Contenziosi in terra straniera, di Antonio de Martini

Trump era stato avvertito che rompere unilateralmente l’accordo JCPOA avrebbe avuto conseguenze sul piano militare.

Ieri l’Iran e Israele si sono scambiati una ventina di missili per parte avendo cura di non mirare a zone abitate.
Gli obbiettivi di entrambi sono in territorio siriano beninteso.

Gli iraniani hanno portato la guerra al confine di Israele colpendo la provincia di Quneitra ( alture di Golan), dopo che tutti gli sforzi occidentali miravano a perpetuare la guerra alla frontiera turca.

Il gioco è chiaro: se Trump colpirà l’Iran, questo colpirà Israele, il quale a sua volta colpirà la Siria.

L’Europa – rappresentata da Francia,Germania e Inghilterra, assente l’Italia, hanno preso per la prima volta ufficialmente, le distanze dalla politica USA.

Presto dovremo anche noi decidere se correre il rischio di perdere il cliente americano che ci compra le mozzarelle e l’olio di oliva, oppure il cliente iraniano che compra da noi tecnologia.

Unica ragione di ottimismo è la presenza in questi giorni a Mosca – per la celebrazione della vittoria su Hitler- di Netanyahu che sta trattando con Putin.

Il mezzo milione di russi ortodossi,spacciatisi per ebrei che lasciarono l’URSS e adesso costituisce ormai una colonia russa in Israele ( e ha creato un partito) assume valenza determinante nel mosaico del Levante.

Ha offerto un argomento negoziale comune alla Russia e a Israele e costituisce motivo per Netanyahu per non trascurare la mediazione di Putin e per Putin di voler salvaguardare anche Israele.

La Russia, celebrando più che la vittoria i suoi 20 milioni di morti che hanno salvato l’Europa dal nazismo, dice all’Occidente che non teme di perdere altri venti milioni di soldati.

Ricevendo l’ospite israeliano a Mosca durante questa crisi, Putin mostra che la via del compromesso di pace passa dal Cremlino mentre Trump non è riuscito a far chiudere la bocca nemmeno a una puttana.

In questo momento di grandi scelte, un governo Di Maio Salvini , con Mattarella al Quirinale, mi fa venire la pelle d’oca.

Sergey Lavrov alla BBC, il 19 aprile 2018_ a cura di Giuseppe Germinario

Qui sotto la trascrizione dell’intervista del Ministro degli Esteri di Russia, Sergey Lavrov, concessa durante il programma HardTalk della BBC britannica. Nel suo stile asciutto e duro Lavrov ci offre ancora una volta il punto di vista russo sui due più recenti punti di crisi internazionale nei quali è coinvolta la Russia. Giuseppe Germinario https://www.youtube.com/watch?time_continue=12&v=-zJ41whNgR0

 

Intervista di Sergei Lavrov della BBC

Russia , Sergey Lavrov

 

Intervista del Ministro degli Esteri russo – per prendere una visione critica …

Fonte: S. Hasan, 19-04-2018

trascrizione:

Reporter: Sergey Lavrov, benvenuto in Hard Talk . La scorsa settimana, il mondo era profondamente preoccupato per la possibilità di un conflitto armato diretto tra Stati Uniti e Russia. Secondo lei, quanto siamo stati vicini a questo scenario?

Sergey Lavrov: Non penso che siamo stati molto vicini. Penso che questa situazione sia stata creata dai nostri colleghi occidentali che si sono comportati in modo molto irresponsabile. Hanno accusato le autorità siriane di usare armi chimiche contro la popolazione civile e allo stesso tempo ci hanno accusato di alleati del governo siriano. Sapendo che lo hanno fatto senza aspettare che gli ispettori dell’OPCW visitino i locali. In effetti, è stato proprio nel momento in cui i rappresentanti dell’OPCW erano pronti a viaggiare dal Libano alla Siria per realizzare questi scioperi. Come ha spiegato il nostro esercito, il canale di collegamento per prevenire incidenti non pianificati (i cosiddetti “deconflicing”) funziona continuamente.

Reporter: Quindi per essere chiari ed evitare il gergo, ho capito bene che gli Stati Uniti e i loro alleati ti hanno precedentemente informato degli attacchi in preparazione, e tu, dalla tua parte, ti sei assicurato che la Russia non reagirà?

Sergey Lavrov: Preferirei non entrare nei dettagli di questi contatti di lavoro tra i nostri militari. I militari russi e americani hanno un canale di collegamento tra le due capitali e anche in Siria stessa, ei nostri soldati discutono queste questioni in modo molto professionale tra loro. Si capiscono molto bene. Probabilmente capiscono meglio di chiunque altro il rischio di simili avventure.

Reporter: Mr. Lavrov, questa crisi non è finita, vero?

Sergey Lavrov: Dipende da chi ha organizzato questa intera crisi.

Reporter: guardando le dichiarazioni dei tuoi diplomatici, la conclusione si autoinvita. Ad esempio, il tuo ambasciatore negli Stati Uniti ha detto che questi attacchi aerei non sarebbero senza conseguenze. Vladimir Putin l’ha definito un atto illegale di aggressione. Il mondo vuole sapere cosa intende fare la Russia?

Sergey Lavrov: È una dichiarazione di fatto. E ci sono inevitabilmente conseguenze. Direi che abbiamo perso i resti di fiducia per i nostri amici occidentali che preferiscono basare le loro azioni su una logica molto strana – “non c’è punizione senza colpa”. Ad esempio, ci puniscono prima per Salisbury e poi aspettiamo Scotland Yard per finire l’inchiesta. Prima puniscono per Duma in Siria e poi aspettano che gli esperti dell’OPCW vengano a esaminare i luoghi. In altre parole, questa ‘troika’ dei paesi occidentali agisce secondo il principio ‘se sei punito, sei colpevole’.

Giornalista: Riguardo agli incidenti che hai citato – Duma e il caso Skripal – ne parleremo in dettaglio con te. Ma prima vorrei ancora parlarti dello stato delle nostre relazioni diplomatiche. Nikki Haley, rappresentante permanente degli Stati Uniti presso l’ONU, ha dichiarato che gli Stati Uniti rimangono “in ordine di lavoro”. Come puoi rispondere a tali affermazioni?

Sergey Lavrov: Mi sembra che prima avrebbero dovuto sistemare la casa a Washington. Crediamo che affermazioni di questo tipo possano essere fatte solo dal capo dell’esercito o dai vertici militari. Come ho detto, i militari russi e statunitensi hanno un canale di collegamento per prevenire incidenti non pianificati, ma sono informazioni riservate.

Reporter: stai parlando del deficit di fiducia, stai parlando di una totale mancanza di fiducia tra la Russia e gli Stati Uniti.

Sergey Lavrov: Ho detto che stiamo perdendo la fiducia rimanente, non siamo ancora a 0.

Reporter: Non ancora 0. Mi chiedo, al livello più elementare, quando tu, ministro degli Esteri russo, ti alzi la mattina e leggi su Twitter che il Presidente e Capo delle forze armate degli Stati Uniti ti sta minacciando di fatto e ti disse: “Russia, sii pronto! Nuovi e intelligenti nuovi missili stanno arrivando! ‘. Cosa ne pensi di questo?

Sergey Lavrov: Beh, mi dico che il presidente degli Stati Uniti ha pubblicato un tweet.

Reporter: E come reagisci ai suoi Tweet?

Sergey Lavrov: Come si suol dire, dobbiamo giudicare a pezzi. Abbiamo deciso di vedere come questi missili “belli, nuovi e intelligenti” verranno mostrati durante gli attacchi e abbiamo calcolato che due terzi dei missili non hanno colpito il bersaglio perché sono stati intercettati.

Reporter: Ma non hai prove, vero?

Sergey Lavrov: il Ministero della Difesa russo ha presentato la sua valutazione ed è pronto per una discussione professionale su questo argomento.

Giornalista: Torneremo alla verità delle informazioni fornite da tutti gli attori in questo conflitto, ma ora parliamo di diplomazia. Il primo ministro britannico Theresa May e il presidente francese Emmanuel Macron hanno reso molto chiaro nelle loro dichiarazioni che l’unico scopo dell’operazione era quello di ridurre e impedire l’uso dell’arma chimica da parte delle autorità siriane. L’operazione non aveva lo scopo di influenzare il corso del conflitto siriano e certamente non mirava a rovesciare il regime siriano a Damasco.

Sergey Lavrov: Questo è quello che dicono.

Reporter: E non sei d’accordo?

Sergey Lavrov: No, non siamo d’accordo. Il tuo spettacolo si chiama ‘Hard talk’, ma abbiamo bisogno di ‘fatti concreti’. E tutte queste affermazioni molto probabilmente sono semplicemente ridicole.

Reporter: Mi scusi, quando dici “molto probabilmente”, ti riferisci all’analisi che le forze governative di Assad hanno usato l’arma chimica in Duma?

Sergey Lavrov: No, quando parlo della frase “altamente probabile”, intendo dire che è una nuova invenzione della diplomazia britannica dietro la quale il Regno Unito si nasconde quando punisce le persone. Dichiara che queste persone sono “molto probabili” colpevoli. Sai, nell’Alice in Wonderland di Lewis Carroll c’è la scena del processo, e quando il re chiede: “Devi prima ascoltare i giurati?”, La regina grida: “No! In primo luogo, la condanna e il verdetto dei giurati in seguito! Questa è la logica del “più probabile”.

Reporter: Ok, questa è la tua opinione. Parliamo di quello che è successo a Duma. Lasciatemi iniziare prima con una domanda molto semplice. La Russia si oppone all’uso dell’arma chimica e pensa che chi usa l’arma chimica debba essere punito, non è vero?

Sergey Lavrov: questa è una domanda? Pensavo che fossi molto meglio informato sulla posizione russa in merito. Fai una domanda con una risposta ovvia.

Reporter: è ovvio, sei d’accordo. Poiché hai firmato accordi appropriati, condividi la determinazione della comunità internazionale a vietare e eliminare completamente le armi chimiche.

Sergey Lavrov: Sì, e molto altro; nel 2017 abbiamo completato il programma di distruzione di armi chimiche in Russia, e questo è stato confermato ufficialmente dall’OPCW. L’intero Comitato esecutivo dell’OPCW ha accolto con favore questo passo. Mentre gli Stati Uniti, purtroppo, non hanno ancora mantenuto le promesse e preferiscono invece respingerlo per sempre.

Giornalista: Ma se ho appena affermato e l’impegno della Russia in questo senso è chiaro, allora certamente vorrete che i colpevoli dell’uso di armi chimiche in Duma (e il loro uso è confermato da prove travolgente) siano puniti?

Sergey Lavrov: Aspetta, aspetta. Stai andando troppo veloce con i “fatti”, di nuovo.

