LA GUERRA, UN EVENTO TANTO PRESENTE QUANTO RIMOSSO; ALMENO IN EUROPA_CONVERSAZIONE CON PIERO VISANI

Qui sotto una interessante intervista a Piero Visani; analizza la situazione politica in Europa e in Italia partendo, soprattutto dai limiti di formazione delle classi dirigenti europee. La rimozione di un concetto e di un evento presente nella storia dell’umanità, la guerra, ha contribuito pesantemente a procrastinare la condizione di subordinazione delle classi dirigenti nazionali europee, in particolare dell’Italia. Piero Visani, tra gli altri, è autore del libro “Storia della Guerra”, edito da DAKS.

Buon ascolto_Giuseppe Germinario

 

Gli USA e il Vaticano, di Luigi Longo

Italia e il mondo riproporrà in successione tre articoli di Luigi Longo già apparsi anni fa sul sito www.conflittiestrategie.it di analisi del ruolo del Vaticano nel contesto geopolitico. Contestualizzando gli eventi citati, offrono comunque importanti punti di riflessione. Qui sotto il terzo articolo. Buona lettura_Giuseppe Germinario

Il Vaticano si adegua alla nuova strategia degli USA

a cura di Luigi Longo

 

1.Il Vaticano di papa Joseph Ratzinger con la guerra di aggressione alla Libia si è adeguato alla nuova strategia americana di Bill Clinton-Barack Obama che è, per quanto riguarda le relazioni con il Vaticano, la continuazione della strategia di George W.Bush.

Il Vaticano di papa Karol Wojtyla aveva avanzato una timida opposizione alla guerra contro il terrorismo della nuova strategia di George W. Bush (2001-2002) e assunto una posizione favorevole alla guerra giuridicamente camuffata dall’intervento umanitario nella ex Yugoslavia (24 marzo1999 guerra di aggressione NATO con comando USA e ruolo servile importante del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema. E’ una grande maestrìa americana quella di far fare il lavoro sporco ai propri scherani: l’Italia nel 1999, Francia e Inghilterra nel 2011 contro la Libia) finalizzata all’accerchiamento territoriale con basi militari della ri-nascente potenza mondiale Russa ( geopolitica). In altre occasioni lo stesso Vaticano ha assunto la posizione di opporsi alla guerra di aggressione all’Iraq (1991 e 2003), le cui ragioni sono da ricercare nella georeligione del Vaticano (1), rompendo la convergenza e l’alleanza con la strategia di Ronald Reagan ( soprattutto nella metà degli anni ottanta del secolo scorso) nel combattere l’”impero del male” rappresentato dal cosiddetto comunismo dell’ex URSS.

Nella guerra di aggressione contro la Libia il vescovo di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, è stato lasciato praticamente solo (2). Il Vaticano non si è opposto alla guerra di aggressione alla Libia, ma si è preoccupato soltanto dell’aspetto umanitario della crisi senza entrare nel merito della guerra stessa.

Il cambio di politica estera vaticana è iniziato con la morte del papa Karol Wojtyla e la data simbolica del cambiamento è stata proprio quella del suo funerale. Così scrive Massimo Franco:<< Dunque, il vero significato dell’omaggio collettivo reso dalle personalità statunitense a Roma ( ai funerali del papa erano presenti tre presidenti George Bush, George W. Bush e Bill Clinton, precisazione mia) è stato quello di un investimento dell’America di Bush sull’alleanza con la Santa Sede; di più, di un salto di qualità nelle relazioni politico-diplomatiche, impensabile prima del papato wojtyliano. Forse perché l’Amministrazione repubblicana scommette su una sintonia che riguarda tutto lo spettro di questioni che << la chiesa considera sinonimo  di “santità di vita”, dalla ricerca sulle cellule staminali all’aborto e all’eutanasia >>; confida e forse un po’ si illude, che si riducano le resistenze vaticane sulle teorie unilateraliste della Casa Bianca e del Pentagono. Ma dietro si avvertiva il vago timore che la convergenza fra i due “imperi paralleli” orfani di Giovanni Paolo II potesse essere, se non rimessa in discussione, allentata >>.

Il cardinale Camillo Ruini, allora presidente della CEI e grande elettore di Benedetto XVI, così conferma << Esiste nel mondo, e in particolare negli Stati Uniti >> ha spiegato a proposito dell’alleanza tra Benedetto XVI e i neoconservatori USA << un movimento di rinascita cristiana che va al di là delle frontiere delle Chiese, e che sottolinea un afflato cristiano del quale non si può non tenere conto >>.

L’influente teologo americano Michael Novak sull’”Herald Tribune” così dichiarava << …Benedetto XVI sarà l’uomo della guerra dei valori del nuovo millennio, che indicherà “la cultura necessaria a preservare le società libere dai pericoli che le minacciavano dall’interno…”: un alleato di fatto della crociata Bush. La presenza della nomenklatura statunitense a piazza San Pietro era dunque una novità ad occhi esterni, non a quelli smaliziati della Curia >>.

Infine <<Esponenti dell’establishment vicini al Pentagono come Luttwak tendono a rimuover Giovanni Paolo II come una parentesi irripetibile e tutto sommato fuorviante; e a sottolineare preventivamente il profilo di Ratzinger come pontefice del “ritorno alla realtà” di una Santa Sede confinata in un ruolo non politico; e soprattutto innocua, non concorrenziale rispetto alle strategie di Washington ( corsivo mio) >> (3).

2.Riprendendo l’analogia storica dei cotonieri del Sud degli USA nell’800 in combutta con la potenza predominante di allora ( Gran Bretagna) avanzata da Gianfranco La Grassa per leggere, oggi, il ruolo dei nostri decisori subordinati agli interessi del paese predominante (USA), definiti da Gianfranco La Grassa come GF e ID (Grande Finanza parassitaria e Industria Decotta delle passate ondate della rivoluzione industriale) (4), riporto alcuni stralci di due libri sul ruolo del Vaticano nella guerra di secessione degli Stati Uniti d’America (1861-1865).

3.Una precisazione. La religione ha un ruolo importante nel legame sociale della produzione e riproduzione della formazione sociale data. Le sue istituzioni svolgono un ruolo significativo nelle varie strategie degli agenti strategici dominanti in tutte le sfere sociali ( soprattutto economiche-finanziarie). Gli stralci dei racconti riportati vanno letti sia nella logica gramsciana della religione e cioè il ruolo della religione e delle sue istituzioni vanno visti tenendo conto della logica dell’insieme della società:<< Nello sviluppo di una classe nazionale, accanto al processo della sua formazione nel terreno economico, occorre tener conto del parallelo sviluppo nei terreni ideologico, giuridico, religioso, intellettuale, filosofico, ecc.: si deve dire anzi che non c’è sviluppo sul terreno economico, senza questi altri sviluppi paralleli. >> (5); sia nella logica lagrassiana del tutto torna ma in maniera diversa :<< Il gioco del conflitto capitalistico ha sue regole generali, ma è condotto da giocatori “individuali” ( gruppi sociali) che le interpretano e le modificano, venendosi così a trovare in un “nuovo mondo”, di cui si ha in genere una comprensione alla fine del periodo storico di trapasso. Da qui nasce l’esigenza della memoria storica, della comprensione del nostro passato ( “il tutto torna”), servendoci però d’essa al fine di apprestare nuovi orientamenti utili nella presente epoca, in cui tutto si manifesta in forme differenti>> (6).

4.Primo libro. Massimo Franco, Imperi paralleli. Vaticano e Stati Uniti: due secoli di alleanza e conflitto 1788-2005, Mondadori, Milano,2005.

 

Capitolo III. QUANTE GAFFES, SANTITA’.

 

Paragrafo: Quando Pio IX sposò la causa sudista ( pp.36-37).

 

…Tutto sembrava congiurare per il fallimento dei rapporti diplomatici fra i due stati ( Stato pontificio e Stati Uniti, precisazione mia), in quel periodo. In una fase di transizione traumatica, qualunque atto assumeva caratteri che risvegliavano risentimenti, diffidenze, incomprensioni. Proprio nel 1863, con la guerra civile americana all’apice dell’incertezza, Pio IX pensò bene di scrivere ai cardinali di New York e New Orleans, uno geograficamente “nordista” e l’altro “sudista”, per rivolgere loro un appello teoricamente ecumenico affinché si adoperassero per la pace. Era la tipica impostazione vaticana, tesa a non prendere posizione rispetto ai due contendenti. Ma l’iniziativa coincideva con un atteggiamento della Chiesa cattolica americana, di prudenza estrema nella controversia sull’abolizione della schiavitù. Monsignor Spalding, che in seguito sarebbe diventato arcivescovo di Baltimora, fra l’aprile e il maggio di quell’anno aveva scritto una relazione a Propaganda Fide, proponendo la neutralità rispetto allo schiavismo dei neri del Sud. A suo avviso, gli abolizionisti avrebbero portato gli Stati sudisti alla rovina economica e gli schiavi alla rovina morale, perché secondo i vertici ecclesiastici erano impreparati alla libertà. << Spalding definiva “atroce proclama” l’atto di emancipazione del presidente Lincoln”.

Ma pesavano altre ragioni, a cominciare dall’ostilità degli immigrati irlandesi in USA

Nei confronti dei neri, visti come pericolosi concorrenti sul mercato del lavoro; e ancora, l’alleanza fra gli abrogazionisti e i protestanti, soprattutto quei nativi pronti ad attaccare qualsiasi simulacro di ingerenza vaticana. E poi, al fondo c’era la realtà di una gerarchia americana conservatrice; spaventata da qualunque sovvertimento dell’ordine costituito e dunque dalla prospettiva che la fine della schiavitù aprisse le porte a una rivoluzione. Per questo quando il presidente sudista Jefferson Davis rispose alla lettera di Pio IX, si intuì una larvata scelta di campo da parte del pontefice: soprattutto perché il papa replicò con un’altra missiva rivolta “ All’illustre e onorabile Jefferson Davis, presidente degli Stati confederati d’America”. Per i nordisti era una scelta di campo, sebbene il segretario di Stato Giacomo Antonelli si sforzasse di negare qualunque intento politico. La situazione americana era così tesa, e la posizione dei vescovi locali così ambiguamente neutrale, da offrire spazio a tutti i sospetti. E il guaio, per la Santa Sede, era che quella lettera sembrava schierare Pio IX dalla parte più retriva della società americana; e soprattutto, di quella perdente. Il risultato fu di mantenere unito il clero americano; ma al prezzo di connotarsi come chiesa conservatrice, lasciando ai protestanti la bandiera del progresso e dell’emancipazione degli ex schiavi. Non era una macchia da poco. Si sarebbe rivelata di lì a quattro anni uno dei motivi inconfessati della rottura di fatto delle relazioni diplomatiche tra Washington e la Roma papalina.

 

Paragrafo:Il killer di Lincoln è una guardia papalina! (pp.37-39).

 

In fondo, anche l’incidente successivo va inquadrato in questa cornice di ostilità contro il Vaticano, per reazione ai sospetti di aver larvatamente appoggiato la causa sudista durante la Guerra di secessione. D’altronde, Roma offrì un nuovo pretesto a dir poco ghiotto. Si scoprì infatti che nel 1865 un americano di nome John Surrat si era arruolato nell’esercito papalino. E’ vero che quell’armata era una sorta di pia “legione straniera”, nella quale affluivano soldati da un po’ tutta Europa e anche da altre parti del mondo. Ma si presumeva che ci fosse un qualche controllo sull’origine dei soldati pontifici. Si può indovinare quale fu la reazione dell’opinione pubblica d’oltre Atlantico quando filtrò la notizia che Surrat, accusato insieme con John Wilkes Booth e altri dell’assassinio del presidente Abraham Lincoln, era uno dei soldati zuavi della guardia papalina: una fotografia della Biblioteca del Congresso USA lo ritrae con la divisa, il volto affilato e un paio di baffi lunghi e sottili. In qualche misura, il suo arruolamento improvvido, del quale il Vaticano giurava di non sapere nulla, faceva quadrare il cerchio dei sospetti e dei pregiudizi. La Santa Sede prosudista veniva scoperta mentre non solo sembrava proteggere uno degli assassini di Lincoln, uomo-simbolo degli Stati Uniti democratici, antischiavisti e vincenti del Nord; ma addirittura lo arruolava nelle proprie file. Uno dei killer del “Great Emancipator”, il Grande Emancipatore, aveva trovato rifugio, protezione, salario e armi alla corte di Pio IX.

…per Pio IX si trattava di un incidente che rischiava di mandare all’aria decenni di faticosi tentativi di legittimazione; e di moltiplicare le difficoltà delle gerarchie cattoliche americane. In più, Surrat era protetto dall’assenza di un qualsiasi trattato di estradizione fra Vaticano e Stati Uniti; dunque, formalmente non poteva essere processato in America.

…Rufus King, “ministro” USA a Roma, capiva che le relazioni fra i due Stati si stavano rapidamente deteriorando…Così cercò di spiegare a Washington che la reazione del Vaticano indicava la volontà di non lasciare andare in malora i rapporti con l’Amministrazione. Il fatto che Surrat fosse stato bloccato a Roma aveva << il solo scopo di mostrare la pronta disponibilità delle autorità pontificie ad accondiscendere all’attesa richiesta del governo americano >>, scrisse King al segretario di Stato William Steward. Ma dietro rimaneva l’ipoteca pesante della politica vaticana negli anni della guerra civile americana. E i nemici della prospettiva di un Paese infettato dal gesuitismo e dalle manovre papaline, insidiato nel sacro principio della divisione fra Stato e Chiesa, ripreso una forza alla quale era difficile resistere (corsivo mio).

 

Secondo libro. Eric Frattini, L’Entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi editore, Roma, 2008.

 

Capitolo: IL TEMPO DELLE SPIE ( 1823-1878) [ pp. 181-185].

 

A causa della situazione di smantellamento che viveva lo Stato della Chiesa, le comunicazioni tra l’Entità (7) a Roma e i suoi uomini sparsi per il mondo erano quasi inesistenti, per cui lo spionaggio pontifico fu incapace di prevedere la guerra che si avvicinava negli Stati Uniti.

Nel 1861, gli Stati Uniti d’America, che erano “uniti” da poco più di ottant’anni, furono scossi da una guerra civile. Era una nazione in cui si sviluppavano due società, ognuna con un proprio modello sociale, politico ed economico; in quattro decenni aveva visto ampliato il suo territorio in più occasioni grazie all’acquisto della Louisiana dalla Francia, della Florida dalla Spagna, all’annessione del Texas e alla guerra con il Messico, svoltasi tra il 1846 e il 1848.

La politica statunitense era condizionata da una parte dall’interesse dei sudisti per le loro piantagioni di tabacco, zucchero e cotone, e dalla loro volontà di mantenere a tutti i costi i quasi tre milioni e mezzo di schiavi; dall’altra dall’orientamento degli unionisti, inclini al commercio e alla navigazione, più interessati alle questioni finanziarie e ai dazi doganali. Da un lato stavano i capitalisti del Nord, creditori, e dall’altro gli agricoltori del Sud, debitori.

… Durante la guerra civile, dal 1861 al 1865, l’Entità contò su Louis Binsse, console papale a New York. I suoi rapporti come spia erano, in realtà, piuttosto curiosi e per niente interessanti.

