5 – Egemonia legale nel cyberspazio Di  Laurent BLOCH

Internet, vettore di potenza degli Stati Uniti?

5 – Egemonia legale nel cyberspazio

Di  Laurent BLOCH , 23 novembre 2018  Stampa l'articolo  lettura ottimizzata  Scarica l'articolo in formato PDF

Precedentemente capo dell’informatica scientifica presso l’Institut Pasteur, direttore del sistema informativo dell’Università Paris-Dauphine. È autore di numerosi libri sui sistemi di informazione e sulla loro sicurezza. Si dedica alla ricerca nella cyberstrategia. Autore di “Internet, vettore del potere degli Stati Uniti”, ed. Diploweb 2017.

L’industria informatica e Internet sono creazioni americane e gli europei sono stati per lo più seguaci, nonostante alcune brillanti eccezioni. Non sorprende quindi che rappresentanti di istituzioni e società statunitensi occupino posizioni chiave nella standardizzazione e organi direttivi nei settori tecnici e organizzativi di questi settori.

Diploweb.com , pubblica questo libro di Laurent Bloch, Internet, vettore del potere degli Stati Uniti? fornire a tutti gli elementi necessari per una valutazione equa della situazione. Questo libro è già disponibile su Amazon in formato digitale Kindle e in formato cartaceo . Sarà pubblicato qui come seriale, capitolo per capitolo, al ritmo di circa uno per trimestre.

Avvocato alla Corte d’appello di Parigi, specialista in diritto dei computer e delle reti, membro di diversi gruppi di esperti internazionali incaricati di questi argomenti, Olivier Iteanu ha pubblicato un breve ma denso libro “Quando il digitale sfida lo stato di diritto “. Mostra in modo incisivo come lo sviluppo di scambi di produzioni culturali in forma digitale, scambi in cui gli Stati Uniti occupano un posto preponderante, portano insidiosamente all’erosione delle norme legali europee, e più precisamente francesi, a favore della legge americana. .

Si noti che l’autore si espone al rimprovero dell’uso del termine digitale per qualificare tutte le produzioni (letterarie, artistiche, testuali, comunicative, epistolari …) elaborate da un processo informatico. I difensori della lingua francese obietteranno che avrebbe dovuto scrivere “numerique”, mentre l’inglese digitale si riferisce alle cifre e non ai numeri. Sarebbe bello creare in francese un aggettivo adeguato, numerico o numerico per esempio, ma dopo tutto il digitale è molto poco utilizzato, solo o quasi per le impronte digitali, quindi perché non dargli un nuovo significato, soprattutto più di quanto sia già entrato negli usi?

5 - Egemonia legale nel cyberspazio
Laurent Bloch, autore di “Internet, vettore del potere degli Stati Uniti?”, Ed. Diploweb via Amazon
Laurent Bloch spiega con pedagogia e precisione la geopolitica di Internet.

Il mondo sta cambiando e devi adattarti

La rivoluzione del cyberindustriale sta scuotendo la società riorganizzando l’economia a partire dall’informatica e dalle sue applicazioni, in particolare da Internet, diventa il sistema nervoso del mondo. Questo sconvolgimento influenza tanto le norme legali quanto l’economia in senso stretto. Tra queste trasformazioni, Olivier Iteanu considera più da vicino quelle risultanti dalla digitalizzazione, quindi (o digitalizzazione per gli anti-neologi), la registrazione di opere e comunicazioni tra umani: la musica è passata dal microsolco e dalla cassetta ai CD e poi ai podcast, la telefonia al giorno d’oggi passa su Internet, inoltre le conversazioni telefoniche non sono più che al settimo posto nell’elenco degli usi del telefono cellulare. La televisione, il cui dominio sulla massa sembrava irremovibile, sta regredendo rispetto alla contemplazione interattiva degli schermi dei computer, anche di quelli di un telefono. La rete fissa ha sempre meno seguaci tra i giovani.

Imperi industriali di Big Data

La diffusa digitalizzazione di creazioni e scambi genera un volume considerevole di dati che possono essere riprodotti e trasmessi a una velocità vicina a quella della luce e per un costo marginale vicino allo zero. Gli imperi industriali vengono costruiti sulla base di queste tecniche. Il potere di questi imperi, essenzialmente americani, conferisce loro un dominio culturale che si estende alle norme legali, che è l’oggetto di studio del nostro autore (gli altri aspetti di questo dominio culturale sono oggetto del prossimo capitolo).

L’insufficienza della presenza europea nel cyberspazio lascia il campo aperto a questi imperi, guidati dal GAFA, che vorrebbe suggerire di essere al di sopra degli stati, ma che in realtà sono i vettori della cultura, politica, economia e di diritto degli Stati Uniti. Olivier Iteanu descrive le tre principali tendenze della loro ideologia caratteristica: i libertari californiani, eredi dei creatori di Internet, per i quali lo stato, la legge e la proprietà privata devono essere ridotti al minimo (almeno sino al punto che il loro comfort sia preservato, pp. 24-26); le Società della Silicon Valley (pagg. 26-28), che si accontentano dello stato americano quando le sue leggi proteggono la loro proprietà privata e cantano i meriti del mercato fintanto che mantengono una posizione dominante in esso; lo Stato americano (pagg. 28-29), che usa l’ideologia libertaria come costume per rendere accettabile la sua politica egemonica per i giovani attori aggrappati al cyberspazio, come i gechi.

L’introduzione del libro fornisce la tabella di marcia di una ragazza moderna (pagg. 13-15): dal risveglio con l’agenda di Google fino al tramonto con il suo compagno di stanza reclutato da AirBnB, la sua vita è organizzato da Uber, Dropbox, WhatsApp, Instagram, Facebook, LinkedIn, Twitter, ecc. Nessuna di queste società ha sede in Francia e le loro Condizioni d’uso (UGC) stabiliscono che in caso di conflitto i tribunali da interpellare si trovano in vari paesi stranieri, con una concentrazione in California, ma nel frattempo raccolgono i dati dei loro utenti, che consentono di sapere tutto sulla loro vita professionale e privata, e queste preziose informazioni vengono commercializzate. Dovrebbe essere noto che la legislazione degli Stati Uniti non prevede alcuna protezione dei dati personali.


Un libro pubblicato da Diploweb.com, formato Kindle e tascabile


La legge statunitense contamina e estromette i diritti europei

Olivier Iteanu studia in modo più specifico il modo in cui, attraverso questi fenomeni, la legge americana contamina e talvolta rimuove la legge dei paesi europei; concentra la sua presentazione su quattro aree in cui queste tradizioni legali differiscono profondamente: la libertà di espressione, rispetto alla libertà di parola americana (pagina 31); la protezione della privacy (pagina 67); copyright (pagina 105); legge contro governance (p.141). In tutte queste aree, la tradizione anglosassone di common law, in cui vi è poca legislazione e in cui si fa molto affidamento su principi generali e giurisprudenza, si oppone alla tradizione continentale scritta del diritto positivo, con la sua legislazione più esplicita (pagg. 171-173).

Libertà di espressione

Per quanto riguarda la libertà di espressione, il pilastro della legge americana è il Primo Emendamento (1792) della Costituzione (1787), garantisce una libertà di espressione in linea di principio totale (potremmo vedere i limiti durante l’epoca di McCarthy). In Francia la libertà di espressione è garantita dalla costituzione e inquadrata da varie leggi, tra cui la legge sulla libertà di stampa del 1881 e vari testi che reprimono la diffamazione, l’insulto pubblico, l’incitamento all’odio razziale, eccetera È lecito a tutti preferire l’uno o l’altro approccio alla questione, ma poiché in un paese democratico, ad esempio la Francia, i rappresentanti del popolo sovrano hanno approvato una legge che ne sceglie una, questa legge si deve applicare e i trasgressori sono puniti in base ad essa. Questo è ciò che Olivier Iteanu ci ricorda, Questo non è il caso delle associazioni che presentano denunce contro gli operatori dei social network che consentono loro di pubblicare, ad esempio, testi razzisti che rientrano nelle leggi della Francia. Notiamo per inciso che gli stessi operatori censurano le foto della sirenetta del porto di Copenaghen per pornografia, cosa che può essere scioccante solo per un pubblico europeo.

Tutela della privacy

L’Europa è forse l’unica regione al mondo in cui i popoli e le autorità civili si preoccupano di proteggere la privacy dei cittadini  [ 1 ] . Negli Stati Uniti il ​​supermercato locale non esiterà per un secondo a vendere a un’agenzia pubblicitaria il testo completo dell’ultima ricevuta di un cliente con il suo numero di telefono. In Europa è vietato. Negli Stati Uniti ciò che è vero è la privacy, vale a dire il diritto a non essere soggetti a ricerche arbitrarie o visite a domicilio. Si noti che anche qui la posizione americana non è esente da qualche ipocrisia; è sufficiente evocare il nome di Edward Snowden e le sue sorprendenti rivelazioni per chiarirlo.

La legge americana protegge i cittadini statunitensi dalla polizia che ascolta le loro comunicazioni (nessuna protezione contro gli stranieri, ovviamente). Per aggirare questo ostacolo, la National Security Agency (NSA) collabora con servizi amichevoli, come il British Government Communications Headquarters(GCHQ), per effettuare le sue intercettazioni al di fuori del territorio degli Stati Uniti, anche in alto mare, dotando il sottomarino nucleare di attacco  Jimmy Carter delle attrezzature necessarie per la rilevazione e la sorveglianza delle fibre ottiche transoceaniche.

La Commissione europea e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti hanno ratificato il 26 luglio 2000 un accordo, Safe Harbor , che avrebbe dovuto proteggere i dati dei cittadini europei affidati agli operatori americani. Olivier Iteanu spiega perché questa protezione era illusoria, come è stata in ogni caso smantellata dal Patriot Act del 26 ottobre 2001, in che modo Safe Harbor è stato revocato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea su denuncia di un cittadino austriaco e perché il suo Privacy Shield sostitutivo non sarà migliore fintanto che il Patriot Act sarà in vigore.

diritto d’autore

Non stiamo scherzando con il copyright perché l’industria dell’intrattenimento e del cinema sono importanti articoli di esportazione per il commercio estero degli Stati Uniti. Ma chiaramente, in questo campo, le leggi e le convenzioni internazionali (Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886, emendata nel 1979) non sono adattate all’era digitale (digitale se preferite). Il capitolo del libro dedicato a questo argomento (pagg. 105-140) è molto esplicativo, la sua lettura è consigliata a chi vuole sapere di cosa si tratta.

Per quanto riguarda il diritto d’autore, possiamo anche leggere con profitto il contributo decisivo di Emmanuel Cauvin, Verso l’uberizzazione del diritto d’autore .

Legge e governance

L’industria informatica e Internet sono creazioni americane e gli europei sono stati per lo più seguaci, nonostante alcune brillanti eccezioni  [ 2 ] . Non sorprende quindi che rappresentanti di istituzioni e società statunitensi occupino posizioni chiave nella standardizzazione e negli organi direttivi nei settori tecnici e organizzativi di questi settori. Olivier Iteanu spiega abbastanza bene la posta in gioco politica cruciale di queste posizioni e perché è illusorio pensare che gli americani cederanno volontariamente il loro dominio, contrariamente a quanto suggeriscono le chiacchiere attuali su ICANN.

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CASO EPSTEIN! Debolezze e vulnerabilità dei potenti_di Gianfranco Campa

Alle 6.30, ora di New York, del 10 agosto 2019, Jeffrey Epstein, 66 anni, si è suicidato nella sua cella dove era detenuto in attesa di processo. L’ufficio responsabile delle carceri federali ha annunciato che Jeffrey Epstein si è impiccato in una cella del Metropolitan Correctional Center di Manhattan. Già il Il 24 luglio,  Epstein era stato trovato ferito e semi-cosciente nella sua cella di prigione con segni di strangolamento sul collo. Da lì fu presa la decisione di metterlo sotto speciale sorveglianza. Non è ancora chiaro se quell’incidente fosse un tentativo di suicidio o una aggressione di un altro detenuto.

La morte di Jeffrey Epstein in regime di detenzione è equiparabile alla versione italiana di morti “opportune”, di uomini potenti e scomodi che muoiono in prigione bevendo un caffè al cianuro. Data la riconosciuta brutalità, gli americani a differenza degli italiani preferiscono spezzare il collo piuttosto che servire un espresso mattutino avvelenato. Comunque sia, Epstein non c’è più; le conseguenze della morte del pedofilo newyorkese sono tutte ancora de decifrare. Si spenderanno fiumi di parole, di ipotesi, di opinioni; tutti diventeranno esperti del caso Epstein. La sua morte verrà strumentalizzata a scopi politici, a seconda della appartenenze ideologiche. Per i Repubblicani il caso Epstein mostra la evidente immoralità e corruzione dei politici democratici, visti i nomi del calibro di Clinton, Richardson e Mitchell (tutti politici democratici di peso) coinvolti nello scandalo. Per i democratici il caso Epstein rappresenta l’ennesima prova del carattere indecente di Donald Trump, visto che il presidente è stato più volte accusato di molestie sessuali. E non è detto che, approfittando della contingenza, per colpire il bersaglio grosso costoro non esitano a sacrificare qualche nobile decaduto di casa propria. Trump ed Epstein sono stati amici fino al 2004 il momento in cui l’amicizia fra i due si interruppe bruscamente. Epstein fu messo letteralmente alla porta.