Reporter: non la penso così

Sergey Lavrov: Il 7 aprile non ci sono prove dell’uso di armi chimiche a Duma, e tu hai già …

Reporter: Ma ci sono prove

Sergey Lavrov: Puoi … Puoi [smettere di interrompermi]?

Giornalista: Emmanuel Macron e i francesi hanno dichiarato chiaramente di avere informazioni sui voli dell’elicottero del governo siriano su Douma. Hanno foto di bombole di gas trovate sulla scena dell’attacco. Hanno anche registrato tutti gli usi delle armi chimiche da parte del governo siriano negli ultimi anni. Se combini tutti questi elementi, nella misura in cui i francesi, gli americani, gli inglesi …

Sergey Lavrov: Non posso permettermi di essere scortese con gli altri capi di stato (né con il capo del mio stato, ovviamente), ma hai citato leader da Francia, Regno Unito e Stati Uniti. STATI. Ma francamente, tutte le prove cui si riferiscono sono tratte dai media e dai social network. Ad esempio, bombole di gas. Ho visto questa foto – una bottiglia di gas su un letto, mentre il letto è intatto, il vetro della finestra non è rotto. Ascolta, devi essere un po ‘più serio. Puoi spiegarmi perché colpire (Siria) se il giorno seguente, gli ispettori dell’OPCW andranno sul posto per esaminare quello che affermano sia successo?

Giornalista: Il rappresentante degli Stati Uniti dell’OPCW dice che ci sono seri motivi per temere che la Russia stia cercando di distruggere le prove a Duma. Puoi dire dalla tua parte che la Russia non stava facendo nulla del genere?

Sergey Lavrov: Sì, posso garantirlo, ma sai, è assolutamente la stessa logica di Theresa May su Salisbury. Quando abbiamo chiesto a dozzine di domande, quando abbiamo chiesto di organizzare un sondaggio congiunto, quando abbiamo chiesto l’accesso al processo di raccolta dei campioni, lei ha risposto di no, non risponderanno a nessuna domanda finché La Russia non risponderà alle loro. Ma l’unica domanda che ci è stata posta è stata questa: “Spiegaci come hai fatto. E’ Vladimir Putin che ha ordinato di avvelenare questi due sfortunati? O è dovuto al fatto che hai perso il controllo delle tue scorte di armi chimiche? “Per qualsiasi persona ragionevole, questa è una situazione particolarmente strana … Ma torniamo a Duma.

Giornalista: Sì, tornerò allo Skripal, ma intanto tornerò a Duma e alla questione della credibilità. Prima hai dichiarato che l’incidente (chimico) a Duma non si era verificato. Poi la Russia ha cambiato la sua posizione e ha detto che è successo qualcosa, ma è stato messo in scena dai paesi russofobi.

Sergey Lavrov: In effetti, non ci sono stati incidenti (chimici). Quello che c’era è una messa in scena. Non sono state usate armi chimiche.

Reporter: Lei pensa che il Regno Unito sia coinvolto in questo finto attacco di armi chimiche a Duma, vero?

Sergei Lavrov: la storia ha avuto molti precedenti simili negli ultimi decenni. Ciò che effettivamente pensiamo e le nostre informazioni potrebbero condividere le informazioni necessarie con i loro colleghi britannici, è …

Giornalista: Ma tu dici di avere prove inconfutabili che si tratta di un falso, una messa in scena. Tu dici che i volontari dei White Helmets sono coinvolti. Dove sono le tue prove inconfutabili?

Sergey Lavrov: Per avere prove inconfutabili devi andare sulla scena, e il …

Reporter: Dove è la prova concreta che questo è stato messo in scena dai caschi bianchi, con il sostegno del governo britannico? Stiamo parlando di credibilità. Dov’è la tua credibilità?

Sergey Lavrov: Quello che ho detto è che i White Helmets, come sappiamo, funzionano solo nel territorio controllato dall’opposizione, incluso il gruppo Front al-Nusra. Sappiamo che i White Helmets suonano regolarmente l’allarme su presunti incidenti chimici, come un anno fa a Khan Cheikhoun, che si è rivelato un falso dall’inizio alla fine. Tutti sanno che i White Helmets sono finanziati da diversi paesi, tra cui il Regno Unito.

Reporter: Ma queste non sono prove inconfutabili.

Sergey Lavrov: Un secondo. Prova inconfutabile di cosa?

Reporter: hai detto che hai prove inconfutabili che un paese russofobico, e tu intendevi il Regno Unito, stava lavorando con i White Helmets per mettere in scena l’incidente.

Sergey Lavrov: Un secondo. Perché dici che ho designato il Regno Unito? Non devo dire quello che non ho detto. Ho detto “uno stato che cerca di essere il primo tra i ranghi della campagna russofoba”. Quindi prova a citarmi senza distorcere, altrimenti non è molto professionale.

Quindi, parlando di prove inconfutabili, gli ispettori dell’OPCW hanno accettato di condurre un’indagine per scoprire cosa è successo a Duma. Sono venuti in Libano. Le autorità siriane hanno detto loro che avrebbero ottenuto i loro visti immediatamente all’arrivo al confine. Sette ore dopo, la Siria fu colpita. Perché farlo alla vigilia dell’arrivo degli ispettori?

Reporter: se risultasse che i governi di Francia, Regno Unito e USA avevano ragione e torto, e se il presidente siriano Bashar al-Assad ha continuato a usare l’arma chimica, lo ha fatto nel 2013 nella Ghouta facendo fino a mille morti, come ha fatto un anno fa a Khan Sheikhoun o come ha appena fatto a Douma, secondo gli americani e i loro alleati. Se si scopre che hanno ragione e hai torto, riconoscerai che il presidente Bashar al-Assad deve essere punito?

Sergey Lavrov: Sai, non mi senti. Più esattamente non mi ascolti. Ho appena detto che l’atto di aggressione è stato commesso meno di un giorno prima dell’inizio del presunto attacco chimico da parte di ispettori internazionali, compresi i cittadini statunitensi, a quanto ho capito.

Ora, riguardo a quello che è successo un anno fa a Khan Sheikhoun. Era il 4 aprile. Il giorno successivo, il segretario di stato americano Rex Tillerson mi ha telefonato e ha chiesto un accordo dalle autorità siriane per consentire agli ispettori internazionali di esaminare la base aerea da cui l’aereo è decollato, presumibilmente con a bordo questa bomba chimica. . La mattina dopo abbiamo detto agli americani che l’accordo è stato raggiunto. Hanno risposto, ‘no, grazie’ e hanno colpito il giorno successivo. Abbiamo chiesto che gli ispettori dell’OPCW entrassero in scena, ma ci è stato detto che era molto pericoloso e che in ogni caso non era necessario perché gli inglesi e i francesi avevano già tutti i campioni necessari Abbiamo quindi chiesto agli inglesi e ai francesi di spiegarci come sono riusciti a ottenere i campioni in un posto così pericoloso. Forse hanno contatti con i caschi bianchi che controllano questo territorio. Hanno risposto che questa informazione era confidenziale.

Ci sono molti altri fatti che vorremmo chiarire e molte altre domande legittime in risposta all’unica domanda che sentiamo dai leader e dai media occidentali: “Perché l’hai fatto?” Perché hai usato l’arma chimica nel Regno Unito? Perché stai coprendo Bashar al-Assad? E ora fai affidamento su queste affermazioni per dire: “E se si scopre che hai sbagliato, allora?” È molto interessante come …

Reporter: tu sei il capo della diplomazia russa. Se si sono verificati altri incidenti chimici e gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e altri paesi hanno ritenuto che fosse opera di Bashar al-Assad, è certo che ci sarebbero stati nuovi attacchi ancora più massicci. Quale potrebbe essere il risultato? La Russia prenderà le contromisure?

Sergey Lavrov: Prima di parlare di “nuovi incidenti”, bisogna prima dimostrare che Bashar al-Assad ha effettivamente usato l’arma chimica. Posso darti un breve …

Reporter: ho solo fatto una domanda molto semplice perché il mondo vuole saperlo. Secondo Nikki Haley, gli Stati Uniti sono “carichi e pronti a sparare” e se credono – non importa cosa pensate dalla vostra parte – che Bashar al-Assad abbia usato di nuovo armi chimiche, è chiaro che ci sarebbe stata una risposta militare da loro ancora più massiccia. Come reagirebbe la Russia a questo?

Sergey Lavrov:Sai, non lavoro in chiaroveggenza. Quello che so è che qualche tempo fa, tre paesi occidentali, che stanno attualmente conducendo questa campagna isterica, hanno avvertito che se Bashar al-Assad avesse usato armi chimiche, avrebbero usato il forza. Lo considero un segnale per i “cattivi”, specialmente i White Helmets, per organizzare le provocazioni. Ora, dopo l’attacco aereo del 14 aprile, dicono di nuovo che in caso di un nuovo incidente, riutilizzeranno la forza. E questo è un altro segnale per i combattenti e gli estremisti per rilanciare le attività militari, che hanno già fatto. Subito dopo l’attacco aereo, tentarono di lanciare un’offensiva contro Damasco. Cosa intendo, è che quando alcuni dicono che la Russia è responsabile per (adempimento degli impegni) di Bashar al-Assad nel contesto della Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche, è semplicemente disgustosa. Abbiamo condotto questo lavoro insieme agli Stati Uniti.

Reporter: un’ultima domanda sulla diplomazia prima di affrontare altri argomenti. Oggi gli Stati Uniti proporranno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di prendere in considerazione una nuova risoluzione che ritengono sia necessaria per avvertire Bashar al-Assad a nome della comunità internazionale che non può più ricorrere alle armi chimiche. Sei pronto a collaborare con gli Stati Uniti all’ONU? Smetterete di porre il veto su tutte le risoluzioni proposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati?

Sergey Lavrov: non tutte le risoluzioni. Se stiamo parlando della ripresa del meccanismo investigativo, che non è trasparente o indipendente e che emette la sentenza senza attendere il verdetto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ovviamente non saremo in grado di accettarlo. . A proposito, …

Reporter: non accetti.

Sergey Lavrov: Sai cosa penso? Steve, per favore, lasciami parlare. Penso che l’unico scopo di questa risoluzione è dare l’impressione se la Russia e la Siria accettino di cooperare, il che è impossibile a causa del contenuto; ma se accettiamo, vorrebbero presentarlo in modo che siano le bombe a costringerci a negoziare. Ecco perché la risoluzione richiede che le autorità siriane accettino i negoziati. Ignorando il fatto che il principale gruppo di opposizione che sostengono, il cosiddetto gruppo Riyadh nella persona del suo presidente Nasser al-Hariri, che ha recentemente invitato gli Stati Uniti a utilizzare le armi non solo quando viene usata l’arma chimica, ma ovunque l’opposizione stia combattendo contro le forze governative.