…Se si studiano i rapporti di Binsse, si nota che l’agente dell’Entità si focalizzava sull’informazione politica del momento, ricavandola soprattutto dai giornali, piuttosto che dedicarsi al complesso lavoro di spia. Tuttavia la sua attitudine non gli impedì di ottenere informazioni importanti. Una di queste fu quella scoperta nel giugno del 1861, quasi per caso.

Louis Binsse era stato inviato a New York a un ricevimento di politici e militari organizzato per raccogliere fondi per la causa unionista. Durante la festa, alcune signore gli si avvicinarono ignorando che fosse in realtà un agente dello spionaggio papale, e gli chiesero cosa pensasse di Giuseppe Garibaldi. Di certo le signore non sapevano che Garibaldi era un nemico di papa Pio IX e, per tanto, anche del suo console a New York. L’agente dell’Entità, utilizzando tutto il suo charme, riuscì a sapere dalla moglie di un generale dell’Unione che il presidente Abraham Lincoln aveva invitato Giuseppe Garibaldi per istruire i suoi generali sulle tattiche di guerra.

L’agente Binsse comunicò all’Entità a Roma e al segretario di Stato Giacomo Antonelli le intenzioni del presidente unionista. La notizia scatenò presso la Santa Sede uno scandalo di grandezza tale che Lincoln fu costretto a ritirare la sua offerta a Garibaldi e a presentare scuse formali a papa Pio IX.

…Altra cosa fu la posizione del Vaticano e dell’Entità a favore di una delle due fazioni in conflitto. Le prime pressioni arrivarono al papa e al segretario di Stato arcivescovo di New York, John Hughes, dieci mesi dopo l’attacco a Fort Sumter. Hughes disse a Pio IX e al cardinale Antonelli che il suo compito era servire la Chiesa e non gli interessi particolare di una nazione, ma in realtà l’arcivescovo di New York era un agente sotto copertura e un propagandista di Washington. Il suo stipendio era pagato dal governo di Lincoln e i suoi rapporti venivano letti dal segretario di Stato William Seward.

La missione affidata all’arcivescovo John Hughes consisteva nell’andare a Roma per ottenere pubblicamente l’appoggio di papa Pio IX alla causa unionista. Perciò, Hughes si presentò a sorpresa presso la Santa Sede, affermando che durante il suo lavoro per l’Entità aveva scoperto che la Confederazione aveva pianificato di attaccare il Messico e le isole cattoliche dei Caraibi.

Ma le simpatie di Pio IX e del suo segretario di Stato per il Nord cominciarono a diminuire quando l’Entità dal maggio del 1863 iniziò a ricevere rapporti da un’altra fonte. Si trattava di Martin Spalding, arcivescovo di Louisville, nello Stato confederato del Kentuchy, favorevole alla secessione. Spalding, come Hughes dal governo Lincoln, riceveva in segreto dal governo di Jefferson Davis somme di denaro per ottenere l’appoggio del papa alla causa della Confederazione. Il principale interlocutore di Spalding era Judah Benjamin, segretario di Stato della Confederazione.

L’arcivescovo Spalding nel suo rapporto all’Entità assicurava che l’emancipazione degli schiavi neri era in realtà un movimento politico guidato da protestanti abolizionisti e che la gente del Sud rappresentava il vero cattolicesimo. Monsignor Martin Spalding affermava in un rapporto che << i neri erano per natura troppo inclini alla vita licenziosa e non erano pronti per la libertà. Inoltre, la loro emancipazione poteva provocare disordini sociali che avrebbero compromesso il lavoro missionario della Chiesa >>.

I rapporti di John Hughes e Martin Spalding per l’Entità dimostrarono che i vescovi non erano immuni alla causa politica  e che a volte la loro lealtà verso l’Unione o la Confederazione era superiore a quella verso il papa e la Santa Sede. Le cattive informazioni ricevute dagli agenti del servizio di spionaggio pontificio durante il conflitto mise in evidenza una seria debolezza delle relazioni tra Roma e Washington, sede dell’Unione, e tra Roma e Richmond, sede della Confederazione.

Pio IX manifestò prima le proprie simpatie alla causa del Nord, poi a quella del Sud e infine di nuovo a favore degli unionisti. Fu probabilmente a partire dal 1865, quando la guerra si concluse con la vittoria del Nord, che i responsabili dello spionaggio vaticano capirono che bisognava formare degli agenti professionisti, se l’Entità del futuro voleva diventare uno strumento capace di aiutare il pontefice a prendere la decisione migliore di fronte a una specifica situazione politica.

 

 

NOTE

 

  1. Lo storico Andrea Riccardi ha osservato:<< la Chiesa cattolica, per istinto profondo, non ha mai amato l’impero unico…In fondo, si considera un impero. Ma, come spiegò Pio XII in un discorso del 1946, non un impero nel senso di imperialismo ma in quello di essere a casa fra tutte le genti, di non essere assorbita da nessuna civiltà >>, citato da Massimo Franco, Imperi paralleli. Vaticano e Stati Uniti: due secoli di alleanza e conflitto 1788-2005, Mondadori, Milano,2005, p.199.
  2. Si rimanda fra le tante interviste al vescovo Giovanni Martinelli a Alberto Bobbio, Libia i dubbi del vescovo di Tripoli in famiglicristiana.it (20/3/2011); Bernardo Cervellera, Vescovo di Tripoli: spero ancora in una riconciliazione in www.asianew.it (23/8/2011).
  3. Massimo Franco, Imperi paralleli, op. cit., 199, 201, 203, 211.
  4. Gianfranco La Grassa, Finanza e poteri, Manifestolibri, Roma, 2008, pp. 25-39.
  5. Antonio Gramsci, Il Vaticano e l’Italia, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 58.
  6. Gianfranco La Grassa, Tutto torna ma diverso. Capitalismo o capitalismi?, Mimesis edizioni, Milano, 2009.
  7. Nell’anno del Signore 1566, papa Pio V decise di dar vita al primo servizio di intelligence in forma ufficiale e organizzata, con la finalità di lottare contro il protestantesimo rappresentato dall’erede al trono d’Inghilterra Elisabetta I. Il nuovo servizio segreto pontificio venne battezzato col nome di Santa Alleanza.

Nei seguenti 387 anni, la Santa Alleanza visse momenti di luce e di ombra sotto il nome che gli dette Pio V. Nel 1953, durante il pontificato di Pio XII, l’allora direttore dell’appena nata CIA, Allen W. Dulles, decise di rinominare in via ufficiosa la Santa Alleanza con l’appellativo di “Entità”, nome con cui ora è conosciuto il servizio segreto di spionaggio vaticano nella comunità internazionale dei servizi segreti di intelligence in Eric Frattini, L’Entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi editore, Roma, 2008, p. VIII ( Nota dell’editore).

 

 

Due papi, due misure_ di Luigi Longo

Italia e il mondo riproporrà in successione tre articoli di Luigi Longo già apparsi anni fa sul sito www.conflittiestrategie.it di analisi del ruolo del Vaticano nel contesto geopolitico. Contestualizzando gli eventi citati, offrono comunque importanti punti di riflessione. Qui sotto il secondo brano. Buona lettura_Giuseppe Germinario

Papa emerito Benedetto XVI e Papa Francesco, un

 riallineamento della Chiesa nella fase multipolare?

di Luigi Longo

 

 

*Non lascio la croce, resto in modo nuovo

                                                                                                   Papa Benedetto XVI

Il potere è presente. La santità è postuma.

Thomas Stearns Eliot

 

 

1.Le dimissioni del papa Benedetto XVI hanno provocato un terremoto epocale nella Chiesa ( intesa come comunità cristiana) e nello Stato della Città del Vaticano ( inteso come governo della istituzione con le sue ramificazioni territoriali a livello nazionale e mondiale). Avanzerò, per interpretare la rinunzia del papa, due ipotesi di ragionamento che tengono in subordine le questioni storiche di grande importanza per la Chiesa: la soggettività della donna, la questione interna della pedofilia, il ruolo dello IOR e dell’Opus Dei, il suo ruolo nelle diverse sfere ( solo per astrazione ) della società, soprattutto in quella economico – finanziaria, le attività dei servizi segreti, il ruolo dei movimenti ( Comunione e Liberazione, Comunità) e delle congregazioni ( gesuiti, salesiani e francescani). Le due ipotesi, che cercano di capire la profondità delle vibrazioni rapide e più o meno potenti del sisma, sono: a) una rottura storica nella Chiesa e nello Stato della Città del Vaticano (1), b) la ricerca di un nuovo sistema di ri-equilibrio della Chiesa, nella fase multipolare che sta avendo una certa accelerazione ( sia pure imperfetta), considerando le cose che accadono nelle varie aree del mondo(2) dove tutti gli Stati- potenza, quello “egemonico”, in declino ( USA ) e, quelli emergenti in ascesa ( Cina, Russia, India ), sono in movimento [ è utile ricordare, come insegnano Giovanni Arrighi e Gianfranco La Grassa, che le transizioni egemoniche non sono processi lineari, fluidi e uniformi] (3).

 

2.La rottura storica. Il ritiro del Papa riguarda la messa in discussione della sacralità, dell’infallibilità e dell’insostituibilità del << sovrano assoluto vicario di Cristo in terra, cioè il sostituto dell’al di qua della Seconda Persona della Santissima Trinità che regna nell’aldilà >> (4). Per dirla con Massimo Franco :<< […] il Vaticano comincia ad apparire un sistema di governo come gli altri; e dunque il Papa, capo della Chiesa cattolica, a uscire dalla nicchia teocratica nella quale lo poneva la sua carica a vita, inserendolo nella lista di presidenti, primi ministri e dirigenti. E’ questo che colpisce di più. Rispecchia il dramma di un’istituzione che dovrà ricalibrare molti dei suoi principi sulla base di una novità prevista ma mai verificatasi negli ultimi seicento anni. >> (5).

La rottura storica del Papa può avviare un processo di rinnovamento del potere religioso temporale che svela il conflitto esistente, un conflitto strategico tra diversi blocchi di potere che si contendono l’egemonia, all’interno della Chiesa e dello Stato della Città del Vaticano, tra visioni diverse del ruolo della religione, della fede, degli strumenti del potere (istituzionali e non), del dialogo con la modernità (6) nella società a modo di produzione capitalistico. Una sorta di disvelamento dell’uso che il potere religioso temporale fa del potere religioso spirituale (7). Una nuova sintesi e una nuova evangelizzazione mondiale che si proietta nella nuova fase intrinseca ai mutamenti storici ( la fase multipolare) e che va oltre la storica opposizione tra conciliaristi e conservatori << il suo modo [ del papa] particolare di essere rivoluzionario ha soprattutto contribuito a superare lo schema attraverso il quale, fin dall’Ottocento, veniva letta anche storicamente la vita interna della Chiesa, e cioè la contrapposizione fra conservatori e riformisti >> (8). In questo senso non è convincente, a mio avviso, la scelta della via conciliarista auspicata da Franco Cardini e Luisa Muraro ( una delle madri del pensiero della differenza sessuale), che resta comunque all’interno della contrapposizione tra monarchia papale e governo conciliarista, quando il primo afferma :<< Un rinnovamento che, in termini ecclesiali, equivale a una parola chiara, ma complessa, costosa, rischiosa: concilio[corsivo mio]. >> (9); e la seconda, indirettamente, indica: << “Santità… Lei prenda come esempio e modello il migliore dei papi che abbiamo avuto nel secolo ventesimo, Giovanni XXIII, che si dimostrò umile, affettuoso, coraggioso e politicamente intelligente” >> (10). La Chiesa a monarchia papale e la Chiesa conciliare, che storicamente si intrecciano e si sorreggono a vicenda, condividono, con le proprie istituzioni e le proprie strutture, il legame sociale dato, l’ordine simbolico della società a modo di produzione capitalistico. Il loro potere religioso spirituale ( la santità è postuma ) alimenta e giustifica il potere religioso temporale (il potere è presente ) che è espressione di una realtà che esiste in superficie come fenomeno , ma che non ha niente a che fare con la sostanza del mondo materiale e spirituale. E’ una Chiesa che non ha niente a che fare né con l’ecumenismo popolare né con l’ecumenismo istituzionale, intendendo con essi quanto scriveva Giulio Girardi: << Per “ecumenismo istituzionale” intenderei il rapporto di rispetto, stima e collaborazione tra le diverse istituzioni religiose, promosso dalle rispettive gerarchie. Per “ecumenismo popolare” intenderei invece un rapporto promosso dal “popolo di Dio”, indipendentemente dalla gerarchia e spesso in contrasto con essa. Il contrasto si riferisce specialmente alla natura della relazione, che in questo ecumenismo è di uguaglianza e reciprocità tra  tutte le religioni, compresa la cattolica.[ corsivo mio] >> (11). E’ una Chiesa in cui il Gesù di Nazaret ( Gesù storico ) non si riconoscerebbe, farebbe una ben più profonda cacciata dalla città-tempio di Gerusalemme dei decisori strategici del potere: << Il regno di Dio, nell’accezione originaria di Gesù, porta la distruzione, non la pace, ai reggitori e ai beneficiari di un ordine ingiusto [ corsivo mio] >> (12); mentre, il Paolo di Tarso ( il vero fondatore della Chiesa cristiana) la apprezzerebbe << le distinzioni sociali fra ricchi e poveri, schiavi e padroni erano accettate, ma dovevano essere mitigate da donazioni generose e da condotte gentili >> (13).

Le dimissioni del Papa denunciano che il mondo è cambiato. Non c’è più il <<comunismo storico novecentesco realmente esistito (1917-1991) >> ( utilizzo qui la definizione di Costanzo Preve). Le potenze mondiali si stanno delineando. Una fase multipolare incalza. La Chiesa come si pone, sia all’interno che all’esterno, in questi cambiamenti epocali? Non può rimanere prigioniera della logica conservatrice o progressista: è una nuova sintesi e un nuovo ruolo che bisogna ricercare. Ricercare una nuova grammatica e un nuovo linguaggio che serva a costruire un nuovo ordine simbolico della Chiesa cristiana la cui relazione con la realtà sia sempre più corrispondente << La grammatica è “storia” o “documento storico”: essa è la “fotografia” di una fase determinata di un linguaggio nazionale (collettivo) [ formatosi storicamente in continuo sviluppo ], o i tratti fondamentali di una fotografia. La quistione pratica può essere: a che fine tale fotografia? Per fare la storia di un aspetto della civiltà o per modificare un aspetto della civiltà? >> (14).

La scelta di Papa Benedetto XVI pone all’ordine del giorno la temporalità del mandato. Temporalità legata all’equilibrio dinamico degli attori strategici sia esso espressione della nuova sintesi ( per modificare un aspetto delle civiltà ), sia esso espressione della suddetta storica opposizione ( per fare la storia di un aspetto della civiltà). E in questa fase di nuova sintesi e di un nuovo riallineamento il Papa emerito ci vuole stare con tutto il suo potere per indirizzare in << modo nuovo >>.

 

3.Il riallineamento della Chiesa. L’abdicazione del Papa può prospettare un nuovo riallineamento che tenga conto della nuova configurazione mondiale che si va delineando con la sempre più avanzata fase multipolare.

