COVID e vaccini, il dovere della verità_con Max Bonelli

AVVISO!! Il video è stato rimosso da youtube. Rimane disponibile su rumble.

Questo è un dialogo di presentazione di un documentario di indagine delle dinamiche e procedure di adozione dei vaccini anticovid. Le procedure di adozione dei vaccini anticovid hanno goduto di procedure accelerate quantomeno insolite. E’ mancata altresì una adeguata verifica delle controindicazioni emerse in corso d’opera, tanto più che non sono stati rispettati gli usuali tempi di sperimentazione propedeutici all’utilizzo terapeutico. In alcuni paesi tali verifiche sono state praticamente assenti; in particolare in quei paesi nei quali il vaccino è diventato un credo, un dogma indiscutibile, la soluzione salvifica. Il baraccone politico-tecnocratico italiano è stato in prima fila in questa campagna di demonizzazione delle possibili alternative e di approccio unilaterale. La crisi pandemica ha evidenziato, in realtà, tutti i limiti di questa classe dirigente e ha aperto la strada a pratiche di controllo sociale e di gestione prosaica degli affari connessi. Ha evidenziato in Italia l’assenza di un piano di emergenza, l’incapacità di adozione di un piano di azione articolato e differenziato di igiene e sanità pubblica, la reticenza alla sperimentazione di soluzioni terapeutiche diversificate. Un mix esplosivo favorevole all’introduzione di sistemi di manipolazione e controllo sociale ed individuale totalitari e alla proliferazione e coltivazione di interessi lobbistici e di malaffare. Qualche flebile voce sembra emergere anche negli ambienti istituzionali. Il coinvolgimento di un intero ceto politico e di gran parte della classe dirigente nella gestione fanno propendere più verso una strumentalizzazione a fini di regolamento di conti che ad un accertamento serio di responsabilità e di cambiamento delle politiche; almeno sino a quando sarà possibile nascondere il bubbone o sotterarlo nel silenzio. Qui di seguito il link del video originale https://drmorse.tv/video/died-suddenly-documentary/ Buon ascolto e buona visione, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1yyqci-covid-e-vaccini-il-dovere-della-verit-con-max-bonelli.html

 

 

Sulle strategie di approccio alla pandemia da Coronavirus: tiriamo le fila_di Roberto Buffagni

Sulle strategie di approccio alla pandemia da Coronavirus: tiriamo le fila

Cari amici vicini & lontani,

proviamo a tirare le fila di questo enorme pasticcio.

Premessa: lo scritto che segue è interamente congetturale. Non ho informazioni privilegiate, non ho competenze epidemiologiche o scientifiche, non ho il numero di telefono del Fato. Come tutti ho osservato gli eventi, e sulla base delle mie esperienze e riflessioni mi sono fatto un’idea di come e perché le cose sono andate così. Ho cercato di mettermi nei panni di chi ha preso le decisioni rilevanti e di chi vi reagiva, di comprenderne le motivazioni, e di individuare le principali dinamiche psicologiche e sociali che ci hanno condotti qua, a questo tragicomico casino. Quindi, tutto ciò che segue è congettura, e l’esposizione di fatti e loro cause che propongo è soltanto verisimile: verisimile secondo me, ovviamente. Vedete voi se siete d’accordo, in tutto o in parte. Benvenuta ogni critica espressa in forma cortese.

Nel marzo 2020, all’esordio dell’epidemia, ho scritto un breve articolo, I due stili strategici di gestione dell’epidemia a confronto1, che con mio grande stupore ha avuto circa un milione (sì, avete letto bene) di letture e una miriade di citazioni sulla stampa, e persino in articoli scientifici.

In estrema sintesi, affermavo che le due polarità di approccio strategico all’epidemia erano:

Stile 1. Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati e si sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione, nessun sistema sanitario essendo in grado di prestare cure ospedaliere all’alto numero di malati che ne abbisognano.

Ratio stile 1: prevenire il grave danno economico che consegue alle misure di confinamento della popolazione, accrescere la propria potenza economico-politica relativa rispetto agli Stati che scelgono lo stile 2, e con un’azione rapida e violenta, cogliere un vantaggio strategico immediato sugli avversari.

Stile 2: Si contrasta anzitutto il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione.

Ratio stile 2: accettare il danno economico temporaneo, e, così proteggendo la propria popolazione, rafforzarne la coesione sociale e culturale, per infondere “uguali propositi nei superiori e negli inferiori” (Sun Tzu) e cogliere un vantaggio strategico di lungo periodo sugli avversari.

Riconducevo infine le scelte di stile strategico degli Stati alla cultura, non solo politica, in essi prevalente.

In contemporanea all’esordio dell’epidemia, accade quanto segue.

Il centro del sistema politico occidentale, gli Stati Uniti d’America all’epoca presieduti da Donald Trump, sceglie d’istinto lo stile 1 (compatibilmente al margine di autonomia decisionale degli Stati, che specie quando siano diretti dai Democrat fanno scelte diverse, più prossime allo Stile 2). Il governo federale tende a ridurre al minimo i confinamenti, senza imporli mai, e incarica i suoi consulenti medico-scientifici di approntare cure efficaci nel minor tempo possibile. Obiettivo principale: garantire il normale funzionamento del sistema economico; obiettivo secondario: ridurre al minimo l’intervento del governo federale nella vita quotidiana degli americani. La ratio culturale è liberal-darwinista: il primo bene da preservare è la libertà individuale, anzitutto la libertà economica di confliggere sul mercato, simbolicamente assimilato alla frontiera, uno dei maggiori miti di fondazione degli USA; il secondo bene da proteggere è l’autonomia degli individui e delle comunità locali dall’invasiva ingegneria sociale del governo federale, connotato tipico dell’avversario politico Democrat, e tradizionalmente odiato dagli elettori del Presidente Trump.

Ovviamente questa scelta strategica ha un costo, e offre l’immagine di uno Stato che non protegge o protegge poco la popolazione dall’epidemia: mentre la funzione primaria di ogni Stato è, appunto, proteggere la sua popolazione. Seguono le elezioni presidenziali, e Trump viene sconfitto con un lieve margine. Egli contesta il risultato, a suo dire viziato da gravi brogli. È probabile che i brogli vi siano effettivamente stati (è un fenomeno ricorrente nel sistema elettorale USA) ma è assai verisimile che l’esito elettorale consegua anche alla sua strategia di approccio all’epidemia da Coronavirus: molti americani che altrimenti avrebbero potuto appoggiare Trump hanno sentito che il Presidente non si curava di proteggerli dal morbo, e quindi non lo hanno votato.

Nel frattempo, in Italia. Nel frattempo in Italia si inaugura un monumentale, tragicomico pasticcio. Anzitutto, i decisori politici si accorgono che non esiste alcun piano nazionale operativo aggiornato, utilizzabile per reagire all’epidemia di un morbo ignoto e molto contagioso, sebbene, grazie al Cielo, esso abbia conseguenze letali molto ridotte. Si accorgono anche che la frammentazione istituzionale introdotta dalla regionalizzazione, che ha affidato alle Regioni le responsabilità sanitarie, ha seminato il caos nella gerarchia delle competenze e delle decisioni in una situazione di emergenza; condizione esiziale in quel contesto, ove il requisito primo per reagire con efficacia e urgenza sarebbe l’unità di comando. Il governo potrebbe legalmente avocarsela, ma non lo fa perché è politicamente troppo debole e teme le reazioni dei presidenti di Regione, molti dei quali appartengono all’opposizione. Preferisce, al contrario, manipolare tatticamente gli eventi e giocare, al pari degli avversari politici, al rimpallo delle responsabilità. La risposta dunque è disorganica, contraddittoria e lenta, ossia l’esatto contrario di quel che dovrebbe essere per circoscrivere e contenere il contagio. L’efficacia delle misure sanitarie dipende, in buona sostanza, dalla qualità professionale e umana dei dirigenti sanitari delle Regioni, e dall’ascolto che trovano presso il personale politico dirigente. Dove i dirigenti sanitari sono competenti e sanno farsi ascoltare, ad esempio in Veneto, le misure adottate in quella fase sono adeguate. Dove i dirigenti sanitari sono incompetenti e yesmen, ad esempio in Lombardia, si verificano veri e propri disastri.

Le forze politiche, dal canto loro, annaspano. Sulle prime, ciascuna forza politica reagisce pavlovianamente incollando i propri slogan preferiti all’emergenza epidemica. Il PD invita ad abbracciare un cinese, tirando in ballo l’antirazzismo. La Lega sbandiera Milano che non si ferma e non si deve fermare, fotocopiando i timori per l’interruzione dell’attività economica della sua base sociale ed elettorale. Eccetera, con più rovesciamenti di posizione bipartisan di 180°; un eccetera che non dettaglio perché appartiene alla storia della comicità (nera) più che alla storia d’Italia.

Quando ormai il contagio è nazionale, il governo centrale e i governi regionali prendono atto di un minimo di realtà, e si accordano per decretare il confinamento della popolazione: un confinamento severo ma non totale. È l’unica misura possibile nell’immediato per prevenire un collasso del sistema sanitario, altrimenti certo, perché il morbo è molto contagioso, i ricoveri ospedalieri specie in terapia intensiva e sub-intensiva sarebbero percentualmente troppi se il contagio dilagasse, e ovviamente manca esperienza clinica di cura del Covid19. Il disordine istituzionale si rivela endemico come il Coronavirus; l’apparato amministrativo è poco flessibile e articolato; il ceto politico, per inveterata abitudine, si limita a promulgare provvedimenti e non sa seguirne e verificarne la concreta attuazione. Non viene predisposto niente in merito alle cure domiciliari. Non viene predisposto un piano logistico per l’approntamento di padiglioni ospedalieri dedicati al solo Covid19, sia mediante precettazione di strutture già esistenti, sia mediante costruzione di ospedali da campo (l’esercito sa costruire in una settimana un ospedale da campo in zona di guerra). Soprattutto, non viene trovata l’unità di comando, ma il blando surrogato di una “cabina di regia”, all’interno della quale non si accomodano Stanley Kubrick, Federico Fellini o Martin Scorsese, ma mestieranti buoni per i B movies. La popolazione nel suo insieme si sottomette al confinamento volentieri, con disciplina, perché riconosce l’effettiva necessità della misura e si attende che produca il ritorno alla normalità, come ostendono dai balconi d’Italia gli striscioni casalinghi che profetizzano “Andrà tutto bene”.

Nel contempo, nel “sovranismo” italiano (e non solo italiano), una quota della popolazione significativa (v. votanti per M5* e Lega nelle ultime elezioni politiche), si diffonde un altro morbo, stavolta psichico: l’irrazionalità. Salvo eccezioni individuali, anche numerose ma non organizzate, molti “sovranisti” cortocircuitano le misure di confinamento della popolazione dettate dallo stato di emergenza sanitaria con una tendenza – beninteso reale e importantissima – della società occidentale odierna. È la tendenza verso il controllo tecno-burocratico, legittimato su basi scientiste; in due parole, la “gabbia d’acciaio” weberiana che si fa sempre più fitta e oppressiva, erode le basi reali delle Costituzioni democratiche, invade le vite personali degli individui, impone i propri ukase come uniche scelte razionali possibili. Da questo cortocircuito nascono spassose antropomorfizzazioni (Cupolone Mondialista che ti imporrà il chip sottopelle e ridurrà del 50% la popolazione mondiale) escursioni nell’escatologia (inaugurazione dell’Apocalissi, protagonisti Papa Francesco e Soros) secche negazioni della realtà effettuale (il Covid19 non esiste o al massimo è una blanda influenza o è stato diffuso intenzionalmente dai powers that be) e un ampio ventaglio di combo tra queste ed altre simbolizzazioni deliranti della situazione reale; alcune delle quali, generate da persone intelligenti e immaginose, non prive di valore come spunto per la fiction letteraria e televisiva.

In effetti, Thomas Mann prese lo spunto per scrivere La montagna magica da una sua visita a Davos, per accompagnare la moglie che si recava in sanatorio per un periodo di cura. Il direttore lo invitò a fermarsi anch’egli per un po’, che male non faceva, ma Mann si rifiutò. Rientrato, certo si chiese: “Che sarebbe accaduto se mi fossi fermato lassù?” Risultato, il celeberrimo romanzo filosofico, dove nella cornice di una casa di cura per malattia epidemica qual era la tubercolosi, si mette in scena la crisi cruciale d’un’intera civiltà. Come si vede, il cortocircuito simbolico dei “sovranisti” e il cortocircuito simbolico di Mann funzionano esattamente allo stesso modo. Il risultato però è diverso perché a) l’analisi di una realtà effettuale e la sua trasposizione letteraria rispondono a diverse categorie di verità e di senso b) Mann non perde mai il controllo razionale sul materiale simbolico incandescente che mette in forma, i “sovranisti” invece lo perdono eccome. Ne consegue che La montagna magica è molto utile per capire la realtà storica (oltre ad essere altre cose, per esempio un capolavoro della letteratura), mentre le simbolizzazioni deliranti dei “sovranisti” aumentano la confusione e basta. Le rare eccezioni individuali che non perdono la testa provano a richiamare alla realtà i girovaghi, ma non ci riescono perché quando si inizia a delirare non si riceve più la lunghezza d’onda della ragione, e per risintonizzarsi ci vuole lo scossone di un impatto frontale con la realtà.

Dopo la sconfitta di Trump, sale al centro decisionale USA il partito progressista Democrat. Grazie al confinamento, attuato in diversi Stati dell’Unione, e ad altri fattori quali la stagione calda, l’epidemia di Covid19 pare regredire. I consulenti medico-scientifici del governo statunitense, tra i quali in prima fila organizzazioni internazionali quali l’OMS, presentano ai decisori politici, in buona sostanza, un solo rimedio all’epidemia: il vaccino, ossia la specifica risposta tecnica richiesta con insistenza dalla precedente presidenza Trump. Tutte le nazioni industrializzate, occidentali e no, hanno lavorato all’approntamento di un vaccino, che, se efficace, sarebbe in effetti la soluzione più rapida e radicale del problema Covid19. Ovviamente, visti i tempi ristrettissimi, è impossibile sapere con certezza sia quanto siano efficaci i vaccini, sia quali siano i loro effetti collaterali indesiderati, gravi e meno gravi. È notevole il fatto che la principale industria produttrice di vaccini, la Merck, abbia scelto di non ricercarne uno, e di incaricare invece il proprio reparto Ricerca e Sviluppo di mettere a punto farmaci per le cure. O meglio, il fatto sarebbe notevole, ma non viene notato dai decisori politici.

Al decisore politico centrale del sistema politico occidentale, gli Stati Uniti d’America, viene dunque presentata dai consulenti una sola opzione tecnica: vaccinare. Il decisore politico, per adottare la strategia di risposta al morbo, deve rispondere alle seguenti domande:

  1. allo stato degli atti, si può avere la certezza che il vaccino eradicherà il morbo? La risposta razionale è: “no”.

  2. allo stato degli atti, si può avere la certezza che il rapporto rischi/benefici del vaccino sia favorevole sempre e per tutti? La risposta razionale è “no”. Si può avere la ragionevole certezza che il rapporto rischi/benefici del vaccino sia favorevole per le categorie di popolazione che il morbo più mette a grave rischio (es., i vecchi, o chi sia affetto da particolari patologie), non si può averla per gli altri.

Il decisore politico deve inoltre tener conto di tre obiettivi politici per lui importanti:

  1. garantire il funzionamento del sistema economico e il ritorno alla normalità nel più breve tempo possibile

  2. far sentire protetti dal morbo i cittadini americani, così differenziandosi dall’avversario politico che ha scontato il proprio opposto approccio strategico all’epidemia

  3. riaffermare la primazia culturale e politica degli Stati Uniti d’America come paese-guida del mondo intero in un periodo di crisi imperiale, obiettivo che presenta il vantaggio collaterale di un’ulteriore differenziazione rispetto all’avversario politico interno Trump, e alle sue velleità isolazioniste.

Il decisore politico statunitense coglie immediatamente l’importanza dei tre obiettivi politici principali c), d), e); e, forse perché deve rispondere sotto la forte pressione dell’urgenza, non presta la dovuta attenzione alle due domande, a) e b), che dovrebbero guidare la sua scelta; o non le prende in considerazione, o le prende in considerazione senza riflettervi seriamente, rispondendosi “sì, all’incirca, più o meno”.

Questo è un fenomeno ricorrente nella formazione delle decisioni politiche difficili e urgenti, che devono sempre semplificare tanto la scelta, quanto l’enorme quantità di informazioni disponibili, e devono per di più mediare la pressione dei grandi interessi politici ed economici che si affollano intorno al decisore. La fretta poi è la peggiore delle consigliere: una delle raccomandazioni consuete ai generali responsabili di decisioni strategiche urgenti in tempo di guerra è di concedersi sempre un tempo di riflessione, per lasciar decantare le emozioni, e analizzare razionalmente la congerie di stimoli e informazioni che li assalgono.

Fatto sta che il decisore politico centrale del sistema occidentale prende una decisione sbagliata, questa:

  1. l’unica strategia di risposta all’epidemia è il vaccino (ovviamente, il nostro vaccino)

  2. il vaccino garantirà il pieno ritorno alla normalità: ossia, l’eradicazione del morbo, anche se questa non viene promessa esplicitamente; si promette per un po’ l’immunità di gregge finché non balza agli occhi che è impossibile ottenerla perché il virus continua a mutare

  3. essendo l’epidemia una pandemia mondiale, ed essendo necessario garantire le comunicazioni globali per un ritorno alla piena normalità, la strategia di risposta al morbo dovrà essere mondiale

  4. dunque, dobbiamo vaccinare tutto il mondo, e lo vaccineremo.

Ora, già solo menzionare l’obiettivo di vaccinare tutto il mondo è un forte segnale di irrazionalità, perché nella pratica è impossibile. Si può vaccinare molto, moltissimo, ma non si può vaccinare tutto il mondo perché in vaste plaghe della Terra non ci sono le condizioni politiche e tecniche minime per vaccinare tutti; e se il vaccino non protegge al 100%, per riaccendere un focolaio di contagio, anche in un paese dove sia vaccinato il 100% della popolazione, basta l’ingresso di una sola persona contagiosa. Che il vaccino non protegga al 100% i vaccinati era già noto al decisore. È poi impossibile sigillare le frontiere e prevenire l’infiltrazione di singole persone.

In sintesi, e omettendo per brevità altre considerazioni: la strategia di eradicazione del morbo è irrazionale. La strategia razionale è, o meglio sarebbe, una strategia di contenimento del morbo, che si articoli su varie risposte flessibili: vaccino per le categorie di popolazione che presentano un rapporto rischi/benefici favorevole; intensificazione della ricerca e sviluppo delle cure; approntamento di padiglioni ospedalieri dedicati al Covid19; continuazione e intensificazione della ricerca e sviluppo sui vaccini; immunità naturale che si estende nelle categorie di popolazione a minor rischio, non vaccinate; varie ed eventuali.

La razionalità, però, è spesso fuori stanza quando entrano in ufficio obiettivi politici importanti, e riflessi condizionati culturali decisivi. Nel caso presente, il riflesso condizionato decisivo è l’asserzione della potenza culturale, tecnica, scientifica, degli Stati Uniti d’America, la riaffermazione della loro egemonia sul mondo intero, la prova della loro fiducia in se stessi e nella loro capacità di fare cose apparentemente impossibili, nella loro cultura del “can do”.

A questo punto, il dado è tratto. I consulenti del decisore centrale statunitense hanno ricevuto, forte e chiaro, il messaggio di quel che il decisore desidera sentirsi dire; e com’è naturale, quasi tutti glielo dicono. Non hanno bisogno di mentire, per dirgli quel che vuole sentire: il vaccino esiste, effettivamente funziona, ed effettivamente non risultano, nell’immediato, vistosi effetti collaterali indesiderati. Va appena rilevato, di passaggio, che incoraggiano questo atteggiamento dei consulenti i grandi interessi economici in ballo, e il coinvolgimento personale in essi di non pochi tra i consulenti di più alto livello, che sono in numero assai ristretto. Nella comunità scientifica, chi solleva dubbi viene zittito dal rumore di fondo dell’opinione dominante, o, più spesso, si zittisce da solo per non subire ripercussioni.

Quindi si procede a carrarmato nel perseguimento dell’obiettivo “vacciniamo tutto il mondo eccetera”. Fa presto capolino la realtà, e segnala i limiti – già noti o facilmente prevedibili – dei vaccini (durata limitata della copertura, possibilità che anche i vaccinati contagino, effetti collaterali indesiderabili, a volte gravi). La realtà segnala anche i limiti della politica di vaccinazione totale: già difficile nei paesi centrali, è impossibile nei paesi periferici.

I decisori non colgono le segnalazioni della realtà se non per modificare lievemente, introducendovi varianti marginali, la loro narrazione, che in sintesi dice: “Questa è l’unica via, c’è qualche ostacolo lungo il percorso ma lo supereremo insieme grazie alla scienza che è cosa nostra.” I decisori non impongono per legge l’obbligo vaccinale ma un sistema di punizioni crescenti, in buona sostanza ricatti, che chiamano Green Pass; sia per adesione irriflessa al loro economicismo (il Green Pass è mutuato dalla teoria del nudge, o spintarella, nata in ambito economico e premiata col Nobel), sia per rendere se non impossibile, almeno difficilissimo ottenere risarcimenti danni in caso di effetti collaterali gravi del vaccino: così manlevando insieme se stessi, gli Stati che dirigono, i loro consulenti tecnici e le case produttrici del vaccino.

