Paura di volare, di Roberto buffagni

Sulla no fly zone c’è un gioco degli equivoci intenzionale che però può scappare di mano perché in USA non c’è una amministrazione presidenziale coesa ma una guerra per bande nello Stato amministrativo. Zelensky la rivendica, il parlamento estone la vota, mille voci nei media la invocano; ma il segretario della NATO dice che non ci sarà mai, e il presidente USA ha chiarito da subito che non ci sarà intervento diretto USA in Ucraina (no-fly zone = scontro diretto fra aerei NATO/aerei russi e contraerea russa). Inciso: le forze NATO convenzionali presenti sul continente europeo NON sono in grado di affrontare la Russia, sul territorio russo o sul territorio ucraino. Per affrontare la Russia su territori europei in una guerra convenzionale sarebbe necessario: a) il coinvolgimento diretto delle FFAA turche b) una colossale proiezione di forza USA, ma gli USA devono attraversare il fossato atlantico e la Russia ha marina oceanica e aviazione tutt’altro che trascurabili, parliamo di migliaia di morti USA prima di mettere piede in Europa. Lo scopo del gioco poliziotto buono (no fly zone)/poliziotto cattivo (sì no fly zone, ma anche preannunci di false flag armi chimiche) sembra essere il seguente: a) confondere le idee ai russi, contagiarli con il caos decisionale b) indurre nei russi il timore che si giunga, anche per errore ed equivoco, a uno scontro diretto con la NATO che ovviamente ha conseguenze incalcolabili c) favorire il “partito della pace” russo, che nelle interpretazioni occidentali potrebbe pensare “abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, riduciamo gli obiettivi” d) destabilizzare il governo russo, se il “partito della pace” russo ne ha la forza, per esempio uccidendo o deponendo Putin e) mandare un messaggio alla Cina, “vuoi restare coinvolta in una guerra NATO-Russia? Costringi i russi a ridurre gli obiettivi”. Queste sono le interpretazioni razionali. Poi ci sono le interpretazioni di una posizione irrazionale che qui tralascio perché si può immaginare qualsiasi cosa, nell’ambito dell’irrazionale, anche che qualcuno in USA sia persuaso di avere la possibilità di uno “splendido first strike nucleare” sulla Russia e abbia deciso di ricorrervi valutando che spazzerà via il potenziale nucleare russo. Tutte le interpretazioni razionali dell’equivoco intenzionale sulla no-fly zone etc. presumono che i russi stiano sostanzialmente bluffando, quando dicono che sono pronti a reagire simmetricamente a iniziative militari NATO in Ucraina (segnali volontà russa: elevato lo stato di allerta nucleare, moniti che i campi di volo NATO da cui partissero aerei NATO diretti in Ucraina saranno considerati obiettivi militari legittimi). In sintesi si tratta di una operazione psicologica di brinkmanship, “Chi si spaventa prima? Vi spaventate prima voi, non avete le palle”. Essa NON tiene conto, o minimizza, tre fatti: a) la neutralità dell’Ucraina è un interesse vitale russo, i russi da 14 anni chiariscono che l’Ucraina come bastione militare occidentale al confine russo è categoricamente inaccettabile b) con l’invasione dell’Ucraina i russi si sono impegnati a fondo senza possibilità di ritorno. Una rinuncia agli obiettivi strategici essenziali destabilizzerebbe il governo russo, e NON è affatto detto che una diversa dirigenza sarebbe più moderata dell’attuale (anzi) c) i russi hanno constatato, in Jugoslavia, in Libia, in Irak, che l’istituzione di una no-fly zone è propedeutica alla destabilizzazione politica e alla escalation militare, non si vede perché le cose andrebbero diversamente in Ucraina. Quindi secondo il mio parere è una scommessa sbagliata (understatement). C’è un ulteriore serio problema. Nel corso della crisi missilistica cubana, Kennedy e Kruschev riuscirono a concordare una via d’uscita dallo stallo per via informale. Ciascuno dei due concesse qualcosa all’altro, e e le concessioni furono tenute segrete. Kennedy tolse i missili USA dalla Turchia, e avvertì Kruschev che se l’offerta fosse divenuta pubblica avrebbe dovuto rimangiarsela perché gli elettori e il sistema politico USA e non lo avrebbero accettato. Una via d’uscita analoga sembra del tutto impossibile oggi perché la fiducia reciproca USA-Russia è zero, soprattutto i russi NON possono fidarsi sia per l’esperienza degli anni trascorsi sia per il metodo adottato nella presente controversia che impedisce ai russi di fare affidamento sulle posizioni ufficiali americane. E’ quindi cruciale che uno o più paesi NATO europei importanti (non l’Estonia) si dichiarino ufficialmente irremovibilmente contrari alla no-fly zone e sollecitino una dichiarazione ufficiale in tal senso dal presidente USA. E’ cruciale ma non avverrà perché gli americani (le varie fazioni dello Stato amministrativo americano) stanno facendo fortissime pressioni sugli europei. A questo punto diventa veramente importante che i cittadini europei facciano una decisa, decisissima pressione sui politici che hanno votato, a qualsiasi partito appartengano, e gli facciano capire che non li voteranno MAI più se non alzano testa e voce e premono sul governo perché ufficialmente rifiuti l’ipotesi no-fly zone. Sennò resta solo la Madonna di Fatima. Pregarla fa sempre bene ma non si può scaricare tutto sul Piani Superiori.

PARTENDO DA ZANG TUMB TUMB E SALAMINI: TUDICIDIDE E LA GUERRA DEL PELOPONNESO (MENO STUPIDI DI COSÌ…) Di Massimo Morigi

 

PARTENDO DA ZANG TUMB TUMB E SALAMINI: TUDICIDIDE E LA GUERRA DEL PELOPONNESO (MENO STUPIDI DI COSÌ…)

Di Massimo Morigi

Nei commenti a ZANG TUMB TUMB E SALAMINI: PIÙ STUPIDI DI COSÌ SI MUORE avevo già segnalato nell’ “Italia e il Mondo” (URL http://italiaeilmondo.com/2022/03/04/zang-tumb-tumb-e-salamini-piu-stupidi-di-cosi-si-muore-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220311152949/http://italiaeilmondo.com/2022/03/04/zang-tumb-tumb-e-salamini-piu-stupidi-di-cosi-si-muore-di-massimo-morigi/ e screen shot: https://web.archive.org/web/20220311153000/http://web.archive.org/screenshot/http://italiaeilmondo.com/2022/03/04/zang-tumb-tumb-e-salamini-piu-stupidi-di-cosi-si-muore-di-massimo-morigi), l’articolo di Antonio de Martini sulla guerra russo-ucraina “LA CRISI UCRAINA E LO SCONTRO EST-OVEST. NON E’ TRA NOI E LA RUSSIA: E’ TRA RUSSIA E STATI UNITI & INGHILTERRA E CHI DIRIGE NON SONO GLI USA”, che oltre alla solita lucida analisi di De Martini, è stato in seguito anche accompagnato da interessanti considerazioni in merito ai rapporti fra politica e morale. Su questo intervento di De Martini ero quindi intervenuto già una volta sul “Corriere della Collera” di Antonio de Martini e sull’ “Italia e il Mondo” con considerazioni terra-terra ma ritengo non banali in merito ai pericoli dello schierarsi dell’Italia contro la Russia in una maniera così arrogante e spudorata (l’impegno del nostro paese di fornire armi all’Ucraina) da rischiare ad essere la prima della lista a subire un eventuale attacco atomico russo.

Ora ho postato sempre su questo articolo un altro commento, riguardo, appunto i rapporti fra politica e morale, non mettendoci, però di mio praticamente nulla ma affidandomi a Tucidide, che di questi rapporti aveva un’idea ben precisa e a buon ragione essendo in pratica il fondatore del pensiero realista.

L’URL del “Corriere della Collera” attraverso il quale si può leggere l’articolo di De Martini e del mio quasi nullo ultimo contributo al dibattito ma, ritengo, del definitivo ed illuminante riferimento tucidideo sull’argomento è https://corrieredellacollera.com/2022/03/03/la-crisi-ucraina-e-lo-scontro-est-ovest/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220311133951/https://corrieredellacollera.com/2022/03/03/la-crisi-ucraina-e-lo-scontro-est-ovest/, ma considerando il magistero tucidideo anche del tutto adeguato a rappresentare la visione del nostro blog non solo sulla guerra in corso ma anche sui rapporti fra legge e morale e forza in geopolitica e nei rapporti internazionali, posto questo mio commento anche come ideale chiusa al mio PARTENDO DA “UNA CIVILTÀ CHE SI SPEGNE” DI ROBERTO BUFFAGNI: SAM DUNN È MORTO (URL http://italiaeilmondo.com/2022/03/10/partendo-da-una-civilta-che-si-spegne-di-roberto-buffagni-sam-dunn-e-morto-di-massimo-morigi/ , Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220311155017/http://italiaeilmondo.com/2022/03/10/partendo-da-una-civilta-che-si-spegne-di-roberto-buffagni-sam-dunn-e-morto-di-massimo-morigi/) , rendendomi ben conto che ancora una volta non ho tenuto fede al mio impegno di tacere per un po’ su Ucraina e dintorni ma ne chiedo venia perché mi sono limitato a salire sulla spalla di un gigante la cui presenza, se fosse conosciuta e condivisa non dico a livello di massa ma da parte di coloro, il ceto semicolto di sinistra direbbe La Grassa, che si arrogano il diritto di condurre la pubblica opinione, li indurrebbero, forse, non dico ad analisi intelligenti (in fondo un venduto sia o meno semiacculturato o per niente acculturato è sempre un venduto) ma almeno, a pratiche comunicative più discrete e meno palesemente criminali come quelle presenti che puntano a far accettare anche l’idea di una guerra nucleare con l’Italia nel ruolo di vaso di coccio fra vasi di ferro e prima vittima sacrificale in caso di escalation nucleare. Ad ogni buon conto ecco il mio ultimo commento all’articolo di De Martini:

