ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 3-4-5), di Daniele Lanza

ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 3)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Nasce il Patriarcato moscovita”
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Diciamo prima di tutto che la chiesa russa ortodossa dai suoi esordi – ovvero dei primi 3 secoli di vita – è una chiesa il cui epicentro è la capitale della RUS medievale (Kiev): quest’ultima e il suo territorio, benchè regno indipendente di grandi dimensioni, costituisce – sul piano della suddivisione organizzativa ecclesiale – una branca di Costantinopoli (in senso religioso). L’intero spazio territoriale assieme ai propri abitanti è amministrativamente inquadrato – per lo schema greco/ortodosso – sotto l’egida del “Metropolita di Kiev e della RUS” : in pratica il regno degli slavi, sul piano spirituale è un settore, una propaggine (gigantesca!) dei patriarchi greci di Bisanzio che ne scelgono il metropolita (massima autorità religiosa responsabile).
La chiesa russa nasce – come naturale che sia – come estensione di Bisanzio (una sua sotto suddivisione) e la cosa è considerata l’ordine costituito per centinaia di anni. Anche in questo caso (come nella precedente frattura Roma-Costantinopoli), un’alterazione radicale del contesto sociopolitico genera a sua volta un disequilibrio che va ad intaccare in profondità complessi sistemi di identificazione: l’invasione mongola da est e la sudditanza plurisecolare all’elemento dominante, determinano da subito un declino rapidissimo della vecchia capitale RUS. Kiev, più volte saccheggiata (1237-40), perde il suo ruolo egemone, in particolare cessa di essere la sede del metropolita ortodosso il quale decide di spostarsi in zone della (ormai frazionata) RUS meno soggette ad incursioni: la scelta ricade su Vladimir nel 1299 e una generazione più tardi su MOSCA (1325), che sono, in successione, le capitali del dinamico e combattivo principato omonimo (il Principato di Vladimir, il più combattivo ed attivo tra tutti i potentati sorti sulle ceneri della RUS, e suo promesso successore, come si vedrà nei secoli a venire). Per così dire la “fiaccola” della chiesa ortodossa russa si sposta – per ragioni strategiche – sensibilmente più a settentrione, malgrado il fatto che continuerà per molto tempo a mantenere la sua denominazione originaria antecedente all’invasione mongola (Metropoli di Kiev e della RUS).
La culla della chiesa ortodossa non è più dunque Kiev, ma Mosca, il cui principato nel XIV-XV secolo è l’alfiere della riscossa degli slavi orientali, politicamente sempre più coesi attorno ad esso (…). Trascorre poco più di un secolo prima che una serie di avvenimenti imprimano una svolta inaspettata al quadro: nell’anno 1435 (al tempo della signorie italiane per intendersi), Mosca sceglie il proprio metropolita – tale Jonah di Ryazan e Murom – il quale dovrebbe recarsi in Costantinopoli per la sua ordinazione, come di rito. Vuole la sorte che esattamente negli stessi anni deflagra una guerra civile dinastica per la successione al trono (che vede contrapposti il figlio e il fratello, rispettivamente, del precedente principe) il che comporta che il prescelto di Mosca a divenire metropolita NON si presenta nei tempi stabiliti a Costantinopoli……….ove – stanchi di aspettare – ne scelgono e ne ordinano uno dei propri (Isidoro, un colto prelato greco di Tessalonica). Costui raggiunta Mosca e inizialmente distintosi per erudizione e capacità diplomatiche, partecipa pochi anni dopo al CONCILIO DI FIRENZE (leggere bene da ora in avanti).
Cosa sarebbe il Concilio di Firenze? In parole poverissime è l’ultima carta della chiesa cattolico romana per cercare di riunire cristiani cattolici e ortodossi in un’UNICA chiesa (a quasi 400 anni dallo strappo del 1054). Isidoro, da evoluto e diplomatico bizantino è FAVOREVOLE a tale unione, dimenticandosi di un fatto fondamentale ovvero che non è più soltanto un diplomatico di Bisanzio, ma anche e soprattutto il metropolita del mondo slavo: un cosmo assai più conservatore della cosmopolita Bisanzio (laddove peraltro NON tutti erano d’accordo alla riunione con Roma), oramai consolidato nella propria tradizione ortodossa e deciso a non lasciarla. Isidoro al suo ritorno a Mosca viene incarcerato quasi subito e quindi espulso, mentre viene ripreso Jonah di Ryazan dopo un certo numero di anni di incertezze (e vuoto decisionale in Costantinopoli): in pratica, per la prima volta il principato di Mosca impone il proprio candidato alla guida della chiesa ortodossa anziché quello ordinato dalla casa madre (Costantinopoli). Siamo nell’anno 1448 : è l’esordio di quella che sarà l’indipendenza della chiesa ortodossa russa rispetto a zone estere rispetto alla Russia stessa.
Ironia del flusso della storia: un tentativo di riavvicinamento tra l’occidente cattolico e l’oriente ortodosso – la volontà di ricucire uno scisma di molti secoli prima – non soltanto NON funziona, ma a sua volta determina uno scisma ulteriore, in seno alla chiesa ortodossa medesima (che vede Mosca scindersi da Costantinopoli , verso un percorso indipendente). Anziché avere un’unica chiesa universale alla metà del 400……….ne abbiamo ora TRE (?!) : Roma, Costantinopoli e Mosca, nuova arrivata. O, se vogliamo vedere le cose da un’altra prospettiva, Roma da ora in avanti invece che un solo centro dell’ortodossia….se ne ritrova DUE (…).
Il rompicapo, il triello, dura tuttavia molto poco: i turchi ottomani sono alle porte e Costantinopoli è inghiottita nel giro di un decennio (1453). Praticamente Costantinopoli non fa a tempo a ricucire lo strappo con Mosca, o malinteso amministrativo, se così vogliamo chiamarlo.
Costantinopoli sprofonda nell’abbraccio ottomano, perdendo ogni credibilità reale sul piano geopolitico (piano nel quale invece la potenza di Mosca sta sorgendo). Da qui in avanti, tutti i metropoliti della chiesa ortodossa in Russia saranno ordinati all’interno del paese come già detto: l’ortodossia russa assume un carattere del tutto particolare rispetto ai suoi analoghi, in senso AUTOCTONO. Vederla su un piano filosofico/sociologico è complesso dal momento che la dinamica in azione accosta due caratteristiche tra loro antitetiche: da un lato il cosmopolitismo insito nell’ortodossia greca, il suo universalismo ellenico di fondo (…), dall’altro la più tipica autoctonia slavo orientale, impermeabile al cambiamento, sicura nella sua fortezza geografica, nel suo heartland difficilmente raggiungibile.
Non sarò io sciogliere l’enigma di questa unione di opposti soprariportata, ma (mi segua il lettore), è una chiave profonda di accesso all’identità russa, una sua indecifrabile contraddizione.
Lo status quo quindi permane in una compagine geopolitica tumultuosa: gli ottomani avanzano nei Balcani, mentre a Mosca non soltanto non ci si pensa più a tornare sotto Costantinopoli, ma anzi – si pensa – perché non divenire NOI la nuova Costantinopoli? (tanto quella vecchia ha cessato di esistere). Un capovolgimento radicale di ruoli reso possibile dalla situazione straordinaria: se fino a poco tempo prima la chiesa ortodossa russa era sotto-suddivisione di Costantinopoli, ora con Mosca autoeletta a “Terza Roma” sono gli ALTRI che possono diventare – teoricamente – sotto suddivisione di mosca. Nella prospettiva occidentale il quadro si complica quindi: dopo quasi 1000 anni di battibecchi non c’è più da trattare con Costantinopoli (con la quale ci si era combattuti, ma ci si conosceva bene), ma con questo ancor più lontano e misterioso stato moscovita. La questione in realtà dal punto di vista dell’organizzazione ecclesiale è più intricata di quanto sembra: tecnicamente la ”Metropoli di Kiev e RUS” – suddivisione bizantina per la Russia medievale – non ha mai cessato di esistere. Viene a configurarsi quindi una specie di “cluster” o sovrapposizione di denominazioni: per un breve periodo si parla di Russia “alta” (incentrata su Mosca) oppure Russia “bassa” (incentrata su Kiev), ma è una partizione destinata ad avere vita breve, dato che i continui successi militari di Mosca modificano dalle fondamenta gli assetti fondamentali dell’epoca. Il piccolo – ma dinamico – principato moscovita, è alla testa di un moto di aggregazione territoriale e conquiste strabiliante: nel giro di mezzo secolo (1450-1500) diventa lo stato più esteso d’Europa e nel cinquantennio successivo (1500-1550) diventa la potenza egemone nello scacchiere estremo orientale del continente, abbattendo tutte le potenze turche circostanti. Il prestigio e lo status quo che ne ricava sono immensi: il regno di Ivan IV (alla testa dei cui eserciti compaiono i vessilli con l’immagine di Cristo) è una grande potenza emergente e per giunta è il sommo difensore della fede ortodossa. Toglierle o anche solo contestarle il primato dell’esser centro della propria chiesa diventa cosa infattibile: col passare del tempo quindi la vecchia denominazione facente riferimento a Kiev, si sbiadisce fino a scomparire e arrivati al culmine della potenza di Ivan IV, l’autocefalia della chiesa ortodossa moscovita è oramai un dato de facto accettato. A coronamento dell’opera avverrà anche una ufficializzazione: attorno al 1590 tutti i patriarcati esistenti riconoscono ufficialmente l’esistenza di una chiesa ortodossa russa autocefala e non soltanto……..quest’ultima viene elevata al rango di PATRIARCATO (che va ad affiancarsi agli altri già esistenti, tra cui quelli antichi).
Riassumendo: a partire dal 15° secolo si verifica uno spostamento geografico della sede spirituale (che riflette i mutamenti geopolitici dell’era) da Kiev a MOSCA e quest’ultima come atto ulteriore si affranca dalla stessa casa madre (Costantinopoli, che tra l’altro non esiste più come soggetto libero), diventando una chiesa del tutto autonoma: il PATRIARCATO DI MOSCA che sorge si configura quindi come un’entità sì ortodossa, ma non più dipendente da zone esterne al paese (col linguaggio di oggi si potrebbe definire come il sorgere di una chiesa “nazionale”).
(CONTINUA)
ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 4)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Nasce il Patriarcato moscovita”
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E così ci siamo arrivati.
Alla fine del 16° secolo nel mentre che in Europa un protestante diventa re di Francia accettando il cattolicesimo (Enrico IV), ad una grande distanza viene sancita l’esistenza di un nuovo patriarcato che va ad affiancarsi a quelli antichi (la pentarchia di era romana) e quelli venuti dopo: quello di MOSCA, che pur rimanendo in comunione con gli altri patriarcati ortodossi, a questo punto acquisisce de facto un prestigio politico enorme.
In pratica abbiamo un potente stato indipendente (il principato di Mosca) ed una chiesa “propria” che ne riflette la cultura e i valori (il patriarcato di Mosca), senza negargli quello slancio all’espansione, quella carica messianica di universalità che gli serve ora più che mai. Compatibilità perfetta di materia e spirito (a differenza di svariati casi europei – tra cui quello italico, che nemmeno citiamo – di interferenze tra cattolicesimo romano e governi nazionali): ci troviamo quindi tra le mani – per così esprimersi – lo ZARATO DI RUSSIA.
Questa piccola Roma (terza) si muove come una trottola sul proprio scacchiere (del tutto negletto agli europei d’occidente) mietendo successi ai 4 punti cardinali: vessilli e stendardi recanti l’effigie del Cristo sono alla testa dei suoi eserciti verso gli Urali, la Siberia, verso Il mar Caspio e anche verso il Baltico e l’artico (ancora non esisteva una bandiera nazionale russa, in senso moderno: si usavano immagini del Cristo ortodosso per identificare la russità). Passano circa 100 anni dal tempo dell’ascesa di Ivan IV, ed ora l’estensione dei possedimenti dello tsarato è sterminata: si va dai margini dello scacchiere europeo sino ai confini con la Cina e le rive del Pacifico. Uno stato così grande si ritrova inevitabilmente in contrapposizione con tanti altri attori del palcoscenico geopolitico del suo tempo, tanto in Asia quanto in Europa: da quest’ultima arrivano le minacce maggiori, vale a dire la potenza polacca (tanti interventi in merito**). A cavallo tra 500 e 600 (epoca dei “torbidi”, ossia un periodo di grave instabilità politica legata ad un sistema di successione che collassa) lo stesso stato russo è in pericolo quando le armate dei sovrani di Polonia arrivano sino a Mosca (venendone poi però respinte). Seguono decenni di ripresa sotto la dinastia Romanov (1613, insediamento) fino ad un altro confronto significativo, che ci riporta ai giorni nostri in un certo senso: nuovo confronto diretto contro il regno di Polonia innescato dalla rivolta cosacca del 1648 (Khelmintsky). Per contrarre una lunga storia (potrei riproporre i vecchi post*) diciamo che lo zarato di Russia cavalca la rivolta dell’HETMANATO cosacco (corrispondente alla zona più centrale dell’odierna Ucraina) : quest’ultimo fu uno stato temporaneo fondato dai rivoltosi cosacchi – strenui sostenitori della fede ortodossa – contro l’espansionismo e la dominanza culturale polacca che implicava un’inesorabile avanzata del cattolicesimo in terre da sempre ortodosse (si era iniziato a creare una chiesa UNIATA, ovvero di rito orientale, ma sotto il pontefice di Roma: un compromesso al fine di incorporare e fidelizzare le popolazioni rutene locali, occidentalizzandone la fede)
Da questa rivolta culturale (che involve anche la fede) dei cosacchi ortodossi contro la nobiltà polacca nasce una guerra in cui Mosca interviene con successo, arrivando a tagliare in due il dominio polacco sull’attuale territorio ucraino (il grande fiume DNEPR sarà linea di divisione tra Russia ortodossa e domini polacchi). Pochi anni dopo , col trattato di Pereslav del 1654, il ribelle stato cosacco viene a sua volta incorporato nel più grande stato russo (…). Non è il luogo per riportare lo svolgimento di questa fase storica, ma si può andare a rivedere una mia miniserie in proposito**)