La larga maggioranza delle popolazioni occidentali presta fiducia ai decisori politici, e si sottomette di buon grado al Green Pass, perché quando sono in gara la libertà e la sicurezza, la sicurezza inizia la corsa con un vantaggio incolmabile; e perché i decisori godono di un altro vantaggio incolmabile, il controllo dei media, che se non vengono costantemente alimentati dai decisori con le comunicazioni istituzionali non sanno più cosa raccontare 24/7.

C’è una quota, non trascurabile, di dissenzienti. All’interno di questa quota di dissenzienti, ci sono ovviamente, in prima fila, i “sovranisti” che già all’esordio della pandemia avevano cortocircuitato la realtà con la loro simbolizzazione delirante, e che ora vedono confermate tutte le loro previsioni di controllo totalitario. Essi dunque pensano di aver sempre avuto ragione, e riprendono con rinnovata lena i loro viaggi psichici nella twilight zone. Le individualità che all’esordio dell’epidemia avevano cercato di richiamarli al realismo constatano anch’essi sia gli errori della strategia di eradicazione del morbo, sia le distorsioni autoritarie nella struttura istituzionale e giuridica da essa occasionate, sia il silenziamento attivo o passivo delle voci che, nella comunità scientifica e nell’accademia in generale, avanzano obiezioni, dubbi, accuse. Protestano, cercano di farsi sentire. Vengono invitati a dibattere sui media, perché lo spettacolo vive sul conflitto e i media vivono sullo spettacolo. Qui però i loro avversari hanno gioco facile a confondere, in buona o malafede, le loro contestazioni razionali con le contestazioni deliranti degli altri dissenzienti. Risultato: anche chi abbia abbondanti qualifiche e notorietà personale e argomenti razionali fa la figura dell’imbecille e/o dell’incompetente e/o del mattoide, e non esistendo alcuna forza politica organizzata rilevante che traduca le contestazioni ragionevoli in opposizione, contano zero. Molti dunque abbandonano la contestazione, per disgusto o perché cominciano a chiedersi “Chi me lo fa fare?”

Questa situazione si diffonde, a cascata, dagli USA a tutto l’Occidente. Ragioni:

  1. i consulenti principali del decisore politico sono le organizzazioni internazionali. Fatta una scelta al centro dell’organizzazione, salvo sua strepitosa erroneità essa viene replicata nelle sedi periferiche, perinde ac cadaver. I dirigenti di grado più elevato, in contatto diretto con la sfera decisionale, sono molto pochi e hanno interesse a conservare buoni rapporti con i decisori. Dire a qualcuno “Guarda che ti sbagli” su argomento delicatissimo può avere effetti collaterali indesiderabili.

  2. Gli Stati clienti degli USA, tra i quali l’Italia, si guardano bene dal contestare le scelte strategiche del centro imperiale, perché scegliere audacemente un’altra via sarebbe una critica implicita al centro. Di fatto non ci pensano neppure, sia per inveterata abitudine, sia perché un eventuale maggiore successo di strategie alternative farebbe perdere la faccia al decisore centrale, con serie ripercussioni per l’audace innovatore.

  3. L’impostazione culturale di fondo, economicista e scientista, è la stessa al centro e in periferia.

Ciò che basta e avanza perché si proceda imperterriti per una via che – diventa ogni giorno più chiaro – è sbagliata, all’inseguimento di un obiettivo che – diventa ogni giorno più chiaro – è irraggiungibile: perché eradicare il morbo è impossibile, vaccinare il mondo è impossibile. È invece, o meglio sarebbe, possibile contenere il morbo, adottando un’opportuna strategia di contenimento, riduzione del danno e convivenza con il Covid19, flessibile e differenziata. Però non si adotterà mai, in un futuro prevedibile, perché i decisori occidentali tutti hanno investito un enorme capitale politico nella strategia di eradicazione, i dissenzienti non sono organizzati politicamente, e ci sono colossali interessi economici a favore della strategia sbagliata.

Non c’è niente di strano. È già accaduto molte volte che i consulenti tecnici abbiano dato una spintarella alla realtà per dire ai decisori quel che preferivano sentirsi dire. Nella Prima Guerra Mondiale, per esempio, il responsabile dell’intelligence militare britannica mitigava sistematicamente le spaventose perdite subite nelle sue relazioni al comandante in capo sul fronte francese, generale Haig; e si giustificava con la necessità di non scuotere i nervi del decisore. La realtà dei fatti riuscì a far capolino, e a modificare l’approccio operativo di Haig, solo dopo due anni e mezzo: quando un giovane capitano, di fresca nomina al comando dello staff dell’intelligence militare, rientrò a Londra in licenza. Il giovane capitano, un figlio naturale di re Edoardo VII che in seguito avrebbe diretto per vent’anni il Servizio Segreto, disponendo di entrature privilegiate poté far sapere alla famiglia reale e allo Stato Maggiore Imperiale come stavano le cose.

Di recentissimo c’è stato l’esempio preclaro della guerra in Afghanistan. La guerra in Afghanistan è stata decisa per ritorsione all’attacco contro le Twin Towers (i Talebani avevano dato ospitalità al presunto responsabile). Duemilacinquecento anni di storia militare suggerivano che l’occupazione dell’Afghanistan era un obiettivo irraggiungibile. Obiettivo raggiungibile sarebbe stata una spedizione punitiva: si colpisce duramente, si dichiara vittoria e si rientra, abbandonando l’Afghanistan a se stesso, come sempre è stato e sempre ha voluto restare. Però una serie complessa di fattori culturali, politici, economici, psicologici, non interamente decifrabile neppure ai decisori, ha condotto gli Stati Uniti d’America alla decisione clamorosamente sbagliata di occupare l’Afghanistan, e di impiantarvi un regime democratico totalmente alieno alla cultura di quelle lande.

Fu subito chiaro a chiunque ne sapesse qualcosa, persino a me che non sono von Clausewitz, che proponendosi quell’obiettivo strategico ci si condannava a combattere una guerra persa in partenza: ma ormai la decisione era stata presa, con tutta la zavorra di immenso capitale politico speso e formidabili interessi economici che essa trascinava con sé.

Tutti i comandanti in capo della coalizione a guida americana che si sono succeduti nel corso di vent’anni hanno avuto chiaro, appena messo piede colaggiù (e anche prima di partire, secondo me) che vincere con quella strategia era impossibile. Nessuno lo ha detto chiaramente ai decisori politici. Nessuno, se ci ha provato ed è rimasto inascoltato, si è dimesso. Uno solo, il generale McChrystal, ha dato voce a serie obiezioni ed è stato rimosso. La guerra è andata avanti per vent’anni, con un costo terrificante di vite perdute, e immani danni materiali e politici; fino a quando la realtà, con l’ausilio del tempo che è galantuomo ma non ha fretta, è riuscita a farsi valere, e gli USA hanno deciso il ritiro (eseguendolo male).

Quanto ci vorrà per correggere la rotta sbagliata, nel caso della pandemia da Covid19? Non lo so. Direi un bel po’. Dice il nostro Presidente del Consiglio che difenderemo la nostra normalità “con le unghie e con i denti”. Le unghie e i denti però non servono a niente contro il Covid19. Servirebbe la ragione, e magari anche l’indipendenza di pensiero. Chissà se le troveremo sotto l’albero di Natale.

Quale razionalità? La pandemia e la filosofia, di Vincenzo Costa

Quale razionalità? La pandemia e la filosofia
La pandemia ha indotto molti filosofi, più importanti e meno importanti, a prendere posizione. Ma temo che la discussione sia divenuta l’occasione per una sorta di regolamento di conti. In questo regolamento di conti si sono sviluppate critiche che trovo mancare il bersaglio, del tutto campate in aria, in cui ci si inventa la posizione dell’altro, si operano ricostruzioni improbabili.
Io credo vi siano due posizioni da rifiutare: la prima è quella di Agamben, che non va confusa con quella di Cacciari, molto diversa. La seconda è quella del coro del “bisogna fidarsi della scienza”, un coro che oramai identifica la razionalità tout court con la fede nella scienza (da non confondere con la scienza, poiché la scienza è un’impresa razionale, mentre l’appello alla fede nella scienza è caratteristico dell’irrazionalismo di certe correnti filosofiche che si considerano custodi della razionalità).
Vorrei brevemente argomentare in tre passaggi:
1) Critica della posizione di Agamben
2) Critica della fede nella scienza e messa in luce del suo carattere irrazionalistico
3) Proposta di un modo filosofico di affrontare le questioni del rischio, attraverso un uso libero di Ulrick Beck e del principio responsabilità di Jonas.
1. Critica della posizione di Agamben
Io non sono un esperto di Agamben, e su questo non sono del tutto sicuro di cogliere nel segno. Tuttavia, a me pare che, dal punto di vista filosofico, alla base dell’impostazione assunta da Agamben vi sia un concetto ben preciso, che merita di essere contestato. Alla sua base, non vi è Heidegger né tantomeno Hegel, come pure è stato detto. In Heidegger e Hegel vi sono tanti pericoli, passaggi da sorvegliare e di cui diffidare, ma questi vanno in direzione opposta a quella che si è voluta imputare a questi filosofi. Il pericolo che si annida in Heidegger e Hegel non è il libertarismo, ma la dissoluzione dell’individuo nello spirito oggettivo (nello Stato per dirla in maniera imprecisa ma chiara) o nell’epoca. Ricordo l’invito di Heidegger a decidersi per la propria generazione, per il destino. Ricordo le lezioni del 1934 sul Volk, sulla sua preminenza. Heidegger e Hegel non c’entrano niente. Poi ovviamente ci si può confrontare in maniera più specifica e questa cosa non la temo di certo. Testi alla mano.
Alla base delle posizioni di Agamben vi è invece, mi pare, il concetto foulcaultiano di “dispositivo disciplinare”, così come viene elaborato in Sorvegliare e punire e poi, secondo me con più chiarezza, ne Il potere psichiatrico:
«Nel sistema disciplinare non si è, secondo le circostanze, a disposizione di qualcuno, ma si è perpetuamente esposti allo sguardo di qualcuno o, in ogni caso, nella condizione di poter essere costantemernte osservati»,
dice Foucault. Il problema è che questo si estende a tutto: alla disciplina scolastica, sanitaria, manicomiale etc. Tutto diventa un dispositivo disciplinare. Tutto diventa “dispositivo di potere”, che mira a controllare i corpi, il tempo etc. A questo punto il potere è dappertutto, non esistono più questioni di razionalità, perché la razionalità stessa diventa un sistema disciplinare. E la mia critica è, molto semplicemente e rozzamente: che cosa NON è un dispositivo disciplinare?
Perché la formazione, l’alfabetizzazione, la crescita culturale del popolo invece di essere strumento di progresso diviene a questo punto “dispositivo disciplinare”.
Per la verità, Foucault, soprattutto l’ultimo Foucault che civetta con Habermas, è molto ironico, Chiarisce di non essere così matto da voler abolire l’istituzione scolastica. Ma semplicemente che bisogna avere coscienza del suo potenziale di “dispositivo disciplinare”.
Questo tema dilaga invece in Agamben, dove tutto è dispositivo disciplinare, e pare che Nancy abbia raccontato che Agamben gli avesse raccomandato di non farsi operare al cuore. Ovviamente Nancy sarebbe morto. Ovunque Agamben vede dispositivi disciplinari, e così si priva della possibilità di distinguere cose diverse, cioè tutela della salute da dittatura sanitaria, e chiaramente il lockdown prima e il vaccino dopo verranno visti come dispositivi disciplinari, per cosi dire a priori.
Questa dunque la radice, credo, e detto alla buona, mentre non c’entra niente Heidegger, Hegel, o Derrida, che peraltro attacca in maniera feroce Agamben ne La bestia e il sovrano. E solitamente Derrida è delicato nelle critiche.
Posizione del tutto diversa quella di Cacciari, autore con altra base culturale, più preoccupato del funzionamento della legge, di quello che può succedere quando questa viene meno e si sviluppa l’eccesso, la tracotanza. Tema che non trascurerei, poiché di tracotanza (e spocchia) se ne vede molta in giro.
Ecco, di questa idea di dispositivo disciplinare bisogna liberarsi, perché effettivamente impedisce di confrontarsi con la scienza, che ovviamente viene immediatamente ricondotta a dispositivo di manipolazione e controllo, mentre la scienza è anche e soprattutto uno strumento adattivo per sovravvivere in un ambiente che cambia.
2. Critica della fede nella scienza e messa in luce del suo carattere irrazionalistico
La pandemia poteva essere una grande occasione per sviluppare la divulgazione scientifica e la crescita culturale del paese. Ci si poteva immaginare programmi televisivi che spiegassero la differenza tra un virus e un batterio, un virus a dna e a rna, che cosa è un rna, come funziona un dna, quali parti codificano e quali no. Ci si poteva aspettare che fosse un’occasione per avvicinare a scuola gli studenti alla scienza, a partire da un’urgenza. Niente di tutto questo. Tutto si è risolto in una sfilata di cialtroni che hanno sbagliato tutto dall’inizio alla fine: il virus è una semplice influenza, poi lo stesso competente: “non uscite di casa che morite”. Poi: la comunità scientifica assicura, con evidenze assolute, che il virus è naturale, lo mostra la sequenziazione. Ora, la stessa comunità scientifica ci dice: “certamente uscito da un laboratorio”. Come ci si può fidare? Chiaro che emergono problemi di legittimazione del sapere.
Ora il complottismo è una brutta bestia, ma bisogna farne di strada per diventare così coglioni da considerare la scienza del tutto priva di rapporto con il potere e con il profitto. Bisogna seppellire almeno un secolo di ricerca scientifica sociologica, mandare in soffitta Habermas, la sociologica dalla conoscenza, il nesso tra conoscenza e interesse. Tutte analisi fallibili, per carità, ma che ci hanno insegnato uno spirito critico verso la scienza. Spirito critico che non rifiuta la scienza, ma anzi la protegge e ne tutela la legittimazione.
Poi, si continua a dire: bisogna fidarsi dei competenti, solo loro devono parlare. Dunque, solo i medici (e quali medici) decidono per il mio corpo e la mia salute, mentre io sono espropriato da ogni decisione che riguarda proprio il mio corpo e la mia salute. Solo i competenti decidono le scelte di politica economica, perché la ggggente non capisce niente. Che poi alla fine il competente è tal Marattin, che manco due lire gli affiderei.
Ma allora, se tutto deve essere deciso dai competenti, la democrazia a che cosa serve? Che cosa rimane della democrazia? Oltre che di calcio, c’è qualcosa di cui l’opinione pubblica può discutere? Che senso ha per voi la sfera pubblica e l’opinione pubblica, che si vede espropriata di ogni terreno di discussione?
Peraltro, esiste un’ampia letteratura, a partire da Max Weber sino allo Habermas della teoria dell’agire comunicativo, che ha ipotizzato che la scienza può indicarci quali mezzi usare per raggiungere un certo scopo. MA NON Può INDICARE QUALI SCOPI SIA DESIDERABILE PERSEGUIRE. Questo significa che accanto alla razionalità scientifica (strumentale, usando un vecchio linguaggio) vi è una razionalità comunicativa, che ha strutture e risorse razionali differenti.
Tutto questo viene spazzato via con un colpo di spugna dal detto: “fidati dei competenti”, “come osi parlare, lurido parvenu”? Viene spazzata via una discussione di secoli, che temo oramai si conosca poco, e con essa il concetto stesso di democrazia. Si passa, è stato opportunamente notato da un caro amico, alla tecnocrazia.
E tutto ciò indica anche una regressione del concetto stesso di liberalismo. Per un liberale come John Stuart Mill l’appello alla fede nella scienza sarebbe suonato come una bestemmia, e lo stesso per un’intera tradizione filosofica che pure ha costruito i pilastri della filosofia della scienza contemporanea. Mi chiedo che ne avrebbe detto Schlick, ucciso da un nazista se la mia memoria non mi tradisce. Emerge invece ora un liberalismo solidale con il totalitarismo, che niente ha a che fare con la tradizione liberale classica.
Al posto di una teoria critica, che sorvegli il discorso del potere (questo è Amartya Sen e Rawls, non Foucault), emerge ora una teoria critica del tutto solidale con i discorsi di potere. La nuova “teoria critica” (o critical Thinking) non mira a mettere in luce le contraddizione del sistema, i meccanismi di oppressione (e ce ne sono tanti), non sviluppa un discorso che smaschera il potere: sviluppa un discorso contro la ggggente, contro la loro ignoranza, per mostrare che chi si oppone, chi protesta, è a priori uno scemo, uno spostato, un terrapiattista, uno che a malapena sa dire sgrunt sgrunt. E a questo punto, davvero, contraddicendo me stesso (ma mica tanto), davvero questa teoria critica che mira a produrre la spirale del silenzio, la colpa, l’ammutolire del dissenso, è un dispositivo disciplinare. E’ il totalitarismo, e deve arretrare, perché gli italiani sono ancora capaci di difendere la loro libertà.
3. Proposta di un modo filosofico di affrontare le questioni del rischio, attraverso un uso libero di Ulrick Beck e del principio responsabilità di Jonas.
Ma su questo basta. Passiamo a una parte positiva, che trarrei non dai filosofi, ma da Ulrich Beck, in particolare dalla sua distinzione tra rischio e catastrofe. Qui voglio essere davvero breve, limitarmi a indicare un punto soltanto, ma sperando che Beck venga letto un poco di più:
“Rischio non è sinonimo di catastrofe. Rischio significa l’anticipazione della catastrofe. I rischi riguardano la possibilità di eventi e sviluppi futuri, rendono presente una condizione del mondo che non c’è ancora….. I rischi sono sempre eventi futuri che forse ci attendono, che ci minacciano”
L’anticipazione della catastrofe, nota Beck, “stimola a reinventare il politico”.
Beck pensa a molte cose. Qui potremmo piegare il suo ragionamento in maniera molto semplice: occorre un principio responsabilità, precauzione, un’anticipazione della catastrofe.
Nessuno può dire che cosa i vaccini produrranno tra 10 o 30 anni. Mettiamo che siano vaccinati 54 milioni di abitanti. Mettiamo che, con tutta probabilità, i vaccini siano innocui, non producano danni futuri. Tuttavia, può accadere che li producano. Anticipazione del rischio significa:
se (dico “se”) il 10% della popolazione sviluppasse problemi (cardiaci, tumori), quale sistema sanitario al mondo potrebbe essere in grado di gestire una cosa simile?
Che cosa significherebbe? Questa è l’anticipazione della catastrofe, questo è il principio responsabilità.
Chi si salverebbe? Chi verrebbe curato? E chi non lo sarebbe? Emerge un problema di classe, di differenze di ricchezza.
Mettiamo che il danno tocchi il 5% degli attuali adolescenti, con una malattia invalidante. Quale sistema sanitario e previdenziale potrebbe sostenere un costo simile? In che mondo ci troveremmo a vivere? Chi vivrebbe e chi morirebbe?
Abbiamo, nel caso questi problemi si presentassero, gli strumenti per gestire questa situazione?
Certo, ora vogliamo rischiare, perché il PIL deve salire, e questo ci serve per avere i finanziamenti europei, che sto iniziando a maledire. Si corre un rischio, va bene, corriamolo. Ma vogliamo almeno porci il problema di anticipare la catastrofe, anche se qualcuno è certo (nella sua razionalità) che non si verificherà?
E riempire di soldi (si vedano gli aumenti del costo dei vaccini) le case produttrici dei vaccini, che così saranno le uniche a poter fare ricerca, ci mette in condizioni di indipendenza o è un altro limite alla sovranità degli stati, e alle istituzioni democratiche. Che cosa prepara per il futuro questo spostamento di denaro pubblico?
Ecco, io penso che abbiamo bisogno di un altro tipo di razionalità rispetto a quella che si sta facendo strada. Quella che si sta facendo strada è solo un metodo di dissuasione, di emarginazione, per silenziare, ma che non ci aiuta minimamente a comprendere che cosa sta accadendo e come affrontarlo.
A questo punto credo di essermi inimicato provax e novax, continentali e analitici. Pazienza, a volte bisogna andare da soli, e può non essere spiacevole.