«Su quale sia il valore del diritto e della morale in geopolitica e nei rapporti internazionali e su quale sarebbe stato, al di là delle fantasie ideologiche, il destino dell’Italia nel caso avesse deciso di rimanere neutrale nella guerra russo-ucraina, citiamo, dalla Guerra del Peloponneso di Tucidide il dialogo fra gli ambasciatori ateniesi e i Meli (per chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo, la risposta per quanto riguarda l’Italia è nel paragrafo 116): «Poi gli Ateniesi mossero anche contro l’isola di Melo con 30 navi loro, 6 di Chio e 2 di Lesbo: vi erano imbarcati 1200 opliti ateniesi, 300 arcieri a piedi e 20 arcieri a cavallo; inoltre circa 1500 opliti forniti dagli alleati e dagli abitanti delle isole. I Meli, che sono coloni spartani, non volevano assoggettarsi, come facevano gli abitanti delle altre isole, al predominio di Atene; ma, dapprima, se ne stavano tranquilli, senza schierarsi né con gli uni né con gli altri; poi, siccome gli Ateniesi ve li costringevano tormentando il loro territorio, erano venuti a guerra aperta. Ordunque i generali ateniesi Cleomede, figlio di Licomede, e Tisia, figlio di Tisimaco, accampatisi nell’isola con le forze di cui si è parlato, prima di mettere a ferro e a fuoco il paese, mandarono un’ambasceria per intavolare trattative. I Meli, però, non li condussero davanti al consiglio popolare e li invitarono invece a esporre lo scopo della loro venuta alla presenza dei magistrati e dei maggiorenti. Allora gli inviati di Atene parlarono così: 85. “Poiché non volete che noi esponiamo le nostre ragioni davanti al popolo, per timore che esso si lasci ingannare una volta che abbia sentito le nostre argomentazioni serrate, persuasive e che non ammettono replica (infatti, è per tale scopo, lo comprendiamo che ci avete condotti davanti a questo ristretto consiglio), voi che qui siete adunati garantitevi una sicurezza ancor maggiore. Non aspettate nemmeno voi di dare una risposta unica e conclusiva; ma vagliate ciò che noi diciamo punto per punto e replicate subito se qualche affermazione vi pare poco opportuna. E, tanto per cominciare, diteci se la nostra proposta incontra il vostro favore.” 86. 1 consiglieri dei Meli risposero così: “Sulla opportunità che i vari punti siano vicendevolmente chiariti in tutta tranquillità, non c’è nulla da obiettare sennonché, la guerra ormai è alle porte; non è solo una minaccia e questo, pare, non si accorda con quanto proponete. Noi vediamo, infatti, che siete venuti in veste di giudici di ciò che si dirà e che, alla conclusione, questo colloquio porterà a noi la guerra se com’è naturale, forti del nostro diritto, non cederemo; se invece accetteremo, avremo la schiavitù”. 87. Ateniesi: “Se, dunque, siete convenuti per fare sospettose supposizioni riguardo al futuro o per altre ragioni, piuttosto che per esaminare la situazione concreta che avete sotto gli occhi e prendere una decisione che comporta la salvezza della vostra città, possiamo far punto; se, invece, quest’ultimo è lo scopo del convegno, noi siamo pronti a continuare il discorso”. 88. Meli: “È naturale, e merita anche scusa, che quando ci si trova in simili frangenti si volgano parole e pensieri in mille parti: tuttavia,, questa riunione ha come primo intento la salvezza: e il colloquio si svolga pure, se vi pare; nel modo da voi suggerito”. 89. Ateniesi: “Da parte nostra, non faremo ricorso a frasi sonanti; non diremo fino alla noia che è giusta la nostra posizione di predominio perché abbiamo debellato i Persiani e che ora marciamo contro di voi per rintuzzare offese ricevute: discorsi lunghi e che non fanno che suscitare diffidenze. Però riteniamo che nemmeno voi vi dobbiate illudere di convincerci coi dire che non vi siete schierati al nostro fianco perché eravate coloni di Sparta e che, infine, non ci avete fatto torto alcuno. Bisogna che da una parte e dall’altra si faccia risolutamente ciò che è nella possibilità di ciascuno e che risulta da un’esatta valutazione della realtà. Poiché voi sapete tanto bene quanto noi che, nei ragionamenti umani, si tiene conto della giustizia quando la necessità incombe con pari forze su ambo le parti; in caso diverso, i più forti esercitano il loro potere e i piú deboli vi si adattano”. 90. Meli: “Orbene, a nostro giudizio almeno, l’utilità stessa (poiché di utilità si deve parlare, secondo il vostro invito, rinunciando in tal modo alla giustizia) richiede che non distruggiate quello che è un bene di cui tutti possono godere; ma quando qualcuno si trova nel pericolo, non gli sia negato ciò che gli spetta ed è giusto; e anche, per quanto deboli siano le sue ragioni, possa egli trarne qualche vantaggio, convincendone gli avversari. Questa politica sarà soprattutto utile per voi, poiché, in caso di insuccesso, servirete agli altri d’esempio per l’atroce castigo”. 91. Ateniesi: “Non siamo preoccupati, anche se il nostro impero dovesse crollare, per la sua fine: poiché, per i vinti, non sono tanto pericolosi i popoli avvezzi al dominio sugli altri, come ad esempio, gli Spartani (d’alra parte, ora, noi non siamo in guerra con Sparta), quanto piuttosto fanno paura i sudditi, se mai, assalendo i loro dominatori, riescano a vincerli. Ma, se è per questo, ci si lasci pure al nostro rischio. Siamo ora qui, e ve lo dimostreremo, per consolidare il nostro impero e avanzeremo proposte atte a salvare la vostra città, poiché noi vogliamo estendere il nostro dominio su di voi senza correre rischi e nello stesso tempo salvarvi dalla rovina, per l’interesse di entrambe le parti”. 92. Meli: “E come potremmo avere lo stesso interesse noi a divenire schiavi e voi ad essere padroni?”. 93. Ateniesi: “Poiché voi avrete interesse a fare atto di sottomissione prima di subire i più gravi malanni e noi avremo il nostro guadagno a non distruggervi completamente”. 94. Meli: “Sicché non accettereste che noi fossimo, in buona pace, amici anziché nemici, conservando intatta la nostra neutralità?”. 95. Ateniesi: “No, perché ci danneggia di più la vostra amicizia, che non l’ostilità aperta: quella, infatti, agli occhi dei nostri sudditi, sarebbe prova manifesta di debolezza, mentre il vostro odio sarebbe testimonianza della nostra potenza”. 96. Meli: “E i vostri sudditi sono così ciechi nel valutare ciò che è giusto, da porre sullo stesso piano le città che non hanno con voi alcun legame e quelle che, per lo più vostre colonie, e alcune addirittura ribelli, sono state ridotte al dovere?”. 97. Ateniesi: “Essi pensano che, tanto agli uni che agli altri, non mancano motivi plausibili per difendere la loro causa; ma ritengono che alcuni siano liberi perché sono forti e noi non li attacchiamo perché abbiamo paura. Sicché, senza contare che il nostro dominio ne risulterà più vasto, la vostra sottomissione ci procurerà maggior sicurezza; tanto più se non si potrà dire che voi, isolani e meno potenti di altri, avete resistito vittoriosamente ai padroni del mare”. 98. Meli: “E con l’altra politica, non pensate di provvedere alla vostra sicurezza? Poiché voi, distogliendoci dal fare appello alla giustizia, ci volete indurre a servire alla vostra utilità, bisogna pure che noi, qui, a nostra volta, cerchiamo di persuadervi, dimostrando qual è il nostro interesse e se per caso non venga esso a coincidere anche con il vostro. Or dunque tutti quelli che ora sono neutrali non ve li renderete nemici, quando, osservando questo vostro modo di agire, si faranno la convinzione che un giorno voi andrete anche contro di loro? E in questo modo, che altro farete voi se non accrescere i nemici che già avete e trascinare al loro fianco, pur contro voglia, coloro che fino ad ora non ne avevano avuto nemmeno l’intenzione?”. 99. Ateniesi: “No, perché non riteniamo per noi pericolosi quei popoli che abitano sul continente e che, per la libertà che godono, ci vorrà dei tempo prima che facciano a noi il viso dell’armi; sono piuttosto gli abitanti delle isole che ci fanno paura; quelli che, qua e là, come voi, non sono sottomessi ad alcuno; e quelli che mal si rassegnano ormai ad una dominazione imposta dalla necessità. Costoro, infatti, molto spesso affidandosi ad inconsulte speranze, possono trascinare se stessi in manifesti pericoli e noi con loro”. 100. Meli: “Ordunque, se voi affrontate cosi gravi rischi per non perdere il vostro predominio e quelli che ormai sono vostri schiavi tanti ne affrontano per liberarsi di voi, non sarebbe una grande viltà e vergogna per noi, che siamo ancora liberi, se non tentassimo ogni via per evitare la schiavitù?”. 101. Ateniesi: “No; almeno se voi deliberate con prudenza: poiché questa non è una gara di valore tra voi e noi, a condizione di parità, per evitare il disonore; ma si tratta, piuttosto, della vostra salvezza, perché non abbiate ad affrontare avversari che sono di voi molto più potenti”. 102. Meli: “Ma sappiamo pure che le vicende della guerra prendono talvolta degli sviluppi più semplici che non lasci prevedere la sproporzione di forze fra le due parti. Ad ogni modo, per noi cedere subito significa dire addio a ogni speranza: se, invece, ci affìdiamo all’azione, possiamo ancora sperare che la nostra resistenza abbia successo”. 103. Ateniesi: “La speranza, che tanto conforta nel pericolo, a chi le affida solo il superfluo porterà magari danno, ma non completa rovina. Ma quelli che a un tratto di dado affidano tutto ciò che hanno (poiché la speranza è, per natura, prodiga) ne riconoscono la vanità solo quando il disastro è avvenuto; e, scoperto che sia il suo gioco, non resta più alcun mezzo per potersene guardare in futuro. Perciò, voi che non siete forti e avete una sola carta da giocare, non vogliate cadere in questo errore. Non fate anche voi come i più che, men- tre potrebbero ancora salvarsi con mezzi umani, abbandonati sotto il peso del male i motivi naturali e concreti di sperare, fondano la loro fiducia su ragioni oscure: predizioni, vaticini, e altre cose del genere, che incoraggiano a sperare, ma poi traggono alla rovina”. 104. Meli: “Anche noi (e potete ben crederlo) consideriamo molto difficile cimentarci con la potenza vostra e contro la sorte, se non sarà ad entrambi ugualmente amica. Tuttavia abbiamo ferma fiducia che, per quanto riguarda la fortuna che procede dagli dèi, non dovremmo avere la peggio, perché, fedeli alla legge divina, insorgiamo in armi contro l’ingiusto sopruso; quanto al- l’inferiorità delle nostre forze, ci assisterà l’alleanza di Sparta, che sarà indotta a portarci aiuto, se non altro, per il vincolo dell’origine comune e per il sentimento d’onore. Non è, dunque, al tutto priva di ragione la nostra audacia”. 105. Ateniesi: “Se è per la benevolenza degli dèi, neppure noi abbiamo paura di essere da essi trascurati; poiché nulla noi pretendiamo, nulla facciamo che non s’accordi con quello che degli dèi pensano gli uomini e che gli uomini stessi pretendono per sé. Gli dèi, infatti, secondo il concetto che ne abbiamo, e gli uomini, come chiaramente si vede, tendono sempre, per necessità di natura, a dominare ovunque prevalgano per forze. Questa legge non l’abbiamo istituita noi , non siamo nemmeno stati i primi ad applicarla; così, come l’abbiamo ricevuta e come la lasceremo ai tempi futuri e per sempre, ce ne serviamo, convinti che anche voi, come gli altri, se aveste la nostra potenza, fareste altrettanto. Da parte degli dèi, dunque, com’è naturale, non temiamo di essere in posizione di inferiorità rispetto a voi. Per quel che riguarda l’opinione che avete degli Spartani, e sulla quale basate la vostra fiducia che essi accorreranno in vostro aiuto per non tradire l’onore, noi vi complimentiamo per la vostra ingenuità, ma non possiamo invidiare la vostra stoltezza. Gli Spartani, infatti, quando si tratta di propri interessi e delle patrie istituzioni, sono più che mai seguaci della virtù; ma sui loro rapporti con gli altri popoli, molto ci sarebbe da dire: per riassumere in breve, si può con molta verità dichiarare che essi, più sfacciatamente di tutti i popoli che conosciamo, considerano virtù ciò che piace a loro e giustizia ciò che loro è utile: un tal modo di pensare, dunque, non s’accorda con la vostra stolta speranza di salvezza. 106. Meli: Anzi, è proprio questa la ragione che ci infonde la massima fiducia in quello che è un effettivo interesse loro: non vorranno essi, tradendo i Meli che sono loro coloni, suscitare il sospetto fra i Greci amici e favorire in tal modo i loro nemici”. 107. Ateniesi: “Voi, dunque, non siete convinti che l’interesse di un popolo si identifica con la sua sicurezza, mentre giustizia e onestà si servono a rischio di pericoli: e questo è un coraggio che, di solito, gli Spartani assolutamente non dimostrano”. 108. Meli: “Eppure noi siamo sicuri che, per la causa nostra, essi affronteranno più volentieri anche i pericoli e meno gravi li giudicheranno in confronto agli altri; perché, come campo di azione, siamo vicini al Peloponneso e, per disposizione d’animo, data la comune origine, diamo una garanzia di fedeltà maggiore degli altri”. 109. Ateniesi: “Non è tanto la simpatia di coloro che invocano l’aiuto che garantisce la sicurezza di chi si accinge a portarlo, quanto, piuttosto, la superiorità effettiva delle loro forze: a questo gli Spartani badano anche più degli altri (non si fidano, si vede, della propria potenza e, per marciare contro i vicini, hanno bisogno dell’appoggio di molti alleati); sicché non c’è da pensare che essi facciano uno sbarco in un’isola, quando siamo noi i padroni del mare”. 110. Meli: “Potrebbero, però, incaricare altri dell’impresa: è vasto il mare di Creta, e sarà meno facile ai padroni del mare intercettare i convogli nemici, che a questi mettersi in salvo se vogliono non farsi scorgere. E se anche qui dovessero fallire, potrebbero volgersi contro il vostro paese e contro quello dei vostri alleati che non sono stati attaccati da Brasida; e così voi dovreste combattere non tanto per un paese estraneo, quanto per difendere i vostri alleati e il vostro stesso paese”. 111. Ateniesi: “In tal caso non si tratterebbe di una esperienza nuova, nemmeno per voi, che ben sapete come gli Ateniesi non si siano mai ritirati da alcun assedio, per paura d’altri. Osserviamo, invece, che, mentre dicevate di voler deliberare per la vostra salvezza, nulla in così lungo colloquio avete ancora detto, che possa giustificare in un popolo la fiducia e la certezza che esso verrà salvato dalla rovina: la vostra massima sicurezza è affidata a speranze che si volgono al futuro; le forze di cui al momento disponete non sono sufficienti a garantirvi la vittoria su quelle che, già ora, vi sono contrapposte. Darete, quindi, prova di grande stoltezza di mente, se anche dopo che ci avrete congedati, non prenderete qualche altra decisione che sia più saggia di queste. Poiché non dovrete lasciarvi fuorviare dal punto d’onore che tanto spesso porta gli uomini alla rovina tra pericoli inevitabili e senza gloria. Molti, infatti, che pur vedevano ancor chiaramente a quale sorte correvano, furono attirati da quello che noi chiamiamo sentimento d’onore, dalla suggestione di un nome pieno di lusinghe; sicché, soggiogati da quella parola, in effetto piombarono ad occhi aperti in mali senza rimedio, attirandosi un disonore più grave di quello che volevano fuggire, perché frutto della loro stoltezza, non imposto dalla sorte. Da questo errore voi vi guarderete, se intendete prendere una buona decisione; e converrete che non ha nulla di infamante il riconoscere la superiorità della città più potente di Grecia, che ha propositi di moderazione; diventarne alleati e tributari, conservando la sovranità nel vostro paese. Dato che vi si offre la scelta tra la guerra e la vostra sicurezza, non ostinatevi nel partito peggiore: il massimo successo arriderà sempre a quelli che si impongono a chi ha forze uguali, mentre con i più forti si comportano onorevolmente e quelli più deboli trattano con moderazione e giustizia. Riflettete, dunque, anche quando noi ci ritireremo; ripetetevi spesso che è per la patria vostra che deliberate; che la patria è una sola, e la sua sorte da una sola deliberazione sarà decisa, di salvezza o di rovina”. 112. Gli Ateniesi si ritirarono dalla sala del convegno; e i Meli, restati soli, constatato che il loro punto di vista rimaneva presso a poco quale l’avevano esposto, formularono questa risposta: “Noi, o Ateniesi, non la pensiamo diversamente da prima; né mai ci indurremo a privare della sua libertà, in pochi momenti, una città che ha già 700 anni di vita, ma, fidando nella buona sorte che fino ad oggi, con l’aiuto degli dei, l’ ha salvata e nell’appoggio degli uomini, specie di Sparta, faremo di tutto per conservarla. Vi proponiamo la nostra amicizia e neutralità, a patto che vi ritiriate dal nostro paese, dopo aver concluso degli accordi che diano garanzia di tutelare gli interessi di entrambe le parti”. 113. Tale fu la risposta dei Meli; e gli Ateniesi, mettendo fine ormai al colloquio, dissero: “A quanto pare, dunque, da queste decisioni, voi siete i soli a considerare i beni futuri come più evidenti di quelli che avete davanti agli occhi; mentre con il desiderio voi vedete già tradotto in realtà ciò che ancora è incerto e oscuro. Orbene, poiché vi siete affidati agli Spartani, alla fortuna e alla speranza, e in essi avete riposto la fiducia più completa, altrettanto completa sarà pure la vostra rovina”. 114. Gli inviati di Atene se ne tornarono, quindi, all’accampamento; e i generali allora, vedendo che i Meli non volevano sentir ragione, subito si accinsero ad atti di guerra, e, ripartitisi per città i vari settori, costruirono un muro tutto intorno ai nemici. Poi gli Ateniesi lasciarono in terra e sul mare un presidio formato di soldati loro e alleati; quindi, con la maggior parte delle truppe si ritirarono. La guarigione rimasta sul posto continuò l’assedio. 115. Nello stesso periodo di tempo, gli Argivi fecero irruzione nel territorio di Fliunte; ma, sorpresi in un’imboscata dai Fliasii, che erano rinforzati dagli esuli di Argo, lasciarono sul terreno circa 80 uomini. Gli Ateniesi, rientrati da Pilo, avevano portato un ricco bottino degli Spartani; questi, però, anche così rifiutarono di rompere la tregua e far guerra aperta; tuttavia fecero proclamare per mezzo di araldi che autorizzavano chiunque volesse dei loro a depredare gli Ateniesi; i Corinzi per delle divergenze particolari dichiararono guerra ad Atene: tutto il resto del Peloponneso se ne stava tranquillo. Una notte i Meli attaccarono quella parte del muro degli Ateniesi che guardava la piazza del mercato e l’espugnarono: uccisero alcuni difensori, introdussero in città viveri e tutto quanto poterono trovare di generi utili, quindi si ritirarono e stettero all’erta. Gli Ateniesi, in seguito, provvidero a migliorare il servizio di guardia. Intanto anche l’estate volgeva al termine. 116. Nell’inverno seguente gli Spartani fecero i preparativi per una irruzione nell’Argolide; ma, siccome i sacrifici fatti sui confini per il successo della spedizione non erano risultati favorevoli, si ritirarono. Gli Argivi allora, in seguito a questo tentativo, sospettarono di complicità alcuni dei loro concittadini: qualcuno fu arrestato, qualche altro si diede alla fuga. Nella stessa epoca, i Meli con un nuovo assalto espugnarono un’altra parte del muro ateniese, approfittando che le guardie non erano numerose. Ma più tardi, siccome questi tentativi si ripetevano, venne da Atene una seconda spedizione, al comando di Filocrate, figlio di Demeo; sicché, stretti ormai da un assedio molto rigoroso, ed essendosi anche inoltrato il tradimento, i Meli si arresero senza condizioni agli Ateniesi. Questi passarono per le armi tutti gli adulti caduti nelle loro mani e resero schiavi i fanciulli e le donne: quindi occuparono essi stessi l’isola e più tardi vi mandarono 500 coloni.». Null’altro da aggiungere. Massimo Morigi – 11 marzo 2022»