Reporter: alcune brevi domande. Primo, pensi che Bashar al-Assad sia uscito vittorioso da questa interminabile guerra siriana?

Sergey Lavrov: Non pensare ai vincitori e ai vinti, o di Bashar al-Assad o dei suoi avversari. Soprattutto, dobbiamo pensare al popolo siriano che ha bisogno di una pausa dagli orrori di 8 anni di conflitto.

Reporter: qual è l’obiettivo finale della Russia in Siria? Negli ultimi tempi, Mosca ha inviato sempre più materiale e risorse umane. Questo significa che intendi aiutare Bashar al-Assad finché non controlla ogni centimetro del territorio siriano?

Sergey Lavrov: Il nostro obiettivo è proteggere la Siria dall’aggressione iniziata il 14 aprile e che questi tre paesi, come si suol dire, intendono continuare.

Reporter: Intendi consegnare al presidente siriano Bashar al-Assad il tuo nuovissimo sistema anti-aereo S-300? Se è così, questo potrebbe essere di grave preoccupazione per Israele.

Sergey Lavrov: il presidente russo Vladimir Putin ha già risposto a questa domanda. Ha ricordato che alcuni anni fa, su richiesta dei nostri partner, abbiamo deciso di non consegnare l’S-300 in Siria. Ora, dopo un disgustoso atto di aggressione da parte di Stati Uniti, Francia e Regno Unito, studieremo le opzioni per garantire la sicurezza dello stato siriano.

Reporter: se ho capito bene, gli eventi degli ultimi giorni ti hanno spinto a riconsiderare la tua posizione e ora sei incline a fornire questi moderni sistemi di difesa aerea in Siria?

Sergey Lavrov: Questo ci convince che dobbiamo fornire alla Siria tutto il necessario per aiutare l’esercito siriano a prevenire l’aggressione.

Giornalista: almeno 500.000 persone sono state uccise in sette anni di guerra in Siria. Almeno 12 milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case. Almeno 5 milioni di loro finiscono fuori dalla Siria. Pensi seriamente che Bashar al-Assad sia davvero in grado di unire il paese, sanare le ferite e guidare la Siria?

Sergey Lavrov: Non abbiamo mai detto niente del genere. Il nostro approccio si riflette nella risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: sono gli stessi siriani che devono decidere il destino della Siria. Abbiamo bisogno di una nuova Costituzione, elezioni, e che i siriani decidano da soli. I tentativi incessanti di frantumare la Siria vanno contro ciò che viene detto pubblicamente e ufficialmente. Inoltre, la Siria non è la sola a subire le terribili conseguenze della guerra civile. Guarda Iraq e Libia. E ora quelli che mettono questi paesi in questo stato vogliono la stessa cosa fatta in Siria.

Giornalista: Ora parliamo del caso di Sergei Skripal e di sua figlia Yulia che sono stati avvelenati nella città di Salisbury, nel sud dell’Inghilterra. Oggi, in questa intervista, hai detto che la fiducia era importante. Lei, ministro degli Esteri russo, sostiene che i servizi britannici noti per la loro “autorizzazione ad uccidere” sono coinvolti in questo incidente. Forse queste ultime osservazioni erano uno scherzo da parte tua. Dimmi, pensi davvero che la tua versione verrà presa sul serio?

Sergey Lavrov: Ci è stato detto che “molto probabilmente” gli Skripal sono stati avvelenati dai russi perché non c’è altra spiegazione plausibile. Ecco perché abbiamo detto che c’erano altre versioni plausibili.

Reporter: ma la tua versione non è credibile.

Sergey Lavrov: E perché?

Reporter: hai qualche prova che i servizi britannici abbiano cercato di uccidere Sergei Skripal?

Sergey Lavrov: I romani avevano già un criterio: “Cerca chi trae vantaggio dal crimine”. Penso che la provocazione in Siria e nel territorio britannico sia stata estremamente vantaggiosa per il Regno Unito. Oggi il Regno Unito si trova in prima linea nella politica mondiale con un modo così molto negativo, aggressivo e strano.

Reporter: permettimi di sottolineare l’inconsistenza della tua posizione. Durante l’intervista, lei ha sottolineato con forza l’impegno della Russia nei confronti di tutte le convenzioni e gli accordi internazionali sul divieto delle armi chimiche, incluso il sostegno al lavoro dell’OPCW.

Sergey Lavrov: È vero.

Reporter: E supporti in particolare l’attività dell’OPCW

Sergey Lavrov: È vero

Reporter: Sai meglio di me che l’OPCW ha inviato i campioni della sostanza neuro-paralitica utilizzata a Salisbury in quattro diversi laboratori, e tutti hanno confermato che si trattava di ‘Novitchok’ (come ha detto il governo britannico ) di alto livello di purezza.

Sergey Lavrov: E questo è precisamente il problema. La presenza stessa della sostanza A-234 ad alto livello di purezza e concentrazione molto elevata è sospetta perché …

Reporter: è chiaro che viene dalla Russia, l’ex Unione Sovietica. Tutti sanno che hai inventato questo gas neuro-paralitico.

Sergey Lavrov: atteniamoci ai fatti. Potresti essere un asso per fare domande difficili, ma devi anche sapere come ascoltare! In effetti, questa sostanza è stata sviluppata nell’Unione Sovietica, ma poi uno dei suoi inventori è fuggito negli Stati Uniti e ha pubblicato la formula di accesso aperto. Dovresti controllare tu stesso queste informazioni per sollevare il problema. Gli Stati Uniti hanno persino brevettato questa formula e questa sostanza è ufficialmente in servizio nell’intelligence americana o nell’esercito, non lo so. A-234 è una sostanza che uccide rapidamente e quindi evapora rapidamente. Questo è il motivo per cui i nostri ricercatori affermano che i campioni prelevati due settimane dopo non possono in ogni caso contenere una “concentrazione molto alta” di questa sostanza.

Giornalista: Torniamo alla domanda su chi crediamo o no. Forse quello che stai dicendo è credibile in Russia, ma non nel resto del mondo. Più di 100 diplomatici russi sono stati espulsi da oltre 20 paesi occidentali perché credono che la Russia sia colpevole.

Sergey Lavrov: Se vuoi ancora parlare di sostanza, lasciami aggiungere questo. Sabato abbiamo presentato un documento con le conclusioni del Centro Spiez per chimica spaziale e chimica (uno dei laboratori che hai citato) che in realtà ha scoperto una “concentrazione elevata” di A-234, ma a parte che …

Reporter: ti sto chiedendo: ti fidi dell’OPCW o no? La domanda è molto semplice. Sembra che non ti fidi di loro.

Sergey Lavrov: Mince! Per un inglese hai modi orribili. Il rapporto del laboratorio svizzero afferma anche che per prima cosa hanno scoperto la sostanza BZ, inventata, se non sbaglio, nel 1955 negli Stati Uniti, e messa in servizio negli eserciti americano e britannico. Abbiamo inviato all’OPCW, di cui ci fidiamo, una richiesta per confermare o smentire che oltre all’A-234, il laboratorio svizzero avrebbe scoperto dei campioni BZ. Ora stiamo aspettando una risposta dall’OPCW, di cui ci fidiamo, ovviamente. Ma come diciamo, fidatevi ma controllate comunque.

Reporter: non abbiamo quasi più tempo e devo ancora farti una domanda sulle sanzioni. Il Dipartimento delle finanze degli Stati Uniti si sta preparando ad annunciare nuove sanzioni contro i russi e le compagnie che si ritiene siano legate all’esercito siriano. Il mercato azionario russo si era gravemente indebolito a causa delle precedenti sanzioni imposte dal governo degli Stati Uniti. La Russia è ai piedi del muro.

Sergey Lavrov: Grazie per la tua compassione. Ma non ti preoccupare, staremo bene. E non è …

Reporter: il mercato azionario è crollato del 10%, il rublo è sceso contro il dollaro.

Sergey Lavrov: Non hai vissuto momenti difficili in passato? Ti ricordi, George Soros aveva giocato contro il tuo mercato azionario e aveva collassato la Sterlina? Ma queste non sono solo minacce per punire coloro che hanno contatti con il governo siriano. In realtà, vogliono punire tutti i russi per aver fatto la scelta “sbagliata” nelle elezioni presidenziali. Dicono che non faranno mai del male ai russi del giorno, ma solo agli oligarchi, ai politici e ai militari che presumibilmente destabilizzeranno il mondo, ma mentono. Il loro vero desiderio è di creare problemi a centinaia di migliaia di russi, a coloro che sono stati impiegati a …

Reporter: E questo è il tuo punto debole.

Sergey Lavrov: Sì, sì.

Reporter: E questo è il tuo punto debole. Potresti avere il più potente arsenale nucleare del mondo, come ha affermato il presidente russo Vladimir Putin, ma la tua economia è debole e vulnerabile.

Sergey Lavrov: Sì, lo è, e lo sappiamo. Ma la nostra economia ha attraversato molte difficoltà dalla seconda guerra mondiale. Posso assicurarvi che il governo e il presidente sono attenti a mettere in atto le necessarie riforme, e questo era il tema principale della prima parte del discorso del presidente russo all’Assemblea federale. Nella seconda parte, quando ha parlato di nuovi armamenti, ha concluso con l’idea che siamo sempre pronti al dialogo sulla base del rispetto reciproco e dell’equilibrio degli interessi.

Reporter: e ultima domanda. Il Segretario Generale della Nazioni Unite Antonio Guterres ha recentemente affermato che il mondo era di nuovo immerso in una guerra fredda, ma se in precedenza c’erano meccanismi che hanno avvertito la possibilità di escalation tra gli USA e l’URSS, oggi questi meccanismi sembrano essere assenti. Questa conclusione è terrificante. Hai lavorato al tuo posto per 13 anni. Possiamo descrivere il periodo attuale come il più terribile nella tua memoria?

Sergey Lavrov: Uno dei meccanismi è quello di avere normali canali di comunicazione. I canali di comunicazione tra Mosca e Londra sono stati chiusi all’iniziativa britannica. I contatti tra le forze armate e tutte le agenzie responsabili della lotta contro il terrorismo sono stati interrotti molto tempo fa, sempre per iniziativa di Londra. Il Consiglio NATO-Russia, che era un meccanismo molto utile per promuovere la fiducia e la trasparenza nelle relazioni, è stato de facto chiuso dalla NATO. Ora la NATO vuole solo parlare dell’Ucraina su questa piattaforma. L’UE ha inoltre chiuso tutti i canali di cooperazione con la Russia e comunica con noi solo sulla Siria e altri …

Giornalista: Ma pensi che sia iniziata una nuova guerra fredda?