Le grandi bugie dietro il green pass, di Max Bonelli e Gilles Gallizzi

Qui sotto un interessante articolo che puntualizza alcuni aspetti critici e opachi della gestione della crisi pandemica. Preme sottolineare che alcuni dati segnalati nel testo rappresentano campioni o universo di dati talmente ridotti, aspetto per altro segnalato dagli autori, da essere probabilmente soggetti a variabili non considerate o non considerabili; trattati quindi con una qualche sospensione di giudizio. L’approssimazione e l’utilizzo poco accurato dei dati, per altro, sono parte integrante di una gestione approssimativa, disastrosa e manipolatoria, a volte anche omissiva (vedi la cancellazione dell’elenco degli effetti collaterali dei vaccini da parte dell’AIFA) di questa crisi ormai sempre più asservita strumentalmente ad altre finalità delle varie parti. Su questo anche il “supercompetente” Governo Draghi sta sempre più confermando di adagiarsi progressivamente sul trend quotidiano emerso chiaramente in questi due anni ma ormai in corso da decenni. Un politico, tanto più uno statista, non può esentarsi dall’assumere responsabilità e chiarezza di motivazione dei provvedimenti https://www.governo.it/it/articolo/conferenza-stampa-draghi-cartabia-speranza/17509_Giuseppe Germinario

Le grandi bugie dietro il green pass

In questo articolo scritto a due mani vi sveliamo tutte le falsità propinate al pubblico come verità indiscutibili dai media e dal governo Draghi che vengono usate come giustificazioni all’imposizione di fatto dell’obbligo vaccinale tramite green pass.

La prima menzogna:

i vaccini (in realtà terapia antigeniche in quanto non inoculano il virus covid19) proteggono dal contagio del virus e dalle conseguenze”.

Affermazione falsa andando a guardare i dati forniti dai due paesi con più alto tasso di vaccinazione a doppia dose, Inghilterra ed Israele ci si accorge che almeno per quanto riguarda la letalità i dati clinici dicono che i vaccinati corrono un pericolo di morte da coronavirus sei volte maggiore dei non vaccinati. In particolare dati che vengono dagli ospedali inglesi ci dicono che su 4087 persone vaccinate a doppia dose, e risultate positive nonostante questo alla variante delta, sono stati registrati 26 casi di decessi con una letalità 6 volte maggiore dei 35521 casi positivi tra i non vaccinati e che hanno registrato 34 morti.(1)

Sia ben chiaro parliamo di una letalità molto bassa ma d’altronde la variante delta pur essendo molto contagiosa non è altrettanto pericolosa.

La seconda menzogna:

i vaccini darebbero luogo ad una produzione di anticorpi maggiore e più duratura rispetto agli anticorpi prodotti dopo una infezione da coronavirus in soggetti non vaccinati”

Guardiamo i dati israeliani, paese con la più alta percentuale al mondo di vaccinati;  osservando i dati da maggio in poi su 7700 casi di infettati da Covid 19 solo 72 avevano già avuto il coronavirus ed avevano sviluppato anticorpi naturali quindi parliamo di meno dell’1 % mentre circa 3000 casi (quasi il 40% ) erano vaccinati a doppia dose.

Gli autori del rapporto affermano che chi era vaccinato correva 6,7 volte il rischio di contrarre l’infezione rispetto a chi aveva contratto il coronavirus senza essere vaccinato.

Quindi emerge chiaramente che tutte le categorie non a rischio elevato (sotto i 60 anni) sarebbero più tutelate da un incontro naturale con il virus che da un incontro post vaccino.

Dopo questi dati le autorità israeliane hanno abbassato l’efficacia del vaccino Pfizer dall’ottimistico 98% al 67%.(2)

La terza falsità:

vaccinarsi impedisce la proliferazione delle varianti”.

Grandi virologi come il Prof. Tarro hanno sempre detto il contrario. Vaccinarsi in piena pandemia e con un virus mutevole per definizione essendo virus a RNA messaggero, significa implementare le variazioni del virus stesso. Guarda caso, la variante Delta si è diffuso soprattutto in due paesi ad alto tasso di vaccinazione Israele e Inghilterra.

Quando in autunno si diffonderà la variante epsilon già presente in Sud America e che sembra resistente ai vaccini cosa racconterà il governo Draghi?

Che la colpa è dei non vaccinati? Quando è l’esatto contrario.

Dare all’untore di manzoniana memoria a chi rifiuta una terapia sperimentale di cui il produttore non si assume la responsabilità non aiuterà a tenere sotto controllo la pandemia.

Infine quarta falsitài vaccini sono ben tollerati”.

Volevo rispondere con la pagina dell’AIFA che elencava il numero di segnalazioni avverse….

Vi allego il link sull’argomento che era presente sul sito dell’AIFA ora rimosso per ovvi motivi di opportunità politica….(3)

Si parlava di oltre 66.000 casi di effetti indesiderati tra gravi e non.

Chiudo questa piccola carrellata con una nota di colore; 100 marinai dell’ammiraglia della flotta inglese la portaerei HMS Queen Elisabeth sono risultati positivi al covid….erano tutti vaccinati a due dosi.(4) e adesso passiamo ad una visione più strategica e d’insieme della emergenza Covid

Stiamo dunque seguendo un’agenda di interventi che si è resa inefficace sin dalla sua entrata in vigore.

Se è vero che la prima ondata di contagi colse di sorpresa il mondo intero e soprattutto l’Italia a causa non solo dell’avvento su larga scala di una nuova e forte manifestazione di un patogeno conosciuto e studiato, ma di una insufficiente catena di informazioni, quando non proprio deficitaria per omissioni e la cui responsabilità verrà acclarata nelle sedi opportune, le successive due ondate hanno visto una gestione inidonea alla salvaguardia della salute pubblica e dell’interesse nazionale. Con la diffusione delle variante delta ci troviamo alle soglie di quella che viene già riconosciuta come la quarta ondata.

Ad oggi gli strumenti messi in campo dal governo e dai consulenti cui esso si rifà, si sviluppano secondo due filoni coercitivi: quello dei confinamenti a zone colorate e quello della campagna vaccinale e quindi della sua recente declinazione amministrativa: il lasciapassare verde. Queste, a distanza di diciassette mesi dall’inizio della crisi del Sars-CoV-2, sono le uniche due soluzioni individuate dal governo per la gestione della Nazione. Vi è di più: tali due strumenti coercitivi se dapprima venivano proposti come uniche due strade alternative a mutua esclusione, oggi si integrano laddove anche il conseguimento del lasciapassare verde non scongiura la possibilità di nuovi confinamenti dinnanzi ad una risalita dei contagi. Infatti la conclusione del ciclo vaccinale, mono o bidose, non è, come già esposto, garanzia di assenza di nuovi contagi tanto nella popolazione normale quanto in quella vaccinata che pertanto, di fronte a varianti sempre più infettive e sempre meno virulente, incrementeranno nuovamente con le stagioni autunnale ed invernale, come per ogni malattia infettiva respiratoria.

Il lasciapassare verde diviene inoltre strumento di esclusione di liberi cittadini da attività civili e dalla vita sociale sulla base di una presunta ed ipotetica infezione, peraltro sempre da dimostrare ma aprioristicamente attribuita. Viene invertito e sovvertito il principio di soggetto sano fino a prova contraria dacché la verginità dall’infezione è la condizione naturale e basilare, e non il contrario. Il lasciapassare verde si configura quindi quale strumento discriminatorio basato sull’attribuzione amministrativa, e non medica, di libertà di movimento e di partecipazione alla vita sociale e pubblica già costituzionalmente sancite. Tale strumento ha inoltre ampie e nefaste declinazioni, come quella paventata da Confindustria di utilizzarlo come autorizzazione ad una sospensione di stipendio sino al licenziamento per il dipendente che non lo avesse conseguito. Inoltre, questi lasciapassare contengono informazioni di carattere sanitario che in alcun modo dovrebbero giungere in mano ai datori di lavoro per l’utilizzo discriminatorio degli stessi, in piena violazione della propria intimità.

In considerazione della prevedibile risalita dei contagi, i più avveduti hanno proposto una rimodulazione dell’attribuzione delle zone a libertà limitata non più in base al numero dei nuovi positivi o della percentuale degli stessi all’esecuzione dei tamponi, quanto ad un più saggio numero di ospedalizzazioni. Anche questa soluzione, seppur migliore della precedente, condanna regioni come la Valle d’Aosta ad una perenne zona gialla anche con due ricoveri per covid.

La crisi sanitaria ha messo in evidenza soprattutto l’insufficienza in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale vittima dei drastici tagli di cui è stato oggetto negli ultimi 20 anni. Infatti, secondo un’inchiesta di Uninmpresa, partendo dai documenti della Corte dei Conti, dal 1998 al 2017 sono stati chiusi 381 ospedali, con una media di 20 all’anno. In associazione a tale dato va inoltre evidenziato come la distribuzione tra comparto pubblico e privato abbia subito un’inversione di rappresentanza dal 1998 in cui il Sistema Sanitario Nazionale deteneva il 61,3% delle strutture ospedaliere al 2017 in cui la presenza pubblica si è contratta sino al 48,2%. Il personale sanitario ha visto una riduzione di ben 45783 posti di lavoro negli ultimi dieci anni (5).

Cosa fare dunque?

La gestione dell’emergenza non può affidarsi univocamente alla vaccinazione come panacea del male corrente. La vaccinazione, è un’arma fondamentale a disposizione dello Stato il quale si deve prendere carico non solo degli oneri di somministrazione ma anche essere investito e rispondere direttamente quale responsabile delle conseguenze inerenti allo stesso. La macchina commerciale internazionale ha messo in evidenza come la cooperazione e la correttezza è venuta meno quando si è trattato di accaparrarsi le mascherine ed i vaccini sul mercato globale.

Quanto su esposto pone in evidenza la necessità di una nuova fase per la nazione italiana che deve vedere investimenti statali senza precedenti per adeguare la proposta e la garanzia sanitaria alle sfide del nuovo millennio, incrementando quindi le strutture ospedaliere, il personale sanitario, i posti di terapia intensiva ma anche investendo in ricerca ed innovazione nello sviluppo di tecnologia, di vaccini e strumentazione medica che permetteranno all’Italia non solo di essere meno soggetta ai ricatti del mercato globale ma di fungere da formidabile volano economico per la Nazione arrestando, inoltre l’emorragia di ricercatori e lavoratori che a migliaia ogni anno lasciano il Paese.

Max Bonelli

Gilles Gallizzi

(1)

https://www.lifesitenews.com/news/death-rate-

from-variant-covid-virus-six-times-higher-for-

vaccinated-than-unvaccinated-uk-health-data-

show

(2)

https://www.youtube.com/watch?v=4yFUFFi43Hg&t=521s

(3)

https://www.aifa.gov.it/content/segnalazionireazio

ni-avverse

(4)

https://www.bbc.com/news/uk-57830617

(5)

https://www.unimpresa.it/sanita-unimpresa-da-2007-chiusi-200-ospedali-e-tagliati-45-000-sanitari/35576

Ciarpame mediatico, di Giuseppe Germinario

Il quotidiano “la Repubblica” del 20 giugno scorso ha pubblicato da pagina 45 un lungo articolo, a nome di Gianluca di Feo e Floriana Bulfon, dal titolo “Bergamo_virus, spie e vaccini”. L’articolo è purtroppo disponibile solo a pagamento e non può, quindi, essere riprodotto integralmente alla fonte https://www.repubblica.it/esteri/2021/06/17/news/bergamo_virus_spie_e_vaccini-306329555/?ref=RHTP-BH-I295744712-P13-S4-T1 , ma disponibile comunque integralmente su https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/bergamo-virus-spie-e-vaccini/ar-AAL7nOl?li=BBqg6Qc

Il 21 giugno ha risposto a stretto giro di posta l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov. Qui sotto il testo della lettera aperta:

Stimato Direttore,

ha richiamato la nostra attenzione l’ampio articolo intitolato “Bergamo, virus, spie e vaccini” pubblicato sul Suo quotidiano il 20 giugno, in cui il giornale ripercorre i fatti di marzo-aprile 2020, quando un gruppo di medici virologi ed esperti disinfettatori russi ha operato nel Nord Italia.

Tre righe e mezzo dell’articolo contengono l’ammissione che “i soldati russi a Bergamo hanno fornito assistenza concreta, curando decine di pazienti, durante le ore più buie della storia recente e disinfettando decine di centri per anziani”. Le restanti quasi 500 sono una congerie di invenzioni sul contenuto reale di quella che sarebbe stata una missione militare dell’intelligence russa nello spirito delle “guerre ibride”, “una campagna di disinformazione e propaganda”, con addirittura elementi della “competizione per riscrivere la mappa geopolitica del pianeta”. Tentare un’analisi dettagliata di tutta questa serie di invenzioni sarebbe una perdita di tempo. Prendiamo in considerazione solo alcuni fatti.

Ricordo bene come un anno fa questo stesso giornale e un certo numero di altri media italiani cercò, senza alcuna prova, di individuare la natura spionistica della nostra missione che avrebbe tentato di ottenere informazioni sulle strutture militari italiane e della NATO a Bergamo e Brescia, dove erano impegnati i nostri specialisti. I chiarimenti in merito al fatto che quelle aree erano state individuate dalle autorità italiane sono stati semplicemente ignorati. C’è voluto più di un anno perché gli autori di “La Repubblica” ammettessero finalmente quello che era ovvio e cioè che le strutture militari italiane e della NATO, come è risultato, non erano l’obiettivo della nostra missione umanitaria (pare non siano avvezzi a scusarsi per la palese disinformazione, attivamente diffusa nella primavera del 2020).

Ma, come si dice, ciò che è storto non si può raddrizzare (Ecclesiaste 1:15). Ora gli scrittori di “La Repubblica” ci attribuiscono la colpa di aver inviato in Italia i nostri migliori medici virologi ed epidemiologi, dotati di grande esperienza (è vero, ne abbiamo orgogliosamente parlato fin dall’inizio), di aver utilizzato sul posto un moderno laboratorio mobile, che avrebbe analizzato “la struttura genetica del virus e inviato i dati a Mosca con il sistema satellitare di comunicazione criptata”. Sì, anche allora abbiamo parlato di questo laboratorio mobile che era impegnato esclusivamente nel monitoraggio della salute del contingente, nella messa a punto delle metodiche e delle dosi di protezione immunitaria, nell’analisi PCR e nella genotipizzazione. (A proposito, effettivamente abbiamo registrato casi di infezione da coronavirus tra i nostri militari che hanno lavorato nelle zone più pericolose d’Italia). Di quali altri compiti e possibilità nascoste di questo laboratorio possono parlare gli autori, se loro stessi ammettono che nessun estraneo ha potuto accedervi.

Poi, l’affermazione forse più ridicola e sacrilega dell’articolo: “il vaccino Sputnik V è nato dal virus italiano”. (I russi hanno rubato il COVID italiano?!) Gli autori cercano di tracciare un legame causale e temporale diretto tra il lavoro della nostra missione e l’invenzione del vaccino russo. E cioè: i dati clinici acquisiti in Italia “con un’operazione di spionaggio” avrebbero permesso ai nostri specialisti di produrre un vaccino nel più breve tempo possibile. I conti non tornano. Fonti sanitarie e militari in Italia – dice il giornale – confermano che “i russi non erano autorizzati a portare campioni e provette fuori dagli ospedali dove curavano i pazienti”. Inoltre, la Russia ha iniziato a testare lo Sputnik V su volontari già a giugno e ad agosto questo vaccino è stato il primo al mondo ad essere certificato. È chiaro anche a un profano che l’invenzione del vaccino non poteva che essere il risultato di molti anni di ricerca su altre malattie virali.

È assolutamente ovvio che il lavoro eroico dei nostri militari in Italia, durato ben 46 giorni, ha fornito una certa esperienza nella comprensione del pericolo di questa malattia, della velocità e delle peculiarità della diffusione dell’infezione, arrivata in Russia, com’è noto, tre o quattro settimane dopo l’Italia. E questa esperienza è stata debitamente utilizzata per sviluppare le nostre misure contro la pandemia. Ma dove sarebbe qui il crimine?! Si tratta di un percorso di collaborazione assolutamente naturale e generalmente accettato, che peraltro prosegue ancora oggi. Al momento, l’Istituto Spallanzani di Roma sta conducendo studi clinici scientificamente importanti sul vaccino Sputnik V con la partecipazione di specialisti russi. Altre prove sono previste nell’ambito del rispettivo Memorandum di cooperazione firmato nell’aprile di quest’anno. Se il giornale Repubblica dedicasse anche solo un centesimo del suo voluminoso materiale a tale lavoro comune, volto a combattere l’epidemia, a nostro parere offrirebbe un servizio migliore e più interessante ai lettori dell’autorevole quotidiano.

E infine, un’ultima cosa. Gli autori definiscono Bergamo “un campo di prova per nuovi conflitti ibridi”. Noi invece partiamo dall’assunto che questo è il luogo in cui al popolo italiano in difficoltà i vertici e il popolo della Russia hanno disinteressatamente dato una mano. Qui sta la principale divergenza con la redazione del giornale, la cui politica provoca la nostra reazione a questo genere di informazioni.

L’Ambasciatore della Russia in Italia

21.06.2021

L’articolo è un concentrato di rara intensità di infantilismo meschino e vile in un panorama giornalistico che certamente non brilla per serietà e fondatezza di analisi.

L’ambasciatore ha avuto buon gioco quindi nel replicare con ferma diplomazia, senza neppure infierire.

Non ce n’era del resto bisogno.

Su quali comportamenti e intenzioni hanno avuto da recriminare i nostri segugi colti da sospetta crisi olfattiva?

A denti stretti hanno dovuto ammettere che lo scopo reale della missione sanitaria russa non era lo spionaggio delle installazioni militari o quantomeno non ci sono elementi sufficienti a suffragare l’ipotesi; sempre che non si possano considerare tali le inevitabili sbirciatine dai finestrini nel lungo viaggio di avvicinamento a Bergamo. Il bersaglio era però ancora più importante: catturare la Covid italiana, portarsela in Russia e carpirne i segreti; sperimentare sul campo le proprie procedure di gestione di una pandemia e di guerra batteriologica, analizzare quelle adottate da un paese occidentale, verificare l’andamento epidemiologico e patologico della sindrome. Come spiegarsi altrimenti il livello così alto e specialistico e la natura militare dei protagonisti, in particolare la loro provenienza dai laboratori chimico-biologici militari? L’accusa velata era di ricondurre il loro interesse alla logica della guerra batteriologica più che alla finalità umanitaria; accusa velata, ma strumentale e maldestra vista la analoga attività svolta da tanti laboratori americani, francesi ed inglesi civili e militari sparsi nei propri paesi e nel mondo. I missionari in colbacco del resto non hanno sentito ragioni nel condividere i dati acquisiti, la sofisticata strumentazione in possesso con gli ospitanti così smarriti in tanto tragico caos. Hanno così ingannato “Giuseppi” e l’intera compagine governativa, piombando come falchi su di un paese smarrito, prendendo alla sprovvista i custodi della sicurezza del paese, carpendo i segreti del mostriciattolo per ricavarne un efficace vaccino in colpevole anticipo rispetto agli amici occidentali, per trarne insegnamenti utili nella gestione ormai prossima a venire della pandemia nel loro paese.

Il senso di privazione che pervade i nostri due segugi è evidente, ammirevole, ma tardivo. In un quotidiano che per trenta anni ha sostenuto attivamente e con entusiasmo, pur in buona compagnia, la spoliazione e la privazione di beni del proprio paese, ai pochi giornalai di buon cuore non è rimasto che aggrapparsi al poco che è rimasto in Italia, difendendolo a denti stretti. In quel poco è rimasto evidentemente la Covid 19 italiana. I tapini non si sono accorti per altro di dare involontariamente ragione ai rivali cinesi i quali, per nascondere le proprie magagne, hanno cominciato a vendere nel mondo l’insinuazione dei virus nazionali, compreso quello tricolore.

L’angoscia da privazione non fa che fissare i pregiudizi e impedire di porre correttamente le domande e soprattutto di porle alle persone giuste.

Hanno accusato i russi di strumentalizzare a fini geopolitici e di propaganda il loro intervento; li hanno incriminati di lesa maestà per aver tentato di scombussolare l’Unione Europea; si sono risentiti, colti da un malinteso orgoglio nazionale, per i loro giudizi sferzanti sulla gestione italiana della pandemia.

Hanno dimenticato in buona sostanza di essere dei giornalisti e di porre le giuste domande:

  • come mai non ha funzionato la solidarietà europea nei momenti più acuti della crisi pandemica?

  • Da dove arriva l’ostracismo al vaccino russo e il fallimento della ricerca scientifica europea?

  • Come mai le implicazioni e il conflitto geopolitici hanno riguardato non solo i paesi dichiarati ostili (Russia e Cina), ma anche quelli “fratelli ed amici”?

  • Come mai il Governo e il paese si è affidato alla improbabile coppia costituita da un manager-finanziere di terza fila (Arcuri) e da un contabile della Protezione Civile (Borrelli), con la consulenza esclusiva di virologi impegnati più che altro ad apparire sugli schermi, piuttosto che ad una struttura composta da esperti di logistica, igienisti, manager della salute nella quale i militari avrebbero dovuto avere un ruolo di primo piano e non di serventi tuttofare?

  • Come mai il Governo non è stato in grado di concordare le modalità di intervento e di scambio delle informazioni con tutti gli interlocutori internazionali, oltre che con russi e cinesi? Anni fa ad un alto ufficiale americano fu chiesto come mai tante basi erano state spostate dalla Germania in Italia. Da buon anglosassone la risposta fu lapidaria: “in Germania per muoversi occorre compilare protocolli di almeno dieci pagine, in Italia una telefonata.”

