Mario Draghi, la parabola di un funzionario diligente e imperterrito_di Giuseppe Germinario

Per la prima volta mi è capitato di vedere Mario Draghi sorridente e rilassato.

L’eterno ghigno obliquo che segna il suo viso nei momenti solenni e in quelli più informali quasi del tutto raddrizzato; il viso pacioso e morbido; il passo non più lievemente strascicato, ma sciolto, persino nell’atto di scendere l’impervia scaletta di un aereo; l’abbigliamento composto ma informale, illuminato di bianco.

L’espressione del classico atteggiamento e senso di sicurezza di chi si sente finalmente a casa propria, protetto dalle mura domestiche e da un ambiente familiare da poter calpestare ad occhi chiusi.

Un’alea simile l’aveva mostrata al momento di offrire le proprie dimissioni irrevocabili al Senato. Non era, però, esattamente la stessa. Allora la giovialità era accompagnata da un senso di sollievo. L’altro giorno no; era serenità paciosa ed assoluta.

Mario Draghi non era giunto, però, nel suo rifugio in Umbria; era arrivato a New York con il sovrappiù, per giunta, dei fusi orari.

Con ogni evidenza era giunto in effetti a casa sua, nella sua vera casa.

Non poteva arrivarci come padrone di casa; per meglio dire come uno dei padroni di casa.

I quotidiani italici avrebbero voluto con tutto il cuore presentarlo così; nemmeno loro, però, cosi proni e adulanti, ci sono pienamente riusciti. Hanno sottolineato con enfasi le laudi e i riconoscimenti offerti solennemente e stucchevolmente da potenti lucidi, ma decisamente attempati; hanno enfatizzato il sostegno scontato e bonario, si direbbe paterno, di una amministrazione e di un Presidente, Biden, decadenti e decomposti; hanno precisato però con sufficienza la difficoltà di ottenere un formale incontro bilaterale, richiesto con cauta insistenza, che sancisca la solennità del riconoscimento alla persona; hanno persino premurosamente glissato sull’accoglienza piuttosto freddina ed indifferente all’assemblea dell’ONU riservata al nostro SuperMario, consistita in un malinconico deserto di sedie vuote. A confronto, l’accoglienza riservata al Presidente della Mongolia, paese incuneato tra Russia e Cina, ma sgomitante, è sembrata una apoteosi.

Una accoglienza solitamente riservata, quindi, quella a Mario Draghi, con fare benevolo e paterno, ma senza inutile spreco di energie e pathos, ai servitori utili, ma non indispensabili, ormai sulla via del tramonto.

Eppure a Mario Draghi quel tiepido calore, quella ospitalità nelle stanze di servizio sono bastati a infondergli serenità gioviale. Buon per lui e per il suo equilibrio psicologico; rammentando, però, che anche le oche giulive raggiungono così il loro equilibrio, a scapito però della considerazione che nel tempo i contemporanei ed i posteri avranno maturato nei loro confronti. Il fìo da pagare anche sull’offuscamento della sua aura efficientista, costruita i tre decenni, sarà salato, ma con ogni evidenza anch’esso sopportabile.

Il raffronto dei due discorsi all’assemblea generale dell’ONU tenuti dai due leader, rispettivamente Joe Biden e Mario Draghi, è impietoso e non fa che confermare la reale postura e statura del nostro.

Zio Joe, pur con tutte le nebbie che ormai da tempo attraversano il suo cervello, ha seguito a suo modo nella sua prolusione un filo arguto e proattivo, da vero decisore politico.

Ha cercato di insinuarsi nelle reali contraddizioni delle politiche estere di Russia e Cina, in particolare nella natura dei loro impegni economici, offrendo comunque ad una il ruolo di paria e all’altra di interlocutore ostile; ha cercato di incrinare con argomenti il sodalizio crescente tra i due paesi e di proporsi come paladino ed artefice della emancipazione dei restanti paesi nel mondo. Bontà sua, senza costrizioni e per libera scelta degli stessi e in competizione bonaria con gli altri giganti emergenti, quasi a riconoscere finalmente ed implicitamente il carattere multipolare della competizione geopolitica; si è erto a paladino del diritto internazionale e della sovranità intangibile degli stati nonché delle condizioni di vita e di lavoro.

Per rendere minimamente credibile le sue tesi, si è presentato come l’artefice di una svolta radicale rispetto alle politiche dei precedenti presidenti americani.

L’asino ha cominciato a cascare nel momento in cui Joe Biden è entrato nel merito.

Quando ha riproposto le politiche agricole e le tecnologie delle multinazionali agroalimentari, utili all’agricoltura intensiva necessaria a sollevare il mondo dalla fame, come pure al controllo e alla servitù delle masse contadine; quando ha “offerto” le proprie tecnologie e i propri parametri nell’affrontare il cambiamento climatico; quando si è offerto a garante della libertà di circolazione sui mari.

Buone intenzioni, condite con numerose bugie ed omissioni, che soffrono del retaggio del passato e del ritardo rispetto all’attivismo di Cina, Russia ed ormai anche India; fini reconditi che riaffiorano inesorabilmente grazie al disincanto e alla memoria degli oggetti di attenzione.

SuperMario è apparso al contrario nella veste di un ventriloquo dalla voce atona col cipiglio di un leone tramortito da ore di abbiocco sotto il sole cocente della savana. Non ha fatto altro che riproporre pedissequamente con piaggeria indirizzi e motivazioni della Casa Madre, in particolare sul conflitto ucraino, sorvolando con indifferenza sulle implicazioni disastrose di tali scelte per il paese che governa e per il continente che lo ospita.

Mario Draghi è stato invocato ed acclamato a capo di governo in quanto tecnocrate capace e competente ed uomo influente e di successo in grado di trascinare l’Italia in una postura e ruolo da protagonista.

Ha in effetti confermato la sua capacità e la sua influenza in un particolare ambito, la sua pochezza nell’altro.

In qualità di plenipotenziario, per meglio dire di luogotenente, ha contribuito a trascinare una popolazione inconsapevole delle implicazioni suicide ed una classe dirigente priva di ogni respiro strategico autonomo al carro delle scelte geopolitiche di una fazione dell’establishment statunitense; ha vigilato coscienziosamente sulle possibili intemperanze e riottosità degli alleati europei nei confronti delle scelte americane; con il PNRR e il suo corollario di leggi e norme ha contribuito attivamente a stringere ulteriormente al collo del paese il cappio dei vincoli e delle limitazioni in grado di pregiudicare per lunghi anni ogni possibilità di crescita e sviluppo autonomo e solido.

Su questo può vantare un più che discreto successo personale.

Come Capo del Governo ha operato nella pressoché completa vacuità e continuità, perfettamente in linea con i governi che lo hanno preceduto in questi trenta anni. Una vacuità la cui percezione delle tragiche conseguenze aleggia ormai con inquietudine nei corridoi e nelle strade, ma che diventerà evidente solo quando il nostro starà veleggiando in lidi più sicuri che tempestivamente sta individuando.

Con la eccezione della campagna vaccinale, efficace nelle modalità, molto meno nella risoluzione dei problemi, ha gestito in perfetta continuità l’emergenza pandemica, ingarbugliando un problema oggettivo in un groviglio di provvedimenti estemporanei, contraddittori e draconiani più confacenti ad una strumentalizzazione politica e ad una logica totalitaria di controllo che ad una gestione flessibile e ferrea, ma risolutiva o almeno contenutiva della crisi pandemica. Il risultato più evidente è stata la parziale defenestrazione della quota dalemiana di tecnici a corte con una dalle capacità simil dubbie.

Sul PNRR la strada è appena tracciata; una volta però esaurito l’effetto elementare del moltiplicatore keinesiano legato alla messa in opera degli investimenti, sempre che siano conclusi, emergerà la marginalità del moltiplicatore legato alla fase operativa delle strutture attuate. Del PNRR e più in generale dei Fondi Strutturali Europei ci siamo occupati in tre articoli di diversi mesi fa, confortati dal giudizio di una discreta letteratura europea cui risulta estranea il nostro paese. Non serve, quindi, dilungarsi più di tanto. Il dato politico ricalcherà le dinamiche e gli esiti del passato in assenza di una mole analoga di risorse nazionali, svincolate dalle normative europee e legate al perseguimento dell’interesse nazionale volto alla creazione e controllo di una capacità industriale strategica autonoma. Il recente decreto sui poteri speciali non deve ingannare. E’ rivolto a fronteggiare le mire e le collaborazioni con i paesi dichiarati ostili e tuttalpiù a parare qualche colpo troppo spregiudicato dei nostri fratelli, vicini di casa; non intende essere decisa rispetto alla capacità di controllo ed acquisizione dei fondi americani, quanto esserne compartecipi subordinati. In termini di controllo politico, il risultato certo sarà la ennesima sovrapposizione di un ulteriore apparato amministrativo, rispetto alla pletorica rete burocratica e al disordine istituzionale attualmente in atto.

Sul cambiamento climatico e sul catastrofismo ambientale il giudizio segue la falsariga. Nessuna riflessione sul realismo e la realizzabilità del piano di conversione energetica, sulle implicazioni sul residuo apparato industriae nazionale e sulla capacità di produzione e padroneggiamento delle nuove tecnologie. Uno sterile allarme sul catastrofismo ambientale di origine più o meno antropica che impedisce di agire localmente sulle cause e sugli effetti e di cogliere il nesso tra il popolamento delle aree e la loro possibilità di manutenzione e di coltivazione, riducendo di fatto i disastri a tragedie ineluttabili e il problema ambientale ad una saturazione di attività, quindi ad una necessaria ed implicita decrescita.

Superfluo, al momento, parlare del prossimo disastroso dissesto economico legato alle politiche energetiche e alla accettazione supina delle attuali e future politiche sanzionatorie. La speranza recondita sarà di farlo apparire con il tempo una fatalità.

La smentita più clamorosa delle qualità taumaturgiche di Supermario è avvenuta proprio sul suo presunto punto di forza: il ruolo, la dignità e il rispetto dell’Italia all’interno della Unione Europea. Il recente accordo bilaterale tra Francia e Germania sugli scambi energetici rappresenta soltanto la ciliegina sulla torta. Un ruolo lo avrà certamente avuto la considerazione sempre più scarsa degli dirigenza degli Stati Uniti sulla utilità residua della costruzione unitaria europea e sul ruolo di capocordata assunto sino ad ora dalla Germania. La crescente importanza attribuita ai paesi dell’Europa Orientale nel ruolo guida della politica russofoba rappresenta l’esempio più tangibile di questa svolta strisciante; la qualità di emissario diretto degli Stati Uniti espressa da Mario Draghi ha certamente spinto, appena possibile, i due leader tedesco e francese, a spingere ulteriormente nell’angolo l’Italia.

L’elenco potrebbe arricchirsi di ulteriori elementi. Se ne parlerà nel tempo, appena saranno più evidenti le conseguenze di tali scelte. Servirà quantomeno a ravvivare la memoria troppo corta degli italiani riguardo ad un personaggio attivo in qualche maniera da quaranta anni nell’agone politico italiano e corresponsabile delle scelte che più hanno compromesso il futuro del nostro paese.

È utile, piuttosto, sottolineare un altro aspetto del personaggio.

Dalla contestazione Mario Draghi è stato spesso inserito nel nutrito pantheon liberal-progressista, un po’ snob e particolarmente scettico sulla capacità degli italiani di fare le scelte politiche giuste senza l’impulso e l’intervento esterno. Personaggi, per fare qualche nome, del calibro di Andreatta, Prodi, Letta, Ciampi, ma anche componenti di altri schieramenti.

Tutti personaggi con l’atteggiamento snobistico dei parvenu, desiderosi di riconoscimento all’estero e da questo soprattutto gratificati. Personaggi, tutto sommato, ancora italiani nella loro espressione e nei loro riferimenti, come potrebbe essere ancora un Mario Monti.

Mario Draghi è qualcosa di più e di diverso. Una mutazione definitiva di quella specie.

È un alieno piombato nel nostro universo, che appartiene e deve rendere conto ad un altro universo, senza brillare mai per altro di coraggio.

Come un paese, un popolo, una classe dirigente e un ceto politico abbia potuto accoglierlo senza per altro alcun accorgimento difensivo servirà a spiegare molto della condizione di immaturità politica del nostro paese e delle condizioni necessarie ad un suo risorgimento.

Al momento, il quadro politico desolante non fa che riprodurre sullo scenario suoi epigoni caricaturali destinati ad amministrare, con gaudio effimero, le macerie prodotte dai predecessori e a ritenere sufficiente a ciò il placet esterno.

Epigoni che serviranno ben poco, anche in caso di una svolta radicale favorevole negli Stati Uniti.

Giuseppe Conte e Matteo Salvini si sono fatti conoscere nel loro spessore durante l’epopea di Trump; il loro ritorno improbabile sarebbe un “déjà vu” stucchevole. Adesso toccherà ad altri. L’effetto sorpresa, come pure il momento di gloria, saranno ancora più effimeri.

Ogni ulteriore considerazione più approfondita sarà opportuna solo dopo il 26 settembre.

Questa volta lo stellone dovrà faticare parecchio per attraversare la coltre di nubi e trarre d’impaccio in qualche maniera il paese; sempre che non si sia spento discretamente, ahimè.