Sergey Lavrov: Secondo me, la situazione attuale è peggiore rispetto alla Guerra Fredda perché all’epoca c’erano almeno canali di comunicazione, e non c’era una tale russofobia isterica, che assomiglia a tipo di genocidio per le sanzioni.

Reporter: pensi che oggi la situazione sia peggiore rispetto ai tempi della Guerra Fredda?

Sergey Lavrov: Sì, proprio per la mancanza di canali di comunicazione. Almeno non ce n’è quasi più.

Reporter: questo rende la situazione molto pericolosa.

Sergey Lavrov: Spero che non sarai l’unico tra i tuoi compatrioti a rendertene conto, e che il tuo governo in particolare lo riconoscerà.

Giornalista: È difficile immaginare o ricordare un periodo storico in cui la Russia assomigliava più ad un paria ed era isolata come lo è oggi. Hai la Coppa del Mondo di calcio quest’estate, e il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson l’ha già paragonato all’organizzazione di Adolf Hitler nel 1936 dei Giochi olimpici di Berlino.

Sergey Lavrov: Nel 1938, dopo questa Olimpiade, fu disputata la partita tra Regno Unito e Germania. Puoi trovare su internet l’immagine di questa partita dove prima della partita i giocatori tedeschi e britannici fanno il saluto nazista.

Reporter: cosa intendi?

Sergey Lavrov: Non intendo parlare di Boris Johnson. Abbiamo già parlato con lui durante la sua recente visita a Mosca. Lascialo intrattenere.

Reporter: il nostro tempo è scaduto. Sergei Lavrov, grazie per aver partecipato a “Hard Talk”.

Fonte: S. Hasan, 19-04-2018

 

guerra e diplomazia in Siria, di Antonio de Martini

Sergueï Lavrov, Mevlüt Cavusoglu e Mohammad Javad Zarif, i tre ministri degli esteri di Russia, Turchia e Iran si riuniscono oggi a Mosca per l’ennesima volta con l’intento di allargare le quattro zone di de-escalation create da gennaio ad oggi.

A Ginevra continuano a riunirsi, sotto l’egida ONU il governo legittimo siriano e i rappresentanti dei gruppi ribelli.
A parte una certa convergenza sul numero delle vittime (350.000 invece dei 600000 di fonte occidentale), non si fanno passi avanti.

Assenti gli USA, a parte lo scoppio di un ordigno MOAB – una sorta di super bomba di dimensioni e peso mega già usata in Vietnam di cui un esemplare è esposto a Hanoi- che adesso cercano di attribuire a Israele.

Non si giunge a conclusioni di pace a causa delle divergenze di interessi tra i diplomatici e il bombardamento americano ” ufficiale” e questo ultimo ” ufficioso” hanno lo scopo di incrinare i rapporti tra Russi e Iraniani.

Gli uni vogliono la pace per potersene andare, gli altri, per restare. I turchi, intanto continuano a minacciare da Efrin il contingente USA di Manbij perché ci sono le elezioni, ma non attaccano perché , evidentemente non vogliono rompere definitivamente con lo zio Sam.

Restano irremovibili sulla rimozione di Assad che i russi considerano inamovibile. Da Gennaio a oggi gli incontri tripartiti sono stati quattro, ma a parte l’accordo sulle modalità e calendari degli incontri, non si riesce a raggiungere un accordo su un cessate il fuoco permanente.

SIRIA, DOSSIER E FAKE NEWS, di Giuseppe Germinario

Tranne rare eccezioni in un confronto militare la particolare posizione dell’aggressore richiede solitamente un’azione specifica che possa innescare o giustificare l’iniziativa. La gamma di iniziative è particolarmente nutrita. Si va dalla provocazione all’induzione alla reazione, alla istigazione, alla vera e propria montatura del casus belli. Un evento così traumatico deve essere giustificato, richiede la necessaria motivazione specie in un agone ancora delimitato dalla presenza degli stati nazionali e dal riconoscimento reciproco della propria esistenza.

Il conflitto in Siria non sfugge a queste dinamiche.

Partito da un movimento di contestazione, grazie ad alcune provocazioni mirate soprattutto verso le forze di polizia si è trasformato in guerra civile; da guerra civile in pochi mesi si è evoluto in un confronto prevalente con orde di uomini, da soli o con la propria famiglia, provenienti dall’Europa e dai luoghi più disparati del Nord-Africa e del Medio Oriente in cerca di fortuna; messe a mal partito queste ultime, la Siria sta ormai diventando sempre più terreno di confronto diretto di potenze regionali e globali. Una condizione che difficilmente le consentirà di salvaguardare totalmente l’integrità territoriale.

L’attitudine alla resistenza del regime di Assad è stata mirabile come pure la sua capacità di guadagnare consenso tra la popolazione. Nel suo cammino ha incontrato fortunatamente la volontà dei russi di porre finalmente un limite all’incalzare sino all’interno dei propri confini delle strategie americane; volontà senza la quale Assad probabilmente avrebbe già raggiunto Gheddafi nel suo tragico destino e la Siria avrebbe subito una sorte analoga alla Libia, ma con consistenti parti di territorio predate dai vicini.

Le forze esterne presenti sul campo sono ancora, almeno ufficialmente e con la parziale eccezione dell’esercito turco, in numero limitato e sono attente ad evitare scontri diretti tali da innescare un crescendo imprevedibile del conflitto.

Non mancano di certo casi di attacchi diretti, in parte legati alla casualità, in parte al tentativo di testare le reazioni, in parte ancora dovuti alla conduzione schizofrenica delle campagne militari dettata dal conflitto di strategie e dal drammatico scontro politico interno soprattutto ai centri americani e sauditi. In quest’ultimo caso sono il probabile esito di pesanti provocazioni dei fautori di un conflitto più aperto presenti anche nelle potenze regionali, in particolare Israele e Arabia Saudita, intenzionate a trascinare i grandi nel conflitto a loro sostegno e in loro vece. Ne hanno fatto le spese, circa un mese fa, alcune decine di contractors russi (ex militari) vittime di bombardamenti aerei americani e israeliani.

Sta di fatto, però che le forze irregolari disposte a prestarsi a strumento di questi giochi sono in via di significativo prosciugamento, mentre gli eserciti regolari sono restii ad entrare in campo sia per un’opinione pubblica ancora ostile agli interventi, sia per l’insostenibilità di un eventuale numero elevato di perdite specie del campo occidentale, sia per la condizione caotica del fronte che ancora per la concreta possibilità di estensione incontrollata del conflitto.

Da qui la ricerca di una giustificazione e la costruzione di pretesti verosimili che legittimino gli interventi e motivino le forze disponibili.

Gli attacchi chimici sono tornati di gran voga ad essere il motivo scatenante delle intromissioni, salvo essere smentiti se non addirittura attribuiti alle presunte vittime nel breve volgere di pochi giorni e a seguito di rapidi accertamenti.

Dal punto di vista emotivo sono ancora un buon detonatore; quanto alla verosimiglianza delle versioni offerte lasciano però ormai a desiderare, visti i precedenti ingannevoli e la relativa permeabilità del sistema di informazione.

Il rapporto dato in pasto dai servizi segreti francesi e utilizzato per giustificare l’intervento anglo-franco-americano del quattordici aprile in Siria rappresenta al momento lo stato dell’arte della pretestuosità e dell’arroganza.  https://www.les-crises.fr/frappes-syrie-les-preuves-presentees-par-le-drian-le-vide-comme-nouveau-fondement-juridique-a-l-agression/

https://www.les-crises.fr/en-quete-de-verite-dans-les-decombres-de-douma-et-les-doutes-dun-medecin-sur-lattaque-chimique-par-robert-fisk/

Alcuni siti francesi si sono premurati di smontarlo punto per punto nei vari aspetti praticamente in tempo reale

  • Hanno stigmatizzato la scarsa serietà dei redattori affidatisi esclusivamente a immagini raccogliticce, definite spontanee, senza data e indicazioni precise
  • Hanno sottolineato l’ipocrisia dell’affermazione riguardante l’assenza di informatori sul campo, quando gli stessi servizi sono stati in grado di fornire l’esatta composizione delle fazioni impegnate a resistere agli attacchi delle truppe lealiste
  • Hanno denunciato la palese capziosità dell’indicazione in Assad dell’unico beneficiario possibile di tale utilizzo, a dispetto dei precedenti rapporti di organizzazioni internazionali

Sta di fatto che ciò che è apparso poco attendibile per una parte dello stesso staff presidenziale americano è rimasta una incontrovertibile verità per l’altra parte e soprattutto per il giovane Macron.

In altri tempi, quando le cortine di ferro delimitavano più chiaramente le sfere di influenza e ingessavano il confronto mediatico, tanta sfrontatezza sarebbe passata inosservata se non spacciata con buone probabilità di successo addirittura per autorevolezza.

Oggi lo scontro politico attraversa platealmente e apertamente i centri decisionali specie americani, senza esclusione di colpi. L’allentamento della presa sta facendo emergere potenziali competitori globali e una miriade di potenze regionali ambiziose in un turbinio di posizioni e di giravolte repentine tali da rendere sempre meno credibile la parola e la costruzione mediatica. Una complessità della quale rischiano di rimanere vittime, oltre che artefici anche gli attori più importanti e navigati.

Sta di fatto che la Siria è ormai diventato prevalentemente un campo di battaglia tra forze esterne dove le stesse forze lealiste di Assad, le più gelose paladine delle prerogative sovrane del paese, anche in caso di vittoria definitiva, per altro ancora lungi dall’essere conseguita, difficilmente potranno recuperare in tempi rapidi l’autonomia politica di un tempo. La posta in palio, ormai, nel breve periodo non è più l’allontanamento di Assad e nemmeno la sconfitta dei russi; è piuttosto il drastico contenimento dell’Iran. Un obbiettivo in grado di conciliare in qualche modo, in casa americana, le posizioni del nucleo originario sostenitore di Trump favorevole ad un accordo e la componente del vecchio establishment sostenitrice di uno scontro più tattico verso la Russia di Putin. Il sacrificio di Flynn e di Bannon e lo snaturamento dei propositi iniziali sono stati l’obolo necessario alla sanzione del compromesso e della stessa sopravvivenza di Trump.

Sul piano degli schieramenti internazionali hanno sancito il sodalizio americano con l’Arabia del giovane Saud e l’Israele del vecchio Netanyau; una alleanza che si sta trasformando rapidamente in un vero e proprio processo di integrazione degli stessi comandi militari nel teatro siriano i frutti del quale non tarderanno purtroppo a manifestarsi.