  • Come mai si sono omesse le analisi epidemiologiche e diagnostiche che accelerassero l’individuazione dei decorsi e la definizione di terapie efficaci?

  • Come mai è quasi completamente saltata quella medicina di base e preventiva sulla quale dovrebbe fondarsi il sistema sanitario nazionale, stando almeno alle dichiarazioni fondative di principio come pure è rimasto impolverato il piano di emergenza nazionale?

  • Come mai in una situazione di grave emergenza non si è risolto rapidamente il disordine istituzionale e lo si è piuttosto strumentalizzato per scaricarsi reciprocamente le responsabilità della cattiva gestione della crisi?

Le giuste domande, ma alle persone giuste: al ceto politico italico, alla sua classe dirigente e ai suoi quadri amministrativi, agli alleati o sedicenti tali piuttosto che alla missione russa rea di aver fatto quello che avrebbero dovuto fare tutti. Le cui giuste risposte avrebbero probabilmente consentito di non pietire interventi esterni a scatola chiusa e di non porre alla radice il problema.

Si sa purtroppo che l’orgoglio nazionale serve a suscitare le migliori energie di un paese, ma anche, spesso e volentieri, a coprire le peggiori magagne e speculazioni.

La soluzione non può arrivare da segugi di tal fatta. Sono parte in causa di una categoria a pieno titolo corresponsabile di una gestione fatta e condizionata da allarmismo, disinformazione, schizofrenia, superficialità e irresponsabilità. Una gestione che ha ridotto l’emersione di un problema serio ad una manipolazione inquietante senza una soluzione di continuità prevedibile in una emergenza senza fine. Un vero e proprio ossimoro. Mario Draghi è arrivato a risolvere alcuni dei problemi posti. Probabilmente ci riuscirà, ma non sarà la gran parte del paese a giovarsi del risultato. Lo abbiamo intravisto negli ultimi due vertici mondiali del G7 e della NATO sui quali continueremo a soffermarci.

Ai due segugi, dal cuore ingrato e dall’indole meschina, non rimane che replicare a loro volta a due semplici domande: a chi, a quale pifferaio devono rispondere dei loro sproloqui infantili e mal posti? Non certo ai lettori, vista la crescente disaffezione. Siete voi stessi agenti terminali di una guerra ibrida?

In medicina le bugie hanno le gambe corte, di Max Bonelli

NB_L’articolo risale al 19 aprile scorso e risente quindi in alcune parti del successivo corso degli avvenimenti. Nell’affrontare un problema come quello della crisi pandemica da Covid 19 le strumentalizzazioni e le manipolazioni sono insite nell’azione politica. Da una parte sono conseguenze di calcoli e gelida pianificazione, dall’altra di dinamiche, spesso sempre più perverse, che inducono a comportamenti reattivi. Vi sono, però, altri fattori determinanti. Nel caso tragico di Camilla, la cui morte pare essere codeterminata da patologie in corso, risaltano anche altri aspetti altrettanto gravi, come l’inadeguatezza e la confusione frutto di disordine istituzionale e scompensi organizzativi. E’ mai possibile che, tra le tante mancanze che non tarderanno ad emergere e a portare all’affossamento e al discredito di gran parte di questa classe dirigente e politica, nel 2021 la sicurezza di un individuo sia legata ancora all’autocertificazione anziché all’accesso digitale alla cartella clinica del paziente da parte del personale sanitario? _Giuseppe Germinario

In medicina le bugie hanno le gambe corte, di Max Bonelli

La vulgata dei vaccini come panacea per l’emergenza covid

sta manifestando tutti i suoi punti deboli complice un governo che non ha saputo indirizzarli sulle vere categorie a rischio ed invece li ha proposti come soluzione a 360 dell’emergenza.

Il lettore abbia la pazienza di esaminare queste semplici cifre estratte da

un sito di statistica collegato all’Istituto Superiore di Sanità. che analizza i macro dati del covid-19 in Italia al 31 marzo 2021.(1).

Da questo sito si può calcolare la letalità (rapporto contagiati -deceduti) per fasce di età. Su un campione di circa tre milioni e mezzo di contagiati. Al 31 marzo risultavano cento seimila deceduti la cui età media era 81 anni.

Con una letalità del 3% ,una delle più alte al mondo.

Se focalizziamo la fascia di età delle persone sotto i 50 anni abbiamo cifre completamente meno drammatiche.

Letalità sotto i 50 anni 0,034% (1188 decessi )e se scendiamo di dieci anni ci sono stati solo 282 morti entro i 40 anni

Letalità sotto i 40 anni 0,008% .

Di questi 164 avevano gravi patologie concomitanti (oncologiche, cardiovascolari etc). Dei restanti 118 abbiamo

80 pazienti di cui non si conosce la storia cllinica e per eccesso di zelo li diamo morti da Covid. Pari ad una percentuale 0,0033% di letalità.

Vuol dire 1 morto ogni 30.000 contagiati sotto i 40 anni che non hanno altre patologie (ammesso e non concesso che gli 80 senza storia clinica erano senza patologie concomitanti).

Il vaccino Astra Zeneca si è attestato su 1 morto ogni 300.000 vaccinazioni secondo le ultime rilevazioni aggiustate ad i decessi di persone che non avevano patologie concomitanti e di cui la storia clinica era nota, con una maggioranza significativa di donne ed uomini sotto i 50 anni.

In realtà sono state scartati a favore dei vaccini tutte le persone che avevano avuto eventi avversi ma che avevano malattie concomitanti che potevano essere collegati agli eventi avveri

Facciamo un esempio semplice se un vaccinato che aveva una storia di patologie cardiovascolare moriva dopo il vaccino per un evento trombotico veniva escluso dalla lista degli eventi avversi da vaccino.

Se si fosse applicato lo stesso principio sui decessi con covid ed avremmo esclusi quelli dove l’evento covid non era predominante come causa di morte avremmo sicuramente altri numeri su tutte le fasce d’età.

Una riflessione viene spontanea perché utilizzare un metodo di conteggio

di eventi avversi più restrittivo per i vaccini?

Considerando che sono terapie fatte in grande affanno e con iter sperimentali accelerati e con i produttori che non si assumono responsabilità ne civili ne penali per l’uso dei loro prodotti, questo doppio standard lascia perplessi.

Come lascia dubbiosi l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari spesso in fasce di età entro i 50anni dove il rischio di letalità da covid-19 è estremamente basso ancor più se si pensa che la vaccinazione non li rende esenti dalla trasmissione del virus ma solo nel migliore dei casi di aver meno rischi di ammalarsi e di eventuali ricoveri ospedalieri.

L’obbligo fa sorgere un quesito etico sulla imposizione di terapie vaccinali che giorno dopo giorno suscitano punti interrogativi da parte degli organi di controllo internazionali con indicazioni di queste alle fasce di età più a rischio e si arriva fino allla sospensione,, come in Danimarca nei confonti del vaccino Astra Zeneca.

La campagna vaccinale del governo è in ritardo sugli anziani dove dati alla mano vale la pena rischiare effetti indesiderati, in quanto il virus risulta pericoloso.

Viceversa si è voluto forzarlo sulle categorie a basso rischio nel tentativo di avere meno ricoveri ospedalieri mentre scrivo è arrivata la notizia che Astra Zeneca è stata sospesa la somministrazione alle forze dell’ordine.

Forse la risposta a questa ricerca insensata della panacea vaccinale sta nel rifiuto nel rivedere il profilo di investimenti a lungo termine nel settore sanitario dove 30 anni da tagli hanno prodotto una incapacità palese a rispondere alle emergenze.

Il governo Draghi impedito dai vincoli europei a rivedere gli scarsi investimenti di lungo respiro nella sanità è costretto a rincorrere scorciatoie se non a raccontare mezze verità dalle gambe corte.

Max Bonelli

(1)

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia

pubblicato il 19 aprile 2021 anche su https://www.lavocedelpatriota.it/in-medicina-le-bugie-hanno-le-gambe-corte/

Volano gli stracci tra Stati Uniti e Cina sul covid 19, di Max Bonelli

L’articolo del giornalista scientifico Nicholas Wade ex collaboratore del NY Times,(uno non proprio arrivato con la piena del fiume Po) ha ribaltato con argomentazioni difficilmente confutabili la narrazione del Covid 19 frutto di un salto di specie da pipistrello ad uomo.
Anzi con grande probabilità il poco simpatico virus dai 3 milioni e passa di morti su scala mondiale non è altro che un prodotto di ricerca di laboratorio.

Wade (ma a dire il vero ancora prima anche Franco Fracassi) ha dimostrato che il laboratorio di Wuhan era finanziato in queste ricerche su virus pericolosi da una fondazione la Eco Healta Alliance(EHA) su cui gravitano diversi soggetti da ditte farmaceutiche a studi legali prestanome della Cia.
Il presidente della EHA Peter Daszak era anche il manovratore dietro la lettera firmata da diversi noti virologi apparsa sul Lancet il 19 febbraio 2020 che smentiva l’ipotesi del virus nato in laboratorio.

L’articolo di Wade (che non svela solo queste notizie di qui sopra ma che va nel dettaglio scientifico pro e contro le due ipotesi sull’origine del virus) è stato pubblicato dal sito Oltre la linea in italiano.(1) Ci vuole una buona preparazione scientifica per afferrare le finezze di questo pregevole pezzo di giornalismo scientifico.

L’imbarazzo alla casa bianca è stato evidente da qui la dichiarazione ufficiale di Biden per una indagine esaustiva sull’argomento.
Dopo questo passo i media nostrani hanno effettuato la contromanovra alla “contrordine compagni” ed hanno rivitalizzato con qualche imbarazzato articolo l’ipotesi laboratorio.
Purtroppo devo riscontrare che anche un paio di media in teoria alternativi come La voce del patriota (2)e il Primato nazionale(3) sono caduti (volutamente o meno?) nella trappola “del al virus cinese”.
Questa tendenza al facile messaggio dei cinesi cattivi che si sono lasciati scappare il virus dal laboratorio e poi hanno nascosto il fattaccio è una semplificazione nel migliore dei casi dovuta alla mancanza di approfondimento da parte degli autori.

In realtà Wade ed anche Fracassi hanno dimostrato che lo sviluppo di funzioni su virus era frutto di un piano d’investimenti occidentali nel laboratorio di Wuhan con qualche traccia di capitali cinesi privati. Tutto al di fuori del controllo di Pechino.
Ma anche questa verità ha un lato imbarazzante per la Cina e cioè la mancanza di controllo sul proprio territorio.
Si sono fatti delocalizzare una ricerca pericolosa in casa loro senza accorgersene.

Laboratorio di Wuan in Cina

La mia teoria che il Covid 19 sia stato diffuso volutamente dal Deep State americano sta ancora in piedi anzi è suffragata dal lavoro di Nicholas Wade.(4).
Il lettore che vuole approfondire consiglio la lettura di quell’articolo all’epoca definito complottista…ma ci sono abituato
all’etichetta. Dai tempi in cui scrissi nel 2015 sul mio libro Antimaidan che gli sniper a Kiev erano baltici e georgiani addestrati dalla Nato.

Purtroppo la realtà degli avvenimenti geopolitici degli ultimi anni è spesso frutto di veri complotti ai danni di milioni di persone.

(1)

https://oltrelalinea.news/2021/05/11/cosi-il-coronavirus-e-nato-in-un-laboratorio-di-wuhan-tutta-la-verita/

(2)

USA, l’Intelligence rivela: virus circolava in laboratorio a Wuhan già a novembre 2019.

(3)

https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/covid-laboratorio-virologi-wuhan-malati-novembre-2019-194683/

(4)

Il “Deep state” dietro il Covid-19?, di Max Bonelli

già ripreso da https://www.ariannaeditrice.it/articoli/volano-gli-stracci-tra-stati-uniti-e-cina-sul-covid-19

http://italiaeilmondo.com/2021/05/21/cosi-il-coronavirus-e-nato-in-un-laboratorio-di-wuhan-di-nicholas-wade/

“Così il coronavirus è nato in un laboratorio di Wuhan”, di Nicholas Wade

La verità ufficiale non la conosceremo probabilmente mai. Le verità, più o meno corrispondenti alla realtà, saranno confezionate secondo convenienza e seguendo le dinamiche e gli interessi geopolitici. Dal conflitto sempre più acceso tra USA e Cina ci si potrànno attendere nuove sorprese. Mettendo assieme gli elementi emersi in oltre 18 mesi di convulse vicende, qualche idea fondata ce la si potrà disegnare. Buona lettura_Giuseppe Germinario

“Così il coronavirus è nato in un laboratorio di Wuhan”: tutta la verità

La pandemia da coronavirus ha sconvolto la vita in tutto il mondo per più di un anno. Il bilancio delle vittime raggiungerà presto i tre milioni di persone. Eppure l’origine della pandemia rimane incerta: le agende politiche dei governi e degli scienziati hanno generato spesse nubi di offuscamento, che la stampa mainstream sembra incapace di dissipare.

In quanto segue selezionerò i fatti scientifici disponibili , che contengono molti indizi su quanto accaduto, e fornirò ai lettori le prove per esprimere i propri giudizi. Cercherò quindi di valutare la complessa questione della colpa, che inizia con, ma si estende ben oltre, il governo cinese. Alla fine di questo articolo, potresti aver imparato molto sulla biologia molecolare dei virus. Cercherò di mantenere questo processo il più indolore possibile. Ma la scienza non può essere evitata perché per ora, e probabilmente per molto tempo, offre l’unico filo sicuro attraverso il labirinto.

Il virus che ha causato la pandemia è ufficialmente noto come SARS-CoV-2, ma può essere chiamato SARS2 in breve. Come molte persone sanno, ci sono due teorie principali sulla sua origine. Uno è che è passato naturalmente dalla fauna selvatica alle persone. L’altro è che il virus era in fase di studio in un laboratorio, da cui è scappato. È molto importante che sia il caso se speriamo di prevenire un secondo evento del genere. Descriverò le due teorie, spiegherò perché ognuna è plausibile e poi chiederò quale fornisce la migliore spiegazione dei fatti disponibili. È importante notare che finora non ci sono prove dirette per nessuna delle due teorie. Ciascuno dipende da una serie di congetture ragionevoli, ma finora manca di prove. Quindi ho solo indizi, non conclusioni, da offrire. Ma questi indizi puntano in una direzione specifica. E avendo dedotto quella direzione, delineerò alcuni dei fili in questa matassa intricata del disastro.

Un racconto di due teorie

Dopo che la pandemia è scoppiata per la prima volta nel dicembre 2019, le autorità cinesi hanno riferito che molti casi si erano verificati nel mercato umido – un luogo che vende animali selvatici per la carne – a Wuhan. Ciò ha ricordato agli esperti l’epidemia di SARS1 del 2002 in cui un virus del pipistrello si era diffuso prima agli zibetti, un animale venduto nei mercati umidi, e dagli zibetti alle persone. Un virus simile ai pipistrelli ha causato una seconda epidemia, nota come MERS, nel 2012. Questa volta l’animale ospite intermedio erano i cammelli.

La decodifica del genoma del virus ha mostrato che apparteneva a una famiglia virale nota come beta-coronavirus, alla quale appartengono anche i virus SARS1 e MERS. La relazione supportava l’idea che, come loro, fosse un virus naturale che era riuscito a saltare dai pipistrelli, tramite un altro ospite animale, alle persone. La connessione al mercato umido, l’unico altro punto di somiglianza con le epidemie di SARS1 e MERS, è stata presto interrotta: i ricercatori cinesi hanno scoperto casi precedenti a Wuhan senza alcun collegamento con il mercato umido. Ma questo non sembrava avere importanza quando a breve si sarebbero aspettate così tante ulteriori prove a sostegno dell’emergenza naturale.

Wuhan, tuttavia, è sede del Wuhan Institute of Virology, uno dei principali centri mondiali per la ricerca sui coronavirus. Quindi la possibilità che il virus SARS2 fosse sfuggito dal laboratorio non poteva essere esclusa. Sul tavolo c’erano due ragionevoli scenari di origine.

Fin dall’inizio, le percezioni del pubblico e dei media sono state modellate a favore dello scenario di emergenza naturale da forti dichiarazioni di due gruppi scientifici. Queste affermazioni non furono inizialmente esaminate criticamente come avrebbero dovuto essere.

“Siamo uniti per condannare fermamente le teorie del complotto che suggeriscono che COVID-19 non ha un’origine naturale”, hanno scritto un gruppo di virologi e altri su Lancet il 19 febbraio 2020, quando era davvero troppo presto per essere sicuri cosa era successo. Gli scienziati “concludono in modo schiacciante che questo coronavirus ha avuto origine nella fauna selvatica”, hanno detto, con un appello stimolante ai lettori a stare con i colleghi cinesi in prima linea nella lotta contro la malattia.

Contrariamente all’affermazione degli scrittori della lettera, l’idea che il virus potesse essere sfuggito da un laboratorio ha evocato un incidente, non una cospirazione. Sicuramente doveva essere esplorato, non rifiutato a priori. Un segno distintivo dei bravi scienziati è che si danno molto da fare per distinguere tra ciò che sanno e ciò che non sanno. In base a questo criterio, i firmatari della lettera Lancet si comportavano da poveri scienziati: assicuravano al pubblico fatti che non potevano sapere con certezza fossero veri.

In seguito si è scoperto che la lettera di Lancet era stata organizzata e redatta da Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance di New York. L’organizzazione del dottor Daszak ha finanziato la ricerca sul coronavirus presso l’Istituto di virologia di Wuhan. Se il virus SARS2 fosse effettivamente sfuggito alla ricerca da lui finanziata, il dottor Daszak sarebbe potenzialmente colpevole. Questo acuto conflitto di interessi non è stato dichiarato ai lettori di Lancet. Al contrario, la lettera concludeva: “Non dichiariamo interessi in competizione”.

Virologi come il dottor Daszak avevano molto in gioco nell’assegnazione della colpa per la pandemia. Per 20 anni, per lo più sotto l’attenzione del pubblico, avevano giocato a un gioco pericoloso. Nei loro laboratori creavano abitualmente virus più pericolosi di quelli esistenti in natura. Sostenevano che potevano farlo in sicurezza e che, anticipando la natura, potevano prevedere e prevenire le “ricadute” naturali, il passaggio di virus da un ospite animale alle persone. Se SARS2 fosse davvero sfuggito a un simile esperimento di laboratorio, ci si poteva aspettare un selvaggio contraccolpo e la tempesta di indignazione pubblica avrebbe colpito i virologi ovunque, non solo in Cina. “Andrebbe in frantumi l’edificio scientifico da cima a fondo”, ha detto a marzo 2020 un editore del MIT Technology Review, Antonio Regalado .

Una seconda dichiarazione che ha avuto un’enorme influenza nel plasmare gli atteggiamenti pubblici è stata una lettera (in altre parole un pezzo d’opinione, non un articolo scientifico) pubblicata il 17 marzo 2020 sulla rivista Nature Medicine. I suoi autori erano un gruppo di virologi guidati da Kristian G. Andersen dello Scripps Research Institute. “Le nostre analisi mostrano chiaramente che SARS-CoV-2 non è un costrutto di laboratorio o un virus manipolato di proposito”, hanno dichiarato i cinque virologi nel secondo paragrafo della loro lettera.

Purtroppo questo è stato un altro caso di scienza povera, nel senso sopra definito. È vero, alcuni metodi più vecchi per tagliare e incollare i genomi virali conservano segni rivelatori di manipolazione. Ma i metodi più recenti, chiamati approcci “no-see-um” o “senza soluzione di continuità”, non lasciano segni distintivi. Né lo fanno altri metodi per manipolare i virus come il passaggio seriale, il trasferimento ripetuto di virus da una coltura di cellule a un’altra. Se un virus è stato manipolato, sia con un metodo senza interruzioni che tramite passaggio seriale, non c’è modo di sapere che è così. Il dottor Andersen ei suoi colleghi stavano assicurando ai loro lettori qualcosa che non potevano sapere.

La parte di discussione inizia la loro lettera: “È improbabile che SARS-CoV-2 sia emerso attraverso la manipolazione di laboratorio di un coronavirus simile a SARS-CoV”. Ma aspetta, il responsabile non ha detto che il virus chiaramente non era stato manipolato? Il grado di certezza degli autori sembrava scivolare di parecchie tacche quando si trattava di esporre il loro ragionamento.

La ragione dello slittamento è chiara una volta che il linguaggio tecnico è stato penetrato. Le due ragioni addotte dagli autori per supporre che la manipolazione sia improbabile sono decisamente inconcludenti.

In primo luogo, dicono che la proteina spike di SARS2 si lega molto bene al suo bersaglio, il recettore ACE2 umano, ma lo fa in un modo diverso da quello che i calcoli fisici suggeriscono sarebbe la soluzione migliore. Pertanto il virus deve essere derivato dalla selezione naturale, non dalla manipolazione.