Epstein era stato arrestato lo scorso 7 luglio  all’aeroporto del New Jersey su mandato di cattura del distretto meridionale federale di New York in quanto indagato per cospirazione, traffico di ragazze minorenni e violenza carnale. Per queste accuse Epstein rischiava fino a 45 anni di carcere. I casi cui si riferiscono le accuse dei procuratori di New York riguardano attività illecite nelle residenze di Epstein di New York e Florida. Il  procuratore a capo dell’inchiesta a carico di Jeffrey Epstein è Maurene Comey, figlia di James Comey, ex capo del FBI. Un particolare questo passato stranamente inosservato ai più,  ma che aggiunge alla già tenebrosa, complicata,  storia di Jeffrey Epstein, una dimensione politica particolare, visto il ruolo determinante che il padre, James Comey, ha avuto nel sollevare Hillary Clinton dallo scandalo delle 33000 email secretate prima e nella costruzione del Russiagate dopo. Non è quindi inverosimile sospettare che l’inchiesta su Epstein, avviata dal covo di vipere anti-trumpiane del distretto meridionale federale di New York, tenda a risucchiare Trump nel giro di Epstein e allo stesso momento lasciare nell’ombra o perlomeno a sminuire i collegamenti di Bill Clinton con i loschi affari di Epstein. Se questa ipotesi fosse vera, per i procuratori di New York sarà una impresa improba il tentativo di salvataggio della reputazione di Bill Clinton nonostante le sue ventisei visite accertate nelle case del matematico.

Il caso Epstein, il tipico esempio di quando si chiudono le porte della stalla dopo che i buoi sono già scappati. 

La morte di Epstein avviene il giorno dopo in cui la corte d’appello federale di Manhattan aveva dato l’assenso nel rendere pubblico il dossier di 2.000 pagine di documenti che descrivono con dovizia di particolari le accuse di abusi sessuali ai danni di ragazze minorenni. La morte di Epstein dopo la pubblicazione di questi documenti non è probabilmente una coincidenza così fortuita. I documenti resi pubblici sono il frutto delle testimonianze di alcune delle vittime del pedofilo Epstein; tra di esse Virginia Giuffrè. Il  plico dei documenti giudiziari è una fonte immane di informazioni dettagliate che descrivono i crimini di Epstein; svelano molti dei nomi coinvolti nella trama. Tra di essi Donald Trump, Bill Clinton, l’avvocato di fama mondiale Alan Dershowitz, e il Principe Andrew, duca di York .

Ai documenti pubblicati dalla Corte Federale si aggiungono testimonianze e prove che negli anni, altri personaggi conosciuti e potenti, sono stati associati al circuito di Epstein: Bill Gates, Richard Branson, Tony Blair, Michael Bloomberg, Naomi Campbell, Dustin Hoffman, Larry Summers, attori come Kevin Spacey, Woody Allen, Alec Baldwin, George Mitchell, l’ex senatore democratico, Bill Richardson, ex governatore democratico del Nuovo Messico, Les Wexner, amministratore e fondatore della catena Victoria Secrets, ect ect ect. ect .

Bisogna chiarire che le connessioni di Epstein negli ambienti delle élite internazionali ha portato giocoforza negli anni ad associare Epstein a molte figure e celebrità potenti. Nei circoli elitisti è facile incontrare le stesse persone; in questo senso non tutti coloro che sono stati fotografati a fianco di Epstein erano partecipi oppure consapevoli dei comportamenti immorali e criminosi del finanziere.

Ci sono tre categorie di individui che hanno frequentato il pedofilo Epstein:

1 Quelli che hanno incrociato la strada di Epstein senza coltivare necessariamente una amicizia stretta, ma solo una conoscenza generica.

2 Quelli che erano amici di Epstein e non erano necessariamente al corrente delle sue malefatte

3 Quelli che, prove alla mano, ero amici partecipi,  beneficiari e complici dei suoi loschi comportamenti.

ll nome di Epstein è assurto alle cronache solo negli ultimi tempi; in realtà Epstein, in determinati ambienti della politica, della finanza, della giustizia e dei complottisti era già una vecchia conoscenza da almeno quindici anni, per una serie di motivi ovviamente non del tutto edificanti.

La vita di Jeffrey Epstein è incredibilmente complicata da narrare e decifrare. Principalmente per due motivi: Jeffrey Epstein, nonostante la trovata tardiva notorietà tra i mass media e la gente comune, per quasi tutta la sua vita è riuscito a condurre una esistenza riservata e accessibile solo a un gruppo ristretto di persone potenti e selezionate; come prima accennato la vita di Epstein è stata un complicato intreccio di un network che si snoda fra rapporti nazionali, internazionali, sociali e di affari con potenti figure di rilevanza mondiale.

Veniamo ai fatti, quelli  inconfutabili e documentabili. I complotti, le teorie della cospirazione le lasciamo per il momento ai margini di questa storia anche se giocano un ruolo importante intorno alla figura del protagonista e meritano per lo meno una menzione.

Partiamo dal principio!

Epstein ha cominciato la sua carriera come insegnante  in una scuola di Manhattan. Iniziò a insegnare nel settembre del 1974 alla Dalton school. E qui dobbiamo contraddire una teoria di cospirazione che in questi giorni serpeggia nei social media secondo la quale il padre dell’attuale procuratore generale Bill Barr, cioè Donald Barr, fosse, nel settembre del 1974, uno degli amministratori della Dalton e avrebbe assunto personalmente Jeffrey Epstein alla scuola come insegnante. La verità è che Donald Barr aveva lasciato la scuola Dalton nel Marzo del 1974, sei mesi prima che Epstein iniziasse ivi a lavorare. Quindi le strade del procuratore generale Bill Barr, Donald Barr ed Epstein non si sono incrociate. E’ pura forzatura che questi due cognomi siano stati associati alla stessa scuola.

Nel 1978 Epstein fu assunto da Alan Greenberg come consulente finanziario per la banca Bear Sterns, grosso istituto di investimento globale che fallì con la crisi del 2008. Apparentemente Greenberg fu colpito dalle abilità matematiche di Epstein, nel frangente professore dei suoi figli, studenti della Dalton.

Nel 1981, in circostanze non del tutto chiarite, Epstein fu licenziato da  Bear Stearns. In quello stesso anno Epstein avvio un’attività in proprio fondando un istituto di consulenza finanziaria chiamata Intercontinental Assets Group. Nel 1988 Epstein fondò un’altra società di gestione finanziaria cui diede il proprio nome: La Epstein Inc. Questa seconda finanziaria era specializzata nel gestire il portafoglio di clienti con almeno un miliardo di dollari a disposizione. E durante questo periodo, a contatto con molti miliardari a livello nazionale e internazionale, che Epstein conosce potenti entità, figure del mondo politico, mediatico, finanziario e anche scientifico. Infatti, Epstein organizzava frequentemente conferenze in ambito scientifico con lo scopo di raccogliere fondi per finanziare vari progetti. Non è sorprendente;  Epstein, come ho detto in precedenza,  ha iniziato la sua carriera come professore di matematica. Tra gli scienziati amici di Epstein figurano Stephen Hawking,  Martin Nowak e Lawrence Krauss. Quest’ultimo è uno scienziato di spicco, un fisico teorico di fama internazionale con alle spalle molti anni di ricerca. Autore di numerosi libri di successo e prolifico docente noto per il suo stile vivace e accattivante. Le sue lezioni di cosmologia raccolgono regolarmente migliaia se non milioni di visualizzazioni su YouTube. Senza sminuire le capacità intellettuali di un grande scienziato, Krauss è purtroppo stato  accusato da molte donne di molestie sessuali; comportamenti di cui Krauss si sarebbe reso responsabile nel corso di oltre un decennio.

Alla metà degli anni 2000, nel 2005 per l’esattezza, la stampa americana riportò la notizia che la polizia di Palm Beach, in Florida, fu contattata dalla madre di una ragazzina di 14 anni, in quanto la figlia, per 400 dollari di ricompensa, era stata costretta a spogliarsi di fronte a Epstein nella sua casa di Palm Beach e fargli un massaggio. Quella denuncia portò la Polizia di Palm Beach ad aprire una inchiesta di undici mesi in cui emerse che oltre 40 ragazzine minorenni furono abusate da Epstein nella sua residenza a Palm Beach. In quella stessa residenza la polizia fece irruzione con un mandato di perquisizione e vi raccolse quantità industriali di indizi sui comportamenti e i loschi affari di Epstein.

Nel rapporto della polizia di Palm Beach è documentato in dettaglio come veniva gestito il giro di pedofilia gestito da Epstein. La sua fidanzata, Ghislaine Maxwell, aiutava a reclutare le adolescenti per suo conto.

Chi era questa signora Maxwell, fidanzata di Epstein?

Brevemente apro una parentesi: Ghislaine Maxwell è la figlia del defunto ex magnate inglese Robert Maxwell; personaggio controverso, morto affogato nella isole Canarie, in circostanze sospette nel 1991. Ghislaine Maxwell faceva da intermediaria nel reclutare le giovani vittime per soddisfare le abitudini pedofile di Epstein. Secondo il rapporto della polizia, la testimonianza di una delle vittime di Epstein, una certa Haley Roberts, riferiva che Maxwell ed Epstein reclutavano le ragazze dai quartieri più poveri degli Stati Uniti. Ma anche dall’Est Europeo, dalla Francia e nel Sud America.

Uno altro intermediario per il reclutamento di bambine era, secondo alcune testimonianze delle vittime, il francese Jean-Luc Brunel. Il francese Brunel è il co-fondatore di MC2, un’agenzia di modelle con sede a Tel Aviv e Miami.

L’inchiesta della polizia di Palm Beach, cominciata nel Marzo del 2005 e conclusasi nel Febbraio del 2006, raccomandava al procuratore federale di convalidare quattro capi di accusa contro Jeffrey Epstein. Le quattro imputazioni configurano la violenza carnale ai danni di ragazze minorenni. Imputazione che, se convalidate dal procuratore, avrebbe dovuto portare ad un processo a seguito del quale Epstein rischiava il carcere a vita. Gli uffici del  procuratore locale e federale decisero però di temperare le accuse contro Epstein, riducendo i  capi di accusa ad uno solo, cambiandolo da violenza carnale a sollecitazione alla prostituzione. Un capo di accusa appunto mitigato rispetto a quelli di violenza carnale.

All’epoca il trattamento benevolente mostrato dai giudici e procuratori federali nei riguardi di Epstein, fece imbestialire la polizia di Palm Beach. Il capo della polizia Michael Raider, accusò il procuratore della contea di Palm Beach di essersi sottomesso alla volontà di gente ricca e potente, prima per aver minimizzato la moltitudine di prove presenti nel rapporto della polizia e poi per aver trasmesso la responsabilità investigativa all’FBI, trasferendo il procedimento penale dalla corte locale a quella federale.

Il patteggiamento tra le autorità giudiziarie federali e gli avvocati di Epstein consistette nel pagamento per danni materiali, psichici e fisici alle vittime di Epstein di un indennizzo di svariati milioni di dollari sommati a diciotto mesi di carcere dei quali  tredici effettivamente scontati e per di più in stato di semilibertà.

Come conseguenza del patteggiamento le migliaia di pagine di documenti relativi all’inchiesta della polizia di Palm Beach furono messi sotto sigillo istruttorio prevenendone la diffusione.

Al processo penale con condanna definitiva ridotta a tredici mesi, sequì per Epstein una causa civile intentata dagli avvocati delle vittime. Nel 2008 gli avvocati rappresentati di alcune delle vittime di Epstein, fecero causa civile sia contro Epstein sia contro il governo americano reivindicando, in linea con la legge federale, il diritto a togliere il sigillo alle 1500 pagine di documenti e riaprire quindi il processo criminale; richiesta motivata dalla scoperta di nuovi elementi incriminatori contro Epstein. La richiesta delle vittime di Epstein di pubblicare il dossier fu respinta dal giudice. Una decisione che ha rinforzato negli anni la convinzione che Epstein avesse delle connessioni e conoscenze in settori potenti della politica e giustizia americana.

Qui apriamo la parentesi su i servizi di intelligence.  Il procuratore che nel 2006 si rifiutò di procedere contro Epstein sui quattro capi di imputazione generati dell’inchiesta della polizia di Palm Beach era Alexander Acosta.

Chi e`Acosta?

È stato, fino alle sue dimissioni, avvenute il 19 di luglio scorso , segretario al lavoro dell’amministrazione Trump. Le dimissioni di Acosta risultano alquanto sospette, visto che Epstein era stato arrestato qualche giorno prima della decisione di Acosta. Una semplice coincidenza,oppure Acosta sapeva che l’arresto di Epstein avrebbe indotto un enorme interesse sul suo operato?

Le feroci critiche della polizia di Palm Beach, delle vittime di Epstein e in generale dei cittadini comuni costrinsero Acosta all’epoca, nel 2006 appunto, a difendersi con energia dalle accuse di corruzione e favoritismi arrivate da tutti i fronti. Acosta disse che non c’erano abbastanza prove per garantire una condanna di Epstein al processo. Disse anche che all’epoca fu soggetto a una pressione enorme da parte di avvocati rappresentanti di vari personaggi di rilievo, ma la cosa più importante che ammise fu la pesante pressione giunta anche dall’FBI; gli fece capire in sostanza che Epstein era un loro collaboratore. Una dichiarazione scioccante di Acosta. All’epoca non fece scalpore ma ora, con Epstein sepolto con i suoi segreti, assume un enorme e torbido significato.

Molte domande sorgono spontanee su questo presunto rapporto Servizi-Epstein.