Nell’essenza lo zarato nel corso del secolo 17° inizia ad estendersi anche a occidente, in direzione della Polonia, in veste di “soccorritore” di entità ortodosse contro potenza di altra fede (a partire dall’entità cosacca che ha incorporato). Questo è passaggio fondamentale: si comprende subito quanto la fede possa costituire elemento degli equilibri territoriali e del gioco geopolitico, di quanto possa essere utilizzata in questo senso (da notare che TUTTE le potenze, cattoliche, protestanti e musulmane, fecero la medesima cosa). Si arriva presto alla conclusione che potrebbe essere un grande vantaggio presentarsi come grande protettore delle fede ortodossa in una eventuale marcia verso occidente (e più tardi verso i Balcani). Questo tuttavia pone un problema non indifferente all’epoca: perché l’operazione sia credibile, occorre che l’ortodossia della chiesa russa sia CONFORME il più possibile a quella dei territori ortodossi coi quali si vorrebbe tessere relazioni, cosa non scontata. Non scontata poiché nei secoli in cui la chiesa ortodossa russa si era sviluppata per conto proprio aveva iniziato a divergere in molti elementi rispetto al canone universalmente seguito dalle altre chiese autocefale (NON mi addentro in questo settore per impossibilità di tempo e preparazione effettiva in materia prettamente teologica) : sta di fatto che occorreva quindi riadattare o meglio AGGIORNARE la chiesa nazionale appianando le differenze con le altre esistenti e quindi standardizzarla.
“STANDARDIZZARE” è il verbo chiave, signori. Si rendeva indispensabile standardizzare la chiesa ortodossa russa, riformarla, spogliandola di quanto aveva sviluppato di divergente rispetto alle altre (tra cui il concetto stesso di Terza Roma in un certo senso, spogliandola dell’eccezionalismo particolare che aveva nutrito). Da qui nasce la RIFORMA dell’ortodossia russa che si consuma nella seconda metà di questo secolo : un evento che nella storiografia russa è chiamato “strappo”, ossia strappo dalla tradizione secolare precedente. Lo stato russo – nella persona del proprio tsar – prende in mano la situazione e decide di trasformare di forza la propria chiesa, adattarla ai propri bisogni. La data fondamentale è il 1667, quando diviene effettiva la cesura rispetto al passato. L’operazione riesce per la decisione con cui viene portata avanti e la chiesa russa verrà “standardizzata” al restante ecumene ortodosso………lasciando tuttavia sul campo una minoranza di popolazione che NON volle accettare il cambiamento: questi ribelli della fede rifiutano un progresso alla fede imposto dallo stato e permangono alla fede come la concepivano, subendone una cascata di conseguenze (emarginazione, clandestinità ed altro). L’appellativo che venne dato loro è di “VECCHI CREDENTI”.
Mi fermo qui anzitempo, ma allego una riedizione di un mio intervento di anni orsono (***) su questa realtà, che caratterizza lo sviluppo dell’ortodossia verso la fine del secolo 17°……..
(CONTINUA)
(Nota tecnica dal cap. 4 di elementi di storia ortodossa)
VECCHI CREDENTI / старообря́дцы
Non è assolutamente lecito tralasciare questo punto che è tra i più intriganti nella storia della chiesa greco ortodossa russa.
Le tensioni geopolitiche del XVII° sec. come abbiamo visto, sono di importanza tale da assumere un carattere assai più ampio….geoculturale potremmo dire, di lunghissimo periodo. La nascita della chiesa uniate in Ucraina ne è un esempio.
Ora, esiste anche una seconda conseguenza sul piano religioso che si sviluppa a partire dalla tormentata metà di tale secolo : un effetto collaterale che incide sulle questioni interne dello zarato di Russia.
Così come i polacchi dal canto loro tentano di preparare il terreno culturale favorendo la diffusione di uno stadio intermedio della cristianità che punta ad occidente (uniati), anche lo zar Alessio I dal canto suo si attiva per creare un contesto maggiormente favorevole ad un eventuale assorbimento delle popolazioni rutene ed ortodosse sotto la guida di Mosca. Vista la comune ortodossia parrebbe scontato…..invece non lo è. Esiste un PROBLEMA non da poco : l’ortodossia russa (se ne prende atto fino in fondo solo nel 1650 a seguito di un’indagine teologica ufficiale) è notevolmente divergente dall’insieme delle altre chiese greco ortodosse facenti capo a patriarcati esteri. In pratica la chiesa ortodossa RUSSA costituisce un unicum nella grande famiglia delle chiese greco ortodosse che la cristianità conta.
Le differenze sono copiose (formule rituali, testi, consuetudini) e agli occhi di un contemporaneo prive di peso, ma per uno slavo di 4 secoli orsono sono invece fondamentali. Perchè tutto questo ? Inizialmente si sostenne che per effetto cumulativo di errori e inesattezze di copisti ed altro. In realtà (come dimostra la ricerca contemporanea più precisa) era avvenuto che mentre l’ensamble delle chiese greco ortodosse (a partire dallo stesso patriarcato di Costantinopoli) si erano evolute ed aggiornate via via col passare dei secoli, secondo uno schema che assicurava una relativa uniformità tra i differenti paesi, la chiesa ortodossa RUSSA non aveva preso parte a tale processo di modernizzazione rimanendo ancorata ad una fase più antica, senza mutamenti (i suoi testi risulteranno infatti essere più antichi rispetto alle altre chiese greco ortodosse).
Tale stato di sospensione temporale, di arcaismo della chiesa russa, se da un lato oltremodo affascinante per lo studioso odierno, diventa insostenibile nel contesto geopolitico della metà del 600 : le popolazioni rutene, seppur ortodosse, potrebbero risultare turbate da quella che più che una difesa della comune ortodossia greca, pare il predominio di un arcaico patriarcato di Mosca.
In parole ancor più semplici, lo zarato di Russia che intende palesarsi come difensore della fede rutena (contro la prepotente avanzata dei cattolici polacchi ) rischia seriamente di esser percepito a sua volta come un’entità estranea o peggio, un invasore.
Che fare ? L’unica soluzione possibile per ovviare al problema……riformare la chiesa ortodossa russa, al fine di uniformarla a tutte le altre : standardizzarla al fine di renderla accettabile agli occhi di tutto il mondo greco ortodosso. Il patriarca moscovita NIKON, sostenuto fortemente dallo zar, procede ad una revisione generale che diventa una grande riforma che prende forma tra il 1652 e il 1667.
La riforma ha successo e la chiesa russa “ritorna in pari” col cosmo ortodosso coevo, ma non senza resistenze : una frazione della popolazione e del clero NON accetta la riforma. Arduo per la mentalità del tempo accettare senza batter ciglio……il modo di interpretare la fede non può esser soggetto a revisioni quanto una qualsiasi norma amministrativa (!!). Non si può attuare con fredda burocrazia e per ragioni di calcolo politico tale mutamento in così poco tempo : una piccola parte della società decide quindi di non adeguarsi e rimanere fedele alla VECCHIA FEDE, senza tener conto della riforma voluta dalla corona…….costoro verranno appellati in più di un modo nelle generazioni a venire (eretici, scismatici, etc.), ma il nome con cui vengono ricordati oggi è “vecchi credenti”.
Il rifiuto di aderire alla riforma istituzionale verrà immediatamente punita con persecuzione e morte : gli elementi che non riusciranno a conformarsi al nuovo corso saranno banditi, allontanati, fino a confinarne l’esistenza fisica ai margini dell’immenso corpo della Russia. Comunità di vecchi credenti si perpetuano di secolo in secolo negli angoli più remoti e selvaggi di tutto il continente zarista……..attorno agli Urali, alle soglie dell’artico (Arkhangelsk) e in qualsiasi luogo periferico rispetto al cuore del paese. L’isolamento geografico favorisce in certi casi anche una permanenza di tali comunità ad uno stile di vita più conservatore ed arcaico rispetto alla popolazione generale.
Coloro che chiamiamo “vecchi credenti” non sono peraltro un blocco omogeneo in quanto si tratta di una definizione ombrello che riunisce una piccola e rutilante schiera di sette dalle differenti sfumature e nomi, riunite in un’unica categoria per ragioni di comodo : una delle differenze che spiccano maggiormente è quella tra quanti hanno ancora un clero e i “bezpopovtzi” (che NON riconoscono nemmeno più l’esistenza di un clero).
Dopo la repressioni iniziale (e la vittoria definitiva della riforma dal 1685) , i vecchi credenti continueranno ad esistere ai margini della società, verso il fondo di essa, come eretici e visionari condannati dalla chiesa ufficiale e soggetti alla benevolenza o alla severità del regnante del momento. Con la costituzione del 1905 non sono più penalizzati dallo stato centrale (mentre la condanna da parte della chiesa durerà fino al 1971 ufficialmente).
La consistenza demografica effettiva di questo segmento della società è oggetto di dubbi e dibattiti : senza dubbio il censimento del 1897 (che accorda un paio di milioni ai vecchi credenti) sottovaluta decisamente il fenomeno, che tra l’altro al tempo si trova ancora nella semilegalità e soggetto al discredito sociale. C’è ragione di crede più vicina al vero la stima riportata da Leon Poliakov (“L’epopée des vieux-croyants”) che invece corrisponde a 10-12 milioni di abitanti (più o meno apertamente) assommandone tutte le sfumature, ovvero quasi il 10% della popolazione dell’impero zarista alla vigilia del primo conflitto mondiale : una proporzione enorme se si considera la natura talvolta estrema dei vecchi credenti (come e più che i protestanti in occidente).
Fosse esatta tale stima (mi piace crederlo, ma non lo garantisco), significherebbe che l’ortodossia russa alle soglie del XX° secolo a dispetto del suo apparente torpore era letteralmente percorsa da scosse millenaristiche e visionarie impregnato di un latente messianismo fino alle fondamenta. Humus dei fermenti bolscevichi ? Il legame tra questi vetero-visionari e i rivoluzionari di Lenin è quanto mi affascina di più…….
ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 5)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Pietro il grande: chiesa e stato”
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Ci si era fermati sul termine del secolo 17°: cala il sipario sull’era – A) della crisi di successione che mette a rischio lo stato russo di fronte ai polacchi, – B) la successiva rivincita una generazione dopo allorchè lo zarato approfittano della rivolta cosacca per infliggere un duro colpo al regno di Polonia (ovvero inglobano tutta l’Ucraina orientale sino allo spartiacque del Dnpr) ed infine – C) l’avvento al trono di Pietro I…..che pone le basi essenziali per lo sviluppo nazionale per il secolo ancora successivo.
Gli ultimi due punti (B e C ) hanno effetti considerevoli sulla chiesa ortodossa russa, e costituiscono i nodi nevralgici tramite i quali essa transita verso la tarda età moderna, uscendo da un passato che portava ancora i segni della rinascita tardo-medievale che precede l’unificazione russa (…).
Come si è già visto, tra il 1654-1667 si consuma il “RASKOL” ovvero lo strappo tra la chiesa ufficiale (cui viene dettato l’imperativo di conformarsi alle altre chiese ortodosse rispetto alle quali aveva visto uno sviluppo divergente nei secoli passati) ed una piccola minoranza della società che rimarrà legata alla tradizione precedente (i vecchi credenti) da allora in avanti. Il processo di standardizzazione richiederà molti anni, ma vedrà un sostanziale successo con l’emergere di una chiesa ortodossa russa allineata alle altre: essenzialmente – saltando molti punti teologicamente rilevanti, e riducendo tutto all’aspetto più ideologico – viene meno l’interpretazione eccezionalistica di Mosca come “Terza Roma”, fatto tuttavia compensato da una standardizzazione internazionale nei confronti delle altre chiese che pertanto apre le porte a futura collaborazione (permettendo allo stato russo di interpretare un ruolo di difesa dell’ortodossia al di fuori dei propri confini).
Tutto questo è solo una PRIMA fase in quello che potremmo definire processo di razionalizzazione moderno della chiesa russa. Il SECONDO combacia cronologicamente con l’avvento di Pietro il grande.
Innumerevoli le riforme di quest’ultimo nella sua opera di stabilire una differente traiettoria storica per l’intero paese dei secoli a venire: la chiesa semplicemente non poteva passare indenne alla più magmatica finestra di tempo della storia russa.
Cosa significa – per l’ortodossia russa – la parentesi petrina ? Significa la sua riduzione a strumento di stato in termini grezzi. In pratica il patriarcato di Mosca cessa di esistere……ovvero dopo la morta dell’ultimo legittimo patriarca (1700), l’allora tsar Pietro impedisce che venga eletto un successore stabilendo invece la creazione di un “SANTISSIMO SINODO” : quest’ultimo era formato da un gruppo dei 10-12 massimi rappresentanti del clero, nominati dall’imperatore in persona, che costituivano il più alto corpo della chiesa ortodossa russa…..riorganizzata sul medesimo modello delle chiese luterane nei regni di Prussia e Svezia (anche questo nell’ottica occidentalizzatrice di Pietro il grande). La chiesa razionalizzata quasi a mo di ministero (…) e che come tale funzionerà per i successivi anni di storia imperiale, dall’esordio petrino sino alla sua conclusione storica con la rivoluzione (1721-1917).
In pratica la chiesa ortodossa russa in un lasso di tempo di 50 anni risulta prima standardizzata….e quindi del tutto statalizzata: un processo di razionalizzazione che ci porta dalla Terza Roma a secolarizzarsi quanto un ministero di governo (per chi del pubblico nostrano sia stupito, occorre ricordare che solo nella chiesa cattolica si verifica un fenomeno di discordanza tra governante e chiesa: nei contesti nazionali protestanti e ortodossi – chiese indipendenti ed autocefale per natura – questa discordanza si manifesta molto meno, coincidendo invece regnante e guida spirituale). Questa lunga parentesi che segue, vede la chiesa come componente dello stato dunque (il quale a sua volta si era incredibilmente esteso per conquista geografica).
Il santo sinodo sotto il controllo dei vari tsar, farà la sua storia, fino al momento in cui un evento storico altrettanto poderoso che l’avvento di Pietro I non riuscirà a rimettere in moto l’intera situazione (rivoluzione del 1917: solo da quest’anno, dalla rivoluzione di febbraio, si ristabilisce il patriarcato di Mosca. La rinascita del patriarcato a seguito della fine dell’autocrazia è tuttavia solo una breve illusione: una nuova forma di razionalizzazione – questa volta atea – è alle porte).

