno scorso.NOTA: 296 elicotteri includono elicotteri civili e da esportazione.Secondo alcuni analisti, sono stati consegnati al Ministero della Difesa (nel 2022) 111 elicotteri.
Quindi, prima della guerra del 2021, sono stati consegnati in totale 134 elicotteri militari. Nel 2022 il totale è salito a 296, compresi i modelli civili. Di questi, 111 erano militari e il dato che ho visto è che circa 20 di essi erano Ka-52, il che significa che possiamo aspettarci un numero simile di M-28, più o meno.

Ma poiché si dice che le cifre del 2023 siano ancora più alte, il totale per l’anno dovrebbe essere minimo 1,5x – 2x, il che significa che quest’anno dovrebbero essere prodotti 30-40 Ka-52. Lo dico solo perché un altro Ka-52 è stato appena abbattuto e i titoli dei giornali occidentali hanno sbandierato l’affermazione che finora ne sono stati distrutti 40 in totale nella SMO.

Ma ~20 prodotti nel 2022 e altri 30-40 nel 2023 significano che i 40 presunti distrutti saranno stati tutti recuperati.

Ecco un nuovo interessante segmento con un corrispondente russo che ha seguito le squadre di soccorso che di norma accompagnano tutte le missioni d’attacco dei Ka-52, nel caso in cui un uccello precipiti. Ci sono alcune grandi riprese e approfondimenti:

Il prossimo:

Il Presidente polacco Duda ha sorpreso molti pronunciando la parte silenziosa ad alta voce:

Molti ora lo deridono per aver sostanzialmente insinuato che le vite degli ucraini sono a basso costo rispetto a quelle degli americani:

Questo non fa altro che imitare molte dichiarazioni passate di funzionari occidentali dello stesso orientamento. L’idea è piuttosto comune in Occidente:

Si noti come trattano gli ucraini come un mero ripensamento dei loro obiettivi strategici. “Ehi, è uno sforzo a basso costo per noi… beh, forse non per gli ucraini, ma chi se ne frega di loro!”. Un’ulteriore prova del fatto che l’Occidente sta usando i soldati ucraini come semplice carne da macello nel tentativo di dissanguare la Russia. Ma questo lo sapevate già, vero?

Il prossimo:

È trapelata una notizia interessante, che sostiene la presenza di documenti ospedalieri ufficiali di una clinica tedesca che dimostrano che Kyrylo Budanov, il capo dell’SBU, ha effettivamente subito una grave ferita alla testa durante l’attacco di mesi fa, per la quale è stato curato in una clinica tedesca:

🇩🇪🇺🇦 GUR Kirill Budanov ha rifiutato le cure contro il parere di un medico.Secondo questo documento, ottenuto da RT dall’ospedale tedesco.La notizia del ferimento del capo del GUR dell’Ucraina è apparsa alla fine di maggio. Secondo i media, egli è stato ferito in un attacco missilistico ed è stato curato in Germania.☝️ documento sembra confermare
Ecco la versione originale in tedesco per chi fosse interessato a verificarne l’autenticità:

Si ricorderà che dopo essere “scomparso” in seguito all’attacco russo alla sede dell’SBU, è riapparso settimane dopo con la testa stranamente rasata, il che implica una possibile operazione di emorragia cranio-cerebrale di qualche tipo.

Il prossimo:

Nuove foto satellitari mostrano l’enorme portata della base di Wagner in espansione in Bielorussia:

Il prossimo:

In una nuova esposizione dell’esercito russo, quasi tutti i prodotti sono ora dotati di una gabbia anti-drone, a dimostrazione di quanto i piccoli droni FPV siano diventati una minaccia intrattabile per entrambe le parti:

Dimostra anche la rapidità con cui l’esercito russo continua ad adattarsi al volo. L’esercito americano, gonfio dal punto di vista amministrativo, potrebbe fare lo stesso? Forse.

A proposito, il MIC statunitense sta cercando disperatamente di adattarsi a tutte le nuove tattiche che sta imparando attraverso l’SMO. Una serie di nuovi articoli afferma che gli Stati Uniti sono rimasti gravemente indietro nella guerra elettronica e stanno lavorando duramente per cercare di recuperare sul campo di battaglia moderno:

“Quello che stiamo vedendo in Ucraina aumenta l’urgenza di farli partire”, ha detto.

Ora è una gara globale per tutte le grandi potenze per mitigare il più possibile la crescente minaccia dei droni.