L’UCRAINA È IN MACERIE, MA LA UE RILANCIA L’ESCALATION, di Marco Giuliani

L’UCRAINA È IN MACERIE, MA LA UE RILANCIA L’ESCALATION

Nuovo massiccio invio di armi a Kiev. I russi soffrono, ma alla Von der Leyen non basta: “Zelensky deve vincere”. E l’Italia è ormai appaltata da Washington

La nuova, cervellotica campagna di guerra lanciata dalla sig.ra Ursula Von der Leyen sulla pelle degli ucraini, non lascia spiragli a una (eventuale) trattativa che possa condurre verso una tregua. Così, per la gioia di Blinken – al quale Draghi ha poche ore fa giurato fedeltà ribadendo, in sostanza, che l’Italia è un appalto della Nato – e per il riarmo di Zelensky, che è al riparo nel suo bunker di Kiev e continua a mandare in onda i suoi show televisivi, la UE dichiara ancora guerra a Mosca. «L’Ucraina vincerà», ha affermato la Presidente della Commissione europea a seguito di alcuni territori rioccupati da Kiev e da cui, per la verità, i militari russi hanno presumibilmente spostato le loro operazioni. Ipse dixit. Una Russia sconfitta sappiamo tutti che è un’evenienza che non potrà in alcun modo verificarsi, a meno di un ricorso all’arma nucleare e l’interessamento di paesi terzi. Europa che ha lasciato intendere, tra l’altro, di voler cacciare l’Ungheria di Orban perché non allineata al piano anti-Putin commissionato da Washington (la scusa dell’antiabortismo è una pagliacciata). Entriamo nel merito, riportando, come è nostro uso, fatti e riscontri.

La nuova escalation promossa dalla Casa Bianca, ratificata da Bruxelles e messa a punto dai singoli membri della UE (l’Italia, tanto per cambiare, è scattata sull’attenti), ha i suoi risvolti nei nuovi pacchetti di armi in partenza per Kiev e nella discriminante relativa alla messa al bando dall’Ungheria di Orban, rea di non seguire alla lettera le politiche militariste e sanzionatorie euroatlantiche. Per Budapest, si prospettano i tagli dei fondi del Pnrr e l’eventuale proposta di esclusione dall’unione, magari per lasciare spazio proprio all’Ucraina, che di diritti civili ha ancora molto da imparare. Ma veniamo al punto. Lascia un tantino perplessi, ancora una volta, la quasi totale inconsistenza di una iniziativa autonoma da parte dei singoli stati, a fronte di una situazione che va purtroppo peggiorando di giorno in giorno. La Germania si trova in difficoltà ed è oggetto di un crescente dissenso della sua opinione pubblica, con il quale dovrà prima o poi fare i conti; la Francia, salvo l’ipotesi di tagliare le forniture elettriche all’Italia per due anni, è tra i pochissimi superstiti a riuscire a confrontarsi (telefonicamente) ancora con Mosca, ma sembra piuttosto immobile e in balia degli eventi; abbiamo già detto di Draghi, per cui però bisogna apporre una postilla. Il 25 settembre in Italia ci saranno le elezioni, e ciò che si prospetta è solo un rimpasto che porterà a ricalcare in fotocopia la linea degli ultimi 6 mesi. Questa è la sensazione, nata da una serie di indizi derivati dai proclami e dalle politiche messe in atto dai partiti maggiori e dai loro consimili. L’ex Goldman Sachs ha soltanto preparato il terreno.

I movimenti di destra, centro e sinistra sono letteralmente appiattiti, salvo poche voci isolate, su posizioni che non fanno presagire un cambio di passo circa la diplomazia internazionale e le (enormi) difficoltà di undici milioni di italiani che Eurostat ha definito “in povertà”. Proprio in queste ore di campagna elettorale, infatti, stanno per essere inviati – si parla del decreto aiuti – altri settecento milioni di euro a Kiev, mentre nelle Marche si è verificata un’alluvione che ha messo in ginocchio interi paesi e località. Sarebbe curioso sapere quanto intende stanziare in merito il dimissionario governo, che evidentemente sembra di nuovo più concentrato su ciò che accade agli ucraini anziché ai suoi connazionali. Se queste sono le premesse, compreso l’acquisto di materiali energetici in ordine sparso (anche dall’Iran, dove poche ora fa è stata linciata un’altra ragazza perché con il velo in disordine), a prezzi maggiorati e non certo dalle più illuminate democrazie, l’autunno sarà sanguinoso. Ma tutto fa brodo, purché venga danneggiata Mosca. In questa maniera, ci si chiede, quale tipo di supporto potranno ricevere gli italiani di fronte alla dilatazione delle bollette, del caro-vita che non accenna a ridimensionarsi o di fronte all’aumento dei carburanti?

Ma stiano tutti tranquilli: il premier con valigie in mano, nel frattempo, tra economisti in doppiopetto e finanzieri ebrei con la kippah in grande sfoggio, si è guadagnato il World Statesman di New York, premio fedeltà ricevuto dai suoi padri putativi americani a seguito di iniziative partite dalla Casa Bianca e che lui si è solo limitato ad applicare. Per chi, come tanti commercianti, ha visto l’aumento della luce del 300% nel giro di poche settimane, magra, magrissima consolazione. Anzi, una vera e propria beffa. Ovviamente, in attesa degli ulteriori aumenti previsti a ottobre 2022.

 

MG

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

Mario Draghi premiato come “World Statesman a New York, agenzia di Aska News uscita il 20 settembre 2022–

Sky TG24, edizione del 30 agosto 2022 –

Televideo Rai del 18/09/2022, p. 150 –

www.agi.it, pagina del 17/09/2022 consultata il 20/09/2022 –

www.europa.today.it, pagina del 17/09/2022 consultata il 19/09/2022 –

www.adnkronos.com, pagina del 16/09/2022 consultata il 19/09/2022 –

 

Europa ad oriente! Cambiamenti e persistenze_con Francesco Dall’Aglio

I paesi dell’Europa Orientale sono il perno attraverso il quale gli Stati Uniti intendono trascinare l’intero subcontinente nelle loro avventure ed assogettarlo ulteriormente alle proprie strategie conflittuali nei confronti della Russia e della Cina. Il prezzo da pagare per i paesi europei è enorme, probabilmente insostenibile. La compromissione nella costruzione di dinamiche geopolitiche autonome più cooperative con la Russia ampiamente pregiudicata. In questo quadro il ruolo della Unione Europea assunto sino ad ora viene ampiamente ridimensionato nell’ambito dell’alleanza occidentale. L’istituzione rischia di diventare superflua e di ridursi ad un simulacro paralizzante. Con essa la stessa Germania è destinata a subire un ridimensionamento politico ed economico drammatico sino ad azzerare la rendita consentitale dalla passata centralità di affidataria. La partita, però, non è ancora chiusa. Dipenderà dall’esito del conflitto ucraino e dalle contraddizioni che una strategia così aggressiva sta aprendo all’interno del fronte occidentale. Ha iniziato l’Ungheria; la Bulgaria potrebbe seguire la stessa strada, come pure la Moldova; in Francia Macron mostra segni crescenti di difficoltà di tenuta; in Svezia il cammino si fa più incerto. In questo quadro grandi cambiamenti sono in corso in Europa Orientale, come pure emergono persistenze sedimentate in secoli di storia. Sono le tracce di cui discutiamo e che ci consentono di ponderare gli eventi e le possibili vie di uscita. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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VOTARE DA GRANDI, di Teodoro Klitsche de la Grange

VOTARE DA GRANDI

Tutti dicono di aver indovinato l’esito delle elezioni politiche: ed in effetti è altamente probabile che saranno vinte (taluno sostiene stravinte) dal centrodestra. Di per sé nulla di strano: dopo il decennio (abbondante) passato, avrebbe sorpreso il contrario.

Interessa notare come, in particolare nella comunicazione dei messaggi il duo Meloni-Salvini (un po’ distanziato Berlusconi) abbiano per così dire innovato i parametri, non solo i contenuti.

Spieghiamo un po’: tutti i partiti si differenziano per “contenuti”; chi vuole più libertà, chi più uguaglianza; chi più Europa, chi meno; chi più assistenza, chi meno spesa.

Tuttavia nel messaggio dei due leaders del centrodestra (la Meloni è ancor più esplicita) cambia, in ispecie rispetto al centrosinistra il parametro delle scelte proposte e, più in generale, dell’azione futura di governo: per i primi è l’interesse degli italiani, per gli altri (cosa consueta) la bontà delle scelte. Intendendo come “bontà” la corrispondenza a norme etiche e, in certa misura, anche giuridiche.

L’interesse nazionale e la “bontà” appartengono entrambi all’idea di Stato – e più in generale – di sintesi politica. Come non c’è Stato che non abbia l’idea Sdirettiva e la finalità di proteggere la comunità, così ha anche quello di realizzare certi valori etici e anche giuridici.

Da sempre, ma ancor più negli ultimi trent’anni, ha prevalso decisamente il richiamo a messaggi di elevato contenuto morale, a cui corrispondeva (e ad hoc) l’evidenziazione della deteriore caratura morale dell’avversario politico. La demonizzazione di Berlusconi (ma non solo) è stata emblematica. Come aver ha contribuito molto alla detronizzazione del Cavaliere ed alla intronizzazione di governi che degli interessi degli italiani se ne sono poco curati. Come è provato dai risultati.

Invece nella comunicazione del centro-destra l’accento non è tanto sull’appetibilità del programma (ovvio), quanto sul conseguimento di risultati positivi per l’interesse nazionale. Di per se questo è un ribaltamento, ma anche un segnale (se, come probabile, condiviso dalla maggioranza degli elettori) di maturazione politica; mentre l’inverso è sintomo d’ingenuità e, dato il contesto, di decadenza politica e culturale.

Il primo valuta in base a fatti e risultati: da Machiavelli (il XV capitolo del Principe) il realismo ha contrapposto alle “immaginazioni” la realtà dell’analisi dei fatti valutati razionalmente e in base ai risultati ottenuti. Mentre per il non-realista il problema è come conformare la realtà alla propria immaginazione. Hegel scriveva che tale metodo fa la testa gonfia di vento (cioè, diremmo oggi, di aria fritta).

E che non si tratti solo di vento, cioè di dabbenaggine ma di astuzia è dubbio costante: come scrive Machiavelli, prendendo ad esempio Alessandro IV, che il Principe non deve mantenere le promesse “quando tale observazione gli torni contro e che sono spente le coazioni che le fecero permettere” anche perché non mancano mai le giustificazioni per farlo: lo vuole l’Europa, c’è uno spread in arrivo, dobbiamo aiutare l’Ucraina, ecc. ecc. E dati i precedenti in tal senso, aspettatevi che i piddini lo ripetano.

La conseguenza di ciò è che nel pensiero politico realista chi si conforma all’ “immaginario” è un ingenuo; come Pier Soderini che nell’epigramma di Machiavelli  Minosse manda al “limbo con gli altri bambini”.

O Messer Nicia che collaborando, tutto contento, alla propria cornificazione “Quanto felice sia esser vede, chi è sciocco ed ogni cosa crede”. E Max Weber che considerava chi lo fa un bambino.

Per cui cambiare il parametro o almeno dar più valore ai fatti che alle aspirazioni, ai risultati più che alle intenzioni, significa maturare politicamente da bambino ad adulto. E se tale criterio si consoliderà, farà bene anche al centrosinistra stimolato a conseguire risultati e non a elaborare fantasie.

Perché in politica chi non fa l’interesse della comunità non è che fa del bene. Realizza un altro interesse: quello degli altri.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

La geopolitica delle riparazioni russo/sovietiche alla Polonia, Di Andrew Korybko

La questione delle riparazioni russo/sovietiche alla Polonia è guidata molto più dai grandi progetti strategici di Varsavia per far rivivere il suo ruolo a lungo perduto di Grande Potenza che dalla giustizia storica che sostiene ci sia dietro questa causa. È un mezzo intelligente per quell’aspirante leader regionale per espandere la sua influenza prevista a spese di Russia e Germania, che a loro volta creerebbero spazio per farlo salire al loro posto e quindi riempire il vuoto risultante.

Il parlamento polacco (Sejm) ha appena approvato una risoluzione che chiede alla Germania riparazioni per la distruzione del loro paese da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, la cui geopolitica l’autore ha precedentemente analizzato in un pezzo che può essere letto qui . Il presente si concentrerà sulla richiesta complementare di riparazioni russe per l’intervento militare dell’URSS nella Seconda Repubblica Polacca. Cominciò il 17 settembre 1939, due settimane e mezzo dopo l’invasione nazista, e portò all’incorporazione delle contese Eastern Borderlands (” Kresy “) nelle Repubbliche sovietiche di Bielorussia, Lituania e Ucraina.

La questione delle riparazioni relative a tali sviluppi è nata da un emendamento dell’ultimo minuto alla risoluzione menzionata nell’introduzione in cui si affermava che “la Polonia non ha ancora ricevuto un’adeguata compensazione finanziaria ed espiazione per le perdite subite dallo Stato polacco durante la seconda guerra mondiale come risultato dell’aggressione dell’Unione Sovietica. Il presidente polacco Andrezj Duda ha detto poco dopo che “la Germania ha iniziato la seconda guerra mondiale e ha attaccato la Polonia. Naturalmente, la Russia si è unita a questa guerra in seguito e quindi, a mio avviso, dovremmo chiedere riparazioni anche alla Russia”.

La proposta di Duda ha spinto il presidente della Duma russa Vyacheslav Volodin ad accusarlo di aver violato le leggi del suo paese riabilitando il nazismo poiché è illegale paragonare l’URSS al suo nemico esistenziale. Ha aggiunto su Telegram che “è giusto che le autorità di vigilanza studino il commento di Andrzej Duda e prendano le misure appropriate per portarlo alla responsabilità penale”. Volodin ha anche ricordato a tutti che “Oggi la Polonia esiste come stato solo grazie al nostro Paese”. Dopo aver spiegato lo sfondo immediato di questa controversia, verranno ora condivise alcune brevi parole sulla sua storia più profonda.

La Polonia considera l’intervento militare sovietico come un’invasione non provocata che è stata pianificata in anticipo in collusione con i nazisti e quindi rende l’URSS ugualmente responsabile dell’inizio della seconda guerra mondiale. Il capo della spia straniera russa Sergey Naryshkin, tuttavia, ha affermato nel suo articolo dettagliato per RT sull’80 ° anniversario del patto Molotov-Ribbentrop che ” Non c’era altro modo “. Il presidente Vladimir Putin ha anche dedicato molta attenzione alla questione delle relazioni polacco-sovietiche in quel momento nel suo pezzo sulla ” Responsabilità condivisa verso la storia e il nostro futuro ” pubblicato nel 75 ° anniversario della Grande Vittoria.