Ieri, nella fase policentrica, attraversata da ben due guerre mondiali, la Chiesa si schierò con l’occidente sotto l’egida americana, in contrapposizione al blocco rappresentato dal cosiddetto comunismo dell’ex URSS. La fase policentrica, preceduta da una lunga fase multipolare, segnò il passaggio, come centro coordinatore egemonico di un equilibrio dinamico prevalentemente occidentale, dall’impero britannico a quello americano.

Francesco Cossiga ricorda che << Negli anni cinquanta la scelta atlantica era obbligata[ dalla sfera di influenza americana, corsivo e precisazione mia]. Su di essa convergevano l’interesse nazionale italiano e l’interesse ecclesiastico vaticano: non solo non eravamo in grado di garantire la nostra indipendenza senza l’ombrello atlantico, ma esso era necessario anche a proteggere la sicurezza della Santa Sede, l’organo centrale della Chiesa cattolica incastonato nel nostro territorio >> (15).

La Chiesa fu un << baluardo >> contro l’espansione del socialismo. Non cercò un gramsciano << sistema di equilibrio >> (16) un confronto non più con i vecchi Stati capitalistici, bensì con i nuovi Stati socialisti (17 ) per il conseguimento delle intese tra i popoli e tra le loro religioni.

Oggi, nella fase multipolare, la Chiesa dovrebbe essere universale ( a partire da questo insegnamento della storia, ma superandolo, considerata l’attuale fase storica), e dovrebbe, in maniera autonoma, intrecciare relazioni con tutte le religioni ( pluralismo religioso) di tutti i popoli ( intesi come le parti maggioritarie e sfavorite delle popolazioni), di tutti i Paesi ( pluralismo culturale) per favorire il loro sviluppo nel rispetto della sovranità, dell’autodeterminazione e della maggioranza del popolo.

Il nuovo gruppo di decisori strategici che si andrà a costituire intorno al nuovo Papa [ed al Papa emerito?] dovrà intrecciare relazioni con tutte le altre religioni; dovrà, quindi, necessariamente allearsi con i decisori strategici di quei Paesi che hanno funzioni importanti per rafforzare le sovranità nazionali, le identità storiche, culturali, sociali, economiche e politiche; questo costituirà il legare tra l’ecumenismo istituzionale e la sovranità nazionale. Un primo passo importante in questa direzione sarà quello di cercare << un nuovo equilibrio >> non più guardando all’impero “egemonico” USA bensì a quei nuovi stati-potenza che si stanno delineando ( Cina, Russia, India). Da una Chiesa universale americanista a una Chiesa universale multipolare.

Non ho parlato di una collocazione della Chiesa fatta di alleanze strategiche, nella fase multipolare, per una società mondiale fatta di popoli e nazioni liberi e autodeterminati ( un ecumenismo popolare), perché l’ecumenismo popolare presuppone un processo che << porta il popolo al potere >>, un popolo ( con le sue articolazioni sociali) che progetta, che sogna e che realizza una costruzione reale di un mondo ideale. Il popolo, in questa fase storica determinata, non c’è più. Da tempo ha smesso di informarsi, di partecipare, di indagare, di conoscere, di analizzare, di pensare e di darsi gli strumenti di decisione per una prassi reale di cambiamento. E quando un popolo non si informa << è plebe, ed una plebe disinformata non ha né sovranità né potere >> (18).Ne è un esempio il popolo italiano giusto per rimanere in Italia, la nazione dove vivo.

 

4.Mentre scrivevo questa riflessione è stato nominato il nuovo Papa. Il cardinale di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, è il Papa Francesco. L’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio non si presenta bene. << La storia lo condanna >>, ha detto Fortunato Mallimacci, ex preside della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires. Bergoglio << si è sempre opposto a tutte le innovazioni all’interno della Chiesa e, soprattutto, durante gli anni della dittatura, ha dimostrato di essere molto vicino al governo militare >>. Nel 2007 le mamme di plaza de Mayo scrissero in un comunicato che Bergoglio era << complice della dittatura >> (19). Non sostenne la Teologia della Liberazione che, come sostiene Gustavo Gutierrez (teologo peruviano), è fondata sulle lotte di liberazione che << sono il luogo di un nuovo modo di essere uomo e donna in America latina, e perciò stesso di un nuovo modo di vivere la fede [ corsivo mio]>> (20).

Credo che la nomina del Papa Francesco, un papa che guarderà all’America latina, sia una scelta che aiuti gli USA a rallentare la fase multipolare e a contrastare il loro declino ( la Chiesa, si sa, subisce il forte fascino degli imperi). La storia non insegna e come sosteneva Thomas Stearns Eliot << Gli uomini non imparano molto dall’esperienza degli altri >>.

Avanzo questa ipotesi, provvisoria, per le seguenti ragioni: a) una scelta geopolitica, per rompere l’intesa di quei paesi (Brasile e Argentina, due grandi paesi dell’America latina e membri dominanti del Mercosur; il primo fa parte del BRICS) che ragionano in termini di autodeterminazione e di sovranità nazionale,oltre ad allontanarsi dalla sfera di influenza americana; b) una scelta georeligiosa, il cattolicesimo nell’America del nord e nell’America latina ( dove vivono il 42% dei fedeli cattolici mondiali: mezzo miliardo su un totale di 1,2 miliardi ) perde terreno a favore delle chiese e delle sette protestanti (21); c) una scelta di nuova evangelizzazione, che riparte dal fallimento della strategia di Giovanni Paolo II (22).

Per le cose dette credo che il nome Francesco si addica, come riferimento, più a Francesco Saverio, co-fondatore della Compagnia di Gesù, uno dei primi missionari ad aver tentato di evangelizzare terre nuove (23), che a Francesco d’Assisi che non ha niente a che vedere con questa Chiesa (24).

Parafrasando Giorgio Gaber, posso dire che Papa Francesco è un uomo ricco e potente che ama i poveri. E’una cultura storica che viene dal IV e V secolo come ci ricorda lo storico Peter Brown<< […] i rapporti fra l’imperatore e i suoi sudditi, e fra le differenti classi della società, vennero a permearsi di un nuovo pathos generatosi all’interno della Chiesa cristiana. Le relazioni fra credenti e Dio, fra suddito e imperatore e fra debole e potente vennero a essere permeate di un’unica immagine elementare: l’immagine di un legame fra quanti erano poveri e quanti erano ricchi e potenti, verso i quali i poveri “levavano le loro grida” in cerca non solo di elemosine bensì di giustizia e protezione[…]. Era dovere dei potenti (e, invero, era considerato uno speciale ornamento del loro potere ) ascoltare il “grido” dei poveri >> (25).

Nell’anno 1939, annota nei suoi diari monsignor Domenico Tarditi, uno dei più acuti segretari di Stato che il Vaticano abbia mai avuto :<< A chi la guarda da fuori la Santa Sede sembra un albero frondoso, ma chi la conosce sa che le sue radici sono piene di vermi >>.

<< Né più né meno delle “radici” di qualsiasi altra organizzazione di potere >> (26).

 

 

 

 

NOTE

 

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Le epigrafi sono tratte da:Ultima udienza del Papa Benedetto XVI a San Pietro del 27 febbraio 2013 e da Thomas Stearns Eliot, Assassinio nella cattedrale, Rizzoli, Milano, 2010, pag.35.

 

  1. Nove sono stati i Papi dimissionari nella storia della Chiesa. Alcuni di essi furono barbaramente uccisi. Per una ricostruzione della storia dei Papi si veda Mario Guarino, Vaticano proibito. Duemila anni di soldi, sangue e sesso. Un potere che si sgretola sempre più, Koinè edizioni, Roma, 2011; Eric Frattini, L’entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi editore, Rom, 2008.
  2. Guerre in corso e in preparazione, metamorfosi della Nato, confronto USA-Cina nella regione Asia- Pacifico, confronto Usa-Russia nei Balcani e nel Medio Oriente, aumento degli armamenti in USA, Cina, Russia e India, aggressione USA in Africa, conflitto per le risorse dell’Artico, costruzione di un’area di libero scambio fra Usa-Europa,
  3. Giovanni Arrighi, Capitalismo e (Dis)ordine mondiale, a cura di, Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, Roma, 2010; Gianfranco La Grassa, Oltre l’orizzonte. Verso una nuova teoria dei capitalismi, Besa editrice, Lecce, 2011.
  4. Su questi temi si rimanda a Christian Carvalho da Cruz, Il papa emerito e il marchio della Chiesa. Intervista a Paolo Flores d’Arcais, 2013, in repubblica.it/micromega-online; Franco Cardini, Morte del papa, esposizione mediatica. Considerazioni comparative nell’orizzonte delle grandi religioni monoteiste in “Religioni e Società” n.53/2005, pp.20-25.
  5. Massimo Franco, Verso il conclave in “Corriere della Sera” del 1 marzo 2013.
  6. Riporto la definizione di modernità, da me condivisa, di Marshall Berman:<< Esiste una forma dell’esperienza vitale – esperienza di spazio e di tempo, di se stessi e degli altri, delle possibilità e dei pericoli di vita – condivisa oggigiorno dagli uomini e dalle donne di tutto il mondo. Definirò questo nucleo d’esperienza col termine di “modernità”. Essere moderni vuol dire trovarsi in un ambiente che ci promette avventura, potere, gioia, crescita, trasformazione di noi stessi e del mondo; e che al contempo, minaccia di distruggere tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che conosciamo, tutto ciò che siamo. Gli ambienti e le esperienze moderne superano tutti i confini etnici e geografici, di classe e nazionalità, di religione e di ideologia: in tal senso, si può davvero affermare che la modernità accomuna tutto il genere umano. Si tratta, dunque, di un’unità paradossale, di un’unità della separatezza, che ci catapulta in un vortice di disgregazione e rinnovamento perpetui, di conflitto e contraddizione, d’angoscia e ambiguità. Essere moderni vuol dire essere parte di un universo in cui, come ha affermato Marx, “ tutto ciò che è solido di dissolve nell’area” >> in L’esperienza della modernità, il Mulino, Bologna, 1985, pag.25.
  7. Sull’intreccio tra potere temporale e potere spirituale si rimanda a Thomas Stearns Eliot, Assassinio nella cattedrale, Rizzoli, Milano, 2010.
  8. Lucetta Scaraffia, La via della fede, in “L’osservatore romano” del 3 marzo 2013.
  9. Franco Cardini, Il concilio necessario in “Il Manifesto” del 15 febbraio 2013. Si legga anche Franco Cardini, Luisa Muraro, Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli, Lindau, Torino, 2012.
  10. Luisa Muraro, Le dimissioni del papa: bravo e avanti in questa direzione, 20 febbraio 2013, libreriadelledonne.it
  11. Giulio Girardi, La teologia della liberazione nell’epoca di Ratzinger, 2005, puntorosso.it
  12. Massimo Bontempelli, Costanzo Preve, Gesù uomo nella storia, Dio nel pensiero, Editrice CRT, Pistoia, 1997, pag.178.
  13. Peter Brown, Povertà e leadership nel tardo impero romano, Laterza, Roma-Bari, 2003, pag.29.
  14. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, quaderno 29, paragrafo 1, pp. 2341-2342. Francesco Aqueci, Espressività ed egemonia in Gramsci. Note sul quaderno 29, in “Critica marxista” n. 6/2012.
  15. Lucio Caracciolo, Perché contiamo poco, colloquio con Francesco Cossiga, “Limes” n.3/1995. Si veda anche Francesco Cossiga, Fotti il potere. Gli arcana della politica e della umana natura, Alberti editore, Roma, 2010, pp.191.219.
  16. Antonio Gramsci, L’Ordine nuovo 1919-1920, Einaudi, Torino, 1975, pag.426.
  17. Si veda la prefazione alla prima e seconda edizione di Alberto Cecchi ad Antonio Gramsci, Il Vaticano e l’Italia, Editori Riuniti, Roma, 1972.
  18. Costanzo Preve, Il popolo al potere. Il problema della democrazia nei suoi aspetti storici e filosofici, Arianna editrice, Casalecchio (BO), 2006.
  19. Tratto da Redazione, Bergoglio, luci e ombre sul nuovo papa, “corriere della sera”, 13 marzo 2013. Si veda anche Gennaro Carotenuto, Il papa argentino. Francesco I, il conservatore popolare nei torbidi della dittatura, 14 marzo 2013, gennarocarotenuto.it ; Horacio Verbitsky, Francesco I, successore di Benedetto XVI. Un Ersatz, “il Manifesto”, 15 marzo 2013.
  20. Gustavo Gutierrez, La forza storica dei poveri, Queriniana, Brescia, 1981, pag 242; Josè Ramos Regidor, Il “popolo di Dio” soggetto della chiesa e della teologia in Giulio Girardi, a cura di, Le rose non sono borghesi…popolo e cultura del nuovo Nicaragua, Borla,Roma, 1986,pp.382-429.
  21. Stefano Velotti, a cura di, Protestanti e cattolici nelle due americhe, tavola rotonda con Bruno Cartosio, Mario Miegge, Alessandro Portelli e Mario Perniola, “ Lo straniero” n.150/151, dicembre 2012/ gennaio 2013.
  22. Sulle cause del fallimento della nuova evangelizzazione di papa Giovanni Paolo II, si rinvia a Alain de Benoist, La “nuova evangelizzazione” dell’Europa. La strategia di Giovanni paolo II, Arianna editrice, Casalecchio (BO), 2002.
  23. Giulia Belardelli, Papa Bergoglio, il primo gesuita a salire sul soglio di Pietro. Intervista a Padre Giovanni La Manna, “L’Huffington Post” del 14 marzo 2013.
  24. Per una introduzione alla vita di Francesco d’Assisi si rimanda a Jacques Le Goff, San Francesco d’Assisi, Laterza, Roma-Bari, 2006.
  25. Peter Brown, Povertà e leadership nel tardo impero romano, Laterza, Roma-Bari, 2003, pp. 119.120.
  26. Francesco Cossiga, Fotti il potere. Gli arcana della politica e della umana natura, Alberti editore, Roma, 2010, pp.219.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier del Vaticano, l’Italia e gli Stati Uniti d’America di Luigi Longo

Italia e il mondo riproporrà in successione tre articoli di Luigi Longo già apparsi anni fa sul sito www.conflittiestrategie.it di analisi del ruolo del Vaticano nel contesto geopolitico. Contestualizzando gli eventi citati, offrono comunque importanti punti di riflessione. Buona lettura_Giuseppe Germinario

I dossier del Vaticano, l’Italia e gli Stati Uniti d’America

di Luigi Longo

 

1.In questo ultimo periodo sulla stampa italiana si è molto parlato dei dossier che circolano all’interno e all’esterno del Vaticano.

I dossier riguardano sia le critiche all’operato del Segretario di Stato , Monsignor Tarcisio Bertone, sia la presunta morte prevista per il 2012 del Papa Benedetto XVI, sia la strategia del Papa stesso per garantire il proprio blocco di potere nella elezione del suo successore.