Si sente parlare sempre più spesso di una prossima vittoria in campo aperto rispettivamente della Russia, dell’Iran e di Assad. La sproporzione evidente delle forze militari in campo e delle risorse economiche, umane e tecnologiche disponibili dovrebbe indurre a maggior prudenza.

La maggiore coesione, la motivazione più convinta, una maggiore sagacia tattica, il parziale recupero del gap tecnologico sono i fattori che hanno consentito la tenuta dello scacchiere siriano e del regime di Assad nel breve periodo; nel lungo il logoramento potrebbe incidere più pesantemente sullo schieramento lealista.

Di tenuta tuttavia si tratta. Di una strategia tutto sommato ancora difensiva anche se dall’esito diverso rispetto a quanto accaduto in Libia e nell’Europa Orientale negli ultimi trenta anni.

Sono altri i fattori in grado di determinare un ribaltamento dei rapporti e un eventuale collasso, per lo più inerenti la situazione interna dei paesi coinvolti.

Anche la Siria ha conosciuto la propria nemesi.

Da oggetto delle brame del vicinato e da punto focale di una crisi definitiva della capacità di resistenza russa e iraniana si è trasformata in punto di irradiamento di crisi e destabilizzazione verso i predatori.

Lo si è visto in Turchia con la recrudescenza dell’irredentismo curdo e con il tentativo di colpo di stato di Gulen, duramente sopito da Erdogan. Eventi che hanno spinto il governo turco ad una inedita aspirazione di autonomia e ad un controllo ferreo delle leve anche a scapito dell’immediata efficienza degli apparati.

 Lo si intravede in Israele con la sorda guerra di Netanyau con parti della magistratura e dei servizi di intelligence che rischia di trascinare il leader verso un destino simile al suo ex-omologo Sarkozy

Lo si sospetta in Arabia Saudita dove il processo ambizioso e inderogabile di ammodernamento istituzionale, quello di riconversione di una economia troppo legata alla monocoltura di giacimenti petroliferi in via di esaurimento e di (apparente?) distanziamento dai settori più integralisti e oscurantisti del sunnismo viene sostenuto dai classici strumenti di una struttura tribale costituiti da rapimenti, sequestri e uccisioni di notabili rivali, espropriazione di patrimoni e colpi di mano su rituali di successione codificati nel tempo. Il colpo di mano nella notte di sabato scorso, documentato da immagini nelle quali riecheggiavano nutrite sparatorie nel palazzo reale a base di fucili di assalto e granate, apparse solo per pochi minuti e miracolosamente scomparse assieme all’assoluto silenzio stampa in prima mondiale, rivela quanto siano ancora precari e instabili gli equilibri in quel paese con un delfino impegnato a stringere relazioni sempre più strette, quasi simbiotiche con il nemico conclamato del mondo arabo, Israele e con il “profanatore della terra sacra” dai tempi della prima guerra a Saddam, gli Stati Uniti e coinvolto ormai direttamente in due conflitti apparentemente minori, quanto inaspettatamente logoranti. Una irruenza e un cumulo di contraddizioni e contrapposizioni giunte sino ai regimi sunniti della penisola che potrebbero costare cari alle ambizioni se non addirittura alla vita del delfino Salman.

Quanto all’Iran si è visto offrire su un piatto d’argento, grazie all’intervento americano in Iraq, l’allargamento della sfera di influenza ad occidente dopo aver approfittato della situazione precaria in Afghanistan. Si è guadagnato sul campo il potere di influenza in Siria, Libano e Striscia di Gaza incuneandosi tra le rivalità di Turchia e Arabia Saudita. E’ riuscita a mantenere un equilibrio in Libano e continua a strumentalizzare, come il resto degli attori, la questione palestinese. Allarmato dalle primavere arabe ha intensificato lo sviluppo del programma nucleare diventando un avversario temibile di Israele e dell’Arabia Saudita e cercando di entrare nel club della dissuasione nucleare. Alcune iniziative propagandistiche apparentemente gratuite ai danni degli Stati Uniti hanno forse mitigato le irruenze dei più oltranzisti, ma hanno certamente contribuito a lacerare il tenue filo che li univa agli USA. Con l’arrivo di Trump gran parte delle mediazioni raggiunte sono destinate a saltare; a meno che nel frattempo non salti il Presidente. Si tratta, comunque, di un regime e di una società molto più permeabili rispetto alle apparenze. Lo scempio operato dai servizi israeliani e americani tra i tecnici e i responsabili del programma nucleare sono un evidente indizio dello stato presente.

Lo si arguisce in Francia con un giovane e intraprendente presidente smanioso di acquisire il supporto indispensabile del paese ancora più potente, gli Stati Uniti, necessario a preservare le proprie residue sfere di influenza, di riserva economica in Africa, in Siria e nel Pacifico. Quanto sia però precaria e debole questa posizione lo rivela l’aleatorietà degli impegni economici che il regime saudita ha stretto con esso a differenza della consistenza con quelli americani. Una aleatorietà, concretizzatasi in un semplice accordo di valorizzazione del settore turistico in Arabia in netto contrasto con la pesante influenza e con le compromissioni pesanti di essa nel sistema economico-finanziario e sociale della Francia. Legami che hanno già fatto saltare le ambizioni di Sarkozy, con l’affaire libico e che promettono ulteriori sviluppi.

La fretta tradita e la grossolana costruzione di quel documento rivelano la fragilità della sicumera tutta francese di Macron, piuttosto che la sua fattiva determinazione. Il comunicato finale seguito all’incontro tra Trump e il Presidente di Francia, non ostante le effusioni, è tutta lì a rivelare le divergenze con la dirigenza americana e i legami troppo stretti, sia pur discreti, di Macron con il vecchio establishment.

Tutto dipenderà dalla prosecuzione della deriva che sta seguendo Trump. A determinarla però non sarà certamente ed eventualmente il nuovo Napoleone, se non in misura irrilevante.

Il passo dalle fake alle bolle può consumarsi rapidamente e imprevedibilmente.

Questo secolo ha rivelato la rapida evaporazione di tanti leader di successo dalle promettenti carriere. E siamo appena all’inizio.

 

L’ARABIA SAUDITA PERDE LA FIDUCIA DEGLI USA PER UNA PROPOSTA DEMENZIALE CHE NE MOSTRA L’ISOLAMENTO E L’INADEGUATEZZA MENTALE, di Antonio de Martini

L’ARABIA SAUDITA PERDE LA FIDUCIA DEGLI USA PER UNA PROPOSTA DEMENZIALE CHE NE MOSTRA L’ISOLAMENTO E L’INADEGUATEZZA MENTALE.

Adel al Jubeir, il primo e unico ministro saudita a non essere membro della famiglia reale, ha presentato una proposta ” per combattere l’ISIS” – presa in considerazione dal consigliere per la sicurezza di Trump, Bolton- che ha suscitato scetticismo tra tutti gli esperti di questioni arabe.

L’idea, dato che gli USA sono riluttanti a rimanere in Siria col rischio di confrontarsi direttamente con Hezbollah o i miliziani iraniani, ha proposto di sostituire i soldati USA con una ” forza araba” non meglio definita.

Al momento di sostanziare la proposta con dati di fatto, gli americani si sono trovati di fronte a ERIK PRINCE, lo stesso avventuriero che creò l’organizzazione mercenaria Blackwater e che due anni fa si vide respingere dal Pentagono la proposta di privatizzare la guerra in Afganistan subappaltandola a lui.

Scartata la soluzione PRINCE, sono iniziati incontri a livelli di capi dei servizi segreti con le controparti egiziane e sudanesi per ottenere ” volontari” arabi.

Questa soluzione si è scontrata con il fermo atteggiamento turco a non volere truppe egiziane alla propria frontiera e col colore dei sudanesi che in Siria apparirebbero come mosche nel latte.

I volontari reclutati in Francia e UK ( partiti da Manchester) e i tunisini, sono stati bruciati nei sette anni di guerra.

La coalizione di 22 Stati islamici reclutata un paio di anni fa tra gli staterelli africani, ha chiarito che è disponibile a ricevere aiuti e addestramento, ma non a combattere e meno che mai in Siria.

Tra gli emirati del golfo, la spaccatura provocata dai sauditi col Katar non è ancora sanata e rende inagibile il CDG ( Consiglio di difesa del Golfo) creato a suo tempo dagli inglesi per attività del genere. E comunque sarebbero tre gatti.

Gli Iracheni vengono dati per ufficialmente impegnati in casa, ma in realtà, l’aver affidato a sciiti il governo del paese si è rivelato il più clamoroso autogol della storia americana. Sono inutilizzabili.

La Giordania, i cui regnanti furono spossessati dai Saud , godono in silenzio delle difficoltà della casata nemica con cui condividono il grande fratello anglosassone, ricco e stupido.

Insomma la proposta saudita ha messo in luce alcuni fatti fondamentali:

a) non ci sono siriani disposti a combattere contro il loro governo legittimo. Infatti, non vengono nemmeno presi in considerazione dalla proposta.

b) i sauditi hanno parlato a nome degli ” arabi” senza averli consultati.

c) l’Egitto ha una posizione più vicina a Assad che ai sauditi e ha già rifiutato di intervenire in Yemen.

d) parlano di combattere l’ISIS , ma l’avversario da affrontare sono gli iraniani e l’Hezbollah.

e)gli yemeniti sono tutti impegnati contro i sauditi che non riescono a difendere nemmeno le proprie frontiere e annaspano già in casa.

f) i curdi, vantati dalla propaganda israeliana come combattenti valorosi e impegnati, non esistono che in fotografia e a presidio di qualche crocicchio.

g) il Marocco ha appena finito di criticare il comportamento e le politiche arabe dell’alleato americano.

h) agli algerini che hanno subìto per primi l’aggressione saudita negli anni novanta ( centomila morti) non è il caso di rivolgere la parola.

Gli USA non vogliono rimanere in Siria e Macron rappresenta l’ex potenza coloniale che nel 1925 massacrò i siriani e cannoneggiò Damasco.
Gli inglesi incoraggiano sottobanco Erdogan perché rivogliono il petrolio di Mossul.
Però i turchi non sono arabi, come non lo sono i pakistani, dati più volte in arrivo, ma non stupidi.

Credo che gli USA rimpiangano amaramente i tempi ( dal 48 ai sessanta inoltrati) in cui collaboravano con l’Italia, prevedevano ogni cambiamento e gestivano l’area senza sangue e dispendio di mezzi, come invece accade ora che il loro consigliere è Israele ( che difende i propri interessi) e un clan di cammellieri arricchiti e fanatici.