Dopo la seconda guerra mondiale, il “Kresy” rimase parte dell’Unione Sovietica, ma la Polonia ricevette in cambio territorio dall’ex Germania nazista, che Varsavia aveva storicamente affermato essere parte del suo primo stato un millennio fa, ma da allora aveva controllato solo brevemente . Inoltre, questi “Territori recuperati” furono etnicamente ripuliti dai milioni di tedeschi che vi abitavano da secoli. L’URSS ha anche ricostruito la Polonia del dopoguerra, che era ormai diventata il suo “partner minore”. I sovietici lo consideravano un atto caritatevole di solidarietà socialista mentre molti polacchi lo consideravano un’occupazione.

Gli ultimi due paragrafi precedenti sono stati inclusi in questa analisi al fine di indirizzare i lettori intrepidi nella direzione di saperne di più sulle interpretazioni opposte degli eventi di ciascuna parte. È un loro diritto indipendente sostenere qualunque scuola di pensiero storico vogliano, anche se la loro scelta non fa differenza quando si tratta di analizzare oggettivamente la geopolitica delle riparazioni russo/sovietiche alla Polonia. Questo perché Varsavia non vuole solo ciò che sostiene essere giustizia storica, ma vuole portare avanti i suoi interessi strategici nell’attuale contesto della Nuova Guerra Fredda .

Per spiegare, la Polonia sta pianificando di accelerare l’ espansione della sua influenza regionale nell’Europa centrale e orientale (CEE) su questa base di soft power facendo appello alle percezioni popolari di molte persone in questa parte del continente che nutrono simili rancori contro l’ex URSS . Spera di catalizzare una reazione a catena di richieste imitative che creerà una base emotiva per avvicinare le loro società nel presente, sia in termini di legame su ciò che considerano il loro trauma storico condiviso, sia sugli scenari isterici che i loro leader li hanno convinti ad aspettarsi dai piani futuri della Russia.

Non solo l’influenza polacca potrebbe invadere gli stati della ” Iniziativa dei tre mari ” (3SI) e quindi accelerare i piani di Varsavia per costruire un blocco regionale orientato alle riforme all’interno dell’UE dominata dalla Germania, che intende impiegare per impedire a Berlino di completare il suo secolo -un lungo complotto per conquistare il controllo del continente, ma potrebbe anche creare una formidabile barriera a qualsiasi futuro riavvicinamento Russia-UE. Questo perché i membri della CEE/3SI di quel blocco potrebbero subordinare un tale scenario al fatto che Mosca rispetti le loro richieste di riparazione, cosa che non si aspetterebbero realisticamente che la Russia faccia comunque.

Con questi due ulteriori motivi geopolitici in mente, la questione delle riparazioni russo/sovietiche alla Polonia si rivela essere guidata molto più dai grandi progetti strategici di Varsavia per far rivivere il suo ruolo a lungo perduto di Grande Potenza che dalla giustizia storica che sostiene ci sia dietro questa causa. È un mezzo intelligente per quell’aspirante leader regionale per espandere la sua influenza prevista a spese di Russia e Germania , che a loro volta creerebbero spazio per farlo salire al loro posto e quindi riempire il vuoto risultante. Manipolando magistralmente il “ nazionalismo negativo ”, i piani della Polonia otterranno probabilmente un successo impressionante.

Elezioni_Draghi e dopodraghi, un decreto sibillino_con Augusto Sinagra

Il Governo Draghi volge al tramonto; forse ad un possibile, anche se improbabile ritorno, quantomeno nelle attuali spoglie. L’importanza degli atti di questo governo dimissionario, in piedi per le sole funzioni ordinarie, è analoga, se non addirittura più dirompente, rispetto alla fase di pieno esercizio. Il merito delle azioni politiche si discosta sempre più dal rispetto delle forme giuridiche. E’ un segno tipico della crisi e della decadenza di una forma istituzionale e dell’ingresso definitivo in una condizione di emergenza tanto strisciante ed inquietante, quanto surrettizia e non dibattuta. Il recente decreto del 9 settembre sui poteri straordinari del capo di governo è il frutto più avvelenato di questo contesto. Non sarà l’ultimo; è semplicemente propedeutico. Un ceto politico e una classe dirigente di inetti, succubi e vili pronti a trascinare un intero paese verso il disastro senza colpo ferire e ad annichilire ogni capacità di reazione e di consapevolezza. Una èlite che per garantire la propria sopravvivenza non esita a fare il vuoto intorno a sé. Non riesce a far altro che proporre le ennesime false alternative e bruciarle in tempi sempre più ristretti, inquadrandoli in un percorso già segnato nel quale i neofiti del prossimo governo non vedono l’ora di incanalarsi beatamente. All’esterno del cerchio magico, un quadro altrettanto sconfortante con qualche barlume di lucidità, subito piegato, però, dalla logica delle rivalse e della ghettizzazione politica. Un appello alla nazione che paradossalmente si rivolge ad una fazione. Ne parleremo dopo le elezioni. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1k7n8b-elezioni-draghi-e-dopodraghi-un-decreto-sibillino-con-augusto-sinagra.html

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE, di Marco Giuliani

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE

A rischio centomila imprese e giù i riscaldamenti per tutti. Il disagio sociale provocato dal coinvolgimento dell’Europa nella guerra e dall’aumento del caro-vita, se non seriamente motivato, non è più giustificabile

Le istituzioni politiche non ci hanno comunicato ancora in nome di quale obiettivo la UE stia trascinando la comunità e i suoi cittadini verso una condizione allarmante, sia dal punto di vista logistico che sociale. Sorgono, spontanee, alcune domande, che crediamo siano le stesse che milioni di persone rivolgerebbero ai rispettivi governi. Il motivo delle costrizioni è quello di punire Putin all’eccesso, facendone una questione morale? Oppure è quello di obbedire a nonno Biden, Borrell e Stoltemberg, che continuano a fomentare il riarmo acuendo il muro contro muro con Mosca e arricchendo le multinazionali che producono bombe? O, ancora, dare luogo a un neobipolarismo economico e politico con l’est del pianeta che sembrava superato ed è, come la Nato, vecchio di quasi ottant’anni? Non è chiaro. E mentre in Italia imperversano le elezioni, i contribuenti soffrono e la politica continentale si sta via via spaccando. Qual è il punto? Tentiamo, come è nostra prassi, di dare spiegazioni suffragate da fatti e da dati analitici raccolti in modo concreto.

Come prima riflessione, non si può non fare riferimento ai redditi medio-bassi e ai pensionati. Ergo: che tipo di interesse o giovamento può riscontrare un anziano che riceve seicento o settecento euro di pensione dal momento in cui la coppia Draghi-Di Maio, su input estrinseci, continua a ripetere, come un disco scassato, che è giusto inviare miliardi di armi agli ucraini perché è l’Occidente che lo chiede? Se la sua bolletta elettrica quadruplica, è più lecito pensare che la prenda bene poiché è un sacrificio chiesto da Washington e da Bruxelles oppure è più razionale presumere che rimanga scioccato dagli aumenti fregandosene del fatto che il signor Zelensky batta cassa un giorno sì e l’altro pure per soldi e missili? L’operaio con busta paga di 1300-1400 euro mensili, rispetto al vertiginoso aumento del caro-vita, si sente più tranquillo o più incavolato se gli si dice che il suo sacrificio si compie per indebolire Putin e per procrastinare la guerra a data da destinarsi? Propendiamo per la seconda ipotesi, e chiunque sostenga il contrario è in malafede o è da legare. Nel frattempo, all’insegna del regit et tuetur in nome della Nato, per l’anno 2022 l’Italia ha stanziato in armi qualcosa come 26 miliardi di euro (+ 5, 4 % rispetto al 2021).

Andiamo avanti. Migliaia di imprese, dopo aver sopportato due anni e mezzo di pandemia, rischiano di chiudere a causa del triplice, quadruplice e anche quintuplice aumento dei carburanti e dell’energia; qui da noi, Palazzo Chigi si giustifica sostenendo che “è priorità essenziale sostenere Kiev con sanzioni a Mosca, con l’acquisto di bombe e con la spedizione di denaro sonante al governo ucraino”. Non può più bastare, non è credibile, così come non è più ammissibile tollerare questa bassa tutela verso il fabbisogno nazionale. Non sono questi gli interessi dell’Italia, così come quelli di Germania o Spagna. Il lato peggiore dell’intera vicenda è tuttavia la penuria di volontà – da parte della comunità europea, lo ripetiamo – di ricercare una soluzione della crisi, promuovere proposte di compromessi che inevitabilmente porterebbero le parti a concedere qualcosa in modo reciproco. Chi rappresenta oggi le istituzioni, sta mascherando la corsa al riarmo con iniziative sconsiderate che tende invece a definire prioritarie ed essenziali. Allora ci pensa l’informazione, ovviamente quella indipendente, a tentare di fare luce su politiche opacissime e spesso sponsorizzate dai media mainstream senza uno straccio di autocritica o contraddittorio. Mentire all’opinione pubblica circa la convenienza di acquistare materie prime dall’Angola, dall’Algeria, dal Congo e dal Qatar (che non rappresentano certo delle democrazie illuminate), magari tacciandole come “misure urgenti”, significa tradire la fiducia dei cittadini perché il prezzo dei carburanti russi è tra i più bassi su scala mondiale. Ricorrere alle centrali a carbone (in piena era di transizione ecologica), come un secolo fa, senza riportare in modo doveroso e onesto che le stesse rappresentano una delle maggiori fonti d’inquinamento dell’intero sistema energetico, significa essere ipocriti con gli elettori a cui fu garantito un maggiore uso delle rinnovabili ai fini della salvaguardia della salute del pianeta.

La sensazione è, ma ci aggiorneremo al 26 settembre, che in Italia le elezioni cambieranno ben poco. È un sospetto che ha la sua variabile indipendente nella fila dei partiti che si è creata, come dietro a uno sportello postale, per fare a gara tra chi sarà il più gradito alla Casa Bianca e a Bruxelles. Qualunque schieramento vinca le elezioni, dovrà, per forza di cose, dichiarare la sua fedeltà a un euroatlantismo che ha fatto dello scontro frontale e della corsa al riarmo i suoi cavalli di battaglia. Ma c’è una contraddizione: poiché gli interessi geopolitici non combaciano, o si è europeisti o si è atlantisti. Lo dice la storia.

 MG

 

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

Osservatorio Milex sul bilancio previsionale dello Stato per l’anno 2022, dati raccolti il 10 gennaio 2022, fonte Ministero della Difesa italiano –

Science of the Total Enviroment, rivista di scienze, 1° dicembre 2019, numero 694 –

www.ipsoa.it, pagina del 19 marzo 2022 consultata il 07/09/2022 –

www.ilsole24ore.com, pagina del 22 agosto 2022 consultata il 7 settembre 2022 –

www.micromega.net, pagina dell’8 settembre 2022 consultata l’8 settembre 2022 –

 

 

 

 

 

Perché i soldati ucraini si fanno massacrare da Zelensky che a sua volta prende ordini da Washington e Londra?_Di Claudio Martinotti Doria

Chi mi legge abitualmente s’informa tramite i media indipendenti nel web e quindi presumo sia al corrente dell’offensiva che Zelensky ha lanciato a fine agosto contro l’oblast di Cherson nel sud dell’Ucraina.

Ha voluto essere di parola, anche se ha scelto l’ultimo giorno dopo numerosi rinvii, aveva ripetutamente promesso da mesi una controffensiva entro agosto che avrebbe spazzato via i russi dai territori conquistati, almeno quelle erano le intenzioni.

Tutti gli analisti militari e geopolitici seri e indipendenti lo deridevano, pensando a un bluff, invece anche i comici e buffoni, seppur criminali, corrotti e incapaci, possono essere di parola, soprattutto quando la vita la fanno rischiare ad altri.

Appena sono riusciti a raccogliere il maggior numero possibile di mezzi corazzati (soprattutto polacchi) e concentrare circa 40mila soldati nell’area, Zelensky nonostante la netta contrarietà dello Stato Maggiore Militare che poneva scarsa o nulla fiducia nella riuscita del piano, ha ordinato l’offensiva, commettendo il classico errore dello stratega da salotto, addestrato a giocare a Risiko (forse manco a quello).

Anziché concentrare tutte le forze in un solo punto per avere maggior impatto e possibilità di sfondamento, li ha divisi in cinque aree e quindi cinque direzioni di attacco diverse, disperdendo le forze che già non sarebbero state sufficienti per un solo attacco in un unico punto, considerando la potenza di fuoco dell’artiglieria e aviazione russa. Così ha disperso la forza d’attacco su un fronte di poco meno di 200 km. Considerando che di solito ad attaccare sono il 50% delle forze, l’altra metà rimane di riserva nelle retrovie per compensare le perdite o rinforzare i punti deboli, se dividete per cinque 20mila soldati su 200 km, vi renderete conto che l’impatto non poteva che essere lieve per i russi, i quali applicano la stessa tattica da mesi, a ogni offensiva ucraina.

Arretrano e li lasciano avanzare e poi man mano che si trovano sempre più allo scoperto in un territorio pianeggiante, senza riuscire ad arrivare a centri abitati (l’unico modo che hanno per trovare riparo e trincerarsi), i russi iniziano a bombardarli senza tregua arrecando loro gravissime perdite.

E’ la tecnica militare del “tritacarne”, una tattica di logoramento lenta e inesorabile che riduce gradatamente il numero dei soldati e dei mezzi degli ucraini fino a che saranno costretti alla resa o a far intervenire le forze di altri paesi della NATO, che in questo caso non potrebbero invocare l’articolo 5 del Trattato Atlantico, perché non sono loro a essere attaccati ma ad attaccare.