La discussione si è mantenuta ad un primo livello di superficie dove i fatti che accadono appaiono confusi e si limitano a lotte intestine tra gruppi di potere [ il conflitto tra Tarcisio Bertone ( segretario di Stato ) e Angelo Bagnasco (presidente della Conferenza Episcopale Italiana, CEI ) ] senza riuscire a mettere a fuoco cosa è veramente in gioco a partire dalla svolta segnata dai funerali di Giovanni Paolo II e dalla nomina a successore dell’attuale papa Benedetto XVI. Svolta, è bene ricordarlo, che ha comportato l’adeguamento della politica vaticana alla nuova strategia degli USA (Bill Clinton-Barack Obama).

Escludendo : a) le critiche alla politica economica del Segretario di Stato [ non dimentichiamo che il Vaticano è territorialmente un piccolo Stato ma economicamente e finanziariamente è uno dei più poderosi del mondo con enormi investimenti sia diretti sia indiretti in imprese private (1) ] perché fanno parte integrante del conflitto strategico del legame sociale capitalistico; b) la presunta morte del Papa perché strumentale alla confusione oltre a invii di messaggi secondari ( non perché non rientri nella storia della Chiesa); c) la legittima strategia del Papa per garantire il proprio blocco di potere che ha cambiato in maniera elegante tutti gli uomini del potere finanziario posizionando ovviamente i suoi uomini [ tale ricambio investe tutti e cinque gli uffici che alla Santa Sede hanno competenze sulle attività economiche: l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), il Governatorato dello Stato Città del Vaticano, la prefettura degli Affari economici, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e infine lo IOR (Istituto per le Opere Religiose ) ]; resta il non detto che è rappresentato dal controllo dello IOR : la finanza del Vaticano, con un patrimonio complessivo indicato approssimativamente in 5 miliardi di euro, ovvero del denaro come strumento di lotta tra gruppi strategici per l’egemonia della politica vaticana, sotto tutela americana sempre più aggressiva mano a mano che si entra con più concretezza nella fase multipolare.

 

2.Perché lo IOR è oggetto di conflitto per il suo controllo e la sua tutela? Prima di vedere i motivi riporto una chiara definizione sullo IOR di Eric Frattini ( università di Madrid ) :<< L’Istituto per le Opere Religiose…comunemente conosciuto come Banca Vaticana, è insieme ai servizi segreti, uno degli organismi più misteriosi di tutta la struttura vaticana…La Banca Vaticana è stata al centro di numerosi scandali e coinvolta in affari illeciti: fallimenti bancari, perdite milionarie, vendita di armi a paesi in guerra, creazione di società fantasma in paradisi fiscali, finanziamento di colpi di Stato, riciclaggio di denaro della mafia, “ suicidi” misteriosi. Lo IOR ha violato leggi finanziarie internazionali senza che nessuno dei suoi dirigenti venisse mai processato da un tribunale. Da quando è stato fondato, lo IOR non è un dipartimento ufficiale della Città del Vaticano. Esiste come ente, ma senza un legame evidente con gli affari ecclesiastici o con altri organismi della Santa Sede. Il sommo pontefice è l’unica persona che ha il potere di controllarlo >> (2). Questo è lo IOR ( sulla definizione di Eric Frattini converge la maggior parte della letteratura critica ) la banca Vaticana fondata il 27 giugno 1942 per ordine di Pio XII, rilanciato da Papa Paolo VI , sviluppato da Papa Giovanni Paolo II e tutelato dall’attuale Papa Benedetto XVI che rappresenta la continuazione del blocco di potere dominante più aggressivo e spregiudicato dello Stato della città del Vaticano costruito dagli ultimi tre papi (3).

Lo IOR è oggetto di indagine giudiziaria da parte della Procura di Roma, nel settembre 2010, per violazione del decreto legislativo n.231 del 2007 che è la normativa di attuazione della direttiva UE sulla prevenzione del riciclaggio (4).

La Procura di Roma ha sottoposto a sequestro preventivo 23 milioni di euro che stavano per essere trasferiti dal conto dello IOR presso il Credito Artigiano spa della sede di Roma alla banca americana Jp Morgan di Francoforte (20 milioni di euro) e alla Banca del Fucino (3 milioni) (5). << Dalle indagini della Guardia di Finanza emergeva un quadro inquietante: lo IOR mescolava sul suo conto al Credito Artigiano i 15 milioni di euro provenienti dalla CEI, e frutto dell’8 per mille dei contribuenti italiani, con fondi di soggetti diversi. Non solo: da altre operazioni emergeva che lo IOR funzionava come una fiduciaria e i suoi conti erano stati usati per schermare persino i proventi di una presunta truffa allo Stato italiano realizzata dal padre e dallo zio (condannato per fatti di mafia) di don Orazio Bonaccorsi >> (6). A nulla sono valse le motivazioni per il dissequestro da parte dell’attuale Ministro della Giustizia, Paola Severino ( della serie uomini e donne giusti/e al posto giusto: è patetica la pantomima del governo tecnico !) all’epoca dei fatti avvocata del Presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi.

A sbloccare la situazione ci pensa direttamente il Papa (7) che emana, il 30 dicembre 2010, la Lettera Apostolica e la legge n. CXXVII ( dal titolo impegnativo e altisonante concernente “ la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo ”) per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario istituendo l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) per il contrasto del riciclaggio ( articolo 33 della legge). Inizia una collaborazione da parte dell’AIF sia con la Banca d’Italia sia con la Magistratura romana che porterà la Procura di Roma al dissequestro dei 23 milioni di euro dello IOR con la seguente motivazione << L’AIF ha già iniziato una collaborazione con l’UIF (Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, precisazione mia ) fornendo informazioni adeguate su di un’operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto di attenzione >> ( ogni commento è superfluo!). Ovviamente subito dopo il dissequestro lo IOR ha trasferito alla banca americana Jp Morgan di Francoforte il denaro dissequestrato (8). Non c’è stata nessuna presa di posizione né tantomeno di condanna per la violazione delle leggi finanziarie italiane, europee e internazionali da parte del Ministro della Giustizia ( Paola Severino), del Presidente del Consiglio ( Mario Monti), del Governatore della Banca d’Italia ( Ignazio Visco ) e del Presidente della Repubblica ( Giorgio Napolitano) garante non della costituzione italiana ( peraltro una carta datata ideologicamente utilizzata ) ma delle strategie americane in Italia proiettate nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Per avere un’idea del livello di servitù volontaria a cui è giunta l’Italia nei confronti del capitale finanziario internazionale a dominanza americana ( considerato sempre come strumento di potere per il conflitto tra gli agenti strategici del capitale inteso come rapporto sociale) riporto dal rapporto annuale per il controllo del narcotraffico del Dipartimento di Stato americano sul riciclaggio in Vaticano quanto segue : << Il Dipartimento di Stato americano ha aggiunto per la prima volta il Vaticano [ decisamente con ritardo il che lascia pensare più a giochi di potere, mia precisazione ] a una lista di altri 67 Paesi potenzialmente suscettibili al riciclaggio del denaro. Nel rapporto annuale sulla strategia per il controllo del narcotraffico (International Narcotics Control Strategy), il governo Usa inserisce la Santa sede nella categoria dedicata ai Paesi con «giurisdizioni preoccupanti»,insieme tra gli altri ad Albania, Repubblica Ceca, Egitto, Corea del Sud, Malaysia, Vietnam e Yemen. La categoria in cui si inserisce il Vaticano è di un livello inferiore a quella relativa ai Paesi che destano «estremo allarme», una lista nera di Paesi tra i quali Afghanistan, Australia, Brasile, Isole Cayman, Cina, Giappone, Russia, Gran Bretagna, gli stessi Stati Uniti, Uruguay, e Zimbabwe.
Il Vaticano, ha spiegato un funzionario del dipartimento di Stato che ha voluto rimanere anonimo, ha varato per la prima volta nel 2011 un programma anti-riciclaggio, ma occorrerà un anno per capire quanto sia efficace; e dunque è «potenzialmente vulnerabile» al problema a causa del massiccio afflusso di denaro che circola tra la Santa Sede e il resto del mondo ( corsivo mio). Papa Benedetto XVI ha creato il 30 dicembre 2010 l’Autorità per l’Informazione Finanziaria, che dovrebbe consentire al Vaticano di mettersi in linea con le norme internazionali di lotta al riciclaggio del denaro e finanziamento del terrorismo >> (9).

 

3.La suddetta Lettera Apostolica di Papa Benedetto XVI del 30 dicembre 2010 e la citata legge n.CXXVII del 30 dicembre 2010 dello Stato della città del Vaticano hanno avuto due obiettivi: 1) sbloccare il dissequestro preventivo della Procura di Roma, 2) bloccare la segretezza dello IOR fino al 1 aprile 2011 entrata in vigore della legge ( articolo 43 ) : << La Procura «evidenzia» una serie di «criticità» nei rapporti di «collaborazione finalizzati all’attività di contrasto del riciclaggio» e fa notare che «i dati forniti dall’Aif sono temporalmente delimitati al periodo successivo al 1° aprile 2011», quindi «assolutamente insufficienti e inidonei a ricostruire le modalità di effettuazione di eventuali operazioni di riciclaggio imperniate sull’utilizzazione di conti accesi presso lo Ior». Le informazioni fornite vengono definite «del tutto generiche in ordine all’identificazione e movimentazione dei conti nonché alle rimesse effettuate sui conti stessi; con l’effetto di lasciare del tutto inesplicati – si legge – i dati economici menzionati nella risposta, tutti cristallizzati al 1° aprile 2011».(10).

Nella prima fase del sequestro preventivo del denaro dello IOR lo Stato della città del Vaticano è stato compatto sotto il potere del Papa e del suo blocco di riferimento nella tattica della collaborazione con la Procura di Roma e con la Banca d’Italia permettendo, con le due citate iniziative, il dissequestro del denaro trasferito immediatamente verso i luoghi tranquilli e potenti della banca americana Jp Morgan.

Nella seconda fase del blocco della segretezza dello IOR, attualmente in corso, il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, supportato da due pareri espressi sia dall’avv. Michele Briamonte dello Studio Franzo Grande Stevens ( avvocato, nobile di casato, difensore storico e consigliere fidato di Gianni Agnelli, vicepresidente della Fiat e in seguito presidente della Juventus sino al 2006, profondo conoscitore e difensore dello IOR ) e del prof. Giuseppe dalla Torre ( presidente del Tribunale della Città del Vaticano) che in sostanza affermano che la legge n.CXXVII/2010 non è retroattiva, nega di fatto alla autorità giudiziaria e bancaria italiana ( e non solo) di indagare sullo IOR. Naturalmente il presidente, cardinale Attilio Nicora, dell’AFI, che è una Autorità vuota di potere reale, ha ribadito “il proprio diritto/dovere ad accedere a tutti i dati e le informazioni in possesso dello IOR (…) motivando tale posizione con argomentazioni attinenti alla lettera e alla ratio della legge, al rispetto degli standard internazionali cui la Santa Sede ha aderito, allo svuotamento dell’effettività della disciplina appena introdotta, al rischio di una valutazione negativa dell’organismo internazionale chiamato a esaminare il sistema Vaticano di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo” (11).

In questa seconda fase non c’è la compattezza della prima fase, ma c’è un conflitto tra blocchi contrapposti non per rendere lo IOR trasparente, ma per mettere in discussione gli attuali equilibri dinamici tra i due blocchi di potere per la gestione delle finanze della banca del Vaticano che ruotano intorno al cardinale Tarcisio Bertone (segreteria di Stato) e al cardinale Angelo Bagnasco ( CEI) (12).

Le due fasi hanno trovato una convergenza tra Papa Benedetto XVI ( via Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco in fase di accordi temporanei) e il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ( via Mario Monti) fondamentale sia per la riuscita dell’operazione del dissequestro del denaro sia per la segretezza dello IOR e l’impossibilità per le autorità giudiziarie e bancarie di entrare nelle segrete stanze della finanza vaticana.

Aprire lo IOR alle autorità giudiziaria e bancaria nazionale, europea e internazionale significa riscrivere molta storia mondiale e svelare l’anima materiale del potere della religione. La religione ha un ruolo importante nel legame sociale della produzione e riproduzione della formazione sociale data. Le sue istituzioni svolgono un ruolo significativo nelle varie strategie degli agenti strategici dominanti in tutte le sfere sociali ( soprattutto economiche-finanziarie) nazionali e mondiali.

<< La Chiesa è uno Shylock ( usuraio ebreo, personaggio della commedia di Shakespeare ne “il Mercante di Venezia”, magistralmente interpretato da Al Pacino nell’omonimo film, precisazione mia) anche più implacabile dello Shylock shakespeariano: essa vorrà la sua libbra di carne, anche a costo di dissanguare la sua vittima e con tenacia, mutando continuamente i suoi metodi, tenderà a raggiungere il suo programma massimo. Secondo l’espressione di Disraeli: i cristiani sono gli ebrei più intelligenti, che hanno capito come occorre fare per conquistare il mondo ( corsivi miei) >> (13).

 

4.Per sviluppare alcune intuizioni sui due citati blocchi di potere che si contendono l’egemonia della politica vaticana, in relazione sia agli agenti strategici sub-dominanti italiani sia agli agenti strategici pre-dominanti americani, riporterò alcuni stralci della “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI (edizioni Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2009).

Una precisazione. Occorre tenere conto di due livelli di analisi l’uno formale, l’altro di sostanza. La forma che corre attraverso elevate elaborazioni dottrinarie e raffinate regole di diritto e di norma legislativa copre ( occorre un continuo lavoro di disvelamento e di ri-costruzione) la sostanza che corre attraverso regole materiali di reali rapporti sociali e di dominio ( concorrenza, competizione, inganno, ipocrisia, tradimenti, eccetera). I due livelli, storicamente determinati, non si incontrano nella società a modo di produzione capitalistico ( inteso come produzione e riproduzione dell’insieme del legame sociale) e assumono peculiarità diverse a secondo della storia dei capitalismi sviluppatisi nelle singole nazioni.

La parola a Papa Benedetto XVI :<< Anche se le impostazioni etiche che guidano oggi il dibattito sulla responsabilità sociale dell’impresa non sono tutte accettabili secondo la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, è un fatto che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell’impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento. Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi. Anche oggi tuttavia vi sono molti manager che con analisi lungimirante si rendono sempre più conto dei profondi legami che la loro impresa ha con il territorio, o con i territori, in cui opera.

Paolo VI invitava a valutare seriamente il danno che il trasferimento all’estero di capitali a esclusivo vantaggio personale può produrre alla propria Nazione. Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale, oltre che economico. Tutto questo – va ribadito – è valido anche oggi, nonostante che il mercato dei capitali sia stato fortemente liberalizzato e le moderne mentalità tecnologiche possano indurre a pensare che investire sia solo un fatto tecnico e non anche umano ed etico. Non c’è motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene, se investito all’estero piuttosto che in patria. Devono però essere fatti salvi i vincoli di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si è formato e dei danni alle persone che comporterà il suo mancato impiego nei luoghi in cui esso è stato generato. Bisogna evitare che il motivo per l’impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo il profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell’impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all’economia reale e l’attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo. Non c’è nemmeno motivo di negare che le delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del Paese che la ospita. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale. Non è però lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale, fattore imprescindibile di sviluppo stabile >> ( paragrafo 40, pp.63-65 ).