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ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap 1-2), di Daniele Lanza

ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cp.1)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – PROLOGO
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C’era una volta, tanto, tanto e tanto tempo fa…la cristianità antica.
Sì, proprio come ci insegnano i manuali di storia sin dalle elementari : quella piccola comunità di credenti che striscia dentro e fuori le catacombe al calare della notte, senza mai arrendersi, fino a diventare una realtà enorme – dopo secoli interi di status ai confini della legalità, temprata da martiri e persecuzioni – e conquistare dall’interno l’IMPERO, divenirne il fulcro, il nucleo. Ciò che era illegale si fa legale e non soltanto: diventa esso stesso il pilastro spirituale dell’ordine costituito. Una lunga marcia che ha dell’omerico, un risultato storico supera ogni immaginazione dei primi cristiani: la piccola croce di legno su cui piangeva uno schiavo diventa il simbolo degli imperatori.
Epopea narrata 1000 volte…..si sa pressochè tutto.
Orbene come naturale che sia, man mano che questa realtà si fece più grande, ebbe bisogno di strutture organizzative sempre più articolate: nascono decine di diocesi, le quali a loro volta fanno capo secondo la suddivisione territoriale dell’epoca, ad una serie di città – le maggiormente rilevanti del loro tempo – che quindi sono designati a rivestire il ruolo di centri spirituali. L’insieme di diocesi e territori facente capo ad una di questi centri, si chiama PATRIARCATO (che prende il nome della città in questione). Alla vigilia della disgregazione finale dell’impero romano d’occidente – nel V sec. – i patriarcati sono CINQUE: 1 – ROMA, 2 – COSTANTINOPOLI, 3 – ALESSANDRIA, 4 – ANTIOCHIA, – GERUSALEMME. Insomma, un qualcosa che ci rivela quali fossero i centri urbani maggiori della tarda antichità romana. Nel suo insieme verrà denominato PENTARCHIA (5 centri).
Il loro riconoscimento è sancito dagli arcinoti concili che costellano la storia della chiesa cristiana tra la tarda antichità e l’alto medioevo: il primo tra questi sarà quello di Nicea nel 325 D.C. (anche qui, i manuali ci informano perfettamente). Per quanto riguarda il nostro discorso – e sorvolando e comprimendo ahimè decine di passaggi – DUE di questi concili costituiscono la base dello sviluppo storico del millennio a venire, preparando una prima faglia di divisione (come le placche terrestri in geologia) tra la dimensione orientale e quella occidentale della cristianità:
A – Concilio di Costantinopoli (381 D.C.)
B – Concilio di Calcedonia (451 D.C.)
Il primo (sotto Teodosio) eleva Costantinopoli – divenuta capitale imperiale – al rango di Patriarcato, anche superiore ad altri già esistenti (come Alessandria e Antiochia) in virtù del suo status, mentre il secondo, 70 anni più tardi, finisce col rafforzare ulteriormente lo stesso patriarcato della capitale a spese di altri (soprattutto Alessandria). Abbiamo quindi un trend chiaro in atto: tra il IV e V secolo va sbiadendosi il peso di determinati centri d’oriente (Siria ed Egitto), mentre di converso abbiamo la piena ascesa della nuova capitale che diventa inevitabilmente diretta rivale della vecchia capitale (Roma). Quest’ultima ha un prestigio inestinguibile, come è parimenti vero che Costantinopoli detiene un ruolo di enorme peso: entrambe si inseriscono a pieno diritto nella tradizione/successione apostolica (a differenza dei protestanti nordeuropei di un migliaio di anni più tardi che spezzeranno in toto quel vincolo), entrambe parte di un sistema che in realtà non prevedeva primati assoluti, ma al massimo il ruolo di “primus inter pares”, ed entrambe sono – al tempo medesimo – capitali, nell’indescrivibile compagine di caos che porta all’implosione della romanità d’occidente. A chi quindi il primato??
Il peso storico e culturale di questo interrogativo supera qualsiasi tentativo di costruire risposte razionali che siano universalmente condivise. In questa sede possiamo esclusivamente SEGUIRE il filo della storia, dei fatti concreti susseguitisi, considerando che è letteralmente impossibile da riportare nella manciata di righe che si hanno a disposizione: condensiamo dunque in modo sensato, tanto da trasmettere al lettore almeno la direzione del flusso storico. La contrapposizione primeva delle due realtà a noi note come ROMA e COSTANTINOPOLI è destinata in un certo senso a rimanere un nodo non risolto (come tanti altri che vedremo): una rivalità che cronologicamente va a combaciare col mastodontico processo di parcellizzazione dell’Impero, a cominciare dalla partizione geografica sull’asse classico occidente/oriente, per finire con l’implosione della sua parte occidentale. Insomma la lotta per una qualche supremazia su tutto l’impero è resa impossibile dal fatto che è lo stesso impero a non esistere più, giunto allo stadio conclusivo del suo sviluppo storico. Un confronto MAI risolto sul medesimo ring, dal momento che non esiste più un ring (permettetemi di esprimermi così).
In altre parole, Roma e Costantinopoli come centri spirituali non sono certo morti (anzi sono vivi più che mai), ma sono sospinte fuori dal recinto geopolitico dell’antichità che le ha viste nascere, per essere proiettate nella fase successiva della storia del continente, che vede un nuovo sistema di “strutture” materializzarsi (e col quale quindi si dovranno fare i conti): Roma e Costantinopoli continuano a vivere e prosperare, ma in sfere politico/territoriali ora SEPARATE, eternamente capitali (entrambe) non più soltanto votate a cercare di persuadere teologicamente l’opponente, bensì a conquistare più terreno possibile sul piano materiale (geopolitico), onde godere di un primato de facto, nella realtà (…). Quella che era una rivalità interna all’impero……..cessato quest’ultimo, diventa una rivalità geopolitica nei secoli a venire (il senso è questo).
Occorre tuttavia molto tempo perché tutto questo si concretizzi in modo rilevante (tempi storici, non esattamente a misura d’uomo): a partire dal V sec. in avanti – dopo la fine di Roma in occidente – per mezzo millennio la “disputa” prosegue, di concilio in concilio, senza che la situazione cambi sensibilmente, ovvero senza che uno degli opponenti convinca l’altro, ma anzi: l’ascesa poderosa degli ismailiti (ISLAM), e le conquiste irreversibili in tutto l’oriente vicino, sommergono fino a farle scomparire le realtà di Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria, trasformandole letteralmente in residuati della cristianità antica (benchè tali chiese continueranno a esistere per lunghissimo tempo, non ho tempo di ricordare qui il cristianesimo arabo), a ruoli puramente cerimoniali, comparativamente al continente europeo non toccato dalle conquiste arabe.
Questo significa che da parte romana perde sempre più terreno l’argomento più spesso a disposizione, ossia il rifarsi all’originaria Pentarchia (ove Roma godeva del primato “inter pares”): nel mondo dell’alto medioevo NON esiste più, nei fatti, una “Pentarchia”. In breve, il mutato contesto geopolitico dell’evo antico (espansione arabo/islamica) non fa che restringere ai minimi termini la costellazione di riferimento della cristianità riducendola agli unici due pilastri ancora in piedi si riducono a ROMA e COSTANTINOPOLI: non esistono altri “competitor” credibili…..o l’uno o l’altro (e nessuno disposto a cedere). Se vogliamo interpretate il tutto secondo uno schema elementare di “movimenti” allora abbiamo un movimento in avanzata da SUD (Islam), che indirettamente influisce sulla cristianità, nella misura in cui tale pressione fa emergere in maggiore risalto la dicotomia OCCIDENTE/ORIENTE al suo interno. Questa è de facto la situazione all’ANNO 1000, benchè sul piano formale nessuna cesura sia stata in realtà fatta (ricordare bene questo): la rivalità si perpetua per circa mezzo millennio senza che vi sia uno strappo “ufficiale” tra occidente ed oriente cristiano.
Quest’ultimo avviene (anche qui, conoscenza comune), nel secolo XI e più precisamente nell’Anno Domini 1054……..
(le date in sé significano poco, ma il loro valore è inestimabile nell’aiutarci a sistematizzare, incasellare, periodizzare e in generale scientificizzare la materia storica, come coordinate)
(CONTINUA)
ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 2)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Da Costantinopoli a Mosca”
—–
Anno 1054, ci siamo arrivati.
La data in sé (rispetto al capitolo introduttivo precedente – necessario, ma che si suppone di conoscenza comune), dice già molto meno alla maggioranza dei lettori.
Ci si era lasciati alla secolare rivalità Roma-Costantinopoli della seconda metà del PRIMO millennio dopo Cristo: un conflitto non dichiarato, una separazione mai avvenuta sulla carta, DE JURE, cioè. Si arriva anche a questo tuttavia, il giorno in cui il Patriarca di Costantinopoli (anche imperatore dato che in tale tradizione i due poteri sono unificati – labellati come cesaropapismo) e il pontefice si scomunicano a vicenda (1054 per l’appunto). Ora, ATTENZIONE: se la data canonica cui si fa retroattivamente risalire lo scisma tra chiesa ortodossa e cattolica è questo, occorre essere consapevoli che si tratta di un punto di riferimento, soltanto. Frizioni erano già emerse prima, come fatti assai più gravi verranno dopo (si intende dire che per il comune sentire non furono tanto importanti gli eventi del 1054 – quasi negletti in realtà, dalla maggioranza della società dell’epoca – quanto avvenimenti più concreti quali il saccheggio di Bisanzio nella IV crociata (1204) ed altri episodi, di maggiore impatto nella percezione popolare. Le date, spesso, sono convenzionali (ma indispensabili).