A questo proposito, il Wallstreet Journal scrive che le aziende americane stanno ritirando i loro droni dall’Ucraina perché il loro costo è semplicemente impraticabile da produrre “su scala”:

🇺🇸🇺🇦American I droni non sono adatti alla guerra in Ucraina, – WSJ▪️Former L’ufficiale dei servizi segreti della Marina statunitense Austin Gray, che attualmente lavora per un’azienda produttrice di droni, ha analizzato la situazione dei droni americani in Ucraina.▪️US Le aziende hanno smesso di testare i loro droni in Ucraina. Le condizioni per il normale funzionamento degli UAV americani sono troppo difficili in quel Paese.▪️The Stati Uniti non producono in massa UAV d’attacco usa e getta a basso costo, necessari alle Forze Armate dell’Ucraina.
A proposito di tecnologia, la scorsa settimana la Russia ha lanciato con successo un altro potente satellite di ricognizione dal cosmodromo di Plesetsk:

Si dice che sia il 10° lancio del Ministero della Difesa quest’anno, il che dimostra la rapidità con cui la Russia sta producendo satelliti militari seri per rafforzare le sue capacità di ISR spaziale. Non si sa di che tipo di satellite si trattasse esattamente, in quanto classificato, ma alcuni sospettano che si trattasse di un altro Kondor-FKA con a bordo il SAR (Synthetic Aperture Radar).

Solo pochi giorni dopo, il 10 agosto, la Russia ha lanciato il lander lunare Luna-25 dal cosmodromo di Vostochny, il primo lander lunare russo in 45 anni e un grande ritorno al prestigio e alla gloria della superpotenza:

Se tutto va bene, dovrebbe toccare la superficie lunare intorno al 21 agosto. Questo apre la strada a una missione lunare con equipaggio per stabilire una base permanente che la Russia aveva previsto per il 2030 circa. Se tutto andrà bene, si tratterà di un grande ritorno della gloria spaziale russa, dato che le ultime due precedenti sonde interplanetarie tentate dalla Russia negli ultimi 30 anni sono entrambe fallite. Nel 1996, una sonda russa su Marte è fallita e nel 2012 è fallita anche la sonda Fobos-Grunt su una luna marziana.

È interessante notare che anche l’India ha una sonda che toccherà la Luna pochi giorni dopo, a fine agosto: sembra una gara che la Russia era intenzionata a vincere.

Il prossimo:

Altri due video della CNN estremamente nervosa, costretta ad ammettere che i carri armati Abrams non faranno la differenza e ad equivocare in generale:

Si noti in particolare come nel primo video egli affermi che l’Abrams “non può fare nulla di molto diverso” dai carri armati russi standard. Perché allora tutto questo clamore?

Infine, una settimana fa l’Ucraina ha colpito con droni navali una nave da sbarco russa e una petroliera civile. Un nuovo filmato della petroliera ci dà il primo vero sguardo al tipo di danno che questi droni infliggono agli scafi delle navi:

Ma la cosa ancora più interessante è che la nave da sbarco russa Olenegorsky Gornyak è stata trasferita con successo in un bacino di carenaggio per le riparazioni, ed è emersa la prima foto dei suoi danni:

 

Sarò sincero: ho trovato strano che molte persone nell’ambito filorusso abbiano deriso questa foto, definendola inaspettatamente minuscola, come per salvare la faccia. Anche se è vero che le autorità navali russe hanno dichiarato che avrebbero risolto il problema molto rapidamente, a me il buco sembra assolutamente enorme. Questi droni navali fanno molti più danni e quindi sono molto più pericolosi di quanto immaginassi.

Infine, dopo l’ultima ondata di questi attacchi con i droni, mi fa pensare sempre di più che la Moskva sia stata colpita in questo modo. Avrebbe perfettamente senso se si trattasse di un momento in cui l’Ucraina non aveva ancora stabilito la sua minaccia navale con i droni, e quindi la Russia probabilmente non ne era a conoscenza e non la prendeva sul serio come oggi. L’Ucraina avrebbe quindi insabbiato l’accaduto, attribuendolo ai missili Neptune, nel tentativo di mantenere segreto il programma per poter cogliere di sorpresa altre navi russe. Ricordiamo che è stato colpito durante un mare in tempesta, rendendo probabilmente il drone ancora più difficile da individuare visivamente.

Infine, vi lascio con questa citazione di Medvedev, che ha celebrato l’anniversario della “guerra dei 5 giorni” con la Georgia in questo modo:

🇷🇺⚔️🏁 Dmitry Medvedev sul suo canale Telegram: “Esattamente 15 anni fa, la Russia ha risposto con decisione al vile attacco a Tskhinvali, opponendo una forte resistenza all’aggressore. Dietro il folle Saakashvili si trovava l’Occidente collettivo, che già allora cercava di destabilizzare la situazione in prossimità dei confini russi. Le nostre Forze Armate hanno punito con rapidità e fermezza gli arroganti nazionalisti in soli cinque giorni. Abbiamo difeso dal nemico il nostro popolo che viveva in Abkhazia e in Ossezia del Sud e abbiamo dato ai nuovi Stati la possibilità di svilupparsi con il sostegno della Russia. Oggi, ancora una volta, stanno conducendo una guerra criminale per procura, cercando di cancellare la Russia dalla faccia della Terra. L’intero sistema NATO sta praticamente combattendo apertamente contro di noi. Abbiamo forze sufficienti per affrontare tutti gli obiettivi di un’operazione militare speciale. Come nell’agosto 2008, i nostri nemici saranno schiacciati e la Russia raggiungerà la pace alle sue condizioni. La vittoria sarà nostra!”.

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