Com’è possibile che Zelensky ripeta sempre gli stessi errori? E soprattutto come mai gli ucraini si prestano a farsi massacrare, anziché fuggire, per non essere arruolati oppure finire in prigione per essersi rifiutati di indossare la divisa? Cercherò di rispondere a entrambe le domande essenziali per capire l’esito e lo sviluppo di questo conflitto.

Zelensky non ha alcuna capacità strategica, gli unici ordini che sa impartire sono quelli di attaccare e resistere senza cedere un metro, combattere fino all’ultimo uomo. Vi ricorda qualcuno? Un certo Hitler, quando ormai era impazzito e drogato fino al midollo (altra analogia con Zelensky) e psichicamente alterato perché l’esito della guerra non corrispondeva alle sue attese e tutti i suoi comandanti lo deludevano e li sostituiva in continuazione.

Zelensky prende decisioni a scopo politico, per influenzare i suoi sponsor angloamericani e UE, che ultimamente lo stanno sostenendo sempre meno.

Ha assolutamente bisogno di una vittoria, seppur minima, per continuare a mungere i suoi finanziatori, ben sapendo che una cospicua parte di questi finanziamenti non finisce al fronte ma nelle tasche dei numerosi oligarchi e comandanti corrotti, a tutti i livelli, che vendono le armi ricevute facendo finta siano andate distrutte dai bombardamenti russi.

E questo in parte spiega anche la seconda domanda, come vedremo meglio in seguito.

Inoltre una cospicua parte di questi lauti finanziamenti sono utilizzati per pagare tutto l’apparato militare, con stipendi che per i canoni ucraini sono piuttosto elevati.

Zelensky compie scelte ciniche e spietate esclusivamente per motivi economici, personali e del suo entourage di sostenitori interni, neonazisti e nazionalisti in primis. Della vita dei suoi soldati non gliene frega nulla, per cui non esita a mandarli a morte certa.

Ora veniamo al perché i soldati si prestano a farsi massacrare.

L’Ucraina è da parecchio tempo in miseria, in particolare dall’inizio del conflitto che dura ormai da sei mesi, il paese vive prevalentemente di un’economia di guerra, gli unici soldi che arrivano e circolano sono quelli che alimentano la guerra. E per convincere la gente a combattere, occorre prima averli ridotti nella miseria, privi di scelte di lavoro, ai limiti della sopravvivenza, dopo di ché gli fornisci degli incentivi convincenti perché si arruolino, oltre all’obbligo, che però funziona poco, perché molti si sottraggono emigrando e nascondendosi o rifugiandosi all’Estero, Russia compresa (ne ospita circa due milioni).

Quelli rimasti in patria che scelta hanno per sopravvivere economicamente se non arruolandosi?

Per comprendere perché sono disposti a rischiare la vita, facciamo un paragone con la situazione italiana, così vi sarà più chiaro.

Un Carabiniere appena assunto in Italia percepisce uno stipendio netto di circa 1200 euro mensili, un maresciallo maggiore anziano poco meno di 2000 euro mensili e un capitano poco più di 2000, gli scatti di grado non sono particolarmente rilevanti in termini salariali, poche centinaia di euro l’anno.

Nell’esercito ucraino in seguito allo stato di guerra gli stipendi sono tutta un’altra cosa, proporzionalmente al potere di acquisto che si ha nel loro paese. Utilizzando l’esempio italiano sarebbe come se un soldato ucraino prendesse in Italia 2800 euro al mese, un maresciallo maggiore anziano circa 10mila, e un capitano 15mila. A queste somme erogate diciamo legittimamente dalle istituzioni governative, aggiungiamo la corruzione diffusa capillarmente, cioè le rendite che provengono dai saccheggi, dalle estorsioni ai civili, dalla vendita di armi, ecc., e ci rendiamo meglio conto di quanto possano accumulare i combattenti, soprattutto sottufficiali e ufficiali, che riescono a sopravvivere (magari ricorrendo a cinismo, furberie e sotterfugi), facendo perlopiù rischiare la vita ai loro sottoposti.

In due o tre mesi di guerra, se sopravvivono, possono accumulare una piccola fortuna che gli consentirà di vivere agiatamente per tutto il resto della loro vita (inflazione permettendo).

Quindi la motivazione primaria è l’avidità e la mancanza di alternative. Ecco perché gli ucraini combattono una guerra per procura, è l’unico lavoro di cui dispongono, l’Occidente li foraggia per questo scopo, combattere e morire al posto degli occidentali.

Ma c’è un problema che si sta facendo sempre più grave, diventa sempre più difficile sopravvivere alla guerra.

Prendiamo l’esempio degli ultimi due giorni, tra fine agosto e inizio settembre.

Zelensky ha appunto ordinato l’attacco in cinque aree diverse, e inoltre ha ordinato l’incursione notturna alla centrale nucleare di Zaporižžja, da parte delle forze speciali ucraine, per cercare di riprenderla prima che arrivasse la delegazione dell’AIEA dell’ONU che doveva ispezionare la centrale, probabilmente per poi utilizzare la delegazione come scudo umano contro i russi, come fanno abitualmente gli ucraini, che di crimini di guerra ne hanno commessi a iosa.

L’incursione è finita malissimo, nonostante pensassero che il piano fosse ottimo, utilizzando imbarcazioni silenziose con motori elettrici e poi delle chiatte che trasportavano il grosso delle forze e dei mezzi da sbarco.

Tutte le imbarcazioni e le chiatte sono state distrutte e affondate dalle forze aeree russe, la maggioranza degli incursori sono morti o fatti prigionieri. Si stima fossero circa 500, il minimo necessario per compiere un’operazione di questa portata, considerando che la centrale nucleare di Zaporižžja è la più grande d’Europa, estendendosi su una superficie gigantesca.

Anche le forze attaccanti nel resto del fronte non hanno subito una sorte migliore. Si stima che le perdite in vite umane subìte dall’esercito ucraino siano di oltre mille al giorno. Molto probabilmente fra qualche giorno saranno costretti a ritirarsi, lasciando sul campo quasi tutti i mezzi corazzati impiegati.

A Zelensky non rimarrà altro da giocare che la carta della commiserazione: “Avete visto con quale coraggio combattono gli ucraini?” “Come si sacrificano per il bene dell’Occidente?” “Meritano di essere sostenuti di più, dovete aumentare le risorse e i finanziamenti!”

Una carta cinica e ignobile ma l’unica che gli rimane, possibilmente prima che i comandi militari si stanchino di lui e lo facciano fuori con un colpo di stato. Magari con il beneplacito degli anglosassoni. Altrimenti non rimarrà che far combattere anche i polacchi e i baltici, i più fanatici russofobi che ci siano in Europa. I polacchi e i baltici saranno fanatici ma non sono stupidi, sono consapevoli che se non ci sono riusciti gli ucraini a sconfiggere i russi, che dopo otto anni di addestramento e armati fino ai denti erano diventati l’esercito più potente d’Europa, come potrebbero riuscirci loro che sono anche inferiori di numero (militarmente) rispetto agli ucraini? Perché mai dovrebbero seguirne la sorte? Solo per fanatismo? No. Per farlo prima dovrebbero essere ridotti alla fame anche loro, e sono sulla buona strada per riuscirci, dopo le ultime demenziali mosse politiche ed economiche che hanno compiuto contro la Russia e contro la Cina, le cui ritorsioni si stanno facendo sentire pesantemente.

I porti baltici ad esempio non lavorano più. Tra non molto anche loro potranno sopravvivere solo tramite l’economia di guerra. Una tale situazione diverrà insostenibile da mantenere per l’Occidente, diventerà peggiore di un “buco nero” per le finanze già travagliate dei paesi occidentali.

Ormai i paesi occidentali hanno oltrepassato il precipizio e come riferisce l’aneddoto “ se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te …”. E probabilmente stiamo già precipitando nell’abisso, dobbiamo solo toccare il fondo.

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

Ucraina, 15a puntata_odio irriducibile Con Max Bonelli e Stefano Orsi

Puntata dai toni particolarmente drammatici che tentano di estrapolare le pulsioni profonde che spingono a questa guerra. L’odio e il risentimento da una parte, frutto anche, ma non solo, dell’indottrinamento ideologico e della spregiudicatezza di una élite; la disponibilità a morire, anche con “leggerezza”, che attraversa gran parte dei contingenti militari. E’ il retroterra che rende possibili le offensive disperate e senza futuro, anche se ultimamente meglio organizzate, degli ucraini e l’azione ostinata e certosina dei russi e dei miliziani delle repubbliche secessioniste. E’ la condizione che rende possibile la sopravvivenza di un regime che per la sua natura scopertamente compradora, predatrice e ostile agli interessi del proprio stesso popolo non avrebbe ragione di esistere dopo tante sconfitte. E’ il nemico che i paesi europei hanno scelto di designare senza ragione che non sia la sudditanza atlantica e la sopravvivenza di un ceto politico decadente; ma anche lo strumento alleato e amico che diventerà la serpe in grado di trascinare ciò che resta dell’Europa nuovamente nel tragico caos conflittuale che ha innescato la sua decadenza a metà ‘900. In questo quadro abbiamo presentato gli sviluppi delle operazioni militari che vengono poi illustrate con maggior dovizia nei filmati di Stefano Orsi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1jbofb-ucraina-15a-puntata-odio-irriducibile-con-max-bonelli-e-stefano-orsi.html

La nostra ultima intervista a Jacques Baud_a cura di the postil

La nostra ultima intervista a Jacques Baud

Siamo lieti di presentarvi questa nuova intervista a Jacques Baud, in cui copriamo ciò che sta accadendo ora nella lotta geopolitica che è la guerra Ucraina-Russia. Come sempre, il signor Baud porta una visione profonda e un’analisi chiara alla conversazione.


The Postil (TP): Hai appena pubblicato il tuo ultimo libro sulla guerra in Ucraina — Operazione Z , edito da Max Milo. Per favore, raccontaci qualcosa: cosa ti ha portato a scrivere questo libro e cosa desideri trasmettere ai lettori?

Jacques Baud (JB): Lo scopo di questo libro è mostrare come la disinformazione propagata dai nostri media abbia contribuito a spingere l’Ucraina nella direzione sbagliata. L’ho scritto sotto il motto “dal modo in cui comprendiamo le crisi deriva il modo in cui le risolviamo”.

Nascondendo molti aspetti di questo conflitto, i media occidentali ci hanno presentato un’immagine caricaturale e artificiale della situazione, che ha portato alla polarizzazione delle menti. Ciò ha portato a una mentalità diffusa che rende praticamente impossibile qualsiasi tentativo di negoziare.

La rappresentazione unilaterale e parziale fornita dai media mainstream non ha lo scopo di aiutarci a risolvere il problema, ma di promuovere l’odio nei confronti della Russia. Così, l’esclusione dalle competizioni di atleti disabili, gatti , persino alberi russi , il licenziamento dei direttori d’orchestra, il de-platforming di artisti russi, come Dostoevskij , o anche la ridenominazione dei dipinti mira ad escludere la popolazione russa dalla società! In Francia, i conti bancari di persone con nomi che suonavano in russo sono stati persino bloccati. I social network Facebook e Twitter hanno sistematicamente bloccato la divulgazione dei crimini ucraini con il pretesto di “incitamento all’odio”, ma consentono l’appello alla violenza contro i russi.

Nessuna di queste azioni ha avuto alcun effetto sul conflitto, se non per stimolare l’odio e la violenza contro i russi nei nostri paesi. Questa manipolazione è così grave che preferiremmo vedere la morte degli ucraini piuttosto che cercare una soluzione diplomatica. Come ha recentemente affermato il senatore repubblicano Lindsey Graham , si tratta di lasciare che gli ucraini combattano fino all’ultimo uomo.

Si presume comunemente che i giornalisti lavorino secondo standard di qualità ed etica per informarci nel modo più onesto possibile. Questi standard sono stabiliti dalla Carta di Monaco del 1971. Mentre scrivevo il mio libro ho scoperto che nessun media mainstream di lingua francese in Europa rispetta questa Carta per quanto riguarda Russia e Cina. In effetti, sostengono spudoratamente una politica immorale nei confronti dell’Ucraina, descritta da Andrés Manuel López Obrador, presidente del Messico, come “Noi forniamo le armi, tu fornisci i cadaveri!”

Per evidenziare questa disinformazione, volevo mostrare che le informazioni che permettevano di fornire un quadro realistico della situazione erano disponibili già a febbraio, ma che i nostri media non le hanno divulgate al pubblico. Il mio obiettivo era mostrare questa contraddizione.

Per evitare di diventare io stesso un propagandista a favore di una parte o dell’altra, mi sono affidato esclusivamente a fonti dell’opposizione occidentale, ucraina (di Kiev) e russa. Non ho preso alcuna informazione dai media russi.

TP: Si dice comunemente in Occidente che questa guerra ha “dimostrato” che l’esercito russo è debole e che il suo equipaggiamento è inutile. Sono vere queste affermazioni?

JB: No. Dopo più di sei mesi di guerra, si può dire che l’esercito russo è efficace ed efficiente e che la qualità del suo comando e controllo supera di gran lunga quella che vediamo in Occidente. Ma la nostra percezione è influenzata da una cronaca focalizzata sulla parte ucraina e dalle distorsioni della realtà.

In primo luogo, c’è la realtà sul campo. Va ricordato che quella che i media chiamano “russi” è in realtà una coalizione di lingua russa, composta da combattenti russi professionisti e soldati delle milizie popolari del Donbass. Le operazioni nel Donbass sono svolte principalmente da queste milizie, che combattono sul “loro” terreno, nelle città e nei villaggi che conoscono e dove hanno amici e familiari. Stanno quindi avanzando con cautela per se stessi, ma anche per evitare vittime civili. Così, nonostante le pretese della propaganda occidentale, la coalizione gode di un ottimo appoggio popolare nelle aree che occupa.