Insomma il GRANDE SCISMA tra Roma e Costantinopoli si dispiega per secoli dopo il suo inizio “tecnico” (nemmeno avvertito dai più). Va anche detto che nello spazio di tempo che copre la prima metà del secondo millennio della storia europea (1000-1500) almeno 2 volte si tentò di ricucire l’antico strappo (1284 e 1439) inseguendo una visione di unione globale che tuttavia era oramai aliena al sentire generale delle rispettive popolazioni (latino/cattolici e greco/ortodossi, avevano nel corso di numerosi secoli costruito identità separate, il cui peso oltrepassava le mosse delle alte gerarchie quand’anche esse perseguissero la via della riunione tra le due fedi).
ALT, fermiamoci un attimo (sosta di riflessione): siamo arrivati sino alle crociate coprendo in una manciata di righe 8 secoli di sviluppo umano e spirituale (mi vergogno profondamente nella mia veste di “compressore”), ribadendo molte nozioni di dominio comune, scolastico. Facendo riferimento allo scisma del 1054 ci addentriamo in un settore già più specifico della materia. Ora……proseguiamo ancora in questa direzione e più nello specifico.
Siamo oramai a un medioevo TARDO. Con le tragedie maturate durante le crociate diventa irreversibile lo strappo tra occidente e oriente cristiano (tecnicamente risalente al 1054, e quindi retrodatato ad allora): centinaia di anni di sviluppo divergente hanno dato vita a differenti dimensioni della cristianità, ci siamo (mio Dio quale sterminata autostrada di eventi che devo saltare, un’enciclopedia). La nostra Costantinopoli è oramai irreversibilmente “ortodossa”………ma si trova anch’essa – come era accaduto a Roma – allo stadio finale della propria esistenza, assediata dall’incontenibile realtà ottomana. Fine di tutto ? No…………la salvezza arriva da lontano, o meglio la sopravvivenza dell’ideale greco-ortodosso ci sarà, anche se spostata a latitudini, dalle quali mi ci si sarebbe aspettato qualcosa. Anziché giri di parole, andiamo al vero punto dei miei interventi, signori (attenzione).
Costantinopoli nel corso di lunghi secoli non era certo rimasta con le mani in mano sul piano “missionario”, quello dell’evangelizzazione di popolazioni “esterne” per così dire: se è vero da un lato che l’impero di Bisanzio è soggetto a secolare erosione territoriale sulla sue frontiere orientali e meridionali (ad opera di arabi, turchi) è altrettanto vero che sfruttando le proprie posizioni geografiche (controllo del mar Nero) avevano a disposizione un accesso del tutto particolare ad una cosiddetta “zona morta”. Un’area grigia, un continente buio (vai a trovarne di definizioni), immenso e vergine, coperto di foreste e popolazioni ingenue, ma molto resistenti, immerse nel rigore di madre natura: si parla di quel quadrante estremo dell’Europa orientale, mai toccato dalla romanità (nemmeno al suo zenit) per mancanza oggettiva di risorse ed interesse…………potremmo chiamarlo il continente della TAIGA, o il continente russo, fate voi.
Questo spazio, tanto esteso quanto l’intero occidente europeo, ma assai meno popolato poteva essere fonte di mistero (e persino fascino) per i monarchi – Basileus – di Costantinopoli, tanto quanto celti e germani lo erano stati per gli imperatori romani a suo tempo: anzi potremmo dire che gli slavi ERANO – per la mentalità greca – i barbari del nord che celti e germani erano per Roma. Non valeva nemmeno la pena mobilitare risorse per conquistare tali regioni lontane e povere (meglio utilizzarle semmai per difendere i precari confini orientali dalla marea turco/araba). Niente conquista formale quindi, niente militari………ma un flusso di missionari che modificherà il corso della storia in quest’area.
Un sovrano slavo (di quelli ancora discendenti direttissimi dei norreni rurikidi, probabilmente un barbaro vichingo per gli standard bizantini) di nome Vladimir I, dopo accurata meditazione sui vantaggi e non di tale mossa, si fa battezzare cristiano, seguito fatalmente dalla propria popolazione : è l’anno del Signore 988.
La politeista massa slava, sparsa da era antidiluviana in un cosmo assai più grande fatto di foreste, laghi e fiumi, “rinasce” – nel giro di qualche generazione – greca/ortodossa (fatte salvi tutti quei coloriti sprazzi di abitudini pagane che sopravviveranno a lungo…), rimanendolo saldamente per le ere a venire: col linguaggio odierno potremmo considerare il tutto una straordinaria mossa di SOFT POWER da parte di Bisanzio: non avranno conquistato in armi le foreste, ma ne hanno trasformato gli oscuri abitanti fermi allo stadio tribale in “sudditi cristiani di stampo greco” (grossomodo, certo).
Più realisticamente si tratta di una simbiosi, come tanto spesso avviene: cultura popolare slava che si amalgama a quella originaria greco/ortodossa: ne viene fuori un agglomerato slavo/ortodosso. Si potrebbe paragonare a grandi linee a quanto accade in occidente: la latinità sopravvive indirettamente trasfigurandosi nella molteplicità di stati romano barbarici che ne sorgono……con la sensibile differenza che nell’Europa orientale ve n’è UNO solo di grandissime proporzioni, che copre l’intero quadrante (la RUS). Riassumendo in modo più comprensibile – per quanto cervellotico – la dinamica di lunghissimo corso: la cristianità greco/ortodossa dalle sue ancestrali basi mediterranee, trasmigra verso un grande NORD, con successo……..e questo proprio mentre sull’altro versante lo stato bizantino si avvia ad essere fagocitato dalla forza turca. Un’ironia della sorte che il testimone dell’ortodossia (come potenza geopolitica) passi ad un’entità essenzialmente nordica alla quale probabilmente gli evoluti sovrani bizantini non avevano pensato.
Questa è una descrizione delle cose tuttavia molto filosofica, molto generale: su un piano pratico occorre dire ancora molte cose, occorre andare nel dettaglio: nell’essenza, così come Costantinopoli si scollò da Roma…….vediamo con più chiarezza come a sua volta MOSCA si scolla da Costantinopoli.
(CONTINUA)

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Due papi, due misure_ di Luigi Longo

Italia e il mondo riproporrà in successione tre articoli di Luigi Longo già apparsi anni fa sul sito www.conflittiestrategie.it di analisi del ruolo del Vaticano nel contesto geopolitico. Contestualizzando gli eventi citati, offrono comunque importanti punti di riflessione. Qui sotto il secondo brano. Buona lettura_Giuseppe Germinario

Papa emerito Benedetto XVI e Papa Francesco, un

 riallineamento della Chiesa nella fase multipolare?

di Luigi Longo

 

 

*Non lascio la croce, resto in modo nuovo

                                                                                                   Papa Benedetto XVI

Il potere è presente. La santità è postuma.

Thomas Stearns Eliot

 

 

1.Le dimissioni del papa Benedetto XVI hanno provocato un terremoto epocale nella Chiesa ( intesa come comunità cristiana) e nello Stato della Città del Vaticano ( inteso come governo della istituzione con le sue ramificazioni territoriali a livello nazionale e mondiale). Avanzerò, per interpretare la rinunzia del papa, due ipotesi di ragionamento che tengono in subordine le questioni storiche di grande importanza per la Chiesa: la soggettività della donna, la questione interna della pedofilia, il ruolo dello IOR e dell’Opus Dei, il suo ruolo nelle diverse sfere ( solo per astrazione ) della società, soprattutto in quella economico – finanziaria, le attività dei servizi segreti, il ruolo dei movimenti ( Comunione e Liberazione, Comunità) e delle congregazioni ( gesuiti, salesiani e francescani). Le due ipotesi, che cercano di capire la profondità delle vibrazioni rapide e più o meno potenti del sisma, sono: a) una rottura storica nella Chiesa e nello Stato della Città del Vaticano (1), b) la ricerca di un nuovo sistema di ri-equilibrio della Chiesa, nella fase multipolare che sta avendo una certa accelerazione ( sia pure imperfetta), considerando le cose che accadono nelle varie aree del mondo(2) dove tutti gli Stati- potenza, quello “egemonico”, in declino ( USA ) e, quelli emergenti in ascesa ( Cina, Russia, India ), sono in movimento [ è utile ricordare, come insegnano Giovanni Arrighi e Gianfranco La Grassa, che le transizioni egemoniche non sono processi lineari, fluidi e uniformi] (3).

 

2.La rottura storica. Il ritiro del Papa riguarda la messa in discussione della sacralità, dell’infallibilità e dell’insostituibilità del << sovrano assoluto vicario di Cristo in terra, cioè il sostituto dell’al di qua della Seconda Persona della Santissima Trinità che regna nell’aldilà >> (4). Per dirla con Massimo Franco :<< […] il Vaticano comincia ad apparire un sistema di governo come gli altri; e dunque il Papa, capo della Chiesa cattolica, a uscire dalla nicchia teocratica nella quale lo poneva la sua carica a vita, inserendolo nella lista di presidenti, primi ministri e dirigenti. E’ questo che colpisce di più. Rispecchia il dramma di un’istituzione che dovrà ricalibrare molti dei suoi principi sulla base di una novità prevista ma mai verificatasi negli ultimi seicento anni. >> (5).

