TERRORISMO E GUERRIGLIA, di Teodoro Katte Klitsche de la Grange

TERRORISMO E GUERRIGLIA

Il noto provvedimento del G.I.P. di Milano, dr.ssa Forleo, ha suscitato clamori (e anche qualche consenso), dovuti alla (probabile) inopportunità della pronuncia, all’impressione che se ne può ricavare (il guerrigliero è combattente legittimo; il terrorista no), con i corollari a carattere “morale” che spesso si accompagnano; al giudizio di fatto (questa organizzazione pratica il terrorismo o no?), sempre, in tale materia, soggetti a dubbi.

Al di là delle critiche, dovute anche a circostanze sottolineate dal G.I.P. (la mancanza di una definizione normativa di terrorismo e la necessità di ricavarla in via interpretativa sulla base delle convenzioni internazionali e della “ratio e genesi delle norme penali”, cioè l’art. 270 bis del codice penale italiano), è interessante inquadrare la decisione in una tendenza, diffusa in particolare nel secolo scorso, a riconoscere soggetti politici “irregolari” e “illegali”, (in quanto non-statali) quali soggetti del diritto internazionale, in particolare di guerra; e correlativamente lo “scorrimento” tra diritto interno, segnatamente quello penale, e diritto internazionale, con l’ampliarsi o ridursi dell’uno a scapito dell’altro, in misura proporzionale alla rilevanza politica dei soggetti (che pretendono di esercitare lo jus belli)[1].

  1. Già Santi Romano, nel Corso di diritto internazionale, osservava che in caso d’insurrezione o di guerra civile “le norme di diritto internazionale, specialmente attinenti alla guerra e alla neutralità, vengono spesso riferite agli insorti[2]. Qualche anno dopo ritornò su un problema prossimo: quello del partito rivoluzionario. Nel quale il geniale giurista vedeva un “ordinamento sia pure imperfetto, fluttuante, provvisorio”, essendo in effetti “un’organizzazione statale in embrione”. Del suo essere ordinamento, anche se con i limiti ricordati, deriva la conseguenza che indicava nel Corso: di avere una sua (particolare) soggettività e un (limitato) “tipo” di riconoscimento[3].

Carl Schmitt, nel delineare i cambiamenti nel diritto internazionale relativi ai movimenti partigiani rilevava che le convenzioni di Ginevra del 1949 “ampliano il numero di coloro che vengono equiparati ai combattenti regolari soprattutto per il fatto che pongono sullo stesso piano i membri di un «movimento organizzato di resistenza» a quelli di corpi volontari o di milizie e conferiscono loro, a questo modo, i diritti e le prerogative dei combattenti regolari. Per goderne non viene neppure espressamente richiesto di appartenere a un’organizzazione militare” e prosegue “A questo allargamento e allentamento, citato qui solo a mo’ di esempio, si aggiungono le grandi trasformazioni e modificazioni che emergono dall’evoluzione della moderna tecnica bellica e ciò si ripercuote ancora più intensivamente in relazione al combattimento dei partigiani”. La popolazione civile è comunque protetta da tali Convenzioni, in linea col diritto internazionale classico.

Detto limite è tra i più difficili da rispettare, se la dottrina “classica” della guerra partigiana, come espressa da Mao-dse-dong vede nella popolazione (civile) una delle (due) braccia della morsa con cui schiacciare (e scacciare) il nemico (per cui la popolazione può essere, simmetricamente considerata “combattente” dal nemico); d’altra parte per la logica intrinseca della guerra civile, per cui non esiste distinzione tra civile e militare, come tra cittadino e non cittadino, così ben espressa da Henry de Montherlant[4].

Quindi la Convenzione O.N.U. citata dal G.I.P. progettata nel 1999 e per la quale ritiene che “Proprio da tale normativa, ed in particolare da detta esimente, si ricava che le attività violente o di guerriglia poste in essere nell’ambito di contesti bellici, anche se poste in essere da parte di forze armate diverse da quelle istituzionali, non possono essere perseguite neppure sul piano del diritto internazionale, a meno che – ed ecco che in tal caso l’esimente in questione non opera – non venga violato il diritto internazionale umanitario”, s’iscrive pertanto in una tendenza già individuata da alcuni dei più acuti giuristi del secolo scorso.

  1. L’argomentazione del G.I.P. poi prosegue “Da tale ultimo limite può ricavarsi dunque che le attività di tipo terroristico rilevanti e dunque perseguibili sul piano del diritto internazionale siano quelle dirette a seminare terrore indiscriminato verso la popolazione civile in nome di un credo ideologico e/o religioso, ponendosi dunque come delitti contro l’umanità”. Tralasciando il “credo ideologico e/o religioso” (che si deve prendere come espressione esemplificativa, non ravvedendosi perché un terrorismo su base etnica o economica non possa esservi ricondotto), questo appare l’argomento-chiave del provvedimento.

La protezione degli innocenti, e più in generale il diritto in guerra, notoriamente risale (almeno) a Francisco Suarez e a S. Roberto Bellarmino  che ne fanno una delle condizioni della “guerra giusta” (passate poi largamente nel diritto internazionale moderno).

La tesi del G.I.P. è, in sostanza, che la sola condizione della guerra “giusta” è rimasta quella (peraltro limitata alle norme umanitarie): anche su questo la dr.ssa Forleo non ha torto. Se invero la condizione di essere justus hostis, si è così dilatata (altrimenti lo jus belli sarebbe limitato agli Stati sovrani, e tutti gli altri belligeranti sarebbero criminali); se la justa causa (cioè il motivo valido) non è più richiesta, soprattutto perché è difficilmente accertabile; se la recta intentio è… passata di moda, l’unica discriminante tra nemico e criminale (di guerra) rimane il modo di condurla.

Con la conseguenza che una guerra condotta da una compagnia di ventura o da una banda di briganti per predare dei territori, senza commettere crimini contro l’umanità, è “lecita”. Certo il tutto pone non pochi interrogativi: ad esempio un embargo sul cibo e sui medicinali, che provochi – come si racconta che abbia  causato in Irak – carestie ed epidemie, ma non uccide direttamente degli innocenti (e perciò non costituisce un crimine contro l’umanità) è lecito?

È un fatto che se la distinzione è data dal modo di condurre la guerra, e non più dalla “forma” dei combattenti, ovvero se questi siano istituzioni-Stato o qualcos’altro, l’equiparazione tra guerra interstatale e guerra tra partiti, etnie (magari) multinazionali o compagnie di ventura è totale. Il processo di dissoluzione dello Stato sovrano, come monopolista del politico, si completa. E la guerra, nella quale Rousseau vedeva un rapporto da Stato a Stato, di guisa che “ogni Stato non può avere come nemici che altri Stati”[5] diventa attività di ogni formazione politica.

Nel diritto internazionale classico, quando cioè scrivevano Rousseau e Vattel, la guerra doveva essere “legittima e nella forma”[6], cioè condotta da Stati sovrani (cioè da soggetti in “forma” per definizione) e con l’osservanza di un minimo di regole “procedurali”, come la richiesta (preventiva) di riparazione e la dichiarazione di guerra.

Vattel scriveva che bisogna accuratamente distinguere “la guerra legittima e nella forma, da quelle guerre informi e illegittime, o piuttosto da certe azioni di brigantaggio che si fanno, o senza autorità legittima, o senza soggetto apparente, e del pari senza formalità, solamente per saccheggiare”[7].

Queste ultime sono le guerre delle compagnie (di ventura), dei filibustieri, dei pirati. La Nazione attaccata da questi “non è obbligata a osservare le regole prescritte per la guerra in forma: può trattarli come briganti” (e impiccarli)[8].

Prosegue poi la G.I.P. di Milano con l’affermare che la modifica all’art. 270 bis c.p. “ha appunto esteso il rilievo penale dei fatti in tale norma già previsti anche ai casi in cui gli stessi fossero posti ai danni di uno Stato estero, voluta d’emergenza  all’indomani di tali fatti; parallelamente ad analoghi interventi legislativi posti in essere in altri paesi, ha evidentemente perseguito la finalità di creare una sorta di diritto penale sovranazionale con il quale tutelare i singoli Stati da attentati terroristici di ampio spettro, speculari di strategie politiche autonome e risolutive.

L’estendere tale tutela penale anche agli atti di guerriglia, per quanto violenti, posti in essere nell’ambito di conflitti bellici in atto in altri Stati ed a prescindere dall’obiettivo preso di mira, porterebbe inevitabilmente ad un’ingiustificata presa di posizione per una delle forze in campo, essendo peraltro notorio che nel conflitto bellico in questione, come in tutti i conflitti dell’era contemporanea, strumenti di altissima potenzialità offensiva sono stati innescati da tutte le forze in campo”.

Tale periodo contiene tre tesi:

  1. che gli atti di guerriglia si differenziano dal terrorismo per l’“obiettivo preso di mira”;
  2. che sanzionare “atti di guerriglia” (non terroristici) costituisce un’ingiustificata presa di posizione a favore di uno dei contendenti;
  3. ancor di più perché tutte le parti si servono di “strumenti di altissima potenzialità offensiva” (per cui – sembra di capire – aerei-bomba e kamikaze sarebbero la risposta alle bombe – intelligenti o meno – e agli aerei invisibili).

Sulla prima affermazione, si è già scritto sopra: costituisce un’ulteriore conferma della depolitizzazione dello Stato. Giova invece approfondire la seconda, in connessione stretta ed evidente con la terza: che servendosi ambedue le parti di mezzi illeciti (secondo il diritto penale internazionale) una scelta per l’uno o per l’altro dei contendenti costituirebbe “un’ingiustificata presa di posizione”.

In effetti tale ragionamento appare viziato da iper-giuridicismo: vediamo perché.

In primo luogo perché la decisione per la guerra, l’alleanza o la neutralità è politica, rimessa alle autorità politiche. “L’ingiustificata presa di posizione” non è materia, come dicono i giuristi francesi, justiciable: altrimenti sarebbe possibile ricorrere ad un Tribunale per chiedere, ad esempio, di sospendere la chiamata alle armi, o l’invio di soldati in zona di guerra, e così via (e di ragioni ve ne sarebbero a iosa, ad invocare l’art. 700 c.p.c., perché in guerra si rischia di morire – o di essere oggetto di rappresaglie).

In realtà il problema consiste, per il Giudice, nell’applicare correttamente una norma: se da tale applicazione deriva un’“ingiustificata presa di posizione”, è affare del potere politico, e non dei Tribunali. Se la norma ha quell’effetto, significa che il potere politico ha fatto una scelta di campo: per (o contro) il terrorismo, e così via[9].

In secondo luogo: rispetto a cosa quella scelta è “ingiustificata”? All’interesse nazionale? Accertarne la corrispondenza a questo non è di competenza del potere giudiziario. Più probabile è ritenere che la G.I.P. abbia voluto spiegare la ratio della norma come dalla stessa interpretata: cioè che scegliere per la guerra, l’alleanza o la neutralità sia lecito solo in base alla normativa internazionale (che ci riporta alla tematica del modus gerendi bellum). Senonché non è così: perché lo jus belli (e lo justum bellum) non è lecitamente esercitabile (solo) come mezzo per la riparazione di un torto, peraltro inteso come illecito internazionale (la guerra come sanzione alla violazione di norme internazionali) ma anche – e ancor di più – per la tutela dell’esistenza (e dell’interesse) nazionale. È meno vicino alla pena di quanto lo sia ad una misura per la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza interna. È orientato dal criterio dell’opportunità più che dalla conformità (o meno) ad una norma. Il diritto di far la guerra, scrivevano, tra gli altri, Montesquieu e Vattel è dato: a) per la difesa e b) per la conservazione dei diritti delle nazioni.

Ciò che è realmente essenziale in un conflitto è la percezione – e l’identificazione  – del nemico o viceversa, del non-nemico, e quindi la possibilità di guerra: è ciò che da un senso e un contenuto specifico – ed esattamente applicabile – alla normativa penale, come ad esempio parte delle norme del codice penale, ricomprese nel titolo I del libro secondo.

Ma inimicizia, guerra, rappresaglia (e così via), intese in senso giuridico, dipendono da una decisione del potere politico: è questa a conferire un senso e un’applicabilità concreta a buona parte di quelle disposizioni. Tizio è nemico (o amico) e la nazione sta in guerra o in pace[10] è belligerante o neutrale, perché l’ha deciso l’autorità competente e responsabile, e non perché un Giudice ha sussunto la fattispecie ad una norma.

Peraltro considerare la guerriglia (o il terrorismo) irakeno come “una delle forze in campo” presenta problematiche nuove. Se, in un contesto di guerra tra Stati le “forze in campo” sono delle istituzioni, con dei rappresentanti, per cui hanno una forma (quindi coerenza ed unità) e possono assumere ed onorare degli impegni, quando si considerano “forze in campo” i movimenti di resistenza, il problema di chi decide (e che cosa) diventa di soluzione non facile. Ancor più nello stato che hanno attualmente molti movimenti “terroristici”, come Al-Quaeda, o buona parte della resistenza irakena. Se fu possibile negoziare con il Viet-Min o con l’FLN algerino, lo stesso non appare, o è assai più difficile con questi soggetti, spesso evanescenti e portatori di “linee d’inimicizia” non coerenti (e non comprensibili); ad esempio il sequestro di cittadini francesi, quando la politica francese ha cercato di evitare l’occupazione dell’Irak e la guerra, e che suscita l’interrogativo se il nemico di questi resistenti sia l’occidentale in se, ovvero l’occupante.

Se qualsiasi gruppo guerrigliero, magari a livello familiare o di clan, diventa “forza in campo” cioè nemico (o degno della scelta tra amico e nemico), il carattere pubblico della guerra viene perso del tutto. Ogni criminale comune può, con ciò, divenire “nemico” e beneficiare dello status che ne consegue, compreso di costringere ad una scelta tra intervento o neutralità. Con ciò, viene meno non solo il monopolio dello Stato sul politico, ma addirittura questo diviene indistinguibile dal non-politico. Il percorso che parte dal riconoscimento come nemico di un soggetto non statale si completa così nel riconoscere come tali anche soggetti privi dei requisiti minimi se non di statalità, almeno di pubblicità: dalla “guerra in forma” si ritorna così al bellum omnium contro omnes, da cui era partita la filosofia politica della modernità. In fondo Kant giustificava il concludere patti con gli insorti (di per se deroga al principio della non-ingerenza) allorquando uno Stato “per discordie intestine si divide in due parti, ognuna delle quali si costituisce in Stato particolare, con la pretesa di dominare il tutto: nel qual caso l’aiuto prestato ad uno dei due Stati non potrebbe considerarsi come ingerenza nella costituzione di un altro Stato, perché non di Stati si tratta, ma di anarchia”[11]. Ma come si può negoziare e concludere accordi senza che uno dei contraenti  abbia (un minimo di) forma e di consenso?

  1. E’ indubbio che la G.I.P. di Milano distinguendo tra terrorismo e guerriglia in base al criterio del modus gerendi bellum, ha (in larga parte) colto nel segno; tecniche terroristiche sono state impiegate da sempre in tante guerre: dalle piramidi di teste di Tamerlano alle bombe al fosforo di Amburgo e Dresda . Se infatti, come scriveva Clausewitz, “la guerra è un atto di forza che ha per scopo di costringere l’avversario e sottomettersi alla nostra volontà”, ed è quindi uno scontro di volontà, fiaccare quella dell’avversario, anche attraverso il terrore, è il mezzo per assicurarsi la vittoria. La tentazione di non osservare il diritto delle genti per attingere allo scopo è difficile da respingere[12].

Laddove il ragionamento del G.I.P. non appare condivisibile è nel tentativo di valutare fenomeni politici in base a considerazioni non-politiche, ma (esclusivamente) giuridiche, anzi più propriamente normativistiche.

Considerare “forza in campo” ed applicare (sia pure indirettamente) la tutela che si da ai belligeranti (in quanto nemici), indipendentemente dalla forma e dalle condizioni minime per essere qualificati nemici non appare possibile a partire dai presupposti base di un pensiero giuridico istituzionale; cioè d’essere un gruppo umano “politico”.

Come scriveva Santi Romano occorrono all’uopo elementi delle forma-Stato di guisa da costituire perciò un “ordinamento, sia pure imperfetto, fluttuante e provvisorio”, per avere un (minimo) di soggettività politica (e quindi internazionale), e poter essere nemico (e amico); nella stessa linea si trova la considerazione di Kant sopra ricordata. E’ certo che, a voler applicare quale (esclusivo) criterio di distinzione tra atto di guerra legittima (e non) quello della G.I.P., salta la distinzione tra nemico e criminale comune, che sul carattere pubblico del primo e non del secondo di basa.

Il fatto che il Passatore – come scrive Pascoli – fosse cortese non toglie che fosse un brigante di strada, né la di esso cortesia lo faceva transitare nella categoria del nemico politico.

Così la guerra, già agli albori del diritto internazionale moderno, definita da Alberico Gentili come publicorum armorum iuxta contentio, con esclusione di qualsiasi conflitto tra privati, diviene affare di tutti: mentre ciò che la distingueva era proprio l’esser pubblica, (e riservata a soggetti pubblici).

E su questo occorre spendere due parole: ciò che fa la pubblicità e la statalità dell’istituzione non è il modo d’agire, ma, per così dire, il proprio essere. In un giudizio, penale o civile, si giudica una condotta (cioè, lato sensu un’azione) in base ad una norma che la qualifica e ne determina le conseguenze giuridiche. Di converso la pubblicità della guerra (e la sua legittimità) era data dall’essere i contendenti due soggetti politici. Anche nell’estensione a movimenti partigiani c’è ancora questa condizione minima, proprio perché l’essenza di questi è politica e presentano, in concreto, gli elementi-base dell’istituzione-Stato. Quindi ciò che fa “giusta” la guerra non può ridursi a una sola delle condizioni (il rispetto del diritto internazionale umanitario), a prescindere dalla forma e dal (conseguente) carattere politico dei contendenti.

Non è la condotta della guerra che dev’essere (l’unico) criterio di giudizio, ma l’essenza e il carattere dei contendenti. Ma il giudizio di un Tribunale normalmente prende in esame delle azioni, e – più raramente – l’essere dei contendenti: cioè proprio ciò, che, per il diritto pubblico, è maggiormente rilevante.

E anche in tal caso l’accento posto sulla valutazione sulla condotta ha monopolizzato l’attenzione del Giudice.

Così si dimentica completamente che la distinzione tra nemico e criminale è data proprio dal carattere pubblico o non del combattente: nella guerra marittima se a catturare la nave (del nemico) è un’unità militare (o sotto comando militarre), questa esercita il diritto di preda; se lo fa un privato è un pirata[13]. Questa distinzione è già posta da Bodin, che l’argomenta diffusamente; è così agli inizi della teoria dello Stato moderno[14]

Questa ordinanza quindi offre degli spunti di riflessione, anche nelle affermazioni più criticabili: perché, contrariamente a quanto apparso sui media, riflette considerazioni ed impostazioni più diffuse (ed autorevoli) di quanto non sembri a prima vista.

T.K.

[1] Sul punto v. da ultimo Jean Claude Paye: Lotta contro il terrorismo: atto costituente in Behemoth n. 36 luglio-dicembre 2004.

[2] Riportiamo il passo “in caso d’insurrezione o di guerra civile, le norme di diritto internazionale, specialmente attinenti alla guerra e alla neutralità, vengono spesso riferite agli insorti, così nei rapporti con lo Stato contro il quale lottano come in quelli con gli altri Stati (esempi: le colonie spagnuole dell’America nel 1816; i greci, insorti contro la Turchia, nel 1821; etc.). Ciò può accadere per diverse ragioni, che però si riducono ad una sola: l’impotenza dello Stato nel quale scoppia l’insurrezione a dominare col suo ordinamento gli autori di essa, per cui lo stesso Stato sente il bisogno, per mitigare la lotta, di condurla secondo le norme internazionali, purché anche gli insorti adottino uguale comportamento; e i terzi Stati, per la protezione dei loro interessi che non possono essere più tutelati dal primo, credono opportuno entrare in relazioni dirette col governo insurrezionale”; e prosegue “Sembra che in questi e in altri casi analoghi non ci sia difficoltà ad ammettere che si abbiano dei soggetti di diritto internazionale, la cui personalità, però, da un lato non è definitiva, e dall’altro lato è limitata a taluni rapporti, in modo che la loro piena appartenenza alla comunità internazionale rimane in un certo senso sospesa e incerta finché la loro situazione eccezionale e provvisoria non diventi normale e stabile” v. Corso di diritto internazionale, 3ª ed., Padova 1933, pp. 73-73.

[3] Riportiamo il passo di Santi Romano “Una rivoluzione che sia veramente tale, e non un semplice disordine, una rivolta o sedizione occasionale, è sempre un movimento organizzato, in modo e in misura che naturalmente variano secondo i casi. In generale può dirsi che si tratta di una organizzazione, la quale, tenendo a sostituirsi a quella dello Stato, consta di autorità, di poteri, di funzioni più o meno corrispondenti e analoghi a quelli di quest’ultimo: è un’organizzazione statale in embrione, che, a mano mano, se il movimento è vittorioso, si sviluppa sempre più in tal senso. Comunque, essa si traduce in un vero e proprio ordinamento, sia pure imperfetto, fluttuante, provvisorio… E non importa se questo ordinamento, per la sua stessa natura e in quanto non si travasa in seguito nel nuovo ordinamento statale che può derivarne, ha una durata e una stabilità transitoria. Finché vive e opera è un ordinamento che non può non prendersi in considerazione come tale. La rivoluzione è un fatto antigiuridico in riguardo al diritto positivo dello Stato contro il quale si svolge, ma ciò non toglie che, dal punto di vista ben diverso dal quale essa si qualifica da sé, è movimento ordinato e regolato dal suo proprio diritto. Il che vuole anche dire che è un ordinamento che deve classificarsi nella categoria degli ordinamenti giuridici originari, nel senso ormai ben noto che si attribuisce a questa espressione” in Frammenti di un dizionario giuridico voce Rivoluzione e diritto, Milano 1948, p. 244.

[4] Nel prologo al dramma La Guerre civile, questa si presenta “Io non sono la guerra delle trincee e dei campi di battaglia. Sono la guerra della piazza inferocita, la guerra delle prigioni e delle strade, del vicino contro il vicino, del rivale contro il rivale, dell’amico contro l’amico.

Io sono la Guerra civile, io sono la buona guerra, quella dove si sa perché si uccide e chi si uccide: il lupo divora l’agnello, ma non lo odia; ma il lupo odia il lupo” v. trad. it. di P. Buscaroli, Torino 1976, p. 29.

[5] Du Contrat social, lib. I, cap. IV.

[6] V. Vattel Droit de gens, Liv. III, cap. IV, 66.

[7] Op. cit., liv. III, cap. IV, 67.

[8] Vattel, op. cit., liv. III, cap. IV, 68.

[9] Ad esempio, ad esaminare il codice penale militare di guerra, l’applicazione dell’intero codice (come di alcune norme) è condizionato da atti del potere politico.

Per applicare la legge di guerra il limite temporale è dato dalla dichiarazione dello stato di guerra fino alla di esso cessazione (art. 3). Però può essere applicata con decreto del Presidente della Repubblica “anche in tempo di pace” (art. 5). Si applica ai contingenti delle F.F.A.A. destinati ad operazioni di guerra (art. 6), ai corpi di spedizione all’estero anche in tempo di pace (art. 9), alle operazioni di ordine pubblico (art. 10), ai mobilitati (art. 11) ai prigionieri di guerra (art. 12). I reati commessi a danno di uno Stato alleato sono considerati come commessi contro lo Stato italiano (art. 15). Lo stato di nemico da, com’è noto, dei diritti; in particolare l’art. 198 sanziona l’“arbitrario disconoscimento della qualità di legittimo belligerante”. Il che pone, ovviamente, il problema di chi sia il “legittimo belligerante” e se dei terroristi possano esserlo.