Quindi, solo guardando una mappa, puoi vedere che il Donbass è una regione con molte aree edificate e abitate, il che significa un vantaggio per il difensore e una velocità di avanzamento ridotta per l’attaccante in ogni circostanza.

In secondo luogo, c’è il modo in cui i nostri media descrivono l’evoluzione del conflitto. L’Ucraina è un paese enorme e le mappe su piccola scala difficilmente mostrano le differenze da un giorno all’altro. Inoltre, ciascuna parte ha la propria percezione del progresso del nemico. Se prendiamo l’esempio della situazione del 25 marzo 2022, possiamo vedere che la mappa del quotidiano francese Ouest-France (a) non mostra quasi nessun anticipo della Russia, così come il sito svizzero RTS (b). La mappa del sito web russo RIAFAN (c) può essere propaganda, ma se la confrontiamo con la mappa della Direzione dei servizi segreti militari francesi(DRM) (d), vediamo che i media russi sono probabilmente più vicini alla verità. Tutte queste mappe sono state pubblicate lo stesso giorno, ma il quotidiano francese ei media statali svizzeri non hanno scelto di utilizzare la mappa DRM e hanno preferito utilizzare una mappa ucraina. Questo dimostra che i nostri media funzionano come mezzi di propaganda.

Figura 1 – Confronto delle mappe presentate sui nostri media il 25 marzo 2022. È questo modo di presentare l’offensiva russa che ha portato ad affermare che l’esercito russo è debole. Mostra anche che le informazioni fornite dai media russi sembrano più vicine alla realtà di quelle fornite dall’Ucraina.

In terzo luogo, i nostri “esperti” hanno determinato gli obiettivi dell’offensiva russa. Affermando che la Russia voleva impadronirsi dell’Ucraina e delle sue risorse, conquistare Kiev in due giorni, ecc., i nostri esperti hanno letteralmente inventato e attribuito ai russi obiettivi che Putin non ha mai menzionato. Nel maggio 2022, Claude Wild, l’ambasciatore svizzero a Kiev, ha dichiarato su RTS che i russi avevano ” perso la battaglia per Kiev “. Ma in realtà, non c’è mai stata una “battaglia per Kiev”. È ovviamente facile affermare che i russi non hanno raggiunto i loro obiettivi, se non hanno mai cercato di raggiungerli!

In quarto luogo, l’Occidente e l’Ucraina hanno creato un’immagine fuorviante del loro avversario. In Francia, Svizzera e Belgio, nessuno degli esperti militari in televisione ha alcuna conoscenza delle operazioni militari e di come i russi conducono le loro. La loro “competenza” deriva dalle voci sulla guerra in Afghanistan o in Siria, che spesso sono solo propaganda occidentale. Questi esperti hanno letteralmente falsificato la presentazione delle operazioni russe.

Così, gli obiettivi annunciati già il 24 febbraio dalla Russia erano la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” della minaccia alle popolazioni del Donbass. Questi obiettivi sono legati alla neutralizzazione delle capacità, non al sequestro di terre o risorse. Per dirla senza mezzi termini, in teoria, per raggiungere i loro obiettivi i russi non hanno bisogno di avanzare: sarebbe sufficiente se gli stessi ucraini venissero e venissero uccisi.

In altre parole, i nostri politici e media hanno spinto l’Ucraina a difendere il terreno come in Francia durante la prima guerra mondiale. Hanno spinto le truppe ucraine a difendere ogni metro quadrato di terreno in situazioni di “ultima resistenza”. Ironia della sorte, l’Occidente ha solo facilitato il lavoro dei russi.

Infatti, come per la guerra al terrore, gli occidentali vedono il nemico come vorrebbero che fosse, non come è. Come disse Sun Tzu 2.500 anni fa, questa è la migliore ricetta per perdere una guerra.

Un esempio è la cosiddetta “guerra ibrida” che la Russia sta presumibilmente conducendo contro l’Occidente. Nel giugno 2014, mentre l’Occidente cercava di spiegare l’intervento (immaginario) della Russia nel conflitto del Donbass, l’esperto di Russia Mark Galeotti “rivelò” l’esistenza di una dottrina che illustrerebbe il concetto russo di guerra ibrida . Conosciuta come la “Dottrina Gerasimov”, non è mai stata definita dall’Occidente per quanto riguarda in cosa consiste e come potrebbe garantire il successo militare. Ma è usato per spiegare come la Russia faccia la guerra nel Donbass senza inviare truppe lì e perché l’Ucraina perde costantemente le sue battaglie contro i ribelli. Nel 2018, rendendosi conto di aver sbagliato, Galeotti si è scusato, con coraggio e intelligenza, in un articolo intitolato “Mi dispiace per aver creato la dottrina Gerasimov” pubblicato suRivista di politica estera .

Nonostante ciò, e senza sapere cosa significasse, i nostri media e politici hanno continuato a fingere che la Russia stesse conducendo una guerra ibrida contro l’Ucraina e l’Occidente. In altre parole, abbiamo immaginato un tipo di guerra che non esiste e abbiamo preparato l’Ucraina ad essa. Questo è anche ciò che spiega la sfida per l’Ucraina di avere una strategia coerente per contrastare le operazioni russe.

L’Occidente non vuole vedere la situazione come è realmente. La coalizione di lingua russa ha lanciato la sua offensiva con una forza complessiva inferiore a quella degli ucraini in un rapporto di 1-2:1. Per avere successo quando sei in inferiorità numerica, devi creare superiorità locali e temporanee spostando rapidamente le tue forze sul campo di battaglia.

Questo è ciò che i russi chiamano “arte operativa” (operativnoe iskoustvo). Questa nozione è poco conosciuta in Occidente. Il termine “operativo” utilizzato nella NATO ha due traduzioni in russo: “operativo” (che si riferisce a un livello di comando) e “operativo” (che definisce una condizione). È l’arte di manovrare formazioni militari, proprio come una partita a scacchi, per sconfiggere un avversario superiore.

Ad esempio, l’operazione intorno a Kiev non aveva lo scopo di “ingannare” gli ucraini (e l’Occidente) sulle loro intenzioni, ma costringere l’esercito ucraino a mantenere grandi forze intorno alla capitale e quindi “bloccarle”. In termini tecnici, questa è quella che viene chiamata “operazione di modellatura”. Contrariamente all’analisi di alcuni “esperti”, non si trattava di una “operazione di inganno”, che sarebbe stata concepita in modo molto diverso e avrebbe coinvolto forze molto più grandi. L’obiettivo era impedire un rafforzamento del corpo principale delle forze ucraine nel Donbass.

La lezione principale di questa guerra in questa fase conferma ciò che sappiamo dalla seconda guerra mondiale: i russi padroneggiano l’arte operativa.

TP: Le domande sull’esercito russo sollevano l’ovvia domanda: quanto è buono l’esercito ucraino oggi? E, soprattutto, perché non sentiamo così tanto parlare dell’esercito ucraino?

JB: I militari ucraini sono certamente soldati coraggiosi che svolgono il loro dovere coscienziosamente e con coraggio. Ma la mia esperienza personale mostra che in quasi ogni crisi il problema è alla testa. L’incapacità di comprendere l’avversario e la sua logica e di avere un quadro chiaro della situazione reale è la ragione principale dei fallimenti.

Dall’inizio dell’offensiva russa, possiamo distinguere due modi di condurre la guerra. Da parte ucraina, la guerra è condotta negli spazi politici e informativi, mentre da parte russa la guerra è condotta nello spazio fisico e operativo. Le due parti non stanno combattendo negli stessi spazi. Questa è una situazione che ho descritto nel 2003 nel mio libro, La guerre asymétrique ou la défaite du vainqueur ( Guerra asimmetrica, o la sconfitta del vincitore ). Il guaio è che alla fine della giornata prevale la realtà del terreno.

Da parte russa le decisioni vengono prese dai militari, mentre da parte ucraina Zelensky è onnipresente e l’elemento centrale nella conduzione della guerra. Prende decisioni operative, apparentemente spesso contro il parere dei militari. Questo spiega le crescenti tensioni tra Zelensky ei militari. Secondo i media ucraini, Zelensky potrebbe licenziare il generale Valery Zoluzhny nominandolo ministro della Difesa.

L’esercito ucraino è stato ampiamente addestrato da ufficiali americani, britannici e canadesi dal 2014. Il problema è che per oltre 20 anni gli occidentali hanno combattuto gruppi armati e avversari dispersi e hanno ingaggiato interi eserciti contro individui. Combattono guerre a livello tattico e in qualche modo hanno perso la capacità di combattere a livello strategico e operativo. Questo spiega in parte perché l’Ucraina sta conducendo la sua guerra a questo livello.

Ma c’è una dimensione più concettuale. Zelensky e l’Occidente vedono la guerra come un equilibrio di forze numerico e tecnologico. Per questo, dal 2014, gli ucraini non hanno mai cercato di sedurre i ribelli e ora pensano che la soluzione verrà dalle armi fornite dall’Occidente. L’Occidente ha fornito all’Ucraina alcune dozzine di cannoni M777 e lanciamissili HIMARS e MLRS, mentre l’Ucraina ha avuto diverse migliaia di pezzi di artiglieria equivalenti a febbraio. Il concetto russo di “correlazione delle forze” tiene conto di molti più fattori ed è più olistico dell’approccio occidentale. Ecco perché stanno vincendo i russi.

Per rispettare politiche sconsiderate, i nostri media hanno costruito una realtà virtuale che attribuisce alla Russia un ruolo negativo. Per coloro che osservano attentamente l’andamento della crisi, potremmo quasi dire che hanno presentato la Russia come un’“immagine speculare” della situazione in Ucraina. Così, quando è iniziato il discorso sulle perdite ucraine, la comunicazione occidentale si è rivolta alle perdite russe (con dati forniti dall’Ucraina).

Le cosiddette “contro-offensive” proclamate dall’Ucraina e dall’Occidente a Kharkov e Kherson in aprile-maggio sono state semplicemente “contrattacchi”. La differenza tra i due è che la controffensiva è una nozione operativa, mentre il contrattacco è una nozione tattica, che ha una portata molto più limitata. Questi contrattacchi furono possibili perché la densità delle truppe russe in questi settori era allora di 1 Battle Group (BTG) per 20 km di fronte. In confronto, nel settore del Donbass, che era l’obiettivo principale, la coalizione russa aveva 1-3 BTG per km. Per quanto riguarda la grande offensiva di agosto su Kherson, che avrebbe dovuto conquistare il sud del paese, sembra non essere stato altro che un mito mantenere il sostegno occidentale.

Oggi vediamo che i presunti successi ucraini sono stati in realtà dei fallimenti. Le perdite umane e materiali attribuite alla Russia erano infatti più in linea con quelle dell’Ucraina. A metà giugno, David Arakhamia, capo negoziatore e stretto consigliere di Zelensky, ha parlato di 200-500 morti al giorno e ha menzionato le vittime (morti, feriti, catturati, disertori) di 1.000 uomini al giorno . Se a questo aggiungiamo le rinnovate richieste di armi da parte di Zelensky, possiamo vedere che l’idea di una vittoria per l’Ucraina appare piuttosto illusoria.

Poiché si pensava che l’economia russa fosse paragonabile a quella italiana , si presumeva che sarebbe stata ugualmente vulnerabile. Pertanto, l’Occidente – e gli ucraini – pensavano che le sanzioni economiche e l’isolamento politico della Russia ne avrebbero rapidamente causato il crollo, senza passare per una sconfitta militare. In effetti, questo è ciò che capiamo dall’intervista di Oleksei Arestovich, consigliere e portavoce di Zelensky, a marzo 2019. Questo spiega anche perché Zelensky non ha lanciato l’allarme all’inizio del 2022, come dice nella sua intervista al Washington Post . Penso che sapesse che la Russia avrebbe risposto all’offensiva che l’Ucraina stava preparando nel Donbass (ecco perché il grosso delle sue truppe si trovava in quella zona) e pensava che le sanzioni avrebbero portato rapidamente al collasso e alla sconfitta della Russia. Questo è ciò cheBruno Le Maire , il ministro dell’Economia francese, aveva “previsto”. Chiaramente, gli occidentali hanno preso decisioni senza conoscere il loro avversario.

Come ha detto Arestovich, l’idea era che la sconfitta della Russia sarebbe stata il biglietto d’ingresso dell’Ucraina alla NATO . Così, gli ucraini furono spinti a preparare un’offensiva nel Donbass per far reagire la Russia e ottenere così una facile sconfitta attraverso sanzioni devastanti. Questo è cinico e mostra quanto l’Occidente, guidato dagli americani, abbia abusato dell’Ucraina per i propri obiettivi.

Il risultato è che gli ucraini non hanno cercato la vittoria dell’Ucraina, ma la sconfitta della Russia . Questo è molto diverso e spiega la narrativa occidentale dei primi giorni dell’offensiva russa, che profetizzava questa sconfitta.

Ma la realtà è che le sanzioni non hanno funzionato come previsto e l’Ucraina si è trovata coinvolta in combattimenti che aveva provocato, ma per i quali non era disposta a combattere per così tanto tempo.

Questo è il motivo per cui, fin dall’inizio, la narrativa occidentale ha presentato una discrepanza tra i media riportati e la realtà sul campo. Ciò ha avuto un effetto perverso: ha incoraggiato l’Ucraina a ripetere i suoi errori e le ha impedito di migliorare la sua conduzione delle operazioni. Con il pretesto di combattere Vladimir Putin, abbiamo spinto l’Ucraina a sacrificare inutilmente migliaia di vite umane.

Fin dall’inizio, era ovvio che gli ucraini ripetevano costantemente i loro errori (e anche gli stessi errori del 2014-2015) e che i soldati morivano sul campo di battaglia. Da parte sua, Volodymyr Zelensky chiedeva sempre più sanzioni, anche le più assurde, perché indotto a ritenerle decisive.