L’orientamento reale della finanza vaticana non ha nulla a che fare con i principi etici piegati agli interessi e allo sviluppo di una nazione, di un paese bisognoso di sviluppo e di una visione territoriale-sociale come scritto nello stralcio riportato della lettera enciclica “Caritas in Veritate”. I principi etici, la “Cultura etica e finanza” servono a coprire lo scontro tra i due gruppi di potere contrapposti (14) sulle scelte di politica economica e finanziaria, di investimenti, di penetrazione nel territorio ( italiano ed europeo ) di quel processo di “nuova evangelizzazione” iniziato con Papa Giovanni Paolo II (15). Penso per esempio: I “Cammini Europei” dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Penso per esempio: La politica economica-sanitaria per la costruzione del polo sanitario-religioso di rilevanza internazionale ( gli ospedali di Milano, Genova, Roma, Taranto, San Giovanni Rotondo, eccetera). Penso per esempio: La politica edilizia, immobiliare, urbanistica e dei beni culturali realizzata in tutte le diocesi del territorio italiano (16). Penso per esempio: La gestione dell’Istituto “Giuseppe Toniolo” di Milano, uno dei maggiori centri di potere (che controlla il Policlinico “Agostino Gemelli”, l’Università cattolica e la casa editrice “Vita e Pensiero”) e snodo dei rapporti tra politica e chiesa (17). Penso per esempio: Il rapporto con la finanza e la costruzione di nuove relazioni con il sistema bancario dopo il declino del blocco di potere che faceva riferimento alla cosiddetta “finanza bianca” in contrapposizione a quella cosiddetta “ laica” ( Enrico Cuccia e Mediobanca) (18).

All’interno di questo duro conflitto tra gli agenti strategici dei due blocchi di potere, che sono in continua trasformazione e aggregazione ( gruppi di poteri flessibili con le loro reti elastiche) dovute alla costruzione di un blocco di potere con agenti strategici delle altre sfere sociali ( politica, economica, istituzionale, ideologica), si inserisce la tattica-strategia di Barack Obama nel garantire sia il trasferimento dei 20 milioni dello IOR alla JP Morgan << Basta infatti guardare la provenienza dei finanziamenti della sua campagna elettorale. Obama è una creatura delle istituzioni finanziarie che lo preferivano di molto a McCain. Nelle loro mani si concentra la maggior parte dei capitali del paese, e sono state loro a finanziare gran parte della sua campagna elettorale. E se la tendenza naturale di tutti questi anni si confermerà, allora ci si può aspettare che vorranno essere ripagate, e di fatto lo sono già state >> (19); sia un accordo con il Vaticano [ da una parte attraverso le pressioni del Dipartimento di Stato sopracitate, e, dall’altra, attraverso il Presidente della Conferenza Episcopale USA con le concessioni in termini di contraccezione, di compromesso tra giurisdizione dei pubblici poteri ( leggi civile e penale) e giurisdizione delle Chiese e delle religioni, aperture alla libertà religiosa (20), eccetera ] per le elezioni di novembre 2012 del nuovo presidente degli USA ( il voto dei cattolici americani è diventato molto mobile e in alcuni stati è ormai uno swing vote capace di influenzare la matematica elettorale delle elezioni presidenziali).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

  1. Gli investimenti diretti vengono effettuati principalmente nei settori della sanità, del turismo, e dell’edilizia. Quelli indiretti vengono realizzati, con l’acquisto di azioni, anche in imprese produttrici di armi ed in imprese farmaceutiche che producono pastiglie per il viagra e preservativi: è inutile ogni commento! Si veda l’intervista a Eric Frattini sui segreti nel Vaticano, 31/3/2011, in http//:crescendoingrazia.wordpress.com.
  2. Eric Frattini, L’entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi editore, Roma, 2008, pag. 349.
  3. Monsignor Dardozzi (1992-2003) è stato un uomo importante nella gestione delle finanze del Vaticano dal 1974 alla fine degli anni Novanta. Fino a quando è restato in vita ha coperto l’inferno della finanza del Vaticano e ha “lottato” internamente per arginare la deriva dello Ior parallelo allo Ior ufficiale gestito da monsignor Donato de Bonis [ titoli di stato per riciclare denaro sporco, soldi di tangentopoli ( la maxitangente Enimont), ruberie di donazioni, fondi della mafia, finanziamenti ai partiti, eccetera]. Per sua volontà, dopo la sua morte, viene reso pubblico il suo sterminato archivio : << Rendete pubblici questi documenti affinchè tutti sappiano quanto è accaduto >>. Il primo lavoro su questo sterminato archivio ha prodotto il libro di Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A. Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari e politici della Chiesa, Chiarelettere edizioni, Milano, 2010.
  4. Il sequestro preventivo non è stato disposto perché c’è una prova di riciclaggio ma perché, secondo la Procura di Roma, è già stato commesso, da parte dei vertici dello IOR, il reato omissivo della norma antiriciclaggio. L’articolo 55 del decreto n.231/2007. Questa indagine è la prima iniziativa assoluta da quando, nel 2003, la Cassazione ha attribuito alla giurisdizione italiana la competenza sullo IOR, che chiama in causa la banca vaticana e i suoi vertici. Cfr La Redazione del “Corriere della Sera”, Al centro della vicenda trasferimenti per 23 milioni di euro da parte della banca del Vaticano, del 21/9/2010.
  5. La JP Morgan è uno dei colossi bancari americani. E’ grande finanziatrice del presidente Barack Obama oltre ad avere suoi uomini nello staff dirigenziale del presidente Obama. Riporto per evidenziare la sua potenza quanto segue: <<… nell’altra grande banca (o società finanziaria) Usa, la JP Morgan, lavora da vent’anni ormai una donna che si chiama Blythe Masters. Una che il Guardian nel 2008 aveva definito “The Woman who built financial Weapon of Mass Destruction”, ovvero “La Donna che ha inventato le Armi di Distruzione di Massa finanziarie”. Perché? Semplicemente perché ha inventato la formula matematica dei famigerati subprime e quel Cds – il credit default swap – ormai noto a tutti dopo il fallimento della Grecia.Ma non è tutto, perché come ha scritto pochi giorni fa Italia Oggi, ancora una volta un giornale non certo complottista, o di estrema sinistra o sovversivo, la nostra Blythe dal 2006 è «a capo del trading delle materie prime della banca Usa». «In una parola – si legge sul quotidiano della Cna – è la regina mondiale della speculazione sui prodotti agricoli, l’energia, i metalli. E sotto la sua egida il fatturato del trading di JP Morgan è triplicato a 2,8 miliardi di dollari (1,7 miliardi di euro), facendo diventare la banca americana leader incontrastata del commercio di commodity, dopo aver scalzato dal podio due giganti come Goldman Sachs (nel 2011 i ricavi del settore si sono fermati a 1,6 miliardi di dollari) e Morgan Stanley (giro d’affari della divisione in calo per tre anni consecutivi)», Alessandro Farulli, Da Goldman a JP Morgan, i (e le) “masters” dell’economia finanziaria che affossano la sostenibilità, 16 marzo 2012, in stampalibera.com
  6. Marco Lillo, Norme antiriciclaggio: è la Santa Sede a imporre le sue condizioni all’Italia in “il Fatto Quotidiano” del 16/2/2012. Don Orazio Bonaccorsi è un prete, che secondo la Procura di Catania, si sarebbe servito di un conto aperto allo IOR per aiutare lo zio, già condannato per associazione mafiosa, a ripulire il denaro. Per una sintesi della vicenda in La redazione del “Corriere del Mezzogiorno”, Riciclò i soldi di una truffa: indagato prete, del 27/10/2010.
  7. << Il sommo pontefice, sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario >>, articolo 1 della Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano del 26/11/2000 ( entrata in vigore il 22/2/2001) vaticanstate.va
  8. Riporto uno stralcio della nota della Segreteria di Stato per la verifica di fatto della grande ambiguità della Chiesa: «È nota la chiara volontà, più volte manifestata da parte delle autorità della Santa Sede – si legge ancora nella nota – di piena trasparenza per quanto riguarda le operazioni finanziarie dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior). Ciò richiede che siano messe in atto tutte le procedure finalizzate a prevenire terrorismo e riciclaggio di capitali. Per questo – prosegue la nota vaticana – le autorità dello Ior da tempo si stanno adoperando nei necessari contatti e incontri, sia con la Banca d’Italia sia con gli organismi internazionali competenti – Organisation for Economic Co-operation and Development (Oecd) e Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale contro il riciclaggio di capitali (Gafi) – per l’inserimento della Santa Sede nella cosiddetta White List >>. La nota è tratta da: La redazione de “Corriere della Sera”, Al centro della vicenda trasferimenti per 23 milioni di euro da parte della banca vaticana, del 21/9/2010. Per una ricostruzione sulla chiusura del conto IOR presso la JP Morgan, filiale di Milano, e il trasferimento dei depositi IOR alla JP Morgan, filiale di Francoforte, si rimanda a La redazione de “il Sole 24 Ore”, << Cliente a rischio >>. JP Morgan chiude il conto dello IOR, del 18/3/2012. Per l’evidenza del contrasto tra la forma e la sostanza si leggano sia la Lettera Apostolica sia la legge n. CXXVII reperibili sul sito del Vaticano: vatican.va
  9. La redazione de “La Stampa”, Riciclaggio in Vaticano? Il pericolo esiste, del 8/3/2012.
  10. La redazione de “il Sole 24 Ore”, << Cliente a rischio >>, op. cit.
  11. Riportato in Marco Lillo, Norme antiriciclaggio, op. cit.. Si veda anche Tommaso Cerno, Dentro lo IOR in “L’espresso” del 23/2/2012.
  12. Valerio Galante, La chiesa e Berlusconi: scacco al vangelo in 3 mosse in “MicroMega” n.8/2010.
  13. Antonio Gramsci, Il vaticano e l’Italia, Editori Riuniti, Roma, 1972, pag. 85.
  14. Massimo Franco, C’era una volta un vaticano, Mondadori, Milano, 2010.
  15. Alain de Benoist, La “nuova evangelizzazione” dell’Europa. La strategia di Giovanni Paolo II, Arianna editrice, Casalecchio (BO), 2002.
  16. AaVv, La colata. Il partito del cemento che sta cancellando l’Italia e il suo futuro, Chiarelettere edizioni, Milano, 2010.
  17. Marco Lillo, Bertone si vantò con Tettamanzi: “Il papa vuole cacciarti dall’Istituo Toniolo” in “il Fatto Quotidiano” del 28/2/2012. Per la storia e le attività dell’Istituto Toniolo in istitutotoniolo.it.
  18. Giulio Tremonti, presidente di Aspen Institute Italia, è uno degli anelli di congiunzione tra finanza vaticana e quella americana. E’ l’uomo che ha più operato nella logica di Papa Benedetto XVI sui principì etici dell’impresa e della finanza in una visione di sviluppo territoriale-sociale attraverso il ruolo importante delle fondazioni bancarie: << E’ una linea sulla quale si fonda l’asse con Giulio Tremonti. E con la Lega, che al Nord ha oramai tessuto un’ottima trama di rapporti con la Chiesa, soprattutto tramite CL ( Comunione e Liberazione, mia precisazione) e della Compagnia delle Opere…>> in Valerio Galante, La chiesa, op. cit, pag.111. Si veda anche Ferruccio Pinotti, L’asse Lega-CL: occupare tutto! In “MicroMega” n.5/2010.
  19. Noam Chomsky in conversazione con Roberto Antonini, Obama era un sogno, in MicroMega” n.8/2010, pag.44.
  20. Barack Obama sostiene che << I laicisti sbagliano quando chiedono ai credenti di lasciare la loro religione alla porta prima di entrare nello spazio pubblico. Frederick Douglass, Abraham Lincoln, William Jennings Bryan, Dorothy Day, Martin Luther King – insomma la maggioranza dei grandi riformatori nella storia americana – non erano semplicemente motivati dalla fede ma usarono ripetutamente il linguaggio religioso a sostegno delle proprie cause. Dire infatti che uomini e donne non dovrebbero far entrare la loro ‘moralità personale’ nei dibattiti sulle politiche pubbliche, è praticamente un’assurdità. La nostra legge è, per definizione, una codificazione di moralità che si muove per la gran parte nel solco della tradizione giudaico-cristiana >> in William McGurn, Obama sta riportando il discorso religioso tra i democratici in Wall Street Journal riportato in “ l’Occidentale” del 23/2/2012.

 

 

PANEBIANCO e le fedeltà assolute; ma non alla verità_ Due articoli di Antonio de Martini

gli articoli si riferiscono al seguente editoriale del corriere della sera https://www.corriere.it/opinioni/18_settembre_01/i-pericoli-legame-mosca-ae02bf28-ad48-11e8-aed0-106e9275cc0a.shtml

PANEBIANCO? NO, CRUSCA E ANCHE MALEODORANTE !

Sul ” Corriere della sera” di oggi c’è una bella novità, il Ministro Paolo Savona, invece dii accettare la solita ” intervista ripratrice” circa la calunnia malevola pubblicata nell’articolo di fondo di Panebianco di ieri a pag 1 e 26,, ha risposto con una lettera secca e cortese verso il giornale, ma inequivoca verso il Panebianco, smentendo seccamente le illazioni del barbetta.

Panebianco, invitato dal direttore – che quindi si sfila nella polemica – a rispondere, se l’é cavata con una risposta equivoca quanto la calunnia precedente ” Non ho scritto che il ministro Savona auspica una crisi del nostro debito ( invece ha scritto a pag 26 del giornale di ieri ” Essi preparano il momento in cui le continue, e per nulla innocenti, profezie del Ministro Paolo Savona ( compresa l’ultima, quella sul possibile ruolo della Russia rispetto al nostro debito) diventeranno realtà….”

A parte la insinuante farragine è chiaro che voleva dire che Savona proponeva di chiedere i denari ai russi.
MAI DETTO E MAI PENSATO, ma lui cerca di svicolare allargando alle “dichiarazioni dei politici” non meglio identificati.

Incoraggiato dall’intervento diretto di Savona, ho pensato di far cosa gradita ai lettori nell’indicare le falsità scritte da un uomo evidentemente stanco e forse anche stufo di servire dei padroni che adesso sono in difficoltà e si sfilano mettendolo in prima linea.

Ne ho trovate , oltre alla perla di Savona, altre sei: Ve ne segnalo cinque.

PRIMA: Paolo Mieli. Viene citato come se fosse un economista che profetizza: cito il prof. che ormai chiamerò Crusca ” se mai arriverà il nostro momento ” greco” ( come ha scritto Paolo Mieli su questo giornale, nel marasma potremmo finire già in autunno) sarà facile imputare ciò non alla politica del governo ma ai nemici esterni.”
Capito? prepara l’albi ai compari ( compagni?) incaricati come lui di diffondere notizie false atte a turbare l’ordine pubblico e nel contempo fa un soffietto a Paolo Mieli che viene spacciato per un economista le cui previsioni sarebbero da prendere sul serio. PM è un giornalista intrigante che da un bel pezzo falsifica in TV la storia vicina e lontana cercando di fare la respirazione artificiale al PD.

SECONDA. CITAZIONE ” L’alleanza con il gruppo di Visegrad, sembra una tappa intermedia, serve a stabilire un ponte intermedio percorrendo il quale si potrebbe arrivare a una diversa collocazione internazionale dell’Italia.”