Che tipo di compito assolveva Epstein nell’FBI? Cosa poteva offrire Epstein in termini di operazioni di controspionaggio dell’FBI? Il ruolo di Epstein potrebbe essere stato solo e semplicemente quello di una spia per conto dell’FBI su operazioni anti-prostituzione, anti-pedofilia. Quest’ultima ipotesi sembra la meno probabile.

Le affermazioni di Acosta invece si prestano purtroppo ad un’altra interpretazione. La sensazione è che Epstein contribuiva ed era la pedina principale di un rapporto  di spionaggio tra diverse agenzie di intelligence.

A sostegno di questa ipotesi abbiamo la testimonianza di alcuni inquilini del palazzo dove viveva Epstein a New York. L’ex primo ministro israeliano ed ex capo dell’intelligence militare israeliana, Ehud Barak, era stato visto spesso entrare ed uscire dal lussuoso condominio di Jeffrey Epstein a New York. I condomini del 301, collocato sulla 66th St. est, sapevano quando Ehud Barak era presente a casa di Epstein, poiché erano visibili macchine appariscenti parcheggiate fuori la strada, di fronte al condominio e guardie della sicurezza piazzate nell’androne.

Le voci più ricorrenti sono  quelle che descrivono Epstein come doppio agente di FBI e Mossad. Se così fosse tutte quelle personalità potenti e importanti che per anni hanno frequentato Epstein potrebbero improvvisamente ritrovarsi da predatori di giovani donne a prede dei servizi di intelligence; quindi ricattabili. E più che plausibile che Epstein abbia registrato, con telecamere nascoste, gli incontri spinti e osè di questi personaggi. Si sa poi che spesso l’uomo quando si ritrova in un situazione, chiamiamola di intimità, parla dicendo più di quello che dovrebbe e vorrebbe.

Che materiale possedeva Epstein sui visitatori facoltosi che hanno  frequentato la piccola Saint James, isola dell’arcipelago delle Vergini, nella sua abitazione a Palm Beach e in quella di New York? Quanto materiale aveva accumulato negli anni Epstein? Documenti che potevano contenere rivelazioni talmente scabrose da poter ricattare un numero considerevole di uomini ricchi e potenti? In questo senso sarei più che curioso di sapere che cosa gli agenti dell’FBI hanno sequestrato nel corso dell’irruzione nell’isola di Epstein, piuttosto di sapere come sia morto Epstein. Suicidio o non suicidio a questo punto non fa più differenza. Ci sono domande ben più importanti cui rispondere riguardo ai trascorsi di Jeffrey Epstein

I video e le foto della moltitudine di agenti federali confluiti sull’ isola di Jeffrey Epstein, mi lasciano più irrequieto della morte stessa di Epstein. Gli agenti hanno sequestrato tonnellate di indizi utili a fare chiarezza sulle attività di Epstein. L’unico problema è che stiamo parlando di funzionari appartenenti ad  un’agenzia che prima ha protetto Epstein e poi l’ha usato per i propri scopi. Sarebbe poi la stessa agenzia che ha indagato su Hillary Clinton e l’ha alleggerita dai sospetti. La stessa agenzia che ha chiuso la sua inchiesta sulla strage di Las Vegas senza trovare un apparente movente. La stessa agenzia che ha utilizzato la corte FISA per ottenere dai giudici il permesso di sorvegliare  gli associati di Trump usando come prova il fasullo dossier di Christopher Steele. Come disse un tale Andreotti: “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.

Così la domanda da porsi è la seguente: Gli agenti sono andati lì per raccogliere indizi utili a far luce una volta per tutte sugli intrecci, sui rapporti intricati e tentacolari di un personaggio enigmatico come Epstein, oppure per distruggere e coprire le tracce di qualcuno e qualcosa o di troppe cose? Questa foga investigativa sarebbe tornata utile molti anni fa per prevenire la vittimizzazione di centinaia di povere ragazze minorenni da parte di Epstein.

A proposito di ragazze; Quante sono le ragazze minorenni che Epstein ha coinvolto nel suo giro? Juan Alessi, ex manager delle proprietà di Epstein, disse che in un arco di 10 anni, c’erano state più di 100 ragazze  che entravano e uscivano dalle proprietà di Epstein. Cento sarebbe quindi il numero di partenza; una stima per difetto, Probabilmente si tratta di centinaia di ragazze che negli anni sono state coinvolte nel giro di sfruttamento , sequestro e violenza perpetrata ai loro danni da Epstein e dai suoi associati.

Dopo la morte di Epstein Ghislaine Maxwell diventa la figura principale di questa inchiesta. Dopo Epstein, Maxwell è la protagonista che conosce i segreti più intimi del giro di Epstein, quella che più di tutti, dopo di lui, si è resa responsabile delle tratte di ragazze minorenni introdotte in quel torbido giro. Maxwell sarà la chiave per risolvere molti dei misteri che Epstein si è portato con sé all’inferno. Sempre che faccia in tempo a parlare.

NB Qui sotto tutta la documentazione citata nell’articolo con relativo motore di ricerca per facilitare l’accesso a dati specifici. E’ in lingua originale, ma vale la pena scorrerlo_Giuseppe Germinario

https://www.documentcloud.org/documents/6250471-Epstein-Docs.html

Fine del (primo?) Governo Conte_con Augusto Sinagra

Il (primo?) Governo Conte pare proprio essere giunto all’epilogo. Paradossalmente il più determinato a trarre le estreme conseguenze del gesto di Salvini appare proprio il Presidente del Consiglio. Una situazione che nel male che pare profilarsi costringerà quantomeno ad una demarcazione netta degli schieramenti tra i partiti prima e all’interno di essi dopo sulla base di orientamenti ed opzioni più nette e chiare. Potrebbe essere il prodromo al nascere di nuove formazioni dai programmi e dai proclami più corrispondenti al proprio orientamento di fondo. Buon ascolto _Giuseppe Germinario

IL FIGLIO DI BERNARDO MATTARELLA, di Augusto Sinagra
Il responsabile dell’attuale caos politico e istituzionale è solo lui, sempre lui: il figlio di Bernardo Mattarella il cui fragoroso silenzio si fa sentire in ogni circostanza. È lui che in tutti i modi cerca di deviare l’azione del governo dalla cura degli interessi nazionali alla difesa parossistica degli interessi delle oligarchie monetarie, del pareggio di bilancio, della finanza senza volto, dell’euro e di questa Unione europea.
Egli agisce attraverso i Ministri che lui ha imposto. Agisce attraverso inedite iniziative in alcun modo costituzionalmente compatibili come le aberranti interpretazioni che lui indica al governo a proposito dei provvedimenti del Ministero dell’Interno. Lui che è il Capo del CSM in questo modo ipoteca l’interpretazione da parte dei giudici, interpretazione da lui voluta di provvedimenti legislativi.
Io non ho capito se viviamo in un momento di crisi governativa, anche se ancora non parlamentarizzata, o meno. Quel che è certo è che l’azione del governo, indipendentemente dai giudizi che se ne danno, non potrà svolgersi compiutamente in conformità alla volontà popolare, se non verranno allontanati soggetti come Moavero Milanesi, Tria (Ministro perché amico del figlio del figlio di Bernardo Mattarella) e della Trenta che, in modo eccentrico, ha rifiutato la firma per il nuovo decreto di ingresso della Open Arms nelle acque territoriali italiane, e pare che abbia mandato navi militari italiane a scortarla con il suo carico di “naufraghi paganti” cioè di clandestini.
Non si capisce cosa sia capace di coordinare il giovanotto pugliese Giuseppe Conte.
La crisi è cominciata non l’altro giorno per volontà del Ministro Matteo Salvini, ma nel momento stesso in cui è nato questo governo.
I tempi prossimi saranno tempi duri: l’immigrazione clandestina continuerà sempre più massiccia. L’Italia sarà sempre più sbeffeggiata nel mondo.
Bisogna tenere i nervi saldi. Prima o poi si tornerà a votare e allora ci sarà la resa dei conti e sperabilmente il nuovo Presidente della Repubblica sarà espressione di una diversa maggioranza parlamentare.
Il peggio deve ancora venire ma, come diceva Eduardo De Filippo: “ha da passà ‘a nuttata”.
Perché una cosa è certa: l’Italia è immortale nonostante i piccoli e squalificati personaggi, falsari e traditori, che affollano la attualità.
Nonostante tutto, auguro un sereno ferragosto a tutti.

noterella d’autore su un autore, di Massimo Morigi

 

In “Navigazione a vista” Roberto Buffagni dà mostra (o, meglio, dà una delle sue migliori conferme) di due importanti qualità. La prima è quella di acuto osservatore politico che però, proprio per una sorta di  intimo autorispetto alla sua profonda intelligenza, non afferma di avere la verità rivelata in merito a vicende di cui  è osservatore e non protagonista diretto (sul perché delle mosse di Salvini nel mettere in crisi il governo avanza infatti due scenari alternativi e contrapposti).

Questa “modestia” nel porsi è dote quasi unica nel panorama degli italici commentatori, i quali in ragione di qualche misteriosa grazia divina a loro accordata pretendono di sapere tutto (e pretendere quindi di spiegare tutto)  della politica e delle sue vicende ad un popolo che suppongono in estatica attesa dei loro vaticini, mentre in realtà così ridicolmente profetando e/o (anti)vedendo dimostrano non solo di non capire nulla della politica ma anche della vita di ogni giorno (un po’ come coloro che vogliono giudicare la vita di un’altra famiglia basandosi solo sui racconti dei coniugi, mentre non bisogna essere psicologi laureati ma semplicemente essere dotati di semplice buonsenso  per sapere che il non detto conta più del detto e questo non detto, in politica come nella vita familiare, può essere, almeno in parte, solo conosciuto da chi è dentro una specifica vicenda).

La seconda qualità è la davvero formidabile capacità di fornire uno sguardo prospettico di natura culturale all’attuale polarizzazione della politica italiana (progressisti-mondialisti vs antiprogressisti-nazionalisti), sguardo prospettico che, al contrario del doveroso suo riserbo di natura personale prima ancora che teorico nel giudicare le mosse tattiche dei protagonisti della politica (Buffagni prima ancora che fine teorico della politica è fine filosofo a trecentosessanta gradi e quindi è assolutamente intransigente  in merito alla sua divisa di “modestia” tipica di colui che sa di non sapere), abbandona, e con pieno diritto, la prudenza che dovrebbe sempre connotare chi giudica la ratio delle altrui motivazioni ma produce con assoluto ed  inconfondibile   nitore la chiara ed inequivocabile rappresentazione di quello che è (al di là delle ridicole ed inadeguate figure di coloro che dovrebbero mettere in campo questa guerra )  lo scontro strategico (politico, culturale ed economico) in atto oggigiorno non solo in Italia ma anche in tutto il resto del mondo  globalizzato post caduta del muro di Berlino.

Buffagni fa professione di “modestia” dove tutto il resto degli altri commentatori (leggi pennivendoli di grido) tonitruano  ad usum delle masse e fa mostra – assolutamente giustificato! – del massimo orgoglio filosofico-politico  per indicare che il re è del tutto nudo. Insomma tutto il contrario degli attuali commentatori pennivendolari orgogliosi dove dovrebbero essere modesti e mestatori e/o fumosi e, comunque, mai coraggiosamente espliciti quando si tratta di affrontare argomenti che necessitano una globale (e quindi) nitida visione d’insieme (al massimo si rifugiano, e questo lo fanno con notevole protervia, nella solita propaganda democraticistica e ricadono quindi nello schema già detto dell’arroganza ma con ancora maggior ridicolo nei loro confronti: se infatti si può pensare che un osservatore sia più addentro a certe oscure manovre ma non lo dice per non bruciare le sue fonti e/o non sputtanarsi nel suo ruolo di osservare “neutrale”, per giustificare la loro ridicola propaganda e le loro affermazioni apodittiche altro non rimane che invocare l’intervento di qualche oscura potenza plutonica o celeste).

Insomma, per farla breve, l’unione delle due sopraddette caratteristiche fa di Roberto Buffagni un commentatore  davvero unico nell’attuale (misero) panorama italiano, una sorta di “occhio d’aquila” che vede benissimo laddove viene investito dalla luce ma che sa affidarsi anche ad altri sensi, cioè alla aristotelica phronesis, laddove quest’occhio non possa operare, dando così mostra di una prassi teorica –  anche se non di una teoria della prassi perché su quest’ultimo punto io da lui amichevolmente dissento – che dimostra di aver benissimo appreso – e di sviluppare con impareggiabile e clausewitziana maestria  – i capisaldi del conflitto espressivo-dialettico-strategico del Repubblicanesimo Geopolitico.

Grazie ancora Roberto.

Massimo Morigi

http://italiaeilmondo.com/2019/08/13/navigazione-a-vista-di-roberto-buffagni/

http://italiaeilmondo.com/category/dossier/autori-dossier/roberto-buffagni/

4 – Il commercio dei Big Data Di  Laurent BLOCH

Siamo alla quinta puntata di questo interessantissimo rapporto
Internet, vettore di potenza degli Stati Uniti?
4 – Il commercio dei Big Data

Di  Laurent BLOCH , 28 aprile 2018  Stampa l'articolo  lettura ottimizzata  Scarica l'articolo in formato PDF

Precedentemente capo dell’informatica scientifica presso l’Institut Pasteur, direttore del sistema informativo dell’Università Paris-Dauphine. È autore di numerosi libri sui sistemi di informazione e sulla loro sicurezza. Si dedica alla ricerca nella cyberstrategia. Autore di “Internet, vettore del potere degli Stati Uniti”, ed. Diploweb 2017. 