Come vedete, il successo politico di Putin nel Vicino Oriente, è dato dalla altrui insipienza

DOPO LE SUORE IL PATRIARCA, a cura di Giuseppe Germinario

Qui sotto una dichiarazione di condanna dei bombardamenti anglo-fanco-americani del 14 aprile scorso in Siria ad opera dei patriarchi ortodossi e melkita-cattolico di Antiochia. Le comunità cristiane in Siria hanno origini ultramillenarie. Sfuggite per lo più alle persecuzioni bizantine hanno trovato rifugio in quei territori; almeno sino ad oggi. Trovano ascolto a Mosca. Tra i paladini dei diritti umani molto meno, comprese le stanze vaticane_Giuseppe Germinario

Dichiarazione dei Patriarchi di Antiochia Greco-Ortodosso, Siro-Ortodosso e Greco-Melkita Cattolico sull’attacco a Damasco

Damasco, 14 aprile 2018
Dio è con noi; lo comprendano tutte le nazioni e si sottomettano!
Noi, i Patriarchi: Giovanni X°, Patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, Ignazio Aphrem II°, Patriarca Siriaco Ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, e Giuseppe Absi, Patriarca Melchita-greco cattolico di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme, condanniamo e denunciamo la brutale aggressione che ha avuto luogo questa mattina contro il nostro prezioso Paese, la Siria, da parte degli Stati Uniti, dalla Francia e dal Regno Unito, con l’accusa secondo cui il governo siriano avrebbe usato armi chimiche. Leviamo le nostre voci per affermare quanto segue:
1. Questa brutale aggressione è una chiara violazione delle leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite, perché è un assalto ingiustificato a un paese sovrano, membro dell’ONU.
2. Ci provoca grande dolore che questo attacco provenga da Paesi potenti a cui la Siria non ha causato alcun danno in alcun modo.
3. Le accuse degli Stati Uniti e di altri paesi secondo cui l’esercito siriano starebbe usando armi chimiche e che la Siria è un Paese che possiede e usa questo tipo di arma, sono affermazioni ingiustificate e non supportate da prove sufficienti ed evidenti.
4. Il tempismo di questa ingiustificata aggressione contro la Siria, quando la Commissione internazionale indipendente di inchiesta stava per iniziare il suo lavoro in Siria, mina il lavoro di questa commissione.
5. Questa aggressione brutale distrugge le possibilità di una soluzione politica pacifica e porta a un’escalation e a maggiori complicazioni.
6. Questa ingiusta aggressione incoraggia le organizzazioni terroristiche e dà loro lo slancio per continuare nel loro terrorismo.
7. Chiediamo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di svolgere il suo ruolo naturale nel portare la pace piuttosto che contribuire all’escalation delle guerre.
8. Facciamo appello a tutte le Chiese dei Paesi che hanno partecipato all’aggressione, perché adempiano ai loro doveri cristiani, secondo gli insegnamenti del Vangelo, e condannino questa aggressione, richiamando i loro governi a impegnarsi per la protezione della pace internazionale.
9. Salutiamo il coraggio, l’eroismo e i sacrifici dell’Esercito Arabo Siriano che coraggiosamente protegge la Siria e fornisce sicurezza alla sua popolazione. Preghiamo per le anime dei martiri e per il riabilitazione dei feriti. Siamo fiduciosi che l’esercito non si piegherà davanti alle aggressioni terroristiche esterne o interne, ma continuerà a combattere coraggiosamente contro il terrorismo fino a quando da ogni centimetro della terra siriana sarà sradicato il terrorismo. Allo stesso modo, lodiamo la coraggiosa posizione di Paesi che sono amichevoli nei confronti della Siria e della sua popolazione.
Offriamo le nostre preghiere per la sicurezza, la vittoria e la liberazione della Siria da ogni tipo di guerra e terrorismo. Preghiamo anche per la pace in Siria e in tutto il mondo e chiediamo di rafforzare gli sforzi della riconciliazione nazionale per proteggere il paese e preservare la dignità di tutti i Siriani.

LA SIRIA PUNTO DI SVOLTA DELLA FASE MULTICENTRICA, di Luigi Longo

LA SIRIA PUNTO DI SVOLTA DELLA FASE MULTICENTRICA

 

di Luigi Longo

 

 

  1. La fase multicentrica sta avendo delle impennate per il dinamismo degli USA. Un dinamismo criminale, spregiudicato, delinquenziale e fuorilegge basato sulla forza militare che assume un peso specifico nelle relazioni interne ed esterne alla potenza mondiale USA nelle fasi multicentrica e policentrica.

Le suddette fasi mondiali tolgono il velo della ipocrisia e della falsa coscienza necessaria sulla democrazia e sulla libertà praticate in Occidente e portate a modello a livello mondiale [si pensi, per esempio, a quella democrazia esportata e difesa in tutto il mondo attraverso il bombardamento etico (è il titolo di un bel libro di Costanzo Preve), statunitense, con mandato divino (sic)] che ora si rivelano essere principi decisamente astratti, che poco hanno a che fare con la realtà nella quale gli agenti strategici dominanti, vettori del conflitto strategico tra le potenze mondiali, hanno bisogno di decisioni, con una filiera del comando accorciata all’essenziale duro e sbrigativo, attraverso le articolazioni istituzionali presenti sul peculiare e storico territorio nazionale che chiamiamo Stato. Il diritto, inteso come forma di organizzazione dei rapporti sociali e territoriali subisce così processi di ri-modulazione, ri-pensamento e re-invenzione. Lo stato di eccezione schmittiano diventa una eccezione regolare storicamente data che si ripresenta necessariamente nelle fasi multicentrica e policentrica del conflitto mondiale. E’ una costante storica che deve portarci a ri-considerare le relazioni e i rapporti sociali reali nelle diverse fasi della storia mondiale che definiamo monocentrica (la presenza di una potenza mondiale che funge da centro di coordinamento), multicentrica (la presenza di più potenze che fungono da coordinamento di diversi centri egemonici che si contengono l’egemonia mondiale), policentrica (il conflitto mondiale tra centri consolidati per il dominio mondiale).

 

 

  1. Gli USA sono una potenza egemone in declino che non riesce a trovare una sintesi intorno ad un gruppo strategico dominante (per i conflitti interni tra gli agenti strategici delle diverse sfere sociali) capace di frenare il proprio declino e rilanciare una nuova sfida per l’egemonia mondiale (alla Russia e alla Cina con le loro aree di influenza sempre più larghe e penetranti il territorio mondiale) che si basi su una nuova idea di società, di sviluppo, di rapporto sociale; va ricordato che non è nella storia statunitense la cultura multicentrica del mondo e la capacità di confronto tra nazioni e tra Occidente e Oriente.

La guerra in Siria, al contrario delle altre guerre nel Medio Oriente (Iraq), nei Balcani (ex Jugoslavia) e nel Nord Africa (Libia), può rappresentare il punto di svolta verso il consolidamento del polo di aggregazione intorno alla Russia e alla Cina [che già collaborano nella sfera economica (risorse energetiche, via della seta, trattati di area, accordi commerciali, eccetera)] capace di approntare una strategia tutta orientale che lancia un confronto tra nazioni eguali con una visione multicentrica del mondo e un nuovo rapporto tra Oriente e Occidente [senza dimenticare né l’influenza della sedimentazione storica del rapporto tra Russia ed Europa a partire dalla metà del XV secolo con lo zar Ivan III (1440-1505), né l’attrito storico tra Russia e Cina]. Non si tratta di un confronto basato sulla forza militare ma sul dialogo e sul confronto tra storie, culture, popoli diversi. Tale confronto non esclude affatto le questioni fondamentali quali i rapporti sociali basati sul potere e sul dominio che riguardano sia le logiche interne che esterne delle nazioni e delle relazioni con le nazioni divenute potenze mondiali [si pensi, per esempio, a quanta influenza ha l’egemonia USA nel decidere lo sviluppo e la politica delle nazioni europee e dell’Unione Europea (che è bene ricordarlo non è l’Europa della nazioni, ma un luogo istituzionale sovranazionale nato da un progetto pensato, finanziato e guidato dagli Stati Uniti e gestito da sub-agenti dominanti)].

Gli USA devono bloccare con la forza militare la possibilità di formazione del polo Russia-Cina perché sanno che l’avverarsi di tale polo, unito alla loro incapacità di fermare il proprio declino egemonico e alla convinzione che l’unica strada percorribile sia quella della guerra (è attraverso la guerra che hanno sempre affermato l’autorità globale), non sarebbe altro che l’inizio della transizione egemonica con una diversa riorganizzazione sistemica. Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, due importanti protagonisti delle strategie di dominio statunitensi, hanno sempre combattuto e temuto la formazione di un polo sia euroasiatico (Europa-Russia) sia asiatico (Russia-Cina) perché vedevano in esso una seria minaccia alla egemonia mondiale statunitense.

La guerra USA, al contrario di quello che pensava Niccolò Macchiavelli (ne Il Principe) che la intendeva come portatrice di benessere, è solo distruzione di popoli, di territori e di nazioni per contenere la Russia e distruggere sul nascere il polo di formazione asiatico intorno a Russia e Cina.

Il declino egemonico mondiale degli USA sta nella perdita della capacità di un modello sociale di benessere interno ed esterno; gli Stati Uniti basano la loro resistenza egemonica solo sulla forza militare aggressiva e distruttrice senza creazione, senza consenso e senza confronto.

 

 

  1. L’Europa resta il teatro passivo del conflitto tra le potenze mondiali che si andrà sviluppando nelle surriportate fasi della storia mondiale. I sub agenti strategici, che dominano i luoghi istituzionali dell’Unione Europea, da tempo stanno accompagnando le diverse strategie USA di contenimento della Russia e di contrasto alla formazione del polo asiatico. Si pensi al ruolo dell’UE e delle singole nazioni europee all’interno della NATO, alla trasformazione della NATO da strumento di difesa contro la minaccia sovietica a strumento di attacco fuori area (la Nato Responce Force), alla militarizzazione tramite Nato del territorio europeo, alle infrastrutture civili da supporto a quelle militari della Nato, alla nascita della PeSCO (Permanent Structured Cooperation, Cooperazione Strutturata Permanente) del campo della difesa UE, agli interventi del Pentagono (Dipartimento della Difesa degli USA) sulle strutture militari presenti sul territorio europeo, all’americanizzazione del territorio europeo, eccetera; temi dei quali ho già trattato in precedenti scritti.

Il processo di americanizzazione europeo ha condizionato fortemente lo sviluppo e l’autonomia delle singole nazioni; ha ridotto l’Europa ad una espressione geografica a servizio delle strategie statunitensi nelle diverse aree mondiali. Tutte le succitate guerre degli USA [di invasione e di violenza alla sovranità nazionale tramite ONU o tramite NATO o tramite coalizione internazionale o tramite attacco diretto con alleati), a partire dalla implosione dell’URSS (1991)] hanno visto la partecipazione di diverse nazioni europee che si sono ritagliate spazi nella sfera economica (gestione di risorse energetiche, allargamento di aree di influenza e di mercato per le imprese, eccetera), ma sotto stretta sorveglianza delle diverse strategie politiche della potenza imperiale statunitense sempre per contrastare le nascenti potenze mondiali (Russia e Cina) capaci di sfidare l’egemonia statunitense [ esempi recenti la guerra di Libia (iniziata nel 2011) e la guerra in Siria (iniziata nel 2011)].