[10] V. Vattel, op. cit., liv. III, cap. III, 26; Montesquieu, L’ésprit des lois, lib. X, cap. II. Per Montesquieu, più precisamente, gli Stati “hanno diritto di fare la guerra per la loro conservazione” il che non comprende – a prima vista – la riparazione di un torto; però subito dopo aggiunge “le droit de guerre dèrive donc de la necessité et du juste rigide” in quel “juste rigide” si può ricomprendere il mezzo per riparare e sanzionare un illecito commesso.

[11] V. Per la pace perpetua, trad. it., Bologna 1961, p. 110.

[12] D’altra parte Clausewitz scriveva che la forza in guerra “è accompagnata da restrizioni insignificanti, che meritano appena di essere menzionate, alle quali si da il nome di diritto alle genti” v. Vom Kriege, trad. it. di Bollati e Canevari, Milano 1970, p. 20.

[13] Una delle peculiarità della pirateria è di poter essere perseguita da qualsiasi Stato: il pirata anche se non ha predato navi o territori dello Stato che lo cattura è da questo giudicato. Il che potrebbe apparire, a seguire l’opinione criticata, un’“ingiustificata presa di posizione” tra il pirata e lo Stato danneggiato dal medesimo.

[14] V. Bodin Six livres de la République lib. I, cap. 1.

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Relazione speciale: Situazione di emergenza: Prigozhin adotta l’opzione nucleare, di SIMPLICIUS THE THINKER con nota separata di Andrea Muratore

Ovviamente gli eventi continuano ad accavallarsi. La ferma presa di posizione Putin ha impresso una direzione irreversibile alla vicenda. Erdogan docet. Grande repulisti all’orizzonte. Analogie con i primi mesi del ’17 della Russia imperiale, ma per trarne lezioni. Giuseppe Germinario

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Ci sono cose pesanti in ballo. Ero impegnato nella stesura del mio prossimo rapporto non correlato, quando questa grave situazione si è interrotta, costringendomi a ritardare il rapporto regolarmente programmato per affrontare gli allarmanti sviluppi.

Prigozhin sembra aver avviato un tentativo di colpo di stato. Le informazioni sono ancora in continuo sviluppo, quindi nulla è definitivo o confermato. Per questo motivo ho voluto concentrarmi maggiormente sulle cause potenziali piuttosto che sul rumore speculativo e informativo in continua evoluzione. Ma solo per coloro che potrebbero essere completamente all’oscuro di quanto sta accadendo:

Prigozhin ha pubblicato il seguente video in cui sostiene che il Ministero della Difesa russo ha “bombardato” un’area posteriore dei Wagner, causando molti morti. Il video, tuttavia, non mostra alcun morto e solo ciò che sembra una piccola messinscena di foglie bruciate:

Anche Strelkov ritiene che sia falso:

Riflettendoci, respingo e considero completamente falsa l’affermazione di Prigozhin secondo cui le Forze Armate russe avrebbero lanciato un attacco missilistico sulla sede di Wagner questo pomeriggio. Se c’è stato un colpo, allora solo Wagner stesso poteva sferrarlo (logicamente) (o meglio, una messa in scena). Motivo: per eliminare il “Wagner” non è assolutamente necessario infliggere colpi ad alcuni campi. Basta “bacchettare” lo stesso Prigogine. Beh, forse qualcun altro della sua cerchia ristretta insieme a lui. E questo è tutto. Colpire i soldati e i comandanti ordinari è un’assoluta stupidità – anche Shoigu e Gerasimov hanno abbastanza buon senso per questo. Ora, se Prigozhin stesso con il suo “consiglio di comandanti” fosse coperto da un razzo, ci crederei ancora. E quindi è una bugia. Punto.
Prigozhin ha proseguito con questa chiamata alle armi:

All’inizio sembrava tutta una farsa, fino a quando due importanti generali russi, tra cui “Armageddon” Surovikin, hanno lanciato un appello urgente a Wagner affinché si ritirasse:

Si noti la pistola simbolica sulle ginocchia di Surovikin. Anche un altro ministro della Difesa ha pubblicato un video, ma non ho ancora trovato una versione sottotitolata.

Secondo il portavoce del Presidente della Federazione Russa, Dmitry Peskov, il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha ricevuto un rapporto dal Procuratore Generale della Federazione Russa, Igor Krasnov, sull’avvio di un procedimento penale contro il capo della PMC Wagner, Yevgeny Prigozhin, in relazione al tentativo di organizzare una rivolta armata.
Una cosa importante da notare è che l’incidente sembra, in apparenza, essere arrivato all’improvviso. Ma in realtà le cose si stavano sviluppando da tempo. In particolare, se ricordate, qualche settimana fa il Ministero della Difesa russo ha emesso una nuova decisione che obbliga tutti i volontari e le PMC a registrarsi sotto il giogo del Ministero della Difesa russo. In apparenza, la giustificazione era quella di dare a tutti i volontari gli stessi “benefici” che ricevono i militari russi per il loro servizio.

Ma è chiaro che c’era anche un ulteriore motivo per indurre Wagner a rinunciare alla propria semi-indipendenza e a conformarsi interamente e de jure alla struttura di comando del Ministero della Difesa russo.

Prigozhin ha detto apertamente “no” e che non firmerà alcun contratto di questo tipo. Da quel momento, il Ministero della Difesa ha ovviamente elaborato un piano su come affrontare e potenzialmente “sottomettere” i Wagner nel caso in cui diventassero completamente “canaglia” e rifiutassero di essere assimilati direttamente al Ministero della Difesa.

Da allora sono circolate diverse “voci” su ciò che sta accadendo dietro le quinte, alla maggior parte delle quali non ho prestato attenzione perché non solo provenivano da fonti di propaganda ucraina, ma sembravano anche poco plausibili. Voci come, ad esempio, che due settimane fa Shoigu avesse dato ordine alle truppe russe di aprire il fuoco su Wagner “a vista”. La voce più recente, risalente a pochi giorni fa, era che il Ministero della Difesa stesse già pianificando di arrestare Prigozhin da un giorno all’altro.

Questo ci porta al passo successivo della catena causale. È plausibile che il Ministero della Difesa stesse pianificando di intervenire finalmente su Prigozhin perché di recente ha pubblicato un’altra serie di video sempre più incendiari e accusatori, uno dei quali avevo già caricato nel mio prossimo rapporto e di cui avevo intenzione di parlare finché oggi non è subentrata questa esigenza.

Guardate il video qui sotto:

Quel video era completamente fuori di testa ed è stata la prima volta, a mio parere, in cui Prigozhin ha mentito apertamente (e anche in modo crudele). È stata la prima volta in cui ho cominciato a mettere in dubbio le sue motivazioni in modo più serio, perché semplicemente non riuscivo a conciliare mentalmente come fosse possibile che si inventasse affermazioni così assurde e oggettivamente false. Potete guardare il video e giudicare voi stessi.

Ma alcuni esempi sono: ha affermato che il Ministero della Difesa russo sta mentendo e che l’AFU ha effettivamente sfondato le difese russe e ha raggiunto Tokmak. Il problema è che il giorno dopo (oggi) più di tre distinte unità di truppe russe in diverse città di Sadove e Urazhnoe hanno pubblicato video che dimostrano che non solo controllano quelle città che Prigozhin ha affermato essere già state attraversate dall’AFU, ma che il fronte era calmo e non c’erano nemmeno combattimenti nelle loro vicinanze, per non parlare dei fantomatici sfondamenti di cui parla.

Si tenga presente che questo avviene dopo essere stati colti in fallo più volte, come ho riferito di recente. Ad esempio, quando Prigozhin ha detto che le truppe russe avevano perso Berkhovka, all’angolo NW di Bakhmut, per poi essere smentito il giorno dopo dalle truppe della 200a brigata russa che si trovavano all’interno di Berkhovka, dimostrando di non essere andate da nessuna parte.

Nel video di ieri ha anche affermato che l’AFU occupa Piatykhatky, il che è stato smentito, poiché l’AFU è stata cacciata da lì e l’insediamento è entrato nella “zona grigia”. Continua a sostenere che la controffensiva ucraina è stata finora disastrosa… per la Russia. Vive forse in un mondo completamente diverso?

E nella versione più lunga del video, fa altre affermazioni disastrose che non sono solo ridicole, ma anche oggettivamente sbagliate, e persino tradimento. O è così o è completamente fuori di testa:

Prigozhin ha detto che l’Ucraina non ha bombardato il Donbass per 8 anni e che il Ministero della Difesa sta inventando i fatti per mettersi in buona luce: – Ai confini con il Donbass, noi colpiamo loro, loro colpiscono noi. Questo è accaduto per tutti gli 8 anni dal 2014 al 2022. Dopo il 2014, il Donbass è stato saccheggiato da persone dell’amministrazione presidenziale, dell’FSB e da oligarchi. I generali hanno segato i fondi destinati al corpo della milizia popolare “LDNR”. I generali hanno ricevuto soldi per le “anime morte” – Il Ministero della Difesa inganna l’opinione pubblica e parla della folle aggressione dell’Ucraina, come se ci stessero per attaccare insieme all’intero blocco NATO. La “SVO” è stata avviata per motivi completamente diversi – Zelensky, quando è diventato presidente, era pronto a qualsiasi accordo. Tutto ciò che si doveva fare era scendere dall’Olimpo, andare a negoziare – un’operazione mal pianificata. Per qualche motivo, un gruppo di idioti ha deciso di essere così furbo che nessuno capirà cosa stanno facendo durante le “esercitazioni” e nessuno li fermerà.
Esaminiamone alcuni.

In primo luogo, afferma che il Ministero della Difesa russo ha mentito per 8 anni e che l’Ucraina non ha effettivamente bombardato il Donbass. Il Ministero della Difesa russo ha inventato tutto questo per creare un cassus belli per entrare in guerra e avviare l’SMO. C’è qualcuno che può sostenere seriamente questa tesi?

L’altro grande motivo, non elencato sopra, è che ha detto che la “vera ragione” per l’SMO è che gli oligarchi russi hanno bisogno di questa guerra. Questa affermazione è talmente contraria alla verità che persino Strelkov ha dovuto confutarla con un post in cui affermava il contrario. Il regime liberale e gli oligarchi russi farebbero di tutto per porre fine all’SMO e continuare a fare affari con i loro “partner” preferiti dell’Occidente. Insinuare che la SMO sia iniziata perché “gli oligarchi” la volevano è semplicemente assurdo.

Il problema è che molte delle sue parole sono allettanti. Fanno appello ai nostri sensi più grandi nel voler credere che qualche cavaliere bianco della giustizia stia facendo piazza pulita delle istituzioni corrotte per il bene della Russia, il tutto espresso in un linguaggio sciropposo e patriottico. E se fosse vero, lo sosterrei pienamente. Ma, come ho sottolineato sopra, la stragrande maggioranza dei dati che afferma sono completamente e oggettivamente falsi. Li sta letteralmente inventando e sta mentendo; oppure è stato tragicamente disinformato.

E il secondo punto più importante è che, se la maggior parte delle cose che dice fossero vere, allora i soldati russi effettivi, quei combattenti di sale della terra sul campo, lo sosterrebbero e appoggerebbero le sue parole. Ma sfortunatamente, vedo decine di nuovi rapporti ogni giorno da parte delle truppe russe sul campo, e non ne vedo nessuno che rifletta qualcosa che si avvicini anche solo lontanamente a quello che dice. Anzi, diversi rapporti recenti direttamente dal fronte – dove Prigozhin non è presente, tra l’altro – affermano l’esatto contrario della sua tesi: dicono di avere munizioni in abbondanza, buoni rifornimenti, morale alto, ecc. Nessuno si lamenta delle cose di cui lui si lamenta.

L’altra cosa importante è la tempistica. Nel momento più critico, proprio quando siamo al culmine della follia terminale e l’Ucraina sta barcollando sull’orlo del baratro al punto da sviluppare importanti falseflags esistenziali e campagne di terrore contro la Russia, è questo il momento in cui Prigozhin sceglie improvvisamente il suo apparente attacco alla Russia? Nel momento più critico e delicato, Prigozhin vuole indebolire, demoralizzare e lasciare la Russia completamente vulnerabile ai suoi nemici? Non ha alcun senso, e in effetti in superficie sembrerebbe che Prigozhin stia lavorando di concerto con l’AFU/SBU per coordinare il loro enorme aumento del terrore contro la Russia.

Come spiegare altrimenti la tempistica di questo incidente? Sembra esattamente coordinato con lo sviluppo delle campagne dell’AFU/CIA per salvare la loro disastrosa offensiva fallita.

L’unico modo in cui la tempistica sarebbe fuori dal suo controllo, in un certo senso, è se la mia teoria precedente è corretta, nel senso che il MOD russo stava già cercando di arrestarlo per essersi rifiutato di registrare Wagner nella gerarchia del MOD. Se così fosse, Prigozhin potrebbe essersi sentito in gabbia e senza scelta. Sapendo che il tempo stringeva, potrebbe aver lanciato un disperato “hail mary”.

A questo proposito, però, esploriamo alcune possibili opzioni per capire cosa stia effettivamente accadendo.

Prigozhin sta collaborando con l’AFU/SBU/CIA per tradire e distruggere la Russia, coordinando le sue azioni con loro.

Prigozhin sta lavorando segretamente con Putin per rimuovere il comando russo, che è ancora ben radicato. Si noti che in nessuno dei suoi sproloqui Prigozhin ha accusato Putin o ha anche solo fatto il suo nome. C’è la possibilità che tutto questo sia il teatro di un “accordo conciliante” che porterà alla “messa da parte” di Shoigu. In passato Putin ha già “promosso lateralmente” (in realtà retrocesso) diversi siloviki di grande nome. Ad esempio, Sergei Ivanov, che era vice primo ministro e capo di gabinetto presidenziale, è stato “spostato” a capo di qualche dipartimento “ecologico”. Potremmo vedere Shoigu usato come foglia di fico per risolvere l’impasse spostandolo “lateralmente” in qualche altra posizione apparentemente “importante” (ma in realtà irrilevante)?

Tutto è in realtà “così com’è” e ciò che vediamo sulla superficie del conflitto rappresenta più o meno ciò che sta realmente accadendo.

Il fatto è che, nonostante l’avvio di procedimenti penali e l’aumento dell’allerta in varie regioni russe, al momento in cui scriviamo non c’è alcuna prova che Prigozhin stia effettivamente facendo marciare una “colonna” di truppe Wagner verso Rostov o altrove. Si potrebbe pensare che la colonna di 50 km di lunghezza sia visibile e documentata da diverse fonti.

Invece, Prigozhin continua a rilasciare clip audio mentre è apparentemente “in viaggio” e in clandestinità. Alcuni ritengono che il sottofondo suoni come se stesse viaggiando in auto. Ecco alcune clip sottotitolate (da @mylordbebo) che ha rilasciato nell’ultima ora o due:

L’altra mia teoria è che l’intera disfatta potrebbe essere un elaborato colpo di stato del Ministero della Difesa russo su Wagner. In breve, Wagner potrebbe essere stata “incastrata” dal Ministero della Difesa russo per giustificare l’assunzione del controllo totale di Wagner e il suo assorbimento nell’amministrazione statale, poiché secondo loro Prigozhin era diventato troppo grande per le sue tasche ed era giunto il momento di un’acquisizione ostile della sua azienda sotto una nuova gestione.

Questo spiegherebbe molte delle buffonate. Perché questo piano funzionasse, avrebbero dovuto arrestare Prigozhin già oggi o ieri, e tutti gli audio rilasciati sarebbero state provocazioni fasulle per dare una giustificazione legale al sequestro totale dell’entità legale di Wagner. Naturalmente, questa è probabilmente un’ipotesi molto azzardata, ma ho pensato di mettere per iscritto questa teoria, per sicurezza.

Un’altra osservazione sulla natura sviluppata o orchestrata di questo intero sfacelo. Per esempio, questo dissidente ucraino filo-russo scrive:

Lev Vershinin:Non posso commentare questa dichiarazione. Credo che nessuno possa commentare questa dichiarazione in questo momento. Anche coloro che all’inizio di maggio mi hanno consigliato di aspettare l’ultima decade di giugno, dicendo chiaramente che la cosa più interessante sarebbe accaduta tra il 22 e il 29. Una cosa mi è chiara: non si tratta di un passo spontaneo. La rottura si è consumata. Una cosa mi interessa: come il nemico cercherà di sfruttare l’opportunità e se il nemico sarà in grado di approfittarne.
Altri hanno notato come oggi, sulla scia dei primi video e della rivolta di Prigozhin, siano stati diffusi molto rapidamente diversi video di truppe russe che esortavano i soldati di Wagner a non proseguire contro la madrepatria, e che questi sembravano messi in scena e realizzati in anticipo. L’affermazione è che il Ministero della Difesa russo si aspettava già l’attacco di Prigozhin e aveva preparato i propri video di risposta delle truppe russe per dare l’impressione del sostegno del Ministero della Difesa, in modo da non permettere al morale dei Wagner di gonfiarsi troppo e di credere che tutta la Russia sia con loro e contro il Ministero della Difesa.

Se questa idea fosse vera, implicherebbe che il MOD stava già anticipando questi eventi, il che supporterebbe ulteriormente le mie idee precedenti sul fatto che queste escalation sono piuttosto una situazione di fatto compiuto che era già nota in anticipo a causa dei possibili piani del MOD di arrestare Prigozhin come si diceva, ecc.

C’è stata persino una presunta “conversazione trapelata” tra soldati russi che affermava di aver ricevuto l’ordine di prendere Wagner. Ma prendetela con un pizzico di sale in zucca, visto che i canali ucraini l’hanno pubblicata:

Alcuni canali russi stanno diffondendo informazioni sulla presunta intenzione del Ministero della Difesa russo di trattenere Prigozhin di Wagner. Il canale Goryachie Tochki pubblica uno screenshot della “conversazione” tra due soldati di Rostov. Secondo le loro parole, il comando si sta preparando a una mossa di forza per arrestare i wagneriani per il loro rifiuto di firmare contratti con il Ministero della Difesa – un requisito che deve essere soddisfatto prima del 1° luglio per “legalizzare” la PMC. Il canale suggerisce che coloro che si oppongono all’arresto saranno fucilati. A questo proposito, l’intervista emotiva di Prigozhin di oggi potrebbe essere un modo per arrecare il massimo danno. Tuttavia, a parte queste informazioni provenienti da diversi canali, al momento non ci sono indicazioni che un raid contro Wagner abbia effettivamente luogo.

Al momento, Prigozhin sostiene che una gigantesca colonna di truppe wagneriane si sta muovendo verso Rostov, in particolare verso Novocherkassk, dove si trova la base del comando regionale russo e dove Gerasimov e Shoigu hanno soggiornato di recente, secondo Prigozhin:

Non solo il governatore della regione di Rostov ha avvertito tutti i residenti di rimanere nelle porte, ma sono stati istituiti posti di blocco in tutta la regione e il confine con il Donbass è stato chiuso, così come è stata rafforzata la sicurezza e l’allerta della guardia nazionale.

Ora, alcuni video affermano di mostrare quella che potrebbe essere la colonna Wagner in movimento:

Inoltre, ci sono video di convogli della Guardia Nazionale russa che prendono posizione in tutta la città e la regione e di molti elicotteri militari che pattugliano i cieli di Rostov:

Rostov centro:

Le riserve russe prendono il controllo di Rostov in vista dell’arrivo di Wagner:

Un’ultima cosa da menzionare. C’è ancora la possibilità che si tratti di una sorta di elaborata psyop. Tutto è possibile perché la situazione è semplicemente così “fuori dal campo”. Il motivo per cui mi sembra fuori dal campo è che Prigozhin non sembra avere alcuna giustificazione sostanziale per tutto questo. Come ho detto, la Russia stava schiacciando l’AFU e recentemente si è trovata nella migliore posizione dell’intera SMO. Perché mai una cosa del genere dovrebbe accadere ora, se fosse legittima? È semplicemente inconcepibile che Prigozhin sia così incensato per tutte le “mancanze” del MOD nel momento in cui il MOD ha ottenuto il massimo splendore sul campo di battaglia. L’unica spiegazione in questo caso sarebbe – come ho detto prima – che Prigozhin sapeva che il suo tempo era scaduto, poiché il MOD stava già pianificando di inscatolarlo, quindi per lui era “ora o mai più”.

Tuttavia, dall’altro lato della medaglia, c’è una cosa inquietante in tutto questo. E cioè che, a meno che Prigozhin non abbia avuto un crollo mentale e non sia completamente impazzito (cosa che dubito), quello che sta facendo sembrerebbe un suicidio. Far marciare alcune truppe mercenarie in Russia al volo o per capriccio sembra del tutto folle e chiaramente non porterebbe ad altro che all’arresto di Prigozhin e a una lunga detenzione, se non alla sua morte.

Quindi, proprio per questo motivo, è inquietante pensare che Prigozhin – o chiunque sia sano di mente – non farebbe una mossa del genere di punto in bianco, a meno che non abbia pianificato tutto con molti passi in anticipo e, soprattutto, non si sia già assicurato un qualche tipo di sostegno interno significativo da qualche parte. Quindi, questo significa che Prigozhin potrebbe aver pensato a tutto questo, averlo pianificato con largo anticipo e avere l’appoggio segreto di molte figure importanti nell’esercito russo che lo sosterranno in questo colpo di stato? Quale altra possibilità potrebbe esserci per lui di fare questo tentativo selvaggio? Nessuna persona sana di mente farebbe una cosa del genere, a meno che non si sia assicurata l’approvazione segreta o il sostegno silenzioso di qualche potente superiore. E se questo è il caso, significa che la situazione è molto più grave di quanto sembri.

Accetto pienamente il fatto che gli eventi si muovono rapidamente e che entro poche ore dalla pubblicazione di questo articolo qualche nuovo enorme sviluppo potrebbe ovviare o confutare la maggior parte di tutto ciò che ho scritto qui, e certamente domani si preannuncia una giornata ricca di eventi. Quindi, per il momento, ho voluto pubblicare questo post, se non altro per offrire la sezione dei commenti a chi vuole aggiornarsi e discutere degli sviluppi.

Vi lascio con un’ultima interessante analisi, che in parte sottolinea i punti che ho esposto in precedenza:

Significa che:1) L’ammutinamento di Wagner è iniziato in modo chiaramente prematuro. Il fronte non è rotto, gli ukry non vincono. In questa situazione, la ribellione significa “pugnalata alle spalle” e l’esercito non la sosterrà.2 ) La prematurità della ribellione (che è stata chiaramente pianificata in anticipo) è causata da un semplice fatto: nel prossimo futuro, Prigozhin sarebbe stato certamente privato della maggior parte delle sue truppe – per mantenere anche un gruppo militare di 30.000 unità a proprie spese, senza il sostegno dello Stato (leggi – fondi e materiali dalla Regione di Mosca RF) – non avrebbe potuto sicuramente essere per più di un paio di mesi (e anche allora – difficilmente);3) Al momento non ci sono video, ecc. prove delle azioni attive dei “Wagner”. Ci sono informazioni che le loro forze nei campi di addestramento nelle retrovie non sapevano nulla e non erano pronte ad agire. Con un’alta probabilità – solo una parte delle unità concentrate nella regione di Lugansk prende parte alla ribellione.4) La “campagna verso Mosca” per i “Wagner” è estremamente difficile – la maggior parte dei carri armati semplicemente non raggiungerà Mosca da sola, è generalmente inutile trascinare l’artiglieria a Mosca, e attaccare con veicoli blindati leggeri significa rischiare la sconfitta lungo la strada, che è generalmente “più facile che facile”. Tutto si basa esclusivamente sulla presenza di unità fedeli pronte a eseguire l’ordine e ad aprire il fuoco per uccidere (“Akhmat” può benissimo eseguire, ad esempio, e non solo “Akhmat”)5) Se entro la mattina (cioè dopo 5-6 ore) “Wagner” non ottiene un successo significativo (e finora non se ne è sentito parlare) e le unità militari non passano apertamente dalla sua parte, la ribellione si trascinerà e ogni giorno che passa il successo finale sarà sempre più improbabile. … beh, se il Cremlino non sbaglia per abitudine, naturalmente, e inizia a “cercare urgentemente compromessi” e a smascherare Prigozhin, per usare il naso sovraccarico di un noto funzionario VIP.