Nel mentre il tema dell’intelligenza artificiale appassiona, Laurent Bloch affronta in questo quarto capitolo il commercio dei Big Data. Presenta successivamente con pedagogia il commercio dei dati e i suoi attori; i conflitti di concorrenza e regolamentari. Un paese rimosso da quest’area sarebbe condannato al declino.

Diploweb.com , pubblica questo libro di Laurent Bloch, Internet, vettore del potere degli Stati Uniti? per fornire a tutti gli elementi necessari per una valutazione equilibrata della situazione. Questo libro è già disponibile su Amazon in formato digitale Kindle e in formato cartaceo . Sarà pubblicato qui come seriale, capitolo per capitolo, al ritmo di circa uno per trimestre.

Il settore dei big data è una questione cruciale in quanto il commercio massivo di questi dati è un settore in forte espansione e già molto redditizio; quasi tutti gli altri settori dell’economia, dalla salute all’agricoltura ai trasporti, sono colpiti, nel bene e nel male, a seconda della loro capacità di adattamento. Le società statunitensi giganti del cyberspazio, Google, Apple, Facebook, Amazon e i loro colleghi sono in prima linea nella raccolta e sfruttamento: gli europei sapranno recuperare il ritardo?

4 - Big Data Trading
Laurent Bloch, autore di “Internet, vettore del potere degli Stati Uniti?”, Ed. Diploweb via Amazon
Laurent Bloch spiega con pedagogia e precisione la geopolitica di Internet.

Il commercio dei dati e i suoi attori

I GAFA (Google Apple Facebook Amazon) sono aziende di prima classe, leader nel cyberspazio, tutte americane. Apple è la terza più grande compagnia americana con 234 miliardi di dollari di vendite, proprio dietro il gigante dei supermercati Walmart e la compagnia petrolifera Exxon-Mobil (la classifica mondiale di Apple è solo 12 ° dietro alcune compagnie petrolifere cinesi) e europee, Volkswagen, Samsung e altri, vedono le classifiche qui ). Google è di $ 75 miliardi, Amazon 107.

I ricavi di queste società provengono in parte (per Apple e Amazon) o quasi tutti (per Google e Facebook) dalla commercializzazione di dati secondari lasciati sui loro siti dagli utenti di Internet. Ogni ricerca sul sito di Google, ogni chat su Facebook, ogni acquisto su Amazon si raccoglie nella soffitta di queste informazioni secondarie di società, eventualmente calcolate dai metadati (origine e destinazione delle comunicazioni, identità degli interlocutori, indirizzi rete, date e orari …), relativi ai tuoi gusti, alla tua residenza, ai tuoi collaboratori, ecc., che, debitamente anonimizzati, aggregati e soggetti a elaborazione statistica, saranno venduti a agenzie pubblicitarie, società di marketing, agenzie matrimoni, operatori turistici, ecc.

I dati, che diventano informazioni quando raggiungono uno spirito umano e lo modificano, come ci insegna Gilbert Simondon, sono un bene in rete, cioè più vengono “consumati” “(Consultati), più aumenta il loro valore (i dati a cui nessuno ha accesso hanno un valore nullo, non trasmettono alcuna informazione). I dati, a meno che non siano protetti da un dispositivo di controllo dell’accesso come la crittografia o il tatuaggio elettronico, sono un bene non rivale (il consumo del bene da parte di un agente non ha alcun effetto sulla quantità disponibile di quel bene per altri individui) e non esclusivi (una volta che il bene è prodotto, tutti possono beneficiarne), in altre parole un bene pubblico (vedi Wikipedia).

Non si deve pensare che questa sia solo l’attività intelligente di alcuni giovani rilassati intorno a due o tre computer nel garage dei genitori. Così leggiamo sotto la penna di Charles de Laubier (in The Tribune il 20 febbraio 2015) che il 20% del prezzo della gara fatta da Uber sul corrispettivo dell’autista del VTC affiliato era “servaggio”; ma lo stesso supplemento settimanale che La Tribune ha dedicato a questa piattaforma di intermediazione ci dice poche pagine dopo che Uber impiegava all’epoca 450 sviluppatori a San Francisco e Amsterdam, che devono essere pagati bene (per non parlare del restante personale, ad esempio alla hotline). Inoltre, questo 20% deve essere confrontato con il 33% delle compagnie di taxi tradizionali.


Un libro pubblicato da Diploweb.com, formato Kindle e tascabile


Uber è una piattaforma di intermediazione perché invece di raccogliere semplicemente un affitto, mantiene, organizza e sfrutta tutti i dati che riceve sui suoi autisti e sui suoi clienti. Ma è ancora una piccola impresa rispetto al GAFA. Devi sapere che Google o Amazon gestiscono ciascuno milioni di server sulla superficie della terra, acquistano centrali idroelettriche per gestirli, gestiscono le proprie reti transoceaniche in fibra ottica. In breve, dietro il commercio etereo e apparentemente immateriale dei dati c’è un’industria pesante.

Concorrenza e conflitti regolamentari

Questo commercio di dati prodotti gratuitamente da centinaia di milioni di utenti di Internet e raccolti dalle società che hanno creato le piattaforme giganti che sono i siti GAFA è già un asse dell’economia mondiale, ma questo è un inizio perché questo fenomeno, iniziato con la pubblicità e il marketing, sta gradualmente estendendo la sua influenza in tutti i settori.

Sappiamo che sotto il regime dell’economia digitale, che si propone di battezzare l’iconomia e che è concorrenza monopolistica, il vincitore raccoglie tutto: Google o Facebook hanno un tale vantaggio, e quindi di un tale vantaggio che non è possibile creare un concorrente sullo stesso terreno. Ma se la frase “concorrenza monopolistica” evoca la nozione di monopolio, suggerisce anche quella di concorrenza, poiché è possibile creare un’attività in una nicchia di mercato vicina ma separata. È così che Apple, che molti pensavano condannato venti anni fa contro Microsoft, si è reinventata ed è ora tre volte più grande del suo concorrente.

Un paese estromesso da questa zona sarebbe condannato al declino

La negoziazione del progetto di accordo transatlantico di libero scambio (TAFTA / TTIP) pone queste gigantesche società basate sui dati in una posizione simile a quella dei mercanti britannici di oppio che volevano imporre sul mercato cinese la commercializzazione dei loro narcotici, che hanno prodotto nel diciannovesimo secolo le due guerre di oppio che hanno schiavizzato la Cina, fino a quel momento la principale potenza economica mondiale. Allo stesso modo, i principali attori di Internet vogliono accedere ai vari mercati nazionali senza accettare i sistemi fiscali o rispettare le leggi sulla protezione dei dati personali, per vendere quella che sembra essere una sostanza che crea dipendenza.

L’ Autorità pubblica francese raccoglie e crea una notevole quantità di dati da cui non trae il pieno potenziale beneficio o non li rende sufficientemente disponibili al pubblico. È paradossale che per ottenere dati demografici o economici sulla Francia, piuttosto che sul sito INSEE, sia necessario consultare i siti di organizzazioni internazionali o private che svolgono il lavoro di distribuzione dei dati di base INSEE, incrociarli con altre fonti e aggregarli in modo utilizzabile da qualcuno che non è uno statistico esperto: Eurostat, OCSE, Wikipedia, Xerfi per esempio. Va notato che questa difficoltà nell’interpretazione dei dati grezzi pubblicati dall’INSEE e da altri enti pubblici crea un mercato per le aziende che li modellano e forniscono strumenti di navigazione, come la società Spallian.

Allo stesso modo, l’IGN ha impiegato più di trenta anni per rendere disponibili gratuitamente le sue mappe di base municipali, e di nuovo in una forma che è difficile da usare. Ciò è in netto contrasto con la dottrina dell’agenzia governativa statunitense secondo cui il contribuente non deve pagare una seconda volta per accedere ai dati per i quali ha già pagato le tasse una volta.

Queste diverse politiche non sono prive di conseguenze economiche: la restrizione francese all’accesso ai dati pubblici è un handicap per le nostre aziende. Le società americane sono state in grado di accedere ai database demografici americani da decenni, strutturano in modo creativo i dati forniti dal Census Bureau, possibilmente a livello di blocco, il che rappresenta un vantaggio considerevole per la loro politica commerciale. Senza che ciò sia strettamente impossibile, ottenere la stessa qualità di informazioni in Francia richiede un percorso ad ostacoli oltre la portata di una media o piccola impresa. La situazione è la stessa per i dati catastali, che sono anche di notevole interesse sociale ed economico.

Un esame delle possibilità di accesso ai dati EdF o SNCF porta a conclusioni simili.

Copyright 2017-Bloch / Diploweb

https://www.diploweb.com/4-Commerce-des-megadonnees-Big-Data.html

Navigazione a vista, di Roberto Buffagni

Navigazione a vista

 

 

navigare a vista

loc.v.

1. TS mar., aer. n. utilizzando punti di riferimento visibili, spec. per le condizioni atmosferiche favorevoli
2. CO fig., spec. nel linguaggio politico, cercare di destreggiarsi in determinate situazioni senza avere solide basi o validi punti di riferimento

Dizionario De Mauro

 

Il Capitano ha sciolto gli ormeggi, salpato l’ancora e si è avventurato in mare aperto. Perché proprio ora, perché in questo modo? E che cosa lo (e ci) aspetta)?

Perché proprio ora, perché in questo modo

La rottura non è stata preparata a dovere, il tema su cui si è consumata secondario, e sono alti i rischi di conseguenze infauste per la Lega, che si è assunta l’intera responsabilità della svolta politica. A mio avviso, le ipotesi sono due:

  1. a) E’ un errore. Impazienza, pressioni interne (insoddisfazione del Lombardo-Veneto per l’impaludamento delle autonomie), eccesso di fiducia nell’appoggio di Trump, logoramento dei rapporti tra alleati, sondaggi in crescita costante che danno alla testa, in breve: mossa tattica molto arrischiata.
  2. b) E’ una mossa obbligata. Salvini ha informazioni attendibili del prossimo arrivo di una grossa tegola che mette a rischio la sua sopravvivenza politica: per esempio, uno sviluppo molto serio e grave dell’inchiesta russa. Giudica l’alleato inaffidabile, anche soltanto per garantirgli in Parlamento protezione dai futuri provvedimenti giudiziari a suo carico. Ritiene che per lui, l’unica difesa efficace sia una rapida vittoria elettorale e l’incarico di Presidente del Consiglio, e rompe: sempre meno rischioso che attendere.

Tra le due ipotesi, ritengo più verisimile la b), “mossa obbligata”. Motivo: Salvini e la Lega non hanno una visione strategica, un personale politico e un orizzonte mentale  all’altezza della sfida a loro imposta dalle opposizioni interne e soprattutto esterne. Sono però politici esperti, e in particolare Salvini è un tattico molto abile.

Sottolineatura: non ho informazioni privilegiate dall’interno o dall’esterno della Lega. Avanzo ipotesi sulla base delle informazioni disponibili a chiunque.

 

Che cosa aspetta Salvini e noi

Tra le forze in campo, la più importante è il “partito istituzionale”, come lo definisce bene Giuseppe Germinario in questo articolo, http://italiaeilmondo.com/2019/08/09/conte-alla-rovescia/ .

Dagli indizi che raccolgo, ho l’impressione (l’impressione e basta) che il “partito istituzionale” stia esitando tra due possibili reazioni alla rottura di Salvini, queste:

1) Sollecitare un “rovesciamento delle alleanze” parlamentari da parte del M5*, in combinazione con una coalition of the willing che può assumere diverse forme e adottare diverse formule, ma che conclude alla formazione di un governo che ritardi di almeno sei-otto mesi le elezioni e consenta a) di condurre a fondo l’attacco, giudiziario o d’altro genere, a Salvini b) di rinforzare l’opposizione interna a Salvini c) di dare all’attuale opposizione il tempo di strutturarsi e di arrestare almeno provvisoriamente la frammentazione che la incapacita.

2) Promuovere la formazione di un governo di “centrodestra istituzionale”: Lega, Forza Italia, FdI. “Centrodestra istituzionale” significa: a) un governo “responsabile” nei confronti della UE e rispettoso degli attuali equilibri interni delle classi dirigenti italiane; ne sarebbe garanzia  la presenza di Silvio Berlusconi, che conta elettoralmente poco ma sin dal 2011 si è fatto tramite di forze importanti, sia interne alla UE, sia interne agli USA, e può appoggiare la linea “lombardo-veneta” dell’opposizione interna alla Lega b) un governo che ripropone la contrapposizione tradizionale destra/sinistra, e pertanto da un canto aiuta l’opposizione a ristrutturarsi su base identitaria, dall’altro costituisce di per sé una manovra diversiva rispetto alla linea di faglia principale del conflitto in corso, che NON è destra/sinistra ma mondialismo/nazionalismo, proUE/antiUE.

L’ipotesi 1, “rovesciamento delle alleanze”, presenta seri problemi e rischi, questi: a) l’attuale opposizione è frammentata e discorde, non è pronta per guidare l’operazione b) il Movimento 5* si caratterizza per il fatto, invero paradossale, di essere una forza politica che non designa un nemico (indica come nemico categorie impolitiche quali “i corrotti”, etc.); il che, in linea di principio, gli consentirebbe il “rovesciamento delle alleanze”. Nonostante ciò, neanche il M5* sfugge alle regolarità del Politico, e non può permettersi un simile voltafaccia a costo zero: un così brusco rovesciamento di fronte potrebbe causarne, in tempi brevi, la disgregazione. Si aggiunga che il centrodestra potrebbe condurre, in Parlamento, una campagna acquisti tra deputati e senatori 5*, intimoriti da una operazione politica spericolata e precaria c) l’operazione “rovesciamento delle alleanze” è MOLTO pericolosa per le istituzioni repubblicane, perché mette direttamente l’uno contro l’altro Parlamento e popolo. Una ripetizione pura e semplice dell’operazione Monti è sconsigliabile: è un film che gli italiani hanno già visto, e non hanno amato per nulla. Si aggiunga che Salvini, specialmente se davvero ha fondati motivi per ritenere a rischio la sua sopravvivenza politica, potrebbe reagire in due modi entrambi pericolosi: mobilitando le piazze, e facendo leva sulle regioni del Centro-Nord governate dalla Lega (alle quali si potrebbe associare, in autunno, anche l’Emilia-Romagna).