La stessa storia si ripete oggi, in maniera diversa, con il recente attacco USA alla Siria, dopo sette anni di tentativi di smembramento di una nazione sovrana, con morti e sofferenze inenarrabili della popolazione, insieme agli alleati ufficiali europei (Francia e Regno Unito) interessati alla sfera economica, per contrastare l’egemonia dell’area della Russia e il consolidamento di una potenza regionale come l’Iran che minerebbe il ruolo di Israele come potenza regionale vassallo USA nella politica in Medio Oriente (senza dimenticare la questione storica, politica e territoriale della Turchia), area nevralgica del conflitto strategico mondiale. Il pretesto dell’uso di armi chimiche non regge: perché Bashar al-Assad avrebbe dovuto usare le armi chimiche sulla popolazione di Douma, nell’ambito di un’offensiva globale nei confronti della regione Ghouta orientale, quando ormai i ribelli erano pronti alla resa?

E’ emblematico che nessuna nazione europea abbia protestato duramente contro il criminale attacco degli USA e dei suoi alleati; anzi, è stato sostenuto dal Segretario della Nato Jens Stoltenberg e appoggiato dalla UE, dalla Germania (Angela Merkel: risposta “necessaria e appropriata” agli attacchi chimici), Giappone, Canada e Israele. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha bocciato una bozza di risoluzione proposta dalla Russia che “condannava l’aggressione contro la Siria da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati, in violazione delle leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite”.

 

 

  1. L’Italia è una drammatica espressione geografica a servizio degli USA che considerano il territorio italiano fondamentale per le loro strategie nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, oltre ad ospitare basi Nato-USA di grande rilievo e importanza.

L’Italia, a partire dalla sua Unità sotto il coordinamento inglese fino alla direzione statunitense, dalla seconda guerra mondiale in poi, può essere un laboratorio storico e politico per capire come l’egemonia inglese prima e quella degli Stati Uniti dopo, hanno piegato lo sviluppo del nostro Paese alle loro strategie di dominio, sia con la forza ( uccisioni di agenti strategici che pensavano alla sovranità e allo sviluppo del Paese), sia con il consenso (selezione di sub agenti strategici pronti a sacrificarsi per il bene del Paese alla servitù inglese e statunitense).

Qual è la reazione dell’Italia alla criminale aggressione degli Stati Uniti e dei suoi alleati alla nazione sovrana della Siria fatta in questi giorni? E’ emblematica della stupidità della nostra classe dirigente ben selezionata per il bene del nostro Paese.

L’account Twitter ItaMilRadar, che monitora il traffico aereo militare sui cieli italiani e sul Mediterraneo, ha riferito che due aerei militari della US Navy sono decollati dalla base Sigonella. Il primo, per pattugliare l’area al largo del porto siriano di Latakia nei cui pressi si trova la base militare russa, il secondo per svolgere attività di pattugliamento verso Est. Un Boeing E-3 della Nato ha invece svolto attività di pattugliamento nei pressi del confine tra Turchia e Siria. Ovviamente è un pattugliamento di carattere ordinario! ( www.lasicilia.it, 11/4/2018).

Il 10 aprile scorso l’Agenzia Al Sura ha segnalato che una cisterna volante italiana KC-767 è entrata in Giordania dallo spazio aereo dell’Arabia Saudita.

Le basi Nato-Usa in Italia sono in piena allerta e pronte per gli interventi in Siria. Inoltre, l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Pasquale Preziosa, ci ha ricordato che la base Nato di Sigonella in Sicilia, dove sono ubicati i droni strategici RQ-4 Global Hawk, è importante sia geograficamente sia strategicamente per l’attacco USA in Siria (intervista di Paolo S. Orrù pubblicata su www.tiscali.it, 14/4/2018).

Bene. Cosa fanno i nostri leader politici? Silenzio: il silenzio della paura. L’unica dichiarazione ambigua e strumentale è stata quella di Matteo Salvini che ha criticato l’attacco USA e ha precisato comunque l’importanza di stare dentro l’alleanza atlantica e che il problema è Donald Trump, come se la qualità di un Presidente facesse venir meno la criminalità imperiale statunitense.

E i nostri parlamentari? I più intelligenti hanno chiesto al Governo di conferire in Aula per conoscere i fatti ed informare il Parlamento delle iniziative prese nelle sedi competenti per una inchiesta internazionale indipendente per far luce su quanto accaduto.

 

 

  1. 5. Questo ruolo di servitù volontaria ha impedito all’Europa di essere un soggetto politico espressione di una Sintesi delle Nazioni con una propria autonomia e con un proprio ruolo da giocare nello scambio sociale, economico, culturale e politico tra Occidente e Oriente: Perché? Quali le ragioni storiche e politiche? Quali le strategie per cambiare sguardo e guardare a Oriente per un mondo multicentrico che allontani sempre più la fase policentrica?

Occorrono nuovi agenti strategici in un mondo in forte movimento per il trapasso di epoca così come sosteneva Niccolò Macchiavelli, nella Mandragola la più bella commedia italiana scritta tra il 1513 e i primi mesi del 1514, :<< […] L’espressività di Nicia, il suo sputare motti popolari a raffica diventano emblematici di un attaccamento ottuso a una fiorentinità senza prospettive, in un’epoca in cui […] la crisi politica e morale che stringe Firenze e l’Italia richiederebbe uomini nuovi, lungimiranti, tutt’altro che intenti a tenere lo sguardo fisso all’ombra del proprio campanile >>.

 

La crisi siriana e l’Italia, di Roberto Buffagni

La crisi siriana e l’Italia

 

Mentre scrivo è in corso la riunione del Consiglio di Sicurezza ONU sulla crisi siriana. Registro le due dichiarazioni molto dure e direttamente antirusse di Stati Uniti e Francia, la dichiarazione interlocutoria della Cina che invita a una soluzione politica e non militare della crisi, e la dichiarazione più cauta del Regno Unito che non dà per scontata la responsabilità siriana nell’uso dei gas: il governo May è debole, i laburisti protestano, i conservatori non sono saldamente uniti, e il Ministro della Difesa russo proprio oggi ha ufficialmente accusato il governo britannico di aver appoggiato chi ha inscenato “il falso attacco provocatorio con i gas”.

In Italia non si registrano prese di posizione serie sulla crisi siriana. Si è costretti a prendere atto, con dispiacere e vergogna, di un allineamento totale del PD alle posizioni USA più oltranziste, quando persino all’interno dell’Amministrazione americana e tra gli alti gradi delle FFAA USA ci sono serie perplessità e posizioni nettamente contrarie a un attacco non dimostrativo contro Siria e Russia. Unico a invitare alla calma e a non invischiarsi in una situazione pericolosa, Matteo Salvini: nel paese dei ciechi l’orbo è re, ma non basta.

Che cosa rischiano l’Italia e il mondo intero? In sintesi, quanto segue. In caso di un attacco USA non dimostrativo contro la Siria e il suo alleato russo, l’enorme superiorità di mezzi di cui dispongono gli USA nel teatro mediterraneo può soverchiare le difese siriane e russe. Una prima fitta ondata di missili viene abbattuta dal sistema difensivo russo-siriano che però esaurisce lo stock missilistico, che non è possibile rifornire in tempo utile per le difficoltà logistiche imposte dalla distanza tra Russia e Siria. Una seconda ondata passa e causa gravi danni, colpendo personale siriano e russo. I russi sono costretti a rispondere dal Mar Caspio e dal Mar Nero, forse anche dal suolo russo. Gli USA rispondono, lo scontro si internazionalizza. Se un missile USA colpisce il suolo russo, la Russia colpirà il suolo americano. Sebbene lo scenario sinora tratteggiato non preveda l’uso di armi nucleari, nessuno può escludere che l’escalation vi conduca. E naturalmente, a ogni passo dell’escalation diventa sempre più difficile la de-escalation, sempre maggiori le probabilità di una perdita di controllo da parte di uno o entrambi i contendenti.

Per la sua posizione geografica, in caso di attacco USA non dimostrativo l’Italia sarà in prima linea, perché gli USA vorranno usare le loro basi situate su territorio italiano. Chi dice “siamo nella NATO e dunque dobbiamo appoggiare l’intervento americano contro la Siria” mente spudoratamente. La NATO non, ripeto NON c’entra niente con l’intervento USA contro la Siria. Un’azione aggressiva NATO esige l’accordo unanime, ripeto unanime, dei membri dell’alleanza. Né alcun membro NATO è stato aggredito dalla Siria o dalla Russia. Se dalle basi USA (USA, non NATO) presenti sul territorio italiano partissero truppe o voli diretti ad aggredire la Siria, questo avverrebbe con la piena corresponsabilità del governo italiano e della nazione. Nelle basi USA su territorio italiano, infatti, ci sono due comandanti, uno americano uno italiano. Il comandante americano è tenuto a comunicare in anticipo al comandante italiano tutte le operazioni, e il comandante italiano può autorizzarle oppure no, ripeto OPPURE NO. In caso di attacco USA contro la Siria che parta da basi USA su territorio italiano, il comandante italiano della base USA è tenuto a comunicare ai superiori gerarchici il piano operativo a lui sottoposto dal comandante americano, e i superiori gerarchici a informarne il governo e il Presidente della Repubblica, comandante in capo delle FFAA, perché un atto di guerra contro la Siria e la Russia intrapreso da base USA su territorio italiano configura un identico atto di guerra dell’Italia contro Siria e Russia. Per intenderci: se la Russia rispondesse a un attacco USA partito dall’Italia attaccando obiettivi militari su territorio italiano, sarebbe giustificata dal diritto di guerra. Invitiamo caldamente tutte le forze politiche che abbiano a cuore la sicurezza e l’onore nazionale a fare pressione sul governo e sul Presidente della Repubblica, comandante in capo delle FFAA, perché con apposita comunicazione scritta ribadiscano a tutti comandanti italiani di basi militari USA che è loro diritto e dovere esigere dal comandante americano il controllo preventivo del piano di operazioni, e comunicare prontamente per via gerarchica al governo eventuali piani di operazioni USA contro Siria e Russia che partano dal suolo italiano. Se questa possibilità si verifica, viste le gravi ripercussioni possibili e anzi probabili, il governo è politicamente e moralmente tenuto a darne notizia al Parlamento, e a sottoporre a un voto delle Camere l’autorizzazione italiana di qualsivoglia operazione americana contro Siria e Russia in partenza dal territorio nazionale. Vogliamo sperare che i rappresentanti del popolo italiano si mostrerebbero all’altezza del loro ufficio, negando l’autorizzazione e così tutelando sicurezza e onore dell’Italia. Chi non lo facesse si assumerebbe una gravissima responsabilità storica e morale.