ETHNOS E STATO, di Daniele Lanza

ETHNOS E STATO (1 di 2)
(alle radici degli etnonazionalismi d’Europa orientale, con attenzione al caso ucraino) [da LEGGERE, può essere illuminante]
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Introduzione
Nodo di Gordio (diciamo). Le difficoltà nel tormentato processo di negoziazione nella crisi in corso hanno molteplici cause : una di esse – direi quella cardine, ma che stenta ad imporsi nella narrativa d’occidente – si colloca nella più intima sfera della società ucraina ed è qualcosa che inibisce dal comunicare propriamente col vicino russo.
Si potrebbe quasi affermare che l’attuale classe politica di questo paese – al potere da oramai molti anni – è quasi ontologicamente inadatta (per sua stessa natura cioè), inadeguata al dialogo con Mosca. Questo si deve ad un genoma ideologico del tutto anomalo rispetto all’Europa di cui vorrebbe – paradossalmente – fare parte, denso di elementi identitari le cui origini variano a seconda di luogo e tempo, ma che prese tutte assieme vanno a comporre l’agglomerato che chiameremmo “nazionalismo ucraino”.
L’espressione ultima è evocata continuamente in questi giorni (intensità massima da parte russa e minima da parte occidentale) tanto da risultarne quasi banalizzata…….cerchiamo di fare un minimo di chiarezza sulla questione ora.
Premessa :
A beneficio di chi legge e ad onore della verità – a prescindere da come ci si rapporti al nazionalismo ucraino nello specifico – occorre innanzitutto ricordare un dato essenziale che concerne il contesto più ampio : si intende dire che l’intera Europa orientale, presa nella sua totalità, vede una maggiore frequenza di tali fenomeni nazionalistici ed identitari rispetto alla zona più occidentale dell’Europa. L’elenco di sigle e correnti (parlamentari e non) distribuite su tutto l’arco di paesi dell’ex patto di Varsavia sarebbe lungo : si inizia dalle provincie dell’ex Germania orientale coi suoi rigurgiti neonazisti, ai nazional-cattolici polacchi, per poi dirigersi a nord tra i paesi baltici che commemorano le proprie formazioni SS durante l’ultimo conflitto mondiale e invece a sud, nei Balcani, lo strabiliante particolarismo etno nazionalista emerso sin dalla conclusione del sistema socialista nei primissimi anni 90. L’Ucraina non fa eccezione, ma anzi rientra in tutto nella media di un quadro molto più vasto….di un brodo di coltura comune, potremmo anche dire.
Le ragioni autentiche di questo brodo di coltura – volessimo indagarne le radici ultime – sono antiche e vanno ben oltre gli slogan e i gesti ispirati ai regimi totalitari del XX secolo che tutti conosciamo : il fatto centrale è che il quadrante più orientale d’Europa vede un percorso di sviluppo sociopolitico differente rispetto al suo analogo occidentale già a partire dalla tarda età moderna e per tutta quella contemporanea (gli ultimi 250 anni). Mentre l’Europa occidentale, affacciata all’oceano si lancia nella sua conquista del mondo forgiando imperi oltremare di dimensioni continentali che vanno ad investire giocoforza altri contesti geografici e culturali (e venendone a sua volta influenzati), viceversa gli stati e le società dell’oriente europeo, fisicamente limitati in questo senso ovvero sprofondati in un loro isolamento continentale, mantengono e sviluppano una visione più autoctona del mondo. Per esprimerla in altre parole, l’est Europa percorre un sentiero divergente rispetto al processo di globalizzazione capitanato dal fulcro anglo/franco/ispanico che già prende forma nei secoli dell’età moderna (il cui prodromo sono le scoperte geografiche che mettono fine al medioevo, per andare ancora più indietro).
Individuiamo quindi in questo primo momento – che si dispiega nel corso di secoli – il primo tassello di una differenza evolutiva profonda nella sfera psicosociologica di est e ovest europeo : se è vero che i nazionalismi emergono tanto ad occidente quanto ad oriente è utile notare che il carattere più duro e premoderno lo mantengono quelli d’oriente, meno abituati al confronto col cosmopolitismo che avviene nel corso del tempo per chi si affaccia all’oceano nella sua conquista coloniale planetaria (considerazione che sfiora l’elementare eppure trascurata).
A questo macro fattore si assomma inoltre una divergenza sostanziale data dall’imperfetta sintonia tra evoluzione delle strutture politiche e della psiche collettiva (comparativamente). Proviamo a spiegarci più chiaramente : la diversità di fondo di cui si è parlato si mantiene anche entrando nell’età contemporanea e anzi si accentua proprio in concomitanza con gli eventi cardine che inaugurano il XIX secolo, quando il fenomeno della grande rivoluzione (“Rivoluzione francese” sui nostri manuali) ridefinisce il concetto di nazionalità nella cultura europea, donandogli un carattere civile, che combaci col concetto legale di stato. Tale “nazionalismo civico” posteriore al 1789 si diffonde al di fuori della Francia durante l’era napoleonica lasciando la propria eredità in tutto il continente, non priva tuttavia di un’asimmetria profonda che emergerà nel secolo a seguire : nel contesto occidentale il vibrante risveglio delle identità nazionali riesce in qualche modo ad svilupparsi e ramificarsi in sinergia con le strutture dello stato contemporaneo (parlamentare, via via democraticizzato col passare delle generazioni) mentre ad oriente il risveglio identitario in questione è un fenomeno che si manifesta al di fuori di un forte e condiviso contesto statale, essenzialmente indipendente dall’idea di statalità : questo è naturale se si considera la parcellizzata natura degli imperi multinazionali nell’Europa centro-orientale del XIX secolo. Al reazionario paternalismo di questi ultimi – contestato dai più, prima e dopo – va a sostituirsi la tempesta imprevedibile dell’etnia quindi.
Un nazionalismo popolare, scisso (o non ben amalgamato) dal più secolarizzato e organizzato concetto di istituzioni, che vede il primato dell’ETHNOS rispetto allo STATO : un arcaico diritto del sangue che prescinde/pervade quello civile (…).
Questo è quanto oggi chiamiamo ETNONAZIONALISMO, nel gergo comune.
Non è un caso se si usa tale parola per riferirsi preferibilmente ai fenomeni identitari nell’Europa orientale contemporanea : espressione pressochè assente nel frasario abituale fino ai conflitti balcanici dei primissimi anni 90 vivi ancora nella memoria di tutti (anche se in realtà lo si può usare retroattivamente per tutti i frangenti storici che vedono insorgenze etniche negli ultimi secoli). Rispetto al “nazionalismo civico” che tende a promuovere un patriottismo istituzionale basato sulla ricerca dell’unità, l’etnonazionalismo si definisce al contrario nel conflitto contro il diverso da sé, contro la “tribù differente” che ci è vicina.
Il caso UCRAINO non è diverso da altri (fatta eccezione per le dimensioni dell’areale in questione rispetto ad altri più piccoli nei Balcani)

 

L’intervento militare russo in Ucraina – una vista dall’alto_The Saker

L’intervento militare russo in Ucraina – una vista dall’alto

L’intervento militare russo in Ucraina – una vista dall’alto

Oggi, al posto del commento sugli ultimi sviluppi sul terreno, voglio fare un passo indietro e rivedere pochi, ma credo assolutamente fondamentali, aspetti dell’operazione militare russa non solo in Donbass ma nell’intera Ucraina. Iniziamo da qui:

Quali erano gli scopi generalmente attesi dell’operazione?

Va beh, c’è UN SACCO di sciocchezze scritte su questo, perciò ho bisogno di chiarire qualche punto fondamentale.

Per prima cosa, NESSUNO aveva ALCUNA idea del piano reale fino a quando tale piano non è stato deciso. Permettetemi di chiarire cosa intendo. Putin, il Cremlino o lo Stato Maggiore non avevano “un piano”, non è così che funziona. In particolare, lo Stato Maggiore russo ha il compito di preparare piani per quasi QUALSIASI evenienza. Allora, immaginiamo che, nel caso dell’Ucraina, avessero la scelta fra 12 piani possibili. Quello che poi è successo è che, dopo essere stato informato completamente sulla situazione, Putin, in qualità di comandante in capo, avrebbe selezionato uno di questi piani e dato l’ordine di eseguirlo. A quel punto, un certo numero di messaggi codificati, vengono spediti alle varie sub-unità, unità e formazioni con l’ordine di aprire uno specifico insieme di istruzioni. Queste istruzioni danno i primi ordini per tutte le sub-unità, unità e formazioni coinvolte.

Che si aspettava la gran parte degli analisti? Alcune opzioni erano:

  • La Russia avrebbe aspettato l’attacco dell’Ucraina contro le LDNR, e poi le avrebbe assistite in modi che variavano dall’assistenza indiretta, a quella negabile plausibilmente, al sostegno di un intervento nelle LDNR a vasto raggio.
  • Le opinioni erano divise su quanto lontano si sarebbero spinti i russi. Personalmente, credevo che probabilmente avrebbero liberato la regione di Donetsk e Lugansk, liberato Mariupol e poi si sarebbero trincerati. Mi sono sbagliato di molto, per usare un eufemismo.

Quella operazione per “liberare le LDNR dai continui attacchi” non è mai avvenuta. Putin non ha mai dato quell’ordine. Questo è assolutamente cruciale da capire.

==>Ancora, quell’ordine non è mai arrivato.<==

Le UNPA in Croazia, adesso “libere dai serbi”, grazie alla NATO

Invece, parole sue, Putin è arrivato alla conclusione che se le LDNR (eventualmente assistite dalla Russia) si fossero mosse fino ai confini amministrativi, si sarebbe aperto un lungo fronte in cui l’assistenza occidentale sarebbe afflita in massa. Lui sapeva anche che le forze ucraine in Donbass erano molto concentrate, pesantemente armate e “motivate”, se necessario, da molti gruppi di nazisti. In effetti, circa il 60-75% di tutte le forze ucraine erano appostate [in inglese] per un attacco lampo sullo stile della “Operazione Tempesta” eseguita dalla NATO contro i civili serbi delle aree protette dall’ONU (le UNPA) in Croazia. Secondo almeno un analista ben informato, l’operazione era pianificata per il 25 febbraio. Se ciò è vero, vuol dire che la Russia ha anticipato l’attacco ucraino.

Ma questo non è cruciale, ciò che importa è l’ordine effettivamente dato da Putin alle forze armate russe. Che NON era “sostenete le LDNR e respingete le linee ucraine”. L’ordine dato da Putin era completamente diverso:

  • Disarmate l’Ucraina
  • Denazificate l’Ucraina

La prima cosa da capire è che un’operazione per sbloccare le LDNR sarebbe avvenuta principalmente a livello tattico, eventualmente col successivo sviluppo a livello operativo (come una chiusura delle forze ucraine nel calderone del Donbass). Ma entrambi gli ordini parlano di “Ucraina” e non di “Donbass”.

Ciò vuol dire che, per definizione, l’ordine che ha dato Putin era di un’operazione a livello strategico, che copriva l’intero territorio dell’Ucraina.

In altre parole, in tutte le opinioni, di esperti o no, date sull’argomento si pensava che ci sarebbe stato un intervento russo tattico-operativo nel Donbass, e quelle opinioni erano totalmente sbagliate (compresa davvero la mia!), per lo meno sbagliato nell’ambito delle operazioni che hanno assunto.

Ok, e per quanto riguarda le tempistiche previste?

Diamo un’occhiata a ciò su cui la maggior parte degli osservatori concorda: alla Russia ci vorranno circa 24 ore per ridurre le Forze Armate Ucraine in piccole, isolate unità e sub-unità che non sarebbero state più capaci di coordinare gli attacchi e i movimenti delle truppe. Beh, NONOSTANTE la gran parte degli analisti si aspettasse un attacco da tattico a operativo per sbloccare le LDNR, questa parte della “operazione speciale” è stata di successo e raggiunta in tempo.

Perché?

Perché l’attacco iniziale da lunga distanza era una caratteristica comune ad entrambi i piani! In ogni caso, la PRIMA cosa che la Russia doveva fare era di rompere le Forze Armate Ucraine in vari e separati “pezzi”. Ancora, ENTRAMBI i piani lo assumevano, perciò non è una sorpresa che è proprio quello che è avvenuto.