Anche l’ipotesi 2, “governo di centrodestra istituzionale”, presenta problemi e rischi. Il rischio maggiore, naturalmente, è l’insediamento alla Presidenza del Consiglio di Salvini. Non perché Salvini sia l’avatar di Cesare, Mussolini o Putin, ma perché avrebbe un’amplissima base elettorale personale che da un canto ne aumenterebbe il peso politico, dall’altro lo costringerebbe a non trascurarne le esigenze fondamentali (protezione identitaria e sociale). La soluzione presenterebbe però alcuni vantaggi non secondari: a) scaricare sulle spalle di Salvini l’intero peso del governo, e dei suoi errori e fallimenti, in una situazione per nulla facile b) intervenire nella formazione del governo, assicurandosi che i ministeri chiave vadano a personalità “istituzionali” c) contrattare con l’opposizione interna “lombardo-veneta” della Lega una via accettabile per l’adozione delle autonomie regionali, con il relativo contraccambio politico d) non soltanto eviterebbe la pericolosa contrapposizione Parlamento/popolo, ma rafforzerebbe le istituzioni; rafforzerebbe anche gli attuali equilibri interni delle classi dirigenti politici, nel caso (probabile) che il “governo di centrodestra istituzionale” operasse senza mai mettere seriamente a rischio l’assetto presente della UE.

Nel frattempo, la polarizzazione culturale continua ad accentuarsi, anche se non riesce a tradursi compiutamente in polarizzazione politica. I due campi, progressista-mondialista/antiprogressista-nazionalista (o sovranista) continuano la loro cristallizzazione identitaria. A dimostrazione del fatto che nessuno dei due campi è in condizione di pretendere ad una vera egemonia culturale, entrambi manifestano se stessi in forma di autoparodia inconsapevole. E’ autoparodia inconsapevole il disk-jockey Salvini del Papeete, che insieme al coro del pueblo e alle cubiste leopardate intona e stona l’Inno di Mameli; è autoparodia papa Francesco che si prostra a baciare le scarpe degli stupefatti diplomatici sudanesi, autoparodia i dignitari ecclesiastici che ignorano le Sacre Scritture (per esempio inventandosi il lieto fine per Sodoma e Gomorra) o mettono in dubbio i Vangeli “perché al tempo di Gesù non c’era il registratore”; autoparodia il sindaco di Milano Sala che saluta a pugno chiuso, eccetera.

L’autoparodia inconsapevole è un segnale d’allarme culturale inequivocabile, perché manifesta la vaporizzazione delle gerarchie interiori e dell’intima adesione a norme e valori, dei quali residuano soltanto i morti feticci, i gusci vuoti. Ciascuno dei due campi culturali tenta di definirsi evocando magicamente una identità perduta, dimenticata, irrecuperabile.

Il campo progressista-mondialista evoca la corrente messianica del progressismo, e adotta come sue icone  i segni che alludono allo sradicamento come liberazione: il pugno chiuso comunista, e soprattutto il migrante come icona dell’uomo senza radici, l’uomo tabula rasa da cui nascerà l’uomo nuovo.

Il campo antiprogressista-nazionalista evoca la “Religion santa di me vicc da ca’/che in mezz al tribuleri di passion/no te fett olter che tiratt in là,/in fond al coeur, scrusiada in d’on canton…” (Carlo Porta): ma che cosa resta, della religione del vecchi di casa? Che cosa resta, soprattutto, dei vecchi di casa, e della casa? Resta la serigrafia di Andy Warhol del Calendario di Frate Indovino a cui mi fa pensare Salvini quando ostende il rosario nei comizi, o invoca l’Immacolata Concezione. O fa cantare in spiaggia alle ragazze di coscia veloce il Canto degli italiani, che è un canto di battaglia (sanguinosa, coi morti veri).

Ed entrambi i campi insistono ad evocare quel che non sono, quel che gli manca: il campo progressista-mondialista, che raccoglie anzitutto i garantiti e i soddisfatti dello status quo, evoca la rivoluzione antropologica e sociale e l’eguaglianza; il campo antiprogressista-nazionalista, che raccoglie anzitutto gli sradicati e i socialmente precari, evoca il mos maiorum, la tradizione, la patria, la famiglia.

Prosegue così, in forma grottesca e sorprendente, la critica pratica alle tre parole d’ordine della rivoluzione francese: libertà, eguaglianza, fraternità. Hic Rhodus, hic salta.

 

 

 

Internet, vettore di potenza degli Stati Uniti? 3 – Controllo politico e tecnico di Internet_ Di Laurent BLOCH

https://www.diploweb.com/3-Controle-politique-et-technique-de-l-Internet.html

pubblichiamo la quarta puntata sulla valenza geopolitica del controllo di internet

Internet, vettore di potenza degli Stati Uniti?

3 – Controllo politico e tecnico di Internet

Di  Laurent BLOCH , 13 settembre 2017  Stampa l'articolo  lettura ottimizzata  Scarica l'articolo in formato PDF

Precedentemente capo dell’informatica scientifica presso l’Institut Pasteur, direttore del sistema informativo dell’Università Paris-Dauphine. È autore di numerosi libri sui sistemi di informazione e sulla loro sicurezza. Si dedica alla ricerca nella cyberstrategia. Autore di “Internet, vettore di potere degli Stati Uniti”, ed. Diploweb 2017.

In questo terzo capitolo, Laurent Bloch discute del controllo politico e tecnico e di Internet. In un modo molto accessibile presenta le istituzioni di Internet e il sistema di nomi di dominio (DNS). Si chiede: l’ICANN è un male minore? Possiamo considerare l’esclusione del DNS come una punizione? L. Bloch spiega ancora il routing in Internet e l’interconnessione delle reti.

Diploweb.com , pubblica questo libro di Laurent Bloch, Internet, vettore del potere degli Stati Uniti? fornire a tutti gli elementi necessari per una valutazione equa della situazione. Questo libro è già disponibile su Amazon in formato digitale Kindle e in formato cartaceo . Sarà pubblicato qui come seriale, capitolo per capitolo, al ritmo di circa uno ogni tre mesi.

Internet è un’istituzione di fatto, con organi direttivi relativamente informali che determinano (più o meno) il suo funzionamento e l’equilibrio di potere tra gli attori. Nel 2016 si è parlato molto del disimpegno degli Stati Uniti dall’ICANN (uno di quegli organismi il cui ruolo e operazione verranno descritti di seguito), ma l’ICANN non è l’unico veicolo di influenza americana sulla rete; la sua riorganizzazione potrebbe solo rendere più discreta questa influenza, che riposa in ultima analisi sulla superiorità della loro produzione intellettuale così come industriale.

3 - Controllo politico e tecnico di Internet
Laurent Bloch, autore di “Internet, vettore del potere degli Stati Uniti?”, Ed. Diploweb via Amazon
Laurent Bloch spiega con pedagogia e precisione la geopolitica di Internet.

Istituzioni di Internet

Quali sono le istanze di governo di Internet?

. Internet Architecture Board (IAB) è il comitato che supervisiona lo sviluppo tecnico e l’ingegneria di Internet ( www.iab.org ).

. La Internet Society (ISOC) è un’organizzazione di discussione che riunisce 80 organizzazioni e 28.000 membri individuali e ha un’influenza significativa in alcuni dibattiti ( www.isoc.org ).

. L’Internet Engineering Task Force (IETF) è un forum tecnico creato nel 1986, supervisionato dalla IAB che sviluppa e convalida gli standard tecnici di Internet. L’IETF opera su base volontaria, il settore della rete industriale delega gli ingegneri per rafforzare la loro influenza e far prevalere le loro scelte tecniche. Tra le 1.000 e le 2.000 persone partecipano alle riunioni plenarie, ma gran parte del lavoro viene svolto attraverso la rete ( www.ietf.org ). L’IETF è responsabile della scrittura e della distribuzione di Request for Comments (RFC), che sono documenti di standardizzazione per il funzionamento di Internet.

. L’aumento del volume di affari di IETF ha portato alla creazione di Internet Engineering Steering Group (IESG) per coordinare l’attività.

. L’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) è un’organizzazione senza fini di lucro, creata nel 1998 per svolgere una serie di compiti di gestione di Internet, comprese le missioni strategiche di regolamentazione e regolamentazione. assegnazione di indirizzi e nomi ( www.icann.org ). L’ICANN è formalmente sotto il controllo del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, che è stato ufficialmente confermato nel luglio 2008.

. È opportuno menzionare in particolare la Internet Assigned Numbers Authority (IANA), che dal 1998 ha ricevuto una funzione dall’ICANN per centralizzare e controllare le convenzioni relative all’identificazione degli oggetti di rete e in particolare per garantire unicità degli indirizzi, ma che al suo inizio nel 1988 era un’organizzazione autonoma.

Domain Name System (DNS)

Se oggi da un cybercafe di Macao puoi controllare il saldo del tuo account sul sito web della tua banca francese, così come lo stato del tuo ordine su Amazon in Virginia, è grazie a Internet ovviamente; ma se riesci a farlo facilmente è grazie al sistema di nomi di dominio, il DNS. Funzionalmente, è una semplice directory: nella colonna di sinistra i numeri IP (simili ai numeri di telefono), nella colonna di destra i nomi dei domini corrispondenti, ad esempio http://www.diploweb.com. Tecnicamente, è uno dei più meravigliosi meccanismi di Internet, un database distribuito globale, aggiornato automaticamente dagli stessi abbonati e in (quasi) tempo reale, la cui radice, organizzata logicamente intorno a 13 server, è fisicamente distribuito su centinaia di macchine in tutto il mondo  [ 1 ] (allo stesso modo, esiste una mappa dei punti di scambio di Internet (IXP)  [ 2 ] e una mappa di fibre ottiche transoceaniche  [ 3 ] , indispensabile per comprendere il cyberspazio, vedi anche questo articolo sui cavi sottomarini  [ 4 ]). Funziona così bene perché questo sistema è unico e inequivocabile: centinaia di registrar collaborano in tutto il mondo in modo che Macao possa apprendere il numero IP della Banca agricola di Paizay-le-Tort nei due Sèvres, senza nemmeno occuparsene, il tuo browser lo fa per te. Un nome di dominio è un singolo server (eventualmente replicato su più macchine fisiche e più siti), senza ambiguità.


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Unicità del DNS

L’unicità del sistema dei nomi di dominio è in discussione in molti modi. Il passo più serio in questa direzione è la creazione da parte della Cina della propria radice del DNS, che per il surfista cinese sta sostituendo completamente il DNS globale, il che ha l’effetto di renderlo inaccessibile ai siti stranieri. Pertanto, se ha digitato (prima del ritiro di Google nel 2010) google.com, accedeva (e probabilmente accederà presto) di fatto a google.com.cn, versione sinisata e sito debitamente redatto. I cinesi hanno approfittato di questo sconvolgimento per distribuire la versione 6 del protocollo di rete IP  [ 5 ]invece della versione 4, e per generalizzare l’uso degli ideogrammi negli indirizzi web e nella posta elettronica. Per realizzare queste trasformazioni, ci sono voluti migliaia di ingegneri, centinaia di milioni di yuan e anni di lavoro. È necessario espurgare l’Internet globale con la selezione ad opera di decine di migliaia di dipendenti, oltre al software che si è schierato con il lavoro. La giustificazione ufficiale di questa operazione è consentire all’utente cinese di Internet di navigare sul Web utilizzando gli indirizzi dei siti scritti nei suoi soliti ideogrammi di scrittura, il che è certamente encomiabile.

Non è impossibile che l’impresa cinese attiri imitatori o clienti da parte di alcuni regimi politici che non vogliono davvero che i loro soggetti abbiano troppo accesso alle informazioni globali.

Se questo tipo di pratica si diffonde, il rischio è la balcanizzazione di Internet: verrebbero riportati indietro di decenni, a che cosa serviva la rete prima di Internet, con Transpac, reti X25 e messaggistica X400.

Gli aspetti positivi dell’esperienza cinese non dovrebbero essere trascurati: dimostra che il DNS può funzionare con un sistema di denominazione basato su una diversa scrittura dell’alfabeto latino e che l’istituzione di una radice alternativa non è troppo difficile. Inoltre, non esiste alcun motivo ontologico per giurare fedeltà all’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organismo che sovrintende al DNS globale, sotto il controllo del governo degli Stati Uniti.

ICANN è un male minore?

Di fronte a quelli che devono essere chiamati gli abusi di potere dell’ICANN e l’acquisizione americana di Internet, le cui rivelazioni di Edward Snowden (specialmente nel caso del PRISM) ci hanno confermato che non è stato ispirato unicamente da una benevola preoccupazione tecnica, si può porre la domanda di una diversa governance: sotto il controllo delle Nazioni Unite? dall’ITU (International Telecommunication Union, un’agenzia delle Nazioni Unite)?