 

https://simplicius76.substack.com/p/special-report-emergency-situation?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=130558910&isFreemail=false&utm_medium=email

Il “pronunciamiento” di Evengyi #Prigozhin e l’aperta rivolta del capo della #Wagner contro il governo di Vladimir #Putin in #Russia aprono al redde rationem nello Stato palese e profondo di #Mosca.

In un articolo di Limes, Rivista Italiana di Geopolitica recentemente pubblicato si parlava della differenza tra la sfera del “Putin singolo”, dell’uomo al centro della macchina del potere russo, e del “Putin collettivo” formato dallo schema di pesi e contrappesi dello Stato profondo a cui la Wagner, sempre più invisa a militari e intelligence, si è rivoltata (https://lnkd.in/es3-Ukjw)

Cosa succede ora? Difficile dirlo. Tutte le opzioni sono sul tavolo. Mettiamo in campo le ipotesi più plausibili:

1. Il tentativo d’insurrezione potrebbe mostrare un Prigozhin spalle al muro verso i generali Shoigu e Gerasimov, prossimo alla messa fuori legge e senza alternative che tenta il colpo di teatro e la prova di forza. Ovviamente le forze (25mila uomini) non sono abbastanza per rovesciare il regime vigente a Mosca. Ma sicuramente possono dire molto della volontà di parte delle forze armate di proseguire la guerra in Ucraina. Ricordiamo la lezione del 1917, anno in cui la Russia imperiale crollò definitivamente dopo il collasso del fronte interno.

2. C’è lo scenario “Frankenstein” evocato da Emanuel Pietrobon: se il capo della Wagner “posse effettivamente il classico Frankenstein, cioè un asset fuori controllo, #Putin potrebbe averlo lasciato fare così da avere il pretesto per lanciare un repulisti con annessa stretta sulla società e il dissenso”, uno scenario alla Turchia 2016 (https://lnkd.in/eDE7v_gM)

3. C’è anche l’ipotesi di una stanchezza da #Ucraina della Wagner e di un tentativo di riequilibrare gli oneri sul fronte. A cu Prigozhin da tempo fa riferimento commentando – spesso con grande lucidità! – deficienze della logistica e errori dei capi. Non a caso #Rostov, città oggetto delle mosse dei ribelli, è una chiave di volta della logistica verso il fronte. Da non escludere l’ipotesi del grande bluff prima del ritorno al fronte.

4. Ultimo, ma non per importanza, l’idea della mossa segnaletica. da parte di apparati dello Stato profondo, per lanciare un messaggio a Putin: l’era della centralità definitiva è finita per sempre. Non dimentichiamo che attorno a Putin da tempo si muove un sistema complesso di apparati, rivalità d’#intelligence e equilibri di sistema (https://lnkd.in/eKj-bsqb) e che l’intelligence interna, #Fsb, da tempo colpita dagli errori di valutazione sull’Ucraina, è stata la prima a denunciare Prigozhin. Un tentativo di recuperare posizioni? Vedremo. Tacciono Shoigu e Gerasimov. Tace Lavrov. E vedremo se questo stress test della galassia putiniana rafforzerà o meno il conglomerato di potere di cui Vladimir Vladimirovich è un amministratore delegato, non un padrone assoluto.

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Stati Uniti, punti di incontro tra opposti _ con Gianfranco Campa

I detentori delle leve di potere negli Stati Uniti non riescono ancora a rabberciare una falla, dopo anni di tentativi di affossare Trump, che si trovano ad affrontare le conseguenze di un’altra crepa questa volta addirittura dentro casa. Hanno sepolto Robert Kennedy sotto una coltre di silenzio nel tentativo di spegnere sul nascere la sua candidatura nel Partito Democratico, ma il suo bisbiglio porta a porta sembra ancora una volta sfuggire di mano ai manovratori. Nel frattempo il castello di menogne e di accuse con il quale si cerca di annichilire giudiziariamente Trump prende corpo in tutta la sua artificiosità. Intanto su di una sconfitta ancora tutta da conseguire si costruiscono nuove candidature perfettamente allineate al vecchio corso che sta destabilizzando il mondo intero e gli Stati Uniti stessi. Ne farà le spese, probabilmente, l’attuale primo riicandidato alle presidenziali, Jo Biden. Dovesse riuscire la neutralizzazione dei due eretici interni al Partito Democratico e a quello Repubblicano, si creerebbero le condizioni per uno sconvolgimento radicale dello scenario politico statunitense. Una inedita e drammatica situazione di scontro politico interno che rende contraddittoria, schizofrenica ed esposta a scelte avventuriste la politica estera del paese dominante, ma sempre meno egemone. Una condizione di inaffidabilità ormai evidente a tutti gli attori dello scacchiere geopolitico con la solita, anche se sempre più inquieta eccezione degli stati europei. Domenica sera ci sarà un nuovo appuntamento con Gianfranco Campa visto l’incalzare degli eventi interni agli Stati Uniti, ai danni di Biden e in Russia. Guardate questa conferenza stampa della portavoce presidenziale: https://www.youtube.com/watch?v=qGzIw9_PwX8&ab_channel=TheWhiteHouse Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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INTERVISTA A MONTESQUIEU SU NORDIO, di Teodoro Klitsche de la Grange

INTERVISTA A MONTESQUIEU SU NORDIO

Da tempo le esternazioni del Ministro della Giustizia Carlo Nordio sono oggetto di critiche, in particolare di essere permissive, anti-legalitarie, garantiste, ecc. ecc. Per saperne di più siamo andati a intervistare il barone di Montesquieu, noto intenditore di libertà politica e di Stato di diritto il quale, ci ha benevolmente concesso l’incontro.

Caro barone, che ne pensa della dichiarazione del Ministro Nordio che “La nostra legislazione tributaria è piena di ossimori. Se un imprenditore onesto decidesse di assoldare un esercito di commercialisti per pagare fino all’ultimo centesimo le imposte non riuscirebbe perché comunque qualche violazione verrebbe trovata, le norme si contraddicono”.

Penso che il legislatore, come ho scritto, deve essere chiaro e conciso, la moltitudine delle leggi impedisce il secondo carattere e rende problematico il primo.

L’ideale della legge è quella delle XII tavole: così piana e succinta che i bambini romani la conoscevano a memoria. Provate a fare la stessa cosa con le leggi italiane, anche soltanto con quelle tributarie: non ci riuscirebbe neanche Pico della Mirandola. Ma quei caratteri sono essenziali per la certezza del diritto; cioè per un connotato fondamentale dello stesso. Senza quelle, il diritto non è altro che l’arbitrio (facile) dell’interprete.

Cosa ne pensa del fatto che Nordio ha detto che non vuole interferenze dell’ANM nella formazione delle leggi?

Che ha capito lo “spirito” del mio pensiero, anche oltre la lettera; ho scritto che “Quando nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura il potere legislativo è unito al potere esecutivo, non vi è libertà, perché si può temere che lo stesso monarca o lo stesso senato facciano leggi tiranniche per attuarle tirannicamente. Non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo. Se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore”. Certo qui non si tratta di un’interferenza formale, prescritta dalle leggi (il che sarebbe ancora peggio). Ma certo un’interferenza di un soggetto rappresentativo di una categoria di funzionari pubblici che esercitano uno dei poteri  dello Stato è, a mio avviso, comunque da evitare per scongiurare quanto da me sostenuto. Che può essere declinato in più maniere, la prima delle quali è che, per conseguire la libertà politica, è necessario che colui che pone la norma non sia quello che la applica. Invece coloro che criticano il Ministro sembra che tengano non alla libertà o alla legge, ma al potere della burocrazia di applicarla, nel modo meno determinato e controllato possibile. Un caso di buromania e di burodipendenza.

Passando ad altro, che ne pensa della concezione, anche dell’Unione Europea, di misurare lo “Stato di diritto” (soprattutto) sulla protezione dei diritti “LGBT”?

Ho sostenuto, a proposito della libertà che “Non vi è parola che abbia ricevuto maggior numero di significati diversi…. Gli uni l’hanno presa nell’accezione di facilità di deporre colui al quale avevano conferito un potere tirannico; gli altri come la facoltà di eleggere colui al quale dovevano obbedire; altri ancora come il diritto di essere armati e di potere esercitare la violenza; altri infine come il privilegio di non essere governati che da un uomo della propria nazione o delle proprie leggi. Un popolo ha preso la libertà per l’uso di portare una lunga barba”. Ecco a me pare che chi condivide la concezione suddetta è assai simile a quelli che la pensano come facoltà di farsi crescere la barba. Quando tanti diritti sociali ed economici sono poco garantiti, pensare e tutelare pretese marginali (e in qualche caso non fondate sulla realtà) mi sembra un tentativo, come dite, di distrazione di massa. Si pensa al diritto di affittare gli uteri (et similia) per costruirsi un’immagine gradevole e “liberale”, senza pagare prezzo.

Allora la ringrazio sig. barone,  posso tornare ad intervistarla?

Sinceramente penso che ce ne sarà bisogno. Come ho scritto non è che il regime delle repubbliche italiane dei miei tempi fosse del tutto corrispondente alla forma di governo dispotica. Ma avverto, nel vostro modo di governare, una tendenza storica a raggiungerla. E, per quanto mi riguarda, darò mano per invertirla.

Teodoro Klitsche de la Grange

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L’uso di armi nucleari potrebbe salvare l’umanità dalla catastrofe globale, di Sergey Karaganov

Non è la voce ufficiale dei centri decisori russi, ma ne ha fatto parte. Ne è ancora una voce ascoltata. Qui sotto la traduzione e un commento della redazione del sito francese dedefensa.org, già conosciuto dai nostri lettori. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Putin esce allo scoperto
– Un testo russo, presentato con tutta la solennità necessaria a dargli un senso, che prevede l’uso di armi nucleari da parte della Russia. – Può essere preso come un solenne avvertimento alle élite occidentali, scritto con un tono pessimistico che indica quanto poche siano le speranze che venga ascoltato. – L’ipotesi è presentata non come una condizione, ma come un’inevitabilità necessaria e inevitabile, e come un caso in cui, con un po’ di potenza nucleare, si può evitare la guerra totale. – Il testo è del professor Karaganov.

_________________________

Ecco un testo, un articolo di notevole importanza, non per convincere o criticare, ma per valutare la gravità della situazione e il dibattito fondamentale che si sta svolgendo in Russia – se non è già stato deciso…

L’articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2023 da RT.com, con un disclaimer dettagliato per dare un’idea della sua importanza. È deliberatamente redatto e presentato per quello che è, ovvero un modo per dire: “Attenzione, qui è dove siamo sulla strada della decisione di usare il nucleare”; e presenta un’opzione che pretende di aggiungere: c’è la possibilità di usare un po’ di energia nucleare per evitare lo scontro totale, che porterebbe alla fine di una civiltà e forse della razza umana. Il titolo, con il nome del suo prestigioso autore, il professor Sergei Karaganov, lo dice perfettamente:

“Usando le sue armi nucleari, la Russia potrebbe salvare l’umanità da una catastrofe globale”.

Lo presentiamo senza pretendere per un attimo di prendere posizione sul problema che affronta; la comprensione approfondita dell’esistenza e dei fatti del problema è ciò che più ci preme… Presentiamo prima l’introduzione di RT.com e poi aggiungiamo alcune osservazioni, diciamo così, “oggettive”.

“Una decisione difficile ma necessaria costringerebbe probabilmente l’Occidente a fare marcia indietro, il che consentirebbe di porre fine più rapidamente alla crisi ucraina e di evitare che si estenda ad altri Stati.

“[Scritto] dal professor Sergei Karaganov, presidente onorario del Consiglio russo per la politica estera e di difesa e supervisore accademico presso la Scuola di economia internazionale e affari esteri della Scuola superiore di economia (HSE) di Mosca.

“Questo articolo ha suscitato un grande dibattito tra gli esperti russi sulle armi nucleari, il loro ruolo e le condizioni per il loro utilizzo.

“Ciò è tanto più vero se si considera che Sergei Karaganov è un ex consigliere presidenziale di Boris Eltsin e Vladimir Putin e dirige il Consiglio per la politica estera e di difesa, un rinomato think tank di Mosca.

“Alcune personalità hanno reagito con sgomento, mentre altre sono state meno critiche.

“RT ha deciso che i nostri lettori avrebbero tratto beneficio dalla lettura integrale dell’articolo. Il seguente articolo è stato tradotto e leggermente adattato”.

Se leggete questo testo, vedrete che tutte le finezze e le argomentazioni sulla necessità o meno di utilizzare “prima” l’energia nucleare non sono nemmeno menzionate. L’idea che lo guida è quella di una formidabile pressione di eventi, in cui ognuno fa la sua parte, in cui ognuno accusa l’altro, eccetera, tutto ciò che alla fine è secondario rispetto alla questione principale. – Tutto ciò è secondario rispetto alla straordinaria importanza della decisione in questione.

Da parte nostra, notiamo alcuni fattori ed elementi oggettivi che ci aiutano ad apprezzare meglio l’importanza del testo, senza esprimere alcun giudizio. Il testo stesso è un fatto intellettuale, se non operativo, e come tale va apprezzato.

La decisione di pubblicare
È chiaro che non è stato RT a prendere la decisione di pubblicare, soprattutto in modo così solenne. A questo punto, è bene ricordare che RT è un’organizzazione “pubblica” russa, come France24 in Francia. La pubblicazione è avvenuta quindi su istigazione di Putin – e questo giustifica il nostro titolo “Putin esce allo scoperto”, perché ha deciso di mettere sul tavolo la posta finale della guerra.

Va notato che la pubblicazione arriva il giorno dopo che il Presidente della Federazione Russa ha tenuto un briefing giornalistico estremamente dettagliato e aperto sulla “controffensiva” ucraina. Putin ha mostrato estrema fermezza e ha proclamato che i risultati di una settimana di battaglia hanno mostrato un disastro per gli ucraini e un terribile fallimento per i loro armamenti NATO.

Il contenuto del testo
Il testo del professor Karaganov è estremamente preciso, in particolare sulle condizioni del possibile utilizzo (avvertimento per consentire alle popolazioni che desiderano fuggire di farlo) e sugli effetti sull’opinione pubblica e sulla gestione, in particolare nei Paesi amici, soprattutto in Cina. È tutto fuorché un “messaggio segreto”, una “minaccia velata” o una pomposa “affermazione di potere”. Le carte sono drammaticamente messe sul tavolo, con l’enfasi sul fattore “male minore”.

Un effetto dimostrativo?
Si noti che questa interpretazione del “male minore” (un po’ di energia nucleare per evitare la guerra generale) ricorda un approccio previsto nel 1944-1945 da alcuni esperti statunitensi riguardo alla bomba atomica, come alternativa per evitare Hiroshima e Nagasaki: una dimostrazione in un luogo deserto (in mare, al largo delle coste giapponesi?) della potenza dell’arma per evitarne l’uso.

Un riferimento metafisico e religioso
Il passaggio più inaspettato e insolito è quello in cui il professor Karaganov attribuisce alle armi nucleari una dimensione metafisica e religiosa.

“Ho trascorso molti anni a studiare la storia della strategia nucleare e sono giunto a una conclusione inequivocabile, anche se non scientifica. L’avvento delle armi nucleari è stato il risultato dell’intervento dell’Onnipotente che, indispettito dal fatto che l’umanità avesse scatenato due guerre mondiali nel giro di una generazione, costate decine di milioni di vite, ci ha dato le armi dell’Armageddon per dimostrare a coloro che avevano perso la paura dell’inferno che l’inferno esisteva ancora. È su questa paura che si è basata la relativa pace degli ultimi tre quarti di secolo.

“Ma oggi quella paura è scomparsa. Sta accadendo l’impensabile in termini di deterrenza nucleare…”.

Va ricordato che riferimenti del genere erano nella mente degli scienziati di Los Alamos quando fu fatta esplodere la prima bomba atomica, come questo scritto di Oppenheimer:

“Sapevamo che il mondo non sarebbe più stato lo stesso. Alcuni risero, altri piansero. La maggior parte rimase in silenzio. Mi è venuta in mente una frase del testo indù, la Bhagavad Gita; Vishnu cerca di persuadere il Principe a fare il suo dovere e, per impressionarlo, assume le sembianze di molte braccia e dice: “Ora sono la Morte, il distruttore di mondi”. Suppongo che tutti noi l’abbiamo pensato, in un modo o nell’altro”.

Invece di utilizzare il titolo originale (“Usando le sue armi nucleari, la Russia potrebbe salvare l’umanità da una catastrofe globale”), presentiamo il testo nella sua forma più sobria e neutrale.

dedefensa.org

L’uso di armi nucleari potrebbe salvare l’umanità dalla catastrofe globale

Ворон сидит на знаке радиационной опасности
©Vasily Fedosenko/REUTERS

Condividerò alcune riflessioni che coltivo da tempo e che hanno preso forma dopo la recente Assemblea del Consiglio per la politica estera e di difesa, una delle più brillanti nei suoi 31 anni di storia.

Una minaccia crescente
Il nostro Paese, la sua leadership, mi sembra si trovino di fronte a una scelta difficile. È sempre più chiaro che lo scontro con l’Occidente non finirà se otterremo una vittoria parziale o addirittura schiacciante in Ucraina.

Se libereremo completamente le regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, sarà una vittoria minima. Un successo un po’ più grande sarebbe la liberazione, entro un anno o due, dell’intero est e sud dell’attuale Ucraina. Ma ne rimarrebbe una parte con una popolazione ultranazionalista ancora più amareggiata e piena di armi – una ferita sanguinante che minaccia inevitabili complicazioni, una nuova guerra. La situazione potrebbe essere peggiore se liberassimo l’intera Ucraina a costo di sacrifici mostruosi e venissimo lasciati in rovina con una popolazione in gran parte odiosa. Ci vorranno decenni per “rieducarli”.

Tutte le opzioni citate, soprattutto l’ultima, distrarranno la Russia dal necessario spostamento del suo centro spirituale, economico, militare e politico verso l’est dell’Eurasia. Rimarremo bloccati nella poco promettente direzione occidentale. E i territori dell’attuale Ucraina, soprattutto centrali e occidentali, attireranno risorse – manageriali, umane, finanziarie. Queste regioni erano profondamente sovvenzionate anche in epoca sovietica. L’inimicizia con l’Occidente continuerà e sosterrà una lenta guerriglia civile.

Un’opzione più attraente è la liberazione e la riunificazione dell’est e del sud e l’imposizione della capitolazione ai resti dell’Ucraina con la completa smilitarizzazione, creando uno Stato cuscinetto e amico. Ma un tale risultato è possibile solo se e quando riusciremo a spezzare la volontà dell’Occidente di sostenere la giunta di Kiev e a metterla contro di noi, costringendola a ritirarsi strategicamente.

E qui arrivo alla questione più importante, ma poco discussa. La ragione profonda, anzi principale, della crisi ucraina, così come di molti altri conflitti nel mondo, dell’aumento generale della minaccia militare è l’accelerazione del fallimento delle moderne élite dominanti occidentali, create dal ciclo di globalizzazione degli ultimi decenni – per la maggior parte comprador in Europa (comprador erano chiamati dai colonizzatori portoghesi i commercianti locali, al loro servizio. – “Profilo”). Questo fallimento è accompagnato da uno spostamento senza precedenti dell’equilibrio di potere nel mondo a favore di una maggioranza globale, con la Cina e in parte l’India come motore economico e la Russia come ancora strategica militare. Questo indebolimento fa infuriare non solo le élite imperial-cosmopolite (Biden e Co.) ma spaventa anche le élite imperial-nazionali (Trump). L’Occidente sta perdendo l’opportunità che ha avuto per cinque secoli di sottrarre ricchezza al mondo imponendo, principalmente con la forza bruta, ordini politici, economici e dominio culturale. Non c’è quindi una fine rapida del confronto difensivo ma aggressivo messo in atto dall’Occidente. Questo crollo delle posizioni morali, politiche ed economiche si è manifestato a partire dalla metà degli anni Sessanta, è stato interrotto dal crollo dell’URSS, ma è ripreso con nuova forza negli anni Duemila (le sconfitte degli americani e dei loro alleati in Iraq e in Afghanistan e la crisi del modello economico occidentale nel 2008 sono state pietre miliari).

Per fermare questo scivolamento a valanga verso il basso, l’Occidente si è temporaneamente consolidato. Gli Stati Uniti hanno trasformato l’Ucraina in un pugno di ferro per usarla per legare le mani alla Russia, spina dorsale politico-militare di un mondo non occidentale liberato dalle catene del neocolonialismo. Idealmente, naturalmente, gli americani vorrebbero semplicemente far saltare in aria il nostro Paese, indebolendo così radicalmente la nascente superpotenza alternativa: la Cina. Noi, non rendendoci conto dell’imminenza di un confronto o accumulando forze, siamo stati lenti ad agire preventivamente. Inoltre, in linea con il pensiero politico e militare moderno, prevalentemente occidentale, siamo stati imprudenti nell’alzare la soglia per l’uso delle armi nucleari, nel valutare in modo impreciso la situazione in Ucraina e nel non riuscire a lanciare un’operazione speciale.

Fallendo internamente, le élite occidentali hanno iniziato a nutrire attivamente le erbacce che si erano fatte strada sul terreno di settant’anni di prosperità, sazietà e pace – tutte quelle ideologie anti-umane: la negazione della famiglia, della patria, della storia, dell’amore tra uomini e donne, della fede, del servizio a ideali superiori, di tutto ciò che è l’essenza dell’uomo. Estirpare coloro che resistono. L’obiettivo è quello di umanizzare le persone per ridurre la loro capacità di resistere al moderno capitalismo “globalista”, la cui ingiustizia e i cui danni all’uomo e all’umanità stanno diventando sempre più evidenti.

Nel frattempo, gli Stati Uniti, indeboliti, stanno uccidendo l’Europa e gli altri Paesi che dipendono da loro, cercando di gettarli in uno scontro, dopo l’Ucraina. Le élite della maggior parte di questi Paesi hanno perso la bussola e, in preda al panico per il fallimento delle loro posizioni interne ed esterne, stanno doverosamente portando i loro Paesi al massacro. Allo stesso tempo, a causa del maggiore fallimento, del senso di impotenza, della secolare russofobia, del degrado intellettuale e della perdita di cultura strategica, il loro odio è quasi più feroce che negli Stati Uniti.

Il vettore di sviluppo della maggior parte dei Paesi occidentali lo dimostra: stanno andando verso un nuovo fascismo e un totalitarismo (finora) “liberale”.

Inoltre, e questo è l’aspetto più importante, la situazione non potrà che peggiorare. Le tregue sono possibili, ma la riconciliazione no. La rabbia e la disperazione continueranno a crescere a ondate e a manovre. Questo vettore di movimento dell’Occidente è un chiaro segno della deriva verso lo scoppio della Terza Guerra Mondiale. È già iniziata e potrebbe esplodere in una vera e propria conflagrazione a causa dell’incompetenza e dell’irresponsabilità, accidentale o crescente, dei circoli dirigenti dell’Occidente.

L’introduzione dell’intelligenza artificiale, la robotizzazione della guerra aumenta la minaccia di un’escalation involontaria. Le macchine possono sfuggire al controllo di élite disorientate.