La rottura storica del Papa può avviare un processo di rinnovamento del potere religioso temporale che svela il conflitto esistente, un conflitto strategico tra diversi blocchi di potere che si contendono l’egemonia, all’interno della Chiesa e dello Stato della Città del Vaticano, tra visioni diverse del ruolo della religione, della fede, degli strumenti del potere (istituzionali e non), del dialogo con la modernità (6) nella società a modo di produzione capitalistico. Una sorta di disvelamento dell’uso che il potere religioso temporale fa del potere religioso spirituale (7). Una nuova sintesi e una nuova evangelizzazione mondiale che si proietta nella nuova fase intrinseca ai mutamenti storici ( la fase multipolare) e che va oltre la storica opposizione tra conciliaristi e conservatori << il suo modo [ del papa] particolare di essere rivoluzionario ha soprattutto contribuito a superare lo schema attraverso il quale, fin dall’Ottocento, veniva letta anche storicamente la vita interna della Chiesa, e cioè la contrapposizione fra conservatori e riformisti >> (8). In questo senso non è convincente, a mio avviso, la scelta della via conciliarista auspicata da Franco Cardini e Luisa Muraro ( una delle madri del pensiero della differenza sessuale), che resta comunque all’interno della contrapposizione tra monarchia papale e governo conciliarista, quando il primo afferma :<< Un rinnovamento che, in termini ecclesiali, equivale a una parola chiara, ma complessa, costosa, rischiosa: concilio[corsivo mio]. >> (9); e la seconda, indirettamente, indica: << “Santità… Lei prenda come esempio e modello il migliore dei papi che abbiamo avuto nel secolo ventesimo, Giovanni XXIII, che si dimostrò umile, affettuoso, coraggioso e politicamente intelligente” >> (10). La Chiesa a monarchia papale e la Chiesa conciliare, che storicamente si intrecciano e si sorreggono a vicenda, condividono, con le proprie istituzioni e le proprie strutture, il legame sociale dato, l’ordine simbolico della società a modo di produzione capitalistico. Il loro potere religioso spirituale ( la santità è postuma ) alimenta e giustifica il potere religioso temporale (il potere è presente ) che è espressione di una realtà che esiste in superficie come fenomeno , ma che non ha niente a che fare con la sostanza del mondo materiale e spirituale. E’ una Chiesa che non ha niente a che fare né con l’ecumenismo popolare né con l’ecumenismo istituzionale, intendendo con essi quanto scriveva Giulio Girardi: << Per “ecumenismo istituzionale” intenderei il rapporto di rispetto, stima e collaborazione tra le diverse istituzioni religiose, promosso dalle rispettive gerarchie. Per “ecumenismo popolare” intenderei invece un rapporto promosso dal “popolo di Dio”, indipendentemente dalla gerarchia e spesso in contrasto con essa. Il contrasto si riferisce specialmente alla natura della relazione, che in questo ecumenismo è di uguaglianza e reciprocità tra  tutte le religioni, compresa la cattolica.[ corsivo mio] >> (11). E’ una Chiesa in cui il Gesù di Nazaret ( Gesù storico ) non si riconoscerebbe, farebbe una ben più profonda cacciata dalla città-tempio di Gerusalemme dei decisori strategici del potere: << Il regno di Dio, nell’accezione originaria di Gesù, porta la distruzione, non la pace, ai reggitori e ai beneficiari di un ordine ingiusto [ corsivo mio] >> (12); mentre, il Paolo di Tarso ( il vero fondatore della Chiesa cristiana) la apprezzerebbe << le distinzioni sociali fra ricchi e poveri, schiavi e padroni erano accettate, ma dovevano essere mitigate da donazioni generose e da condotte gentili >> (13).

Le dimissioni del Papa denunciano che il mondo è cambiato. Non c’è più il <<comunismo storico novecentesco realmente esistito (1917-1991) >> ( utilizzo qui la definizione di Costanzo Preve). Le potenze mondiali si stanno delineando. Una fase multipolare incalza. La Chiesa come si pone, sia all’interno che all’esterno, in questi cambiamenti epocali? Non può rimanere prigioniera della logica conservatrice o progressista: è una nuova sintesi e un nuovo ruolo che bisogna ricercare. Ricercare una nuova grammatica e un nuovo linguaggio che serva a costruire un nuovo ordine simbolico della Chiesa cristiana la cui relazione con la realtà sia sempre più corrispondente << La grammatica è “storia” o “documento storico”: essa è la “fotografia” di una fase determinata di un linguaggio nazionale (collettivo) [ formatosi storicamente in continuo sviluppo ], o i tratti fondamentali di una fotografia. La quistione pratica può essere: a che fine tale fotografia? Per fare la storia di un aspetto della civiltà o per modificare un aspetto della civiltà? >> (14).

La scelta di Papa Benedetto XVI pone all’ordine del giorno la temporalità del mandato. Temporalità legata all’equilibrio dinamico degli attori strategici sia esso espressione della nuova sintesi ( per modificare un aspetto delle civiltà ), sia esso espressione della suddetta storica opposizione ( per fare la storia di un aspetto della civiltà). E in questa fase di nuova sintesi e di un nuovo riallineamento il Papa emerito ci vuole stare con tutto il suo potere per indirizzare in << modo nuovo >>.

 

3.Il riallineamento della Chiesa. L’abdicazione del Papa può prospettare un nuovo riallineamento che tenga conto della nuova configurazione mondiale che si va delineando con la sempre più avanzata fase multipolare.

Ieri, nella fase policentrica, attraversata da ben due guerre mondiali, la Chiesa si schierò con l’occidente sotto l’egida americana, in contrapposizione al blocco rappresentato dal cosiddetto comunismo dell’ex URSS. La fase policentrica, preceduta da una lunga fase multipolare, segnò il passaggio, come centro coordinatore egemonico di un equilibrio dinamico prevalentemente occidentale, dall’impero britannico a quello americano.

Francesco Cossiga ricorda che << Negli anni cinquanta la scelta atlantica era obbligata[ dalla sfera di influenza americana, corsivo e precisazione mia]. Su di essa convergevano l’interesse nazionale italiano e l’interesse ecclesiastico vaticano: non solo non eravamo in grado di garantire la nostra indipendenza senza l’ombrello atlantico, ma esso era necessario anche a proteggere la sicurezza della Santa Sede, l’organo centrale della Chiesa cattolica incastonato nel nostro territorio >> (15).

La Chiesa fu un << baluardo >> contro l’espansione del socialismo. Non cercò un gramsciano << sistema di equilibrio >> (16) un confronto non più con i vecchi Stati capitalistici, bensì con i nuovi Stati socialisti (17 ) per il conseguimento delle intese tra i popoli e tra le loro religioni.

Oggi, nella fase multipolare, la Chiesa dovrebbe essere universale ( a partire da questo insegnamento della storia, ma superandolo, considerata l’attuale fase storica), e dovrebbe, in maniera autonoma, intrecciare relazioni con tutte le religioni ( pluralismo religioso) di tutti i popoli ( intesi come le parti maggioritarie e sfavorite delle popolazioni), di tutti i Paesi ( pluralismo culturale) per favorire il loro sviluppo nel rispetto della sovranità, dell’autodeterminazione e della maggioranza del popolo.

Il nuovo gruppo di decisori strategici che si andrà a costituire intorno al nuovo Papa [ed al Papa emerito?] dovrà intrecciare relazioni con tutte le altre religioni; dovrà, quindi, necessariamente allearsi con i decisori strategici di quei Paesi che hanno funzioni importanti per rafforzare le sovranità nazionali, le identità storiche, culturali, sociali, economiche e politiche; questo costituirà il legare tra l’ecumenismo istituzionale e la sovranità nazionale. Un primo passo importante in questa direzione sarà quello di cercare << un nuovo equilibrio >> non più guardando all’impero “egemonico” USA bensì a quei nuovi stati-potenza che si stanno delineando ( Cina, Russia, India). Da una Chiesa universale americanista a una Chiesa universale multipolare.

Non ho parlato di una collocazione della Chiesa fatta di alleanze strategiche, nella fase multipolare, per una società mondiale fatta di popoli e nazioni liberi e autodeterminati ( un ecumenismo popolare), perché l’ecumenismo popolare presuppone un processo che << porta il popolo al potere >>, un popolo ( con le sue articolazioni sociali) che progetta, che sogna e che realizza una costruzione reale di un mondo ideale. Il popolo, in questa fase storica determinata, non c’è più. Da tempo ha smesso di informarsi, di partecipare, di indagare, di conoscere, di analizzare, di pensare e di darsi gli strumenti di decisione per una prassi reale di cambiamento. E quando un popolo non si informa << è plebe, ed una plebe disinformata non ha né sovranità né potere >> (18).Ne è un esempio il popolo italiano giusto per rimanere in Italia, la nazione dove vivo.

 

4.Mentre scrivevo questa riflessione è stato nominato il nuovo Papa. Il cardinale di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, è il Papa Francesco. L’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio non si presenta bene. << La storia lo condanna >>, ha detto Fortunato Mallimacci, ex preside della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires. Bergoglio << si è sempre opposto a tutte le innovazioni all’interno della Chiesa e, soprattutto, durante gli anni della dittatura, ha dimostrato di essere molto vicino al governo militare >>. Nel 2007 le mamme di plaza de Mayo scrissero in un comunicato che Bergoglio era << complice della dittatura >> (19). Non sostenne la Teologia della Liberazione che, come sostiene Gustavo Gutierrez (teologo peruviano), è fondata sulle lotte di liberazione che << sono il luogo di un nuovo modo di essere uomo e donna in America latina, e perciò stesso di un nuovo modo di vivere la fede [ corsivo mio]>> (20).

Credo che la nomina del Papa Francesco, un papa che guarderà all’America latina, sia una scelta che aiuti gli USA a rallentare la fase multipolare e a contrastare il loro declino ( la Chiesa, si sa, subisce il forte fascino degli imperi). La storia non insegna e come sosteneva Thomas Stearns Eliot << Gli uomini non imparano molto dall’esperienza degli altri >>.

Avanzo questa ipotesi, provvisoria, per le seguenti ragioni: a) una scelta geopolitica, per rompere l’intesa di quei paesi (Brasile e Argentina, due grandi paesi dell’America latina e membri dominanti del Mercosur; il primo fa parte del BRICS) che ragionano in termini di autodeterminazione e di sovranità nazionale,oltre ad allontanarsi dalla sfera di influenza americana; b) una scelta georeligiosa, il cattolicesimo nell’America del nord e nell’America latina ( dove vivono il 42% dei fedeli cattolici mondiali: mezzo miliardo su un totale di 1,2 miliardi ) perde terreno a favore delle chiese e delle sette protestanti (21); c) una scelta di nuova evangelizzazione, che riparte dal fallimento della strategia di Giovanni Paolo II (22).

Per le cose dette credo che il nome Francesco si addica, come riferimento, più a Francesco Saverio, co-fondatore della Compagnia di Gesù, uno dei primi missionari ad aver tentato di evangelizzare terre nuove (23), che a Francesco d’Assisi che non ha niente a che vedere con questa Chiesa (24).

Parafrasando Giorgio Gaber, posso dire che Papa Francesco è un uomo ricco e potente che ama i poveri. E’una cultura storica che viene dal IV e V secolo come ci ricorda lo storico Peter Brown<< […] i rapporti fra l’imperatore e i suoi sudditi, e fra le differenti classi della società, vennero a permearsi di un nuovo pathos generatosi all’interno della Chiesa cristiana. Le relazioni fra credenti e Dio, fra suddito e imperatore e fra debole e potente vennero a essere permeate di un’unica immagine elementare: l’immagine di un legame fra quanti erano poveri e quanti erano ricchi e potenti, verso i quali i poveri “levavano le loro grida” in cerca non solo di elemosine bensì di giustizia e protezione[…]. Era dovere dei potenti (e, invero, era considerato uno speciale ornamento del loro potere ) ascoltare il “grido” dei poveri >> (25).

Nell’anno 1939, annota nei suoi diari monsignor Domenico Tarditi, uno dei più acuti segretari di Stato che il Vaticano abbia mai avuto :<< A chi la guarda da fuori la Santa Sede sembra un albero frondoso, ma chi la conosce sa che le sue radici sono piene di vermi >>.

<< Né più né meno delle “radici” di qualsiasi altra organizzazione di potere >> (26).