Se questo argomento sembra difficile da afferrare, è perché è così teso. L’assunto di base degli autori, non esplicitato, è che chiunque cerchi di legare un virus pipistrello a cellule umane potrebbe farlo in un solo modo. Per prima cosa calcolerebbero l’adattamento più forte possibile tra il recettore ACE2 umano e la proteina spike con cui il virus si attacca ad esso. Quindi progetterebbero la proteina spike di conseguenza (selezionando la giusta stringa di unità di amminoacidi che la compongono). Ma poiché la proteina spike SARS2 non è di questo miglior design calcolato, dice il documento Andersen, quindi non può essere stata manipolata.

Ma questo ignora il modo in cui i virologi fanno effettivamente legare le proteine ​​spike ai bersagli scelti, che non è per calcolo ma unendo i geni delle proteine ​​spike da altri virus o per passaggio seriale. Con il passaggio seriale, ogni volta che la progenie del virus viene trasferita a nuove colture cellulari o animali, vengono selezionate le più riuscite fino a quando non ne emerge una che crea un legame molto stretto con le cellule umane. La selezione naturale ha fatto tutto il lavoro pesante. La speculazione del documento Andersen sulla progettazione di una proteina spike virale attraverso il calcolo non ha alcuna incidenza sul fatto che il virus sia stato manipolato o meno da uno degli altri due metodi.

Il secondo argomento degli autori contro la manipolazione è ancora più artificioso. Sebbene la maggior parte degli esseri viventi utilizzi il DNA come materiale ereditario, un certo numero di virus utilizza l’RNA, il cugino chimico stretto del DNA. Ma l’RNA è difficile da manipolare, quindi i ricercatori che lavorano sui coronavirus, che sono basati sull’RNA, convertiranno prima il genoma dell’RNA in DNA. Manipolano la versione del DNA, aggiungendo o alterando i geni, e quindi fanno in modo che il genoma del DNA manipolato venga riconvertito in RNA infettivo.

Solo un certo numero di queste spine dorsali del DNA è stato descritto nella letteratura scientifica. Chiunque manipolasse il virus SARS2 “probabilmente” avrebbe utilizzato una di queste spine dorsali note, scrive il gruppo Andersen, e poiché SARS2 non è derivato da nessuna di esse, quindi non è stato manipolato. Ma l’argomento è vistosamente inconcludente. Le spine dorsali del DNA sono abbastanza facili da realizzare, quindi è ovviamente possibile che SARS2 sia stata manipolata utilizzando una spina dorsale del DNA non pubblicata.

E questo è tutto. Queste sono le due argomentazioni avanzate dal gruppo Andersen a sostegno della loro dichiarazione secondo cui il virus SARS2 chiaramente non è stato manipolato. E questa conclusione, fondata su nient’altro che due speculazioni inconcludenti, ha convinto la stampa mondiale che SARS2 non avrebbe potuto sfuggire a un laboratorio. Una critica tecnica alla lettera di Andersen la riduce con parole più dure.

La scienza è presumibilmente una comunità di esperti che si auto-corregge che controllano costantemente il lavoro degli altri. Allora perché altri virologi non hanno sottolineato che l’argomento del gruppo Andersen era pieno di buchi assurdamente grandi? Forse perché nelle università di oggi il discorso può essere molto costoso. Le carriere possono essere distrutte se si esce dalla linea. Qualsiasi virologo che metta in discussione il punto di vista dichiarato dalla comunità rischia che la sua prossima domanda di sovvenzione venga rifiutata dal gruppo di colleghi virologi che consiglia l’agenzia di distribuzione delle sovvenzioni governative.

Le lettere di Daszak e Andersen erano davvero dichiarazioni politiche, non scientifiche, ma erano sorprendentemente efficaci. Articoli sulla stampa tradizionale affermavano ripetutamente che un consenso di esperti aveva stabilito che la fuga di laboratorio era fuori questione o estremamente improbabile. I loro autori hanno fatto affidamento per la maggior parte sulle lettere di Daszak e Andersen, non riuscendo a capire le lacune sbadiglianti nei loro argomenti. I giornali tradizionali hanno tutti giornalisti scientifici nel loro staff, così come le principali reti, e questi giornalisti specializzati dovrebbero essere in grado di interrogare gli scienziati e verificare le loro affermazioni. Ma le affermazioni di Daszak e Andersen sono rimaste in gran parte incontrastate.

Dubbi sull’emergenza naturale

L’emergenza naturale è stata la teoria preferita dai media fino a circa febbraio 2021 e la visita di una commissione dell’Organizzazione mondiale della sanità in Cina. La composizione e l’accesso della commissione sono stati pesantemente controllati dalle autorità cinesi. I suoi membri, che includevano l’onnipresente Dr. Daszak, continuavano a sostenere prima, durante e dopo la loro visita che la fuga dal laboratorio era estremamente improbabile. Ma questa non era proprio la vittoria propagandistica che le autorità cinesi avrebbero sperato. Ciò che divenne chiaro era che i cinesi non avevano prove da offrire alla commissione a sostegno della teoria dell’emergenza naturale.

Ciò è stato sorprendente perché sia ​​il virus SARS1 che il virus MERS avevano lasciato abbondanti tracce nell’ambiente. La specie ospite intermedia di SARS1 è stata identificata entro quattro mesi dallo scoppio dell’epidemia e l’ospite di MERS entro nove mesi. Eppure, circa 15 mesi dopo l’inizio della pandemia di SARS2 e una ricerca presumibilmente intensiva, i ricercatori cinesi non erano riusciti a trovare né la popolazione di pipistrelli originale, né le specie intermedie a cui SARS2 avrebbe potuto saltare, né alcuna prova sierologica che qualsiasi popolazione cinese, compresa quella di Wuhan, era mai stato esposto al virus prima del dicembre 2019. L’emergenza naturale è rimasta una congettura che, per quanto plausibile all’inizio, non aveva ottenuto un brandello di prove a sostegno in oltre un anno.

E finché rimane così, è logico prestare seria attenzione alla congettura alternativa, secondo cui SARS2 è scappato da un laboratorio.

Perché qualcuno dovrebbe voler creare un nuovo virus in grado di provocare una pandemia? Da quando i virologi hanno acquisito gli strumenti per manipolare i geni di un virus, hanno sostenuto di poter anticipare una potenziale pandemia esplorando quanto un determinato virus animale potrebbe essere vicino a fare il salto agli umani. E questo ha giustificato esperimenti di laboratorio per migliorare la capacità di virus animali pericolosi di infettare le persone, hanno affermato i virologi.

Con questa logica, hanno ricreato il virus influenzale del 1918, mostrato come il virus della poliomielite quasi estinto può essere sintetizzato dalla sua sequenza di DNA pubblicata e introdotto un gene del vaiolo in un virus correlato.

Questi miglioramenti delle capacità virali sono noti blandamente come esperimenti di guadagno di funzione. Con i coronavirus, c’era un particolare interesse per le proteine ​​spike, che sporgono tutt’intorno alla superficie sferica del virus e determinano praticamente quale specie di animale prenderà di mira. Nel 2000 i ricercatori olandesi, ad esempio, si sono guadagnati la gratitudine dei roditori di tutto il mondo ingegnerizzando geneticamente la proteina spike di un coronavirus di topo in modo che attaccasse solo i gatti.

I virologi hanno iniziato a studiare seriamente i coronavirus di pipistrello dopo che questi si sono rivelati essere la fonte delle epidemie di SARS1 e MERS. In particolare, i ricercatori volevano capire quali cambiamenti dovevano verificarsi nelle proteine ​​spike di un virus pipistrello prima che potesse infettare le persone.

I ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan, guidati dal principale esperto cinese di virus dei pipistrelli, il dottor Shi Zheng-li o “Bat Lady”, hanno organizzato frequenti spedizioni nelle grotte infestate da pipistrelli dello Yunnan nel sud della Cina e hanno raccolto circa un centinaio di pipistrelli diversi. coronavirus.

Il dottor Shi ha quindi collaborato con Ralph S. Baric, un eminente ricercatore sul coronavirus presso l’Università della Carolina del Nord. Il loro lavoro si è concentrato sul potenziamento della capacità dei virus dei pipistrelli di attaccare gli esseri umani in modo da “esaminare il potenziale di emergenza (cioè il potenziale di infettare gli esseri umani) dei CoV di pipistrello circolanti [coronavirus]”. Per perseguire questo obiettivo, nel novembre 2015 hanno creato un nuovo virus prendendo la spina dorsale del virus SARS1 e sostituendo la sua proteina spike con una da un virus pipistrello (noto come SHC014-CoV). Questo virus prodotto è stato in grado di infettare le cellule delle vie aeree umane, almeno se testato contro una coltura di laboratorio di tali cellule.

Il virus SHC014-CoV / SARS1 è noto come chimera perché il suo genoma contiene materiale genetico di due ceppi di virus. Se il virus SARS2 fosse stato inventato nel laboratorio del Dr. Shi, il suo prototipo diretto sarebbe stato la chimera SHC014-CoV / SARS1, il cui potenziale pericolo ha riguardato molti osservatori e ha suscitato intense discussioni.

“Se il virus fosse sfuggito, nessuno avrebbe potuto prevedere la traiettoria”, ha detto Simon Wain-Hobson, virologo presso l’Istituto Pasteur di Parigi.

Il dottor Baric e il dottor Shi hanno fatto riferimento agli ovvi rischi nel loro articolo, ma hanno sostenuto che dovrebbero essere valutati rispetto al vantaggio di prefigurare future ricadute. I gruppi di revisione scientifica, hanno scritto, “potrebbero ritenere che studi simili sulla costruzione di virus chimerici basati su ceppi circolanti siano troppo rischiosi da perseguire”. Considerate le varie restrizioni imposte alla ricerca sul guadagno di funzione (GOF), a loro avviso le questioni erano arrivate a “un crocevia delle preoccupazioni della ricerca GOF; il potenziale per preparare e mitigare futuri focolai deve essere valutato rispetto al rischio di creare agenti patogeni più pericolosi. Nello sviluppo di politiche che vanno avanti, è importante considerare il valore dei dati generati da questi studi e se questi tipi di studi sui virus chimerici giustificano ulteriori indagini rispetto ai rischi intrinseci coinvolti “.

Questa affermazione è stata fatta nel 2015. Dal senno di poi del 2021, si può dire che il valore degli studi sul guadagno di funzione nella prevenzione dell’epidemia di SARS2 era zero. Il rischio era catastrofico, se davvero il virus SARS2 fosse stato generato in un esperimento di guadagno di funzione.

All’interno dell’Istituto di virologia di Wuhan

Il dottor Baric aveva sviluppato e insegnato al dottor Shi, un metodo generale per ingegnerizzare i coronavirus di pipistrello per attaccare altre specie. Gli obiettivi specifici erano cellule umane coltivate in colture e topi umanizzati. Questi topi da laboratorio, un sostituto economico ed etico per i soggetti umani, sono geneticamente progettati per trasportare la versione umana di una proteina chiamata ACE2 che fissa la superficie delle cellule che rivestono le vie respiratorie.

La dottoressa Shi è tornata al suo laboratorio presso l’Istituto di virologia di Wuhan e ha ripreso il lavoro che aveva iniziato sull’ingegneria genetica dei coronavirus per attaccare le cellule umane.

Come possiamo esserne così sicuri?

Perché, per una strana svolta nella storia, il suo lavoro è stato finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), una parte del National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti. E le proposte di sovvenzione che hanno finanziato il suo lavoro, che sono una questione di dominio pubblico, specificano esattamente cosa intendeva fare con i soldi.

Le sovvenzioni sono state assegnate all’appaltatore principale, il dottor Daszak della EcoHealth Alliance, che le ha subappaltate al dottor Shi. Ecco alcuni estratti delle sovvenzioni per gli anni fiscali 2018 e 2019. “CoV” sta per coronavirus e “proteina S” si riferisce alla proteina spike del virus.

“Testare le previsioni sulla trasmissione inter-specie di CoV. I modelli predittivi della gamma dell’ospite (cioè il potenziale di emergenza) saranno testati sperimentalmente utilizzando genetica inversa, saggi di legame di pseudovirus e recettori ed esperimenti di infezione virale attraverso una gamma di colture cellulari di specie diverse e topi umanizzati. 

“Useremo i dati della sequenza della proteina S, la tecnologia dei cloni infettivi, gli esperimenti di infezione in vitro e in vivo e l’analisi del legame del recettore per testare l’ipotesi che le soglie di divergenza% nelle sequenze della proteina S predicano il potenziale di ricaduta”.

Ciò significa, in un linguaggio non tecnico, che il dottor Shi ha deciso di creare nuovi coronavirus con la più alta infettività possibile per le cellule umane. Il suo piano era quello di prendere geni che codificano per proteine ​​spike che possiedono una varietà di affinità misurate per le cellule umane, che vanno da alte a basse. Avrebbe inserito questi geni spike uno per uno nella spina dorsale di un certo numero di genomi virali (“genetica inversa” e “tecnologia dei cloni infettivi”), creando una serie di virus chimerici. Questi virus chimerici verrebbero quindi testati per la loro capacità di attaccare colture cellulari umane (“in vitro”) e topi umanizzati (“in vivo”). E queste informazioni aiuterebbero a prevedere la probabilità di “spillover”, il salto di un coronavirus dai pipistrelli alle persone.

L’approccio metodico è stato progettato per trovare la migliore combinazione di spina dorsale del coronavirus e proteina spike per infettare le cellule umane. L’approccio potrebbe aver generato virus simili a SARS2, e in effetti potrebbe aver creato il virus SARS2 stesso con la giusta combinazione di spina dorsale del virus e proteina spike.

Non si può ancora affermare che la dottoressa Shi abbia generato o meno SARS2 nel suo laboratorio perché i suoi record sono stati sigillati, ma sembra che lei fosse certamente sulla buona strada per farlo. “È chiaro che il Wuhan Institute of Virology stava costruendo sistematicamente nuovi coronavirus chimerici e stava valutando la loro capacità di infettare cellule umane e topi che esprimono ACE2”, afferma Richard H. Ebright, biologo molecolare presso la Rutgers University e principale esperto di biosicurezza.

“È anche chiaro”, ha detto il dottor Ebright, “che, a seconda dei contesti genomici costanti scelti per l’analisi, questo lavoro potrebbe aver prodotto SARS-CoV-2 o un progenitore prossimale di SARS-CoV-2”. “Contesto genomico” si riferisce alla particolare spina dorsale virale utilizzata come banco di prova per la proteina spike.

Lo scenario di fuga dal laboratorio per l’origine del virus SARS2, come dovrebbe essere ormai evidente, non è un semplice gesto di mano nella direzione dell’Istituto di virologia di Wuhan. Si tratta di una proposta dettagliata, basata sul progetto specifico finanziato dal NIAID.

Anche se la borsa di studio ha richiesto il piano di lavoro sopra descritto, come si può essere certi che il piano sia stato effettivamente realizzato? Per questo possiamo fare affidamento sulla parola del dottor Daszak, che ha protestato molto negli ultimi 15 mesi sul fatto che la fuga dal laboratorio fosse una ridicola teoria del complotto inventata dai cinesi.

Il 9 dicembre 2019, prima che lo scoppio della pandemia diventasse generalmente noto, il dottor Daszak ha rilasciato un’intervista in cui ha parlato in termini entusiastici di come i ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan avessero riprogrammato la proteina spike e generato coronavirus chimerici in grado di infettare topi umanizzati.

“E ora abbiamo trovato, sai, dopo 6 o 7 anni di attività, oltre 100 nuovi coronavirus correlati alla SARS, molto vicini alla SARS”, dice il dottor Daszak intorno al minuto 28 dell’intervista. “Alcuni di loro entrano nelle cellule umane in laboratorio, alcuni di loro possono causare la malattia della SARS in modelli di topi umanizzati e non sono trattabili con monoclonali terapeutici e non è possibile vaccinarli contro di loro con un vaccino. Quindi, questi sono un pericolo chiaro e presente….

“Intervistatore: Dici che si tratta di diversi coronavirus e che non puoi vaccinarli contro di loro e nessun antivirale, quindi cosa facciamo?

“Daszak: Beh, penso … coronavirus – puoi manipolarli in laboratorio abbastanza facilmente. La proteina Spike guida molto di ciò che accade con il coronavirus, nel rischio zoonotico. Quindi puoi ottenere la sequenza, puoi costruire la proteina e lavoriamo molto con Ralph Baric all’UNC per farlo. Inseriscilo nella spina dorsale di un altro virus e fai del lavoro in laboratorio. Quindi puoi essere più predittivo quando trovi una sequenza. Hai questa diversità. Ora la progressione logica per i vaccini è che, se hai intenzione di sviluppare un vaccino per la SARS, le persone useranno la SARS pandemica, ma inseriamo alcune di queste altre cose e otteniamo un vaccino migliore “. Gli inserimenti a cui si riferiva forse includevano un elemento chiamato sito di scissione della furina, discusso di seguito, che aumenta notevolmente l’infettività virale per le cellule umane.

Con uno stile sconnesso, il dottor Daszak si riferisce al fatto che una volta generato un nuovo coronavirus in grado di attaccare le cellule umane, puoi prendere la proteina spike e renderla la base per un vaccino.

Si può solo immaginare la reazione del dottor Daszak quando ha sentito dello scoppio dell’epidemia a Wuhan pochi giorni dopo. Avrebbe conosciuto meglio di chiunque altro l’obiettivo del Wuhan Institute di rendere i coronavirus dei pipistrelli infettivi per gli esseri umani, così come le debolezze nella difesa dell’istituto contro i propri ricercatori che venivano infettati.

Ma invece di fornire alle autorità sanitarie pubbliche le numerose informazioni a sua disposizione, ha immediatamente lanciato una campagna di pubbliche relazioni per convincere il mondo che l’epidemia non poteva essere stata causata da uno dei virus truccati dall’istituto. “L’idea che questo virus sia fuggito da un laboratorio è solo pura sciocchezza. Non è semplicemente vero “, ha dichiarato in un’aprile 2020 intervista .

Gli accordi di sicurezza presso l’Istituto di virologia di Wuhan

Forse il dottor Daszak non era a conoscenza, o forse conosceva fin troppo bene, la lunga storia di virus che sfuggivano anche ai laboratori meglio gestiti. Il virus del vaiolo è fuggito tre volte dai laboratori in Inghilterra negli anni ’60 e ’70, causando 80 casi e 3 morti. Da allora virus pericolosi sono fuoriusciti dai laboratori quasi ogni anno. Venendo a tempi più recenti, il virus SARS1 si è dimostrato un vero artista della fuga, fuoriuscendo dai laboratori di Singapore, Taiwan e non meno di quattro volte dall’Istituto nazionale cinese di virologia di Pechino.

Uno dei motivi per cui la SARS1 è così difficile da gestire è che non c’erano vaccini disponibili per proteggere i lavoratori di laboratorio. Come il dottor Daszak ha menzionato nella sua intervista del 19 dicembre citata sopra, anche i ricercatori di Wuhan non erano stati in grado di sviluppare vaccini contro i coronavirus che avevano progettato per infettare le cellule umane. Sarebbero stati indifesi contro il virus SARS2, se fosse stato generato nel loro laboratorio, come lo erano i loro colleghi di Pechino contro SARS1.

Una seconda ragione per il grave pericolo dei nuovi coronavirus ha a che fare con i livelli richiesti di sicurezza di laboratorio. Ci sono quattro gradi di sicurezza, designati da BSL1 a BSL4, con BSL4 che è il più restrittivo e progettato per agenti patogeni mortali come il virus Ebola.

L’Istituto di virologia di Wuhan aveva un nuovo laboratorio BSL4, ma il suo stato di prontezza ha notevolmente allarmato gli ispettori del Dipartimento di Stato che lo hanno visitato dall’ambasciata di Pechino nel 2018. “Il nuovo laboratorio ha una grave carenza di tecnici e investigatori adeguatamente formati necessari per operare in sicurezza questo laboratorio ad alto contenimento “, hanno scritto gli ispettori in un cablogramma del 19 gennaio 2018.

Il vero problema, tuttavia, non era lo stato di insicurezza del laboratorio BSL4 di Wuhan, ma il fatto che ai virologi di tutto il mondo non piace lavorare in condizioni BSL4. Devi indossare una tuta spaziale, fare operazioni in armadi chiusi e accettare che tutto richiederà il doppio del tempo. Quindi le regole che assegnano ogni tipo di virus a un determinato livello di sicurezza erano più lassiste di quanto alcuni potrebbero pensare fosse prudente.

Prima del 2020, le regole seguite dai virologi in Cina e altrove richiedevano che gli esperimenti con i virus SARS1 e MERS fossero condotti in condizioni BSL3. Ma tutti gli altri coronavirus di pipistrello potrebbero essere studiati in BSL2, il livello successivo inferiore. BSL2 richiede l’adozione di precauzioni di sicurezza piuttosto minime, come indossare camici e guanti da laboratorio, non aspirare liquidi in una pipetta e mettere segnali di pericolo biologico. Tuttavia, un esperimento di guadagno di funzione condotto in BSL2 potrebbe produrre un agente più contagioso di SARS1 o MERS. E se lo facesse, i lavoratori di laboratorio avrebbero un’alta probabilità di infezione, specialmente se non vaccinati.