Tuttavia,

mentre un piano il cui scopo fosse solo quello di sbloccare le LDNR si potrebbe riassumere crudelmente con “ammazza quanti più ucronazisti che puoi, più veloce che puoi”, questa NON era un’opzione per il piano di livello strategico scelto da Putin. Per molte ragioni:

  • I russi non odiano gli ucraini, e li vedono come fratelli (le forze delle LDNR un po’ meno)
  • Focalizzarsi sulla distruzione delle forze ucraine in Donbass avrebbe lasciato aperte le loro linee di rifornimento
  • Focalizzarsi sulla distruzione delle forze ucraine in Donbass avrebbe lasciato incontrastato molto dello spazio aereo ucraino, rallentando così le operazioni russe aeree e contraeree.
  • Mentre è abbastanza chiaro che la Russia vuole il maggior numero possibile di nazisti morti, ci sono tre cose che i tizi del Cremlino NON volevano, e a ragione:
    1. Stare in Ucraina per sempre (o per un lungo periodo)
    2. Dover sorvegliare questo grande paese e ripristinare la legge e l’ordine ovunque
    3. Ripagare tutte le distruzioni

Per questa ragione, i russi hanno fatto il massimo uso della loro superiorità aerea e mobilità, ma non hanno assaltato tutte le città o fortificazioni ucraine.

Non ho alcun dubbio che i nazisti e i loro capi negli Stati Uniti d’America avevano previsto correttamente che l’operazione russa per smembrare i disorganizzare le unità ucraine avrebbe interessato l’intera Ucraina, inclusi i profondi attacchi a lungo raggio nelle retrovie ucraine.

Quello che penso si siano persi è che i russi hanno ottenuto la sorpresa strategica ottenuta lanciando immediatamente un assalto strategico su vasta scala. Ora rivediamo la sequenza temporale:

  1. Smembrare e disorganizzare le forze militari ucraine: raggiunto nelle 24 ore stimate.
  2. Chiusura del calderone operativo dietro le forze ucraine in Donbass: raggiunto in 2 settimane (in realtà, ed è ancora meglio, i russi stanno tagliando le forze ucraine in Donbass in due calderoni più piccoli, guardate la mappa sotto (ci sono DUE cerchi blu, non ce n’è più solo uno!)
  3. Nelle stesse due settimane, la Russia ha liberato l’intera costa del Mar d’Azov e molta della costa del Mar Nero, che ora è o sotto il controllo diretto dei russi o sotto il blocco diretto della Flotta del Mar Nero.
  4. Sempre nelle stesse due settimane, la Russia ha praticamente circondato Kiev. Questa mappa ci mostra la situazione odierna intorno alla città. Mentre la situazione nella parte sud è ancora instabile, sono ancora in corso i combattimenti, questo è certo: per fuggire dalla città sono rimaste solo le piccole strade secondarie e il terreno aperto. Come dovunque, i russi hanno offerto corridoi umanitari e promesso salvezza e buon trattamento a tutti i prigionieri di guerra ucraini (nazisti esclusi, e anche i mercenari stranieri, questi saranno interrogati e fucilati). Ma senza risultato, la delegazione nazista non può accordarsi su niente perché i loro capi a Washington dicono loro di combattere fino all’ultimo ucraino (gli anglosassoni, i polacchi e compagnia bella, annunciano la sconfitta russa ogni giorno e dovunque, ma per qualche incomprensibile ragione sono tutti nascosti al sicuro a Lvov o perfino a Varsavia. Chi l’avrebbe detto!).

E, ancora, tutto questo è stato raggiunto in DUE SETTIMANE e SENZA la superiorità numerica!

E allora, io chiedo a quelli che cercano ancora di convincere il mondo che il piano russo è fallito e che le indomabili forze  ucronaziste stanno per circondare il Cremlino:

  • Se non avete nessuna idea sulla guerra moderna, perché esprimete opinioni basate su nient’altro che la francamente sciocca propaganda psicologica statunitense, se vi manca il tipo di istruzione necessario per parlare di queste materie?
  • Se avete qualche comprensione minima sulla guerra moderna, mi nominate per favore un’operazione recente in cui una fascia così grossa di terra è stata conquistata così velocemente e da una così piccola forza?

[Nota a latere: oh, lo so. Recentemente abbiamo visto tutti come il pianeta intero sia popolato di microbiologhi, virologhi ed epidemiologhi competenti, allora perché non accettare semplicemente anche che oltre a microbiologhi, virologhi e epidemiologhi competenti, ci sono anche tattici, comandanti militari e strateghi competenti? Dopotutto, ciò di cui aver bisogno per qualificarsi è:1) essere ignari della propria ignoranza, 2) avere il desiderio di predicare 3) possedere una tastiera e un computer. Nell’Impero delle Bugie, la vera competenza è totalmente inutile. C’è una parola in spagnolo e in russo che affiora alla mente e suggerisce un forte desiderio di mangiare lo sterco. Mi accontenterò di “coprofago” e la finisco qui]

Bene, ma i russi non hanno anche loro sconfitte, fallimenti, casini, o altre figuracce?

Ce l’hanno ECCOME.

Mi sono appena imbattuto in questo [in inglese] e sono completamente sconvolto. Il Cremlino dice “assolutamente niente coscritti” fino a ieri e, voilà, non solo coscritti, ma addirittura morti! BRAVO CREMLINO, BELLA PROPAGANDA, BEN FATTO!

In termini di sconfitte effettive, no, mi dispiace. Ci sono stati diversi contrattacchi ucraini, ma sono stati di portata limitata e anche quando, ad esempio, hanno distrutto un posto di blocco russo, è stato rapidamente ripristinato e gli ucraini colpevoli sono scappati per salvarsi la vita sotto il fuoco di controbatteria.

Ragazzi, siamo seri.

Se ci sono, all’incirca, 150.000 russi e altri 150.000 ucraini che si combattono, ci sarà sangue da entrambe le parti. Chiedete a qualsiasi militare e lui/lei ti dirà che se oltre 300.000 soldati completamente armati si combattono tra loro, non avrai centinaia, ma molte MIGLIAIA di morti da entrambe le parti, oltre a molti civili. In effetti, i pianificatori delle forze armate e gli analisti militari hanno persino formule per calcolare tutto: numero di scontri, armamenti, tempistica, eccetera e, ovviamente, vittime previste.

Quindi il titolo “centinaia di soldati russi morti” potrebbe fare miracoli per il morale nell’Impero delle Bugie e nel Banderastan, e potrebbe persino spaventare molte persone in Russia, ma non avrà esattamente alcun effetto su come viene eseguita l’operazione dallo Stato Maggiore russo.

Ragazzi, lo Stato Maggiore russo ha pianificato molte di queste operazioni per mesi, forse anche anni. E in ogni piano, avevano le voci “perdite stimate”. Ecco perché Putin, il suo governo e anche i generali russi hanno cercato di fare tutto il possibile per guadagnare tempo e sperare in qualche altra soluzione.

Ma l’Impero delle Bugie non ha dato altra opzione. Né ai russi né agli ucraini.

In un certo senso, entrambe le parti stanno combattendo per la loro stessa esistenza.

Gli ucraini non sono anglosassoni, e molti di loro hanno acquisito esperienza di combattimento durante gli otto anni di guerra. Aggiungete a questo l’operazione psicologica più potente della storia e otterrete MOLTI ucraini che combattono davvero duramente, il tutto per motivi diversi tra cui:

  • Essere un vero nazista che odia la Russia (non avranno alcuna speranza di pietà)
  • Essere un mercenario (non avranno alcuna speranza di pietà)
  • Aver prestato giuramento al suo paese e alle forze armate
  • Profondo risentimento per la Russia per molte, molte ragioni
  • Protezione della tua unità e dei tuoi compagni
  • Incolpare la Russia per aver attaccato per prima e così duramente
  • Credere sinceramente che la Russia voglia occupare l’Ucraina e ricreare l’Unione Sovietica
  • Eccetera, eccetera

Quanto è, in pratica, “molti”? Non lo so. Ma direi “abbastanza per costringere i russi a smettere di aspettarsi di essere accolti ovunque come liberatori”. In alcune località, questo è vero. Ma in molte altre no.

Nonostante i molti avvertimenti di molti russi, compreso il sottoscritto e Andrei Martyanov, in Ucraina si è verificata una etnogenesiLa vecchia, storica, Ucraina (che esisteva come una regione prospera fino al 1917) è scomparsa, così come le generazioni di ucraini che consideravano loro stessi “russi centrali” (la parola “piccolo” come in “piccolo russo”, significa “centrale”, come in “Grecia centrale”) e i “russi sparsi” intesi come “non al centro”) come fratelli e liberatori. Quella vecchia Ucraina se n’è andata per sempre.

Quello che abbiamo invece è uno strano e orribile Banderastan in cui i nazisti sono numericamente una minoranza, ma gestiscono tutto, per gentile concessione dell’Impero delle Bugie, ovviamente. Quanto è orrendo tutto ciò?

Un esempio: Odessa.

Se l’Odessa del 2022 fosse stata abitata dal tipo di persone che vivevano lì prima del 1917 o anche prima del 1991, a questo punto ci sarebbe stata una rivolta, specialmente con la Flotta del Mar Nero in vista dalla città. Ma dopo il massacro di decine di persone di lingua russa a Odessa il 2 maggio 2014 (sparati, bruciati a morte, picchiati a morte, torturati, eccetera) e la successiva cancellazione totale di questo massacro da parte delle autorità naziste, qualcosa deve essere scattato nella mente di molti residenti, che hanno chiaramente rinunciato alla speranza, e aspettare otto anni sotto il dominio nazista è un inferno che non auguro a nessuno. Perciò non li condanno. Hanno pagato un prezzo enorme di sangue.

Ma il fatto è che, a oggi, non ci sono state rivolte a Odessa.

E non è che i russi siano universalmente accolti come liberatori. Sì, ci sono state alcune scene toccanti di famiglie riunite a Mariupol, ma non osservo esattamente grandi folle di civili ucraini che accolgono i russi con fiori, pane e sale.

In realtà non credo che Putin o lo Stato Maggiore abbiano interpretato male la situazione. In effetti, io spiego l’evidente riluttanza di Putin ad intervenire apertamente proprio perché sapeva che liberare “solo” le LDNR non era più un’opzione, e che l’intera Ucraina DOVEVA, assolutamente DOVEVA essere denazificata.

Putin e lo Stato Maggiore Generale non lo volevano, speravano che in qualche modo il popolo ucraino si sarebbe messo a “pulire casa” da solo.

Questo non è successo e non penso che accadrà presto (soprattutto con un certo grado di sincerità).

Conclusione: l’operazione psicologica russa in Ucraina è fallita miseramente

E non solo in Ucraina.

Le operazioni psicologiche russe sono fallite complessivamente. Qui ve ne sono alcuni esempi:

  • La Russia non era pronta per gli attacchi informatici occidentali, inclusi i server del governo. Questo è un fatto.
  • Le operazioni psicologiche russe sono state surclassate e obliterate dalla più grande ed efficace operazione psicologica della storia.
  • Le pubbliche relazioni russe hanno fallito perfino INTERNAMENTE, specialmente durante la prima settimana, quando un sacco di russi credevano veramente che sarebbero rimasti presto senza soldi, senza cibo e, fondamentalmente, senza niente. Il Cremlino si è affannato a rimediare mandando una tonnellata di esperti ai talk show e facendo riportare le notizie dal fronte da corrispondenti di guerra molto conosciuti. Ha aiutato. Le stime del sostegno per la operazione militare speciale sono aumentate lentamente e circa il 70% dei russi sostengono Putin e la sua operazione. Ma, in verità, qui il credito è dovuto per la maggior parte alle sciocchezze veramente imbecilli vomitate dalla quinta colonna russa e dagli integrazionisti atlantici al potere. Essi hanno perso la guerra politica interna, ma il Cremlino ha contribuito ben poco al successo.
  • I russi hanno fallito completamente nello spiegare cosa rende questa operazione così “speciale”, non ce l’hanno fatta dentro la Russia, nella Zona A e perfino nella Zona B!

Quindi adesso devo farlo io 🙁

D’accordo, cominciamo da cosa questa operazione speciale non è:

  • Una ripetizione della Seconda o della Prima Guerra Mondiale
  • Una ripetizione di una o entrambe le guerre in Cecenia
  • Una ripetizione dell’intervento militare russo in Siria
  • Una ripetizione della guerra in Corea, nel Vietnam, in Afganistan o qualsiasi altra guerra a cui potete pensare
  • Un attacco totale russo
  • La Terza Guerra Mondiale (almeno finora, ma potrebbe cambiare!).

Andrei Martyanov ha coniato un’espressione molto azzeccata: “operazione di polizia ad armi combinate”.

Armi combinate indica essenzialmente la guerra al livello di formazioni.

Operazione di polizia indica proprio quello, l’arresto/distruzione dei criminali.

Quindi una “operazione di polizia ad armi combinate” è, strettamente, un nonsense, ed è per questo che gli specialisti militari russi non la usano. Ma è ancora l’espressione che mi piace di più, perché rivela sia il pieno scopo che il pieno dilemma degli strateghi russi.

Come lanci un attacco ad armi combinate SOLTANTO contro i criminali risparmiando vite innocenti?

La verità è che non puoi.