Non sono l’unico ad aver notato questi errori e i paesi occidentali avrebbero sicuramente potuto fermare questo disastro. Ma i loro leader, eccitati dai resoconti (fantasiosi) delle perdite russe e pensando di aprire la strada al cambio di regime, hanno aggiunto sanzioni alle sanzioni, rifiutando ogni possibilità di negoziazione. Come ha affermato il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, l’obiettivo era provocare il collasso dell’economia russa e far soffrire il popolo russo. Questa è una forma di terrorismo di Stato: l’idea è quella di far soffrire la popolazione per spingerla alla rivolta contro i suoi leader (qui Putin). Non sto inventando. Questo meccanismo è descritto in dettaglio da Richard Nephew, capo delle sanzioni presso il Dipartimento di Stato sotto Obama e attualmente Coordinatore per la lotta alla corruzione globale, nel suo libro intitolato The Art of Sanctions . Ironia della sorte, questa è esattamente la stessa logica che lo Stato Islamico ha invocato per spiegare i suoi attacchi in Francia nel 2015-2016. La Francia probabilmente non incoraggia il terrorismo, ma lo pratica.

I media mainstream non presentano la guerra così com’è, ma come vorrebbero che fosse. Questo è puro pio desiderio. L’apparente sostegno pubblico alle autorità ucraine, nonostante le enormi perdite (alcuni menzionano 70.000-80.000 vittime), si ottiene mettendo al bando l’opposizione , una caccia spietata ai funzionari che non sono d’accordo con la linea del governo e una propaganda “speculare” che attribuisce ai russi gli stessi fallimenti degli ucraini. Tutto questo con il consapevole sostegno dell’Occidente.

TP: Cosa dobbiamo pensare dell’esplosione alla base aerea di Saki in Crimea?

JB: Non conosco i dettagli dell’attuale situazione della sicurezza in Crimea. . Sappiamo che prima di febbraio c’erano cellule di combattenti volontari di Praviy Sektor (una milizia neonazista) in Crimea, pronte a compiere attentati di tipo terroristico. Queste cellule sono state neutralizzate? Non lo so; ma si può presumere di sì, poiché apparentemente c’è pochissima attività di sabotaggio in Crimea. Detto questo, non dimentichiamo che ucraini e russi convivono da molti decenni e ci sono sicuramente dei filo-kieviani nelle zone occupate dai russi. È quindi realistico pensare che potrebbero esserci cellule dormienti in queste aree.

Più probabilmente si tratta di una campagna condotta dal servizio di sicurezza ucraino (SBU) nei territori occupati dalla coalizione di lingua russa. Questa è una campagna terroristica che prende di mira personalità e funzionari ucraini filorussi. Segue importanti cambiamenti nella leadership della SBU , a Kiev , e nelle regioni, tra cui Lvov, Ternopol da luglio. È probabilmente nel contesto di questa stessa campagna che Darya Dugina è stata assassinata il 21 agosto. L’obiettivo di questa nuova campagna potrebbe essere quello di trasmettere l’illusione che ci sia una resistenza in corso nelle aree occupate dai russi e quindi rilanciare gli aiuti occidentali, che comincia a stancare.

Queste attività di sabotaggio non hanno realmente un impatto operativo e sembrano più legate a un’operazione psicologica. Può darsi che si tratti di azioni come quella a Snake Island all’inizio di maggio, intesa a dimostrare al pubblico internazionale che l’Ucraina sta agendo.

Ciò che gli incidenti in Crimea mostrano indirettamente è che la resistenza popolare rivendicata dall’Occidente a febbraio non esiste. È molto probabilmente l’azione di agenti clandestini ucraini e occidentali (probabilmente britannici). Al di là delle azioni tattiche, ciò dimostra l’incapacità degli ucraini di attivare un movimento di resistenza significativo nelle aree occupate dalla coalizione di lingua russa.

TP: Zelensky ha detto notoriamente: “La Crimea è ucraina e non la molleremo mai”. È retorica o c’è un piano per attaccare la Crimea? Ci sono agenti ucraini in Crimea?

JB: Prima di tutto, Zelensky cambia opinione molto spesso. Nel marzo 2022 ha fatto una proposta alla Russia, affermando di essere pronto a discutere un riconoscimento della sovranità russa sulla penisola. È stato su intervento dell’Unione Europea e di Boris Johnson il 2 aprile e il 9 aprile che ha ritirato la sua proposta, nonostante l’interesse favorevole della Russia.

È necessario ricordare alcuni fatti storici. La cessione della Crimea all’Ucraina nel 1954 non è mai stata formalmente convalidata dai parlamenti dell’URSS, della Russia e dell’Ucraina durante l’era comunista. Inoltre, il popolo della Crimea ha accettato di essere soggetto all’autorità di Mosca e non più di Kiev già nel gennaio 1991. In altre parole, la Crimea era indipendente da Kiev anche prima che l’Ucraina diventasse indipendente da Mosca nel dicembre 1991.

A luglio, Aleksei Reznikov, il ministro della Difesa ucraino, ha parlato ad alta voce di una grande controffensiva contro Kherson che ha coinvolto un milione di uomini per ripristinare l’ integrità territoriale dell’Ucraina . In realtà, l’Ucraina non è riuscita a raccogliere le truppe, le armature e la copertura aerea necessarie per questa inverosimile offensiva. Le azioni di sabotaggio in Crimea possono sostituire questa “controffensiva”. Sembrano essere più un esercizio di comunicazione che una vera azione militare. Queste azioni sembrano mirare piuttosto a rassicurare i paesi occidentali che mettono in dubbio l’importanza del loro sostegno incondizionato all’Ucraina.

TP: Ci parli della situazione intorno all’impianto nucleare di Zaporizhzhia?

JB: Ad Energodar, la centrale nucleare di Zaporizhzhia (ZNPP), è stata bersaglio di numerosi attacchi di artiglieria, che ucraini e russi attribuiscono alla parte avversaria.

Quello che sappiamo è che le forze della coalizione russa hanno occupato il sito ZNPP dall’inizio di marzo. L’obiettivo in quel momento era mettere al sicuro la ZNPP in modo rapido, in modo da evitare che venisse coinvolta nei combattimenti e quindi evitare un incidente nucleare. Il personale ucraino che ne era responsabile è rimasto sul posto e continua a lavorare sotto la supervisione della società ucraina Energoatom e dell’Agenzia ucraina per la sicurezza nucleare (SNRIU). Non ci sono quindi combattimenti intorno alla pianta.

È difficile capire perché i russi dovrebbero bombardare una centrale nucleare che è sotto il loro controllo . Questa affermazione è ancora più peculiare dal momento che gli stessi ucraini affermano che ci sono truppe russe nei locali del sito . Secondo un “esperto” francese, i russi attaccherebbero la centrale elettrica che controllano per interrompere il flusso di elettricità in Ucraina . Non solo ci sarebbero modi più semplici per interrompere l’elettricità all’Ucraina (un interruttore, forse?), ma la Russia non ha interrotto la fornitura di elettricità agli ucraini da marzo. Inoltre, vi ricordo che la Russia non ha interrotto il flusso di gas naturale verso l’Ucraina e ha continuato a pagare all’Ucraina le tasse di transito per il gas verso l’Europa. È Zelensky che ha deciso di chiudere l’oleodotto Soyuza maggio.

Inoltre, va ricordato che i russi si trovano in una zona in cui la popolazione è generalmente favorevole a loro ed è difficile capire perché rischierebbero una contaminazione nucleare della regione.

In realtà, gli ucraini hanno motivazioni più credibili dei russi che potrebbero spiegare tali attacchi contro lo ZNPP. , che non si escludono a vicenda: un’alternativa alla grande controffensiva su Kherson, che non sono in grado di attuare, e per prevenire i referendum in programma nella regione. Inoltre, gli appelli di Zelensky a smilitarizzare l’area della centrale elettrica e persino a restituirla all’Ucraina sarebbero per lui un successo politico e operativo. Si potrebbe anche immaginare che cerchino di provocare deliberatamente un incidente nucleare per creare una “terra di nessuno” e rendere così l’area inutilizzabile per i russi.

Bombardando l’impianto, l’Ucraina potrebbe anche cercare di fare pressione sull’Occidente affinché intervenga nel conflitto , con il pretesto che la Russia sta cercando di scollegare l’impianto dalla rete elettrica ucraina prima della caduta. Questo comportamento suicida, come affermato dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, sarebbe in linea con la guerra condotta dall’Ucraina dal 2014.

Ci sono prove evidenti che gli attacchi a Energodar siano ucraini. I frammenti di proiettili sparati sul sito dall’altra parte del Dnepr sono di origine occidentale . Sembra che provengano dai missili BRIMSTONE britannici , che sono missili di precisione, il cui utilizzo è monitorato dagli inglesi. Apparentemente, l’Occidente è a conoscenza degli attacchi ucraini alla ZNPP. Questo potrebbe spiegare perché l’Ucraina non sostiene molto una commissione d’inchiesta internazionale e perché i paesi occidentali stanno ponendo condizioni irrealistiche per l’invio di investigatori dall’AIEA, un’agenzia che finora non ha mostrato molta integrità.

TP: È stato riferito che Zelensky sta liberando i criminali per combattere in questa guerra? Questo significa che l’esercito ucraino non è così forte come comunemente si pensa?

JB: Zelensky deve affrontare lo stesso problema delle autorità emerse da Euromaidan nel 2014. A quel tempo, i militari non volevano combattere perché non volevano confrontarsi con i loro compatrioti di lingua russa. Secondo un rapporto del Ministero dell’Interno britannico, i riservisti si rifiutano in modo schiacciante di partecipare alle sessioni di reclutamento. In ottobre-novembre 2017, il 70% dei coscritti non si presenta per il richiamo. Il suicidio è diventato un problema . Secondo il procuratore capo militare ucraino Anatoly Matios, dopo quattro anni di guerra nel Donbass, 615 militari si erano suicidati . Le diserzioni sono aumentate e hanno raggiunto fino al 30% delle forze in alcune aree operative, spesso a favore dei ribelli.

Per questo motivo, è diventato necessario integrare combattenti più motivati, altamente politicizzati, ultranazionalisti e fanatici nelle forze armate per combattere nel Donbass. Molti di loro sono neonazisti. È per eliminare questi combattenti fanatici che Vladimir Putin ha menzionato l’obiettivo della “denazificazione”.

Oggi il problema è leggermente diverso. I russi hanno attaccato l’Ucraina ei soldati ucraini non sono contrari a priori a combatterli. Ma si rendono conto che gli ordini che ricevono non sono coerenti con la situazione sul campo di battaglia. Hanno capito che le decisioni che li riguardano non sono legate a fattori militari, ma a considerazioni politiche. Le unità ucraine si stanno ammutinando in massa e si rifiutano sempre più di combattere. Dicono di sentirsi abbandonati dai loro comandanti e che gli vengono affidate missioni senza le risorse necessarie per eseguirle.

Ecco perché diventa necessario mandare uomini pronti a tutto . Poiché sono condannati, possono essere tenuti sotto pressione. Questo è lo stesso principio del maresciallo Konstantin Rokossovki, condannato a morte da Stalin, ma rilasciato dalla prigione nel 1941 per combattere contro i tedeschi. La sua condanna a morte fu revocata solo dopo la morte di Stalin nel 1956.

Per mettere in ombra l’uso di criminali nelle forze armate, i russi sono accusati di fare la stessa cosa. Gli ucraini e gli occidentali usano costantemente la propaganda dello “specchio”. Come in tutti i conflitti recenti, l’influenza occidentale non ha portato a una moralizzazione del conflitto.

TP: Tutti parlano di quanto sia corrotto Putin? Ma che dire di Zelensky? È lui il “santo eroico” che tutti ci dicono di ammirare?

JB: Nell’ottobre 2021, i Pandora Papers hanno mostrato che l’Ucraina e Zelensky erano i più corrotti d’Europa e praticavano l’evasione fiscale su larga scala. È interessante notare che questi documenti sono stati apparentemente pubblicati con l’aiuto di un’agenzia di intelligence americana e Vladimir Putin non è menzionato. Più precisamente, i documenti menzionano individui “associati” a lui, che si dice abbiano legami con beni non divulgati, che potrebbero appartenere a una donna, che si ritiene abbia avuto un figlio con lui.

Tuttavia, quando i nostri media riferiscono di questi documenti, mettono regolarmente una foto di Vladimir Putin, ma non di Volodymyr Zelensky.

Figura 2 – Sebbene non sia menzionato nei Pandora Papers, Vladimir Putin è costantemente associato a loro. Mentre Volodymyr Zelensky non è mai menzionato nei nostri media, anche se è ampiamente implicato.

Non sono in grado di valutare quanto sia corrotto Zelensky. Ma non c’è dubbio che la società ucraina e il suo governo lo siano. Ho contribuito modestamente a un programma NATO “Costruire l’integrità” in Ucraina e ho scoperto che nessuno dei paesi contributori si faceva illusioni sulla sua efficacia, e tutti vedevano il programma come una sorta di “velina” per giustificare il sostegno occidentale.

È improbabile che i miliardi pagati dall’Occidente all’Ucraina raggiungano il popolo ucraino. Un recente rapporto di CBS News ha affermato che solo il 30-40% delle armi fornite dall’Occidente arriva sul campo di battaglia. Il resto arricchisce le mafie e altri corrotti. Apparentemente, alcune armi occidentali ad alta tecnologia sono state vendute ai russi, come il sistema francese CAESAR e presumibilmente l’americano HIMARS. Il rapporto di CBS News è stato censurato per evitare di minare gli aiuti occidentali, ma resta il fatto che gli Stati Uniti si sono rifiutati di fornire droni MQ-1C all’Ucraina per questo motivo.

L’Ucraina è un paese ricco, eppure oggi è l’unico paese dell’ex URSS con un PIL inferiore a quello che aveva al crollo dell’Unione Sovietica. Il problema quindi non è Zelensky stesso, ma l’intero sistema, che è profondamente corrotto, e che l’Occidente mantiene al solo scopo di combattere la Russia.