La situazione è aggravata dal “parassitismo strategico”: in 75 anni di relativa pace, la gente ha dimenticato gli orrori della grande guerra, ha smesso di temere persino le armi nucleari. Ovunque, ma soprattutto in Occidente, l’istinto di autoconservazione si è indebolito.

Per molti anni ho studiato la storia della strategia nucleare e sono giunto a una conclusione inequivocabile, anche se non scientifica. La comparsa delle armi nucleari è il risultato dell’intervento dell’Onnipotente, che inorridito nel vedere che gli uomini (a cui si sono aggiunti gli europei e i giapponesi) avevano scatenato due guerre mondiali in una sola generazione, mietendo decine di milioni di vittime, ha consegnato all’umanità l’arma dell’Armageddon, mostrando a coloro che avevano perso la paura dell’inferno che esso esiste. Su questa paura poggiava la pace relativa degli ultimi tre quarti di secolo. Ora quella paura è scomparsa. Sta accadendo l’impensabile in termini di precedenti concezioni della deterrenza nucleare: un gruppo di circoli dirigenti, in un impeto di rabbia disperata, ha scatenato una guerra su larga scala nel ventre di una superpotenza nucleare.

Разрушения в Хиросиме после атомной бомбардировки

Hiroshima dopo il bombardamento atomico statunitense, settembre 1945Stanley Troutman/AP/TASS
La paura dell’escalation nucleare deve essere ripristinata. Altrimenti l’umanità è condannata.Non è solo, e nemmeno tanto, quale sarà il futuro ordine mondiale che si sta decidendo ai margini dell’Ucraina. Ma se il mondo a cui siamo abituati rimarrà lo stesso o se il pianeta non sarà altro che rovine radioattive.Spezzando la volontà di aggressione dell’Occidente, non solo salveremo noi stessi e libereremo finalmente il mondo dal giogo occidentale che dura da cinque secoli, ma salveremo anche l’intera umanità. Spingendo l’Occidente verso la catarsi e l’abbandono dell’egemonia delle sue élite, lo costringeremo a ritirarsi prima che la catastrofe mondiale colpisca. L’umanità avrà una nuova possibilità di sviluppo.Soluzione proposta
Naturalmente la strada da percorrere è in salita. È necessario anche risolvere i problemi interni, liberarsi finalmente dell’occidentalismo nelle menti e degli occidentali nello strato amministrativo, dei comprador e del loro peculiare modo di pensare. (Il viaggio in Europa, durato trecento anni, ci ha dato molte informazioni utili e ci ha aiutato a formare la nostra grande cultura. Naturalmente, conserveremo l’eredità europea in esso contenuta. Ma è tempo di tornare a casa, a noi stessi. Per iniziare, utilizzando il bagaglio accumulato, a vivere con il nostro ingegno. I nostri amici del Ministero degli Affari Esteri hanno recentemente compiuto una vera e propria svolta, nominando la Russia nel loro concetto di politica estera come uno Stato civile. Aggiungerei – una civiltà di civiltà, aperta sia al Nord che al Sud, all’Ovest e all’Est. Ora la direzione principale dello sviluppo è il Sud, il Nord e, prima di tutto, l’Est.

Il confronto con l’Occidente in Ucraina, comunque si concluda, non deve distrarci dal movimento strategico interno – spirituale, culturale, economico, politico e militare – verso gli Urali, la Siberia e il Grande Oceano. Abbiamo bisogno di una nuova strategia uralo-siberiana, che includa diversi potenti progetti di potenziamento spirituale, tra cui, naturalmente, la creazione di una terza capitale situata in Siberia. Questo movimento dovrebbe diventare parte del “sogno russo”, l’immagine di quella Russia e di quel mondo a cui si vuole aspirare.

Ho scritto molte volte, e non sono il solo, che i grandi Stati senza una grande idea cessano di essere tali o semplicemente non vanno da nessuna parte. La storia è disseminata di ombre e tombe di potenze che l’hanno persa. Questa idea deve essere creata dall’alto, non affidandosi, come fanno gli sciocchi o i pigri, a ciò che viene dal basso. Deve rispondere ai valori e alle aspirazioni più profonde del popolo e, soprattutto, deve portarci tutti avanti. Ma è responsabilità dell’élite e della leadership del Paese formularla. Il procrastinare la formulazione e la presentazione di questa idea da sogno è inaccettabilmente lungo.

Ma perché il futuro abbia luogo, è necessario superare la resistenza delle forze del passato – l’Occidente. Se ciò non avverrà, ci sarà quasi certamente una guerra mondiale su larga scala e probabilmente l’ultima per l’umanità.

E qui arrivo alla parte più difficile di questo articolo. Possiamo andare in guerra per un altro anno o due o tre, sacrificando migliaia e migliaia dei nostri uomini migliori e abbattendo decine e centinaia di migliaia di persone intrappolate nella tragica trappola storica di quella che oggi è l’Ucraina. Ma questa operazione militare non può concludersi con una vittoria decisiva senza imporre all’Occidente una ritirata strategica o addirittura una capitolazione. Dobbiamo costringere l’Occidente ad abbandonare i suoi tentativi di tornare indietro nella storia, abbandonare i suoi tentativi di dominio globale e costringerlo a fare i conti con se stesso, a digerire la sua attuale crisi a più livelli. Per dirla in modo crudo, abbiamo bisogno che l’Occidente semplicemente “se ne vada” e non interferisca con la Russia e con il mondo che verrà.

Испытания межконтинентальной баллистической ракеты "Ярс"

La decifrazione del nome del missile domestico Yars parla da sola: “missile deterrente nucleare”.Servizio stampa del Ministero della Difesa russo via AP/TASS
L’Occidente deve recuperare il senso di autoconservazione perduto, convincendolo che cercare di logorare la Russia aizzando gli ucraini contro di lei è controproducente per l’Occidente stesso. La credibilità della deterrenza nucleare deve essere ripristinata abbassando la soglia inaccettabilmente alta per l’uso di armi nucleari, muovendosi con cautela ma rapidamente sulla scala della deterrenza-escalation. I primi passi sono già stati fatti. Ci sono le dichiarazioni pertinenti del Presidente Putin e di altri leader, hanno iniziato il dispiegamento di armi nucleari e dei loro vettori in Bielorussia e hanno aumentato l’efficienza di combattimento delle forze strategiche di deterrenza. Ci sono molti gradini in questa scala. Ne ho contati circa due dozzine. Si potrebbe anche arrivare ad avvertire i connazionali e tutte le persone di buona volontà di lasciare le loro case in prossimità di strutture che potrebbero diventare bersaglio di attacchi nucleari nei Paesi che forniscono sostegno diretto al regime di Kiev. Il nemico deve sapere che siamo pronti a sferrare un attacco preventivo di ritorsione per tutte le sue aggressioni attuali e passate, per evitare di scivolare in una guerra termonucleare globale.

Ho detto e scritto più volte che, con la giusta strategia di intimidazione e anche di uso, il rischio di una “ritorsione” nucleare o anche di qualsiasi altro attacco al nostro territorio può essere ridotto al minimo. Solo se alla Casa Bianca c’è un pazzo, che odia anche il proprio Paese, gli Stati Uniti deciderebbero di colpire in “difesa” degli europei, subendo il prezzo della rappresaglia, sacrificando una fantomatica Boston per una fantomatica Poznan. Sia gli Stati Uniti che l’Europa lo sanno bene, ma preferiscono non pensarci. Anche noi abbiamo contribuito a questa mancanza di riflessione con le nostre dichiarazioni pacifiste. Avendo studiato la storia della strategia nucleare statunitense, so che dopo che l’URSS ha acquisito una credibile capacità di ritorsione nucleare, Washington non ha preso seriamente in considerazione l’uso di armi nucleari sul territorio sovietico, anche se ha bluffato in pubblico. Se le armi nucleari furono prese in considerazione, fu solo contro le forze sovietiche “in avanzata” in Europa occidentale. So che i cancellieri Kohl e Schmidt sono fuggiti dai loro bunker non appena la questione di tale uso è stata sollevata durante le esercitazioni.

La discesa nella scala di contenimento-escalation dovrebbe essere abbastanza rapida. Dato il vettore dell’Occidente – il degrado della maggior parte delle sue élite – ogni successiva chiamata è più incompetente e ideologicamente miope delle precedenti. E finora non dobbiamo aspettarci che queste élite vengano sostituite da altre più responsabili e ragionevoli. Ciò avverrà solo dopo la catarsi – l’abbandono delle ambizioni.

Lo “scenario ucraino” non può ripetersi. Per un quarto di secolo non abbiamo ascoltato coloro che ci avvertivano che l’espansione della NATO avrebbe portato alla guerra; abbiamo cercato di ritardare, di “negoziare”. E come risultato ci siamo ritrovati con un pesante conflitto armato. Ora il prezzo dell’indecisione è di un ordine di grandezza superiore.

Ma cosa succede se non si tirano indietro? Hanno perso completamente il senso di autoconservazione? Allora dovremo colpire un gruppo di obiettivi in diversi Paesi per far rinsavire coloro che hanno perso il senno. È una scelta moralmente spaventosa: stiamo usando le armi di Dio e ci condanniamo a una grave perdita spirituale. Ma se non lo facciamo, non solo la Russia può perire, ma molto probabilmente l’intera civiltà umana finirà.

Автомобиль с имитацией российской ракеты "Сармат"
L’ultimo missile balistico intercontinentale russo, il Sarmat, uno strumento di impatto non solo militare ma anche psicologicoSERGEI ILNITSKY/EPA/TASS
Dovremo fare questa scelta da soli. Anche gli amici e i simpatizzanti non la sosterranno all’inizio. Se fossi cinese, non vorrei che il conflitto finisse troppo presto e con troppa decisione, perché in questo modo le forze statunitensi si ritirano e la RPC può accumulare forze per una battaglia decisiva – direttamente o, secondo i migliori precetti di Sun Tzu, in modo tale che il nemico sia costretto a ritirarsi senza combattere. Mi opporrei anche all’uso di armi nucleari, perché portare il confronto al livello nucleare significherebbe spostarsi in un’area in cui il mio Paese (la Cina) è ancora debole. Inoltre, un’azione decisa non è in linea con la filosofia della politica estera cinese, che enfatizza i fattori economici (mentre accumula potenza militare) ed evita il confronto diretto. Io sosterrei il mio alleato fornendogli una retroguardia, ma agirei alle sue spalle e non interferirei nella mischia. (Forse però non capisco abbastanza questa filosofia e sto attribuendo agli amici cinesi motivazioni che non sono le loro). Se la Russia avesse usato armi nucleari, il cinese l’avrebbe condannata. Ma si rallegrerebbe anche in cuor suo per il fatto che è stato inferto un duro colpo alla reputazione e alla posizione degli Stati Uniti.

Quale sarebbe la nostra reazione se (Dio non voglia!) il Pakistan colpisse l’India o viceversa? Inorriditi. Saremmo tristi per la rottura del tabù nucleare. E poi ci occuperemmo di aiutare le vittime e di modificare di conseguenza la nostra dottrina nucleare.

Per l’India e altri Paesi a maggioranza mondiale, compresi gli Stati dotati di armi nucleari (Pakistan, Israele), l’uso di armi nucleari è inaccettabile per motivi sia morali che geostrategici. Se venisse dispiegato con “successo”, svaluterebbe il tabù nucleare – l’idea che tali armi non dovrebbero mai essere usate e che il loro uso è una strada diretta verso l’Armageddon nucleare. Non possiamo contare su un rapido sostegno, anche se molti nel “Sud globale” si sentono bene per la sconfitta dei loro ex oppressori, che hanno saccheggiato, perpetrato genocidi e imposto una cultura aliena.

Ma alla fine i vincitori non vengono giudicati. E i salvatori vengono ringraziati. La cultura politica europea non ricorda il bene. Ma il resto del mondo ricorda con gratitudine come abbiamo aiutato i cinesi a liberarsi dalla brutale occupazione giapponese e le colonie a liberarsi dal giogo coloniale. Se all’inizio non ci capiranno, ci saranno ancora più incentivi per migliorarci. Tuttavia, è molto probabile che riusciremo a vincere, a dissuadere il nemico senza ricorrere a misure estreme e a costringerlo a ritirarsi. E dopo qualche anno, prendere posizione alle spalle della Cina, così come ora è alle nostre spalle, sostenendola nella sua lotta con gli Stati Uniti. Così questa lotta potrà essere evitata senza una grande guerra. E vinceremo insieme per il bene di tutti, compresi i popoli dei Paesi occidentali.

E poi la Russia e l’umanità, attraverso tutte le spine e i traumi, andranno verso il futuro, che vedo luminoso – multipolare, multiculturale, multicolore, dando ai Paesi e ai popoli l’opportunità di costruire il proprio destino condiviso.

L’autore è Presidente onorario del Presidium del Consiglio per la politica estera e di difesa (CFDP)

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SITREP 6/21/23: La Russia si riorienta verso Kupyansk con un’avanzata a sorpresa, di SIMPLICIUS THE THINKER

NB_Alcuni filmati ed immagini nella parte conclusiva sono disponibili sol sul testo originale

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I combattimenti a Zaporozhye sono ora in una fase di calma, a causa delle massicce perdite subite dall’AFU nel tentativo, ormai del tutto fallito, di ottenere dei progressi tattici. Putin spiega:

Le forze russe del 429° reggimento della 19° divisione di fucili a motore della 58° armata, provenienti dal distretto militare meridionale, hanno persino messo completamente fuori combattimento la 128° brigata d’assalto da montagna ucraina di Pyatikhatki, il che significa che sul fronte di Orekhov l’Ucraina è stata letteralmente ricacciata sulla linea di partenza e non ha nemmeno ottenuto i guadagni minimi del raggruppamento orientale intorno a Velyka Novosilka.

Una delle ragioni di ciò è probabilmente il fatto che il raggruppamento occidentale è difeso dalla già citata 58a Armata russa vera e propria. Ho più volte sottolineato la differenza di qualità tra le unità dell’esercito russo vero e proprio e le varie unità ausiliarie e paramilitari che compongono la tappezzeria della SMO.

Sul versante orientale, ad esempio, una delle principali unità che tenevano le linee respinte a Makarovka-Blagodatne era il battaglione “Storm-Z”, un battaglione penale di ex detenuti, ben lontano dall’esercito vero e proprio. Nessuno sembra ancora sapere esattamente cosa siano gli Storm-Z, che sono stati variamente definiti “contingente speciale”, “corpo di volontari” e compagnia militare privata (PMC) “di proprietà di Shoigu”.

Hanno subito perdite relativamente elevate in direzione di Novosilka, quando l’AFU ha fatto fuori l’élite del 68° Jaeger, che ha diffuso video di terreni disseminati di corpi di questa unità Storm-Z mentre si ritirava. Non si trattava di perdite enormi, forse qualche decina, ma comunque più numerose di quelle subite dalle normali unità russe.

È interessante notare che gli Storm-Z vengono utilizzati in tutte le aree più “ad alto rischio”, proprio come faceva Wagner in precedenza. Per esempio, ora operano anche nel tritacarne di Marinka e in direzione della Kremennaya.

Tuttavia, il fatto che una delle unità d’élite ucraine sia stata in grado di strappare loro solo un paio di piccoli borghi è indicativo, ma il mio scopo era semplicemente quello di differenziare i tipi di unità mostrando che l’esercito russo vero e proprio non ha perso un solo centimetro nella parte occidentale.

Il motivo per cui questi chiarimenti sono importanti per me è che essi rimettono in una luce più corretta molta della propaganda del passato. Per esempio, come nel caso dell'”offensiva di Kharkov”, in cui l’Ucraina sosteneva di aver “sopraffatto” le unità russe, il che era ugualmente una menzogna, dato che il saliente di Izyum a quel punto era tenuto solo da un piccolo mosaico di DPR/unità di volontari, con le vere forze dell’esercito russo che entravano solo alla fine per facilitare la ritirata già in corso. Non ho ancora visto un fronte in cui le unità del vero esercito russo siano state ricacciate o “sconfitte” in qualche modo.

Tutto questo si ricollega all’articolo di ieri in cui ho notato la differenza di equipaggiamento (e di addestramento, ecc.) tra i distretti distinti dell’esercito russo propriamente detto e le varie unità adiacenti che operano sotto l'”ombrello” russo ma che non fanno effettivamente/tradizionalmente/storicamente parte delle forze armate russe.

Ma per quanto riguarda il video di Putin, la quantità di perdite che cita è interessante: ~250 carri armati e quasi 700 altri mezzi corazzati. Di recente ho illustrato come, anche in base alle più alte stime occidentali, l’Ucraina avrebbe ancora 600-800 carri armati in totale (secondo quanto trapelato dal Pentagono, ecc.). Se i numeri di Putin sono anche solo lontanamente veri, significherebbe che la non offensiva ha potenzialmente spazzato via circa il 30-45% dei restanti blindati pesanti dell’Ucraina, il che la metterebbe in grave difficoltà. Ricordiamo che anche i blindati rimanenti sono fuorvianti, in quanto la maggior parte di essi è costituita da vecchi carri armati con cannoni da 105 o 115 mm, che non sono all’altezza degli MBT russi, e la maggior parte dei 125 mm rimanenti sono probabilmente dei T-64, il che non promette nulla di buono.

Nel frattempo, Shoigu ha recentemente visitato la fabbrica russa Omsktransmash che produce gli ultimi modelli di T-80BVM Obr. 2022.

Mostra la consegna di un nuovo lotto di 15 carri armati su un totale di oltre 150 previsti per quest’anno. Questo ci dà un’idea della produzione russa. Oltre 150 T-80BVM in totale per l’anno, da sommare a centinaia di altri tipi di carri armati come i T-72B3, i T-90M, ecc. Come si ricorderà, l’obiettivo della Russia per l’anno in corso era, a quanto si dice, di produrre tra i 480 e i 600 carri armati nuovi, con altri 600-800 “ristrutturati” o aggiornati, per un totale, secondo Medvedev, di circa 1500 carri armati per l’anno, anche se forse, realisticamente, è un po’ meno.

Passiamo ora alla sostanza degli sviluppi. Il più importante è che le cose si stanno muovendo sul fronte settentrionale. Si dice che la Russia stia avanzando in direzione di Kupyansk, ora a soli 2,5 km di distanza dalla città stessa, e questo si collega a diverse recenti dichiarazioni di figure chiave russe come Gurulyov, che indicano che la Russia potrebbe presto attivare il fronte di Kharkov.

Alcuni ritengono che il prossimo “grande vettore” sarà in effetti la ripresa e la messa in sicurezza della regione di Kharkov da parte della Russia, e che il fatidico ritorno di Wagner, annunciato per il 5 agosto, coinciderà con questo, e Wagner sarà inviato a Kharkov. Non sono ancora convinto di questa voce, ma ricordiamo che Putin ha menzionato nelle sue recenti dichiarazioni che la Russia sta lavorando attivamente per rendere sicure le aree di confine, ma che potrebbe essere creato un cordone sanitario per affrontare il problema degli attacchi terroristici ucraini nella regione di Belgorod e nelle aree periferiche.

Medvedev ha anche recentemente aggiunto che una “zona cuscinetto” dovrebbe estendersi fino “al confine polacco”.

Scrivendo su Telegram, Medvedev ha risposto alle osservazioni del presidente Vladimir Putin, che martedì ha suggerito che Mosca potrebbe prendere in considerazione la creazione di una “zona cuscinetto” in Ucraina per evitare che le regioni russe vengano bombardate. “Tenendo conto delle decisioni del nemico di fornire al regime di Kiev armi con una gittata ancora più lunga, questa linea dovrebbe passare nell’area di Leopoli… in modo da poter svolgere un vero e proprio ruolo difensivo”, ha detto Medvedev, riferendosi alla grande città dell’Ucraina occidentale, non lontana dal confine polacco.
Sappiamo che le forze cecene Akhmat sono già state inviate lì, così come una nuova legione di frontiera è stata mobilitata al confine con Kursk. In breve, sembra che ci sia molta attività in questa direzione.

Ricordiamo che in precedenza ho previsto che potrebbe essere necessario attivare il fronte di Kharkov per facilitare il logico passo successivo della SMO, che sarebbe la cattura dell’agglomerato di Slavyansk-Kramatorsk. Il motivo è che Slavyansk è quasi imprendibile da una sola direzione, cioè avvicinandosi solo dalla direzione est di Bakhmut.

Questo era il senso dell’obiettivo originale della Russia, che si è avvicinata a Slavyansk dalla direzione di Izyum (NW) e da Lyman a NE. Ecco come appariva prima dell’offensiva di Kharkov dell’autunno scorso

:

Forse è possibile inghiottirla lentamente da sud, prendendo Konstantinovka, Druzkhovka e poi Kramatorsk, ma sembrerebbe molto più semplice usare il metodo originale che permetterebbe al resto dell’area di cadere in un gigantesco calderone. Andare da sud sarebbe semplicemente una marcia massacrante attraverso la regione più densa e più pesantemente fortificata dell’AFU.

Ma ora le unità russe hanno compiuto alcuni notevoli progressi sia nell’estremità meridionale di questo fronte, in direzione di Kremennaya, sia nella già citata estremità settentrionale, vicino a Kupyansk. Da Kremennaya a Torskoe, come mostrato di seguito:

Il “viceministro della Difesa” ucraino e propagandista Anna Malyar ne ha parlato con allarme:

E ISW:

Al momento della stesura del presente documento, si apprende che le forze russe si stanno addirittura avvicinando a un punto di interruzione cruciale a Petropavlovka, raffigurato qui:

Si apprende che è iniziato un combattimento per l’insediamento di Petropavlovka (a nord di Kupyansk), con le forze russe che stanno scendendo dalla direzione di Sinkovka.
Questo punto di interruzione alimenta l’intero raggruppamento AFU a est del fiume Oskil, nella regione di Svatovo-Kremennaya. Mi viene la pelle d’oca a pensarci, perché è una vendetta personale che aspettavo di vedere realizzata da tempo.

Vedete, l’incrocio al centro della città di Petropavlovka (49.721065567721496, 37.70792585824342) è il luogo in cui si è svolta la famosa ultima resistenza di un eroico gruppo di forze russe che passerà alla storia. È il luogo in cui un’unità russa su un modulo BMP-2M Berezhok ha subito un’imboscata da parte di mercenari americani/occidentali.

L’unità ha opposto una resistenza eroica, testimoniata dalle riprese dei droni, e le forze russe sopravvissute sono state inseguite in una casa a un isolato di distanza, dove sono state uccise a tradimento dai mercenari mentre negoziavano la resa. La storia racconta che avevano negoziato e stavano uscendo con le mani alzate, ma sono stati uccisi a colpi di pistola.

Tuttavia, riuscirono a dare le loro coordinate prima di morire e i mercenari furono massacrati da un attacco dell’artiglieria russa, e solo pochi di loro riuscirono a salvarsi. Quindi per me, e sicuramente per molti altri, sarà particolarmente significativo vedere Pavlovka riconquistata.

Per chi fosse interessato, ecco l’intero incidente dal punto di vista dei mercenari, fino alla fine, quando sono stati colpiti dal fuoco russo: Link al video.

Sebbene questo incidente sia avvenuto l’anno scorso durante l'”offensiva di Kharkov”, solo recentemente uno degli ultimi sopravvissuti di questo gruppo di mercenari è stato ucciso in azione in Ucraina, credo qualche settimana fa. Un altro sopravvissuto è uno dei “famosi” mercenari taiwanesi che credo sia fuggito in patria.