ITU è un’organizzazione del passato, completamente fuori dalla vita di Internet. Vogliamo il ritorno alla burocrazia degli operatori monopolistici?

Per quanto riguarda le Nazioni Unite, vogliamo davvero avere una voce da parte dei governi che vorrebbero vedere Internet vietare di parlare male delle autorità religiose o dei governi?

In breve, probabilmente dobbiamo cercare altrove.

L’esclusione del DNS come punizione

Altre operazioni minacciano il funzionamento del DNS, e di conseguenza quello di Internet: i legislatori di diversi paesi occidentali, tra cui Francia e Stati Uniti, hanno pensato che per far rispettare leggi come Hadopi o Loppsi per la Francia, o Digital Millenium Copyright Act (DMCA) e ACTA per gli Stati Uniti , il modo migliore sarebbe quello di rimuovere dal DNS i siti in violazione, richiedendo giustizia verso gli operatori. Il caso Megaupload  [ 6 ]ha dimostrato che questa forma di amministrazione della giustizia potrebbe avere un’estensione internazionale. Si può persino immaginare di punire interi paesi, creando invece la loro zona DNS (ad esempio la zona .fr per la Francia) un “buco nero”.

È possibile per uno stato molto influente come gli Stati Uniti, che controlla l’ICANN e abbia i mezzi per convincere il sistema giudiziario della Nuova Zelanda a radunarsi dietro di esso; paesi meno egemonici otterranno risultati meno spettacolari, ma in ogni caso è una pessima idea, come proveremo a mostrare.

Innanzitutto, questa misura ha effettivamente un’efficacia limitata. Privare un sito di registrazione nel DNS non è sufficiente per bloccare l’accesso. Proprio come se si desidera chiamare un amico che si trova in una lista rossa, è possibile se si conosce il suo numero, è ancora possibile raggiungere i siti vietati se si conoscono i loro numeri IP. Questo è il modo in cui le reti peer-to-peer, che rappresentavano fino all’80% del traffico Internet prima di essere soppiantate da siti come Megaupload, e che stanno ripartendo, con più potenza, dal momento della chiusura di questo sito. Il DNS è molto utile e molto conveniente, ma possiamo farne a meno.

È anche possibile creare una radice alternativa: oltre a quella cinese, ci sono alcuni progetti in quest’area, incluso OpenDNS, che finora non hanno avuto molto impatto, ma che potrebbero avere successo se si scoprisse che la radice DNS di ICANN era impegnato in un’evoluzione brejniviana  [ 7 ] .

Internet potrebbe quindi funzionare senza DNS: semplicemente perderebbe la facilità d’uso, l’ubiquità e la coerenza del metodo di accesso che ne consente l’universalità. Invece di digitare senza dover pensare all’indirizzo della tua banca Poitevine, che tu sia a Macao o Puntas Arenas, dovresti informarti: qual è il miglior DNS disponibile in Patagonia? è possibile l’accesso peer-to-peer dal tuo hotel in Tagikistan? Si dovrebbe configurare lo smartphone di conseguenza. Inutile dire che se i professionisti IT dovessero essere in grado di farvi fronte, le persone che hanno faticato a imparare l’uso della posta elettronica e del Web passerebbero momenti difficili o si arrenderebbero. In breve, questo meraviglioso mezzo di comunicazione sarebbe rotto.

Alcune voci sollevate per rivendicare l’introduzione di una piccola ambiguità nel DNS: lo stesso nome di dominio potrebbe designare diversi servizi, che verrebbero proposti all’utente a scelta. Confesso di non capire veramente l’interesse di questo approccio: l’esistenza di omonimi nel mondo degli umani è una situazione di fatto, che presenta alcuni svantaggi e nessun vantaggio; se ne possiamo fare a meno nello spazio artificiale dei nomi del DNS, questo ha solo vantaggi, e introdurlo avrebbe solo degli svantaggi, fastidiosi per gli umani, proibitivi per i programmi.

Instradamento in Internet

Ricorda che: ogni computer collegato a Internet (o “nodo” della rete) ha un indirizzo IP o un numero IP che, come il numero di telefono nella rete telefonica, è univoco e ti consente di raggiungere da qualsiasi altro nodo della rete, in qualsiasi parte del mondo.

Gli utenti di Internet che desiderano visitare un sito di solito non conoscono l’indirizzo IP, ma il nome, ad esempio www.diploweb.com . L’indirizzo è fornito (o meglio è fornito al loro browser) dal DNS (Domain Name System), che è la directory di Internet; come quello del telefono, abbina un numero IP a un nome. Questa directory è diffusa su migliaia di computer in tutto il mondo ed è ovviamente aggiornata in modo permanente.

Per far circolare i dati tra due nodi di Internet, è necessario calcolare una rotta  tra loro, questo calcolo si chiama in inglese routing; se questi nodi non si trovano sulla stessa rete locale, il percorso passerà attraverso altri nodi, costituiti da computer specializzati chiamati router. Un router è un computer collegato a due o più reti, quindi ha diversi indirizzi IP, come la casa di Balzac che aveva una porta sul retro di un’altra strada ed è in grado di passare i dati da una rete a un’altra, basandosi su regole nelle sue tabelle di routing. Un algoritmo di routing calcola le tabelle di routing.

Attualmente il routing viene effettuato in base agli indirizzi IP forniti dal DNS, ma questa non è una legge di natura. Si potrebbero immaginare altre soluzioni, ed effettivamente esistono, come i sistemi peer-to-peer menzionati sopra, che consistono in partecipanti alla rete che scambiano tabelle di indirizzi di vicini che possono instradare le loro comunicazioni . Sembra rudimentale, ma alcuni esperti hanno sviluppato sistemi molto intelligenti che funzionano molto bene, come BitTorrent, che è ampiamente usato per la distribuzione di software online. E possiamo immaginare i sistemi di indirizzamento dei contenuti, tra l’altro Google,

Interconnessione di reti

Internet non è una singola rete, ma, come suggerisce il nome, una rete di reti. Ognuna di queste reti è di proprietà di un operatore (o ISP, per ISP, per Internet Service Provider ) diverso, che la gestisce a modo suo. Una rete gestita in modo univoco da un ISP è un AS (Sistema autonomo). Se confrontiamo Internet con un continente, gli AS sono i paesi separati da confini, ognuno con la propria legislazione. Un ISP di grandi dimensioni può avere più AS, come uno stato federale. Ogni AS è identificato da un numero AS. Internet è composto da oltre 50.000 AS, il più grande dei quali ha decine di milioni di indirizzi IP.

All’interno di un AS i router appartengono all’ISP o ai suoi client e sono gestiti secondo le regole stabilite. Affinché Internet esista e sia in grado di funzionare, è necessario stabilire comunicazioni tra ISP di diversi ISP: per questo “valico di frontiera”, un ISP avrà router di frontiera di sistema autonomi, direttamente collegati ai router di frontiera dell’ISP con i quali vuole stabilire una connessione. Il punto in cui verranno posizionati questi router è generalmente chiamato Internet Exchange Point  [ 8 ] (IXP), o talvolta NIX (Neutral Internet Exchange) o GIX (Global Internet Exchange)  [ 9 ] .

Se il traffico tra due reti deve passare attraverso quello di un ISP intermedio di terze parti, le regole di instradamento sono fissate mediante accordi di transito o peering tra gli ISP e sono formate tecnicamente nelle tabelle del router in base alla sintassi. emanato dal protocollo Boundary Gateway Protocol(Border Gateway Protocol, BGP). Gli accordi di transito sono contratti di servizio e la rete di origine paga le royalty alla rete di transito per trasportare il suo traffico. Gli accordi di associazione si basano generalmente sulla reciprocità e postulano un certo equilibrio, non danno luogo alla fatturazione fintanto che l’equilibrio viene rispettato, ma vi sono indennità versate non appena la asimmetria degli scambi è troppo forte, perturbata. Comprendiamo che tali accordi, che di solito sono ultra segreti, sono possibili solo tra ISP di dimensioni comparabili, pari.

Vedremo di seguito che queste domande di instradamento, transito e accoppiamento, molto tecniche nel primo approccio, hanno aspetti politici e strategici che sono al centro dei futuri conflitti nel cyberspazio.

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EPSTEIN docet: Scritto anni ed anni fa…, di Danilo Fabbroni

Riceviamo e pubblichiamo

EPSTEIN docet: Scritto anni ed anni fa…

Il Gioco dell’Oca

«Gianfranco Sanguinetti […] nel suo libro Del terrorismo e dello Stato, distingue le azioni terroristiche in due categorie: offensive e difensive. Egli considera il terrorismo palestinese e irlandese offensivo e quello italiano difensivo.

“Ricorrono al terrorismo offensivo i disperati e gli illusi; al terrorismo difensivo ricorrono invece sempre e solo gli Stati, o perché sono al fondo di qualche grave crisi sociale o […] perché la temono. Sanguinetti aggiunge che era facile per i servizi segreti controllare i veri gruppi terroristici e […] manipolarli per i propri scopi. “Tutti i gruppetti terroristici segreti sono organizzati e diretti da una gerarchia clandestina agli stessi militanti della clandestinità […]”

La carriera di Ievno Azev, agente della polizia segreta zarista che si infiltrò all’interno del gruppo rivoluzionario socialista tanto abilmente da far dubitare della sua vera fede, è esemplare nel mostrare come sia difficile valutare la credibilità del singolo in un ambiente così oscuro come quello dei servizi […].

Un mistero rimangono invece gli anni trascorsi da Toni Negri negli Stati Uniti, dove usufruì di una borsa di studio della Fondazione Rockefeller. Vi ritornò diverse volte, e non sembra abbia mai incontrato difficoltà nell’ottenere il visto. Questo è molto strano: in un momento in cui si negava il visto ai membri del PCI, il leader di un’organizzazione politica di estrema sinistra andava e veniva a suo piacimento»

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Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, Tullio Pironti Editore, Napoli, 1993, p. 19, 20, 30 e 205
Sappiamo che il pandemonium squadernato dalla rete, dal web, può essere endless, infinito. Un gioco dell’oca di antica memoria. In questo labirinto di Arianna dei giorni nostri una ricerca può trovare facilmente una mancanza pressoché totale di costrutto. Specie se si capita in una casella che ci rimanda agli inizi del gioco stesso.

Il nome – la citazione – di Ted Gunderson, detective che ha servito nell’FBI per molti anni specie in California, scatena una ridda, un’autentica panoplia, di rimandi, di piste, di link. Uno dei tanti ci porta ai cosiddetti Finders.

Se si digita infatti il lemma Finders vengono fuori – a fiorire come tante ninfe impazzite – una valanga sconfinata di voci le quali costituiscono solamente un vacuo “rumore bianco” indistinto.

Il link più gettonato che evidentemente pesca l’algoritmo del motore di ricerca ci riporta ad una serie televisiva americana appunto dal nome The Finders.

Ma altre voci, sebbene rare, ci portano dritti dritti ai Finders così intesi come un gruppuscolo tardo hippie.

Ab initio confessiamo di non cavarci da ciò il classico ragno dal buco. La storyboard è così convulsa, così intricata che è come star a pescare il classico ago nel pagliaio.

Nondimeno ci proviamo.

Chissà che la fortuna non arrida agli audaci.

Nell’ottobre del 1977 la TV statunitense NBC-TV[1] manda in onda un programma intitolato The Children and the CIA adombrando possibili collegamenti tra la CIA e certi campi estivi di soggiorno per la gioventù. Lo zampino della CIA stava legato a doppia mandata sia nell’attività di finanziamento a tali campi sia nel classico lavorio di reclutamento degli elementi giudicati “migliori” dall’agenzia…

Il particolare che ci ha colpito è stato l’emergere nella vicenda descritta dalla TV di due nomi che ebbero un ruolo nella costruzione dell’Arte della Magia nelle vicende sessantottine, e quindi da noi descritti nel nostro Sessantotto.[2]

Stiamo parlando del dottor Cameron che era a libro paga durante quel periodo alla Society for the Investigation of Human Ecology e che, di nuovo, nel periodo riportato dalla NBC-TV fungeva da erogatore dei fondi per i campi estivi.

Una coincidenza veder agir protagonisti sempiterni nell’Arte dei Vincoli e dei Legami?

Forse.

Ma stiamo a sentire che impressione ne ebbe Ted Gunderson a proposito di questa strana accolita chiamata The Finders:

«I Finders sono stati un “fronte operativo” fondato dalla CIA negli anni Sessanta che ebbe il lasciapassare di massimo grado nel precipuo compito di rapire e torturare giovani in tutti gli Stati Uniti d’America. I membri di tale gruppo erano stati scelti in quanto  devianti sessuali pronti a coinvolgere forzatamente i giovani “reclutati” in orge e omicidi rituali.

Marion David Pettie, il leader di questo “culto” era un omosessuale, pedofilo nonché appartenente ai ranghi della CIA. Il suo figlio militò nell’Air America, la compagnia aerea nota per aver fatto la spola per conto dei servizi americani tra il Triangolo d’Oro e Saigon durante la guerra del Vietnam al solo scopo di trafficare in stupefacenti».

Gunderson: un mitomane?

Staremo a vedere.

Fatto sta che la classica telefonata anonima scatenò un controllo della polizia nel febbraio del 1987 a Meyers Park, Tallahassee, Florida, in un gruppo di persone. L’indagine rivelò che un gruppo di giovani erano tenuti in stato di semi schiavitù da due adulti, membri dei Finders.

Da qui il detective Jim Bradley della polizia metropolitana di Washington, DC, si adoperò a fare un controllo simile nelle proprietà dei Finders della zona che ebbe la conseguenza di far scattare numerose accuse di sequestro di persona e circonvenzione di incapaci.