Perciò qui c’è quello che hanno deciso apparentemente i russi:

  • Iniziare con un assalto tattico contro le forze ucraine in Donbass
  • Aggirare tutte le fortificazioni ucraine e le città non disposte ad arrendersi
  • Sviluppare l’attacco tattico in un attacco operativo accerchiando l’INTERA forza ucraina in Donbass
  • Muoversi lungo la costa per liberare Mariupol (tatticamente), poi continuare più verso ovest (sviluppo operativo)
  • Ripulire i cieli ucraini e raggiungere velocemente la supremazia aerea, riducendo alla grande la possibilità di fuggire ai nazisti, e di tenere le linee di rifornimento aperte agli ucraini
  • Una volta ripuliti i cieli (non tanto dagli aeromobili ucraini quanto dalla loro difesa aerea), ingaggiare in pieno l’aviazione a pale rotanti e ad ala fissa per la ricognizione, il supporto aereo ravvicinato, il movimento delle forze, eccetera
  • Bloccare i principali centri nazisti in Ucraina: Mariupol (i combattimenti sono in corso dentro la città), Nikolaev (i combattimenti avvengono tutt’intorno la città), Kharkov (bloccata), Chernigov (bloccata), Odessa (quasi bloccata) e Kiev (quasi bloccata). Poi aspettare la resa delle città. Per questo, ovviamente, le città si devo sbarazzare dei nazisti. Se le città non ci riescono, usare allora assalti urbani specializzati per liberare la città e uccidere tutti i nazisti, ma con l’ordine di salvare le proprie vite prima di salvare quelle di qualunque altro. Questo implica quindi un graduale movimento molto lento e deliberato dentro la città.
  • Poi, distruggere l’artiglieria a lungo raggio che ANCORA sta colpendo le LDNR in numerosi posti (Avdeevka). Poi bloccare le rimanenti forze e aspettare la loro resa. Sollecitare urgentemente i comandanti ucraini ad evitare inutili carneficine e abbandonare le armi. Se tutto il resto fallisce, diciamo in una settimana, spazzarli via. Letteralmente e velocemente: una volta che le aree interamente controllate degli ucronazisti siano dichiarate “zone di fuoco a volontà”, agli equipaggiamenti pesanti russi occorreranno meno di 24 ore per liberare completamente l’intero Donbass.
  • Poi liberare prima il sud, cioè l’intera costa del Mar Nero.
  • Poi iniziare a muovere le forze nella generica direzione verso l’Ucraina centrale (a sud di Kiev) e aspettare le decisioni a livello strategico dello Stato Maggiore russo e del Cremlino.

Funzionerà?

Francamente, non ne sono così sicuro.

La mia paura è che gli Stati Uniti e Joe “Biden” abbiano deciso che la miglior cosa per loro sia quella di avere più ucraini morti possibili. E questo non è un mezzo per un fine, è il fine: avere molti Negri delle Steppe e Negri della Neve che si uccidono a vicenda.

Questo è l’unico e solo piano occidentale per l’Ucraina: (un esempio dalla CNN [in inglese]).

Vorrei poter sperare nella gente dell’Ucraina.

Francamente, non ci spero. Credo che molti decenni di propaganda congiunta di Stati Uniti e Unione Sovietica (sì, su questo erano d’accordo!), seguiti da trent’anni di rabbiosa propaganda nazista, seguiti da due guerre civili in Donbass e una MASSICCIA repressione contro MIGLIAIA di persone in tutta l’Ucraina, abbia spezzato lo spirito di quelli che sono sopravvissuti.

Lo scrivo ancora, io non li biasimo. Li vedo soltanto come (la maggior parte) gente spezzata.

Oh, io spero ancora e prego per una insurrezione che liberi la bella città di Odessa, ma la speranza è l’ultima a morire e le preghiere non guastano mai.

Ma ho paura che, a meno di un grosso cambiamento nell’immediato, la “operazione di polizia ad armi combinate” lasci cadere l’ultimo dei suoi obbiettivi e diventi una vera operazione ad armi combinate per occupare, disarmare e denazificare l’intera Ucraina, con la possibile eccezione dell’area che io chiamo mini-Banderastan (vedere la mappa a fianco).

Se questa decisione sarà presa, allora la Russia dovrà mandare in Ucraina dei grossi rinforzi. Forse questo potrà essere evitato, ma solo se le forze che circondano attualmente gli ucraini nel calderone del Donbass (beh, i due calderoni dentro il più grande calderone del Donbass, in realtà) saranno presto rese disponibili.

La Russia ha anche bisogno di aumentare DRAMMATICAMENTE le sue operazioni aeree ADESSO, come in “ora, o meglio, ieri!”, il che potrebbe voler dire muovere grosse unità (reggimenti aerei) in Russia occidentale.

Per ultimo, ma non d’importanza, che dire dell’Impero delle Bugie?

Sì, ho sentito le voci sulle brigate di volontari, sui MiG-29 polacchi pilotati da ucraini e decollati dalle basi NATO, e su tutto il resto della spazzatura.

Francamente, ecco come la vedo: ho perso totalmente la fiducia nell’Occidente. E con questo intendo due cose completamente diverse:

  1. Ho perso la fiducia su qualsiasi nozione di onore, verità, dignità, coraggio, compassione, decenza o qualsiasi altro piccolo segno di speranza da una civiltà che è già morta, e la cui eredità lasciata al pianeta sarà l’Impero delle Bugie, con tutto quello che comporta. In altre parole, do per assodato che il livello di malvagità e corruzione delle élite occidentali al potere (TUTTE, non soltanto i politici) sia infinito, e non c’è azione o idea che possa essere considerata “troppo malvagia” o “troppo orribile” per questa gente. Le mie ultime parole per loro saranno prese dal discorso [in inglese] a Templeton di Alexander Solzhenitsyn nel 1983: “Davanti alla moltitudine di quelli che sono morti e che sono oggi oppressi, possa essere Dio il loro giudice”.
  2. Ho perso anche la fiducia in qualsiasi nozione di senso comune e perfino in un salutare istinto di conservazione. Non è che le élite occidentali non siano narcisistiche abbastanza da preoccuparsi dei loro culi penosi, no, per niente. Ma non sono intelligenti/istruite abbastanza da realizzare di stare guardando la devastazione potenziale dell’intero emisfero settentrionale del nostro pianeta, inclusi gli Stati Uniti e il Regno Unito, per non parlare della Polonia! I polacchi pensano che gli anglosassoni copriranno loro le spalle e gli anglosassoni pensano che i russi non siano seri. Questa particolare combinazione di codardia e malvagità potrebbe davvero portare alla fine del nostro mondo.

Perciò, per rispondere alla domanda di prima: in verità non conta nulla cosa pensino i tizi nella Zona A.

I “leccapiedi” terminali della stampa ne possono fare dei titoloni, e qualche zombie attaccato alla TV si sentirà trionfante.

Per me, significa questo: mentre spero di continuare a scrivere analisi su questa guerra, sono adesso ufficialmente stufo di smascherare le molte idiozie ancora diffuse dalle operazioni psicologiche occidentali.

Quel che ho scritto fin qui è la mia versione di un corso intensivo sulle realtà militari di base, quasi 3.500 parole, e ora sono sicuro che:

  • Quelli che “hanno capito”, hanno capito e non richiedono una ripetizione
  • Quelli che non “hanno capito”, non hanno capito
  • E il rapporto fra quelli che “hanno capito” e quelli che invece no, non fa alcuna differenza

Perché?

Perché la Russia ha già vinto militarmente la guerra e perché la Russia ha già perso la guerra psicologica.

Bene, ho scritto questo tutto d’un fiato, oltre 3.800 parole di analisi, sono troppo stanco per revisionarle e vado a prendermi qualche ora di riposo.

Saluti,

The Saker

P.S.: Mi ci sono volute quattro ore e l’ho scritto tutto d’un fiato. Perciò sarà probabilmente scritto da cani. Mi dispiace!!!

*****

 Articolo del Saker pubblicato su The Saker il 9 marzo 2022
Traduzione in italiano di Raffaele Ucci e Fabio_san per SakerItalia

http://sakeritalia.it/attualita/lintervento-militare-russo-in-ucraina-una-vista-dallalto/

russia, ucraina, stati uniti, cina tra scacchisti e pokeristi, con Gianfranco Campa

Ascoltate questa conversazione ricca di informazioni ed interpretazioni. La narrazione che ci viene offerta da tre settimane non è solo un punto di vista, è l’esatto rovescio della realtà. C’è il reale pericolo, ormai la certezza che i narratori rimangano schiavi delle loro menzogne sino a proseguire lungo una strada obbligata semplicemente perché tornare indietro significherebbe sconfessare se stessi e cadere in rovina. Una dinamica infernale che rischia di trascinare nel baratro milioni di persone e di portare al dissesto intere società, soprattutto europee. Una vera e propria nemesi che porterà a realizzare quell’incubo che da decenni dichiarano di scongiurare: la nascita di un sodalizio tra Russia e Cina in grado di declassare definitivamente il mondo occidentale. Intanto da sotto il tappeto comincia a sollevarsi la polvere e il fetore di trenta anni di macchinazioni in nome della libertà con una classe dirigente e un ceto politico incapace e inetto a gestire le situazioni e le proprie manchevolezze. Questa volta sarà molto arduo per loro reggere il colpo, soprattutto contando su una protezione esterna sempre più incerta. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

NB_In caso di difficoltà alla fruizione del video su youtube, è disponibile il canale www.rumble.com al quale, se interessati, eventualmente iscriversi prima di probabili provvedimenti di censura e oscuramento

https://rumble.com/vx9j9l-il-gioco-tra-russia-ucraina-usa-e-cina-con-g-campa.html

 

 

La lunga regola di Putin, di Vladislav Surkov.

Il più famoso consigliere del presidente russo, Vladislav Surkov, ha pubblicato un clamoroso saggio nel febbraio 2019. In essa annunciava, nel contesto dell’ascesa del populismo, la quasi vittoria del modello Putin.

Ecco la traduzione integrale, seguita da un’analisi di Michel Eltchaninoff, filosofo e giornalista francese, autore di Dans la Tête de Vladimir Poutine (Solin-Actes Sud, 2015). L’ultima parte di questa nota è dedicata alla versione originale del testo russo di Vladislav Surkov.

“Che abbiano una scelta è solo un’illusione. Queste parole colpiscono per la loro profondità e la loro audacia. Pronunciate circa quindici anni fa, oggi sono dimenticate e non vengono mai citate. Ma le leggi della psicologia mostrano che ciò che dimentichiamo ci colpisce molto più di ciò che ricordiamo. E queste parole, ben al di là del contesto in cui sono state pronunciate, sono diventate il primo assioma della nuova governance russa, su cui si basano tutte le teorie e le pratiche della politica attuale.

L’illusione della scelta è l’ultimo stratagemma dello stile di vita occidentale, in particolare della democrazia occidentale che ha aderito a lungo più alle idee di Barnum 1 che a quelle di Clistene di Atene 2 . Il rifiuto di questa illusione, che favorisce un realismo fatalistico, ha in primo luogo portato la nostra società a riflettere sul proprio modello sovrano di sviluppo democratico 3 . L’ha poi portata a ignorare completamente la questione di cosa dovrebbe essere la democrazia, e anche se dovrebbe esistere in linea di principio.

Sono apparse vie per costruire uno stato libero, guidate non da chimere importate ma dalla logica dei processi storici, dall’“arte del possibile”. La disintegrazione della Russia – impossibile, contrariamente alla natura e alla storia – è stata fermata, tardivamente ma con fermezza. Crollando dal livello dell’URSS al livello della Federazione Russa, il paese ha interrotto la sua decomposizione. La Russia ha iniziato a ricostruirsi ed è tornata al suo unico stato naturale: un paese immenso, che estende e riunisce le terre di una comunità di popoli. Il ruolo immodesto che la storia del mondo ha attribuito al nostro Paese gli vieta di uscire di scena o di tacere tra le comparse. Non garantisce riposo e determina la natura ardua del nostro governo.

Comunque sia, lo stato russo persevera nel suo essere ed è diventato uno stato di un tipo senza precedenti, che non abbiamo mai conosciuto prima. Formatosi a metà degli anni 2000, rimane poco studiato. Ma la sua specificità e la sua fattibilità sono evidenti. Gli stress test che ha già superato, e sta ancora superando, mostrano che è proprio questo modello organicamente costituito l’unico mezzo efficace di sopravvivenza e di elevazione della nazione russa, non solo per i prossimi anni ma per i prossimi decenni, o meglio per tutto il secolo a venire.

La storia della Russia ha conosciuto quattro grandi modelli statali che possono essere designati secondo i loro creatori: lo Stato di Ivan III (Granducato/Regno di Moscovia e tutte le Russie, XV-XVII secolo), lo Stato di Pietro il Grande (Russian Impero, 18°-19° secolo), Stato di Lenin (Unione Sovietica, 20° secolo) e Stato di Putin (Federazione Russa, 21° secolo). Create da persone che potremmo chiamare, nello stile di Goumilev 4 , “di lunga volontà”, queste grandi macchine politiche si sono succedute, riparate e adattate man mano che procedevano, assicurando nei secoli l’ostinata ascesa del mondo russo.

La grande macchina politica di Putin sta appena iniziando a prendere slancio e si prepara a un lavoro lungo, difficile e decisivo. La sua piena capacità è ancora molto lontana. Inoltre, quando sarà raggiunto, tra molti anni, questo Stato sarà ancora la Russia di Putin, così come la Francia di oggi è chiamata la Quinta Repubblica di De Gaulle, così come la Turchia poggia sull’ideologia delle Sei Frecce di Atatürk (nonostante il fatto che gli anti-kemalisti sono ora al potere) o come gli Stati Uniti fanno ancora affidamento sulla visione e sui valori dei padri fondatori semileggendari.

È essenziale comprendere, comprendere e descrivere il sistema di governo di Putin, l’insieme delle idee e delle dimensioni del Putinismo come l’ideologia del futuro. Proprio dal futuro, perché Putin non è proprio un putinista, così come Marx non è un marxista e probabilmente non avrebbe accettato di esserlo se avesse saputo di cosa si trattava. Questo lavoro di analisi dell’ideologia di Putin deve essere svolto per servire tutti coloro che vorrebbero essere come Putin. Per rendere possibile la diffusione dei suoi metodi e approcci in futuro.

Questa descrizione non dovrebbe essere fatta nello stile di due propaganda, quella “nostra” e quella “di altri”, ma in un linguaggio accettabile per i discorsi filo-russi così come per i discorsi anti-russi. Questa lingua può essere accolta da un pubblico abbastanza ampio. Ciò è necessario perché il sistema politico inventato in Russia non è solo adatto a un futuro interno, ma ha anche un forte potenziale di esportazione. Inoltre, tale domanda, per tutte o per alcune parti di questo sistema, esiste già. La sua esperienza è studiata e parzialmente adottata. Leader o gruppi di opposizione lo imitano in molti paesi.