Qui ci sono due FALSITA’: la prima è la “diversa collocazione internazionale” che viene adombrata e la seconda è sul gruppo di Visegrad che viene presentato come una tappa intermedia verso …la Russia. Si specula sulla natura di questo gruppo. Se andate sul mio blog ( corrieredellacollera.com e clikkate sul nome, gruppo di Visegrad, troverete un mio articolo di tre anni fa che indicavo come un cavallo di Troia degli anglosassoni contro l’U.E.. Quindi non ha nulla a che fare con la Russia. Il prof Crusca non può non saperlo, quindi mente.

Terza. Sentiamo prima il prof ” come dimostrò il caso di Che Guevara al momento della formazione del primo governo castrista a Cuba, non c’è alcun bisogno di competenza per fare il ministro dell’economia in un governo rivoluzionario.”

FALSO.
Dopo nemmeno un mese il CHE fu rimosso dall’incarico e si giustificò con Castro dicendo che quando chiese se c’era un economista, lui aveva alzato la mano perché aveva capito ” comunista”. Allora la notizia fece epoca , ma il prof crede di essere il solo sopravvissuto al 1960. Siamo in due e lui è un bugiardo.

Quarta. Sempre il prof ” Come ha scritto mario Monti ( Corriere 27 agosto) tutto ciò avverrebbe senza alcuna preventiva discussione nel paese. Ne deriverebbero anche conseguenze anche per la nostra politica mediorientale: ad esempio, allineamento antisraeliano, stretti legani con l’Iran , paese alleato coi russi.”

QUI LE FALSITA’ SONO TRE
:
a) Non si può annunziare un evento futuro e dire che avverrà senza preventiva discussione nel paese ( per la contraddizion che nol consente direbbe padre Dante). Una cazzata simile è degna di quel bischero di Monti e viene ripresa da un suo pari.

b) in realtà è l’allineamento filo israeliano che si è verificato senza preventiva discussione nel paese. Il sottoscritto – e il resto d’Italia- eravamo rimasti al documento di Venezia ( in cui Moro mise in isolamento la Tatcher sul problema palestinese ED E’ QUESTO CHE GLI E’ COSTATO LA PELLE). De hoc satis.

Inoltre la politica estera italiana degli ultimi cinquanta anni è sempre stata filo araba fino a che Berlusconi ha cambiato direzione – SENZA DISCUSSIONE NEL PAESE- per motivi che non cito oggi per carità di Patria.

c) L’Iran non è alleato della Russia: la Russia, fino a prova del contrario, fa parte del quintetto che ha negoziato il disarmo unilaterale del nucleare iraniano assieme a USA, UK, UE, GERMANIA e ONU.

Quinta : ” sopratutto non sarà facile superare la ben più solida capacità di resistenza del Presidente della Repubblica , anche se, come abbiamo già visto, c’è chi è in grado di proporre la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica con la stessa disinvoltura con cui si ordina un caffé.”

QUESTO E’ UN FALSO COSTITUZIONALE: Il Presidente della Repubblica non può far nulla se non con la firma del Ministro competente per materia. La Costituzione dice questo, ne più ne meno.

Egli non puo resitere a nulla e certamente non alla volontà del Parlamento. Questo è il motivo per cui all’annunzio dell’esito delle elezioni del 4 marzo ho scritto su questo fbn che il Presiende della Repubblica dovrebbe dimettersi prima che lo faccia la gente.

L’ITALIA, LE SUE ALLEANZE E LE SUE FORZE ARMATE DAL FAR WEST AL FAR EAST?

Ieri il prof Angelo Panebianco – docente a Bologna – ha scritto un lunghissimo articolo sul ” Corriere della sera” con alcune imprecisioni come quella, quasi veniale, su Che Guevara di cui ho già scritto.

La seconda, non veniale, gaffe è che quando ci si vuole presentare come geopolitici si devono presentare tutte le alternative presenti sul tappeto ed esaminarle.

Presentarne solo una e demonizzare l’altra ( e tacere la terza) è tipico della dialettica gesuita e lo fa targare come uomo di parte, sia pure per necessità di mantenimento della collaborazione giornalistica..

La tesi del prof è ( cito il titolo del fondo)” I PERICOLI DEI LEGAMI CON MOSCA”. La tesi è che questo nuovo governo , su cui fa aleggiare il termine ” rivoluzionario”, ma io preferirei “velleitario”, almeno per ora, sta avvicinandosi a Mosca e questo per il prof sarebbe un pericolo.

Rettifichiamo: l’Italia economica si è avvicinata a Mosca quando era ancora URSS, col governo De Mita ( per protesta l’Ambasciatore Sergio Romano, oggi suo collega al Corriere si dimise e lasciò la diplomazia ) concedendo ben mille miliardi di crediti, dopo che l’Italia aveva già finanziato gli stabilimenti FIAT di Città Togliatti.

Dopo averci deplorato, gli USA seguirono la nostra strada.
Le deplorazioni anglosassoni, spesso – nel nostro caso sempre – sono invidie mascherate.

Abbandonare la NATO non vuol dire necessariamente allearsi con Mosca, significa prendere atto della cessata esigenza anti patto di Varsavia. Lo so di preciso essendo stato per oltre trenta anni il più diretto collaboratore- ed ora il successore – dell’uomo che ha chiesto per primo nel 1948 l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico : Randolfo Pacciardi.

Oggi dico con cognizione di causa e in tutta coscienza che il dispositivo militare NATO non ha più ragione d’essere.
.
Si può benissimo prendere atto dello sfaldamento dell’Alleanza – anche per il disinteresse del promotore divenuto isolazionista e le sue irragionevoli richieste economiche – e proporre una alternativa che un numero crescente di italiani , noi tra questi, chiede con voce ferma: costituire un blocco europeo di nazioni neutrali e ben armate assieme alla Svizzera ( che ne è il modello) , l’Austria ( che lo è già) la Slovenia e l’Ungheria, costituendo un Blocco Adriatico che impedisca ogni guerra tra i grandi nel nostro scacchiere e scoraggi ogni violazione della neutralità per le dimensioni stesse dell’alleanza nuova che si profilerebbe.

L’Italia sarebbe il paese demograficamente più importante e politicamente decisivo per questo blocco di NON ALLINEATI, contro cui si è pronunziato ( “è irrealistica”) il Presidente Mattarella al TG1 qualche giorno fa, con un significativo inciso alla siciliana, che mostra come non riescano più a tenere a bada col silenzio il 38% di italiani ( sondaggio Pew research) che considera superata la NATO.

L’ultimo sevigio che la NATO fa all’Italia è che dimostra come una alleanza militare possa realizzarsi nella normalità anche con paesi che non aderiscono alla UE. E non è poco.

Il mondo cattolico – cui l’Italia si vanta di appartenere- è neutralista per educazione e per dettato papale che definì la prima guerra europea una “inutile strage”.

Possibile che -ostaggi di crisi interne alle loro gerarchie- non capiscano i rischi che corre una Europa a rimorchio dell’uno o dell’altro blocco pronto alla guerra?

L’Europa ha significato solo se offre al mondo una alternativa di civiltà e non se appare come la coda della Cocacolonizzazione americana.

A questo primo “blocco promotore di neutralità vigile” potrebbero interessarsi anche altri stati della ex Yugoslavia memori della politica di non allineamento che tanto prestigio e sicurezza portò a quel paese fino a che la praticò.

Si realizzerebbe così una nuova collaborazione tra latini e slavi preconizzata da Pacciardi nel 1945 e De Michelis nel 1991 e sepolta in silenzio assieme ai suoi promotori.

Poiché gli attacchi dall’alto non vengono mai soli – il tema è d’attualità- anche il generale Vincenzo Camporini, sul suo sito suona l’adunata Atlantica e spezza una lancia a favore dell’esercito di professione in difesa della caricatura di esercito di mestiere che abbiamo messo assieme in questi anni in barba all’articolo 52 della Costituzione italiana e che rende disponibili maggiori fondi all’aeronautica.

Un esercito come quello che abbiamo oggi, serve ( lo ammettono sia il generale che la ministra Trenta) a un impiego nel sud mediterraneo….

Pensano di rivivere con due secoli di ritardo avventure coloniali contro paesi semi inermi per averne in cambio poco più che una carezza del padrone al cane che riporta una quaglia.

Gli alleati hanno armi nucleari e noi forniamo la carne da cannone o come si dice oggi pudicamente ” the boots on the ground”. E iun modello sbagliato, un approccio sbagliato e irto di pericoli che invece Panebianco non vede ipnotizzato dal FAR EAST Europeo.

Anche qui si offre la scelta manichea tra esercito di mestiere (in astratto, il nostro ne è la caricatura in chiave napoletana) e esercito di leva, trascurando ogni altra formula, inclusa quella ibrida che personalmente prediligo.

Serve una forza di intervento mobile professionale e ben equipaggiata – l’Italia, coi mezzi attuali, può fornirne al massimo quattro o cinque brigate a pieno organico e con mezzi adeguati – e un esercito a base locale e addestramento periodico sull’arco alpino sul modello svizzero.

Degli alpini provenienti da Gragnano, Portici o Salerno, non credo sia serio parlare. Un esercito a reclutamento napoletano può servire solo a scopi borbonici.

Ipotesi di intervento e scenari e scenari di guerre future, tutti gli stati maggiori li fanno da un secolo a questa parte e nessuno ci ha mai azzeccato nemmeno in parte.
Come noto, sono sempre in ritardo di una guerra.

Lo Stato Maggiore italiano, non me ne voglia, ha invece un regolare ritardo di almeno due guerre ed ha lo sguardo rivolto al passato come i dannati di Dante.

A roprova psicologica, ne fa fede la foto della prima comunione che Camporini ha messo nel suo sito per dispensarsi dall’argomentare e occupare uno spazio ben visibile.

Si sa , noi contribuenti possiamo solo pagare e poi lasciar fare agli “specialisti” che- a guerra finita- ci spiegheranno come l’hanno persa, dando la colpa a politici defunti. Solo che abbiamo cominciato a notare che nelle guerre in corso il numero dei morti civili supera sempre di gran lunga quello dei militari e allora vorremmo interessarcene.

Il rinnovamento dell’Italia passa per la sua politica estera e per quello delle sue Forze Armate. Il prossimo anniversario della fine della grande guerra potrebbe essere il momento opportuno per iniziare un dibattito nazionale e civile sul tema.

Il resto verrà da se.

LE ISTITUZIONI E IL CONFLITTO a cura di Luigi Longo

LE ISTITUZIONI E IL CONFLITTO

a cura di Luigi Longo

 

 

 

Suggerisco la lettura dell’articolo di Marco Della Luna, “Come prevenire un nuovo Euro-golpe” apparso sul sito www.marcodellaluna.info il 29 agosto 2018.

La sua lettura è stimolante perché evidenzia come le istituzioni sono luoghi di conflitto e di gestione del potere (degli agenti strategici sub-dominanti europei) e del dominio (degli agenti strategici pre-dominanti statunitensi).

Bisogna uscire dal campo delle istituzioni come luoghi di interesse generale, come luoghi neutrali dove si curano l’interesse della popolazione e di una nazione; occorre, invece, mettersi nel campo delle istituzioni come parti integranti del conflitto che attraversa la vita sociale di una nazione (con le sue forme di organizzazioni storicamente date) che è inserita nelle relazioni internazionali e nelle dinamiche di conflitto tra le nazioni-potenze che si configurano nelle diverse fasi storiche per il dominio mondiale.

 

 

 

COME PREVENIRE UN NUOVO EURO-GOLPE

 

di Marco Della Luna

 

Perché il Quirinale non può contenere il Presidente degli Italiani

Nell’estate del 2018 parecchi editorialisti stanno a congetturare sui possibili modi in cui, probabilmente, per abbattere il governo sovranista e rimetterne su uno europeista e immigrazionista, nel prossimo autunno, in tempo di legge di bilancio, verrà orchestrato un colpo di Stato dai soliti “mercati”, dal duo franco-tedesco, assieme alla BCE, ai “sorosiani”, ai magistrati “progressisti”.

Già i mass media pre-legittimano tale colpo di stato, come lo pre-legittimavano nel 2011, ripetendo a josa il concetto che il pericolo è il sovranismo e l’euroscetticismo, che lo scopo è come vincerli salvando l’integrazione europea, e tacendo completamente sui meccanismi e gli squilibri europei che danneggiano l’Italia a vantaggio di Germania e Francia soprattutto. Si comportano come sicuri che il golpe si farà.

Anche grazie a tali, ricorrenti campagne propagandistiche, l’idea del colpo di Stato degli interessi stranieri col tradimento del Quirinale in loro favore è oramai sentita come qualcosa di rientrante nell’ordine delle cose, di non sorprendente né, in fondo, scandaloso.

In particolare, è chiaro che il Quirinale (la cui cooperazione è indispensabile a un golpe politico, avendo esso la funzione di delegittimare il governo legittimo e legittimare quello illegittimo) è una sorta di rappresentante degli interessi e della volontà delle potenze straniere dominanti sull’Italia; e che la sua forza politica, la sua temibilità e la sua inattaccabilità derivano dal rappresentare esse, non certo dalle caratteristiche personali dei suoi inquilini. Il Quirinale è stato concepito e costruito, nella Costituzione italiana del 1948, al fine di far passare come alto giudizio e indirizzo della più alta Autorità nazionale quelle che invece sono imposizioni di interessi stranieri.

Dico “il Quirinale” e non “il Presidente della Repubblica” perché intendo proprio il Palazzo, come istituzione e ruolo nei rapporti gerarchici tra gli Stati, e non la persona fisica che lo occupa volta dopo volta. L’Italia è uscita dalla 2a Guerra Mondiale non solo sconfitta, ma con una resa incondizionata agli Alleati, e ha così accettato un ruolo subordinato agli interessi dei vincenti, incominciando dalla politica estera, per continuare con quella monetaria e bancaria. Il Quirinale è, costituzionalmente e storicamente, l’organo che ha assicurato la sua obbedienza e il suo allineamento nei molti cambiamenti di governi e maggioranze.

Certo, rispetto al golpe del 2011, la situazione oggi è diversa, per diverse ragioni:

 

-perché allora la maggioranza degli italiani voleva cacciare Berlusconi e credeva che cacciarlo avrebbe apportato legalità e progresso, mentre l’attuale governo gode del gradimento di un’ampia maggioranza della popolazione, sicché per rovesciarlo servirebbe molta più violenza di quella bastata nel 2011, oppure bisognerebbe dividere la maggioranza;

-perché da allora la gente ha capito qualcosa dall’esperienza dei governi napolitanici;

-perché Berlusconi non aveva gli appoggi di Washington e Mosca, né un piano B per il caso di rottura con l’UE;

-perché rispetto al 2011 l’eurocrazia ha perso credibilità e forza; perché essa teme le vicine elezioni europee e non può permettersi nuovi soprusi.

Come agire per prevenire un nuovo golpe, dopo tali premesse?

Suggerisco di spiegare alla popolazione il suddescritto ruolo storico e costituzionale del Quirinale, il suo ruolo di garante obbligato di interessi di potenze straniere vincitrici e sopraordinate, spesso in danno agli Italiani. Un ruolo non colpevole proprio perché obbligato, ma che in ogni caso priva il Quirinale della qualità di rappresentante degli Italiani e della autorevolezza, della quasi-sacralità che questa qualità gli conferirebbe. Il Quirinale è piuttosto una controparte dell’Italia.