Gran parte del lavoro della dottoressa Shi sul guadagno di funzione nei coronavirus è stato eseguito al livello di sicurezza BSL2, come affermato nelle sue pubblicazioni e in altri documenti. Ha detto in un’intervista alla rivista Science che “La ricerca sul coronavirus nel nostro laboratorio è condotta nei laboratori BSL-2 o BSL-3”.

“È chiaro che parte o tutto questo lavoro è stato eseguito utilizzando uno standard di biosicurezza – livello di biosicurezza 2, il livello di biosicurezza di uno studio dentistico statunitense standard – che rappresenterebbe un rischio inaccettabilmente alto di infezione del personale di laboratorio al contatto con un virus avendo le proprietà di trasmissione di SARS-CoV-2 “, afferma il dott. Ebright.

“È anche chiaro”, aggiunge, “che questo lavoro non avrebbe mai dovuto essere finanziato e non avrebbe mai dovuto essere eseguito”.

Questa è una visione che sostiene indipendentemente dal fatto che il virus SARS2 abbia mai visto o meno l’interno di un laboratorio.

La preoccupazione per le condizioni di sicurezza nel laboratorio di Wuhan non era, a quanto pare, fuori luogo. Secondo una scheda informativa rilasciata dal Dipartimento di Stato il 15 gennaio 2021, “Il governo degli Stati Uniti ha motivo di ritenere che diversi ricercatori all’interno della WIV si siano ammalati nell’autunno 2019, prima del primo caso identificato dell’epidemia, con sintomi coerenti con entrambi COVID-19 e malattie stagionali comuni. “

David Asher, un collega dell’Hudson Institute ed ex consulente del Dipartimento di Stato, ha fornito maggiori dettagli sull’incidente in un seminario . La conoscenza dell’incidente proveniva da un mix di informazioni pubbliche e “alcune informazioni di fascia alta raccolte dalla nostra comunità di intelligence”, ha detto. Tre persone che lavoravano in un laboratorio BSL3 dell’istituto si sono ammalate entro una settimana l’una dall’altra con sintomi gravi che hanno richiesto il ricovero in ospedale. Questo è stato “il primo cluster noto di cui siamo a conoscenza, di vittime di ciò che riteniamo essere COVID-19”. L’influenza non poteva essere completamente esclusa ma sembrava improbabile date le circostanze, ha detto.

Confronto degli scenari rivali dell’origine della SARS2

Le prove di cui sopra si aggiungono a un caso serio secondo cui il virus SARS2 potrebbe essere stato creato in un laboratorio, dal quale è poi fuggito. Ma il caso, per quanto sostanziale, non è sufficientemente provato. La prova consisterebbe nelle prove del Wuhan Institute of Virology, o dei relativi laboratori a Wuhan, che SARS2 o un virus predecessore erano in fase di sviluppo lì. Per la mancanza di accesso a tali registrazioni, un altro approccio è prendere alcuni fatti salienti sul virus SARS2 e chiedersi quanto bene ciascuno di essi sia spiegato dai due scenari di origine rivali, quelli dell’emergenza naturale e della fuga dal laboratorio. Ecco quattro test delle due ipotesi. Alcuni hanno qualche dettaglio tecnico, ma questi sono tra i più convincenti per coloro che potrebbero voler seguire l’argomento.

1) Il luogo di origine.

Inizia con la geografia. I due parenti più stretti conosciuti del virus SARS2 sono stati raccolti da pipistrelli che vivono in grotte nello Yunnan, una provincia della Cina meridionale. Se il virus SARS2 avesse prima infettato le persone che vivevano nelle grotte dello Yunnan, ciò sosterrebbe fortemente l’idea che il virus si fosse diffuso naturalmente alle persone. Ma non è quello che è successo. La pandemia è scoppiata a 1.500 chilometri di distanza, a Wuhan.

I beta-coronavirus, la famiglia dei virus pipistrello a cui appartiene SARS2, infettano il pipistrello ferro di cavallo Rhinolophus affinis , che si estende in tutta la Cina meridionale. La portata dei pipistrelli è di 50 chilometri, quindi è improbabile che qualcuno sia arrivato a Wuhan. In ogni caso, i primi casi di pandemia di Covid-19 si sono verificati probabilmente a settembre, quando le temperature nella provincia di Hubei sono già abbastanza fredde da mandare in letargo i pipistrelli.

E se i virus pipistrello infettassero prima qualche ospite intermedio? Avresti bisogno di una popolazione di lunga data di pipistrelli in prossimità di un ospite intermedio, che a sua volta deve spesso incrociare le persone. Tutti questi scambi di virus devono avvenire da qualche parte fuori Wuhan, una metropoli frenetica che per quanto si sa non è un habitat naturale delle colonie di pipistrelli Rhinolophus . La persona infetta (o l’animale) che trasporta questo virus altamente trasmissibile deve aver viaggiato a Wuhan senza infettare nessun altro. Nessuno nella sua famiglia si è ammalato. Se la persona è saltata su un treno per Wuhan, nessun compagno di viaggio si è ammalato.

È una forzatura, in altre parole, far scoppiare la pandemia naturalmente fuori Wuhan e poi, senza lasciare traccia, fare la sua prima apparizione lì.

Per lo scenario di fuga dal laboratorio, un’origine Wuhan per il virus è un gioco da ragazzi. Wuhan ospita il principale centro cinese di ricerca sul coronavirus dove, come notato sopra, i ricercatori stavano ingegnerizzando geneticamente i coronavirus di pipistrello per attaccare le cellule umane. Lo stavano facendo nelle condizioni di sicurezza minime di un laboratorio BSL2. Se un virus con l’inaspettata contagiosità di SARS2 fosse stato generato lì, la sua fuga non sarebbe stata una sorpresa.

2) Storia naturale ed evoluzione

Il luogo iniziale della pandemia è una piccola parte di un problema più ampio, quello della sua storia naturale. I virus non fanno solo salti una volta da una specie all’altra. La proteina spike del coronavirus, adattata per attaccare le cellule di pipistrello, necessita di ripetuti salti verso un’altra specie, la maggior parte delle quali fallisce, prima di ottenere una mutazione fortunata. La mutazione – un cambiamento in una delle sue unità di RNA – fa sì che una diversa unità di amminoacidi venga incorporata nella sua proteina spike e rende la proteina spike più in grado di attaccare le cellule di alcune altre specie.

Attraverso molti altri aggiustamenti guidati dalle mutazioni, il virus si adatta al suo nuovo ospite, ad esempio un animale con cui i pipistrelli sono in frequente contatto. L’intero processo riprende quindi quando il virus si sposta da questo host intermedio alle persone.

Nel caso della SARS1, i ricercatori hanno documentato i successivi cambiamenti nella sua proteina spike man mano che il virus si è evoluto passo dopo passo in un pericoloso patogeno. Dopo essere passato dai pipistrelli agli zibetti, ci sono stati altri sei cambiamenti nella sua proteina spike prima che diventasse un patogeno lieve nelle persone. Dopo altre 14 modifiche, il virus si è adattato molto meglio all’uomo e con altre 4 l’ epidemia è decollata .

Ma quando cerchi le impronte di una transizione simile in SARS2, ti aspetta una strana sorpresa. Il virus non è cambiato quasi per niente, almeno fino a poco tempo fa. Fin dalla sua prima apparizione, si è adattato bene alle cellule umane. I ricercatori guidati da Alina Chan del Broad Institute hanno confrontato SARS2 con SARS1 in stadio avanzato, che a quel punto era ben adattato alle cellule umane, e hanno scoperto che i due virus erano altrettanto ben adattati. “Quando la SARS-CoV-2 è stata rilevata per la prima volta alla fine del 2019, era già pre-adattata alla trasmissione umana in una misura simile alla SARS-CoV dell’epidemia tardiva”, hanno scritto .

Anche coloro che pensano che l’origine del laboratorio sia improbabile concordano sul fatto che i genomi di SARS2 sono notevolmente uniformi. Il dottor Baric scrive che “i primi ceppi identificati a Wuhan, in Cina, hanno mostrato una diversità genetica limitata, il che suggerisce che il virus potrebbe essere stato introdotto da un’unica fonte”.

Una singola fonte sarebbe ovviamente compatibile con la fuga dal laboratorio, meno con l’enorme variazione e selezione che è il modo caratteristico dell’evoluzione di fare affari.

La struttura uniforme dei genomi di SARS2 non dà alcun accenno ad alcun passaggio attraverso un ospite animale intermedio, e nessun tale ospite è stato identificato in natura.

I sostenitori dell’emergenza naturale suggeriscono che la SARS2 sia incubata in una popolazione umana ancora da trovare prima di acquisire le sue proprietà speciali. O che sia saltato su un animale ospite fuori dalla Cina.

Tutte queste congetture sono possibili, ma tese. I sostenitori della fuga di notizie dal laboratorio hanno una spiegazione più semplice. SARS2 è stato adattato alle cellule umane sin dall’inizio perché è stato coltivato in topi umanizzati o in colture di laboratorio di cellule umane, proprio come descritto nella proposta di finanziamento del Dr. Daszak. Il suo genoma mostra poca diversità perché il segno distintivo delle culture di laboratorio è l’uniformità.

I sostenitori della fuga di laboratorio scherzano sul fatto che, naturalmente, il virus SARS2 ha infettato una specie ospite intermedia prima di diffondersi alle persone e che l’hanno identificata: un topo umanizzato dell’Istituto di virologia di Wuhan.

3) Il sito di scissione della pelliccia.

Il sito di scissione della furina è una parte minuscola dell’anatomia del virus, ma esercita una grande influenza sulla sua infettività. Si trova nel mezzo della proteina spike SARS2. Si trova anche al centro del puzzle della provenienza del virus.

La proteina spike ha due sottounità con ruoli diversi. Il primo, chiamato S1, riconosce il bersaglio del virus, una proteina chiamata enzima di conversione dell’angiotensina-2 (o ACE2) che fissa la superficie delle cellule che rivestono le vie aeree umane. Il secondo, S2, aiuta il virus, una volta ancorato alla cellula, a fondersi con la membrana della cellula. Dopo che la membrana esterna del virus si è coalizzata con quella della cellula colpita, il genoma virale viene iniettato nella cellula, dirotta il suo meccanismo di produzione delle proteine ​​e la costringe a generare nuovi virus.

Ma questa invasione non può iniziare finché le subunità S1 e S2 non sono state separate. E lì, proprio alla giunzione S1 / S2, c’è il sito di scissione della furina che assicura che la proteina spike venga tagliata esattamente nel posto giusto.

Il virus, un modello di progettazione economica, non porta una propria mannaia. Si affida alla cellula per fare il taglio al suo posto. Le cellule umane hanno uno strumento per tagliare le proteine ​​sulla loro superficie noto come furina. Furin taglierà qualsiasi catena proteica che trasporta il suo caratteristico sito di taglio target. Questa è la sequenza delle unità amminoacidiche prolina-arginina-arginina-alanina, o PRRA nel codice che si riferisce a ciascun amminoacido con una lettera dell’alfabeto. PRRA è la sequenza di amminoacidi al centro del sito di scissione della furina di SARS2.

I virus hanno tutti i tipi di trucchi intelligenti, quindi perché il sito di scissione della pelliccia si distingue? A causa di tutti i beta-coronavirus noti relativi alla SARS, solo SARS2 possiede un sito di scissione della furina. Tutti gli altri virus hanno la loro unità S2 tagliata in un sito diverso e con un meccanismo diverso.

In che modo SARS2 ha acquisito il suo sito di scissione della pelliccia? O il sito si è evoluto in modo naturale o è stato inserito dai ricercatori alla giunzione S1 / S2 in un esperimento di guadagno di funzione.

Considera prima l’origine naturale. Due modi in cui i virus si evolvono sono per mutazione e per ricombinazione. La mutazione è il processo di cambiamento casuale nel DNA (o RNA per i coronavirus) che di solito si traduce in un amminoacido in una catena proteica che viene scambiato con un altro. Molti di questi cambiamenti danneggiano il virus, ma la selezione naturale trattiene i pochi che fanno qualcosa di utile. La mutazione è il processo mediante il quale la proteina spike SARS1 ha gradualmente trasferito le sue cellule bersaglio preferite da quelle dei pipistrelli agli zibetti e poi agli umani.

La mutazione sembra un modo meno probabile per generare il sito di scissione della furina di SARS2, anche se non può essere completamente escluso. Le quattro unità amminoacidiche del sito sono tutte insieme e tutte nel posto giusto nella giunzione S1 / S2. La mutazione è un processo casuale innescato dagli errori di copia (quando vengono generati nuovi genomi virali) o dal decadimento chimico delle unità genomiche. Quindi colpisce in genere i singoli amminoacidi in punti diversi di una catena proteica. È molto più probabile che una stringa di amminoacidi come quella del sito di scissione della pelliccia venga acquisita tutti insieme attraverso un processo abbastanza diverso noto come ricombinazione.

La ricombinazione è uno scambio involontario di materiale genomico che si verifica quando due virus invadono la stessa cellula e la loro progenie viene assemblata con pezzi di RNA appartenenti all’altro. I beta-coronavirus si combinano solo con altri beta-coronavirus ma possono acquisire, per ricombinazione, quasi tutti gli elementi genetici presenti nel pool genomico collettivo. Ciò che non possono acquisire è un elemento che il pool non possiede. E nessun beta-coronavirus correlato alla SARS, la classe a cui appartiene SARS2, possiede un sito di scissione della furina.

I sostenitori dell’emergenza naturale affermano che SARS2 potrebbe aver rilevato il sito da un beta-coronavirus ancora sconosciuto. Ma i beta-coronavirus correlati alla SARS di pipistrello evidentemente non hanno bisogno di un sito di scissione della furina per infettare le cellule di pipistrello, quindi non c’è grande probabilità che qualcuno ne possieda uno, e in effetti nessuno è stato trovato finora.

L’argomento successivo dei sostenitori è che SARS2 ha acquisito il suo sito di scissione della pelliccia da persone. Un predecessore di SARS2 avrebbe potuto circolare nella popolazione umana per mesi o anni fino a quando ad un certo punto non ha acquisito un sito di scissione della furina dalle cellule umane. Allora sarebbe stato pronto a scoppiare come una pandemia.

Se questo è ciò che è accaduto, dovrebbero esserci tracce nei registri di sorveglianza ospedaliera delle persone infettate dal virus in lenta evoluzione. Ma finora nessuno è venuto alla luce. Secondo il rapporto dell’OMS sulle origini del virus , gli ospedali sentinella nella provincia di Hubei, sede di Wuhan, monitorano regolarmente malattie simil-influenzali e “non è stata osservata alcuna prova che suggerisca una trasmissione sostanziale di SARSCoV-2 nei mesi precedenti l’epidemia di dicembre. . “

Quindi è difficile spiegare come il virus SARS2 abbia raccolto naturalmente il suo sito di scissione della furina, sia per mutazione che per ricombinazione.

Ciò lascia un esperimento di guadagno di funzione. Per coloro che pensano che SARS2 possa essere scappato da un laboratorio, spiegare il sito di scissione della pelliccia non è affatto un problema. “Dal 1992 la comunità virologica sa che l’unico modo sicuro per rendere un virus più mortale è quello di dargli un sito di scissione della pelliccia all’incrocio S1 / S2 in laboratorio”, scrive il dottor Steven Quay, un imprenditore biotech interessato alle origini di SARS2. “Almeno undici esperimenti di guadagno di funzione, aggiungendo un sito furin per rendere un virus più infettivo, sono pubblicati nella letteratura aperta, tra cui [dal] Dr. Zhengli Shi, capo della ricerca sul coronavirus presso l’Istituto di virologia di Wuhan”.

4) Una questione di codoni

C’è un altro aspetto del sito di scissione della pelliccia che restringe ulteriormente il percorso per un’origine naturale dell’emergenza.

Come tutti sanno (o possono almeno ricordare dal liceo), il codice genetico utilizza tre unità di DNA per specificare ciascuna unità amminoacidica di una catena proteica. Quando vengono letti in gruppi di 3, i 4 diversi tipi di unità di DNA possono specificare 4 x 4 x 4 o 64 diverse triplette, o codoni come vengono chiamati. Poiché ci sono solo 20 tipi di amminoacidi, ci sono più che sufficienti codoni per girare, consentendo ad alcuni amminoacidi di essere specificati da più di un codone. L’amminoacido arginina, ad esempio, può essere designato da uno qualsiasi dei sei codoni CGU, CGC, CGA, CGG, AGA o AGG, dove A, U, G e C stanno per i quattro diversi tipi di unità in RNA.

Ecco dove diventa interessante. Organismi diversi hanno preferenze di codoni differenti. Alle cellule umane piace designare l’arginina con i codoni CGT, CGC o CGG. Ma CGG è il codone meno popolare del coronavirus per l’arginina. Tienilo a mente quando osservi come gli amminoacidi nel sito di scissione della furina sono codificati nel genoma di SARS2.

Ora il motivo funzionale per cui SARS2 ha un sito di scissione della furina, e i suoi virus cugini no, può essere visto allineando (in un computer) la stringa di quasi 30.000 nucleotidi nel suo genoma con quelli dei suoi cugini coronavirus, di cui il il più vicino finora conosciuto è quello chiamato RaTG13. Rispetto a RaTG13, SARS2 ha un inserto a 12 nucleotidi proprio alla giunzione S1 / S2. L’inserto è la sequenza T-CCT-CGG-CGG-GC. I codici CCT per prolina, i due CGG per due arginine e il GC è l’inizio di un codone GCA che codifica per alanina.

Ci sono diverse caratteristiche curiose in questo inserto, ma la più strana è quella dei due codoni CGG affiancati. Solo il 5% dei codoni di arginina di SARS2 sono CGG e il doppio codone CGG-CGG non è stato trovato in nessun altro beta-coronavirus. Allora come ha fatto SARS2 ad acquisire una coppia di codoni di arginina che sono favoriti dalle cellule umane ma non dai coronavirus?

I sostenitori dell’emergenza naturale hanno il compito di spiegare tutte le caratteristiche del sito di scissione della furina di SARS2. Devono postulare un evento di ricombinazione in un sito del genoma del virus in cui le ricombinazioni sono rare e l’inserimento di una sequenza di 12 nucleotidi con un doppio codone di arginina sconosciuto nel repertorio del beta-coronavirus, nell’unico sito nel genoma che potrebbe espandere in modo significativo l’infettività del virus.

“Sì, ma la tua formulazione rende questo suono improbabile: i virus sono specialisti in eventi insoliti”, è la risposta di David L. Robertson, un virologo dell’Università di Glasgow che considera la fuga dal laboratorio come una teoria del complotto. “La ricombinazione è naturalmente molto, molto frequente in questi virus, ci sono punti di interruzione della ricombinazione nella proteina spike e questi codoni sembrano insoliti proprio perché non abbiamo campionato abbastanza”.

Il dottor Robertson ha ragione sul fatto che l’evoluzione produce sempre risultati che possono sembrare improbabili ma in realtà non lo sono. I virus possono generare un numero incalcolabile di varianti, ma vediamo solo quella su un miliardo che la selezione naturale sceglie per la sopravvivenza. Ma questo argomento potrebbe essere spinto troppo oltre. Ad esempio, qualsiasi risultato di un esperimento di guadagno di funzione potrebbe essere spiegato come uno a cui l’evoluzione sarebbe arrivata nel tempo. E il gioco dei numeri può essere giocato in un altro modo. Perché il sito di scissione della furina sorga naturalmente nella SARS2, deve accadere una catena di eventi, ognuno dei quali è abbastanza improbabile per i motivi sopra indicati. È improbabile che una lunga catena con diversi passaggi improbabili possa mai essere completata.

Per lo scenario di fuga dal laboratorio, il doppio codone CGG non è una sorpresa. Il codone preferito dall’uomo viene utilizzato di routine nei laboratori. Quindi chiunque volesse inserire un sito di scissione della furina nel genoma del virus sintetizzerebbe la sequenza di produzione del PRRA in laboratorio e probabilmente userebbe i codoni CGG per farlo.

“Quando ho visto per la prima volta il sito di scissione della furina nella sequenza virale, con i suoi codoni di arginina, ho detto a mia moglie che era la pistola fumante per l’origine del virus”, ha detto David Baltimore, un eminente virologo ed ex presidente di CalTech. “Queste caratteristiche rappresentano una potente sfida all’idea di un’origine naturale per SARS2”, ha detto.

Un terzo scenario di origine

C’è una variazione nello scenario di emergenza naturale che vale la pena considerare. Questa è l’idea che SARS2 sia passato direttamente dai pipistrelli agli umani, senza passare attraverso un ospite intermedio come hanno fatto SARS1 e MERS. Uno dei principali sostenitori è il virologo David Robertson che osserva che SARS2 può attaccare molte altre specie oltre agli umani. Crede che il virus abbia sviluppato una capacità generalista mentre era ancora nei pipistrelli. Poiché i pipistrelli che infetta sono ampiamente distribuiti nella Cina meridionale e centrale, il virus ha avuto ampie opportunità di balzare alle persone, anche se sembra che l’abbia fatto solo in un’occasione nota. La tesi del dottor Robertson spiega perché finora nessuno ha trovato traccia di SARS2 in alcun ospite intermedio o in popolazioni umane sorvegliate prima di dicembre 2019. Spiegherebbe anche il fatto sconcertante che SARS2 non è cambiato da quando è apparso per la prima volta negli esseri umani – non non è necessario perché potrebbe già attaccare le cellule umane in modo efficiente.