All’estero, i politici accusano la Russia di interferire nelle elezioni e nei referendum in tutto il mondo. In realtà, la questione è molto più seria. La Russia si sta insinuando nei loro cervelli e non sanno cosa fare con la propria coscienza alterata. Dai catastrofici anni ’90, quando il nostro Paese ha rifiutato i prestiti ideologici e quando abbiamo iniziato a dare il nostro significato agli eventi e abbiamo lanciato il nostro contrattacco informativo verso l’Occidente, esperti europei e americani hanno iniziato a ingannare sempre più spesso nelle loro previsioni. Le preferenze paranormali del loro elettorato li stupivano e li facevano infuriare. Confusi, annunciarono l’espansione del populismo. Possiamo anche dirlo così, se non abbiamo le parole.

L’interesse degli stranieri per l’algoritmo politico russo è comprensibile: nessuno è un profeta nel suo Paese. Ma tutto ciò che sta accadendo oggi nel resto del mondo è stato previsto dalla Russia per molto tempo.

Quando tutti erano entusiasti della globalizzazione e propagandavano un mondo piatto e senza confini, Mosca ci ricordava chiaramente che la sovranità e gli interessi nazionali erano importanti. A quel tempo, molti erano coloro che ci accusavano di un attaccamento “ingenuo” a queste cose vecchie, presumibilmente obsolete da molto tempo. Ci hanno insegnato che non c’è più niente da trattenere dai valori del 19° secolo, che dovevamo entrare coraggiosamente nel 21° secolo, dove non ci sarebbero più nazioni indipendenti o stati sovrani. Ma, nel 21° secolo, le nostre previsioni si sono avverate. La Brexit inglese, il “#GreatAgain” americano, il partizionamento europeo anti-migrazione sono solo i primi elementi di un elenco esaustivo di manifestazioni onnipresenti di de-globalizzazione,

Quando, ad ogni angolo di strada, Internet è stato elogiato come uno spazio inviolabile di libertà illimitata, dove pensavamo di poter fare tutto e dove eravamo tutti uguali, è stata ancora una volta la Russia ad aver osato porre una domanda che ha fatto riflettere su questa ingenua umanità : “Chi siamo su questo Web: ragni o mosche? E ora tutti si precipitano a districare il Web, comprese le burocrazie più impegnate per la libertà personale, arrivando ad accusare Facebook di complicità nelle ingerenze straniere. Questo spazio un tempo libero, presentato come il prototipo di un paradiso futuro, è ora monitorato e delimitato da cyberpolizia e cybercrime, cybereserciti e cyberspie, cyberterroristi e cybermoralisti.

Quando l’egemonia dell’egemonia americana era incontrastata da nessuno, quando il grande sogno americano del dominio del mondo era quasi realizzato e quando molti furono coloro che videro questa fine della storia dove “il popolo tace”, in questa atmosfera di silenzio globale, il Monaco di Baviera il discorso risuonò improvvisamente 5 . All’epoca questo discorso sembrava dissenziente, ma oggi tutto ciò che esprime risuona come prova: il mondo intero è scontento degli Stati Uniti, compresi gli americani.

Non molto tempo fa, il termine politico turco “derin devlet” è stato ripreso dai media americani e tradotto in inglese come “deep state” e poi diffuso dai nostri media. Il termine designa un’organizzazione del potere rigida e totalmente antidemocratica, mascherata da una bella immagine delle istituzioni democratiche presentata al mondo intero. In realtà, questo meccanismo operativo si basa sulla violenza, sulla corruzione e sulla manipolazione, e si nasconde nel profondo sotto la superficie di una società civile che (ipocritamente o ingenuamente) condanna ogni manipolazione, corruzione o violenza.

Notata l’esistenza di questo spiacevole “deep state” all’interno del proprio paese, gli americani non furono però molto sorpresi: ne sospettavano l’esistenza da molto tempo. Se la rete profonda e la rete oscura esistono, perché non dovrebbero esserci uno stato profondo e uno stato oscuro ? Dalle profondità e dalle tenebre di questo potere oscuro e nascosto emergono i miraggi sublimi della democrazia creati per le masse: l’illusione della scelta, il sentimento di libertà, il sentimento di superiorità, ecc.

La sfiducia e l’invidia, utilizzate dalla democrazia come fonti prioritarie di energia sociale, portano necessariamente ad un’assolutizzazione della critica e ad un aumento del livello di ansia. Odiatori , troll e robot malvagi che si unirono a loro, formarono una maggioranza urlante, soppiantando l’onorevole classe media che un tempo esprimeva un tono completamente diverso.

Nessuno crede alle buone intenzioni dei politici. Sono gelosi e quindi considerati viziosi, astuti e persino decisamente marci. Famose serie che vanno da Boss a House of Cards mostrano immagini molto realistiche della opaca vita quotidiana dell’establishment politico .

A un bastardo non dovrebbe essere permesso di esagerare solo perché è un bastardo. E quando assumiamo che ci siano solo bastardi, dobbiamo usare, per scoraggiare i bastardi, le tecniche dei bastardi. Un cattivo deve essere espulso da un altro cattivo. C’è una vasta gamma di bastardi e una vasta gamma di regole complicate per negare l’impatto della loro lotta per il potere. Così viene creato un sistema benefattore di controlli ed equilibri, come un equilibrio dinamico di bassezza, un equilibrio di avidità, un’armonia di imbrogli. E se qualcuno dimentica se stesso, si spinge troppo oltre in questo gioco e ne danneggia l’armonia, lo Stato Profondo, sempre vigile, emerge come un salvatore e trascina il rinnegato nelle sue profondità.

Non c’è niente di spaventoso in questa descrizione della democrazia occidentale. Basta cambiare leggermente l’angolazione del tiro in modo che la paura si dissipi. Ma il dubbio persiste. E l’uomo occidentale comincia a guardarsi intorno alla ricerca di altri modelli e modi di esistere. E vede la Russia.

Il nostro sistema politico, come tutto nel nostro Paese, sembra meno raffinato, ma comunque più onesto. E anche se “più onesto” non è sinonimo di “migliore” per tutti, le attrazioni non mancano.

Il nostro stato non è diviso tra uno stato profondo e uno stato esterno. È intero e tutti i suoi componenti sono chiaramente visibili. Le costruzioni più brutali della sua struttura di forza sono sulla facciata, senza alcun artificio architettonico. La nostra burocrazia, anche quando imbroglia, non prende mai le pinze, partendo dal presupposto che “nessuno si fa fregare”.

Forti tensioni interne dovute alla necessità di tenere sotto controllo permanente immensi spazi eterogenei, nonché la partecipazione costante del nostro Paese alla lotta geopolitica internazionale, rendono indispensabile e decisivo il potere militare e di polizia. Questo potere è sempre stato avanzato, perché né i mercanti, che considerano gli interessi militari inferiori agli interessi del commercio, né i liberali che basano la loro dottrina sul rifiuto totale di ogni militarismo, hanno mai governato la Russia (con poche eccezioni: un pochi mesi nel 1917 6 e qualche anno negli anni ’90 7). Non c’era nessuno che velasse la verità di illusioni, mettendola timidamente in secondo piano e nascondendo il più possibile la proprietà primaria di ogni Stato: essere strumento di attacco e di difesa.

Non esiste uno stato profondo in Russia, ma esiste un popolo profondo. In superficie brilla l’élite. Secolo dopo secolo, con dinamismo (va riconosciuto), coinvolge il popolo in alcune sue attività: assemblee di partito, guerre, elezioni, esperimenti economici… Il popolo partecipa a queste attività, ma in modo un po’ distaccato, non mostrandosi non in superficie, vivendo la propria vita nel profondo. Due nazioni, una superficiale e l’altra profonda, a volte vanno in direzioni opposte, a volte si intersecano, ma non si fondono mai.

Le persone profonde mantengono sempre la propria opinione, sfuggendo a sondaggi, propaganda, minacce e altri metodi di studio e influenza diretti. A volte le persone fortunate riescono a capire chi è, cosa pensa e cosa vuole. Ahimè! questa conoscenza spesso non viene colta se non troppo tardi e dalle persone sbagliate.

I sociologi rari osano determinare con precisione se le persone profonde rappresentano l’intera nazione o solo una parte – e quale parte! In tempi diversi erano considerati a volte contadini, a volte proletari, a volte apartitici, a volte hipster , a volte funzionari. Questo popolo, lo cercavamo, volevamo immergerci in esso. A volte si diceva che fosse un teoforo 8 , o addirittura il contrario. A volte abbiamo deciso che era immaginario e non esisteva realmente. Abbiamo iniziato le riforme in fretta e furia, senza tenerne conto, e molto presto ci siamo imbattuti in essa, accorgendoci improvvisamente che esisteva nonostante tutto. A volte, si ritirava sotto la pressione di occupanti interni o esterni. Ma tornava sempre.

Con la sua gigantesca supermassa, il popolo profondo crea un’irresistibile forza di gravitazione culturale, che unisce la nazione e attira (getta) l’élite a terra (sulla terra natale), e talvolta cerca di elevarsi verso il cosmopolitismo.

Il principio popolare, qualunque sia il significato della parola, domina lo stato, ne determina la forma, limita le fantasie dei teorici e costringe gli uomini d’azione a compiti specifici. È un potente attrattore a cui conducono tutte le traiettorie politiche, senza eccezioni. In Russia, non importa con quale movimento politico inizi: conservatorismo, socialismo, liberalismo…, tutto andrà più o meno allo stesso modo. Vale a dire, da ciò che è.

La capacità di ascoltare e comprendere le persone, di vedere tutto in loro, in profondità, e di agire in modo adeguato con loro, costituisce la principale ed eccezionale virtù del governo di Putin. Questa sposa il popolo, segue la stessa strada, non affronta quindi i sovraccarichi distruttivi delle controcorrenti della storia. E, quindi, è efficace e durevole.

In questo nuovo sistema tutte le istituzioni sono subordinate allo stesso compito principale: quello di instaurare uno spirito di fiducia attraverso la comunicazione e l’interazione del capo supremo con i cittadini. Diversi rami del potere convergono sulla persona del leader. Il valore di questi rami è determinato solo dall’importanza e dalla vicinanza del loro legame con lui. Inoltre, i mezzi di comunicazione informali operano aggirando le strutture ufficiali e i gruppi d’élite. E quando la stupidità, l’arretratezza o la corruzione creano interferenze tra le onde di comunicazione con le persone, vengono prese misure drastiche per ristabilire il collegamento il prima possibile.

La struttura multilivello delle istituzioni politiche, copiata dal modello occidentale, è qui talvolta vista come non necessaria e adottata solo per “fare come tutti gli altri”. Quindi le differenze nella nostra cultura politica non sono evidenti ai nostri vicini: li irritano e li spaventano meno. Sono come gli indumenti da esterno che indossi per uscire ma non indossi mai a casa.

La società si fida davvero solo del leader. È l’orgoglio di un popolo non conquistato, il desiderio di rendere più facile il cammino verso la verità o qualcos’altro? Difficile dirlo, ma è un dato di fatto e questo fatto non è nuovo. La novità è che lo Stato ne è consapevole, ne tiene conto e ad esso si riferisce nell’esercizio di tutte le sue funzioni.

Sarebbe una semplificazione eccessiva ridurre questo argomento alla famosa “fede nel buon re”. Le persone profonde non sono affatto ingenue e non considerano la gentilezza dello Zar un valore primario. Piuttosto, sarebbe incline a considerare un buon leader come Einstein considerava Dio, “sottile, ma non malevolo”.

Il modello contemporaneo dello stato russo inizia con la fiducia e tiene insieme la fiducia. Questo è ciò che lo differenzia fondamentalmente dal modello occidentale, che coltiva sfiducia e critica. È qui che attinge la sua forza.

Il nostro nuovo Stato, in questo nuovo secolo, avrà una storia lunga e gloriosa. Non sarà rotto. Agirà a modo suo, otterrà e manterrà i posti migliori nella champions league della lotta geopolitica. Prima o poi tutti coloro che chiedono alla Russia di “cambiare comportamento” dovranno rassegnarsi ad accettarlo così com’è. Dopotutto, che abbiano una scelta è solo un’illusione.

https://www.fondapol.org/etude/la-longue-gouvernance-de-poutine-%d0%b4%d0%be%d0%bb%d0%b3%d0%be%d0%b5-%d0%b3%d0%be%d1%81%d1%83%d0%b4%d0%b0%d1%80%d1%81%d1%82%d0%b2%d0%be-%d0%bf%d1%83%d1%82%d0%b8%d0%bd%d0%b0/

La Russia non ha solo sfidato l’Occidente_di Pyotr Akopov

Proseguiamo con la pubblicazione di testi inediti in Italia di esponenti ed accademici russi, necessari alla comprensione del retroterra culturale alla base delle drammatiche decisioni politiche di questa fase. I giudizi di merito sul testo, ovviamente, non sono riconducibili alla linea editoriale del blog_Giuseppe Germinario

“La Russia non ha solo sfidato l’Occidente, ha dimostrato che l’era del dominio globale occidentale può essere considerata completamente e definitivamente finita”

Fondazione per l’Innovazione Politica | 02 mar 2022

La Fondazione per l’innovazione politica ha tradotto dal russo al francese la versione integrale di un editoriale dell’agenzia russa RIA Novosti, firmato dall’editorialista Pyotr Akopov e intitolato “L’avvento della Russia e il nuovo mondo”. Questo articolo è stato caricato accidentalmente il 26 febbraio 2022. Inizialmente, la pubblicazione di questo testo doveva aver luogo dopo l’occupazione dell’Ucraina da parte della Russia. L’articolo è stato eliminato rapidamente, ma il servizio Web Internet Archive è riuscito a salvarlo.

Questo articolo descrive il progetto imperialista concepito da Putin. La russificazione totale di Ucraina e Bielorussia si presenta come il punto di partenza per una ricomposizione dell’ordine mondiale. Il testo è stato tradotto dal russo da Inna Uryvskaya.

Un nuovo mondo sta nascendo davanti ai nostri occhi. L’operazione militare russa in Ucraina ha inaugurato una nuova era, e questo in tre dimensioni 1 alla volta. Senza dimenticare la quarta, la dimensione interna della Russia. Inizia oggi un nuovo periodo, sia dal punto di vista ideologico che socio-economico; ma questo argomento merita di essere discusso in seguito.