Zelensky è stato eletto nell’aprile 2019 con il programma di raggiungere un accordo con la Russia. Ma nessuno gli ha permesso di portare a termine il suo programma. Tedeschi e francesi gli hanno deliberatamente impedito di attuare gli accordi di Minsk. La trascrizione della conversazione telefonica del 20 febbraio 2022 tra Emmanuel Macron e Vladimir Putin mostra che la Francia ha deliberatamente tenuto l’Ucraina lontana dalla soluzione. Inoltre, in Ucraina, le forze politiche di estrema destra e neonaziste lo hanno minacciato pubblicamente di morte. Dmitry Yarosh, comandante dell’esercito volontario ucraino, ha dichiarato nel maggio 2019 che Zelensky sarebbe stato impiccatose ha eseguito il suo programma. In altre parole, Zelensky è intrappolato tra la sua idea di raggiungere un accordo con la Russia e le richieste dell’Occidente. Inoltre, l’Occidente si rende conto che la sua strategia di guerra attraverso le sanzioni è fallita. Con l’aumentare dei problemi economici e sociali, l’Occidente avrà più difficoltà a fare marcia indietro senza perdere la faccia. Una via d’uscita per la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’UE o la Francia sarebbe rimuovere Zelensky. Ecco perché, con il deterioramento della situazione in Ucraina, penso che Zelensky inizi a rendersi conto che la sua vita è minacciata.

Alla fine, Zelensky è un povero ragazzo, perché i suoi migliori nemici sono quelli da cui dipende: il mondo occidentale.

TP: Ci sono molti video (raccapriccianti) sui social media di soldati ucraini coinvolti in gravi crimini di guerra? Perché c’è un “punto cieco” in Occidente per tali atrocità?

JB: Prima di tutto, dobbiamo essere chiari: in ogni guerra, ogni belligerante commette crimini di guerra. Il personale militare che commette deliberatamente tali crimini disonora la propria uniforme e deve essere punito.

Il problema sorge quando i crimini di guerra fanno parte di un piano o risultano da ordini impartiti dal comando superiore. Questo è stato il caso quando i Paesi Bassi hanno permesso ai suoi militari di consentire il massacro di Srebrenica nel 1995; le torture in Afghanistan da parte delle truppe canadesi e britanniche , per non parlare delle innumerevoli violazioni del diritto internazionale umanitario da parte degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq, Guantanamo e altrove con la complicità di Polonia, Lituania o Estonia. Se questi sono valori occidentali, l’Ucraina è nella scuola giusta.

In Ucraina, la criminalità politica è diventata un luogo comune, con la complicità dell’Occidente. Così vengono eliminati coloro che sono favorevoli a una trattativa. È il caso di Denis Kireyev, uno dei negoziatori ucraini, assassinato il 5 marzo dal servizio di sicurezza ucraino (SBU) perché ritenuto troppo favorevole alla Russia e come un traditore . La stessa cosa è successa a Dmitry Demyanenko, ufficiale della Sbu, assassinato il 10 marzo, anche perché troppo favorevole a un accordo con la Russia. Ricorda che questo è un paese che considera ” collaboratorio ” ricevere o dare aiuti umanitari russi.

Il 16 marzo 2022, un giornalista del canale televisivo Ucraina 24 ha fatto riferimento al criminale di guerra nazista Adolf Eichmann e ha chiesto il massacro dei bambini di lingua russa . Il 21 marzo, il medico militare Gennadiy Druzenko ha dichiarato sullo stesso canale di aver ordinato ai suoi medici di castrare i prigionieri di guerra russi . Sui social queste affermazioni sono diventate subito propaganda per i russi e i due ucraini si sono scusati per averlo detto, ma non per la sostanza. I crimini ucraini stavano iniziando a essere rivelati sui social network e il 27 marzo Zelensky temeva che ciò avrebbe messo a repentaglio il sostegno occidentale. Questo è stato seguito, piuttosto opportunamente, dal massacro di Bucha il 3 aprile, le cui circostanze rimangono poco chiare.

La Gran Bretagna, che allora aveva la presidenza del Consiglio di sicurezza dell’ONU, rifiutò per tre volte la richiesta russa di istituire una commissione internazionale d’inchiesta sui crimini di Bucha. Il deputato socialista ucraino Ilya Kiva ha rivelato su Telegram che la tragedia di Bucha è stata pianificata dai servizi speciali britannici dell’MI6 e attuata dalla SBU.

Il problema fondamentale è che gli ucraini hanno sostituito “l’arte operativa” con la brutalità. Dal 2014, per combattere gli autonomisti, il governo ucraino non ha mai cercato di applicare strategie basate su “cuori e menti”, che gli inglesi usarono negli anni ’50 e ’60 nel sud-est asiatico, che erano molto meno brutali ma molto più efficace e di lunga durata. Kiev ha preferito condurre un’operazione antiterrorismo (ATO) nel Donbass e utilizzare le stesse strategie degli americani in Iraq e Afghanistan. Combattere i terroristi autorizza ogni tipo di brutalità. È la mancanza di un approccio olistico al conflitto che ha portato al fallimento dell’Occidente in Afghanistan, Iraq e Mali.

Counter-Insurgency Operation (COIN) richiede un approccio più sofisticato e olistico. Ma la NATO non è in grado di sviluppare strategie come quelle che ho visto in prima persona in Afghanistan. La guerra nel Donbass è stata brutale per 8 anni e ha provocato la morte di 10.000 cittadini ucraini più 4.000 militari ucraini. In confronto, in 30 anni, il conflitto in Irlanda del Nord ha provocato 3.700 morti. Per giustificare questa brutalità, gli ucraini hanno dovuto inventare il mito di un intervento russo nel Donbass.

Il problema è che la filosofia dei nuovi leader Maidan era quella di avere un’Ucraina razzialmente pura . In altre parole, l’unità del popolo ucraino non doveva essere raggiunta attraverso l’integrazione delle comunità, ma attraverso l’esclusione delle comunità di “razze inferiori”. Un’idea che senza dubbio sarebbe piaciuta ai nonni di Ursula von der Leyen e Chrystia Freeland! Questo spiega perché gli ucraini provano poca empatia per le minoranze di lingua russa, magiara e rumena del paese. Questo a sua volta spiega perché l’Ungheria e la Romania non vogliono che i loro territori siano usati per la fornitura di armi all’Ucraina.

Ecco perché sparare ai propri cittadini per intimidirli non è un problema per gli ucraini. Questo spiega l’irrorazione di migliaia di mine antiuomo PFM-1 (“farfalla”), che sembrano giocattoli, nella città di lingua russa di Donetsk nel luglio 2022. Questo tipo di mine è utilizzato da un difensore, non da un attaccante nella sua principale area di attività. Inoltre, in questa zona, le milizie del Donbass stanno combattendo “in casa”, con popolazioni che conoscono personalmente.

Penso che crimini di guerra siano stati commessi da entrambe le parti, ma che la loro copertura mediatica sia stata molto diversa. I nostri media hanno ampiamente riferito di crimini (veri o falsi) attribuiti alla Russia. D’altra parte, sono stati estremamente silenziosi sui crimini ucraini. Non sappiamo tutta la verità sul massacro di Bucha, ma le prove disponibili supportano l’ipotesi che l’Ucraina abbia inscenato l’evento per insabbiare i propri crimini. Mantenendo silenziosi questi crimini, i nostri media ne sono stati complici e hanno creato un senso di impunità che ha incoraggiato gli ucraini a commettere altri crimini.

TP: La Lettonia vuole che l’Occidente (America) designi la Russia come “stato terrorista”. Cosa ne pensi di questo? Questo significa che la guerra è effettivamente finita e che la Russia ha vinto?

JB: Le richieste estoni e lettoni rispondono all’appello di Zelensky a designare la Russia come stato terrorista. È interessante notare che vengono nello stesso momento in cui viene scatenata una campagna terroristica ucraina in Crimea, nella zona occupata dell’Ucraina e nel resto del territorio russo. È anche interessante notare che l’Estonia è stata apparentemente complice dell’attacco a Darya Dugina nell’agosto 2022.

Sembra che gli ucraini comunichino in un’immagine speculare dei crimini che commettono o dei problemi che hanno, per nasconderli. Ad esempio, alla fine di maggio 2022, quando la resa dell’Azovstal a Mariupol ha mostrato combattenti neonazisti, hanno iniziato a sostenere che ci sono neonazisti nell’esercito russo. Nell’agosto 2022, quando Kiev stava compiendo azioni di natura terroristica contro la centrale di Energodar in Crimea e in territorio russo, Zelensky ha chiesto che la Russia fosse considerata uno stato terrorista.

Zelensky, infatti, continua a credere di poter risolvere il suo problema solo sconfiggendo la Russia e che questa sconfitta dipenda dalle sanzioni contro la Russia. Dichiarare la Russia uno stato terrorista porterebbe a un ulteriore isolamento. Ecco perché sta facendo questo appello. Ciò dimostra che l’etichetta “terrorista” è più politica che operativa e che coloro che fanno tali proposte non hanno una visione molto chiara del problema. Il problema è che ha implicazioni per le relazioni internazionali. Questo è il motivo per cui il Dipartimento di Stato americano è preoccupato che la richiesta di Zelensky venga attuata dal Congresso.

TP: Uno degli esiti più tristi di questo conflitto Ucraina-Russia è il modo in cui l’Occidente ha mostrato il peggio di sé. Dove pensi che andremo da qui? Più o meno lo stesso, o ci saranno cambiamenti che dovranno essere fatti per quanto riguarda la NATO, i paesi neutrali che non sono più neutrali e il modo in cui l’Occidente cerca di “governare” il mondo?

JB: Questa crisi rivela diverse cose. Primo, che la NATO e l’Unione Europea sono solo strumenti della politica estera statunitense. Queste istituzioni non agiscono più nell’interesse dei loro membri, ma nell’interesse degli Stati Uniti. Le sanzioni adottate sotto la pressione americana si ritorcono contro l’Europa, che è la grande sconfitta di tutta questa crisi: subisce le proprie sanzioni e deve fare i conti con le tensioni derivanti dalle proprie decisioni.

Le decisioni prese dai governi occidentali rivelano una generazione di leader giovani e inesperti (come il primo ministro finlandese Sanna Marin); ignoranti, eppure credendo di essere intelligenti (come il presidente francese Emmanuel Macron); dottrinario (come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen); e fanatici (come i leader degli Stati baltici). Tutti condividono alcune delle stesse debolezze, non ultima la loro incapacità di gestire una crisi complessa.

Quando la testa non è in grado di comprendere la complessità di una crisi, rispondiamo con coraggio e dogmatismo. Questo è ciò che vediamo accadere in Europa. I paesi dell’Europa orientale, in particolare gli Stati baltici e la Polonia, si sono dimostrati fedeli servitori della politica americana. Hanno anche mostrato una governance immatura, conflittuale e miope. Sono paesi che non hanno mai integrato i valori occidentali, che continuano a celebrare le forze del Terzo Reich ea discriminare la propria popolazione di lingua russa.

Non parlo nemmeno dell’Unione europea, che si è opposta con veemenza a qualsiasi soluzione diplomatica e ha solo aggiunto benzina sul fuoco.

Più sei coinvolto in un conflitto, più sei coinvolto nel suo esito. Se vinci, va tutto bene. Ma se il conflitto è un fallimento, sopporterai il peso. Questo è ciò che è successo agli Stati Uniti nei recenti conflitti e ciò che sta accadendo in Ucraina. La sconfitta dell’Ucraina sta diventando la sconfitta dell’Occidente.

Un altro grande perdente in questo conflitto è chiaramente la Svizzera. Il suo status neutrale ha improvvisamente perso ogni credibilità. All’inizio di agosto, Svizzera e Ucraina hanno concluso un accordo che consentirebbe all’ambasciata svizzera a Mosca di offrire protezione ai cittadini ucraini in Russia. Tuttavia, per entrare in vigore, deve essere riconosciuto dalla Russia. Logicamente, la Russia rifiutò e dichiarò che “la Svizzera aveva purtroppo perso il suo status di Stato neutrale e non poteva agire come intermediario o rappresentante.

Questo è uno sviluppo molto serio perché la neutralità non è semplicemente una dichiarazione unilaterale. Deve essere accettato e riconosciuto da tutti per essere efficace. Eppure la Svizzera non solo si è allineata con i paesi occidentali, ma è stata anche più estrema di loro. Si può dire che in poche settimane la Svizzera ha rovinato una politica riconosciuta da quasi 170 anni. Questo è un problema per la Svizzera, ma può anche essere un problema per altri paesi. Uno stato neutrale può offrire una via d’uscita da una crisi. Oggi i Paesi occidentali cercano una via d’uscita che permetta loro di avvicinarsi alla Russia nella prospettiva di una crisi energetica senza perdere la faccia. La Turchia ha assunto questo ruolo, ma è limitato, in quanto fa parte della NATO.

Figura 3 – Paesi e organizzazioni che hanno applicato sanzioni alla Russia. Sebbene la Svizzera sia un paese neutrale, si trova al primo posto. Secondo le stesse fonti, ciò è stato fatto sotto la pressione e il ricatto degli Stati Uniti. Tuttavia, questo è un duro colpo al principio stesso della neutralità che avrà conseguenze in altri conflitti futuri.

L’Occidente ha creato una cortina di ferro 2.0 che influenzerà le relazioni internazionali negli anni a venire. La mancanza di visione strategica dell’Occidente è sorprendente. Mentre la NATO si allinea alla politica estera statunitense e si riorienta verso la Cina, la strategia occidentale ha solo rafforzato l’asse Mosca-Pechino.

TP: Cosa pensi che questa guerra significhi in definitiva per l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina?

JB: Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima rispondere a un’altra domanda: “Perché questo conflitto è più condannabile e sanzionabile dei precedenti conflitti iniziati dall’Occidente?”