Un problema con questa idea, tuttavia, è che se SARS2 è passato dai pipistrelli alle persone in un unico balzo e da allora non è cambiato molto, dovrebbe comunque essere bravo a infettare i pipistrelli. E sembra che non lo sia.

“Le specie di pipistrelli testate sono scarsamente infettate da SARS-CoV-2 ed è quindi improbabile che siano la fonte diretta dell’infezione umana”, scrive un gruppo scientifico scettico sull’emergenza naturale.

Tuttavia, il dottor Robertson potrebbe aver scoperto qualcosa. I coronavirus dei pipistrelli delle grotte dello Yunnan possono infettare le persone direttamente. Nell’aprile 2012 sei minatori che rimuovevano il guano di pipistrello dalla miniera di Mojiang hanno contratto una grave polmonite con sintomi simili a Covid-19 e tre alla fine sono morti. Un virus isolato dalla miniera di Mojiang, chiamato RaTG13, è ancora il parente più prossimo conosciuto di SARS2. Molto mistero circonda l’origine, la segnalazione e l’affinità stranamente bassa di RaTG13 per le cellule di pipistrello, così come la natura di 8 virus simili che la dottoressa Shi riferisce di aver raccolto contemporaneamente ma non ha ancora pubblicato nonostante la loro grande rilevanza per l’ascendenza di SARS2. Ma tutto questo è una storia per un’altra volta. Il punto qui è che i virus dei pipistrelli possono infettare le persone direttamente, anche se solo in condizioni speciali.

Quindi chi altri, oltre ai minatori che scavano il guano di pipistrello, entra in contatto particolarmente stretto con i coronavirus di pipistrello? Bene, i ricercatori del coronavirus lo fanno. La dottoressa Shi dice che lei e il suo gruppo hanno raccolto più di 1.300 campioni di pipistrelli durante circa 8 visite alla grotta di Mojiang tra il 2012 e il 2015, e senza dubbio ci sono state molte spedizioni in altre grotte dello Yunnan.

Immagina i ricercatori che fanno frequenti viaggi da Wuhan allo Yunnan e ritorno, mescolando guano di pipistrello in caverne buie e miniere, e ora inizi a vedere un possibile collegamento mancante tra i due luoghi. I ricercatori potrebbero essere stati infettati durante i loro viaggi di raccolta o mentre lavoravano con i nuovi virus presso l’Istituto di virologia di Wuhan. Il virus che è scappato dal laboratorio sarebbe stato un virus naturale, non uno prodotto da guadagni di funzionalità.

La tesi diretta dai pipistrelli è una chimera tra l’emergenza naturale e gli scenari di fuga dal laboratorio. È una possibilità che non può essere ignorata. Ma contro ciò è il fatto che 1) sia SARS2 che RaTG13 sembrano avere solo una debole affinità per le cellule di pipistrello, quindi non si può essere completamente sicuri che nessuno dei due abbia mai visto l’interno di un pipistrello; e 2) la teoria non è migliore dello scenario di emergenza naturale per spiegare come SARS2 ha ottenuto il suo sito di scissione della pelliccia, o perché il sito di scissione della pelliccia è determinato dai codoni di arginina preferiti dall’uomo invece che dai codoni preferiti dai pipistrelli.

Dove siamo fin qui

Né l’emergenza naturale né l’ipotesi di fuga dal laboratorio possono ancora essere escluse. Non ci sono ancora prove dirette per nessuno dei due. Quindi nessuna conclusione definitiva può essere raggiunta.

Detto questo, le prove disponibili si inclinano più fortemente in una direzione rispetto all’altra. I lettori si formeranno la propria opinione. Ma mi sembra che i sostenitori della fuga dal laboratorio possano spiegare tutti i fatti disponibili sulla SARS2 molto più facilmente di quanto possano fare coloro che favoriscono l’emergenza naturale.

È documentato che i ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan stavano conducendo esperimenti di guadagno di funzione progettati per fare in modo che i coronavirus infettassero cellule umane e topi umanizzati. Questo è esattamente il tipo di esperimento da cui potrebbe essere emerso un virus simile a SARS2. I ricercatori non sono stati vaccinati contro i virus in studio e stavano lavorando nelle condizioni minime di sicurezza di un laboratorio BSL2. Quindi la fuga di un virus non sarebbe affatto sorprendente. In tutta la Cina, la pandemia è scoppiata alle porte dell’istituto di Wuhan. Il virus era già ben adattato agli esseri umani, come previsto per un virus cresciuto in topi umanizzati. Possedeva un insolito miglioramento, un sito di scissione della furina, che non è posseduto da nessun altro beta-coronavirus correlato alla SARS noto, e questo sito includeva un doppio codone di arginina sconosciuto anche tra i beta-coronavirus.

I sostenitori dell’emergenza naturale hanno una storia piuttosto difficile da raccontare. La plausibilità del loro caso si basa su un’unica ipotesi, il parallelo previsto tra l’emergere di SARS2 e quello di SARS1 e MERS. Ma nessuna delle prove attese a sostegno di una tale storia parallela è ancora emersa. Nessuno ha trovato la popolazione di pipistrelli che era la fonte della SARS2, se davvero ha mai infettato i pipistrelli. Nessun ospite intermedio si è presentato, nonostante un’intensa ricerca da parte delle autorità cinesi che ha incluso il test su 80.000 animali. Non ci sono prove che il virus faccia salti multipli indipendenti dal suo ospite intermedio alle persone, come hanno fatto sia il virus SARS1 che il virus MERS. Non ci sono prove dai registri di sorveglianza ospedaliera che l’epidemia aumenti di intensità nella popolazione con l’evoluzione del virus. Non c’è alcuna spiegazione del motivo per cui un’epidemia naturale dovrebbe scoppiare a Wuhan e in nessun altro luogo. Non c’è una buona spiegazione di come il virus abbia acquisito il suo sito di scissione della furina, che nessun altro beta-coronavirus correlato alla SARS possiede, né perché il sito sia composto da codoni preferiti dall’uomo. La teoria dell’emergenza naturale combatte contro una serie irta di implausibilità.

I registri dell’Istituto di virologia di Wuhan contengono certamente molte informazioni rilevanti. Ma sembra improbabile che le autorità cinesi li rilascino data la sostanziale possibilità che incriminino il regime nella creazione della pandemia. In assenza degli sforzi di qualche coraggioso informatore cinese, potremmo già avere a portata di mano quasi tutte le informazioni rilevanti che probabilmente riceveremo per un po ‘.

Quindi vale la pena provare a valutare la responsabilità della pandemia, almeno in modo provvisorio, perché l’obiettivo principale resta quello di prevenirne un’altra. Anche coloro che non sono convinti che la fuga dal laboratorio sia l’origine più probabile del virus SARS2 potrebbero vedere motivo di preoccupazione per lo stato attuale della regolamentazione che regola la ricerca sul guadagno di funzione. Ci sono due ovvi livelli di responsabilità: il primo, per consentire ai virologi di eseguire esperimenti di guadagno di funzione, offrendo un guadagno minimo e un rischio enorme; il secondo, se effettivamente SARS2 è stato generato in un laboratorio, per aver permesso al virus di sfuggire e scatenare una pandemia mondiale. Ecco i giocatori che sembrano più probabilmente meritevoli di colpa.

1. Virologi cinesi

Innanzitutto, i virologi cinesi sono i responsabili di aver eseguito esperimenti di guadagno di funzione in condizioni di sicurezza per lo più di livello BSL2 che erano troppo permissive per contenere un virus di inaspettata infettività come la SARS2. Se il virus è davvero fuggito dal loro laboratorio, meritano la censura mondiale per un prevedibile incidente che ha già causato la morte di 3 milioni di persone.

È vero, il dottor Shi è stato formato da virologi francesi, ha lavorato a stretto contatto con virologi americani e stava seguendo le regole internazionali per il contenimento dei coronavirus. Ma avrebbe potuto e dovuto fare la propria valutazione dei rischi che stava correndo. Lei e i suoi colleghi hanno la responsabilità delle loro azioni.

Ho usato il Wuhan Institute of Virology come abbreviazione per tutte le attività virologiche a Wuhan. È possibile che SARS2 sia stato generato in qualche altro laboratorio di Wuhan, forse nel tentativo di realizzare un vaccino che funzionasse contro tutti i coronavirus. Ma fino a quando il ruolo di altri virologi cinesi non sarà chiarito, la dottoressa Shi è il volto pubblico del lavoro cinese sui coronavirus, e provvisoriamente lei ei suoi colleghi saranno i primi in fila per l’obiezione.

2. Autorità cinesi

Le autorità centrali cinesi non hanno generato la SARS2, ma hanno sicuramente fatto del loro meglio per nascondere la natura della tragedia e la responsabilità della Cina al riguardo. Hanno soppresso tutti i record presso l’Istituto di virologia di Wuhan e chiuso i suoi database di virus. Hanno rilasciato un rivolo di informazioni, molte delle quali potrebbero essere state del tutto false o progettate per fuorviare e fuorviare. Hanno fatto del loro meglio per manipolare l’indagine dell’OMS sulle origini del virus e hanno guidato i membri della commissione in una corsa infruttuosa. Finora si sono dimostrati molto più interessati a deviare le colpe che a prendere le misure necessarie per prevenire una seconda pandemia.

3. La comunità mondiale dei virologi

I virologi di tutto il mondo sono una comunità professionale molto unita. Scrivono articoli nelle stesse riviste. Partecipano alle stesse conferenze. Hanno interessi comuni nel cercare fondi dai governi e nel non essere sovraccaricati di norme di sicurezza.

I virologi conoscevano meglio di chiunque altro i pericoli della ricerca sul guadagno di funzione. Ma il potere di creare nuovi virus e il finanziamento della ricerca ottenibile in questo modo erano troppo allettanti. Sono andati avanti con esperimenti sul guadagno di funzione. Hanno fatto pressioni contro la moratoria imposta sui finanziamenti federali per la ricerca sul guadagno di funzione nel 2014 ed è stata sollevata nel 2017.

I benefici della ricerca nel prevenire future epidemie sono stati finora nulli, i rischi enormi. Se la ricerca sui virus SARS1 e MERS potesse essere effettuata solo a livello di sicurezza BSL3, era sicuramente illogico consentire qualsiasi lavoro con nuovi coronavirus a livello inferiore di BSL2. Indipendentemente dal fatto che SARS2 sia scappato da un laboratorio, i virologi di tutto il mondo hanno giocato con il fuoco.

Il loro comportamento ha da tempo allarmato altri biologi. Nel 2014 gli scienziati che si chiamavano Cambridge Working Group hanno sollecitato cautela nella creazione di nuovi virus. In parole preveggenti, hanno specificato il rischio di creare un virus simile a SARS2. “I rischi di incidenti con” potenziali patogeni pandemici “di nuova creazione sollevano nuove gravi preoccupazioni”, hanno scritto . “La creazione in laboratorio di nuovi ceppi altamente trasmissibili di virus pericolosi, specialmente ma non limitati all’influenza, pone rischi sostanzialmente maggiori. Un’infezione accidentale in tale contesto potrebbe innescare focolai che sarebbero difficili o impossibili da controllare “.

Quando i biologi molecolari hanno scoperto una tecnica per spostare i geni da un organismo a un altro, hanno tenuto una conferenza pubblica ad Asilomar nel 1975 per discutere i possibili rischi. Nonostante la forte opposizione interna, hanno redatto un elenco di rigorose misure di sicurezza che potrebbero essere allentate in futuro – e debitamente lo furono – quando i possibili pericoli fossero stati meglio valutati.

Quando è stata inventata la tecnica CRISPR per modificare i geni, i biologi hanno convocato un rapporto congiunto delle accademie scientifiche nazionali statunitensi, britanniche e cinesi per sollecitare la moderazione nell’apportare modifiche ereditabili al genoma umano. Anche i biologi che hanno inventato i gene drive sono stati aperti sui pericoli del loro lavoro e hanno cercato di coinvolgere il pubblico.

Si potrebbe pensare che la pandemia di SARS2 spinga i virologi a rivalutare i benefici della ricerca sul guadagno di funzione, anche per coinvolgere il pubblico nelle loro deliberazioni. Ma no. Molti virologi deridono la fuga di laboratorio come una teoria del complotto e altri non dicono nulla. Si sono barricati dietro un muro di silenzio cinese che finora sta funzionando bene per fugare, o almeno rimandare, la curiosità dei giornalisti e l’ira del pubblico. Le professioni che non possono autoregolarsi meritano di essere regolamentate da altri, e questo sembrerebbe essere il futuro che i virologi scelgono per se stessi.

4. Il ruolo degli Stati Uniti nel finanziamento dell’Istituto di virologia di Wuhan

Da giugno 2014 a maggio 2019, l’EcoHealth Alliance del Dr.Daszak ha ricevuto una sovvenzione dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), parte del National Institutes of Health, per svolgere ricerche sul guadagno di funzione con i coronavirus presso il Wuhan Institute of Virologia. Indipendentemente dal fatto che la SARS2 sia il prodotto di quella ricerca, sembra una politica discutibile distribuire la ricerca ad alto rischio a laboratori stranieri non sicuri utilizzando precauzioni di sicurezza minime. E se il virus SARS2 fosse davvero fuggito dall’istituto di Wuhan, allora il NIH si troverebbe nella terribile posizione di aver finanziato un esperimento disastroso che ha portato alla morte di oltre 3 milioni in tutto il mondo, tra cui più di mezzo milione dei suoi stessi cittadini. .

La responsabilità del NIAID e del NIH è ancora più acuta perché per i primi tre anni della concessione a EcoHealth Alliance c’era una moratoria sul finanziamento della ricerca sul guadagno di funzione. Perché quindi le due agenzie non hanno interrotto il finanziamento federale come apparentemente richiesto dalla legge? Perché qualcuno ha scritto una scappatoia nella moratoria.

La moratoria ha specificamente vietato di finanziare qualsiasi ricerca sul guadagno di funzione che aumentasse la patogenicità dei virus influenzali, MERS o SARS. Ma poi una nota a p. 2 del documento di moratoria afferma che “Si può ottenere un’eccezione dalla pausa della ricerca se il capo dell’agenzia di finanziamento USG determina che la ricerca è urgentemente necessaria per proteggere la salute pubblica o la sicurezza nazionale”.

Ciò sembra significare che il direttore del NIAID, il dottor Anthony Fauci, o il direttore del NIH, il dottor Francis Collins, o forse entrambi, avrebbero invocato la nota a piè di pagina per mantenere il flusso di denaro a favore del dottor Shi ricerca funzionale.

“Sfortunatamente, il direttore del NIAID e il direttore del NIH hanno sfruttato questa scappatoia per emettere esenzioni ai progetti soggetti alla Pausa – affermando prepotentemente che la ricerca esentata era ‘urgentemente necessaria per proteggere la salute pubblica o la sicurezza nazionale’ ‘- annullando così la Pausa”, il Dr. Richard Ebright ha detto in un’intervista a Independent Science News.

Quando la moratoria si è conclusa nel 2017, non solo è svanita, ma è stata sostituita da un sistema di segnalazione, il Potential Pandemic Pathogens Control and Oversight (P3CO) Framework, che richiedeva alle agenzie di segnalare per la revisione qualsiasi lavoro di guadagno di funzione pericoloso che desideravano finanziare.

Secondo il dottor Ebright, sia il dottor Collins che il dottor Fauci “hanno rifiutato di segnalare e inoltrare proposte per la revisione del rapporto rischio-beneficio, annullando così il quadro P3CO”.

A suo avviso, i due funzionari, nel trattare la moratoria e il conseguente sistema di rendicontazione, “hanno sistematicamente ostacolato gli sforzi della Casa Bianca, del Congresso, degli scienziati e degli specialisti della politica scientifica per regolamentare la ricerca del GoF [guadagno di funzione] di preoccupazione.”

Forse i due funzionari dovevano tenere conto di questioni non evidenti nel registro pubblico, come le questioni di sicurezza nazionale. Forse il finanziamento dell’Istituto di virologia di Wuhan, che si ritiene abbia legami con i virologi militari cinesi, ha fornito una finestra sulla ricerca sulla guerra biologica cinese. Ma qualunque altra considerazione possa essere stata coinvolta, la linea di fondo è che il National Institutes of Health stava sostenendo la ricerca sul guadagno di funzione, di un tipo che avrebbe potuto generare il virus SARS2, in un laboratorio straniero non supervisionato che stava lavorando in BSL2 condizioni di biosicurezza. La prudenza di questa decisione può essere messa in dubbio, se la SARS2 e la morte di 3 milioni di persone ne siano state il risultato.

In conclusione sul coronavirus

Se il caso che SARS2 ha avuto origine in un laboratorio è così sostanziale, perché questo non è più noto? Come può essere ovvio, ci sono molte persone che hanno motivo di non parlarne. La lista è guidata, ovviamente, dalle autorità cinesi. Ma i virologi negli Stati Uniti e in Europa non hanno grande interesse ad accendere un dibattito pubblico sugli esperimenti di guadagno di funzione che la loro comunità porta avanti da anni.

Né altri scienziati si sono fatti avanti per sollevare la questione. I fondi governativi per la ricerca sono distribuiti su consiglio di comitati di esperti scientifici provenienti dalle università. Chiunque scuota la barca sollevando questioni politiche imbarazzanti corre il rischio che la sua borsa di studio non venga rinnovata e la sua carriera di ricerca venga interrotta. Forse un buon comportamento viene ricompensato con i numerosi vantaggi offerti dal sistema di distribuzione. E se pensavi che il dottor Andersen e il dottor Daszak avrebbero potuto cancellare la loro reputazione di obiettività scientifica dopo i loro attacchi partigiani allo scenario di fuga dal laboratorio, guarda il 2 ° e il 3 ° nome in questo elenco di destinatari di una sovvenzione di 82 milioni di dollari annunciata dal Istituto nazionale di allergia e malattie infettive nell’agosto 2020.

Il governo degli Stati Uniti condivide uno strano interesse comune con le autorità cinesi: nessuno dei due è interessato a richiamare l’attenzione sul fatto che il lavoro sul coronavirus del dottor Shi è stato finanziato dal National Institutes of Health degli Stati Uniti. Si può immaginare la conversazione dietro le quinte in cui il governo cinese dice: “Se questa ricerca era così pericolosa, perché l’hai finanziata, e anche sul nostro territorio?” A cui gli Stati Uniti potrebbero rispondere: “Sembra che sia stato tu a lasciarlo scappare. Ma abbiamo davvero bisogno di tenere questa discussione in pubblico? “

Il dottor Fauci è un funzionario pubblico di lunga data che ha servito con integrità sotto il presidente Trump e ha ripreso la leadership nell’amministrazione Biden nella gestione dell’epidemia di Covid. Il Congresso, senza dubbio comprensibilmente, potrebbe avere scarso desiderio di trascinarlo sulle braci per l’apparente errore di giudizio nel finanziare la ricerca sul guadagno di funzione a Wuhan.

A questi muri di silenzio si deve aggiungere quello dei media mainstream. Per quanto ne so, nessun importante giornale o rete televisiva ha ancora fornito ai lettori una notizia approfondita sullo scenario di fuga dal laboratorio, come quella che hai appena letto, sebbene alcuni abbiano pubblicato brevi editoriali o articoli di opinione. Si potrebbe pensare che qualsiasi origine plausibile di un virus che ha ucciso tre milioni di persone meriterebbe un’indagine seria. O che la saggezza di continuare la ricerca sul guadagno di funzione, indipendentemente dall’origine del virus, varrebbe la pena di indagare. O che il finanziamento della ricerca sul guadagno di funzione da parte del NIH e del NIAID durante una moratoria su tali finanziamenti sarebbe oggetto di indagine. Cosa spiega l’apparente mancanza di curiosità dei media?

L’ omertà dei virologi è una delle ragioni. I giornalisti scientifici, a differenza dei giornalisti politici, hanno poco scetticismo innato sulle motivazioni delle loro fonti; la maggior parte vede il proprio ruolo principalmente nel fornire la saggezza degli scienziati alle masse non lavate. Quindi, quando le loro fonti non aiutano, questi giornalisti sono perplessi.

Un altro motivo, forse, è la migrazione di gran parte dei media verso la sinistra dello spettro politico. Poiché il presidente Trump ha affermato che il virus era fuggito da un laboratorio di Wuhan, i redattori hanno dato all’idea poco credito. Si sono uniti ai virologi nel considerare la fuga dal laboratorio come una teoria del complotto irricevibile. Durante l’amministrazione Trump, non hanno avuto problemi a rifiutare la posizione dei servizi di intelligence secondo cui la fuga dal laboratorio non poteva essere esclusa. Ma quando Avril Haines, direttore dell’intelligence nazionale del presidente Biden, ha detto la stessa cosa, anche lei è stata ampiamente ignorata. Questo non vuol dire che gli editori avrebbero dovuto approvare lo scenario di fuga dal laboratorio, ma semplicemente che avrebbero dovuto esplorare la possibilità in modo completo ed equo.