Ecco l’analisi completa di Rybar sulla situazione e su cosa aspettarsi, in particolare la parte evidenziata:

Esperti russi: dopo aver sconfitto l’imminente offensiva ucraina sul tratto Kupyansk-Urazovo in agosto, ci avviamo a liberare definitivamente Kharkiv* Gli analisti militari russi indicano una maggiore concentrazione di forze ucraine sul fronte intorno a Kupyansk, Svatov e Vovchansk (fronte nord). Queste forze hanno il compito di realizzare uno sfondamento dell’assetto difensivo russo sul fiume Oskol, più precisamente sulla linea Kupyansk-Urazovo-Valujki, con l’obiettivo di tagliare la comunicazione chiave attraverso la quale si rifornisce la Repubblica Popolare di Lugansk.Zelensky e i suoi generali stanno cercando di trovare una via d’uscita dalla campagna fallimentare sul fronte di Zaporizhzhya e intorno a Bakhmut. Secondo le stime, colpiranno proprio su questo fronte, dove un gruppo di forze speciali sta testando da mesi la forza della difesa russa. Gli esperti russi ritengono che l’operazione potrebbe iniziare alla fine di questo mese. Possiamo aspettarci che inizi nell’ultima settimana di giugno. In quest’area sono presenti unità speciali a livello di brigata delle forze di sicurezza ucraine e distaccamenti di volontari. Ad esse si stanno lentamente aggiungendo unità corazzate e motorizzate. Sono ben armati e pronti ad attaccare. Secondo le parole degli esperti russi, l’esercito russo riuscirà a interrompere questa offensiva in 10-15 giorni. E non solo: è prevista un’ampia controffensiva e la creazione di un “corridoio sanitario” lungo il confine russo, fino a 100 km di profondità. Questo corridoio comprende anche città multimilionarie come Charkiv, che dista solo 20 km dal confine. Il fatto che queste previsioni coincidano con lo sviluppo degli eventi sul terreno è indicato anche dall’arrivo di truppe riposate e rifornite del reggimento di fanteria “Wagner” guidato da Prigozhin, che sono attese all’inizio di agosto proprio su questo fronte. Nel frattempo sono arrivate anche unità dal Caucaso.
In sintesi: l’Ucraina stessa sta accumulando unità su questo fronte settentrionale e vuole tagliare il collegamento diretto di rifornimento tra la Russia e Lugansk, in particolare il fronte di Svatovo, che corre a est e parallelo al fiume Oskil. Si tratterebbe di un’altra tattica di distrazione per distogliere l’attenzione dal fallimento dell’offensiva principale dell’Ucraina. Ma Rybar suggerisce che la Russia sta preparando una potente controffensiva in quest’area entro la fine del mese, non appena avrà sventato l’attacco dell’Ucraina, che si tradurrà in un più ampio sviluppo del cordone sanitario per l’intera regione di Kharkov.

Maggiori informazioni sull’accumulo dell’AFU in quest’area:

Nei pressi di Liman sono apparse formazioni della 1a brigata presidenziale e nei pressi di Balakleya. Nella zona di Slavyansk, sulla seconda linea di difesa dell’AFU, sono state notate unità della 115ª brigata meccanizzata del 10° AK dell’AFU. Insieme all’intensificazione dei bombardamenti sulle formazioni ucraine nel distretto di Valuysky e alla concentrazione del gruppo nelle aree di Kupiansk e Svatovsky, si delinea un quadro più completo di quello che potrebbe essere il prossimo passo dell’AFU.
Sarà interessante vedere se la recente tattica di utilizzare le PMC per le avanzate ad alto rischio diventerà praticamente una dottrina de facto delle operazioni offensive russe per tutta la durata della guerra. Ciò significherebbe che potremmo teoricamente determinare dove sarà la prossima offensiva russa semplicemente osservando dove è schierato Wagner, per esempio. In fin dei conti, però, ricordiamo ciò che Putin ha detto sull’avere diverse contingenze a seconda di ciò che fa l’Ucraina, e ciò che ho scritto sulla strategia di “sfruttamento” della Russia. Credo che le cose siano ancora in sospeso, a seconda di ciò che l’Ucraina deciderà di fare.

E per il momento, l’umore continua ad inasprirsi. In una nuova intervista, Poroshenko afferma che la Russia è più forte che mai, ma l’Ucraina può “ancora vincere” se ottiene la prossima wunderwaffe degli F-16:

E Zelensky ha infine ammesso in un’intervista alla BBC che l’offensiva si era impantanata:

Arestovich ha ammesso che non ci si può aspettare che l’Ucraina vinca senza la superiorità aerea.

Ricordo che di recente ho pubblicato una sua intervista dei primi di giugno in cui affermava che sarebbero stati necessari 10 giorni per fare grandi passi avanti. L’offensiva, iniziata il 4 giugno, si sta avvicinando al 20° giorno.

Ora, a causa del fallimento della spinta principale, Rybar ritiene, tra l’altro, che l’Occidente possa scaldare le acque tra Polonia/NATO e Bielorussia.

:

Ciò si ricollega a molti recenti sviluppi della situazione in Bielorussia. Per esempio, non solo Lukashenko ha fatto di recente diverse dichiarazioni provocatorie sull’uso di armi nucleari contro eventuali aggressori, ma ha anche ammesso che le forze polacche stanno cercando di organizzare un colpo di Stato nel suo Paese.

[Lukashenko] ha poi affermato che “in Polonia, Lituania e, purtroppo, Ucraina, vengono addestrati membri illegali di gruppi armati”. Secondo Lukashenko, gli operatori intendono creare “cellule estremiste dormienti” in Bielorussia. Alla fine del mese scorso, il generale in pensione Waldemar Skrzypczak ha invitato le autorità di Varsavia a “prepararsi a una rivolta in Bielorussia”, insistendo sul fatto che “accadrà”: “Dobbiamo essere pronti a sostenere le truppe che effettueranno l’operazione contro Lukashenko. Abbiamo ragioni per aiutarle, così come aiutiamo l’Ucraina”, ha affermato il generale, già vice ministro della Difesa polacco per gli armamenti.
E fa anche seguito alla registrazione da parte del parlamento ucraino di una proposta di legge per dichiarare la Bielorussia “Stato aggressore”:

Il deputato della Verkhovna Rada ucraina, Yaroslav Yurchyshyn, ha annunciato la registrazione di un disegno di legge in parlamento, secondo il quale la Bielorussia sarà riconosciuta come “Stato aggressore”.
E il generale bielorusso Kasinsky ha dichiarato:

L’assistente del Ministro della Difesa per il lavoro ideologico, il Maggiore Generale Leonid Kasinsky, ha risposto a tutti coloro che sono preoccupati per il dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia. Leonid Kasinsky ha anche aggiunto che con il dispiegamento di armi nucleari tattiche, abbiamo confuso i piani delle autorità polacche, che stanno preparando i militanti sul loro territorio per rovesciare il governo in Bielorussia.
Tutti questi strani sviluppi si intrecciano con quella che sembra una vera e propria azione sovversiva segreta in corso contro la Bielorussia, finalizzata a destabilizzare ulteriormente l’OMR della Russia e a coinvolgere eventualmente la NATO nel conflitto.

Ecco un rapporto completo sull’argomento con ulteriori dettagli e speculazioni:

Le pubblicazioni britanniche hanno iniziato a riferire in modo massiccio che la Polonia sta preparando le ex forze di sicurezza bielorusse per una rivolta armata. Ho parlato del fatto che tale lavoro viene svolto (e non solo a Poznan) già a febbraio, e si sapeva dell’assistenza delle autorità polacche agli oppositori in fuga da molto tempo. L’organizzazione BYPOL, di cui parlano gli inglesi, ha cambiato il suo polo di opposizione in resistenza violenta. È chiaro che i giornalisti hanno avuto il via libera per scrivere di ciò che è noto a quasi tutti coloro che in un modo o nell’altro osservano l’operazione speciale in Ucraina. Inoltre, circa un mese fa si è parlato attivamente di una rivolta militare sul territorio della Bielorussia, anche da parte di generali polacchi, in seguito agli evidenti fallimenti dell’AFU al fronte. Inoltre, i polacchi trarranno vantaggio da qualsiasi situazione di destabilizzazione della situazione al confine bielorusso-polacco, e la cosa principale per loro sarà un aumento del contingente di truppe NATO. La Polonia intende ottenerlo al prossimo vertice NATO di Vilnius, previsto per l’11-12 luglio, quindi è probabile che un aggravamento sia previsto nel prossimo futuro. Inoltre, non è la prima volta che gli anglosassoni cercano di aprire un secondo fronte per la Russia, cercando di esaurire le risorse umane e militari del Paese. Ecco perché i confini che la Federazione Russa deve difendere vanno ben oltre i confini statali del Paese.

Abbiamo già detto più volte che “l’Occidente è sempre più disperato”, quasi come un cliché. Ma la verità è che, alla luce dell’offensiva ormai fallita, possiamo solo supporre che i pianificatori occidentali siano più che mai alla ricerca di qualche jolly non equilibrato con cui ostacolare la Russia.

Per esempio, di recente alcune pubblicazioni hanno chiesto apertamente l’intervento occidentale:

Nell’articolo sopra citato, l’ex ‘Vice-Maresciallo dell’Aria’ Sean Bell scrive che:

L’unico modo credibile per fornire all’Ucraina la capacità aerea necessaria per l’offensiva di quest’anno sarebbe che l’Occidente intervenisse e impegnasse i mezzi – e gli equipaggi – occidentali nel conflitto. Non c’è alcun segno di appetibilità internazionale per questo livello di escalation, nonostante l’importanza critica di questa offensiva ucraina.
La confluenza di questi sviluppi sembra indicare un’escalation importante con il coinvolgimento della NATO. In una recente intervista, ad esempio, Zelensky è sembrato anticipare le sue intenzioni sulla centrale nucleare ZNPP, accusando la Russia di averla attaccata, come ho riferito l’ultima volta.

Ora, il nuovo “redivivo” Budanov è uscito con un video che proietta un evento terroristico a bandiera falsa presso la centrale nucleare ZNPP:

Egli afferma sfacciatamente che la Russia ha “minato” i sotterranei della centrale nucleare e che un disastro potrebbe presto creare una zona di esclusione larga 30 km, che, secondo la mappa, arriva comodamente fino a Melitopol, attraverso la quale passa l’arteria principale del ponte terrestre russo sulla Crimea:

Come breve inciso, il ritorno di Budanov in stile Robocop è chiaramente sospetto. Qualcuno che è scomparso per un mese dopo un attacco al suo quartier generale riappare improvvisamente con un aspetto molto cambiato: c’è qualcosa di molto sospetto. E la gente si è divertita un mondo a pensarci.:

Compresa la dimostrazione di quanto sia facile realizzare un deepfake:

Ma torniamo alla storia.

È chiaro che Kiev sta ancora puntando lo ZNPP. E potrebbe essere facilitata dal bacino idrico in continuo svuotamento, di cui abbiamo un nuovo video

:

So che si è discusso molto sulla fattibilità dell’attraversamento del bacino di prosciugamento, molti concordando sul fatto che probabilmente è troppo sporco. Ma bisogna ammettere che qui la siccità è allarmante. Detto questo, si tratta di un’area diversa, forse più a valle di Kherson piuttosto che vicino a Energodar o Kakhovka, quindi la giuria non ha ancora deciso.

Ecco il parere di Rybar:

Ora, restate con me perché legherò tutti questi sviluppi in un grande punto generale. Ma prima, c’è un ultimo importante sviluppo da aggiungere al mix che costituirà uno dei fondamenti principali della mia tesi.

L’altra grande minaccia è che l’Ucraina sta segnalando una serie di importanti attacchi alla Crimea. Si noti che la Crimea non è in realtà un obiettivo militare. Sì, ci sono basi militari lì, ma non costituiscono realmente le “retrovie” dell’OMU, dato che le vere “retrovie” a livello di brigata sono tutte nella parte profonda di Zaporozhye. Ad esempio, non solo le grandi aree/depositi di rifornimento avanzati come quello fatto esplodere di recente a Rykove, vicino a Melitopol, ma anche il grande campo d’aviazione ad ala rotante di Berdiansk di cui ho scritto di recente. Tutte queste sono aree strategiche di schieramento avanzato che non si trovano in Crimea. Il punto è che qualsiasi attacco alla Crimea sarebbe in realtà più di natura psicologica, simile ad un attacco a Belgorod o alla regione di Mosca, piuttosto che le azioni di una potenza militare che cerca effettivamente di vincere una guerra militarmente.

Quindi, alla luce di questi sviluppi, Shoigu ha rilasciato una dichiarazione secondo cui tali attacchi a lungo raggio sulla Crimea costituirebbero un coinvolgimento degli Stati Uniti e del Regno Unito e comporterebbero attacchi immediati ai centri decisionali ucraini:

Shoigu ha dichiarato che l’uso di tali armi al di fuori della zona dell’operazione militare speciale indurrebbe a colpire immediatamente i “centri decisionali ucraini” e “significherebbe il pieno coinvolgimento degli Stati Uniti e del Regno Unito nel conflitto”.
Il motivo è che l’Ucraina ha promesso ai suoi padroni di non attaccare il “territorio russo” con le armi di precisione a lunga gittata appena fornite, ma gli Stati Uniti e il Regno Unito non considerano ufficialmente la Crimea come “territorio russo”, quindi le loro personali prescrizioni per gli attacchi UA sono solo contro il territorio russo come la regione di Belgorod, ecc.

Ora, a questo mix di tensione crescente, si è aggiunta una recente ondata di voci che invitano la Russia a usare le armi nucleari nel tentativo di dissuadere le forze atlantiste dalle loro escalation senza fine. Il più inquietante è stato l’ex consigliere di Putin e membro del Consiglio di difesa russo Sergey Karaganov, che ha scritto un intero op-ed in cui esplora l’idea che forse la Russia dovrebbe bombardare l’Ucraina per tracciare un’ultima linea rossa:

Egli sostiene che l’Occidente potrebbe non smettere di intensificare l’escalation perché la classica deterrenza nucleare inerente alle armi nucleari sembra essersi erosa a causa del rifiuto della Russia di usarle davvero. L’unico modo per far sì che l’Occidente tema la Russia e si tiri indietro è quello di darle una “dimostrazione” adeguata. Invito tutti a leggere l’articolo, perché è estremamente potente nel delucidare il bivio storico spirituale in cui si trova la Russia e il pericolo escatalogico del momento che l’umanità sta attualmente occupando, mentre un Occidente morente e contorcente tenta di trascinare l’umanità con sé nelle sue gesta di morte. In realtà l’articolo è così ricco e ricco di sfumature che sarei tentato di dedicare un intero pezzo a parte alla sua completa analisi. Ma per ora, usate la traduzione automatica: https://profile.ru/politics/primenenie-yadernogo-oruzhiya-mozhet-uberech-chelovechestvo-ot-globalnoj-katastrofy-1338893/

Ne pubblicherò un paio di estratti:

E qui arrivo alla parte più difficile di questo articolo. Possiamo ancora combattere per un anno, due o tre, sacrificando migliaia e migliaia dei nostri uomini migliori e macinando decine e centinaia di migliaia di abitanti del territorio che oggi si chiama Ucraina, caduti in una tragica trappola storica. Ma questa operazione militare non può concludersi con una vittoria decisiva senza imporre all’Occidente una ritirata strategica o addirittura una capitolazione. Dobbiamo costringere l’Occidente ad abbandonare i suoi tentativi di tornare indietro nella storia, ad abbandonare i suoi tentativi di dominio globale e a costringerlo a prendersi cura di se stesso, a digerire la sua attuale crisi a più livelli. In parole povere, è necessario che l’Occidente “se ne vada” e non impedisca alla Russia e al mondo di andare avanti. Ma cosa succede se non si tirano indietro? Avete perso completamente il senso di autoconservazione? Allora dovrete colpire un gruppo di obiettivi in diversi Paesi per riportare in vita coloro che hanno perso la ragione. È una scelta moralmente terribile: usiamo l’arma di Dio, condannandoci a pesanti perdite spirituali. Ma se non si fa questo, non solo la Russia può perire, ma, molto probabilmente, l’intera civiltà umana finirà.
Prosegue teorizzando che i cinesi forse condannerebbero pubblicamente una simile mossa, ma segretamente la consentirebbero o addirittura se ne rallegrerebbero, vedendo un colpo così potente inferto alla loro acerrima nemica.

Conclude con una nota di speranza:

Ma alla fine, i vincitori non vengono giudicati. E i salvatori vengono ringraziati. La cultura politica europea non ricorda bene. Ma il resto del mondo ricorda con gratitudine come abbiamo aiutato i cinesi a liberarsi dalla brutale occupazione giapponese e le colonie a liberarsi dal giogo coloniale. Se all’inizio saremo fraintesi, ci sarà un incentivo ancora maggiore a impegnarci nel miglioramento di noi stessi. Ma c’è comunque un’alta probabilità di vincere, di far ragionare il nemico senza misure estreme, di costringerlo a ritirarsi. E tra qualche anno, prendere posizione dietro la Cina, come ora sta dietro la nostra, sostenendola nella lotta con gli Stati Uniti. Allora questa lotta potrà fare a meno di una grande guerra. E allora la Russia e l’umanità passeranno attraverso tutte le spine e i traumi per arrivare a un futuro che vedo luminoso: multipolare, multiculturale, multicolore, che permetterà ai Paesi e ai popoli di costruire il proprio destino comune.
Questo mi porta al prossimo punto, ovvero che diversi lettori hanno citato il nuovo articolo di Gilbert Doctorow sul fatto che la fornitura di F-16 all’Ucraina da parte degli Stati Uniti sarà una grande escalation nucleare a causa del fatto che gli F-16 sono “nuclear capable”. Suggerisco di leggere anche questo articolo per chiunque sia interessato a seguire appieno l’arazzo che sto tessendo qui, in quanto Doctorow collega ulteriormente tutti i dati sopra menzionati sulle bombe di Lukashenko e della Bielorussia, sul tentativo di colpo di stato pianificato dalla Polonia, ecc.

Egli fa notare che un colonnello russo in pensione che è “al corrente” ha dichiarato che il Cremlino sta già pianificando definitivamente la distruzione delle basi NATO da cui operano gli F-16, e che il vettore sarebbe nucleare:

Tuttavia, l’edizione di ieri sera del talk show di Vladimir Solovyov indica che il giornalista di Repubblicaca era più vicino alla verità di quanto non lo sia io. Un paziente e competente colonnello russo in pensione, spesso ospite del talk show, ha spiegato che il Cremlino sta valutando esattamente con quali mezzi distruggere tale base aerea della NATO, non se farlo. E il mezzo probabile sarà l’uso di armi nucleari tattiche su Ramstein o qualsiasi altra base NATO sia coinvolta. Possiamo dire che la Germania si sta mettendo nel mirino di un’eventuale escalation della guerra in Ucraina se procede con il programma degli F-16 per l’Ucraina.
Ricordate la citazione di Shoigu che ho appena citato, e ricordate anche la recente dichiarazione di Putin, durante la tavola rotonda, secondo cui la Russia avrebbe cercato di colpire i punti di dispiegamento degli F-16 nel caso in cui l’Ucraina avesse iniziato a utilizzare i jet da basi aeree straniere.

Perché tanto clamore sugli F-16, ci si può chiedere. Dopo tutto, Putin ha detto forte e chiaro che la Russia distruggerà gli F-16 in aria, proprio come ha distrutto i carri armati Leopard e i blindati americani Bradley, respingendo la controffensiva ucraina in corso. Per capire meglio, dobbiamo ringraziare ancora una volta il buon colonnello. Ci ha messo in guardia su un dettaglio importante che non troverete menzionato sul New York Times: i primi F-16 che verranno forniti all’aeronautica ucraina provengono da Belgio e Danimarca e sono tutti dotati di capacità nucleare, che non è una caratteristica necessaria di questi aerei. Poiché i russi non sono in grado di determinare che tipo di munizioni gli F-16 “ucraini” consegneranno effettivamente nella zona di guerra, devono presumere che stiano trasportando bombe nucleari tattiche destinate a essere sganciate sulle concentrazioni di truppe dell’esercito russo. L’effetto di un tale attacco potrebbe essere devastante, da qui la minaccia russa alle basi aeree da cui vengono lanciati questi aerei.
Ora, lasciatemi dire innanzitutto che questa prospettiva non mi convince molto. Sembra ‘spaventoso’ vederlo scritto sulla carta: “F-16 a capacità nucleare”, come se fossero in grado di lanciare una sorta di missili nucleari inarrestabili che possono raggiungere Mosca. Ma in questo caso “con capacità nucleare” significa semplicemente che possono trasportare le famigerate (e vecchie) bombe a gravità statunitensi B61. Bomba a gravità significa che è una “bomba stupida” a caduta libera. Ciò significa che l’F-16 deve letteralmente consegnarla al bersaglio. In modalità paracadute, l’F-16 dovrebbe sganciarla da un’altitudine molto elevata per darle il tempo sufficiente per fuggire e non saltare in aria nell’esplosione nucleare che ne consegue. Tuttavia, esiste una modalità di lancio “a terra”, in cui la bomba può essere sganciata a terra da bassa quota con un timer di 30 secondi per consentire al jet di fuggire. In ogni caso, a causa di queste limitazioni, non sono del tutto convinto della minaccia nucleare degli F-16. Tutto questo per mettervi al corrente della mia tesi conclusiva: credo che ci sia un punto principale che tutti trascurano quando si parla di guerra nucleare tra la NATO e la Russia. Vedete, la NATO, e in particolare gli Stati Uniti, non possono rischiare di essere neutralizzati dalla Russia senza che la Cina subisca danni nello scambio che ne deriverebbe. Se gli Stati Uniti spingessero la Russia a un qualche tipo di scambio nucleare, potrebbero distruggere sia gli Stati Uniti che la Russia, lasciando che la Cina diventi la superpotenza globale in ascesa. Anche se eliminiamo lo scenario meno realistico dello “scambio nucleare completo” o della MAD e ci concentriamo solo su uno scenario più limitato di scambio tattico continentale europeo, ad esempio la Russia che colpisce con un’arma nucleare le basi NATO in Polonia/Germania/ecc, con forse una limitata risposta reciproca degli Stati Uniti. Il problema è che questo indebolisce ancora drasticamente gli Stati Uniti, che subiranno anch’essi una quantità smodata di danni da questi colpi alle basi. Gli Stati Uniti, a mio avviso, non possono rischiare di essere feriti mortalmente o criticamente dalla Russia alla vigilia della loro fatidica resa dei conti con la Cina. Questa stessa argomentazione è ancora più forte per quanto riguarda la guerra satellitare – e l’ho già fatta in precedenza. Gli Stati Uniti non possono assolutamente esagerare e rischiare di spingere la Russia a distruggere la propria flotta di ricognizione spaziale. Perché se la Russia e gli Stati Uniti si scambiano colpi e distruggono l’uno le capacità satellitari dell’altro, la Cina rimarrà l’unico egemone spaziale, il che le darebbe un immediato dominio globale sugli Stati Uniti e segnerebbe la fine dell’impero americano. Dimenticate le argomentazioni sulla “kesslerizzazione dello spazio”, perché non credo che la distruzione limitata dei satelliti E/O e SAR possa trasformarsi in una kesslerizzazione completa, dal momento che la quantità di satelliti di prestigio è limitata da entrambe le parti. Per questo motivo, sono molto scettico sul fatto che gli Stati Uniti osino inasprire la situazione al punto da rischiare che la Russia li paralizzi in questo modo. In superficie possono parlare da duri, ma internamente sanno come stanno le cose. Gli Stati Uniti sono consapevoli che la Cina è il vero, principale, obiettivo finale, e nessuna inimicizia personale nei confronti della Russia può distrarre da questo. In definitiva, gli Stati Uniti hanno bisogno di uscire indenni da questo conflitto, in modo da non essere ostacolati dalla guerra per procura a Taiwan, ancora più scoraggiante, che si profila. Ricordate, l’ho già detto in passato, ma contrariamente all’opinione popolare secondo cui gli Stati Uniti si stanno comportando in modo “selvaggio e sconsiderato” in Ucraina, la mia personale opinione eterodossa è che gli Stati Uniti sono stati in realtà immensamente contenuti in Ucraina e palesemente timorosi delle rappresaglie russe. Data la quantità di sistemi, hardware e capacità di cui gli Stati Uniti dispongono, ciò che hanno dato all’Ucraina non può, a mio avviso, essere caratterizzato come un intervento degli Stati Uniti “a tutto campo” senza “preoccuparsi delle linee rosse della Russia”. Se così fosse, non avrebbero letteralmente de-programmato gli HIMAR ucraini per escludere il territorio russo dagli attacchi.