Un dettaglio interessante rivelato tramite il ritrovamento di un telex provava la “compera” di due adolescenti di Hong Kong da effettuare tramite un contatto dei Finders presente nella locale ambascita cinese.

Un altro elemento che combinava i Finders a quell’astrolabio della rivolta – il Sessantotto[3] – era la loro cristallina asserzione di voler rompere, come gruppo coeso, ogni paradigma sociale costituito.

Ed in effetti ci sono tutti gli elementi per farci intravedere questi Finders come almeno una propaggine di quel movimento che ha portato il Partito della Dissoluzione al potere in Occidente … e non solo lì.

I Finders – stando sempre a Pettie – erano prossimi a Dick Dabney, un beatnik della prima ora; erano versati nelle pratiche del taoismo, ammantati dall’ideologia pansessista di Wilhelm Reich, in consonanza con tematiche situazioniste, e in caudam semper stat venenum, a braccetto coi servizi segreti.

È lo stesso Pettie che millanta d’esser stato “corteggiato” dalla CIA ma lui a suo dire ha sempre opposto un netto rifiuto in quanto si riteneva non manovrabile in toto da quegli ambienti.

Deliri di un invasato?

Dichiarazioni di un paranoide come ce ne son tanti su internet?

Magari alla ricerca dei famosi 5 minuti di notorietà concessi a tutti seconda la nota massima warholiana?

Non sappiamo dirlo di preciso.

Stiamo a sentire ancora questa ricerca del tempo perduto di Pettie.

Ad un certo punto rammenta d’aver incontrato un tale che rispondeva apparentemente al nome di Joseph Chiang, un agente dei servizi cinesi operante sotto una copertura giornalistica. Con questo contatto sbocciarono “vicinanze” agli uomini dell’OSS e soprattutto a Charles E. Marsh il quale, a sua volta, aveva avuto come mentore nient di meno che il Colonnello Edward M. House, a lungo tempo éminence gris del presidente americano Woodraw Wilson. Marsh fece sì che Pettie potesse acquistare vasti appezzamenti di terreno ove far sorgere basi dei Finders anche e soprattutto con l’aiuto dell’accademico William Yandell Elliott dell’Università di Harvard.

Vi suona come un dejà vu?

Lo stupefacente abbraccio mortale tra Mondo della Sovversione Dissolutoria e Mondo Accademico era già venuto alla luce prepotentemente nel nostro studio del Sessantotto.[4]

Non finiscono qui le mirabilia a cui stiamo andando incontro.

Abbiamo pure la consonanza col mondo farmaceutico! Chi incontra Pettie se non un certo dottor Keith Arnold, basato (guarda caso!) ad Hong Kong per conto della Fondazione Roche?

Ci ricordiamo che l’LSD fu sintetizzata dalla Sandoz svizzera: svizzera come la Roche e farmaceutica appunto come la Hoffman-Roche.

Curioso no?

Non basta però ad esaurire la derivazione prettamente sessantottina di questo subcomandante dei Finders.

Il pilota privato di Billy Hitchcock era Wait Schneider, intimo amico di Pettie…[5]

Vale la pena di perseverare nell scandaglio di questo mare monstrum chiamato The Finders.

Se veniamo più verso i giorni nostri sarà facile accomunare per certi versi le vicende misteriose dei Finders con quelle altrettanto misteriose date dalla copertura che il “Washington Times” nell’articolo datato giugno del 1989 così intitolava: “Homosexual prostitution inquiry ensnares VIPs with Reagan, Bush: ‘Call boys’ took midnight tour of White House”.

L’articolo faceva riferimento agli echi suscitati da una estesissima indagine condotta da John DeCamp – ex senatore dello stato del Nebraska – su uno dei maggiori leader del partito Repubblicano coinvolto, a dire del DeCamp, in un pesantissimo giro di ricatti e sfruttamento sessuale ai danni di giovani di ambo i sessi.

Stessa identica cosa, mutatis mutandis, in Europa, con lo scandalo di Marc Dutroux in Belgio e recentissimamente con quello attinente alla figura del famoso presentatore della BBC, Jimmy Savile.

Oltre al Savile erano coinvolti il famoso comico Freddie Star e il cantante Gary Glitter, tanto che il responsabile della BBC George Entwistle ha definito l’accadimento come uno “tsunami di sporcizia” e “un pozzo senza fondo”.[6]

Ci par di vedere l’Esercizio di Vincoli e Legami nella gestione sapiente[7] di questi reti cultuali pedofile al servizio della Jet Society o è solo un miraggio di semplici ed insignificanti coincidenze, abbacinante quanto ingannatorio?

Cercheremo di vederlo nel prossimo capitolo.

E vedremo se questo presunto miraggio sarà o no la Lex Potentior.

Legge che gli iniziati oligarco-finanziari vogliono rendere quale minimo comune denominatore per chicchessia.[8] Abyssus vocat abyssum.

[1] Servizio le cui tematiche furono riprese più tardi dal “Washington Post” il 7 febbraio 1987.

[2] La punta dell’iceberg di quella lotta furibonda scatenata a partire dal ’68 per una presunta (quanto proditoria innanzitutto per il genere femminile) emancipazione della donna la si può toccar con mano ad esempio nelle vicenda delle due ragazzine romane che – si badi bene – di loro sponte, senza nessuna azione coercitiva da parte di nessun Padre Padrone, di nessuna opera da parte della Famiglia-Fascista-Reazionaria, hanno scelto liberamente di votarsi all’esercizio professionale della prostituzione. Le due minorenni, una delle quali in acerrima lotta con la sua madre che voleva costituire un argine contro tale débauche, hanno dichiarato di volersi emancipare, di gestire la propria vita, prostituendosi e spendendo i loro emolumenti così guadagnati in borse griffate e in stupefacenti! Come non ricordarsi di uno dei tanti slogan “vincenti” del ’68? La fantasia al potere! A questo proposito basta ricordare un testo come quello di Morton Schatzman dal titolo emblematico – La famiglia che uccide – Feltrinelli, Milano, 1974,  per delineare con quanto furore si sia scagliato l’attacco mortale contro l’istituzione familiare colpevole per questi figuri di ogni male possibile ed immaginabile.

[3] «Il momento più prossimo e più carico di significato a partire dal quale iniziare le nostre riflessioni è il 1968. Il Sessantotto è definibile come la più grave rivoluzione della storia in quanto alla rivoluzione religiosa di Lutero (che altera il rapporto fra uomo e Dio); alle rivoluzioni politiche del Seicento e del Settecento (che alterano e rescindono il rapporto tra Stato e Dio, fra politica e religione); alla rivoluzione sociale ed economica del 1917-8 che altera e sovverte alla radice il rapporto fra soggetto, famiglia, lavoro, Stato), a queste rivoluzioni – che rappresentano in realtà un unico processo – il Sessantotto si unisce come rivoluzione che sovverte l’ordine interiore del soggetto rovesciando l’alto e il basso, ponendo la sfera pulsionale, il desiderio, l’istinto come momenti normativi in grado di orientare il tutto della vita. Affetti, passioni, sentimenti, il mondo acefalo e irrazionale della pura istintualità, diventano sovrani e producono la prima non-civiltà istituzionalizzata, il primo luogo cioè in cui è impossbile educare, il primo luogo che pensa il disciplinamento della sfera pulsionale come male, come negazione dell’ordine stesso del valore», Matteo D’Amico, Sessualità, piacere, matrimonio: il Sessantotto come sovversione gnosticawww.effedieffe.com, accesso del 10 maggio 2013.

[4] Si avrà fatto caso che in seguito allo sciamare dell’ideologia psico-sociale sessantottina l’uso, il consumo e l’abuso di droghe non desta quasi più notizia, se non quella ricorrente della loro piena, aperta, cristallina legalizzazione urbi et orbi. Ciò si riflette anche nel linguaggio comune dei media. Il termine “tossico”, ad esempio, è del tutto scomparso. Non è più cool, come si suol dire. Essere tossico, appare, quasi lo standard, non è l’essere out come ai tempi della borghesia… Ad ogni incidente stradale mortale – un altro esempio – c’è l’immancabile sottolineatura del conducente ebbro sotto l’effetto dell’alcol ma raramente si presta attenzione che in realtà l’ebbrezza è data dal cocktail alcol più stupefacenti… Il culmine del doppiopesismo, della mistificazione lo raggiunge certamente l’ultimissimo tam-tam in ordine di apparizione dei media che vorrebbe il fumo della cannabis legalizzata en plein air. Dopo tante battaglie per la demonizzazione del fumo di sigaretta quale giustificazione si addita a favore del sano fumo della marijuana e dell’hascisch quando lo stesso fumare in caso del tabacco normale scatena le nevrastenie più radicali? Forse perché digià un anticipatore ante litteram del ’68, Walter Benjamin, cantava le lodi della morfina, della mescalina e dell’hascisch appunto, nel suo Sull’hascisch?

[5] Cfr. www.prisonplanet.com, accesso del 30 ottobre 2013.

[6] Tsunami di sporcizia che sta assumendo connotati spaventosi. In Svizzera ad esempio il governo ha respinto la legge che proibisce ai pedofili di lavorare coi bambini. Vedi anche Vogliono sdoganare la pedofilia, Italo Romano, www.stampalibera.com, accesso del 3 novembre 2013.

[7] Gestione sapiente dei “legami” che si dispiegò anche nel nostro Paese quando ad esempio fu arrestato in USA  Alessandro Moncini nel lontano 1988. Moncini fu colto in flagrante, stante a registrazioni effettuate dalle forze di polizia, mentre chiedeva il “recapito” di giovani ragazze destinate ad esser preda di efferate violenze. Al che un coro di “fraterna” solidarietà si elevò da Trieste, città da cui proveniva il Moncini, comprendente anche l’Arcivescovo locale, Monsignor Bellomi. Vedi Mark Burdman, The Case of Trieste Satanist Moncini, in “Executive Intelligence Review”, Volume 16, 27 gennaio 1989.

[8] L’affermazione non ha nulla di peregrino. L’esperienza de Il Forteto, di cui abbiamo già accennato, è la riprova che questa marea montante trova sponde accoglienti in vasti strati sia della popolazione che degli alti ranghi. Nei paesi scandinavi (vedi il gruppo femminista svedese Feminist Initiative che propugna addirittura la poligamia) esiste una forte propensione ad incentivare di pari passo la distruzione millimetrica di quel poco che rimane di sano nel concetto di famiglia e la costruzione dell’Impero della Dissoluzione: vedi l’infamante proposta di abolire dai documenti ufficiali la denominazione di padre e madre sostituendola con quella di genitore #1 e genitore #2.

Non solo.

Si sta promuovendo l’idea di obbligare i maschietti agli asili nido ed alle materne ad urinare da seduti come le femminucce onde non dar adito a “discriminazioni”. Di recente un padre, guarda caso: un italiano!, è stato punito con alcuni giorni di carcere per un semplice schiaffo dato a suo figlio in seguito ad una bizza di quest’ultimo: questo per sancire l’odio feroce per ogni potere costituito.

La Svezia non è nuova ad aberrazioni del genere. Già negli anni Trenta i coniugi Alva e Gunnar Myrdal, entrambi eletti nella fila del Partito socialdemocratico, furono convinti assertori di una aperta politica di sterilizzazione coatta degli individui considerati “inadeguati” o economicamente “improduttivi”.

Del resto, come sempre, l’America – per lo meno quell’America basata sui (dis)valoridifesi dalle Oriane Fallaci di turno… – ha fatto da battistrada in questo campo. Già nel 1993 “Time” dava conto del culto dei Children of God, chiamati anche The Family, che contava adepti in più di 70 paesi e membri stimati attorno alle 15.000 unità. Tale culto prevedeva l’uso del sesso smodato e senza limitazioni né freni di sorta per una schiera vastissima di adolescenti resi letteralmente schiavi. Barbara Rudolph, Family of Fear, “Time”, 13 settembre, 1993, p. 46.

Conte alla rovescia, di Giuseppe germinario

È iniziata la crisi di governo. Mi sarei aspettato ancora qualche mese di tregua. Non si sa ancora però da quale tetto partirà il conto alla rovescia; se da dieci o da quattrocento (giorni).Hanno pesato certamente le forzature istituzionali perpetrate continuamente da Matteo Salvini in questi mesi; come pure la sua progressiva attrazione verso la tradizionale componente associativa nel mondo economico e la sua enfasi retorica sempre più berlusconiana; come ancora i ritardi sulla autonomia differenziata. Due capi di Governo sono comunque troppi in un esecutivo. La sostanza delle cose è però ben altra. Dovesse precipitare in pochi giorni, entro il mese, lascerà diversi personaggi politici con il cerino acceso in mano.

  • Lascerebbe per strada i transfughi di Forza Italia, in particolare Toti e Carfagna, senza che siano riusciti a trovare un approdo certo o che abbiano il tempo necessario a costruirsi un naviglio da aggregare alla nave ammiraglia salviniana
  • Lascerebbe in mezzo al guado il M5S senza che abbia potuto costruire una strategia coerente tesa a contenere le perdite scegliendo con più chiarezza una delle sue due anime la convivenza delle quali avevano consentito il successo di appena diciotto mesi fa, stava logorando velocemente e inesorabilmente però il movimento, una volta salito al governo
  • Porrebbe definitivamente in un angolo la fazione democratica di Matteo Renzi, sino ad ora l’involontario ma più coerente sostenitore, pur dal campo avverso, del sodalizio gialloverde

Le modalità fratricide e violente di conduzione della campagna delle elezioni europee in seno al Governo, ad opera soprattutto del M5S e l’esito drammatico della competizione ai danni di quest’ultimo, sfavorevole indistintamente a tutto il variegato gruppo dirigente pentastellato, hanno dato l’avvio alle convulsioni. Volente o nolente stanno riducendo il M5S ad una delle componenti, probabilmente nemmeno la più importante, posizionate ad accerchiare e stringere nella morsa Salvini e la Lega. Una posizione scomoda che segnerà il carattere residuale se non la fine del movimento; un destino che lo accomuna a quello di Podemos in Spagna, France Insoumise in Francia e Syriza in Grecia. Non ostante i tardivi tentativi di recupero non pare in grado di mantenere i consensi nemmeno nella propria componente giustizialista e ambientalista.