Dopo i disastri in Afghanistan, Iraq, Libia e Mali, il resto del mondo si aspettava che l’Occidente aiutasse a risolvere questa crisi con il buon senso. L’Occidente ha risposto esattamente in modo opposto a queste aspettative. Non solo nessuno è stato in grado di spiegare perché questo conflitto fosse più riprovevole dei precedenti, ma la differenza di trattamento tra Russia e Stati Uniti ha mostrato che si attribuisce più importanza all’aggressore che alle vittime. Gli sforzi per realizzare il collasso della Russia contrastano con la totale impunità dei paesi che hanno mentito al Consiglio di sicurezza dell’ONU, praticato torture, causato la morte di oltre un milione di persone e creato 37 milioni di rifugiati.

Questa differenza di trattamento è passata inosservata in Occidente. Ma il “resto del mondo” ha capito che siamo passati da un “ordine internazionale basato sul diritto” a un “ordine internazionale basato su regole” determinato dall’Occidente.

A un livello più materiale, la confisca dell’oro venezuelano da parte degli inglesi nel 2020, dei fondi sovrani dell’Afghanistan nel 2021 e poi dei fondi sovrani russi nel 2022 da parte degli Stati Uniti, ha sollevato la sfiducia degli alleati occidentali. Ciò dimostra che il mondo non occidentale non è più protetto dalla legge e dipende dalla buona volontà dell’Occidente.

Questo conflitto è probabilmente il punto di partenza per un nuovo ordine mondiale. Il mondo non cambierà tutto in una volta, ma il conflitto ha sollevato l’attenzione del resto del mondo. Perché quando diciamo che la “comunità internazionale” condanna la Russia, parliamo in realtà del 18% della popolazione mondiale.

Alcuni attori tradizionalmente vicini all’Occidente se ne stanno gradualmente allontanando. Il 15 luglio 2022 Joe Biden ha visitato Mohammed bin Salman (MbS) con due obiettivi: impedire all’Arabia Saudita di avvicinarsi alla Russia e alla Cina e chiedergli di aumentare la produzione di petrolio. Ma quattro giorni prima, MbS ha fatto una richiesta ufficiale per diventare un membro dei BRICS e una settimana dopo, il 21 luglio, MbS ha chiamato Vladimir Putin per confermare che avrebbe sostenuto la decisione dell’OPEC+. In altre parole: nessun aumento della produzione di petrolio. Fu uno schiaffo in faccia all’Occidente e al suo rappresentante più potente.

L’Arabia Saudita ha ora deciso di accettare la valuta cinese come pagamento per il suo petrolio. Questo è un evento importante, che tende a indicare una perdita di fiducia nel dollaro. Le conseguenze sono potenzialmente enormi. Il petrodollaro è stato istituito dagli Stati Uniti negli anni ’70 per finanziare il proprio deficit. Costringendo altri paesi ad acquistare dollari, consente agli Stati Uniti di stampare dollari senza essere coinvolti in un ciclo inflazionistico. Grazie al petrodollaro, l’economia statunitense, che è essenzialmente un’economia di consumo, è sostenuta dalle economie di altri paesi del mondo. La scomparsa del petrodollaro potrebbe avere conseguenze disastrose per l’economia statunitense, come afferma l’ex senatore repubblicano Ron Paul.

Inoltre, le sanzioni hanno avvicinato Cina e Russia, entrambe prese di mira dall’Occidente. Ciò ha accelerato la formazione di un blocco eurasiatico e rafforzato la posizione di entrambi i paesi nel mondo. L’India, che gli Stati Uniti hanno disprezzato come partner di “seconda classe” del “Quad”, si è avvicinata alla Russia e alla Cina, nonostante le controversie con quest’ultima.

Oggi la Cina è il principale fornitore di infrastrutture nel Terzo Mondo. In particolare, il suo modo di interagire con i Paesi africani è più in linea con le aspettative di questi Paesi. La collaborazione con ex potenze coloniali come la Francia e il paternalismo imperialista americano non è più gradita. Ad esempio, Repubblica Centrafricana e Mali hanno chiesto alla Francia di lasciare i loro Paesi e si sono rivolti alla Russia.

Al vertice dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN), gli Stati Uniti hanno annunciato con orgoglio un contributo di 150 milioni di dollari per “rafforzare la loro posizione nella più ampia competizione geopolitica con la Cina”. Ma nel novembre 2021, il presidente Xi Jinping ha offerto 1,5 miliardi di dollari agli stessi paesi per combattere la pandemia e promuovere la ripresa economica. Usando i loro soldi per fare la guerra, gli Stati Uniti non hanno più soldi per stringere e consolidare alleanze.

La perdita di influenza dell’Occidente deriva dal fatto che continua a trattare il “resto del mondo” come “bambini” e trascura l’utilità di una buona diplomazia.

La guerra in Ucraina non è l’innesco di questi fenomeni, iniziati alcuni anni fa, ma è sicuramente un acceleratore e una rivelazione.

TP: I media occidentali hanno spinto affinché Putin potesse essere gravemente malato. Se Putin muore improvvisamente, questo farebbe alcuna differenza per la guerra?

JB: Sembra che Vladimir Putin sia un caso medico unico al mondo: ha un cancro allo stomaco, la leucemia , una malattia sconosciuta ma incurabile e in fase terminale , e secondo quanto riferito è già morto . Eppure, nel luglio 2022, all’Aspen Security Forum, il direttore della CIA William Burns ha affermato che Putin era ” troppo sano ” e che ” non c’erano informazioni che suggerissero che fosse in cattive condizioni di salute”. Questo mostra come lavorano quelli che si dicono giornalisti!

Questo è un pio desiderio e, nella fascia più alta dello spettro, fa eco agli appelli al terrorismo e all’eliminazione fisica di Vladimir Putin.

L’Occidente ha personalizzato la politica russa attraverso Putin, perché è lui che ha promosso la ricostruzione della Russia dopo gli anni di Eltsin. Agli americani piace essere campioni quando non ci sono concorrenti e vedono gli altri come nemici. È il caso di Germania, Europa, Russia e Cina.

Ma i nostri “esperti” sanno poco della politica russa. Perché in realtà Vladimir Putin è più una “colomba” nel panorama politico russo. Dato il clima che abbiamo creato con la Russia, non sarebbe impossibile che la sua scomparsa porti all’emergere di forze più aggressive. Non dobbiamo dimenticare che paesi come Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia o Georgia non hanno mai sviluppato valori democratici europei. Hanno ancora politiche discriminatorie nei confronti della loro etnia russa che sono lontane dai valori europei e si comportano come agenti provocatori immaturi. Penso che se Putin dovesse scomparire per qualche ragione, i conflitti con questi paesi assumerebbero una nuova dimensione.

TP: Quanto è unita la Russia al momento? La guerra ha creato un’opposizione più seria di quella che esisteva in precedenza in Russia?

JB: No, al contrario. I leader americani ed europei hanno una scarsa comprensione del loro nemico: il popolo russo è molto patriottico e coeso. L’ossessione occidentale di “punire” il popolo russo lo ha solo avvicinato ai suoi leader. In effetti, cercando di dividere la società russa nel tentativo di rovesciare il governo, le sanzioni occidentali, comprese quelle più stupide, hanno confermato ciò che il Cremlino ha affermato da anni: che l’Occidente nutre un profondo odio per i russi. Quella che una volta si diceva essere una bugia è ora confermata dall’opinione pubblica russa. La conseguenza è che la fiducia della gente nel governo si è rafforzata.

I gradi di approvazione forniti dal Centro Levada (considerato dalle autorità russe come un “agente straniero”) mostrano che l’opinione pubblica si è irrigidita attorno a Vladimir Putin e al governo russo. Nel gennaio 2022, il tasso di approvazione di Vladimir Putin era del 69% e quello del governo del 53%. Oggi, il tasso di approvazione di Putin è rimasto stabile intorno all’83% da marzo e quello del governo è al 71%. A gennaio il 29% non approvava le decisioni di Vladimir Putin, a luglio era solo il 15%.

Secondo il Centro Levada, anche l’operazione russa in Ucraina gode della maggioranza dei pareri favorevoli. A marzo, l’81% dei russi era favorevole all’operazione; questa cifra è scesa al 74%, probabilmente per l’impatto delle sanzioni di fine marzo, per poi risalire. Nel luglio 2022, l’operazione ha avuto il 76% di sostegno popolare .

Figura 4 – Non tutti i russi sostengono l’operazione speciale in Ucraina, ma tre quarti della popolazione lo fanno. I crimini di guerra ucraini, le sanzioni occidentali e la buona gestione dell’economia da parte delle autorità russe spiegano questo sostegno. [ Fonte ]

Il problema è che i nostri giornalisti non hanno né cultura né disciplina giornalistica e li sostituiscono con le proprie convinzioni. È una forma di complotto che mira a creare una falsa realtà basata su ciò in cui si crede e non sui fatti. Ad esempio, pochi sanno (o vogliono sapere) che Aleksey Navalny ha detto che non avrebbe restituito la Crimea all’Ucraina . Le azioni dell’Occidente hanno completamente spazzato via l’opposizione, non a causa della “repressione di Putin”, ma perché in Russia la resistenza all’interferenza straniera e il profondo disprezzo dell’Occidente per i russi è una causa bipartisan. Esattamente come l’odio dei russi in Occidente. Questo è il motivo per cui personalità come Aleksey Navalny, che non hanno mai avuto una popolarità molto elevata, sono completamente scomparse dal panorama dei media popolari.

Inoltre, anche se le sanzioni hanno avuto un impatto negativo sull’economia russa, il modo in cui il governo ha gestito le cose dal 2014 mostra una grande padronanza dei meccanismi economici e un grande realismo nel valutare la situazione. C’è un aumento dei prezzi in Russia, ma è molto più basso che in Europa, e mentre le economie occidentali stanno alzando i loro tassi di interesse chiave, la Russia sta abbassando i propri.

La giornalista russa Marina Ovsyannikova è stata esemplificata come espressione dell’opposizione in Russia. Il suo caso è interessante perché, come al solito, non diciamo tutto.

Il 14 marzo 2022 ha provocato un applauso internazionale interrompendo il telegiornale russo del Primo Canale con un poster che chiedeva di porre fine alla guerra in Ucraina . È stata arrestata e multata di $ 280.

A maggio, il quotidiano tedesco Die Welt le ha offerto un lavoro in Germania , ma a Berlino attivisti filoucraini hanno manifestato per convincere il giornale a porre fine alla sua collaborazione con lei . Il mediatico Politico ha persino suggerito che potrebbe essere un’agente del Cremlino !

Di conseguenza, nel giugno 2022, ha lasciato la Germania per vivere a Odessa, la sua città natale. Ma invece di essere grati, gli ucraini l’ hanno inserita nella lista nera di Mirotvorets dove è accusata di tradimento, “partecipazione alle operazioni speciali di informazione e propaganda del Cremlino” e “complicità con gli invasori”.

Il sito web di Mirotvorets è una “lista dei risultati” per politici, giornalisti o personalità che non condividono l’opinione del governo ucraino. Molte delle persone sulla lista sono state uccise. Nell’ottobre 2019 l’ONU ha chiesto la chiusura del sito, ma questa è stata rifiutata dalla Rada . Va notato che nessuno dei nostri media mainstream ha condannato questa pratica, che è molto lontana dai valori che affermano di difendere. In altre parole, i nostri media supportano queste pratiche che venivano attribuite ai regimi sudamericani.

Figura 5 – Darya Dugina contrassegnata come “Liquidata”.

Ovsyannikova è poi tornata in Russia, dove ha manifestato contro la guerra , definendo Putin un “assassino”, ed è stata arrestata dalla polizia e posta agli arresti domiciliari per tre mesi. A questo punto, i nostri media hanno protestato.

Vale la pena notare che la giornalista russa Darya Dugina, vittima di un attentato dinamitardo a Mosca il 21 agosto 2022, era nell’elenco di Mirotvorets e il suo fascicolo era contrassegnato come ” liquidato “. Naturalmente, nessun media occidentale ha menzionato di essere stata presa di mira dal sito web Mirotvorets, che è considerato collegato alla SBU, poiché ciò tenderebbe a sostenere le accuse della Russia.

La giornalista tedesca Alina Lipp, le cui rivelazioni sui crimini ucraini e occidentali nel Donbass sono inquietanti, è stata pubblicata sul sito web Mirotvorets . Inoltre, Alina Lipp è stata condannata in contumacia a tre anni di carcere da un tribunale tedesco per aver affermato che le truppe russe avevano “liberato” aree in Ucraina e quindi “glorificato attività criminali”. Come si può vedere, le autorità tedesche funzionano come gli elementi neonazisti in Ucraina. I politici di oggi sono un vanto per i loro nonni!

Si può concludere che anche se ci sono alcune persone che si oppongono alla guerra, l’opinione pubblica russa è in modo schiacciante dietro il suo governo. Le sanzioni occidentali hanno solo rafforzato la credibilità del presidente russo.

In definitiva, il mio punto non è adottare lo stesso approccio dei nostri media e sostituire l’odio per la Russia con quello per l’Ucraina. Al contrario, è per dimostrare che il mondo non è né bianco né nero e che i paesi occidentali hanno portato la situazione troppo oltre. Coloro che sono compassionevoli per l’Ucraina avrebbero dovuto spingere i nostri governi ad attuare le soluzioni politiche concordate nel 2014 e nel 2015. Non hanno fatto nulla e ora stanno spingendo l’Ucraina a combattere. Ma non siamo più nel 2021. Oggi dobbiamo accettare le conseguenze delle nostre non decisioni e aiutare l’Ucraina a riprendersi. Ma questo non deve essere fatto a spese della sua popolazione di lingua russa, come abbiamo fatto finora, ma con la popolazione di lingua russa, in modo inclusivo. Se guardo ai media in Francia, Svizzera e Belgio, siamo ancora molto lontani dall’obiettivo.

TP: Grazie mille, signor Baud, per questa discussione molto illuminante.

 

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