 

 

 

 

NOTE

 

*

Le epigrafi sono tratte da:Ultima udienza del Papa Benedetto XVI a San Pietro del 27 febbraio 2013 e da Thomas Stearns Eliot, Assassinio nella cattedrale, Rizzoli, Milano, 2010, pag.35.

 

  1. Nove sono stati i Papi dimissionari nella storia della Chiesa. Alcuni di essi furono barbaramente uccisi. Per una ricostruzione della storia dei Papi si veda Mario Guarino, Vaticano proibito. Duemila anni di soldi, sangue e sesso. Un potere che si sgretola sempre più, Koinè edizioni, Roma, 2011; Eric Frattini, L’entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi editore, Rom, 2008.
  2. Guerre in corso e in preparazione, metamorfosi della Nato, confronto USA-Cina nella regione Asia- Pacifico, confronto Usa-Russia nei Balcani e nel Medio Oriente, aumento degli armamenti in USA, Cina, Russia e India, aggressione USA in Africa, conflitto per le risorse dell’Artico, costruzione di un’area di libero scambio fra Usa-Europa,
  3. Giovanni Arrighi, Capitalismo e (Dis)ordine mondiale, a cura di, Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, Roma, 2010; Gianfranco La Grassa, Oltre l’orizzonte. Verso una nuova teoria dei capitalismi, Besa editrice, Lecce, 2011.
  4. Su questi temi si rimanda a Christian Carvalho da Cruz, Il papa emerito e il marchio della Chiesa. Intervista a Paolo Flores d’Arcais, 2013, in repubblica.it/micromega-online; Franco Cardini, Morte del papa, esposizione mediatica. Considerazioni comparative nell’orizzonte delle grandi religioni monoteiste in “Religioni e Società” n.53/2005, pp.20-25.
  5. Massimo Franco, Verso il conclave in “Corriere della Sera” del 1 marzo 2013.
  6. Riporto la definizione di modernità, da me condivisa, di Marshall Berman:<< Esiste una forma dell’esperienza vitale – esperienza di spazio e di tempo, di se stessi e degli altri, delle possibilità e dei pericoli di vita – condivisa oggigiorno dagli uomini e dalle donne di tutto il mondo. Definirò questo nucleo d’esperienza col termine di “modernità”. Essere moderni vuol dire trovarsi in un ambiente che ci promette avventura, potere, gioia, crescita, trasformazione di noi stessi e del mondo; e che al contempo, minaccia di distruggere tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che conosciamo, tutto ciò che siamo. Gli ambienti e le esperienze moderne superano tutti i confini etnici e geografici, di classe e nazionalità, di religione e di ideologia: in tal senso, si può davvero affermare che la modernità accomuna tutto il genere umano. Si tratta, dunque, di un’unità paradossale, di un’unità della separatezza, che ci catapulta in un vortice di disgregazione e rinnovamento perpetui, di conflitto e contraddizione, d’angoscia e ambiguità. Essere moderni vuol dire essere parte di un universo in cui, come ha affermato Marx, “ tutto ciò che è solido di dissolve nell’area” >> in L’esperienza della modernità, il Mulino, Bologna, 1985, pag.25.
  7. Sull’intreccio tra potere temporale e potere spirituale si rimanda a Thomas Stearns Eliot, Assassinio nella cattedrale, Rizzoli, Milano, 2010.
  8. Lucetta Scaraffia, La via della fede, in “L’osservatore romano” del 3 marzo 2013.
  9. Franco Cardini, Il concilio necessario in “Il Manifesto” del 15 febbraio 2013. Si legga anche Franco Cardini, Luisa Muraro, Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli, Lindau, Torino, 2012.
  10. Luisa Muraro, Le dimissioni del papa: bravo e avanti in questa direzione, 20 febbraio 2013, libreriadelledonne.it
  11. Giulio Girardi, La teologia della liberazione nell’epoca di Ratzinger, 2005, puntorosso.it
  12. Massimo Bontempelli, Costanzo Preve, Gesù uomo nella storia, Dio nel pensiero, Editrice CRT, Pistoia, 1997, pag.178.
  13. Peter Brown, Povertà e leadership nel tardo impero romano, Laterza, Roma-Bari, 2003, pag.29.
  14. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, quaderno 29, paragrafo 1, pp. 2341-2342. Francesco Aqueci, Espressività ed egemonia in Gramsci. Note sul quaderno 29, in “Critica marxista” n. 6/2012.
  15. Lucio Caracciolo, Perché contiamo poco, colloquio con Francesco Cossiga, “Limes” n.3/1995. Si veda anche Francesco Cossiga, Fotti il potere. Gli arcana della politica e della umana natura, Alberti editore, Roma, 2010, pp.191.219.
  16. Antonio Gramsci, L’Ordine nuovo 1919-1920, Einaudi, Torino, 1975, pag.426.
  17. Si veda la prefazione alla prima e seconda edizione di Alberto Cecchi ad Antonio Gramsci, Il Vaticano e l’Italia, Editori Riuniti, Roma, 1972.
  18. Costanzo Preve, Il popolo al potere. Il problema della democrazia nei suoi aspetti storici e filosofici, Arianna editrice, Casalecchio (BO), 2006.
  19. Tratto da Redazione, Bergoglio, luci e ombre sul nuovo papa, “corriere della sera”, 13 marzo 2013. Si veda anche Gennaro Carotenuto, Il papa argentino. Francesco I, il conservatore popolare nei torbidi della dittatura, 14 marzo 2013, gennarocarotenuto.it ; Horacio Verbitsky, Francesco I, successore di Benedetto XVI. Un Ersatz, “il Manifesto”, 15 marzo 2013.
  20. Gustavo Gutierrez, La forza storica dei poveri, Queriniana, Brescia, 1981, pag 242; Josè Ramos Regidor, Il “popolo di Dio” soggetto della chiesa e della teologia in Giulio Girardi, a cura di, Le rose non sono borghesi…popolo e cultura del nuovo Nicaragua, Borla,Roma, 1986,pp.382-429.
  21. Stefano Velotti, a cura di, Protestanti e cattolici nelle due americhe, tavola rotonda con Bruno Cartosio, Mario Miegge, Alessandro Portelli e Mario Perniola, “ Lo straniero” n.150/151, dicembre 2012/ gennaio 2013.
  22. Sulle cause del fallimento della nuova evangelizzazione di papa Giovanni Paolo II, si rinvia a Alain de Benoist, La “nuova evangelizzazione” dell’Europa. La strategia di Giovanni paolo II, Arianna editrice, Casalecchio (BO), 2002.
  23. Giulia Belardelli, Papa Bergoglio, il primo gesuita a salire sul soglio di Pietro. Intervista a Padre Giovanni La Manna, “L’Huffington Post” del 14 marzo 2013.
  24. Per una introduzione alla vita di Francesco d’Assisi si rimanda a Jacques Le Goff, San Francesco d’Assisi, Laterza, Roma-Bari, 2006.
  25. Peter Brown, Povertà e leadership nel tardo impero romano, Laterza, Roma-Bari, 2003, pp. 119.120.
  26. Francesco Cossiga, Fotti il potere. Gli arcana della politica e della umana natura, Alberti editore, Roma, 2010, pp.219.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier del Vaticano, l’Italia e gli Stati Uniti d’America di Luigi Longo

Italia e il mondo riproporrà in successione tre articoli di Luigi Longo già apparsi anni fa sul sito www.conflittiestrategie.it di analisi del ruolo del Vaticano nel contesto geopolitico. Contestualizzando gli eventi citati, offrono comunque importanti punti di riflessione. Buona lettura_Giuseppe Germinario

I dossier del Vaticano, l’Italia e gli Stati Uniti d’America

di Luigi Longo

 

1.In questo ultimo periodo sulla stampa italiana si è molto parlato dei dossier che circolano all’interno e all’esterno del Vaticano.

I dossier riguardano sia le critiche all’operato del Segretario di Stato , Monsignor Tarcisio Bertone, sia la presunta morte prevista per il 2012 del Papa Benedetto XVI, sia la strategia del Papa stesso per garantire il proprio blocco di potere nella elezione del suo successore.

La discussione si è mantenuta ad un primo livello di superficie dove i fatti che accadono appaiono confusi e si limitano a lotte intestine tra gruppi di potere [ il conflitto tra Tarcisio Bertone ( segretario di Stato ) e Angelo Bagnasco (presidente della Conferenza Episcopale Italiana, CEI ) ] senza riuscire a mettere a fuoco cosa è veramente in gioco a partire dalla svolta segnata dai funerali di Giovanni Paolo II e dalla nomina a successore dell’attuale papa Benedetto XVI. Svolta, è bene ricordarlo, che ha comportato l’adeguamento della politica vaticana alla nuova strategia degli USA (Bill Clinton-Barack Obama).

Escludendo : a) le critiche alla politica economica del Segretario di Stato [ non dimentichiamo che il Vaticano è territorialmente un piccolo Stato ma economicamente e finanziariamente è uno dei più poderosi del mondo con enormi investimenti sia diretti sia indiretti in imprese private (1) ] perché fanno parte integrante del conflitto strategico del legame sociale capitalistico; b) la presunta morte del Papa perché strumentale alla confusione oltre a invii di messaggi secondari ( non perché non rientri nella storia della Chiesa); c) la legittima strategia del Papa per garantire il proprio blocco di potere che ha cambiato in maniera elegante tutti gli uomini del potere finanziario posizionando ovviamente i suoi uomini [ tale ricambio investe tutti e cinque gli uffici che alla Santa Sede hanno competenze sulle attività economiche: l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), il Governatorato dello Stato Città del Vaticano, la prefettura degli Affari economici, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e infine lo IOR (Istituto per le Opere Religiose ) ]; resta il non detto che è rappresentato dal controllo dello IOR : la finanza del Vaticano, con un patrimonio complessivo indicato approssimativamente in 5 miliardi di euro, ovvero del denaro come strumento di lotta tra gruppi strategici per l’egemonia della politica vaticana, sotto tutela americana sempre più aggressiva mano a mano che si entra con più concretezza nella fase multipolare.

 

2.Perché lo IOR è oggetto di conflitto per il suo controllo e la sua tutela? Prima di vedere i motivi riporto una chiara definizione sullo IOR di Eric Frattini ( università di Madrid ) :<< L’Istituto per le Opere Religiose…comunemente conosciuto come Banca Vaticana, è insieme ai servizi segreti, uno degli organismi più misteriosi di tutta la struttura vaticana…La Banca Vaticana è stata al centro di numerosi scandali e coinvolta in affari illeciti: fallimenti bancari, perdite milionarie, vendita di armi a paesi in guerra, creazione di società fantasma in paradisi fiscali, finanziamento di colpi di Stato, riciclaggio di denaro della mafia, “ suicidi” misteriosi. Lo IOR ha violato leggi finanziarie internazionali senza che nessuno dei suoi dirigenti venisse mai processato da un tribunale. Da quando è stato fondato, lo IOR non è un dipartimento ufficiale della Città del Vaticano. Esiste come ente, ma senza un legame evidente con gli affari ecclesiastici o con altri organismi della Santa Sede. Il sommo pontefice è l’unica persona che ha il potere di controllarlo >> (2). Questo è lo IOR ( sulla definizione di Eric Frattini converge la maggior parte della letteratura critica ) la banca Vaticana fondata il 27 giugno 1942 per ordine di Pio XII, rilanciato da Papa Paolo VI , sviluppato da Papa Giovanni Paolo II e tutelato dall’attuale Papa Benedetto XVI che rappresenta la continuazione del blocco di potere dominante più aggressivo e spregiudicato dello Stato della città del Vaticano costruito dagli ultimi tre papi (3).

Lo IOR è oggetto di indagine giudiziaria da parte della Procura di Roma, nel settembre 2010, per violazione del decreto legislativo n.231 del 2007 che è la normativa di attuazione della direttiva UE sulla prevenzione del riciclaggio (4).