Per impedire loro di sparare su obiettivi in Russia, gli Stati Uniti hanno segretamente modificato “l’hardware e il software” dei lanciarazzi HIMARS destinati all’Ucraina, secondo quanto riportato lunedì dal Wall Street Journal. Anche i camion HIMARS sono stati modificati per garantire che le forze ucraine non potessero sparare razzi non-GMLRS provenienti da altri Paesi.
Vi sembrano gli Stati Uniti audacemente sconsiderati di cui si parla tanto? Quindi, personalmente, non vedo ancora una minaccia di guerra nucleare di alcun tipo. Ma quello che vedo chiaramente sono le minacce di uno Zelensky follemente squilibrato e dei suoi instabili controllori che vogliono far esplodere lo ZNPP per causare un incidente nucleare, in modo da incolpare la Russia e far “intervenire” la NATO in qualche modo. Dal punto di vista di Zelensky e del suo Frankenstein cretino Budanov, far esplodere la ZNPP può portare a una serie di vantaggi strategici percepiti:
Potrebbe creare una zona di esclusione radioattiva che limita il ponte terrestre della Russia in Crimea, come illustrato dalla mappa pubblicata in precedenza, e irradiare inoltre una vasta area di territorio controllato dalla Russia per complicare e ostacolare la logistica della Russia, abbassare il morale della popolazione e generare indignazione contro l’OMU.
Potrebbe semplicemente suscitare la solidarietà dei membri esitanti della NATO e dei paesi globali in generale, al fine di costruire una coalizione ancora più formidabile per finanziare e rifornire l’Ucraina all’infinito.
La mia scelta personale: potrebbe costringere la NATO a dichiarare un “corridoio di evacuazione civile” di emergenza globale che “richiederebbe” alle forze di pronto intervento della NATO di occupare Odessa e/o altre regioni per “evacuare i civili colpiti dalle radiazioni dal malvagio attacco nucleare del regime di Putin”.
E naturalmente, se si dovesse arrivare a questo, la corrotta AIEA sosterrebbe l’Ucraina con qualsiasi falsa storia di copertura. Basta guardare il resoconto di questa giornalista di Rossiya 24 sulla recente visita di Rafael Grossi all’impianto. Conferma che l’AIEA non aveva alcun interesse a valutare effettivamente i reattori della ZNPP, ma era in realtà occupata a scattare foto segrete di ricognizione/sorveglianza delle posizioni militari russe intorno alla centrale per l’AFU.

Questo era già stato confermato dalle truppe russe sul posto, che se ricordo bene hanno persino confiscato una delle macchine fotografiche dei funzionari o almeno le hanno fatte spegnere. Proprio come l’ignobile OSCE prima di loro, queste organizzazioni sono lì solo per promuovere la causa terroristica dell’Ucraina, niente di più. Tutte le “ispezioni” imparziali che fingono di effettuare sono tutte performance fraudolente. Non sono altro che la versione ucraina dell’insidiosa OPCW, responsabile della farsa del falso attacco chimico in Siria. In definitiva, il principale punto di discussione, in preda al panico, dietro le porte chiuse dell’Occidente e delle alte sfere della NATO può essere riassunto come segue: “Sappiamo che non possiamo battere la Russia sul campo di battaglia usando l’Ucraina come proxy, quindi dobbiamo trovare un qualche evento cigno nero che possa ribaltare le carte in tavola a nostro favore. “Sanno di non poter competere con la Russia nella guerra industriale, quindi hanno bisogno di un espediente subdolo di qualche tipo. Non solo Stoltenberg ha dichiarato che i loro arsenali sono quasi vuoti:

Ma la Germania ha confermato di avere solo 20.000 proiettili per sé, sufficienti per un giorno di uso moderato per la Russia.

Per ora, passiamo ad alcuni altri aggiornamenti vari: alcuni nuovi filmati delle recenti battaglie includono un grande tentativo di assalto dell’AFU che è stato respinto dagli attacchi russi e dai carri armati del 3° battaglione della 60ª brigata, 5ª armata combinata, distretto militare orientale. Dopo aver subito perdite, le unità nemiche sono fuggite:

Ed ecco un filmato di un incidente selvaggio avvenuto dopo che i droni russi Lancet hanno devastato un gruppo d’assalto ucraino durante l'”offensiva” di giorni fa, uno dei carri armati T-72 ha fatto marcia indietro sul proprio MaxxPro MRAP. Il filmato originale del drone russo è allegato alla fine del video:

È stata condivisa una storia interessante su come un soldato russo sia stato catturato a Zaporozhye e abbia poi ingannato i suoi rapitori facendoli diventare prigionieri di guerra:
Le Forze Armate dell’Ucraina hanno lanciato un’operazione offensiva in una delle direzioni della regione di Zaporozhye. Durante questa operazione offensiva, un gruppo delle Forze Armate dell’Ucraina è riuscito a raggiungere la posizione delle Forze Armate della Federazione Russa e dopo una breve battaglia è riuscito a catturare un soldato delle Forze Armate della Federazione Russa. Dopo aver trascorso un giorno con il gruppo delle Forze armate ucraine, il soldato catturato ha offerto loro una via d’uscita sicura dall’area e, dopo aver ricevuto l’approvazione, ha guidato un gruppo delle Forze armate ucraine verso le posizioni delle Forze armate della Federazione russa, a seguito delle quali è stato catturato un gruppo delle Forze armate ucraine (12 persone).
Abbiamo già parlato del ritorno di Budanov. È interessante notare che qui il funzionario ucraino ammette per la prima volta che il quartier generale del GUR è stato effettivamente colpito, ma sostiene che “l’obiettivo non è stato raggiunto” dalla Russia – qualunque cosa significhi. Dice di poter divulgare ulteriori informazioni su questo attacco solo “a guerra finita”.

I photoshopper russi si sono sbizzarriti con le foto del ritorno bizzarramente rigido di Budanov:

La prossima è una buona analisi di ciò che è andato storto per l’AFU durante la sua “offensiva”. Arroganza con un pizzico di stupidità?
Mentre l’offensiva ucraina inizia a culminare ben al di sotto degli obiettivi prefissati, i canali ucraini hanno iniziato ad analizzare i loro fallimenti e ciò fornisce un’interessante visione delle difficoltà operative in cui si trova ora l’AFU. ZeRada dice: “Completa assenza di effetto sorpresa. L’APU è andata dove ci si aspettava. Perché diavolo gli oratori dell’OP hanno annunciato un’offensiva lì tra sei mesi? La domanda è aperta. Errori nella pianificazione generale dell’operazione. Kharkov si è rilassata. Il comando si aspettava che la battaglia del Mar d’Azov sarebbe stata la stessa facile passeggiata. Non ci sono affatto sorprese tatticheSottovalutazione dell’addestramento degli ingegneri-navigatori del nemico. I teorici del complotto hanno persino scritto che le Forze Armate russe hanno svolto attività di estrazione in modo occulto. Questo, ovviamente, è un’assurdità. Le Forze Armate russe sono state in grado di produrre e accumulare una quantità sufficiente di armi guidate, sia terrestri che aeree. L’equipaggiamento delle Forze Armate dell’Ucraina che ha superato i primi campi minati è stato incontrato dai Kornet e dai loro omologhi. Sono in funzione anche sistemi ad armi combinate e, cosa del tutto inaspettata, sistemi EW di trincea delle Forze Armate della RF, che non si erano mai visti prima. Le Forze Armate dell’Ucraina hanno dovuto affrontare una perdita di comunicazione durante l’offensiva, e i droni FPV sono stati inefficaci.Uso massiccio di bombe guidate. Già nella fase di preparazione dell’offensiva, le Forze Aerospaziali hanno messo fuori uso magazzini e accumuli di attrezzature con UAB e KAB, impedendo loro di concentrarsi normalmente per un attacco in piena regola. I residenti di Berdyansk e Primorsk affermano che dopo l’inizio dell’offensiva Sushka hanno iniziato a volare ancora più spesso. Le Forze Aerospaziali non risparmiano gli obiettivi chiave della pianificazione delle bombe. Alligatori. I Ka-52 sono tornati in gioco. Fin dall’inizio della grande guerra, sono stati messi da parte dagli appassionati di droni. Ma durante l’offensiva sono stati in grado di coprire completamente le truppe, come in un poligono di tiro, mettendo impunemente fuori uso i veicoli blindati delle Forze Armate dell’Ucraina. Le storie di Arestovich sui 6 Alligat abbattuti non sono confermate da nulla, se non dalle dichiarazioni sue e di Malyar. Carenza di difesa aerea. Un paio di mesi prima dell’inizio dell’offensiva, il comando della Federazione Russa ha dichiarato la priorità principale dei sistemi radar e di difesa aerea delle Forze Armate dell’Ucraina. Durante questo periodo, sono riusciti a mettere fuori uso un gran numero di complessi e di loro componenti. Pertanto, quando è iniziata l’offensiva, la fanteria delle Forze Armate dell’Ucraina, al contrario, è rimasta senza copertura. Durante la battaglia del Mare di Azov, non è stato abbattuto un solo elicottero. Il fattore umano. Un anno e mezzo di guerra comincia a incidere sulla qualità del personale. Mariupol e Bakhmut, Lisichansk e Severodonetsk, Marinka e Vuhledar: le Forze Armate dell’Ucraina hanno perso un numero enorme di militari, volontari e combattenti ideologici. Carri armati e aerei d’attacco, anche addestrati in Occidente, ma composti da cittadini mobilitati, semplicemente non vogliono morire. A volte rompono e abbandonano l’equipaggiamento (come ha scritto la stampa mondiale), si rifiutano di seguire gli ordini.Qualsiasi successiva azione offensiva delle Forze Armate dell’Ucraina DEVE tenere conto dei fattori di cui sopra. Altrimenti, questa continuerà a non essere un’offensiva, ma la distruzione delle nostre stesse truppe.
Infine, 82 anni fa, alle 4 del mattino del 22 giugno 1941, la più grande invasione nella storia dell’umanità ha dato il via alla più grande e letale guerra di sempre, la Grande Guerra Patriottica, come è conosciuta in Russia. Per questo motivo condivido il seguente post e il video che illustra come doveva essere il confine occidentale dell’URSS in quella mattina di apertura del 22 giugno. E proprio come l’URSS subì le prime battute d’arresto per poi tornare a ruggire e strappare la vittoria, così i discendenti di quegli eroi russi distruggeranno il Quarto Reich delle potenze atlantiste che stanno facendo il loro ultimo tentativo esistenziale di distruggere la Russia.
MEMORIE 82 anni fa, il 22 giugno 1941, alle 4 del mattino, ebbe inizio la Grande Guerra Patriottica.82 anni fa, non solo la Germania nazista, ma l’intero Reich europeo attaccò a tradimento l’Unione Sovietica.La Grande Guerra Patriottica ebbe inizio, causando 27 milioni di vittime tra i nostri concittadini, di cui 8,6 milioni erano combattenti, il resto erano civili nel territorio occupato dal nemico, sopravvissuti al blocco, vittime dei campi di concentramento.


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Le cose stanno andando a rotoli… E anche il centro non si presenta bene _ di AURELIEN

Un piccolo rilievo allo scritto che ci offre una rappresentazione plastica della complessità delle dinamiche e del conflitto politico: manca la constatazione delle relazioni che si intersecano tra gruppi e centri decisori che confliggono all’interno delle formazioni sociali. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Le cose stanno andando a rotoli…
E anche il centro non si presenta bene.

AURELIEN
21 GIU 2023
Il mio ultimo saggio ha suscitato molti commenti, tra cui suggerimenti per portare l’analisi un po’ più avanti e cercare di esaminare alcune delle conseguenze a lungo termine per l’Occidente della fine della guerra in Ucraina e del suo fallimento politico e militare in quel paese. Ecco quindi un modesto tentativo.

Non è una previsione. Non solo non credo nelle previsioni, ma bisogna ricordare che gli eventi si muovono a una velocità e a una complessità tali da far sì che ciò che scrivo ora possa essere facilmente superato quando lo leggerete. Nel mio saggio su L’arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon, scritto qualche mese fa, avrei dovuto menzionare il povero brigadiere Pudding, che passava il suo tempo libero a scrivere un libro intitolato “Cose che possono accadere nella politica europea”, per poi scoprire che c’erano così tante possibilità e così tante interazioni che non era in grado di stare al passo con gli eventi attuali (per non parlare di prevedere il futuro) e che il libro stava in realtà andando al contrario.

Detto questo, è possibile individuare alcune direzioni verso cui le cose potrebbero andare (o soprattutto non andare). Voglio iniziare con il lato negativo, perché è un modo per mettere in un certo contesto alcuni degli scenari più estremi di cui si legge. Non voglio dire che nessuna di queste possibilità estreme sia intrinsecamente impossibile, dato che quasi nulla nella politica internazionale lo è, ma per le ragioni che seguono non credo che dovremmo dedicarvi molto tempo.

La prima possibilità è un fallimento politico ed economico catastrofico. All’inizio, gli opinionisti pensavano che questo potesse accadere in Russia: di recente non se ne parla più. Altri, invece, vedono la fine dell'”Impero americano”, la dissoluzione della NATO, conflitti violenti e persino guerre civili in alcuni Stati occidentali, molteplici fallimenti bancari e il crollo di intere economie, il tutto entro la fine dell’anno. La difficoltà è duplice. Da un lato, sì, le conseguenze economiche più ampie della guerra in Ucraina, tra cui la (limitata) de-dollarizzazione del commercio, la vulnerabilità di catene di approvvigionamento complesse e sofisticate, l’aumento dei prezzi del carburante e il lento spostamento del potere economico dall’Occidente, potrebbero avere implicazioni piuttosto significative nel prossimo futuro. O forse no, perché sono anche inseriti in una serie di altri problemi, non specificamente legati all’Ucraina, ma in alcuni casi collegati: inflazione, deindustrializzazione, povertà, crescente dipendenza dalle importazioni, sistemi politici in disfacimento e crescente disuguaglianza economica, tutti temi sui quali ho scritto più volte. È chiaro che per l’Occidente si prospettano tempi molto difficili nei prossimi anni e oltre. Ma le previsioni su singole conseguenze catastrofiche, legate in particolare alla guerra in Ucraina, mi sembrano molto pericolose. La storia suggerisce che una delle previsioni estreme o più estreme si avvererà, o si avvererà in parte, ma probabilmente sarà per puro caso, e sarà comunque l’ultima cosa che ci aspetteremmo. Quindi la NATO non chiuderà l’anno prossimo, e nemmeno l’anno dopo: la politica internazionale non funziona così.

D’altra parte, uno dei miei punti fermi in questi saggi è la necessità di distinguere tra modelli di fondo di eventi e spostamenti di potere, da un lato, e circostanze specifiche, spesso inconoscibili in anticipo, che hanno innescato una particolare catena di eventi disastrosi, dall’altro. Il crollo dell’Unione Sovietica, l’ascesa al potere dell’ayatollah Khomeini in Iran o la recente guerra civile in Etiopia sono esempi di questo tipo: gli ingredienti c’erano, ma la crisi sarebbe potuta arrivare prima, dopo o forse non sarebbe potuta arrivare affatto. Lo stesso è probabile in questo caso: alcune conseguenze dirette o indirette della fine della guerra in Ucraina potrebbero innescare una catena catastrofica di eventi da qualche parte, ma non lo faranno automaticamente, né senza una necessaria lievitazione preliminare di stupidità umana nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quindi non entusiasmiamoci troppo per le singole previsioni apocalittiche a breve termine.

La seconda possibilità è il business as usual. Secondo questa teoria, la sconfitta in Ucraina verrebbe rapidamente relegata nel buco della memoria, proprio come l’Afghanistan (si sostiene), e gli ultras di Washington e Bruxelles inizierebbero a prepararsi per una guerra con la Cina. Non credo che nemmeno questo sia fattibile. L’Afghanistan ha avuto effetti essenzialmente localizzati e temporanei. Non sarà così per l’Ucraina. A seconda dello scenario esatto (e ci arriverò tra un attimo) il fallimento delle politiche occidentali in Ucraina avrà conseguenze significative e a lungo termine per l’Occidente nel suo complesso. Le conseguenze più ovvie saranno di tipo economico, ma quelle davvero interessanti si trovano altrove. Per esempio, nell’ultimo decennio Kiev è stata un sobborgo di Washington, Londra e Bruxelles. Ma basterà che i russi annuncino di non poter più garantire la sicurezza dei leader occidentali in visita a Kiev e il rapporto comincerà a sgretolarsi, anche se gli ucraini vorranno mantenerlo. A prescindere dall’esatto regime che seguirà quello di Zelensky, è sempre più probabile che l’Occidente venga congelato dalle relazioni con l’Ucraina. Non ci saranno contratti di costruzione succulenti per le aziende occidentali per ricostruire le aree sotto il controllo russo. I leader e gli uomini d’affari occidentali potrebbero trovarsi ospiti sempre più sgraditi e imbarazzanti. (La cosa più importante, forse, è che le forze russe, molto numerose e ben equipaggiate, saranno dispiegate ben in avanti, scomodamente vicino ai confini della NATO. Gli aerei russi potrebbero pattugliare la frontiera ucraino-polacca con la riluttante acquiescenza di Kiev. Quasi ogni giorno si corre il rischio di una nuova umiliazione politica per l’Occidente e di una crescente prova della sua graduale perdita di status. Non sono cose che si possono nascondere, soprattutto in Paesi e organizzazioni internazionali che si sono abituati all’idea di essere i naturali dominatori del mondo.

La terza possibilità è l'”escalation” che porta inevitabilmente a una sorta di guerra nucleare. Ho già sottolineato più volte che l’escalation ha un significato solo se si ha qualcosa con cui farla e un posto dove farla. La retorica e le minacce, che sono state la prassi della NATO e dell’UE fino ad ora, non hanno alcun valore in questo caso. Le forze di terra della NATO sono troppo deboli e disperse per intervenire. Le forze aeree della NATO farebbero… cosa? Se tutti gli aerei impegnati nell’attuale esercitazione aerea della NATO virassero improvvisamente verso est, pochi, se non nessuno, raggiungerebbero la linea di contatto prima di esaurire il carburante (o di essere abbattuti, ovviamente) e che effetto avrebbero sulla battaglia? La teoria alla base di esercitazioni militari come questa è che si invia un messaggio politico sulla determinazione a rimanere coinvolti e sulla volontà di intensificare gli interventi. Ma quando non si ha nulla con cui rimanere coinvolti o con cui fare un’escalation, tutto diventa un po’ inutile. Chi state cercando di convincere, a parte voi stessi e il vostro pubblico? In realtà, le esercitazioni e i movimenti di truppe e aerei sono una delle pochissime opzioni disponibili nel repertorio degli Stati che si trovano ad affrontare una crisi, ed è probabile che ne vedremo di più nei prossimi mesi e anni, non perché siano efficaci, ma perché non ci sono molte alternative.

E poi, naturalmente, ci sono le armi nucleari. Dato che se ne è parlato molto, soffermiamoci un attimo sulla questione. Innanzitutto, non credo che nessuno in Occidente sia stato così folle da pensare di tentare il classico brinkmanship nucleare, ovvero la minaccia di attaccare Mosca con armi nucleari se i russi non si fossero ritirati dall’Ucraina. Una simile minaccia equivarrebbe a un suicidio nazionale per gli Stati Uniti (e per altri) se fosse portata a termine, e a un’umiliazione nazionale se non lo fosse. Senza dubbio da qualche parte nelle fogne di Washington ci sono persone abbastanza illusorie da pensare che questa sia una linea d’azione accettabile, ma nella vita reale non credo che avranno molta influenza. Lo stesso vale per l’uso “dimostrativo” di armi nucleari in numero molto ridotto, da qualche parte, che appartiene ai best-seller degli aeroporti e ai libri di testo di scienze politiche, non alla vita reale.

Torniamo quindi alle armi nucleari tattiche o, come preferirei chiamarle, “da campo di battaglia”, sulle quali di recente si è fatto un gran parlare. Ora, è necessario fare un po’ di storia. Le armi nucleari non sono state originariamente sviluppate in base a un’esigenza militare, e fin dall’inizio i militari hanno avuto il problema di trovare un ruolo operativo per esse, al di là delle loro funzioni puramente politiche come la deterrenza e il significato dello status di Grande Potenza. Man mano che le armi nucleari diventavano fisicamente più piccole, c’era la possibilità di utilizzarle in battaglia, consentendo potenti attacchi a concentrazioni di truppe, campi d’aviazione e quartieri generali, che altrimenti sarebbero stati molto difficili da distruggere. Inoltre, poiché le armi nucleari sul campo di battaglia potevano essere consegnate con una precisione sempre maggiore, la resa poteva scendere fino a livelli inferiori ai kilotoni, tenendo presente che l’effetto di un’arma a scoppio cade con la radice cubica della distanza, per cui la precisione è molto importante. Alla fine della Guerra Fredda, il risultato fu una pletora di sistemi: bombe a caduta libera, razzi, proiettili d’artiglieria e persino piccole munizioni da demolizione. (Esattamente quanti fossero rimane discutibile, ma l’Occidente vi ha dato maggiore importanza, perché fin dall’inizio i governi occidentali non vedevano alcuna speranza di mantenere le stesse dimensioni delle forze convenzionali del Patto di Varsavia: un impegno che alla fine ha contribuito molto a distruggere l’economia sovietica. Le armi nucleari sul campo di battaglia erano quindi l’unica risposta: se le forze del WP fossero mai avanzate a ovest fino a un punto della Germania noto come Linea Omega, i militari avrebbero chiesto il cosiddetto “sganciamento nucleare”. Da parte sovietica, l’uso precoce delle armi nucleari sembra essere stato dato per scontato: tutte le attrezzature sovietiche erano progettate per essere utilizzate in un ambiente nucleare (e biologico e chimico);

Con la fine della Guerra Fredda, tutto questo cominciò a sembrare un po’ inutile. Gli inglesi e i francesi rinunciarono alle loro armi nucleari tattiche e gli Stati Uniti si sbarazzarono di tutte le loro, tranne alcune bombe a caduta libera. Non si conoscono le cifre esatte, ma fonti aperte suggeriscono che potrebbero averne circa 200, alcune delle quali almeno a rendimento variabile, e forse la metà di queste sono conservate in strutture sicure in Europa. Nessuno sa davvero quante armi abbiano conservato i russi, ma sicuramente più degli Stati Uniti, perché la loro dottrina militare si occupa ancora prevalentemente di guerra terra/aria. Quindi, in teoria, sarebbe possibile utilizzare armi nucleari sganciate per via aerea contro le concentrazioni di truppe russe nel Donbas, ora o in una futura iterazione della crisi. In pratica, non molto, per due motivi.

Primo: è possibile? Per quanto ne so, non esistono velivoli ucraini in grado di sganciare armi nucleari (e questo presuppone che esistano velivoli ucraini). Quindi, velivoli della NATO appositamente attrezzati dovrebbero essere trasferiti in basi in Ucraina, velivoli della NATO appositamente adattati dovrebbero far volare le armi, in condizioni di grande sicurezza, verso basi aeree appositamente protette in Ucraina, sufficientemente vicine alla linea di contatto da permettere agli aerei della NATO di fare ritorno, e infine gli aerei della NATO dovrebbero arrivare lì e (preferibilmente) tornare indietro attraverso difese aeree che finora si sono dimostrate estremamente efficaci. Non lo so, ma ho il sospetto che le bombe a caduta libera come le B-61 siano già armate una volta che l’aereo decolla, quindi un aereo della NATO abbattuto in qualsiasi punto dell’Ucraina potrebbe potenzialmente causare un’esplosione nucleare, o nella migliore delle ipotesi un inquinamento nucleare diffuso. In secondo luogo, queste armi possono essere “tattiche”, ma hanno comunque un effetto su una vasta area. Anche una “piccola” arma da 1 chilotone ucciderebbe o danneggerebbe tutti e tutto nel raggio di circa un chilometro: coloro che non sono morti a causa dell’esplosione o del fuoco potrebbero ammalarsi o addirittura morire per avvelenamento da radiazioni nelle settimane e nei mesi successivi. È difficile vedere una circostanza in cui la NATO, per quanto stressata, pensi che una dozzina di questi ordigni sia una buona idea, indipendentemente dal numero di soldati russi uccisi nel processo.