Già il far entrare questa consapevolezza e questi concetti nella mente e nel dialogo dell’opinione pubblica può indebolire quel potere improprio e nocivo del Quirinale che gli consente di delegittimare i legittimi rappresentanti del popolo, sebbene esso non sia eletto dal popolo ma dalla partitocrazia, e di legittimare la loro illegittima sostituzione; quindi può aiutare la prevenzione di nuovi colpi di palazzo.

Nel tempo, si potrà pensare anche a una riforma nel senso del cancellierato, che dia più potere sul governo al premier, contenendo i poteri politici del Capo dello Stato e il fondo annuo di oltre un miliardo l’anno che egli gestisce – più della Regina Elisabetta; nonché a convertire il palazzo del Quirinale in un museo, trasferendo la sede della presidenza della Repubblica in un luogo dall’aria meno dominante e adatta alle nuove e ridotte competenze.

tripoli bel suol d’amor; con scarsa intelligence_ di Antonio de Martini

La situazione in Libia è sempre più convulsa con gruppi armati di qualche centinaio di miliziani sostenuti dal Ras della Cirenaica Haftar che ormai minacciano seriamente la posizione del Presidente senza terra Serraj. La sorniona Russia, Francia, Gran Bretagna ed Egitto da una parte, Italia dall’altra in nome del governo universale. Gli Stati Uniti lì a guardare dopo aver innescato il caos. Il Governo Conte si trova a gestire una posizione italiana sempre più debole, frutto dell’ignominia e del servilismo senza contropartite dei precedenti Governi, a cominciare da quello Berlusconi. Una delle due pagine più vergognose, quella della Libia, della politica estera repubblicana. Continua però ad annaspare legato ad una ipotesi ormai del tutto compromessa ed inagibile. Nel frattempo Saif, figlio di Muammar Gheddafi, proprio lui, gode di un consenso crescente tra la popolazione e le tribù, è componente della tribù libica più numerosa, è l’unico esponente in grado di ritentare una conciliazione e la ricostruzione di quel paese. Un fatto rilevato ormai da tempo da gran parte della stampa mondiale, ma non da quella nostrana. Osservando la zona degli scontri, tra l’altro, è molto probabile che sia lui stesso, più o meno direttamente, ad avere un ruolo importante nell’attuale colpo di forza. L’Italia, tra i cinque protagonisti dello scempio libico, è il paese comunque meno compromesso e che ha conservato non ostante tutto forti legami soprattutto con quella. Cosa si aspetta? Oppure quel declino e quell’insipienza, presente ormai anche nei settori nevralgici dello Stato, sono realmente irreversibili come sembra paventare Antonio de Martini? PrimaBuona lettura_Giuseppe Germinario

TRIPOLI: COSA PUO’ FARE IL GOVERNO ITALIANO PER FERMARE L’AGGRESSIONE.

1) Costituire un “gabinetto ristretto” composto dal ministro degli Affari Esteri, Difesa, Interno, Industria e Giustizia.

2) chiedere alle Nazioni Unite di dichiarare una NO FLY ZONE su Tripoli e la Tripolitania e dare mandato all’Italia della esecuzione.

3) stabilire una azione di PEACE ENFORCEMENT ( non è il caso di parlare di peace Keeping, visto che la pace non c’è)

4) Concentrare le necessarie forze aeree nella base di Ghedi ( da cui partirono gli aerei francesi per l’attacco a Gheddafi). Inviare la portaerei Cavour nelle acque della Cirenaica con adeguata scorta.

5) Chiedere all’ONU di ordinare il congelamento delle royalties petrolifere a tutte le parti in causa fino alla cessazione delle ostilità.

6) Far dichiarare fuori legge il comandante di questa bravata ed emettere un mandato di cattura internazionale a suo carico.

7) chiedere la mediazione della Lega Araba prima di iniziare i bombardamenti degli aggressori che sono privi di aeronautica.

Il tutto richiederebbe non più di due giorni durante i quali basterebbero le nostre forze speciali a tenere a bada gli aggressori. Se gli USA non appoggiassero la nostra azione in seno al Consiglio di sicurezza ( o la Francia) tirarne le conseguenze. Ovviamente differenti nei singoli casi.
La somma di queste minacce messe tempestivamente in atto, ci riscatterebbe agli occhi dei libici e ristabilirebbe gli equilibri nel mediterraneo centrale.

La Francia ha una portaerei che potrebbe andare negli annali accanto al ritrovamento della Tomba di Tutankamon per il numero di avarie subite, non oserebbe muoversi nemmeno a titolo dimostrativo.

Il governo potrebbe approfittarne per isolare gli oppositori in un clima di Unione nazionale senza compiere gesti al di fuori della nostra portata e in perfetto allineamento con la posizione tenuta dalla NATO nel 2011 contro Gheddafi che però non sparava.
Le nzioni Unite che hanno riconosciuto il governo Serraj, non potrebbero che approvare.

CHI E’ D’ACCORDO INOLTRI LA RICHIESTA AL SUO DEPUTATO.

TRIPOLI , CONTE, TRUMP E LE FIGURE DI MERDA

Sono almeno un paio di anni che continuo a scrivere che Haftar è un bandito stupido e cattivo ma sostenuto dagli inglesi e Serraj non è sostenuto nemmeno dalla moglie, è disprezzato da tutti i libici e il fatto che sia sostenuto dalla “comunità internazionale” come stranazzano i giornali, non conta nulla. Come a nulla è servito il viaggio dell’avv. Conte a Washington per chiedere aiuto.

Adesso ci sfogheremo contro la Francia e nessuno penserà a chiedere i danni erariali ai responsabili di queste scelte demenziali di sostenere un bischero insidiato da un generale da operetta che fu sconfitto persino dal CHAD.

E’ dello scorso mese l’incontro con la richiesta di sostegno fatta a Trump dal primo ministro Conte. Promesse da marinaio o millanterie?
In entrambe le ipotesi vanno fatte considerazioni appropriate.

a)L’appoggio di Washington non ha prodotto risultati apprezzabili, se c’è mai stato.
.
b) Contare sull’appoggio americano equivale a farsi predire il futuro da Vanna Marchi e questa è una lezione da ritenere anche per le politiche europee e militari.

c) Essere investiti dal Presidente della Repubblica non basta a dare credibilità a un quidam de populo. Anni fa , negli incontri importanti, andavano assieme Presidente e Primo Ministro per significare che l’Italia intera mirava al risultato e non alla foto per il curriculum..

d) Mettendo come capo centro informazioni per la Libia un sottufficiale della Guardia di Finanza affiancato da una trentina di ragazzotti di buona volntà, sappiamo dettagli sugli approvvigionamenti, ma non abbiamo un quadro geopolitico affidabile.

e) Se a questa situazione critica aggiungiamo che il Ministero della Difesa è stato gestito da due pie donne negli ultimi anni, il quadro sarebbe completo se non andasse detto anche che il fatto di aver messo a capo del servizio segreto un ufficiale specializzato in paghe e contributi non è stato il massimo della vita.

Leggo sui giornali che verrà sostituito. Troppo tardi e potremmo finire dalla padella nella brace se non ci si mette un ufficiale di Stato Maggiore serio e capace di abolire tutte le indennità che hanno attirato nugoli di persone motivate economicamente ma digiune di tutto.

Il fatto stesso che si voglia mettere a capo del DIS ( il coordinamento tra servizio interno ed estero) l’attuale capo della polizia ( “perché sta simpatico a Conte”) fa pensare che l’attenzione è verso il pettegolezzo interno oppure c’è necessità di evitare la pubblicazione di dossier imbarazanti. Niente a che vedere con l’interesse nazionale.

Fino a che non si troverà una intesa col figlio di Gheddafi e con Gheddafiddam ( cugino-tesoriere) al Cairo, continueremo a fare figure da cornuti e mazziati.

Un ammaestramento da trarre, c’è e non è secondario: quando si è in presenza di un governo imbelle, un premier appeso al nulla e una situazione di disordine endemico, bastano trecento uomini in gamba per decidere le sorti di una guerra.

Lo dice anche Tolstoj in guerra e pace, anche se parla di ” un reggimento”. Ma quelli, erano tempi eroici.

LA SCELTA PER IL SERVIZIO SEGRETO.

Il servizio segreto condivide col PD due caratteristiche: l’aver cambiato nome troppo spesso e la densità di comunisti nelle sue file.

La posizione di capo del servizio è di quelle che possono dare grandi tentazioni sia economiche ( il capo dispone di un bordereau di milioni di cui non deve rendere conto a nessuno) che politiche.

Casa Savoia che ha molte pecche, ha il pregio di aver – nei secoli – imparato a gestire il capitale umano.
A capo del servizio andava sempre un colonnello di Stato Maggiore che per vari motivi non poteva essere ricevuto a corte ( omosessuale, separato, ecc) ed aveva la carriera compromessa.
L’amministratore dei beni personale di V.E.II era …un repubblicano.

Con la Repubblica, veniva scelto un colonnello, che a fine triennio tornava nell’esercito per seguire la normale carriera.
Il generale de Lorenzo, vendendo a Gronhi una storiella che lo rese insicuro, ottenne prima una legge che equiparasse il comando del SIFAR a comando di Divisione e poi di Corpo d’Armata e ottenendo la riconferma per troppi anni.
Usò il bordereau per comprarsi quasi tutti i giornalisti che interesavano e tutto il sistema degenerò.

La necessità di apportare cambiamenti provocò la turnazione tra le tre armi ( che oggi sono quattro…) e presto la Marina fevce la parte del leone con l’ammiraglio Henke, Casardi ecc.

nel periodo Berlusconi, si riuscì a scendere di un ulteriore gradino con la nomina di un ufficiale della Guardia di Finanza ( Pollari) di cui si ricorda ” la carica dei seicento” finanzieri che immise nei ruoli e la sua triplice richiesta di decretare la Stato di Assedio perché aveva saputo da fonte certa che stavano per ccommettere un attentato nel sottopasso di Villa Borghjese per far crollare tutta piazza di Spagna.

Per fortuna fu smentito da De Gennaro ( a capo della polizia) e Mori ( SISDE) e non se ne fece nulla.

Chi pensasse che eravamo giunti all’ultimo gradino della professionalità, può ricredersi: Alberto Manenti, ufficiale addetto alle paghe del servizio diventa capo della Divisione “non proliferazione” ( comprensibile in un paese dotato di armi nucleari) e fornisce al servizio inglese “la prova” che il Niger sta vendendo uranio a Saddam. E’ falso e gli americani ci hanno fatto un film ” Fair Game”.

E’ la prova che scatena la guerra. Con questa gabola, gli USA soino grati agli inglesi per il favore fatto loro e questi, cavallerescamente accreditano la bufala al servizio italiano che fa la figura di merda.
.
Invece di mandarlo a casa, Alberto, come lo chiamano gli amici, viene nominato capo servizio che dopo un periodo in cui si è chiamato SID, poi SISMI, adesso diventa AISE.

La fiaba del ragioniere addetto alle paghe che diventa capo del servizio segreto infiamma le fantasie e il capo della stazione CIA di Roma, si dimette e , dopo aver fatto da mediatore nell’acquisto di software da una chiacchierata ditta americana, viene preso come consulente del servizio. Manco il KGB in Polonia ai bei tempi con Rokossovsjy.

Adesso siamo alla nuova scelta, ma non va cercato un semplice capo servizio, anche se questo sarebbe comunque un progresso.

.Va trovato un Riformatore che elimini ogni indennità aggiuntiva che attira i raccomandati avidi e incapaci; che elimini personaggi stranieri dai vertici dell’organizzazzione; che eviti le forti spese che implica il passaggio degli uffici a Piazza Dante nei già suontuosi locali della Cassa Depositi e Prestiti e che non si spaventi all’idea di contrastare gli avversari degli interessi italiani con ogni mezzo lecito e non.

E che dopo un triennio vada via anche se merita le più alte ricompense. Possono sempre farlo Consigliere di Stato.

Chi può fare una riforma tanto profonda in così poco tempo?

Faccio i nomi:

a) Mario Buscemi, attualmente consigliere di Stato e generale di Corpo d’Armata che ha predisposto la riforma della Difesa riuscita senza probelmi e comandato la brigata in Albania
( operazione Alba) e in Kurdistan con gli USA.

b) Il prefetto Giovanni De Gennaro, già capo della polizia, che Berlusconi e PD hanno liquidato dalla presidenza di Finmeccanica con un pretesto ( la condanna per i fatti di Genova). Con loro credo abbia il dente avvelenato e servirebbe con lealtà ed efficacia.

Mario Mori; generale di Corpo d’Armata e giù capo del SISDE che si intende- lo ha dimostrato- di intelligence e di malavita e magistratura. Ha il senso dello Stato a la grinta del carabiniere..

Tutti e tre avrebbero la piena collaborazione dei corpi di provenienza e l’esperienza necesaria a fare quel che serve in tempi brevi:
Il resto è camomilla al coleroso

Giuseppe Conte, Avvocato degli Italiani? Badi a Vincere a Genova_ di Piero Laporta

tratto da http://www.pierolaporta.it/giuseppe-conte-avvocato-degli-italiani-badi-a-vincere-a-genova/

Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio stanno compiendo errori strategici gravi, tuttavia ancora rimediabili, a patto di dare un’immediata sterzata al modo di fronteggiare il crollo del ponte di Genova.

La politica e il potere si reggono su due pilastri: le risorse e il consenso. Quest’ultimo è più fragile del ponte genovese e, come si sa,  mutevole di suo. Esiste tuttavia un elemento che – ben più d’ogni altro – determina repentini mutamenti del consenso: il sangue, la morte di innocenti. Tutte le rivoluzioni cominciarono a causa di guerre con spargimento di sangue innocente, per stragi  di popolazioni inermi o altre analoghe sconcezze.

Da mezzogiorno del 14 agosto, quando crollò il ponte Benetton a Genova, il sangue di 43 innocenti, schiacciati dal calcestruzzo malato è stato come un cannoneggiamento di gente inerme: chiunque sia in buona fede s’è reso conto che negli ultimi venti anni sono state svendute non solo le ricchezze dell’Italia ma anche le vite dei cittadini. Quel crollo è tuttora in grado di scatenare uno tsunami da travolgere e distruggere definitivamente, cancellarli dalla scena politica, il Partito Democratico e Forza Italia, primi responsabili dello sfascio e del crollo dell’Italia. Ebbene, questo governo è stato deviato, frenato prima che lo tsunami si scatenasse.

Mercoledì 15 agosto – il giorno successivo alla catastrofe genovese – 170 migranti erano nelle acque maltesi. Alle 3.40 della notte qualcuno – senza consultare il governo – ha dato uno strano ordine a due unità della Guardia Costiera italiana, affinché intervenisse a 17 miglia nautiche da Lampedusa per caricare i migranti. Circa cinque ore dopo, alle 8.20, è intervenuta nave Diciotti che ha imbarcato 177 migranti, all’insaputa del governo.