 

L’ULTIMO UOMO-L’ULTIMA BATTAGLIA, di Gianfranco Campa

L’ULTIMO UOMO-L’ULTIMA BATTAGLIA

 

E così un’altra presidenza scivola via nella fogna della storia americana. Storia composta da guerre di annientamento, indipendenza, fratricide, mondiali, regionali. Come quelli che lo avevano preceduto, Trump ha completato la sua mutazione da presidente antisistema a parte integrante del sistema guerrafondaio, imperialista dei neocon e neoliberali. Non per giustificare Trump, ma d’altronde avere una pistola puntata costantemente alla testa, non è la condizione ideale.  All’ultimo presidente che ha cercato di opporsi al complesso industriale militare americano  hanno fatto esplodere il cervello a Dallas in Texas, in un pomeriggio di tanti anni fa…

Come prevedibile, dopo l’attacco alla Siria, gli esperti americani di politica estera si sono uniti nell’elogiare Trump. Per l’élite americana quello che fino a dieci minuti prima era un mentecatto arancione è ora diventato un brillante genio. Gli apprezzamenti verso Trump di questa gentaglia sono ingannevoli, finti; dureranno il tempo di una estate come fra i ghiacci del Polo Nord. Niente salverà Trump dal destino che gli è stato tracciato da questi esseri beceri; l’oblio politico e personale, soprattutto nel momento in cui riprenderanno completamente in mano il potere nelle stanze di Washington. Trump non sopravviverà mai alla controffensiva dell’establishment, una volta che l’establishement stesso avrà domato la rivolta in atto nelle stanze del potere americano. Lo odiano visceralmente solo per aver messo in pericolo la loro egemonia in questi ultimi due anni e costretto molti di loro ad esporsi più del dovuto. Quelli che gli potranno salvare il culo saranno quegli stessi a cui Trump oggi ha sputato in faccia, tradendoli  con la decisione di attaccare la Siria.

Dobbiamo comunque ringraziare soprattutto il movimento anti-trump, quello composto dai democratici liberali che ci hanno martellato la testa ed altro per due anni con la storia di Trump pupazzo di Putin. Trump ha prima provato a difendersi, poi ha infine ceduto vistosi circondato ormai da tutte le posizioni. La costante opera di logoramento ai fianchi, costante quanto dolorosa ha finito per erodere la volontà di resistenza di Donald Trump. Attaccando la Siria probabilmente Trump innescherà una serie di conflagrazioni che potrebbero determinare degli eventi capaci di trascinarci sull’orlo della apocalisse. Nel frattempo per chi crede che gli americani limiteranno gli attacchi alla Siria solo dal cielo, avverto che si sbaglia di grosso: ci sono più di 2000 soldati americani già presenti in Siria ed è proprio di queste ora la notizia che un contingente di 3600 marines sta arrivando in Siria attraverso la Giordania.

Questa notizia arriva direttamente dalla bocca del Pentagono:

https://www.marinecorpstimes.com/news/your-marine-corps/2018/04/13/thousands-of-us-troops-and-marines-arrive-in-jordan/?utm_source=Facebook&utm_medium=Socialflow

L’attacco alla Siria vede anche per la prima volta l’uso in combattimento dei missili JASSMs lanciati dai B-1B; questi sono i missili con cui Trump minacciava i Russi nel suo delirante tweet di 3 giorni fa.

Sotto una foto dei missili in questione.

 

In quest’ottica ora si capisce il perché delle lettere di allerta mandate a migliaia di riservisti americani l’anno scorso. All’epoca si credeva possibile un conflitto nella penisola coreana; in realtà potrebbe essere stata pianificata da tempo una guerra su scala mondiale da attuare nei prossimi mesi e anni.

Nelle ore che hanno preceduto l’attacco di Trump alla Siria si è sentito di tutto e il contrario di tutto. Alla fine ha prevalso il partito della guerra e Trump (Bolton) con la May e Macron ( Israele, Arabia Saudita nell’ombra) sono diventati  i principali  responsabili di questo intervento militare in Siria  L’attacco arriva poco prima che il OPCW (https://www.opcw.org/)  avesse avuto la possibilità di procedere con la sua inchiesta, ormai pronta a partire. Ma la pazienza non è la virtù dei criminali poiché è necessario agire in fretta per cancellare le tracce dei loro crimini e delle loro falsità.

C’è molta costernazione e molta delusione tra quelli che hanno sostenuto Trump contro tutto e tutti. La base anti-interventista, anti-globalista, che ha sostenuto, direi anzi creato il fenomeno Trump e permesso a Trump di arrivare alla presidenza ha perso la sua battaglia finale per il controllo della presidenza americana, anche se la guerra contro l’establishment era ormai compromessa sin dall’anno scorso, dopo l’uscita di scena cioè del compianto Michael Flynn seguito dopo alcuni mesi da Stephen Bannon. Su molti dei siti, canali radio, personaggi anti-establishment, da Infowars a Breitbart, da Michael Savage a Roger Stone, da Pat Buchanan a Wikileaks, da Tucker Carlson a Laura Ingraham elevano un coro di rabbia espresso in commenti e video. Personalmente ho passato le ultime ore a comunicare con le persone che insieme a me hanno reso possibile l’ascesa di Trump e con le quali ho condiviso appassionatamente le battaglie politiche che hanno coinvolto molti di questi ultimi 10 anni della mia vita. Tanti sacrifici, impegni, viaggi, programmi, riunioni a scapito personale, a volte anche a costo di compromettere l’incolumità personale per ritrovarsi qui punto e a capo.

La guerra, lo scontro politico fra una parte della società americana e l’establishment politico elitario al potere continua; è una guerra che trascende l’esistenza, le trasformazioni politiche e umorali di Donald Trump.

Vi lascio con i twitter di Trump pubblicati qui sotto. Scritti da lui stesso nell’ormai lontano 2013, giusto per non dimenticare chi fosse Trump prima di questa mutazione compiutasi in una notte Siriana sotto le bombe umanitarie trumpiane:

Cosa otterremo bombardando la Siria oltre a più debito e un possibile conflitto a lungo termine? Obama ha bisogno dell’approvazione del Congresso.

…Rimani fuori dalla Siria (Obama), non abbiamo la leadership per vincere guerre o strategie.”

“La debolezza e l’indecisione del presidente Obama ci hanno forse risparmiare un attacco orribile e molto costoso in Siria!”

“Se gli Stati Uniti attaccano la Siria e colpiscono bersagli sbagliati, uccidendo civili, ci sarà un inferno in tutto il mondo da pagare. Stai (Obama) lontano e curati degli Stati Uniti”

“L’unico motivo per cui il presidente Obama vuole attaccare la Siria è quello di salvare la faccia sulla sua stupida dichiarazione della RED LINE. NON attaccare la Siria, curati degli U.S.A.”

“Quello che sto dicendo è stare fuori dalla Siria.”

“Dovremmo smettere di far chiacchiere, stare fuori dalla Siria e da altri paesi che ci odiano, ricostruire il nostro paese e renderlo forte e grande di nuovo, USA!”

 

GLI USA NEL LABIRINTO MEDIO-ORIENTALE, di Fabio Falchi

GLI USA NEL LABIRINTO MEDIO-ORIENTALE

In questi giorni sembra tornato di attualità il paragone tra la Clinton e Trump. Ma è una questione che si pone in termini sbagliati se non si distingue tra Trump in quanto avversario della Clinton e Trump in quanto presidente degli Usa.

Il primo Trump era un “estraneo” per il deep State, ossia per l’élite Usa che guida la globalizzazione e che da tempo ha separato il proprio interesse da quello della società americana nel suo complesso. Trump si è fatto invece portavoce di quest’ultima e per questa ragione ha sconfitto la Clinton.

Come presidente degli Usa però Trump non può “ignorare” che le basi della potenza degli Usa dipendono ormai dal ruolo di gendarme mondiale dell’America, che deve tutelare in primo luogo gli interessi dei gruppi dominanti occidentali.

Con l’elezione di Trump alla Casa Bianca è venuta alla luce questa contraddizione, che non è senza relazione con il declino degli Usa come centro egemonico, a causa della nascita di altri centri di potenza i cui interessi sono differenti e in alcuni casi perfino opposti rispetto a quelli dei gruppi dominanti occidentali, a loro volta in lotta tra di loro per conquistare nuove posizioni di potere o semplicemente perché perseguono fini diversi.

Il programma di Trump quindi era chiaro: difendere gli interessi della classe media Usa, ridefinire i rapporti con i gruppi dominanti occidentali e cercare un compromesso con la Russia di modo da lasciare tempo e spazio agli Usa necessari per ristrutturare il quadro dell’economia mondiale su basi nuove e più favorevoli alla società americana nel suo complesso.

Ma imperialismo Usa e multipolarismo non sono affatto facili da conciliare, tanto più che rinunciare al primo significherebbe per gli Usa, che dipendono orami pressoché totalmente dal Warfare State, andare incontro ad un declino di potenza incontrollabile e inaccettabile.

Si tratta ovviamente di un problema che va ben oltre la persona di Trump, che peraltro si è rivelato anche sotto questo profilo tutt’altro che deciso e capace tanto che il deep State è riuscito a mettere nel governo Usa due falchi come Pompeo e Bolton – certo avvantaggiato dallo stesso Trump che, del resto, ha sempre appoggiato la politica di Israele e dei sauditi contro l’Iran, non diversamente dai falchi neocon.

Questo groviglio di contraddizioni è reso ancor più ingarbugliato dalla mancanza di una strategia Usa chiara e definita, il che ha portato gli Usa a perdere l’iniziativa in una zona chiave come il Medio Oriente, in cui l’America adesso non solo rischia di perdere un alleato prezioso come la Turchia ma, per non essere declassata ad attore geopolitico di secondo piano, rischia, per così dire, di “andare a rimorchio” dalla politica israeliana e saudita. Insomma gli Usa si sono cacciati in un vicolo cieco.

Quel che davvero conta allora non è se Trump sia o no un falco o se sia più o meno capace (certo non è un’aquila….), ma come i vertici degli Usa intendono confrontarsi con la questione del multipolarismo. Una questione che fino adesso di fatto gli Usa non hanno affrontato, perché in sostanza non sono affatto disposti né sono pronti a confrontarsi su un piano di parità con altri attori geopolitici, in primis la Russia.

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