La Russia ristabilisce la sua unità. In effetti, la tragedia del 1991, questa terribile catastrofe nella nostra storia, questo sconvolgimento innaturale, è stata finalmente superata. Questa restaurazione richiede grandi sacrifici, attraverso i tragici eventi di una guerra quasi civile, in cui i fratelli, separati dalla loro appartenenza all’esercito russo e ucraino, si sparano ancora a vicenda, ma non ci sarà più un’Ucraina antirussa. La Russia viene riportata alla sua integrità storica, riunendo il mondo russo, il popolo russo: i Grandi Russi 2 , i Bielorussi ei Piccoli Russi 3 .

Abbandonare l’idea di questa riunificazione, lasciare che questa divisione temporanea si stabilizzi per secoli, significa tradire la memoria dei nostri antenati ed essere maledetti dai nostri discendenti per aver lasciato che la terra russa si disintegrasse.

Vladimir Putin si è assunto, senza alcuna esagerazione, una responsabilità storica prendendo la decisione di non lasciare la questione ucraina alle generazioni future. In effetti, la necessità di risolvere il problema dell’Ucraina non poteva che rimanere una priorità della Russia, per due ragioni principali. E la questione della sicurezza nazionale della Russia, cioè lasciare che l’Ucraina diventi anti-russa, non è la ragione più importante.

Il motivo principale è un eterno complesso di popoli divisi, un complesso di umiliazioni nazionali dovute al fatto che la patria russa ha prima perso parte delle sue fondamenta (Kiev), e deve sopportare l’idea dell’esistenza di due Stati, di due popoli. Continuare a vivere così significherebbe rinunciare alla nostra storia, sia accettando l’idea folle che “solo l’Ucraina è la vera Russia” o ricordando, impotenti e digrignando i denti, il tempo in cui “abbiamo perso l’ucraino”. Nel corso dei decenni, la riunificazione della Russia con l’Ucraina sarebbe diventata sempre più difficile: sarebbero aumentati il ​​cambio dei codici, la derussificazione dei russi che vivono in Ucraina e la propaganda antirussa tra i Piccoli Russi ucraini. Inoltre, se l’Occidente avesse consolidato il controllo geopolitico e militare in Ucraina,

Ora questo problema non esiste più: l’Ucraina è tornata in Russia. Questo ritorno non significa che l’Ucraina perderà la sua statualità. Semplicemente, sarà trasformato, riorganizzato e riportato al suo stato originale come parte integrante del mondo russo. Sotto quali confini? In che forma? Sarà stabilita un’alleanza con la Russia, attraverso la CSTO e l’Unione economica eurasiatica o come stato che fa parte dell’Unione di Russia e Bielorussia? Questo sarà deciso quando l’Ucraina anti-russa non esisterà più. Comunque sia, il periodo di divisione del popolo russo sta volgendo al termine.

È qui che inizia la seconda dimensione della nuova era: riguarda le relazioni della Russia con l’Occidente, e non solo della Russia, ma del mondo russo, cioè tre Stati: Russia, Bielorussia e Ucraina, che agiscono come un’unica entità geopolitica. Queste relazioni sono entrate in una nuova fase e l’Occidente vede la Russia tornare ai suoi confini storici in Europa. Ne è fortemente indignato, anche se nel profondo della sua anima deve ammettere che non avrebbe potuto essere altrimenti.

Chi, nelle vecchie capitali europee, a Parigi o a Berlino, poteva davvero credere che Mosca avrebbe rinunciato a Kiev? Che i russi sarebbero stati per sempre un popolo diviso? E questo, proprio nel momento in cui l’Europa si unisce, quando le élite tedesca e francese stanno cercando di riprendere il controllo dell’integrazione europea dagli anglosassoni e di costruire un’Europa unita! Dimenticando che l’unificazione dell’Europa è stata resa possibile solo dall’unificazione della Germania, ottenuta grazie alla buona – seppur poco intelligente – volontà russa. Qualsiasi pretesa sulle terre russe è più che l’apice dell’ingratitudine, è stupidità geopolitica. L’Occidente nel suo insieme, e l’Europa in particolare, non avevano il potere di mantenere l’Ucraina nella sua sfera di influenza, per non parlare di conquistare l’Ucraina.

Per essere più precisi, c’era una sola opzione: scommettere sull’ulteriore crollo della Russia, cioè della Federazione Russa. Ma il fatto che questa opzione non funzionasse avrebbe dovuto essere chiaro vent’anni fa. Quindici anni fa, dopo il discorso di Putin a Monaco, anche i sordi avrebbero potuto sentire che la Russia era tornata.

Oggi l’Occidente sta cercando di punire la Russia per essere tornata, per aver impedito agli occidentali di arricchirsi a sue spese, per aver fermato l’espansione occidentale verso est. Cercando di punirci, l’Occidente crede che il nostro rapporto con esso sia di vitale importanza. Ma ormai non è più così da molto tempo. Il mondo è cambiato e gli europei così come gli anglosassoni che governano l’Occidente lo capiscono. Qualsiasi pressione occidentale sulla Russia sarà vana. Il danno dovuto all’escalation del confronto sarà bilaterale, ma la Russia è moralmente e geopoliticamente preparata, quando un aggravamento dell’opposizione comporterà per l’Occidente costi significativi, i principali dei quali non saranno necessariamente economici.

L’Europa, come l’Occidente, voleva l’autonomia. In effetti, il progetto tedesco di una maggiore Europa integrata è una sciocchezza strategica se gli anglosassoni mantengono il controllo ideologico, militare e geopolitico sul Vecchio Mondo. Inoltre, questo progetto non può avere successo poiché gli anglosassoni hanno bisogno di un’Europa che controllino. Tuttavia, l’Europa deve cercare l’autonomia per un altro motivo: nel caso in cui gli Stati Uniti si isolino (a causa dei crescenti conflitti e controversie interne) o si concentrino nella regione del Pacifico, dove oggi il baricentro geopolitico si sta spostando.

Gli anglosassoni conducono l’Europa in un confronto con la Russia e privano così gli europei di ogni possibilità di indipendenza. Allo stesso modo, l’Europa sta cercando di imporre una rottura con la Cina. Se gli atlantisti oggi si rallegrano che la “minaccia russa” stia unificando il blocco occidentale, Berlino e Parigi devono capire che, avendo perso ogni speranza di autonomia, il progetto europeo crollerà nel medio termine. Questo è il motivo per cui gli europei indipendenti non sono affatto interessati a costruire una nuova cortina di ferro ai loro confini orientali, rendendosi conto che si trasformerà in un bullpen per l’Europa. L’era della leadership mondiale del Vecchio Mondo (più precisamente, mezzo millennio) è comunque finita. Tuttavia, sono ancora possibili varie opzioni per il suo futuro.

La terza dimensione dell’attualità è l’accelerazione della costruzione di un nuovo ordine mondiale, i cui contorni sono sempre più chiaramente dovuti al fatto che la globalizzazione anglosassone è così diffusa. Un mondo multipolare è finalmente diventato realtà. In questa operazione in Ucraina solo l’Occidente si oppone alla Russia, perché il resto del mondo la comprende perfettamente: è un conflitto tra Russia e Occidente, è una risposta all’espansione geopolitica degli atlantisti, è il ritorno della Russia alla il suo spazio storico e il suo posto nel mondo.

Cina, India, America Latina, Africa, mondo islamico e Sud-est asiatico, nessuno crede che l’Occidente governi l’ordine mondiale, tanto meno ne stabilisca le regole del gioco.La Russia non ha solo sfidato l’Occidente, ha dimostrato che il l’era del dominio globale occidentale può considerarsi completamente e definitivamente conclusa. Il nuovo mondo sarà costruito da tutte le civiltà e da tutti i centri di potere, e questo, ovviamente, in collaborazione con l’Occidente (unito o meno), ma quest’ultimo non potrà più imporre né i suoi termini né le sue regole .

https://translate.google.com/website?sl=auto&tl=it&hl=it&u=https://web.archive.org/web/20220226224717/https://ria.ru/20220226/rossiya-1775162336.html

https://www-fondapol-org.translate.goog/decryptage/la-russie-na-pas-seulement-defie-loccident-elle-a-montre-que-lere-de-la-domination-occidentale-mondiale-peut-etre-consideree-comme-completement-et-definitivement-revolue/?_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it

Adversvs Tristi Bestie: Repvblicanisvs Geopoliticvs Fontes Origines et Via (PARTE TERZA DI 3)_di Massimo Morigi

Massimo Morigi

Adversvs Tristi Bestie: Repvblicanisvs
Geopoliticvs Fontes Origines et Via
(PARTE TERZA DI 3)

Presentazione
Nella prima decade di questo nuovo millennio ebbi modo di partecipare a vari
convegni internazionali di filosofia politica e i miei contributi furono sempre
incentrati sull’estetizzazione della politica nei regimi autoritari del XX secolo e
ho più volte sottolineato quanto questi iniziali studi sull’estetizzazione della
politica e sulla politicizzazione dell’estetica (la contromossa di Walter Benjamin
all’estetizzazione della politica dei regimi autoritari di destra) siano stati
centrali nella successiva elaborazione della Weltanschauung del
Repubblicanesimo Geopolitico. In seguito, nel 2014, decisi di riunire in un unico
documento questi interventi sotto il titolo di Repvblicanisvs Geopoliticvs Fontes
Origines et Via che poi caricai autonomamente su Internet Archive e quindi
consultabile e scaricabile all’URL
https://archive.org/details/RepvblicanismvsGeopoliticvsFontesOriginesEtViaMa
ssimoMorigiGeopolitics_436. Oggi, dopo aver deciso che le mie aurorali
incursioni nella storia filosofica e nella filosofia politica pubblicate sull’ “Italia e
il Mondo” e che vanno sotto il titolo di La Loggia “Dante Alighieri” nella Storia
della Romagna e di Ravenna nel 140° anniversario della sua fondazione (1863-
2003) e di Ancora in avvicinamento al Nuovo Gioco delle Perle di Vetro del
Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et Inactualia Archeologica potevano
aiutare a ricostruire la genealogia del Repubblicanesimo Geopolitico, a questo
appello non potevano mancare questi interventi e che ora vengono proposti con
una leggera modifica nel titolo rispetto al documento immesso autonomamente
su Internet Archive, aggiungendo, appunto, Adversus Tristi Bestie. Come non è
difficile comprendere si tratta di un diretto riferimento ai bestioni di vichiana
memoria, ma in questo caso le nostre Tristi Bestie sembrano non preludere ad
alcuna Epifania Strategica ma solo ad un definitivo degrado antropologico e
culturale connotato dalle due opposte ma equivalenti superstizioni scientifiche
ed antiscientifiche delle ultime cronache virali su cui mi sono più volte
soffermato e di cui ho accennato anche in Ancora in avvicinamento al Nuovo
Gioco delle Perle di Vetro del Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et
Inactualia Archeologica. Un avviso alla fruizione del documento. Il file a suo
tempo caricato su Internet Archive è un file Word al cui interno vi sono anche
contenuti multimediali che non possono essere utilizzati nel formato PDF
pubblicato dall’ “Italia e il Mondo”: si tratta di URL che rimandavano a video
musicali allora presenti su YouTube che per paura che venissero, come poi è
stato, rimossi, erano stati inseriti direttamente nel file Word in questione.
Quindi chi vuole vedere questi contenuti multimediali non deve far altro che
andare al documento Word caricato su Internet Archive. Inoltre, si avverte che
per mantenere la linearità del discorso sull’estetizzazione della politica
sviluppato in queste conferenze il presente documento contiene anche Aesthetica
Fascistica II, già pubblicato in Ancora in avvicinamento al Nuovo Gioco delle
Perle di Vetro del Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et Inactualia
Archeologica ma che nel documento di questa antologia immessa
originariamente autonomamente in Rete prende il nome di Gesamtkunstwerk Res
Publica. La Leitbild in frontespizio è Warrington Colescott, Picasso at the Zoo,
from the series A History of Printmaking, 1978, collage su carta, Smithsonian
American Art Museum, dove la trista bestia è evidente come pure la tecnica
della citazione, molto praticata da quell’eroe dell’estetizzazione della politica,
della politicizzazione dell’estetica e dello stato di eccezione permanente (e
quindi, all’insegna del suo iperdecisionismo antesignano – assieme ad Antonio
Gramsci con la sua filosofia della prassi – del paradigma olistico-dialetticoespressivo-strategico-conflittuale del Repubblicanesimo Geopolitico) che va sotto il nome di Walter Benjamin.
Massimo Morigi – IX Febbraio 2022

ADVERSUS RIFATTO PARTE TERZA

SECONDA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA. IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, di Roberto Buffagni

SECONDA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA. IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