Quindi queste sono le cose che, a mio avviso, è improbabile che accadano. (Non posso dire che siano impossibili, come ho indicato, ma poche cose in politica lo sono). Spostiamo quindi la nostra attenzione sulle conseguenze più probabili, e per farlo dobbiamo avere uno scenario di riferimento su cui lavorare. Propongo il seguente, tenendo presente che l’esito effettivo potrebbe essere un po’ più radicale.

Le forze armate ucraine vengono effettivamente distrutte come entità. Rimangono piccoli gruppi (forse fino al livello di un battaglione), ma hanno poca o nessuna capacità di influenzare le operazioni. I russi hanno occupato le aree dell’Ucraina che hanno votato per l’adesione alla Russia e la costa fino a Odessa. Hanno centinaia di migliaia di truppe pesantemente armate dispiegate nel terzo orientale del Paese e una presenza nel resto del Paese. A Kiev c’è un nuovo governo che considera le buone relazioni con la Russia come la sua principale priorità. I consiglieri e gli addestratori occidentali si sono, almeno teoricamente, ritirati dal Paese e non vengono più inviate attrezzature occidentali.

Questo, lo sottolineo, è un risultato minimamente probabile. Ma comunque lo si guardi, rappresenta una sconfitta per la NATO e l’UE, e una nuova realtà con cui bisognerà convivere. Consideriamo alcune delle probabili reazioni, a partire da quella più ovvia: la negazione, per quanto possibile, della nuova realtà. Questo è il comportamento tipico di qualsiasi gruppo in difficoltà, e notoriamente di organizzazioni con forti ego istituzionali. È semplicemente impossibile che la NATO dica “abbiamo sbagliato” o “abbiamo ****** sbagliato”, qualunque cosa possano pensare i singoli governi o gli individui stessi. La politica non funziona così: il massimo che si potrebbe ammettere è che gli altri non hanno fatto ciò che avrebbero dovuto fare, o addirittura che ci hanno tradito. Quindi si cercherà in tutti i modi di far passare una sconfitta come una vittoria. Come? Beh, immaginiamo il vertice NATO del 2024 e facciamo loro il favore di redigere un breve comunicato. Il testo sarebbe del tipo: “Noi, Capi di Stato e di Governo della NATO

Noi, Capi di Stato e di Governo della NATO, ci siamo riuniti a Hobart, in Tasmania, per riaffermare il nostro impegno per la sicurezza e la prosperità dell’Europa e per la forza del legame transatlantico, nonché per i valori e i principi che hanno guidato l’Alleanza fin dalla sua nascita. Rinnoviamo i nostri ringraziamenti al Governo australiano per aver ospitato la riunione e per aver messo a disposizione un alloggio a prova di bomba nucleare per tutta la durata della stessa.

Accogliamo con favore la partecipazione del Governo ucraino in esilio da Zoom delle Isole Cayman e la partecipazione dei governi di Australia, Nuova Zelanda, Singapore e Vanuatu in qualità di osservatori e di rappresentanti della più ampia comunità internazionale.

Ricordiamo con orgoglio che la fermezza d’intenti e la disponibilità al sacrificio della NATO hanno portato alla completa sconfitta dei tentativi russi di invadere e occupare con la forza i territori dell’Ucraina, della Polonia e degli Stati baltici, ed esprimiamo la nostra rinnovata determinazione ad opporci, con mezzi economici e se necessario di altro tipo, a qualsiasi ulteriore mossa russa in questa direzione.

Abbiamo istituito un Gruppo di lavoro sotto la presidenza congiunta del Vice Segretario Generale e del Vice Presidente del Comitato militare, che riferirà al prossimo Vertice sulle possibili misure per sviluppare l’Alleanza, per continuare a preservare e rafforzare la sicurezza dell’Europa.

Se siete mai stati coinvolti in questo genere di cose, vi renderete conto che si tratta solo di una leggera parodia. Ma perché non vengono mai proposte misure concrete? Perché tutto è sempre mascherato da una nebbia di parole che possono significare qualsiasi cosa per chiunque. In pratica, si può considerare il processo di decisione politica, e ancor più di descrizione politica, come un gigantesco esercizio di disegno di diagrammi di Venn. Laddove c’è una sufficiente sovrapposizione, un’idea o un pezzo di linguaggio si fa strada nella casella contrassegnata dal “consenso”. Alcune nazioni possono essere fortemente favorevoli, anche se spesso per motivi diversi; altre possono essere disposte ad accettare l’idea o il linguaggio, sempre per motivi diversi. Alcuni potrebbero non essere particolarmente interessati, altri ancora potrebbero essere scontenti, ma decidere che ci sono altre battaglie più importanti da combattere, oppure potrebbero vendere la loro acquiescenza in cambio di concessioni altrove. Quindi, uno dei fatti fondamentali da tenere a mente riguardo a qualsiasi politica multilaterale, o a qualsiasi sua espressione, è che significa cose diverse per persone diverse e rappresenta sempre un compromesso di qualche tipo. Per i testi, questo è ciò che viene chiamato Storia del negoziato, cioè il modo in cui il testo è arrivato a essere così com’è, con tutte le false partenze, le sordide contrattazioni, i mercanteggiamenti, le proposte infruttuose e i dolorosi compromessi. Si tratta di un’area estremamente poco studiata, sia per quanto riguarda l’evoluzione della politica stessa, sia per il modo in cui questa viene successivamente descritta.

Il problema sorge, ovviamente, quando una politica di compromesso fragile come questa finisce nei buchi e deve essere ripensata. Come ho già sottolineato, non bisogna mai sottovalutare l’importanza dell’inerzia nella politica internazionale, soprattutto quando sono coinvolti molti Stati. Continuare a fare la stessa cosa, per quanto stupida, è sempre più facile che cercare di trovare un consenso per un cambiamento.

In sostanza, questo è il motivo per cui la posizione della NATO (e dell’UE) sulla Russia/Ucraina è ora quasi impossibile. Tanto per cominciare, non è mai esistita “una” politica della NATO nei confronti della Russia, ma una serie di politiche nazionali e multilaterali non molto coerenti che avevano dimensioni diverse, anche all’interno dei singoli Paesi. Sarebbe bello pensare che, da qualche parte in un bunker sotto il quartier generale della NATO, ci sia stato un gruppo di collaboratori Top Secret della NATO che ha lavorato per dieci o vent’anni su come far cadere la Russia e il suo attuale governo. Ma le organizzazioni internazionali non funzionano così, e la NATO certamente non lo fa. Piuttosto, ci sono state forse una mezza dozzina di politiche nazionali e multilaterali, che si sono sviluppate con i nuovi governi e le mutate situazioni. Possiamo elencarne alcune, tenendo presente che raramente sono completamente distinguibili l’una dall’altra.

In primo luogo, c’era la naturale cautela degli Stati europei nei confronti di una grande potenza militare vicina. Questa è una costante della politica internazionale: vale per la posizione della Nigeria in Africa occidentale, per quella degli Stati Uniti in America centrale, della Cina nell’Asia meridionale e persino della Germania in alcuni dei suoi piccoli vicini. Questo non significa, ad esempio, che il Burkina Faso tema un’invasione nigeriana, ma solo che la sua politica di sicurezza deve tenere conto delle dimensioni e della potenza del suo vicino. Dire che la Russia “non era una minaccia” non è proprio il punto, perché in pratica i Paesi più piccoli provano sempre un certo nervosismo nei confronti di quelli più grandi, non per quello che stanno facendo ma per quello che potrebbero ipoteticamente fare.

Questo è stato essenzialmente l’approccio franco-tedesco, tipico di Hollande e Merkel. C’era preoccupazione per le dimensioni e il potere della Russia e il timore che, dopo la Crimea e l’inizio del conflitto separatista nell’Ucraina orientale, il Paese cadesse effettivamente sotto il dominio russo. Dato lo stato deplorevole dell’UAF, bisognava fare qualcosa per addestrarla come deterrente. Ma naturalmente la situazione era molto più complicata all’interno di ciascun Paese e tra altri Paesi che seguivano più o meno la stessa linea. Per cominciare, entrambi i Paesi avevano relazioni complesse e sfaccettate con la Russia: La preoccupazione della Germania per l’accesso al gas russo a basso costo è ben nota, ma forse si è dimenticato che la Francia stava vendendo navi alla Marina russa e che gli equipaggi russi si stavano addestrando su di esse nel 2014, all’epoca della crisi di Crimea. Non c’è alcuna indicazione che Merkel e Hollande abbiano percepito il loro sostegno all’Ucraina e l’accordo di Minsk II come atti ostili, né che abbiano creduto che i russi li avrebbero percepiti come ostili.

Naturalmente, c’erano molti altri attori che sostenevano le politiche della NATO a favore dell’Ucraina per ragioni molto diverse. C’erano nostalgici della Guerra Fredda senza speranza, che sognavano di combattere la battaglia che era stata loro negata dagli eventi del 1989. C’era una grande quantità di razzismo antislavo residuo in molti Stati europei, soprattutto (ma non solo) dell’ex Patto di Varsavia. C’erano estremisti che sognavano di provocare una guerra che avrebbe portato a un cambio di regime a Mosca. Alcuni avevano fantasie di una Russia debole, umiliata e distrutta dall’Ucraina con l’aiuto dell’Occidente. Altri avevano fantasie di una Russia più forte che travolgeva l’UAF, ma che veniva sconfitta dagli uomini delle tribù ucraine sulle montagne con le armi della NATO. O qualcosa del genere. Altri ancora sembravano aver creduto a versioni di entrambi in tempi diversi, o addirittura contemporaneamente. Come ho sottolineato, c’era un’intera ideologia PMC, post-nazionale, post-culturale, post-modernista, per la quale la stessa esistenza della Russia era un insulto ideologico, e che giustificava le sanzioni dell’UE già in vigore. C’erano globalisti per i quali il rifiuto russo di piegarsi era inspiegabile e inaccettabile. C’erano quelli che ritenevano che tutti i problemi internazionali dovessero essere risolti dall’Occidente e dalle sue istituzioni e che vedevano la Russia come un pericoloso emergente. C’era chi si limitava ad assecondare pragmaticamente qualsiasi politica NATO del momento, perché aveva altre priorità e poca influenza.

È improbabile che più di una piccola percentuale di queste persone abbia deliberatamente deciso di provocare un conflitto, e non potrebbero comunque farlo in modo coerente. Quando erano al potere, c’erano certamente gruppi e individui che spingevano per lo scontro aperto, ma facevano solo parte di una comunità molto più ampia, che andava più o meno nella stessa direzione, ma a velocità diverse, con motivazioni molto diverse e obiettivi in qualche modo diversi, e naturalmente erano contrastati da altri gruppi potenti. Ciò che univa questi gruppi più militanti, però, era la convinzione che, alla fine, ciò che facevano non aveva importanza. La Russia era povera e debole, il suo esercito era inutile (tranne per coloro che credevano che fosse spaventosamente forte) e quindi ciò che l’Occidente faceva e diceva non aveva letteralmente importanza perché la Russia non poteva farci nulla. L’Occidente poteva imporre sanzioni, rafforzare l’Ucraina, emettere comunicati incendiari e cercare di intimidire Mosca, ma alla fine non aveva importanza, perché cosa potevano fare i russi? I russi non avevano alcun diritto di considerare queste mosse come minacce, ma se lo avessero fatto, cosa avrebbero fatto? Cosa avrebbero fatto? In effetti, ciò che univa tutti gli attori occidentali in questo dramma, dai più estremi ai più moderati, era un senso di assoluta impunità. La reazione russa semplicemente non aveva importanza e poteva essere ignorata. (Allo stesso modo, tutta la sciocca retorica sulla guerra con la Cina in questo momento non significa che ci sarà una guerra con la Cina, ma solo che l’Occidente sta suonando duro e bellicoso a spese della Cina, perché ciò che la Cina pensa non conta e non può entrare nei calcoli occidentali).

Ecco quindi il senso di panico che ha accompagnato l’intervento russo. Per alcuni è stato il culmine di paure storiche, per altri un’opportunità celeste, per altri ancora un’occasione per perseguire clandestinamente altri obiettivi, per altri ancora un pericolo per l’esistenza stessa della NATO, per altri una meravigliosa opportunità politica per cambiare il sistema di governo in Russia, mentre per altri ancora una secchiata d’acqua gelida gettata su di loro da una realtà recalcitrante. Come spesso accade in politica, le risposte possibili erano molto limitate, e così la NATO finì per fare solo un numero ristretto di cose, che i diversi governi giustificarono a se stessi e ai loro pubblici secondo logiche diverse.

Questa incoerenza della politica originaria significa, a sua volta, che il disfacimento di questa instabile coalizione anti-russa produrrà una situazione molto complessa e potenzialmente pericolosa, con diversi gruppi che tirano in direzioni diverse. Sarebbe stato tutto molto più semplice se ci fosse stato un piano generale. Se il piano fosse sempre stato quello di provocare un confronto diretto con la NATO, allora la NATO avrebbe potuto preparare le forze per rendere possibile tale confronto. Se il piano fosse sempre stato quello di coinvolgere direttamente gli Stati Uniti, allora questi ultimi avrebbero potuto dotarsi dei mezzi necessari per farlo. Inoltre, se l’intera crisi fosse stata provocata dall’industria degli armamenti, quest’ultima avrebbe già aumentato in anticipo la sua capacità di produrre armi e quindi di ottenere maggiori profitti: ma non l’ha fatto.

Quindi parlare di “una” reazione occidentale al tipo di vittoria russa che ho delineato è fuorviante. Una conseguenza molto più probabile è una serie di risposte incoerenti e conflittuali che tendono in direzioni diverse, forse nel disperato tentativo di mantenere una certa solidarietà con la NATO e l’UE, ma che in realtà minacciano di danneggiare o addirittura distruggere entrambe le organizzazioni. È probabile che questa incoerenza non sia solo tra gli Stati, ma anche al loro interno, dato che i diversi gruppi di interesse si combattono e stringono alleanze con altri partner.

Parliamo innanzitutto degli Stati Uniti, perché questo Paese è il più grande attore singolo sul versante occidentale. È tuttavia fuorviante pensare che esista una politica statunitense univoca e definita su qualsiasi cosa: meno che mai sull’Ucraina in questo momento. Nell’infinita e feroce lotta nel fango che è la politica degli Stati Uniti, una tendenza o un gruppo di interesse otterrà di tanto in tanto una vittoria temporanea, che altri gruppi cercheranno immediatamente di minare e ribaltare. (Il fatto che anche il Presidente sia d’accordo su qualcosa non garantisce che questo avvenga davvero). Ci sono fazioni a Washington che vogliono un confronto politico e militare senza fine con la Russia sull’Ucraina e possono arrivare a credere (e persino a convincere altri) di avere il potere di farlo accadere. In realtà, però, non controllano le risorse che renderebbero possibile tale confronto. Infatti, una caratteristica della burocrazia di Washington è che nessuno ha mai il controllo completo di nulla, e la “politica statunitense” è in pratica solo un compromesso instabile che diversi gruppi sono più o meno disposti a sostenere per il momento.

Per questo motivo, il risultato più probabile a breve termine di una vittoria russa a Washington sarà la paralisi. Ubriaco di deliri di superiorità e onnipotenza autogenerati, un intero sistema politico si troverà improvvisamente impotente a influenzare il corso degli eventi. Il risultato più comune in queste circostanze è che il sistema si ripiega su se stesso e si divora, mentre gli attori disperati cercano di scaricare la colpa su altri. Su scala più ridotta, vedremo più o meno la stessa cosa in altri Paesi. Questo è particolarmente vero in Europa, perché le conseguenze pratiche del tipo di scenario che ho descritto sopra saranno molto diverse, ad esempio, in Polonia rispetto al Portogallo. L’unità superficiale tra gli Stati europei in realtà non si estende molto al di là delle loro caste professionali e manageriali, ed è chiaro che l’opinione pubblica sta iniziando a rivoltarsi in modo piuttosto netto contro le presunzioni del PMC, e del PMC stesso, in diversi Paesi. Dal momento che la sinistra si è suicidata in quelle parti d’Europa in cui non era già da tempo parte attiva dell’élite della PMC, il campo è aperto per i partiti di destra (e persino di “estrema destra”) per prendere il potere, dal momento che saranno gli unici partiti a parlare delle questioni che interessano la gente comune. (Suggerimento: l’Ucraina non è una di queste).

Ci sarà una grande attività e molte riunioni, comunicati e dichiarazioni da parte della NATO e dell’UE. Ci saranno atti dimostrativi come esercitazioni, dichiarazioni sulle strutture delle forze, iniziative politiche e tentativi di costruire più ampie coalizioni politiche e militari anti-russe. Soprattutto, ci saranno sforzi disperati per mantenere in funzione entrambe le istituzioni di fronte a enormi forze centrifughe. Questi sforzi probabilmente avranno successo, se non altro perché le possibilità di trovare un accordo su alternative coerenti sono di fatto nulle.

A livello nazionale, intanto, sarebbe profondamente ironico se le politiche occidentali, che molti speravano portassero alla disintegrazione della Russia, portassero invece alla disintegrazione di alcuni sistemi politici occidentali. Ma la storia ha un senso dell’umorismo malvagio e ama le ironie di questo tipo. Questo sarebbe meno importante se ci fossero altre forze politiche sensate e organizzate in attesa di prendere il sopravvento. Ma il deserto politico di cui ho scritto in precedenza, dominato da partiti affiliati al PMC, incompetenti e disprezzati dai loro stessi elettori, non sembra destinato a produrre molte alternative. È improbabile che in qualsiasi momento della storia occidentale ci sia stata una classe politica meno capace di quella attuale, proprio mentre l’Occidente stesso affronta la sua più grande crisi dal 1945. Le conseguenze di questo disallineamento sono impossibili da conoscere per il momento, ma non saranno divertenti e potrebbero rivelarsi i risultati più significativi di tutto questo orrendo episodio.

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La nuova analisi del think-tank di West Point sull’evoluzione militare della Russia, di SIMPLICIUS THE THINKER

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La nuova analisi del think-tank di West Point sull’evoluzione militare della Russia

Il Modern War Institute di West Point – una sorta di think tank presieduto da Mark Esper e che fa parte del Department of Military Instruction – ha pubblicato un’interessante analisi approfondita delle innovazioni russe sul campo di battaglia dell’SMO, intitolata:

IL MODO RUSSO DI FARE LA GUERRA IN UCRAINA: UN APPROCCIO MILITARE CHE DURA DA NOVE DECENNI.

È abbastanza affascinante da fare un’analisi completa, perché gran parte dell’analisi conferma non solo molte cose di cui abbiamo discusso qui per mesi, ma anche che la Russia non solo si sta adattando ed evolvendo, ma probabilmente sta rivoluzionando la guerra moderna. E soprattutto, convalida le affermazioni da tempo sostenute dagli addetti ai lavori, secondo cui le attuali tattiche russe in prima linea, a volte mistificanti, sono scelte esattamente intenzionali, piuttosto che il prodotto disordinato di un comando malriuscito o privo di direzione.

L’articolo inizia con una nota di cautela su come le carenze o gli “errori” percepiti dalla Russia – come la ritirata di Kharkov, eccetera – siano stati eccessivamente semplificati in una falsa narrazione di forze armate deboli o in crisi. L’autore stabilisce immediatamente che la Russia è in realtà “in anticipo sui tempi” in termini di avanzamento strategico militare concettuale. Prosegue sviluppando la tesi che il campo di battaglia moderno si è trasformato in un campo di battaglia con unità disperse e frammentate, in cui le dense concentrazioni di truppe sono estremamente vulnerabili agli attacchi di precisione:

La capacità di individuare e colpire obiettivi a distanze sempre maggiori e con una precisione sempre maggiore aumenta la vulnerabilità delle concentrazioni di truppe dense e limita quindi la capacità di condurre operazioni sequenziali e concentrate su larga scala. Per questo motivo, al fine di migliorare la sopravvivenza, le attuali condizioni del campo di battaglia costringono le unità militari a disperdersi in formazioni più piccole, a trincerarsi o a entrambe le cose, a meno che queste condizioni non vengano contrastate efficacemente. Di conseguenza, il campo di battaglia tende a diventare più frammentato, offrendo un’azione più indipendente alle formazioni tattiche inferiori, poiché la profondità del fronte si sta espandendo in misura considerevole.
Ma vediamo di analizzare punto per punto le affermazioni che sottolineano la tesi di cui sopra.

Il primo punto dell’autore è che gli strateghi militari russi hanno in effetti previsto correttamente i progressi odierni sul campo di battaglia:Come dimostra un’analisi di decenni di storia, la strategia militare russa negli ultimi decenni ha previsto correttamente una serie di implicazioni dei progressi nelle armi e nelle tecnologie dei sensori che attualmente influenzano il carattere della guerra in Ucraina.
L’articolo invoca ripetutamente il famoso concetto russo di “arte operativa”, in gran parte sviluppato dalle teorie del comandante e teorico militare russo Georgy Isserson. In breve, l’arte operativa è semplicemente una dottrina che cerca di fondere o collegare gli sviluppi tattici locali agli obiettivi operativi più ampi della “strategia”. È una sorta di riorganizzazione mentale della battaglia in un quadro simile a quello degli scacchi, in cui i movimenti di ogni pedone rappresentano obiettivi generali più ampi piuttosto che semplici posizionamenti reattivi a livello tattico.Una delle ragioni di questo tipo di struttura è che, classicamente, la strategia e la tattica sono state insegnate come discipline separate a compartimenti stagni. I generali concentrano tutto il loro addestramento sullo sviluppo di ampi obiettivi strategici, sul movimento di grandi eserciti contro le forze di altri gruppi di eserciti altrettanto grandi e sulle teorie relative al modo in cui si influenzano a vicenda. E i comandanti di unità si concentrano solo sulle tattiche locali, su come portare il plotone o la compagnia a un determinato obiettivo o intrappolare un’unità nemica, ignorando completamente gli aspetti strategici o operativi perché non sono di competenza del comandante. Questo crea una sorta di forze armate disgiunte e compartimentate, in cui ogni tipo di pensiero è delegato al responsabile, ma le due cose non sono mai del tutto “collegate”.L’arte operativa cerca di colmarli insegnando un metodo di pensiero strategico che impiega simultaneamente i “fini e i mezzi”.Il livello operativo della guerra si colloca tra la tattica, che consiste nell’organizzazione e nell’impiego delle forze combattenti sul campo di battaglia o in prossimità di esso, e la strategia, che coinvolge gli aspetti delle operazioni di teatro a lungo termine e ad alto livello, e la leadership del governo. L’Unione Sovietica è stato il primo Paese a distinguere ufficialmente questo terzo livello di pensiero militare, quando è stato introdotto come parte della teoria militare delle operazioni profonde che le sue forze armate hanno sviluppato negli anni ’20 e ’30 e utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Alla luce di quanto detto, un ultimo buon modo per comprenderla è racchiuso in questa citazione:

L’arte operativa comprende quattro elementi essenziali: tempo, spazio, mezzi e scopo. Ogni elemento si trova in maggiore complessità a livello operativo che a livello tattico o strategico.
L’autore continua la sua prefazione con gli esempi di “battaglia profonda” e “operazioni profonde” sovietiche praticate nella Seconda Guerra Mondiale. In sintesi, queste operazioni utilizzavano una linea del fronte pesantemente stratificata, in cui le forze sovietiche attaccavano attraverso l’intera profondità operativa, al fine di facilitare gli sfondamenti che potevano essere sfruttati dai secondi livelli. Come afferma l’autore, “questo richiedeva un’enorme densità di truppe lungo una linea del fronte ininterrotta, a più livelli di profondità, e la struttura delle forze dell’Armata Rossa era organizzata di conseguenza”.