Se le due motovedette si fossero dirette – come è stato sempre fatto in casi analoghi – verso Lampedusa in condizioni di sicurezza, si poteva accendere il solito contenzioso con Malta e attendere la composizione da parte dell’Unione Europea. È arrivato invece l’ordine di trasferire i migranti sulla Diciotti e questa, portandosi a Catania, si è messa sotto l’occhio delle telecamere del mondo. È giunta a Catania, senza entrare nei porti di Pozzallo e Augusta, sui quali vige la competenza delle procure di Ragusa e Siracusa, note in passato per posizioni tolleranti verso l’immigrazione. Chi ha consigliato di andare a Catania sapeva che Luigi Patronaggio, procuratore capo di Agrigento, aveva pianificato di recarsi nel capoluogo etneo, per un’ispezione a bordo della Diciotti? All’ispezione è conseguita l’indagine per sequestro di persona, sostenibile proprio dalla procura di Agrigento.

In altri termini, dal giorno successivo al disastro di Genova, le prime pagine, invece di concentrarsi sui 43 morti ammazzati dal ponte crollato, sono state condivise con la Diciotti e Patronaggio. A  partire dal 18 agosto, dopo quattro giorni dal crollo, sfumate le cronache dei funerali, la Diciotti ha cancellato il crollo di Genova.

Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, questo è dilettantismo grottesco, neppure scusabile con l’inesperienza di governo.

Si dirà che il governo non vuole esporsi ad accuse di sciacallaggio. Le accuse di sciacallaggio sono arrivate comunque, intanto però il governo – mettendo in ombra il disastro genovese, a vantaggio della Diciotti – trascura l’interesse dello Stato, trascura l’interesse delle 700 famiglie di sfollati, trascura l’interesse delle famiglie dei 43 morti ammazzati.

Il governo, smetta di autocompiacersi per gli applausi ai funerali. Il governo smetta di lamentarsi per l’indagine a carico d’un suo ministro, mentre nessun indagato risulta dopo il crollo del ponte. Vogliamo scoprire oggi che certa magistratura fa politica? Questo non toglie che si debba agire con la risolutezza imposta dalla situazione e consentita dal potere governativo e politico, più vasto di quanto sia stato dispiegato sinora. Se Patronaggio prevale è solo responsabilità dell’autorità politica, in quanto controparte inerte. Il governo smetta di porre in cima alla sua agenda vicende artefatte come quelle della Diciotti; vicende artefatte a dodici ore dal crollo, facendosi prendere per i fondelli in modo elementare. Il governo proceda piuttosto e senza indugio a nominare un collegio di difensori, costituendosi parte civile e invitando ad associarsi come parti civili le famiglie degli sfollati, quelle dei morti, il comune di Genova e tutti i cittadini e le imprese in qualche modo coinvolti nel disastro.

Solo un gruppo di pressione siffatto può ottenere il risultato di controllare l’operato della magistratura genovese, risalendo alle responsabilità, per esigere risarcimenti non solo da Autostrade, ma da tutti i ministri delle infrastrutture, dai capi di governo e dalle burocrazie corresponsabili del disastro.

La concessione ad Autostrade è uno degli aspetti del problema, ma non è “il problema” nella fase di indagine sulle responsabilità. Alla magistratura genovese l’onere di stabilire se il disastro sia colposo o doloso. Il disastro tuttavia rimane: è un dato di fatto incancellabile, qualunque cosa dicano e facciano i ministri delle Infrastrutture da Antonio Di Pietro a Graziano Del Rio. Il governo ha il dovere verso se stesso, verso lo Stato e verso tutte le vittime, sopravvissute e non, di fare tutto il possibile perché, sotto l’occhio d’un collegio di esperti difensori, il diritto e la giustizia coincidano e siano salvaguardati. Di certo tale salvaguardia non ci sarà se si rimane inerti mentre si fanno affiorare documenti come la lettera – pubblicata da L’Espresso e sequestrata(!) dalla procura – datata 28 febbraio 2018, con la quale la Autostrade avvertiva il ministero delle Infrastrutture e il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova sullo stato critico del viadotto. Deve essere chiaro che tale documento non alleggerisce la posizione di alcuna delle parti in causa, tutt’altro.

Il consenso, come s’è detto, può essere cancellato repentinamente dal sangue, dalla morte di innocenti. Questo può accadere, anzi accadrà senz’altro, per quanti abdichino al dovere di difendere efficacemente quel sangue e quegli innocenti. L’unica vittoria efficace sarà l’individuazione dei responsabili e il risarcimento a loro carico di tutte le vittime del viadotto di Genova. Altro che profughi, Diciotti e Patronaggio. Se ne ricordi chi entrò a palazzo Chigi autonominandosi “avvocato degli italiani”. www.pierolaporta.it

LA TERRA SOTTO I PIEDI,di Roberto Buffagni

LA TERRA SOTTO I PIEDI

su Genova, in dialogo con Pierluigi Fagan e Alessandro Visalli[1]

 

E’ da un bel pezzo, non solo dal 14 agosto, che gli italiani si sentono mancare la terra sotto i piedi. Il crollo del ponte Morandi di Genova lo ha espresso con uno splendore metaforico accecante, perché è un correlativo oggettivo[2] perfetto.

Il crollo del ponte Morandi è il correlativo oggettivo di molte cose che finiscono, e finiscono male. Fine dell’Italia moderna di ieri, dell’Italia del miracolo economico, della giovinezza dei nostri padri o nonni, dell’abbondanza a portata di mano per tutti: il ponte Morandi, con il suo tracciato epico, il suo modernismo militante alla Le Corbusier, è figlio di quegli anni e di quelle ambizioni giovanili. Fine della modernità dell’Italia di ieri come ambizione sbagliata, come rincorsa tardiva, affannosa, volontaristica dei “paesi più avanzati”: l’Italia del miracolo economico non può permettersi i ponti in acciaio che paesi di più antica industrializzazione costruiscono da cent’anni, e parsimoniosamente getta il ponte Morandi nel deperibile cemento armato, ma senza rinunciare al tracciato avveniristico che ci fa fare bella figura, ci fa sembrare “un paese normale”. Fine della promesse de bonheur  della postmodernità, del sogno elettrizzante dei muri che crollano e dei confini che svaniscono, di libertà come infinito transito da un orizzonte a un altro orizzonte, senza soste, radici, termine: emblema i cento ponti, gettati dal nulla al nulla e scavalcanti il nulla, che troviamo sulla cartamoneta in euro, l’unica moneta pura della Storia umana; moneta senza terra e senza principe, sacramento del nulla che si transustanzia in Nulla senza materia sacramentale, ex opere operato della Tecnica, vessillo dell’Unione senza Unità e dell’Europa senza Europa. Fine dell’illusione che la promesse de bonheur della libertà postmoderna valga per tutti: i deplorables, i carnali che restano legati al suolo e alla materia precipitano nel baratro, gli pneumatici che transustanziano materia e vita in denaro volano, illesi s’incielano nell’Empireo delle corti di giustizia internazionali, dei grandi studi legali americani, delle aziende di public relations, trasportati e razionalmente giustificati dagli psichici al loro servizio. Per concludere: fine dell’illusione che l’Italia possa mai diventare “un paese normale”, cioè un normale paese capitalistico avanzato, come i paesi protestanti.

L’Italia non è mai stato, né potrà diventare mai finché esisterà come realtà simbolica, un “paese normale”, perché l’ultima impronta che ha modellato in profondità la patria interiore degli italiani è un possente movimento spirituale di difesa contro la modernità, la Controriforma cattolica. Finita, e finita molto male, la grande speranza giovanile della Cristianità europea, sostituito al principio del bene comune il criterio regolativo del male minore, spezzata la comunicazione tra l’aldiquà e l’aldilà nelle rappresentazioni del sacro, l’Italia ha iniziato a diventare un paese anormale pittoresco e spregevole, romantico e cialtrone, perché di volta in volta più arretrato o più avanzato degli altri paesi europei: siamo più arretrati quando la modernità va bene, siamo più avanzati quando la modernità va male: di qui anche la nostra meritata fama di “laboratorio politico”.

La protezione minuziosa e tirannica, premurosa e soffocante della Controriforma cattolica ha preservato, come un fossile nell’ambra, le sopravvivenze delle tradizioni pagane italiche, romane, greche, e ha lungamente riparato sotto la volta di un tempio invisibile la civiltà contadina con i suoi antichissimi costumi, cristiani e precristiani. La Modernità e la Storia premevano alle mura, s’infiltravano nelle vite personali, nei pensieri e nei sogni, ma l’incantesimo difensivo ha retto per secoli, in una lunghissima ritirata lenta e ordinata che solo molto di recente si è trasformata in rotta. Racconta il trauma del contatto diretto con la modernità illuminista e liberale trionfante il più grande poeta, insieme a Torquato Tasso, della Controriforma italiana.

Giacomo Leopardi[3] canta il confine del natìo borgo selvaggio, che da tanta parte/ Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude e dal quale cercò di evadere per tutta la vita, come trampolino verso l’assoluto (L’infinito); la speranza nel domani come illusione, creatrice di struggente bellezza e commovente, precaria gioia (Il sabato del villaggio); l’ incanto della civiltà popolare italiana come una fanciulla che la morte precoce rende eternamente giovane, bella e perduta come la patria, “membranza sì dolce e fatal”, sospirata in Va’ pensiero (A Silvia); il disorientamento di fronte alla Storia che incalza minacciosa come domanda infantile, smarrita, fiduciosamente rivolta alla vergine Luna, giovinetta immortal (Canto notturno di un pastore errante dell’Asia); e sbriga il giudizio sul secol superbo e sciocco col sarcasmo delle magnifiche sorti e progressive (La ginestra).

Racconta la sconfitta dell’Italia controriformata, e la rotta disordinata degli italiani sul campo di battaglia della modernità “l’usignolo della Chiesa cattolica”, Pier Paolo Pasolini.

Ecco, ora la modernità è finita, e finita male; la postmodernità crolla, trascinando nel baratro molti italiani. S’inaugura in Italia – non a caso in Italia – quel che gli studiosi chiamano “il momento Polanyi”[4], che si manifesta anche con il sorprendente ircocervo del governo gialloverde. Se sia giusto o sbagliato, e come andrà a finire, non lo so. Per quel che mi riguarda: right or wrong, my country.

 

[1] [1] http://italiaeilmondo.com/2018/08/18/jaccuse-di-augusto-sinagra-e-uno-sguardo-dal-ponte-di-pierluigi-fagan/ ; https://tempofertile.blogspot.com/2018/08/della-parola-dordine-onesta.html ; https://tempofertile.blogspot.com/2018/08/della-parola-dordine-integrita.html ; https://tempofertile.blogspot.com/2018/08/della-parola-dordine-sicurezza.html

 

[2] Il “correlativo oggettivo” è un concetto centrale nella teoria letteraria elaborata da Thomas Stearns Eliot, elaborato in più saggi raccolti nel volume The Sacred Wood (1920). In sintesi: un’opera d’arte ben riuscita non descrive i sentimenti e le emozioni dei personaggi, ma li mostra per mezzo di un’immagine o un’azione che ne sia il correlativo oggettivoThe artistic ‘inevitability’ lies in this complete adequacy of the external to the emotion….” (“Hamlet and His Problems”). Un esempio di correlativo oggettivo ben riuscito è la scena in cui Lady Macbeth, dopo l’assassinio del re, si lava compulsivamente le mani.

[3] Giacomo Leopardi, naturalmente, non era credente, e anzi si è parecchio complicato la vita perché non volendo accettare incarichi nel governo pontificio e non disponendo di una rendita personale sufficiente, è sempre stato a corto di soldi. E’ un grande, grandissimo poeta della Controriforma perché lo spirito della Controriforma si oppone allo spirito del mondo moderno, e difende come può quel che resta del mondo antico. Che altro fa Leopardi? Che non sia cattolico e detesti i preti conta molto poco, direi nulla.

[4] V qui: http://tempofertile.blogspot.com/2016/08/karl-polanyi-la-grande-trasformazione.html

L’ANNO CHE VERRA’ E’ UN DEJA VU, di Antonio de Martini

Qui sotto un frizzante testo di Antonio de Martini. Alcune domande. Il quadro prospettato è del tutto verosimile; la trama tessuta dalla vecchia classe dirigente, sconfitta elettoralmente, ma predominante negli apparati istituzionali è adeguata al nuovo contesto politico?_Giuseppe Germinario

L’ANNO CHE VERRA’ E’ UN DEJA VU

Ispirato dalla atmosfera campagnola in cui vivo, mi sono chiesto quali siano o saranno i frutti di questo strambo governo.

I soli risultati certi sono la distruzione sicura di ogni ipotesi di un governo moderato di centro destra in grado di vincere le elezion e la contemporanea nascita di un forte partito di destra estrema.

In questo disegno c’è un elemento di bene e uno di male. Il bene è la distruzione di Berlusconi come personaggio politico e di conseguenza di “Forza Italia” che tornerà ad essere uno slogan sportivo.

Il male è che i governi moderati orientati a una politica di destra moderata saranno impossibili per lungo tempo. A destra si sta sostanziando l’ipotesi di un robusto partito di destra estrema cui il buon senso degli italiani non affiderà mai le redini del governo. A sinistra si sta predicando una ” strategia dell’attenzione” verso i 5 stelle.

Si tratta , a mio avviso, di un disegno preordinato cui sono tutti attivamente coinvolti, interessati e consapevoli.

I SEGNALI

a) Il movimento 5 stelle e la Lega stanno lasciando tranquillo il PD che sta riprendendo alla mano i suoi iscritti e simpatizzanti, così come la lamentela opposta che ” l’opposizione non esiste” significa che il PD – che sappiamo tutti esistere eccome- non attacca il governo, ma il solo Salvini, fortificando così la sua immagine di estremista di destra. ( si noti che nella Lega giovanile aveva creato il “gruppo comunista”). Da destra, al massimo si attacca il LEU, un piccolo lebrosario creato in laboratorio. La sinistra ha appaltato l’opposizione al venerando Cassese che mostra un attivismo notevole per l’età.

b) Di Maio, sta compiendo una serie di gesti ” di sinistra” come l’essersi scusato com Mattarella, aver privilegiato ” i lavoratori”, e aver reintrodotto il discorso “nazionalizzazioni”, aver scavalcato i sindacati sulla vicenda ILVA ecc. Tutti temi che ” suscitano l’attenzione della sinistra”. Si stanno creando le premesse di un connubio tra i 5 stelle e il PD.?

c) nessuno si è mai chiesto come mai la Lega si sia trasformata da movimento secessionista in movimento nazionalista senza nemmeno un dibattito sulla Padania o altro fogliaccio e senza un commento nemmeno dei giubilati interni.

d) nessuno si è mai posto il quesito di come mai Lusetti ( tesoriere della Margherita) si è appropriato di 50 milioni e ha transato per una ventina , mentre la magistratura ha posto una ipoteca di 50 milioni sulla Lega intera. Gli sceneggiatori non si fidano e hanno trasformato un reato individuale in reato di partito a garanzia del rispetto degli accordi?

Considererei io stesso questo post una farneticazione dietrologica se non avessi visto coi miei occhi la lettera , firmata dal generale de Lorenzo attestante che , per ordine dell’on Taviani, ministro dell’interno, aveva consegnato 250 milioni di lire all’on Almirante per consentire a lui di fare la parte dell’ “uomo nero” e agli altri di unirsi contro il “pericolo fascista”.

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