La Procura di Roma ha sottoposto a sequestro preventivo 23 milioni di euro che stavano per essere trasferiti dal conto dello IOR presso il Credito Artigiano spa della sede di Roma alla banca americana Jp Morgan di Francoforte (20 milioni di euro) e alla Banca del Fucino (3 milioni) (5). << Dalle indagini della Guardia di Finanza emergeva un quadro inquietante: lo IOR mescolava sul suo conto al Credito Artigiano i 15 milioni di euro provenienti dalla CEI, e frutto dell’8 per mille dei contribuenti italiani, con fondi di soggetti diversi. Non solo: da altre operazioni emergeva che lo IOR funzionava come una fiduciaria e i suoi conti erano stati usati per schermare persino i proventi di una presunta truffa allo Stato italiano realizzata dal padre e dallo zio (condannato per fatti di mafia) di don Orazio Bonaccorsi >> (6). A nulla sono valse le motivazioni per il dissequestro da parte dell’attuale Ministro della Giustizia, Paola Severino ( della serie uomini e donne giusti/e al posto giusto: è patetica la pantomima del governo tecnico !) all’epoca dei fatti avvocata del Presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi.

A sbloccare la situazione ci pensa direttamente il Papa (7) che emana, il 30 dicembre 2010, la Lettera Apostolica e la legge n. CXXVII ( dal titolo impegnativo e altisonante concernente “ la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo ”) per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario istituendo l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) per il contrasto del riciclaggio ( articolo 33 della legge). Inizia una collaborazione da parte dell’AIF sia con la Banca d’Italia sia con la Magistratura romana che porterà la Procura di Roma al dissequestro dei 23 milioni di euro dello IOR con la seguente motivazione << L’AIF ha già iniziato una collaborazione con l’UIF (Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, precisazione mia ) fornendo informazioni adeguate su di un’operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto di attenzione >> ( ogni commento è superfluo!). Ovviamente subito dopo il dissequestro lo IOR ha trasferito alla banca americana Jp Morgan di Francoforte il denaro dissequestrato (8). Non c’è stata nessuna presa di posizione né tantomeno di condanna per la violazione delle leggi finanziarie italiane, europee e internazionali da parte del Ministro della Giustizia ( Paola Severino), del Presidente del Consiglio ( Mario Monti), del Governatore della Banca d’Italia ( Ignazio Visco ) e del Presidente della Repubblica ( Giorgio Napolitano) garante non della costituzione italiana ( peraltro una carta datata ideologicamente utilizzata ) ma delle strategie americane in Italia proiettate nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Per avere un’idea del livello di servitù volontaria a cui è giunta l’Italia nei confronti del capitale finanziario internazionale a dominanza americana ( considerato sempre come strumento di potere per il conflitto tra gli agenti strategici del capitale inteso come rapporto sociale) riporto dal rapporto annuale per il controllo del narcotraffico del Dipartimento di Stato americano sul riciclaggio in Vaticano quanto segue : << Il Dipartimento di Stato americano ha aggiunto per la prima volta il Vaticano [ decisamente con ritardo il che lascia pensare più a giochi di potere, mia precisazione ] a una lista di altri 67 Paesi potenzialmente suscettibili al riciclaggio del denaro. Nel rapporto annuale sulla strategia per il controllo del narcotraffico (International Narcotics Control Strategy), il governo Usa inserisce la Santa sede nella categoria dedicata ai Paesi con «giurisdizioni preoccupanti»,insieme tra gli altri ad Albania, Repubblica Ceca, Egitto, Corea del Sud, Malaysia, Vietnam e Yemen. La categoria in cui si inserisce il Vaticano è di un livello inferiore a quella relativa ai Paesi che destano «estremo allarme», una lista nera di Paesi tra i quali Afghanistan, Australia, Brasile, Isole Cayman, Cina, Giappone, Russia, Gran Bretagna, gli stessi Stati Uniti, Uruguay, e Zimbabwe.
Il Vaticano, ha spiegato un funzionario del dipartimento di Stato che ha voluto rimanere anonimo, ha varato per la prima volta nel 2011 un programma anti-riciclaggio, ma occorrerà un anno per capire quanto sia efficace; e dunque è «potenzialmente vulnerabile» al problema a causa del massiccio afflusso di denaro che circola tra la Santa Sede e il resto del mondo ( corsivo mio). Papa Benedetto XVI ha creato il 30 dicembre 2010 l’Autorità per l’Informazione Finanziaria, che dovrebbe consentire al Vaticano di mettersi in linea con le norme internazionali di lotta al riciclaggio del denaro e finanziamento del terrorismo >> (9).

 

3.La suddetta Lettera Apostolica di Papa Benedetto XVI del 30 dicembre 2010 e la citata legge n.CXXVII del 30 dicembre 2010 dello Stato della città del Vaticano hanno avuto due obiettivi: 1) sbloccare il dissequestro preventivo della Procura di Roma, 2) bloccare la segretezza dello IOR fino al 1 aprile 2011 entrata in vigore della legge ( articolo 43 ) : << La Procura «evidenzia» una serie di «criticità» nei rapporti di «collaborazione finalizzati all’attività di contrasto del riciclaggio» e fa notare che «i dati forniti dall’Aif sono temporalmente delimitati al periodo successivo al 1° aprile 2011», quindi «assolutamente insufficienti e inidonei a ricostruire le modalità di effettuazione di eventuali operazioni di riciclaggio imperniate sull’utilizzazione di conti accesi presso lo Ior». Le informazioni fornite vengono definite «del tutto generiche in ordine all’identificazione e movimentazione dei conti nonché alle rimesse effettuate sui conti stessi; con l’effetto di lasciare del tutto inesplicati – si legge – i dati economici menzionati nella risposta, tutti cristallizzati al 1° aprile 2011».(10).

Nella prima fase del sequestro preventivo del denaro dello IOR lo Stato della città del Vaticano è stato compatto sotto il potere del Papa e del suo blocco di riferimento nella tattica della collaborazione con la Procura di Roma e con la Banca d’Italia permettendo, con le due citate iniziative, il dissequestro del denaro trasferito immediatamente verso i luoghi tranquilli e potenti della banca americana Jp Morgan.

Nella seconda fase del blocco della segretezza dello IOR, attualmente in corso, il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, supportato da due pareri espressi sia dall’avv. Michele Briamonte dello Studio Franzo Grande Stevens ( avvocato, nobile di casato, difensore storico e consigliere fidato di Gianni Agnelli, vicepresidente della Fiat e in seguito presidente della Juventus sino al 2006, profondo conoscitore e difensore dello IOR ) e del prof. Giuseppe dalla Torre ( presidente del Tribunale della Città del Vaticano) che in sostanza affermano che la legge n.CXXVII/2010 non è retroattiva, nega di fatto alla autorità giudiziaria e bancaria italiana ( e non solo) di indagare sullo IOR. Naturalmente il presidente, cardinale Attilio Nicora, dell’AFI, che è una Autorità vuota di potere reale, ha ribadito “il proprio diritto/dovere ad accedere a tutti i dati e le informazioni in possesso dello IOR (…) motivando tale posizione con argomentazioni attinenti alla lettera e alla ratio della legge, al rispetto degli standard internazionali cui la Santa Sede ha aderito, allo svuotamento dell’effettività della disciplina appena introdotta, al rischio di una valutazione negativa dell’organismo internazionale chiamato a esaminare il sistema Vaticano di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo” (11).

In questa seconda fase non c’è la compattezza della prima fase, ma c’è un conflitto tra blocchi contrapposti non per rendere lo IOR trasparente, ma per mettere in discussione gli attuali equilibri dinamici tra i due blocchi di potere per la gestione delle finanze della banca del Vaticano che ruotano intorno al cardinale Tarcisio Bertone (segreteria di Stato) e al cardinale Angelo Bagnasco ( CEI) (12).

Le due fasi hanno trovato una convergenza tra Papa Benedetto XVI ( via Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco in fase di accordi temporanei) e il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ( via Mario Monti) fondamentale sia per la riuscita dell’operazione del dissequestro del denaro sia per la segretezza dello IOR e l’impossibilità per le autorità giudiziarie e bancarie di entrare nelle segrete stanze della finanza vaticana.

Aprire lo IOR alle autorità giudiziaria e bancaria nazionale, europea e internazionale significa riscrivere molta storia mondiale e svelare l’anima materiale del potere della religione. La religione ha un ruolo importante nel legame sociale della produzione e riproduzione della formazione sociale data. Le sue istituzioni svolgono un ruolo significativo nelle varie strategie degli agenti strategici dominanti in tutte le sfere sociali ( soprattutto economiche-finanziarie) nazionali e mondiali.

<< La Chiesa è uno Shylock ( usuraio ebreo, personaggio della commedia di Shakespeare ne “il Mercante di Venezia”, magistralmente interpretato da Al Pacino nell’omonimo film, precisazione mia) anche più implacabile dello Shylock shakespeariano: essa vorrà la sua libbra di carne, anche a costo di dissanguare la sua vittima e con tenacia, mutando continuamente i suoi metodi, tenderà a raggiungere il suo programma massimo. Secondo l’espressione di Disraeli: i cristiani sono gli ebrei più intelligenti, che hanno capito come occorre fare per conquistare il mondo ( corsivi miei) >> (13).

 

4.Per sviluppare alcune intuizioni sui due citati blocchi di potere che si contendono l’egemonia della politica vaticana, in relazione sia agli agenti strategici sub-dominanti italiani sia agli agenti strategici pre-dominanti americani, riporterò alcuni stralci della “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI (edizioni Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2009).

Una precisazione. Occorre tenere conto di due livelli di analisi l’uno formale, l’altro di sostanza. La forma che corre attraverso elevate elaborazioni dottrinarie e raffinate regole di diritto e di norma legislativa copre ( occorre un continuo lavoro di disvelamento e di ri-costruzione) la sostanza che corre attraverso regole materiali di reali rapporti sociali e di dominio ( concorrenza, competizione, inganno, ipocrisia, tradimenti, eccetera). I due livelli, storicamente determinati, non si incontrano nella società a modo di produzione capitalistico ( inteso come produzione e riproduzione dell’insieme del legame sociale) e assumono peculiarità diverse a secondo della storia dei capitalismi sviluppatisi nelle singole nazioni.

La parola a Papa Benedetto XVI :<< Anche se le impostazioni etiche che guidano oggi il dibattito sulla responsabilità sociale dell’impresa non sono tutte accettabili secondo la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, è un fatto che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell’impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento. Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi. Anche oggi tuttavia vi sono molti manager che con analisi lungimirante si rendono sempre più conto dei profondi legami che la loro impresa ha con il territorio, o con i territori, in cui opera.

Paolo VI invitava a valutare seriamente il danno che il trasferimento all’estero di capitali a esclusivo vantaggio personale può produrre alla propria Nazione. Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale, oltre che economico. Tutto questo – va ribadito – è valido anche oggi, nonostante che il mercato dei capitali sia stato fortemente liberalizzato e le moderne mentalità tecnologiche possano indurre a pensare che investire sia solo un fatto tecnico e non anche umano ed etico. Non c’è motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene, se investito all’estero piuttosto che in patria. Devono però essere fatti salvi i vincoli di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si è formato e dei danni alle persone che comporterà il suo mancato impiego nei luoghi in cui esso è stato generato. Bisogna evitare che il motivo per l’impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo il profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell’impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all’economia reale e l’attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo. Non c’è nemmeno motivo di negare che le delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del Paese che la ospita. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale. Non è però lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale, fattore imprescindibile di sviluppo stabile >> ( paragrafo 40, pp.63-65 ).