Le persone in tutto il mondo che sono state praticamente confinate nelle loro case nell’ultimo anno potrebbero desiderare una risposta migliore di quella che i loro media stanno dando loro. Forse ne emergerà uno in tempo. Dopotutto, più mesi passano senza che la teoria dell’emergenza naturale ottenga un brandello di prove a sostegno, meno può sembrare plausibile. Forse la comunità internazionale dei virologi finirà per essere vista come una guida falsa e interessata. La percezione del buon senso che una pandemia scoppiata a Wuhan potrebbe avere qualcosa a che fare con un laboratorio di Wuhan che prepara nuovi virus di massimo pericolo in condizioni non sicure potrebbe alla fine sostituire l’insistenza ideologica che qualunque cosa Trump abbia detto non può essere vera.

E poi che la resa dei conti abbia inizio.

Nicholas Wade

30 aprile 2021

Ringraziamenti

La prima persona a esaminare seriamente le origini del virus SARS2 è stata Yuri Deigin, un imprenditore biotecnologico in Russia e Canada. In un lungo e brillante saggio , ha analizzato la biologia molecolare del virus SARS2 e ha sollevato, senza avallare, la possibilità che fosse stato manipolato. Il saggio, pubblicato il 22 aprile 2020, ha fornito una tabella di marcia per chiunque cerchi di comprendere le origini del virus. Deigin ha inserito così tante informazioni e analisi nel suo saggio che alcuni hanno dubitato che potesse essere il lavoro di un singolo individuo e hanno suggerito che qualche agenzia di intelligence doveva averlo scritto. Ma il saggio è scritto con maggiore leggerezza e umorismo di quanto sospetto si trovino mai nei rapporti della CIA o del KGB, e non vedo motivo di dubitare che il Dr. Deigin sia il suo unico autore molto capace.

Sulla scia di Deigin hanno seguito molti altri scettici dell’ortodossia dei virologi. Nikolai Petrovsky ha calcolato quanto strettamente il virus SARS2 si lega ai recettori ACE2 di varie specie e ha scoperto con sua sorpresa che sembrava ottimizzato per il recettore umano , portandolo a dedurre che il virus potrebbe essere stato generato in un laboratorio. Alina Chan ha pubblicato un documento che mostra che SARS2 dalla sua prima apparizione si è adattato molto bene alle cellule umane.

Uno dei pochissimi scienziati dell’establishment ad aver messo in dubbio l’assoluto rifiuto da parte dei virologi della fuga dal laboratorio è Richard Ebright, che da tempo mette in guardia contro i pericoli della ricerca sul guadagno di funzione. Un altro è David A. Relman della Stanford University. “Anche se abbondano opinioni forti, nessuno di questi scenari può essere escluso o escluso con sicurezza con i fatti attualmente disponibili”, ha scritto . Complimenti anche a Robert Redfield, ex direttore dei Centers for Disease Control and Prevention, che il 26 marzo 2021 ha detto alla CNN che la causa “più probabile” dell’epidemia era “da un laboratorio”, perché dubitava che un virus del pipistrello potesse diventare un patogeno umano estremo dall’oggi al domani, senza perdere tempo per evolversi, come sembrava essere il caso della SARS2.

Steven Quay, un medico-ricercatore, ha applicato strumenti statistici e bioinformatici a ingegnose esplorazioni dell’origine del virus, mostrando ad esempio come gli ospedali che ricevono i primi pazienti sono raggruppati lungo la linea della metropolitana Wuhan №2 che collega l’Istituto di virologia a un’estremità con l’aeroporto internazionale all’altro, il nastro trasportatore perfetto per distribuire il virus dal laboratorio al globo.

Nel giugno 2020 Milton Leitenberg ha pubblicato un primo sondaggio sulle prove che favoriscono la fuga di laboratorio dalla ricerca sul guadagno di funzione presso l’Istituto di virologia di Wuhan.

Molti altri hanno contribuito con pezzi significativi del puzzle. “La verità è figlia”, ha detto Francis Bacon, “non dell’autorità ma del tempo”. Gli sforzi di persone come quelle sopra citate sono ciò che lo rende così.

tradotto e pubblicato su https://oltrelalinea.news/2021/05/11/cosi-il-coronavirus-e-nato-in-un-laboratorio-di-wuhan-tutta-la-verita/?fbclid=IwAR3gFRAQVGUHLH9lEwpTOS_4ZARahAmXZbjmK7DkwnluaqJD6j7Nr4VOMDg

Covid 19_Lettera al Presidente, del dr Giuseppe Imbalzano

Il male non è soltanto di chi lo fa, è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce.
Tucidide
Ill.mo Sig. Presidente.
Mi rivolgo a Lei perché molto di quanto debba essere fatto per mitigare la diffusione di questa epidemia non viene messo in atto.
Sono stato direttore sanitario di più aziende sanitarie in Lombardia, tra cui Lodi e Bergamo. Ho predisposto più piani di emergenza e il piano pandemico della influenza H1N1, attuandolo poi nello sviluppo degli interventi di mitigazione e gestione dei servizi sanitari specifici.
Sarò molto semplice nelle considerazioni. Posso fornire la documentazione relativa per dare atto di quanto scrivo in questa breve presentazione. Se mi verrà fornito un indirizzo mail invierò il libro “Il Covid 19-I costi del non fare o del non fare bene” e alcuni articoli in cui ho cercato di identificare tutti gli errori e gli elementi critici che hanno determinato questo disastro epocale che, purtroppo, non è ancora concluso. E che non si concluderà con la vaccinazione se non della intera popolazione.
La mancata capacità di gestione e di governo di questa infezione, che è comunque gestibile (come dimostrato da più nazioni dove l’epidemia è ben controllata), è correlata ad errori gravi che sono stati perpetuati nel corso di questi 15 mesi di disastro sanitario, economico e sociale.
La carenza di esperti di governo delle attività sanitarie territoriali e ospedaliere, della organizzazione e gestione delle criticità relative alle esigenze assistenziali, crea certamente un difetto nella riorganizzazione degli interventi e nella risposta coerente a tutte le esigenze che si manifestano e alle risposte che devono essere garantite per ridurre la diffusione epidemica.
È stato dimostrato che oltre il 50% dei nuovi casi (in Cina era superiore all’80%) avviene in famiglia, non durante gli incontri familiari sporadici, ma per la presenza di un singolo malato che poi diffonde la malattia agli altri componenti della famiglia. L’errore, gravissimo, è stato quello di utilizzare lo stesso modello, l’isolamento fiduciario domiciliare (l’assistenza del malato in isolamento fiduciario è la norma per i malati infettivi delle infezioni endemiche per le quali gran parte della popolazione è protetta, vaccinata o ha avuto le infezioni, come esempio le infezioni infantili), per una infezione che interessa una popolazione vergine con la relativa immediata diffusione (l’indagine Istat pubblicata in agosto indica le principali linee di trasmissione infettiva e individua nel 60% la trasmissione intrafamiliare).
Non voglio parlare di aperture o chiusure dell’Italia, ma di cosa debba essere riorganizzato nella gestione della epidemia, che è stata, ed è, la maggiore causa di questa condizione di tragedia che si sta protraendo ormai da oltre 15 mesi.
La riapertura delle attività in Italia pone gravi rischi, ed è la situazione economica a governare tale scelta, con molte distorsioni rispetto a quanto sia necessario fare.
Ma molte azioni sono mancate e mancano.
Le enumero e sono a disposizione per illustrare e approfondire
• La comunicazione è stata ed è del tutto inadeguata, il “dirigismo” non educa e crea reazioni incontrollate e prive di razionalità
• I Cittadini ancora non hanno compreso cosa sia questa infezione e come si diffonda e come evitare di diffonderla e di ammalarsi
• Mancano i piani operativi corretti locali e regionali per la gestione di questa epidemia
• Non riusciamo a prevenire i contagi
• Non siamo arrivati a tracciare e a interrompere la catena di trasmissione del virus
• Non riusciamo a testare i sintomatici e rintracciare i loro contatti in modo completo
• Non riusciamo ad assistere in modo adeguato i malati non ricoverati in ospedale, separandoli dai sani, e garantendo un rientro in famiglia solo quando il paziente è completamente guarito e non infettivo
• Non riusciamo ad individuare ambienti in cui assistere i possibili contatti da mantenere in quarantena e ad avere sufficienti luoghi di ricovero extraospedaliero per non creare cluster familiari, che, come abbiamo visto, hanno determinato quasi il 60% dei nuovi casi
• L’attivazione di USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), mediche ed infermieristiche ambulatoriali e domiciliari, in sostituzione della medicina generale classica per pazienti affetti da patologie infettive trasmissibili, non è stata completa e ben distribuita su tutto il territorio regionale e nazionale.
• Non abbiamo la garanzia che il 100% dei pazienti sia assistito adeguatamente in ambienti protetti per evitare ulteriori infezioni senza la creazione di cluster familiari o locali
• Sono stati distinti gli ospedali e le strutture sanitarie indirizzate unicamente ad attività di ricovero per malati infettivi senza creare, in alcun modo, ospedali misti?
• Il personale sanitario è garantito nella propria attività quotidiana, evitando ambienti sociali in cui è possibile la diffusione infettiva?
• Le informazioni e l’educazione dei Cittadini è adeguata e possiamo essere certi che i messaggi di protezione individuale e di prevenzione della infezione siano stati compresi e applicati? Ancora oggi le persone non sanno portare la mascherina in modo adeguato
• Il materiale di protezione è disponibile e garantito e ha un costo accettabile?
• È stato distribuito a tutti i cittadini non in condizione di acquistarlo (vediamo molti Cittadini con le stesse mascherine che usano ormai da mesi)?
• Le regole che sono state indicate sono sufficienti e sono state esposte in modo adeguato a chi dovrebbe seguirle?
• Viene garantito il controllo delle regole?
• Qual è il modello di gestione della comunità in attesa che sia dispensato a tutta la popolazione il vaccino e siano disponibili terapie adeguate, considerato che è indispensabile, durante e dopo la vaccinazione, mantenere un comportamento rigoroso per evitare nuovi cluster infettivi?
• La popolazione a rischio, anziani, malati cronici, immunodepressi, soggetti fragili, etc. è sufficientemente protetta e garantita?
• È garantita particolare attenzione alle esigenze sociali e cliniche dei pazienti fragili, non Covid, a domicilio per permettere di svolgere una assistenza che non conduca alla necessità di ricoveri ospedalieri?
• Considerato che dobbiamo attenderci nuove recrudescenze del virus, come dobbiamo operare per garantire l’intera popolazione e quella più suscettibile a subire i danni più gravi determinati dal virus?
• È stato attivato un servizio di sorveglianza e follow up dei malati che sono stati affetti da Covid?
Il nuovo modello di gestione “a colori”, in vigore da novembre, ha ridotto e controllato effettivamente il numero di casi o ha indotto comportamenti opportunistici che hanno consentito alle Regioni di ridimensionare la casistica effettiva delle infezioni e ottenere un riconoscimento “sbiadito” della colorazione delle proprie Regioni?
Valutazioni internazionali indicano come in Italia i casi effettivamente individuati sono circa il 50% di quelli effettivamente presenti (IHME Italy covid-19 results briefing April 15, 2021).
Dalla mia analisi personale alcune Regioni hanno percentuali di ricoverati pari al 2% mentre altre superano il 15% dei malati, condizione del tutto irrealistica e non coerente con questa infezione. Alcune Regioni hanno un comportamento di estremo rigore mentre altre tendono ad “alleviare” quantitativamente le proprie situazioni epidemiche. La tensione alla riapertura dei bar supera la responsabilità ad evitare nuove infezioni e nuovi decessi e sono del tutto inaccettabili. Solo l’eliminazione del virus potrà consentire un ritorno alla normale vita per tutti noi
L’indice individuato (250 casi per 100 mila abitanti a settimana, corrispondono a circa 7 milioni di casi all’anno, con un denominatore che resta sempre di 60 milioni mentre tra popolazione vaccinata e che ha avuto il covid (in totale oltre il 20% della popolazione) dovrebbe portare ad un denominatore di 45- 48 milioni di Cittadini. Questo limite porta ad una proiezione di mortalità di oltre 140 mila persone, come limite per la sospensione delle attività. Non è certo coerente con una garanzia di sicurezza e rappresenta un elemento di elevata criticità per i Cittadini. In Germania il limite è di cento (100) casi per centomila abitanti, solo per fare un confronto
Le vaccinazioni sono diventate un elemento non sempre gestito adeguatamente. Il mancato coinvolgimento, costi quel che costi, dei medici di famiglia, coadiuvati da volontari per l’organizzazione, oltre a rendere disponibili oltre 50 mila operatori, la selezione dei vaccinandi e la risposta positiva della popolazione sarebbe stata ben più elevata, non creando molte delle criticità che sono in atto e non dimenticando soggetti “fragili” come neoplastici, diabetici etc. anche di giovane età. E invenzioni organizzative non sempre condivisibili.
Questi sono molti degli errori e delle criticità che sono in atto e che vanno modificati per poter ridurre da subito i casi di infezione e garantire un ritorno alla normalità che tutti ci attendiamo. E poi un consolidamento della riduzione dei casi sino all’eradicamento di questa infezione.
Ci sono anche altri problemi, che sarebbe bene approfondire e modificare per ovviare a quanto sta accadendo e alla confusione attuale, senza prospettive di risultato, che abbiamo in atto in questo periodo.
Se potrò trasmettere qualche altro documento saranno chiare anche le modalità operative per gestire diversamente quanto sta accadendo (e perché non si risolve) la situazione epidemica in atto.
Sono a Sua disposizione per ogni eventuale chiarimento e approfondimento. Sottolineo che i nostri organismi scientifici mancano di figure operative e che conoscano il sistema e la gestione territoriale, con le conseguenze che la lettura che viene messa in atto non sempre corrisponde alla realtà presente.
Con il massimo ossequio
Giuseppe Imbalzano

SOVRASTRUTTURALISMO ENDEMICO, di Andrea Zhok

SOVRASTRUTTURALISMO ENDEMICO
Per 14 mesi ci hanno raccontato l’epopea di “Aperturisti” contro “Rigoristi”, come se fosse un grande dilemma morale.
Il grido di battaglia dei primi era l’invocazione dell’inviolabilità della Libertà. Quello dei secondi la sacertà di ogni singola Vita Umana.
Per 14 mesi abbiamo seguito quest’appassionante vicenda in uno snervante alternarsi di colpi di scena, con il succedersi, in una dialettica senza sintesi, di isterie di senso opposto.
C’era la settimana in cui la parola d’ordine sui giornali era “Il paese deve ripartire!”, e quella in cui era “Il contagio è fuori controllo!”
Il paese, inizialmente unito, saldo e disposto anche al sacrificio, è stato sbrindellato con la creazione di un’apparente opposizione di principio, su cui si sono infrante amicizie, disfatti progetti politici, e in cui si è pervenuti all’ennesima frammentazione in una guerra di tutti contro tutti: la situazione più facile da guidare docilmente in qualsivoglia direzione.
E pensare che ciò sia stato fatto avendo in mente una direzione, che si è stati strumentalizzati per uno scopo, sarebbe quasi consolante.
Invece qui l’unico fine è come al rodeo: stare in sella il più a lungo possibile, e tutto il resto è noia.
Ebbene, oggi, dopo 14 mesi di gloriose battaglie ideali, i malati di Covid continuano ad aspettare a casa test che arrivano con dieci giorni di ritardo, se arrivano, avendo come baluardo contro la malattia un po’ di tachipirina fai-da-te e, i più fortunati, il saturimetro comprato in farmacia, sperando nella buona sorte che non degeneri in polmonite interstiziale, perché da lì all’obitorio il passo può essere abbastanza lesto.
Per altre malattie, in ospedale è comunque meglio non andarci, se non sei moribondo, perché i contagi ospedalieri sono stati spettacolari e ripetuti (come lo erano già prima del Covid: nel 2019 si sono contati 49.000 morti per infezioni ospedaliere).
Quanto alla “battaglia del Covid”, con i relativi dati sulla mortalità italiana in rapporto al numero dei contagi, il quadro è eloquente.
Italia: 3.842.079 casi, 116.366 morti (mortalità 3%)
UK: 4.383.572 casi, 127.225 morti (mortalità 2,89%)
Germania: 3,116,950 casi, 80,387 morti (mortalità 2,5%)
Spagna: 3.407.283 casi, 76.981 morti (mortalità 2,26%)
Francia: 5.224.321 casi, 100.404 morti (mortalità 1,9%)
Svizzera: 632.399 casi, 10.503 morti (1,58%)
Insomma, persino il devastato sistema sanitario inglese, mai più rimessosi dopo la cura Thatcher, presenta dati migliori.
E gli stessi che hanno tagliato il sistema ospedaliero per anni ce li siamo trovati in televisione su ogni canale a spiegarci come non fosse affatto vero, che non c’erano stati tagli (semmai “razionalizzazioni”), e che comunque non era quello il problema. (O, in alternativa, che sì, forse un problemino c’era, ma che in fondo era colpa nostra, perché non volevamo usare il MES.)
Ecco, ora, il punto è semplice, ed è una costante in questo paese.
A noi piace tanto presentare i problemi come se fossero sempre grandi ed eroiche questioni morali, profonde visioni del mondo, incommensurabili e non negoziabili.
Su questi giochi di contrapposizione ci campa, è comprensibile, una fetta di professionisti dell’informazione, che amano la narrazione per grandi opposizioni in quando vivacizza la narrativa e nutre di polemiche i Talk Show, che sennò l’audience langue.
Ma soprattutto su questi giochi ci campa una classe politica che inscena grandi battaglie di principio, il cui solo scopo è conservarsi in sella cavalcandole, aizzando la plebe a “prendere posizione”.
Insomma soggetti la cui negoziabilità sul mercato politico è leggenda si fanno vessilliferi di battaglie ideali la cui sola funzione è essere stabilizzatori del potere (inclusa la propria fettina).
Di contro, in questo paese sembra che lo sguardo al funzionamento concreto, all’organizzazione materiale delle cose faccia schifo a tutti. Insomma è volgare prosa, mentre noi siamo nati poeti e moralisti della politica.
Questa disposizione onnicomprensiva la potremmo chiamare “sovrastrutturalismo”: dei processi reali nella società noi non ci occupiamo; non vogliamo che nessuno ci parli degli anelli intermedi, dell’olio negli ingranaggi, dell’organizzazione, delle soluzioni pragmatiche, delle specifiche di sistema, dei ‘decreti attuativi’, ecc.
E quando il teatro dei “grandi principi” inizia a stancare, quando qualcuno inizia a capire di essere preso per il naso da questo teatrino dei massimi sistemi senza costrutto, et voilà, ecco pronta la soluzione di riserva nella forma di un’ideologia supplementare, sotto mentite spoglie: l’Efficientismo (“Fare, fare, fare!”), con le correlate invocazioni ai Tecnici, la promozione trombona delle “Eccellenze”, ecc.
Dopo qualche mese o anno di questa ideologia di riserva, una volta che il gioco si scopre gradatamente, ecco che la giostra può proseguire come prima.
Ecco, in 14 mesi dall’inizio della pandemia si potevano fare mille interventi di dettaglio, a livello ospedaliero, di cure territoriali, di uniformazione di criteri e comunicazione a livello nazionale, di accesso a terapie disponibili (care, ma disponibili), e poi come organizzazione dei trasporti, come selezione accurata dei rischi settore per settore, ecc.
Invece no.
Abbiamo vissuto 14 mesi di tiramolla psicologico, con presunte alte motivazioni etiche sullo sfondo, ma senza cambiare niente nei funzionamenti del sistema. (E accetto scommesse che non è finita: l’annuncio della Grande Riapertura mentre navighiamo sui 400 morti al giorno e con terapie intensive ancora sopra il livello di guardia ci garantisce almeno un’altra ripartenza della giostra delle chiusure.)
Questo “sovrastrutturalismo” endemico è la somma tra un generale processo di dequalificazione dei ceti politici, che ha investito tutto l’Occidente, e alcune specifiche caratteristiche italiche, tra cui un certo amore per la teatralità e la passione agonistica, dove alla fine noi vogliamo sapere se vince il Papa o l’Imperatore, e che non ci si annoi con dettagli superflui.
Nessuno ne è esente, neppure i “Tecnici”. Cos’altro è, infatti, l’uscita di Draghi sul “dittatore Erdogan” se non l’improvvisata di qualcuno che vuole anche lui il suo quarto d’ora da “cavaliere dell’ideale”.
E poi, quando arriva il conto, che se ne occupi la servitù.
In questo quadro, discutere se il ministro Speranza deve o non deve andarsene è solo l’ennesima occasione per chiacchierarsi addosso a colpi di ‘simboli’ e fantasmi di ‘idee’, come se il problema fosse cambiare il nome del fantino senza accorgersi che chiunque vada in sella frusta da tempo un cavallo morto (sapendo di farlo).
Ecco, vorrei tanto chiudere con un brillante consiglio su come se ne esce, solo che non ne ho davvero idea.
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