Offre a Berlusconi la possibilità di compiere l’ultimo atto di raccolta dei cocci di Forza Italia, prima della sua definitiva estinzione. Un mero atto di testimonianza utile comunque a frenare il processo di rinnovamento del quadro politico italico

Se il M5S e Forza Italia si avviano al ruolo di comparse o di “utili idioti” lo scontro vero si concentrerà tra i due schieramenti principali.

La componente istituzionalista, impersonata dal Presidente della Repubblica Mattarella, dal Presidente del Consiglio uscente Giuseppe Conte, dal PD di Zingaretti da una parte e Lega e Fratelli d’Italia dall’altra. Tutti i passi di Giuseppe Conte, specie quelli in sede di Unione Europea, hanno operato nella direzione di questo movimento istituzionalista. Il frutto immediato sarà probabilmente un nuovo Governo Conte che porti, senza Salvini ministro, alle elezioni politiche. Lo schieramento opposto, però, più che il campo avverso si rivelerà il campo di battaglia dei due orientamenti opposti. La congiuntura internazionale, in particolare la permanenza almeno per un anno ancora di Trump alla Casa Bianca e la crisi violenta che dovrebbe colpire la Germania in Europa, potrebbe essere il grimaldello sufficiente a consentire il sopravvento della componente più “sovranista” nella compagine opposta e l’indebolimento delle componenti federaliste e veteroeuropeiste presenti in esso. Le accuse di filoputinismo rivolte a Salvini sono il classico richiamo alla moglie perché suocera (Trump) intenda. Elementi tutti da approfondire nei prossimi articoli

 

L’EUROPA E LA QUESTIONE TEDESCA, di Fabio Falchi

L’EUROPA E LA QUESTIONE TEDESCA

Il nuovo scontro tra Stati Uniti e Germania sulla missione marittima nello Stretto di Hormuz (missione pianificata da Washington per impedire che gli iraniani possano minacciare la libera navigazione in quello Stretto, attaccando o sequestrando delle petroliere come ritorsione per il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano del luglio 2015 – ossia dal Joint Comprehensive Plan of Action – nonché per le sanzioni adottate dagli americani contro l’Iran), è certamente un altro segno del deterioramento dei rapporti tra l’America e Unione Europea. Anche se Berlino afferma che questa missione (cui, se ci sarà, non è escluso che anche la Germania possa parteciparvi) non farebbe altro che gettare benzina sul fuoco, in realtà questo scontro tra la Germania e gli Stati Uniti ha un significato che va ben oltre la questione del nucleare iraniano. In gioco, infatti, vi sono interessi economici e questioni geopolitiche più importanti che la divergenza di opinioni sulla strategia da adottare nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. Per capirlo però occorre fare “qualche passo indietro”.
È noto che l’Unione Europea (e in particolare l’euro) avrebbe dovuto essere lo “strumento” politico-economico mediante il quale ancorare saldamente la Germania all’Atlantico dopo il crollo del Muro di Berlino e la scomparsa dell’Unione Sovietica. Invero, la Germania, ottenendo che l’Unione Europea fosse una “unione competitiva europea” anziché una vera “unione politica europea”, ha saputo usare questo “strumento” per diventare una grande potenza economica, caratterizzata da un enorme surplus della propria bilancia commerciale. Si tratta però di una mera crescita economica che, oltre a creare ogni genere di squilibri all’interno della stessa Unione Europea, ha danneggiato non solo i Paesi dell’area mediterranea ma pure l’economia degli Stati Uniti. In pratica, il cosiddetto “neomercantilismo” della Germania ha contribuito a trasformare l’Unione Europea in un mero “aggregato di Stati nazionali” in lotta tra di loro e al tempo stesso ha reso più tesi i rapporti tra l’UE e l’America. Una situazione resa ancora più complicata dalla vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali americane del novembre 2016, tanto che perfino l’attuale “attrito” tra l’Unione Europea e l’America è – almeno in parte – un “semplice riflesso” del durissimo scontro ai vertici del potere pubblico della grande potenza d’Oltreoceano (peraltro, anch’esso, come l’abnorme espansione della finanza rispetto alle forze produttive, un “segnale dell’autunno” della potenza egemone e indice di quella crisi di “sovraesposizione imperiale” dell’America già ben analizzata, sia pure nei suoi aspetti essenziali, dallo storico Paul Kennedy nel suo famoso libro “Ascesa e declino delle grandi potenze” pubblicato negli Ottanta del secolo scorso).
D’altra parte, è innegabile che sia ancora la NATO, ossia l’America, a garantire la sicurezza dei Paesi europei e che se l’UE è una nullità geopolitica e militare anche la Germania è pur sempre un nano geopolitico e militare. Insomma, se sotto il profilo economico l’UE è “egemonizzata” dalla Germania, sotto il profilo geopolitico e militare è ancora l’America che “detta legge” in Europa (né il direttorio franco-tedesco può cambiare granché al riguardo, nonostante la megalomania dell’inquilino dell’Eliseo che si illude che la Francia da sola possa controbilanciare la potenza economica della Germania, dato che la Francia è solo una media potenza, non certo una grande potenza, né militare né economica, da circa un secolo – d’altronde, la stessa force de frappe non è che una forza di “dissuasione nucleare”). Facile quindi capire perché Washington non sia disposta a tollerare una politica economica tedesca che danneggi l’America e che non perda occasione per rammentare alla Germania la sua condizione di “Stato vassallo”.
Invero, è la questione dell’atlantismo che è mutata di senso in questi ultimi anni. I dirigenti americani si rendono conto, infatti, che gli Stati Uniti non hanno i mezzi e le risorse per dominare l’intera scacchiera globale ovverosia per dominare l’America Latina, il continente africano, l’area del Pacifico, il Medio Oriente e l’Europa, allo scopo di contrastare l’ascesa della Russia e la Cina (ritenuta ormai anche dai “dem”, ossia i “circoli democratici” del deep State americano, una “potenza maligna”). In questo senso, il neoatlantismo (o neoimperialismo) di Trump si differenzia dall’euro-atlantismo, che è incentrato sul rapporto privilegiato tra America ed UE soprattutto in funzione antirussa. Tuttavia anche Trump, che verosimilmente non è ostile per principio nei confronti della Russia di Putin, sembra “prigioniero” dei falchi del gigantesco Warfare State americano che, come i “dem, ritengono ancora la Russia il nemico principale dell’America e quindi considerano i Paesi dell’UE alleati di fondamentale importanza. In effetti, uno degli scopi principali della NATO è quello di garantire che la Germania non possa varcare la “linea rossa” che separa l’UE dalla Russia. Il rischio, pertanto, secondo i “dem” e gran parte degli “strateghi” americani, è che la politica di Trump possa indebolire la posizione geostrategica dell’America in Europa e al tempo stesso impedire agli Stati Uniti di potere giocare la carta della “pax americana” in Medio Oriente (non si deve dimenticare che sono stati proprio “dem” a volere l’accordo sul nucleare iraniano), creando così una situazione di “caos geopolitico” di cui si potrebbe avvantaggiare solo la Russia.
In questo contesto, però è ovvio che il neoatlantismo di Trump costituisca pure una minaccia per la Germania, che grazie all’euro-atlantismo ha potuto conquistare la supremazia economica in Europa ma che non ha certo la “stazza” per confrontarsi direttamente con le grandi potenze (Stati Uniti, Russia, e Cina) e nemmeno la potenza militare per difendere i suoi interessi economici nel caso di un conflitto internazionale “ad alta intensità”. La strategia economica della Germania, imperniata non sulla crescita economica e geopolitica dell’Europa ma solo sulla crescita economica della Germania e sull’espansione ad Est della NATO, si sta pertanto imbattendo nei propri limiti, tanto che la Germania rischia di finire in una “trappola strategica”. Difatti, la stessa espansione ad Est della NATO rende praticamente impossibile la formazione di un asse geopolitico russo-tedesco, mentre la russofobia che caratterizza l’euro-atlantismo ha favorito la formazione di un asse russo-cinese. In sostanza, la Germania sembra ritenere di potere da un lato “inglobare” la Russia nello spazio geo-economico egemonizzato dai tedeschi (che si può definire il loro Lebensraum) e dall’altro “condizionare” la politica di Mosca mediante la NATO. Un disegno geopolitico che per realizzarsi esigerebbe non solo che la Russia cedesse alla pre-potenza della NATO ma che la potenza militare dell’America fosse “al servizio” degli interessi della Germania.
Ovviamente, sebbene non si possa certo affermare che i tedeschi dopo Bismarck si siano distinti per acume politico-strategico, anche i dirigenti tedeschi sono consapevoli dei rischi che corre la Germania per la sua debolezza geopolitica e militare. Tuttavia, questo non significa affatto che la Germania sia pronta a “smarcarsi” dagli Stati Uniti per trasformare l’Unione Europea in una grande potenza economica e militare. Questo è solo il “sogno” di coloro che pensano che le lancette della storia si siano fermate nell’agosto del 1939, cioè allorché fu firmato il patto Molotov-Ribbentrop. Di fatto, la Germania in questi anni si è solo limitata  a trarre il maggior profitto possibile dal declino relativo della grande potenza d’Oltreoceano, cercando sì di fare “affari” anche con la Russia, ma nel contempo adoperandosi in ogni modo per rafforzare l’area baltica, notoriamente la più russofoba d’Europa, a scapito di quella mediterranea (tanto da osteggiare il gasdotto South Stream per potere raddoppiare il gasdotto Nord Stream e diventare così l’unico Paese europeo in cui possa arrivare il gas russo). D’altro canto, non è certo un segreto che Berlino non ne vuole nemmeno sapere di una “visione geopolitica” europea, proprio come non ne vuole sapere di unico debito pubblico europeo (presupposto essenziale per una unione politica europea). Non a caso, perfino per quanto concerne l’accordo sul nucleare iraniano la Germania ha voluto ad ogni costo distinguere nettamente la sua posizione non solo da quella della Francia ma da quella della stessa UE. Ed è anche noto che la Germania vorrebbe, per sé non certo per l’UE, un posto tra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Pare lecito dunque affermare che il neoatlantsimo di Trump o, meglio, l’inizio di una fase geopolitica multipolare ha messo in luce la miopia politico-strategica della Germania che in questi anni ha buttato al vento l’occasione per diventare davvero egemone in Europa. Vale a dire che la Germania pare incapace di distinguere tra mero dominio (o supremazia) ed egemonia (nel senso forte del termine, ossia “gramsciano”), mentre la storia dell’Europa prova che nessuna potenza europea è in grado di “dominare” l’Europa (e si badi che senza il rafforzamento dell’area mediterranea non è possibile neppure creare uno spazio geopolitico “eurasiatico”, sia pure multipolare e in sé differenziato), mentre i conflitti o, se si preferisce, la “competizione” tra i vari Paesi europei non può che avvantaggiare una potenza non europea, ovvero gli Stati Uniti. Le conseguenze del fallimento politico-strategico della Germania (che sarebbe il terzo nel giro di un secolo!) potrebbero quindi avere conseguenze disastrose anche per gli altri Paesi europei.
Ciononostante, bisogna vedere anche l’altro lato della medaglia, dato che, se il declino relativo degli Stati Uniti sul piano geopolitico ha già portato alla formazione di nuovi centri di potenza sia a livello mondiale (Russia e Cina) che a livello regionale (India, Israele Turchia, Iran, ecc.), la crisi del sistema neoliberale occidentale ha portato alla nascita di forze politiche “populiste” (giacché il “populismo” non è che un effetto della crisi di un sistema politico che non sa risolvere i problemi che esso stesso genera), che hanno già messo forti radici in America e in Europa, benché non si possano definire, a differenza della Russia  e della Cina che sono centri di potenza anti-egemonici, delle forze politiche “anti-egemoniche”. In altri termini, si è in presenza di una fase di transizione egemonica, che è appena cominciata e che, anche se nessuno sa come finirà, probabilmente sarà di lunga durata e contrassegnata da aspri conflitti e perfino da nuove forme di guerra.
In definitiva, si può ritenere che anche la questione tedesca sia solo un aspetto di una questione ben più grande, ossia quella della civiltà europea, che verosimilmente si deciderà in questa fase di transizione egemonica. Non si deve ignorare, infatti, che geo-politica non è sinonimo di politica estera o di relazioni internazionali ma che in primo luogo designa il fatto che l’uomo non può che “abitare politicamente la terra”, ragion per cui non vi è transizione egemonica che non sia contraddistinta dalla nascita di nuovi “paradigmi” culturali e dalla scomparsa di altri. Del resto, che la crisi geopolitica dell’Europa sia anche una crisi della civiltà europea è ormai sotto gli occhi di chiunque, ad eccezione di coloro che non vogliono vedere o che pensano che i problemi si possano risolvere negando la realtà.
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