L’orientamento reale della finanza vaticana non ha nulla a che fare con i principi etici piegati agli interessi e allo sviluppo di una nazione, di un paese bisognoso di sviluppo e di una visione territoriale-sociale come scritto nello stralcio riportato della lettera enciclica “Caritas in Veritate”. I principi etici, la “Cultura etica e finanza” servono a coprire lo scontro tra i due gruppi di potere contrapposti (14) sulle scelte di politica economica e finanziaria, di investimenti, di penetrazione nel territorio ( italiano ed europeo ) di quel processo di “nuova evangelizzazione” iniziato con Papa Giovanni Paolo II (15). Penso per esempio: I “Cammini Europei” dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Penso per esempio: La politica economica-sanitaria per la costruzione del polo sanitario-religioso di rilevanza internazionale ( gli ospedali di Milano, Genova, Roma, Taranto, San Giovanni Rotondo, eccetera). Penso per esempio: La politica edilizia, immobiliare, urbanistica e dei beni culturali realizzata in tutte le diocesi del territorio italiano (16). Penso per esempio: La gestione dell’Istituto “Giuseppe Toniolo” di Milano, uno dei maggiori centri di potere (che controlla il Policlinico “Agostino Gemelli”, l’Università cattolica e la casa editrice “Vita e Pensiero”) e snodo dei rapporti tra politica e chiesa (17). Penso per esempio: Il rapporto con la finanza e la costruzione di nuove relazioni con il sistema bancario dopo il declino del blocco di potere che faceva riferimento alla cosiddetta “finanza bianca” in contrapposizione a quella cosiddetta “ laica” ( Enrico Cuccia e Mediobanca) (18).

All’interno di questo duro conflitto tra gli agenti strategici dei due blocchi di potere, che sono in continua trasformazione e aggregazione ( gruppi di poteri flessibili con le loro reti elastiche) dovute alla costruzione di un blocco di potere con agenti strategici delle altre sfere sociali ( politica, economica, istituzionale, ideologica), si inserisce la tattica-strategia di Barack Obama nel garantire sia il trasferimento dei 20 milioni dello IOR alla JP Morgan << Basta infatti guardare la provenienza dei finanziamenti della sua campagna elettorale. Obama è una creatura delle istituzioni finanziarie che lo preferivano di molto a McCain. Nelle loro mani si concentra la maggior parte dei capitali del paese, e sono state loro a finanziare gran parte della sua campagna elettorale. E se la tendenza naturale di tutti questi anni si confermerà, allora ci si può aspettare che vorranno essere ripagate, e di fatto lo sono già state >> (19); sia un accordo con il Vaticano [ da una parte attraverso le pressioni del Dipartimento di Stato sopracitate, e, dall’altra, attraverso il Presidente della Conferenza Episcopale USA con le concessioni in termini di contraccezione, di compromesso tra giurisdizione dei pubblici poteri ( leggi civile e penale) e giurisdizione delle Chiese e delle religioni, aperture alla libertà religiosa (20), eccetera ] per le elezioni di novembre 2012 del nuovo presidente degli USA ( il voto dei cattolici americani è diventato molto mobile e in alcuni stati è ormai uno swing vote capace di influenzare la matematica elettorale delle elezioni presidenziali).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

  1. Gli investimenti diretti vengono effettuati principalmente nei settori della sanità, del turismo, e dell’edilizia. Quelli indiretti vengono realizzati, con l’acquisto di azioni, anche in imprese produttrici di armi ed in imprese farmaceutiche che producono pastiglie per il viagra e preservativi: è inutile ogni commento! Si veda l’intervista a Eric Frattini sui segreti nel Vaticano, 31/3/2011, in http//:crescendoingrazia.wordpress.com.
  2. Eric Frattini, L’entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi editore, Roma, 2008, pag. 349.
  3. Monsignor Dardozzi (1992-2003) è stato un uomo importante nella gestione delle finanze del Vaticano dal 1974 alla fine degli anni Novanta. Fino a quando è restato in vita ha coperto l’inferno della finanza del Vaticano e ha “lottato” internamente per arginare la deriva dello Ior parallelo allo Ior ufficiale gestito da monsignor Donato de Bonis [ titoli di stato per riciclare denaro sporco, soldi di tangentopoli ( la maxitangente Enimont), ruberie di donazioni, fondi della mafia, finanziamenti ai partiti, eccetera]. Per sua volontà, dopo la sua morte, viene reso pubblico il suo sterminato archivio : << Rendete pubblici questi documenti affinchè tutti sappiano quanto è accaduto >>. Il primo lavoro su questo sterminato archivio ha prodotto il libro di Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A. Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari e politici della Chiesa, Chiarelettere edizioni, Milano, 2010.
  4. Il sequestro preventivo non è stato disposto perché c’è una prova di riciclaggio ma perché, secondo la Procura di Roma, è già stato commesso, da parte dei vertici dello IOR, il reato omissivo della norma antiriciclaggio. L’articolo 55 del decreto n.231/2007. Questa indagine è la prima iniziativa assoluta da quando, nel 2003, la Cassazione ha attribuito alla giurisdizione italiana la competenza sullo IOR, che chiama in causa la banca vaticana e i suoi vertici. Cfr La Redazione del “Corriere della Sera”, Al centro della vicenda trasferimenti per 23 milioni di euro da parte della banca del Vaticano, del 21/9/2010.
  5. La JP Morgan è uno dei colossi bancari americani. E’ grande finanziatrice del presidente Barack Obama oltre ad avere suoi uomini nello staff dirigenziale del presidente Obama. Riporto per evidenziare la sua potenza quanto segue: <<… nell’altra grande banca (o società finanziaria) Usa, la JP Morgan, lavora da vent’anni ormai una donna che si chiama Blythe Masters. Una che il Guardian nel 2008 aveva definito “The Woman who built financial Weapon of Mass Destruction”, ovvero “La Donna che ha inventato le Armi di Distruzione di Massa finanziarie”. Perché? Semplicemente perché ha inventato la formula matematica dei famigerati subprime e quel Cds – il credit default swap – ormai noto a tutti dopo il fallimento della Grecia.Ma non è tutto, perché come ha scritto pochi giorni fa Italia Oggi, ancora una volta un giornale non certo complottista, o di estrema sinistra o sovversivo, la nostra Blythe dal 2006 è «a capo del trading delle materie prime della banca Usa». «In una parola – si legge sul quotidiano della Cna – è la regina mondiale della speculazione sui prodotti agricoli, l’energia, i metalli. E sotto la sua egida il fatturato del trading di JP Morgan è triplicato a 2,8 miliardi di dollari (1,7 miliardi di euro), facendo diventare la banca americana leader incontrastata del commercio di commodity, dopo aver scalzato dal podio due giganti come Goldman Sachs (nel 2011 i ricavi del settore si sono fermati a 1,6 miliardi di dollari) e Morgan Stanley (giro d’affari della divisione in calo per tre anni consecutivi)», Alessandro Farulli, Da Goldman a JP Morgan, i (e le) “masters” dell’economia finanziaria che affossano la sostenibilità, 16 marzo 2012, in stampalibera.com
  6. Marco Lillo, Norme antiriciclaggio: è la Santa Sede a imporre le sue condizioni all’Italia in “il Fatto Quotidiano” del 16/2/2012. Don Orazio Bonaccorsi è un prete, che secondo la Procura di Catania, si sarebbe servito di un conto aperto allo IOR per aiutare lo zio, già condannato per associazione mafiosa, a ripulire il denaro. Per una sintesi della vicenda in La redazione del “Corriere del Mezzogiorno”, Riciclò i soldi di una truffa: indagato prete, del 27/10/2010.
  7. << Il sommo pontefice, sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario >>, articolo 1 della Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano del 26/11/2000 ( entrata in vigore il 22/2/2001) vaticanstate.va
  8. Riporto uno stralcio della nota della Segreteria di Stato per la verifica di fatto della grande ambiguità della Chiesa: «È nota la chiara volontà, più volte manifestata da parte delle autorità della Santa Sede – si legge ancora nella nota – di piena trasparenza per quanto riguarda le operazioni finanziarie dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior). Ciò richiede che siano messe in atto tutte le procedure finalizzate a prevenire terrorismo e riciclaggio di capitali. Per questo – prosegue la nota vaticana – le autorità dello Ior da tempo si stanno adoperando nei necessari contatti e incontri, sia con la Banca d’Italia sia con gli organismi internazionali competenti – Organisation for Economic Co-operation and Development (Oecd) e Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale contro il riciclaggio di capitali (Gafi) – per l’inserimento della Santa Sede nella cosiddetta White List >>. La nota è tratta da: La redazione de “Corriere della Sera”, Al centro della vicenda trasferimenti per 23 milioni di euro da parte della banca vaticana, del 21/9/2010. Per una ricostruzione sulla chiusura del conto IOR presso la JP Morgan, filiale di Milano, e il trasferimento dei depositi IOR alla JP Morgan, filiale di Francoforte, si rimanda a La redazione de “il Sole 24 Ore”, << Cliente a rischio >>. JP Morgan chiude il conto dello IOR, del 18/3/2012. Per l’evidenza del contrasto tra la forma e la sostanza si leggano sia la Lettera Apostolica sia la legge n. CXXVII reperibili sul sito del Vaticano: vatican.va
  9. La redazione de “La Stampa”, Riciclaggio in Vaticano? Il pericolo esiste, del 8/3/2012.
  10. La redazione de “il Sole 24 Ore”, << Cliente a rischio >>, op. cit.
  11. Riportato in Marco Lillo, Norme antiriciclaggio, op. cit.. Si veda anche Tommaso Cerno, Dentro lo IOR in “L’espresso” del 23/2/2012.
  12. Valerio Galante, La chiesa e Berlusconi: scacco al vangelo in 3 mosse in “MicroMega” n.8/2010.
  13. Antonio Gramsci, Il vaticano e l’Italia, Editori Riuniti, Roma, 1972, pag. 85.
  14. Massimo Franco, C’era una volta un vaticano, Mondadori, Milano, 2010.
  15. Alain de Benoist, La “nuova evangelizzazione” dell’Europa. La strategia di Giovanni Paolo II, Arianna editrice, Casalecchio (BO), 2002.
  16. AaVv, La colata. Il partito del cemento che sta cancellando l’Italia e il suo futuro, Chiarelettere edizioni, Milano, 2010.
  17. Marco Lillo, Bertone si vantò con Tettamanzi: “Il papa vuole cacciarti dall’Istituo Toniolo” in “il Fatto Quotidiano” del 28/2/2012. Per la storia e le attività dell’Istituto Toniolo in istitutotoniolo.it.
  18. Giulio Tremonti, presidente di Aspen Institute Italia, è uno degli anelli di congiunzione tra finanza vaticana e quella americana. E’ l’uomo che ha più operato nella logica di Papa Benedetto XVI sui principì etici dell’impresa e della finanza in una visione di sviluppo territoriale-sociale attraverso il ruolo importante delle fondazioni bancarie: << E’ una linea sulla quale si fonda l’asse con Giulio Tremonti. E con la Lega, che al Nord ha oramai tessuto un’ottima trama di rapporti con la Chiesa, soprattutto tramite CL ( Comunione e Liberazione, mia precisazione) e della Compagnia delle Opere…>> in Valerio Galante, La chiesa, op. cit, pag.111. Si veda anche Ferruccio Pinotti, L’asse Lega-CL: occupare tutto! In “MicroMega” n.5/2010.
  19. Noam Chomsky in conversazione con Roberto Antonini, Obama era un sogno, in MicroMega” n.8/2010, pag.44.
  20. Barack Obama sostiene che << I laicisti sbagliano quando chiedono ai credenti di lasciare la loro religione alla porta prima di entrare nello spazio pubblico. Frederick Douglass, Abraham Lincoln, William Jennings Bryan, Dorothy Day, Martin Luther King – insomma la maggioranza dei grandi riformatori nella storia americana – non erano semplicemente motivati dalla fede ma usarono ripetutamente il linguaggio religioso a sostegno delle proprie cause. Dire infatti che uomini e donne non dovrebbero far entrare la loro ‘moralità personale’ nei dibattiti sulle politiche pubbliche, è praticamente un’assurdità. La nostra legge è, per definizione, una codificazione di moralità che si muove per la gran parte nel solco della tradizione giudaico-cristiana >> in William McGurn, Obama sta riportando il discorso religioso tra i democratici in Wall Street Journal riportato in “ l’Occidentale” del 23/2/2012.