  1. Con la massima brevità faccio il punto della situazione dopo la seconda settimana di ostilità in Ucraina.
  2. Dal 10 marzo è gratuitamente disponibile in rete una intervista al generale Fabio Mini1 che dice tutto il necessario per capire il quadro politico e militare della situazione. Per una analisi più approfondita, si può leggere l’articolo di Mini in “Limes” 2/2022, La Russia cambia il mondo, p. 203-216. Concordo al 100% con le analisi di Mini.
  3. I dati fondamentali del conflitto militare mi paiono i seguenti:
  4. La Russia conduce una guerra limitata per obiettivi limitati, per così dire una guerra “vestfaliana”2. Gli obiettivi che dichiara e persegue sono: a. neutralità dell’Ucraina b. “demilitarizzazione” dell’Ucraina (riduzione del potenziale militare ucraino) c. “denazificazione” dell’Ucraina (nessun esponente di formazioni che si richiamino al nazional-socialismo nel governo ucraino) d. riconoscimento Repubbliche del Donbass e. riconoscimento annessione della Crimea.
  5. La Russia sta impiegando nel conflitto circa il 15% dei suoi effettivi e una frazione probabilmente anche minore dei suoi mezzi militari. L’Ucraina sta impiegando, nel conflitto, tutti i suoi effettivi (o quasi) e tutti i suoi mezzi militari (o quasi). Sul terreno, la Russia ha saldamente in mano l’iniziativa e un controllo quasi completo del cielo, e ha spezzato la coesione delle unità e del comando ucraino: le unità ucraine sono isolate e non possono coordinarsi con il comando centrale. Esse dunque possono resistere e contrattaccare ottenendo vittorie tattiche, ma non predisporre una controffensiva generale per strappare l’iniziativa ai russi. In sintesi: l’Ucraina, impegnando tutte le sue risorse, non può rovesciare le sorti sul campo, che sono a suo netto sfavore. La Russia, impegnando una piccola frazione delle sue risorse, è in netto vantaggio sul campo, e può decidere di aumentare la pressione sulle FFAA ucraine. L’esito militare del conflitto, insomma, è predeterminato.
  6. Ogni decisione russa di aumentare la pressione militare sulle FFAA ucraine viene coordinata con la direzione politica. Se la trattativa con il governo ucraino (e il governo USA che lo guida) va in stallo, la Russia può decidere di aumentare di uno o più gradi “la temperatura” della guerra, per facilitare l’ottenimento dei suoi obiettivi politici. È la modalità “vestfaliana” di coordinare azione militare e diplomatica. Richelieu, Metternich, Kissinger la riconoscerebbero all’istante perché l’hanno costantemente adottata.
  7. I limiti politici all’ “aumento di temperatura” della pressione militare russa sono: a) stabilizzazione dell’Ucraina/futura riconciliazione con la popolazione ucraina, sorella della popolazione russa b) immagine internazionale della Russia c) interesse cinese, indiano, iraniano a sostenere la Russia.
  8. (Per quanto attiene: a. efficacia della guerra partigiana b. impaludamento russo c. fornitura di armi agli ucraini d. raggiungimento degli obiettivi russi de facto o de jure e. probabilità di successo del “regime change” in Russia, confermo quanto già scritto una settimana fa, qui3. Niente di quel che è avvenuto in seguito mi ha fatto cambiare idea.)
  9. Per la Russia la neutralizzazione dell’Ucraina è un interesse vitale, ossia un interesse che va difeso ad ogni costo. In caso di necessità, la Russia aumenterà la temperatura della guerra a un calore infernale.
  10. Invitando l’Ucraina a entrare nella NATO e promettendole protezione e prosperità, gli USA, la UE e i dirigenti ucraini dal 2014 in poi hanno l’hanno condotta sul “primrose path”, il sentiero delle primule. È un’espressione idiomatica inglese coniata da Shakespeare, che nel Macbeth parla di “treading the primrose path to the everlasting bonfire“. È il “sentiero delle primule”, la via facile del piacere, che conduce all’ “everlasting bonfire”, il fuoco eterno. Per ora, l’Ucraina sta nell’anticamera dell’inferno. Se non si risolverà diplomaticamente la controversia, garantendo alla Russia l’interesse vitale della neutralità ucraina, la nazione e la popolazione ucraine potrebbero scendere fin negli ultimi gironi infernali.
  11. Di quanti gradi aumenterà la temperatura dell’inferno per gli ucraini dipende dall’andamento della trattativa politica. L’andamento della trattativa dipende in larga misura dalla linea politica statunitense, che si riflette sulla linea politica del governo ucraino, influenzandola pesantemente.
  12. Paiono (congettura) essersi delineati due partiti o fazioni in conflitto all’interno dell’establishment della politica estera statunitense. La divisione non è ideologica, i componenti le due fazioni condividono ambiente, mentalità, esperienza.
  13. La divisione tra le due fazioni USA sembra (congettura) originare dall’interpretazione della volontà russa. La domanda è: “I russi sono disposti ad andare fino in fondo, o bluffano?”. “Andare fino in fondo” significa “essere disposti a rischiare e nel caso affrontare un conflitto diretto con la NATO con le sue conseguenze incalcolabili, uso delle armi nucleari compreso”. Una fazione si risponde, “No, i russi bluffano, dobbiamo andare a vedere il bluff per rimetterli al loro posto subalterno, e riconfermare il nostro ruolo di egemone dell’ordine internazionale unipolare”. L’ altra fazione si risponde “Sì, i russi sono disposti ad andare fino in fondo, e in ogni caso il rischio di andare a vedere il bluff è troppo elevato e non va corso, perché l’Ucraina non è un interesse vitale USA.”
  14. I documenti in base ai quali congetturo l’esistenza delle due fazioni USA sono questi tre4.
  15. Il primo (“ i russi bluffano”) è una lettera aperta a favore di una no – fly zone limitata sull’Ucraina, a firma di numerose personalità dell’establishment politica estera USA, pubblicata su “politico.com”, importante periodico online rivolto all’establishment politico statunitense5. In essa si raccomanda l’istituzione di una no-fly zone sull’Ucraina, che avrebbe per conseguenza uno scontro militare diretto tra forze NATO e forze russe. I firmatari presumono che la Russia non lo accetterebbe. Lo scopo è intimidire la Russia, dimostrare che il suo governo ha fatto il passo più lungo della gamba ed è impotente, e così concorrere a destabilizzarlo.
  16. Il secondo, a firma di James Jeffrey, presidente del Programma per il Medio Oriente, Wilson Center6, e il terzo a firma di Sam J. Tangredi, Direttore Institute for Future Warfare Studies, U.S. Naval War College7 (“i russi non bluffano”) propone l’invio di una missione militare di interposizione in Ucraina a cui partecipino anche truppe USA, sotto egida ONU. Vi si sostiene che ciò sia possibile nonostante il veto russo al Consiglio di Sicurezza ONU. Non so se ciò sia legalmente possibile, se qualche lettore è in grado di verificarlo gliene sarò grato. Lo scopo è: a) logorare i russi prolungando la trattativa per ottenere migliori condizioni, e diminuendo il peso specifico del vantaggio militare russo sul campo b) gettare le basi per una futura presenza anche militare della “comunità internazionale” a guida USA nel territorio dell’Ucraina, anche dopo una sua eventuale neutralizzazione c) in sostanza, contendere palmo per palmo il terreno politico-militare ucraino al nemico, dando una pesante lezione per il futuro ai russi (“non ci riprovate mai più”). I due documenti prendono in considerazione la possibilità che in seguito a questa iniziativa il conflitto escali fino alla guerra nucleare, e ritengono che il rischio esista, ma sia minimo e controllabile.
  17. Ulteriore indizio dell’esistenza di queste due fazioni all’interno della direzione politica USA potrebbe essere la persuasiva ipotesi formulata da Maurizio Vezzosi, qui8, in merito all’uccisione di un negoziatore ucraino. Il negoziatore era membro del GUR, l’intelligence militare ucraino. Vezzosi argomenta che GUR e SBU (intelligence civile ucraina) sono in aspro conflitto, e ipotizza che ne sia risultata l’uccisione di Denis Kireyev. Vista la stretta interconnessione tra intelligence USA e intelligence ucraina, è possibile congetturare che la violenta contrapposizione tra SBU e GUR rifletta un analogo conflitto interno all’intelligence e all’establishment della politica estera USA.
  18. Ammesso che quanto congetturato in merito al conflitto interno agli USA sia vero, non ho elementi per valutare quale delle due linee abbia migliore probabilità di vittoria. Ovviamente la seconda linea (“i russi non bluffano”) è più razionale e cauta. Ma da quanto si può dedurre dall’andamento erratico della trattativa, non ci troviamo in una situazione paragonabile alla crisi dei missili cubani, se non per la natura dell’interesse vitale in gioco e per gravità del rischio di escalation anche nucleare. Nella crisi cubana, l’Amministrazione Kennedy era coesa, e controllava (per quanto è possibile farlo) gli apparati dello Stato militari e civili. Inoltre, i decenni di Guerra Fredda avevano creato e rodato molti canali di comunicazione, formali e informali, tra le due superpotenze, così facilitando l’intesa reciproca e la de-escalation della crisi. Oggi l’Amministrazione Biden pare debole, divisa, con un controllo molto labile sugli apparati dello Stato federale, e i tre decenni di ordine unipolare, con il senso di sicurezza e di superiorità incontestata che hanno indotto nei dirigenti USA, hanno seriamente danneggiato, se non cancellato, la comunicazione tra le due grandi potenze americana e russa, facilitando imprudenze ed equivoci nell’interpretazione della volontà nemica.
  19. Una cosa si può dire con certezza: che dal punto di vista americano, la posta in gioco NON è l’Ucraina, che non è un interesse vitale statunitense. Per gli USA, la posta in gioco è il prestigio della loro posizione di guida dell’ordine internazionale unipolare. Dico “il prestigio”, perché nei fatti, con il sorgere di due grandi potenze come Russia e Cina, l’ordine internazionale unipolare è già finito.
  20. Quel che non è finito è “il prestigio” di guida di quell’ordine, che gli USA ancora detengono e vogliono conservare. È infatti questo prestigio che consente agli USA di presentarsi nel mondo come Stato eccezionale, che non conosce né superiori né eguali, e che dunque può pretendere di presentarsi come “giudice terzo” nelle controversie internazionali. Da questo scranno inarrivabile gli USA possono decidere che cosa è giusto, che cosa sbagliato, che cosa bene e che cosa male; quale regime sociale sia accettabile (la democrazia liberal-progressista) e quale inaccettabile (tutti gli altri); possono chiamare le loro guerre “instaurazione dei diritti e della giustizia”, e se le perdono, “errori”: mentre le guerre altrui, vinte o perse, sono sempre “crimini”; possono insomma, come Dio nella teologia islamica, decidere a piacer loro se il fuoco debba esser caldo o freddo.
  21. Quanto tengano gli USA a questo prestigio lo illustra il fatto che negli scorsi mesi si sono rifiutati di firmare un trattato a garanzia che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO, come richiesto dai russi. Se gli USA avessero apposto la firma in calce a quel foglio, non un colpo sarebbe stato esploso in Ucraina, non una sola persona vi sarebbe stata uccisa o ferita, non un solo edificio danneggiato.
  22. Per concludere, una domanda: quanto tiene l’Europa, quanto tiene l’Italia, al prestigio americano? Sinora, pare moltissimo. Europa e Italia tengono di più al prestigio americano, o all’interesse proprio e dei loro popoli, e all’interesse del popolo ucraino? Pare di sì. Per quanto tempo ancora?

atto estremo, di Alessandro Visalli

David Goldman, in Asiatimes.com, ricostruisce il dialogo tra Xi Jimping, Macron e Scholz come l’avvio di una iniziativa diplomatica senza precedenti. Una vera e propria “rivoluzione diplomatica”. Effetto di circostanze particolarissime, nelle quali l’eccessiva proiezione americana e la reazione, parimenti eccessiva, russa hanno lasciato il mondo in quello che chiama un “vuoto diplomatico”. Gli Usa hanno cercato di accerchiare la Russia, inducendo l’Ucraina ad abbandonare il quadro di Minsk II, la Francia e la Germania non sono state in grado di smarcarsi dai ditkat americani e questi errori combinati aprono lo spazio, sostiene l’autore, per una mediazione cinese che è stata richiesta anche dalla stessa Ucraina il 1 marzo. Il paese asiatico è nella posizione ideale perché non compromesso e perché ha ottimi rapporti con entrambi i paesi belligeranti.
Quello che gli Usa non hanno più, dopo la fornitura di armi, l’intransigenza a chiudere ogni compromesso prima della guerra e, forse soprattutto, l’uso della “bomba nucleare finanziaria” di cui parliamo dopo.
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Anche la recentissima decisione di non acquistare più idrocarburi (misura rifiutata dall’Europa), che ha portato oggi ad un aumento dell’8% del prezzo al barile, crea distanza tra le parti.
Citando il sito guancha.cn l’autore riporta le proposte di Xi per il sostegno a Francia e Germania per la creazione di un quadro di sicurezza europeo che sia equilibrato, efficace e sostenibile. Partendo da un compromesso che si richiami al quadro di Minsk II nel quale l’Ucraina abbandoni la domanda di adesione alla Nato, l’indipendenza (anche non totale) delle regioni di confine e la cessione della Crimea in cambio di impegni sostanziali alla ricostruzione da parte di Ue e Cina, il ritiro delle sanzioni alla Russia.
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Uno schema simile segnerebbe la piena sconfitta della strategia Usa e lo smarcamento della Ue dal dominus oltreoceano.
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Dominus che potrebbe aver compiuto un errore strategico di primissima grandezza, secondo William Pesek nella stessa testata, spendendo una arma da fine del mondo finanziario che ha una sola cartuccia. Tutti i paesi del mondo, a partire dalla lezioni delle crisi finanziarie della fine degli anni ottanta e dei primi novanta, si dotarono di ingenti riserve finanziarie e favorirono gli investimenti all’estero come assicurazione verso il rischio di crisi di fiducia. Ma, a ben vedere, questa strategia parte da una premessa nascosta: che le riserve non siano congelabili e restino disponibili in caso di urgente bisogno.
Congelando circa la metà (la parte non detenuta in oro e altri beni reali) dei 630 miliardi di dollari delle riserve russe, e i patrimoni dei suoi miliardari all’estero, l’amministrazione americana ha inferto un colpo molto duro alla Russia. Ma ha anche disintegrato, in mondovisione, la fiducia nel carattere liquido ed esigibile delle riserve sovrane.
Dylan Grice di Calderwood Capital ha dichiarato in proposito di non aver mai visto armi finanziarie di questa portata. Una “arma finale” che si può usare una sola volta. Questa mossa segna, semplicemente, la fine dell’egemonia del dollaro e l’inizio di un nuovo mondo.
La ragione è semplice, se anche avere ben un terzo del Pil in riserve può essere messo fuori gioco con un clic, allora tutti ne trarranno la conclusione che quello internazionale “non è reale denaro”. Cina e Giappone, che hanno enormi riserve di debito del Tesoro Usa, denominato in dollari, solo la prima oltre 1.100 miliardi, ora sanno che possono essere rese inconvertibili con una semplice decisione sovrana al momento del bisogno. Cercheranno nuove risorse di riserva (probabilmente “reali”) e di ridurre l’interconnessione tra riserve, conti presso le Banche Centrali e sistema finanziario in generale. Come afferma il professore della Cornell University Eswar Prasad, quando la polvere si depositerà la Cina, la Russia e tutti gli altri si libereranno del dominio del dollaro, o ci proveranno. Certo, ci vorrà tempo e non sarà facile. La ricerca di “porti sicuri” sarà lunga e difficile, criptovalute (altrettanto vulnerabili e pericolose), oro (insufficiente), commodities, …
Una sola cosa sembra certa a tutti: il sistema finanziario del dopoguerra sarà diverso. E con esso il mondo.
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