Tuttavia, il primo cambiamento è avvenuto con l’avvento delle armi nucleari:

Ciononostante, nel corso del tempo sono stati apportati degli adattamenti a questa strategia. Il primo grande cambiamento avvenne negli anni Cinquanta, in seguito alla consapevolezza che qualsiasi guerra convenzionale su larga scala avrebbe comportato l’impiego di armi nucleari. Ciò ebbe un impatto significativo sulla strategia militare sovietica e sulla successiva struttura delle forze militari, poiché aumentò la vulnerabilità della tradizionale concentrazione di forze necessaria per condurre operazioni in profondità. Le unità avrebbero avuto bisogno di una maggiore mobilità per aumentare la sopravvivenza. Le successive riforme di Zhukov miravano quindi a trasformare le più grandi e ingombranti divisioni meccanizzate e di fucilieri della Seconda Guerra Mondiale in divisioni di carri armati e di fucilieri a motore più piccole e più mobili.
Per il timore che concentrazioni massicce di truppe potessero essere spazzate via da bombe atomiche tattiche sul campo di battaglia, l’Armata Rossa cercò di trasformare la sua struttura di forze in organizzazioni più sciolte e mobili.

L’autore continua notando che negli anni ’70, la minaccia persistente costrinse i sovietici ad “abbandonare gradualmente le forze profondamente inquadrate e densamente ammassate”, “optando invece per distaccamenti tattici più dispiegati in avanti e gruppi di manovra a livello operativo”.

Uno dei cambiamenti chiave creati da questa nuova dottrina è stato quello di cambiare la velocità di avanzamento percepita. Il precedente metodo di avanzamento era percepito come un metodo che lasciava le forze vulnerabili al fuoco su larga scala, come le già citate bombe atomiche, quindi la nuova struttura organizzativa “più sciolta e mobile” era intesa a raggiungere un tasso di avanzamento più veloce, per mantenere le forze ammassate vulnerabili per un periodo di tempo più breve:

La necessaria concentrazione di forze per le operazioni offensive non doveva più essere ottenuta con formazioni ammassate, ma piuttosto con un rapido movimento da posizioni disperse e con il cambio di fuoco, aumentando l’importanza delle formazioni che operano in modo indipendente. Di conseguenza, secondo la visione sovietica, il campo di battaglia sarebbe diventato sempre più frammentato, offrendo una maggiore indipendenza d’azione ai comandanti delle formazioni di armi combinate.
Rileggete l’ultima parte evidenziata, perché non solo ha un ruolo centrale nel tema degli sviluppi della Russia, ma dovrebbe anche ricordarvi l’attuale filosofia operativa della Russia nell’OMU.

Ma ancora più importante è notare la singolare ammissione contenuta nella frase finale. Questo nuovo cambiamento dottrinale dà maggiore indipendenza d’azione ai comandanti russi delle formazioni di armi combinate. Questa è una notizia bomba che ripudia immediatamente tutte le attuali idee della propaganda occidentale sull’etica delle forze armate russe. Fin dall’inizio della SMO ci è stato detto quotidianamente che la Russia è un “comando dall’alto verso il basso, centralizzato in stile sovietico”, con una struttura di comando rigida e inflessibile e un corpo di sottufficiali che o non esiste affatto o è incapace di operare in modo indipendente.

Sono stato una delle poche voci che si sono opposte con veemenza a questa caratterizzazione del tutto pretestuosa. Ho ripetuto più volte che tutti gli indizi che indicano che le unità russe hanno una maggiore indipendenza operativa, flessibilità e iniziativa autonoma rispetto alle loro controparti occidentali, per chiunque le osservi da vicino e non si limiti a trarre le notizie dai titoli della CNN. Ma questo pezzo di West Point non fa altro che sottolineare questo fatto, illustrando come l’iniziativa delle piccole unità sia radicata nelle prerogative dottrinali della Russia.

Poi, l’autore invoca i concetti russi di guerra non lineare e di guerra senza contatto, facendoci prima ripercorrere la storia dello sviluppo da parte della NATO della dottrina Air-Land Battle, creata negli anni ’80 per rompere lo “stallo” percepito tra le forze sovietiche in un ipotetico scontro europeo. Per contrastarla, l’URSS sviluppò di conseguenza il famoso Complesso Ricognizione-Colpo e il Complesso Ricognizione-Fuoco (la sua controparte a livello tattico), di cui ho scritto qui:

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West’s ISR Overmatch?

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FEB 16
All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West's ISR Overmatch?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e noi siamo proprio in uno stato di tale transizione) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, così come della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.
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Per riassumere molto brevemente – e in modo eccessivamente semplificato – la dottrina della battaglia aereo-terrestre privilegiava fortemente le forze aeree della NATO e le capacità di attacco profondo per eliminare le linee secondarie e le “aree posteriori” del Patto di Varsavia. Si trattava della prima dottrina che ruotava intorno a colpi di precisione in profondità nelle retrovie, contribuendo così a cementare un nuovo paradigma di guerra.

L’autore prosegue affermando che i sovietici “cercarono di mitigare la distruttività di queste nuove capacità occidentali (attacchi in profondità della battaglia aereo-terrestre) disperdendo ulteriormente le forze sovietiche sul campo di battaglia, compresi gli elementi di supporto logistico, per renderle meno vulnerabili”.

In particolare, l’autore afferma una cosa che è un presagio per il conflitto odierno:

In questo modo, hanno riconosciuto che mantenere lo slancio e raggiungere la concentrazione necessaria prima della battaglia sarebbe diventato più difficile.
Tutto ciò è culminato nella “battaglia non lineare” sovietica, di cui l’autore scrive:

“Nel 1990, il tenente colonnello Lester Grau, dell’Ufficio Studi dell’Esercito Sovietico presso il Combined Arms Center dell’Esercito degli Stati Uniti, scrisse un rapporto sulle previsioni sovietiche sulla guerra futura, affermando:”

I sovietici considerano la battaglia non lineare come una battaglia in cui battaglioni e reggimenti/brigate separati “tatticamente indipendenti” combattono battaglie d’incontro e assicurano i loro fianchi per mezzo di ostacoli, fuoco a lungo raggio e tempo. . . . Le grandi unità, come le divisioni e gli eserciti, possono influenzare la battaglia attraverso l’impiego delle loro riserve e dei sistemi di attacco a lungo raggio, ma l’esito sarà deciso dalle azioni dei battaglioni e dei reggimenti/brigate di armi combinate che combattono separatamente su più assi a sostegno di un piano e di un obiettivo comuni. . . . Il combattimento tattico sarà ancora più distruttivo che in passato e sarà caratterizzato da combattimenti frammentati [ochagovyy] o non lineari. La linea del fronte scomparirà e termini come “zone di combattimento” sostituiranno i concetti obsoleti di FEBA, FLOT e FLET. Non esisteranno rifugi sicuri o “retrovie profonde”.

Quindi, questa dottrina prevedeva che battaglioni e reggimenti “tatticamente indipendenti” avrebbero combattuto essendo influenzati dalle formazioni classiche solo in modo ausiliario, con l’esito deciso da queste piccole unità e dalle loro operazioni indipendenti.

L’altra rivelazione più importante è che la classica linea del fronte di guerra cesserà letteralmente di esistere e sarà invece sostituita da “zone di combattimento”. Inizia a suonare familiare? Dovrebbe, perché assomiglia sempre di più all’attuale SMO, dove piccole unità disparate combattono per il controllo di “zone di combattimento” apparentemente scollegate tra loro, come il corridoio Kupyansk-Svatovo contro i combattimenti nel sud di Donetsk o Zaporozhye, ecc. O anche lungo fronti adiacenti, come le zone occidentali e orientali di Zaporozhye.

Poi, l’autore introduce il concetto di “guerra senza contatto”, premettendo che gli strateghi russi sono stati fortemente influenzati dalla distruzione dell’Iraq e della Jugoslavia da parte della NATO con intense campagne aeree, tanto da riconoscere la minaccia di un “attacco aerospaziale massiccio”.

Secondo il defunto Maggiore Generale Vladimir Slipchenko, probabilmente uno dei più influenti teorici militari russi degli ultimi decenni, l’Operazione Desert Storm fu la prima manifestazione di quella che Ogarkov aveva definito una “rivoluzione negli affari militari” – un riferimento al crescente uso di sistemi di attacco di precisione a lungo raggio nella guerra futura. Il concetto di guerra di sesta generazione, elaborato dallo stesso Slipchenko, indicava la computerizzazione della guerra e l’aumento dell’uso di armi a distanza. Il suo elemento più importante è stato quindi chiamato guerra senza contatto, in contrapposizione alla tradizionale guerra di contatto di quarta generazione.
Il punto di partenza di questi sviluppi è la frase seguente:

“Sottolineò che l’accresciuta capacità di trovare e colpire bersagli sia a maggiore velocità che a maggiore distanza, oggi definita catena di morte nei militari occidentali, avrebbe reso le tradizionali concentrazioni di massa di truppe un’impresa pericolosa”.

Inoltre, il teorico militare russo Slipchenko ha sottolineato l’idea precedente secondo cui tutti i concetti classici di un campo di battaglia sarebbero stati gradualmente cancellati a causa della natura imprevedibile e onnicomprensiva dei moderni sistemi di attacco:

Concetti fondamentali come “fronte”, “retro” e “linea avanzata” stanno cambiando. . . . . Sono ormai passati di moda e sono stati sostituiti da due sole frasi: “bersaglio” e “non bersaglio” per un attacco a distanza di alta precisione.
L’autore continua notando che il concetto di “battaglia in profondità” è stato sostituito da quello di “attacco in profondità” e che invece di schierare sul campo di battaglia formazioni enormi e stratificate per sfondare e distruggere le aree C2 posteriori, come i quartieri generali delle brigate e così via, si utilizzeranno a tale scopo gli attacchi in profondità. L’importante deduzione è che questo cambiamento non è dovuto semplicemente alla “convenienza” dei moderni sistemi di attacco in profondità, ma piuttosto al fatto che anche la creazione di concentrazioni locali di truppe sufficientemente grandi per ottenere i classici sfondamenti da “battaglia in profondità” non è più fattibile a causa della capacità dei moderni sistemi ISR (e delle relative dottrine in stile “recon-fire-complex” da entrambe le parti) di spazzare via catastroficamente tali concentrazioni.

L’autore continua sottolineando che una serie di moderni teorici militari russi come S.S. Bogdanov, il colonnello S.G. Chekinov, il colonnello generale Kartapolov e il generale Gerasimov hanno successivamente sottolineato e sviluppato queste teorie in concetti come “guerra di nuova generazione”. È interessante notare che di due dei teorici citati, Chekinov e Bogdanov, esiste un documento collegato intitolato

The Nature and Content of a New-Generation War.

Nel documento scrivono:

Nella Guerra del Golfo, scoppiata all’inizio degli anni ’90, l’esercito iracheno impiegò la sua obsoleta e inflessibile strategia di stallo posizionale, che non era all’altezza delle nuove forme e dei nuovi metodi di guerra utilizzati dagli Stati Uniti e dai loro alleati. La guerra del Golfo è stata una dimostrazione pratica della verità che la superiorità tecnologica nelle armi può annullare il vantaggio numerico del nemico in armi ormai obsolete. È stata la prima volta nella storia delle guerre che formidabili forze di terra, forti di mezzo milione di uomini, non hanno combattuto nel tentativo di vincere. Sono state dispiegate completamente solo negli ultimi giorni della guerra, quando l’esercito iracheno era ormai finito a causa di attacchi aerei e missilistici che si sono protratti per settimane. La prima guerra della nuova era high-tech è stata diversa da tutte le guerre che l’hanno preceduta per molti aspetti critici: non c’erano chiare linee di demarcazione tra le forze avversarie; i fianchi dei belligeranti erano esposti; i loro ordini di battaglia operativi presentavano ampi spazi non difesi, i loro elementi di combattimento erano separati da una distanza considerevole l’uno dall’altro; l’attaccante aveva una superiorità schiacciante ottenuta con armi ad alta tecnologia; le armi a lungo raggio e ad alta precisione sono state utilizzate su scala massiccia, in particolare in un momento in cui le forze della Coalizione stavano prendendo l’iniziativa strategica e conquistando l’assoluta superiorità aerea; le forze della Coalizione colpivano regolarmente e selettivamente gli obiettivi chiave delle forze nemiche, le strutture economiche vitali di importanza militare e i centri di controllo civili e militari, distruggendo i sistemi di supporto vitale in qualsiasi punto del territorio nemico per costringere il difensore a deporre le armi. Un’altra peculiarità della campagna contro l’Iraq è stata l’integrazione, per la prima volta in assoluto, delle forze di ricognizione, fuoco, elettronica e di guerra informativa di diverse branche e armi del servizio in un sistema condiviso di ricognizione e attacco spazialmente distribuito che ha fatto ampio uso delle moderne tecnologie informatiche e dei sistemi automatizzati di controllo delle truppe e delle armi”.
Prestate attenzione in particolare alla parte evidenziata sopra. Ciò che i teorici stanno dicendo è che la guerra del Golfo, ai loro occhi, non ha impiegato alcuna “formazione classica” simile a come immaginiamo che le guerre siano tipicamente combattute. Per usare un esempio esagerato, non si è trattato di una guerra di epoca napoleonica, in cui c’erano linee chiaramente definite tra i due eserciti, differenziazioni esatte tra unità destinate a difendere i fianchi e unità d’avanguardia all’assalto che si scontravano su una linea di contatto delineata. Invece, grazie all’avvento delle moderne integrazioni e dei sistemi di controllo network-centrici, le forze nemiche sono state distrutte in modi che non richiedevano nemmeno il dispiegamento di tali formazioni classiche.

Si potrebbe pensare che la Russia abbia fatto lo stesso contro l’Afghanistan, per esempio, ma si trattava di una guerra contro una guerriglia, non contro un Paese con un vero e proprio “esercito permanente”. Dopo tutto, la guerra in Afghanistan non è stata combattuta contro l’Afghanistan stesso, la Russia era dalla parte del governo afghano e si trovava lì su sua richiesta. Stavano combattendo i mujaheddin insorti. Nella guerra del Golfo, invece, la coalizione si è scontrata con le formazioni delle forze armate classiche di una potenza statale legittima.

Il documento militare russo contiene altre interessanti informazioni, come la seguente:

Una guerra di nuova generazione sarà dominata dall’informazione e dalla guerra psicologica, che cercherà di ottenere una superiorità nel controllo delle truppe e delle armi e di deprimere moralmente e psicologicamente il personale delle forze armate e la popolazione dell’avversario. Nella rivoluzione in corso nelle tecnologie dell’informazione, la guerra informativa e psicologica getterà in gran parte le basi per la vittoria.
Così come:

Si prevede anche che forme non tradizionali di lotta armata saranno utilizzate per provocare terremoti, tifoni e forti piogge di durata sufficiente a danneggiare l’economia e ad aggravare il clima socio-psicologico dei Paesi in guerra.
Torniamo al rapporto West Point.

L’autore osserva quanto segue:

Invece di combattere lungo migliaia di chilometri di linea del fronte ininterrotta, i pensatori militari russi immaginavano una guerra futura in cui la guerra di contatto lineare si sarebbe verificata solo in luoghi specifici, e il combattimento non lineare lungo la maggior parte del fronte, con effetti che sostituivano le concentrazioni di truppe al fine di stabilire uno sforzo principale.Insieme alla prospettiva di piccole guerre più comuni lungo la periferia della Russia, questi punti di vista hanno fortemente influenzato gli sforzi di riorganizzazione e modernizzazione russi, intrapresi sulla base della crescente necessità di formazioni tattiche più piccole, ad alta prontezza, in grado di agire in modo indipendente e di fare la guerra senza contatto.
La parola chiave è l’uso dell’oscuro termine “effetti” per indicare qualsiasi tipo di “attacco” cinetico, elettronico o addirittura non letale. Il punto è che la nuova dottrina russa elimina lo stile lineare di combattimento continuo della fanteria su un’ampia linea del fronte, ma lo sostituisce con forze di manovra più piccole che operano in luoghi chiave specificamente isolati, mentre il “combattimento” lungo il resto della linea del fronte è sostituito da vari tipi di capacità di “guerra senza contatto” come i colpi di artiglieria, la guerra EW, gli effetti psicologici, ecc. In breve, ciò significa che la linea del fronte può essere ampia in senso definitorio, ma solo i settori chiave vedrebbero l’attenzione operativa di gruppi con capacità di manovra che cercano di ottenere guadagni.

L’autore osserva inoltre che il conflitto ucraino è in realtà un “conflitto tra pari”, in quanto l’Occidente ha armato l’Ucraina con tutti i suoi sistemi più avanzati e con il C4ISR/ISTAR in tempo reale. Questo lo porta a fare il punto più critico dell’intero articolo, che io stesso ho già evidenziato molte volte:

Di conseguenza, questa è la prima guerra della storia in cui entrambe le parti sono in grado di colpire l’intera profondità tattica e operativa dell’avversario con un alto livello di precisione.
Rileggete e comprendete le implicazioni. Questa è la prima guerra nella storia in cui due moderne potenze di pari livello utilizzano sistemi moderni in grado di colpire l’una contro l’altra in tutta la profondità operativa. L’ovvia implicazione è che gli Stati Uniti non hanno mai combattuto una guerra del genere, né la NATO. Ricordiamo che a dirlo è il prestigioso istituto di West Point, non un “troll del Cremlino”.

Ciò significa che la Russia sta combattendo la guerra più complessa e difficile dell’era moderna. In effetti, questa guerra è il culmine e la collisione culminante delle due dottrine a lungo sostenute della NATO, la battaglia aereo-terrestre, e della Russia, il complesso ricognizione-attacco. Sono stati spesi decenni a teorizzare quale di questi sistemi contrapposti avrebbe vinto in un potenziale scontro tra giganti, e lo stiamo vedendo proprio qui e ora. L’unica differenza, ovviamente, è che la NATO non è (ancora) in grado di utilizzare i suoi strumenti più importanti, come l’intera flotta di caccia stealth, le armi stand-off e così via, ma ci sta lentamente arrivando con l’inclusione di elementi come gli Storm Shadows, gli HIMAR e i potenzialmente prossimi ATACM, GLSDB, F-16 e così via.

L’autore prosegue con un altro punto importante, non solo elogiando le capacità di attacco della Russia, ma delineando in modo perspicace come il conseguente cambiamento delle tattiche ucraine stia plasmando l’attuale campo di battaglia:

Dopo il fallimento dell’invasione iniziale, il periodo successivo dei combattimenti nel Donbas è stato inizialmente caratterizzato dal dominio russo negli incendi. Oltre alle munizioni di precisione, l’impiego di UAV per il rilevamento dei bersagli ha migliorato notevolmente l’efficacia dei numerosi sistemi di artiglieria russi. Le batterie di artiglieria russe che impiegavano gli UAV per il rilevamento dei bersagli si sono dimostrate generalmente in grado di impegnare le posizioni ucraine entro pochi minuti dal rilevamento. Di conseguenza, le compagnie di fanteria ucraine sono state costrette a disperdersi e spesso hanno occupato linee del fronte larghe fino a tre chilometri. Di conseguenza, i battaglioni hanno coperto fronti che tradizionalmente sono di competenza delle brigate. La superiorità dell’artiglieria russa e la densità dei sensori hanno persino impedito agli ucraini di concentrarsi in unità superiori alle dimensioni della compagnia, perché qualsiasi cosa più grande sarebbe stata rilevata prematuramente e presa di mira efficacemente da lontano.
Ciò è più che mai pertinente in questo momento, poiché durante le recenti sortite di Zaporozhye, si dice che le forze ucraine abbiano attaccato in forze sempre più atomizzate ad ogni ondata successiva. Mentre la prima ondata li ha visti operare in gruppi a livello di compagnie e battaglioni, la seconda li ha visti ridursi in incursioni sempre più piccole con manovre solo a livello di plotone e compagnia.

Un altro punto importante è che la sicurezza sul campo di battaglia si trova ora solo nella mobilità. Ricordiamo che questo si ricollega all’idea iniziale delle “Riforme di Zhukov”, in cui la dottrina sovietica si è spostata verso organizzazioni più piccole e mobili per creare avanzamenti tattici più “veloci”, in modo da limitare la quantità di tempo esposto trascorso in posizioni di vulnerabilità al fuoco a lungo raggio e agli attacchi operativi di profondità.

Esempio qui sotto, paracadutisti russi del VDV che assaltano le posizioni dell’AFU a Kremennaya, sfruttando la mobilità fulminea dei BTR-D per portare una compagnia di uomini in copertura per l’assalto:

Ogni volta che si conduce una manovra offensiva o difensiva, la sicurezza si trova nella mobilità, con periodi di concentrazione il più possibile brevi. Ciò è stato dimostrato durante l’offensiva ucraina di Kharkiv, in cui le truppe ucraine si sono affidate alla velocità e alla sorpresa, utilizzando unità di ricognizione poco armate e in rapido movimento, mentre la densità delle truppe russe era relativamente bassa. Quando grandi formazioni rimangono statiche e concentrate, diventano facilmente bersaglio. Questo è stato dimostrato durante il fallito attraversamento russo del Siverskyi Donets l’11 maggio 2022, quando elementi significativi di una brigata russa di fucili motorizzati sono stati individuati e distrutti grazie alla ricognizione aerea e all’artiglieria.
E questo è vero: abbiamo diversi dati, tra cui recenti interviste a truppe dell’AFU, che sottolineano come i Leopard fossero dei bersagli facili e che, ironicamente, trovassero maggiore sicurezza nei MRAP, che si muovevano velocemente e che potevano portarli attraverso i campi fino al successivo punto di copertura molto più rapidamente.

È ormai assodato da tempo, fin dall’epoca dell’offensiva di Kharkov, che la tattica dell’Ucraina è la seguente: trascorre diverse settimane, o addirittura mesi, per far precipitare lentamente le truppe in un’area di sosta, facendole entrare molto gradualmente, in uniformi e veicoli civili, e solo con la copertura dell’oscurità. Ogni notte ci possono essere auto civili con poche decine di truppe che entrano in un posto come Mala Tokmachka. Lo stesso vale per l’armatura, che viene mantenuta molto distribuita in una vasta gamma di villaggi nella regione generale, portata di notte sotto i teloni un pezzo alla volta e accumulata per un lungo periodo di tempo.

Poi, man mano che si avvicina il momento dell’offensiva, le truppe ricevono gli ordini di battaglia mentre vivono e operano ancora come “civili” in quest’area posteriore, protetti da una prima linea di altre forze a 20-40 km di distanza. Quando mancano pochi giorni o una settimana all’offensiva, le truppe iniziano a ricevere le uniformi e l’armatura si consolida. Lo sappiamo dalle fughe di notizie e dalle comunicazioni intercettate, per esempio dalla recente offensiva di Zaporozhye, dove le intercettazioni hanno mostrato che le principali brigate d’avanguardia, come la 47ª, la 33ª, eccetera, ricevevano le uniformi e i documenti solo giorni prima dell’assalto.

E solo al momento dell’attacco i comandanti di brigata danno il via libera finale al consolidamento completo in compagnie che possono muoversi al calar delle tenebre. Questo è il tipo di operazioni clandestine, distribuite e non lineari che sono diventate la caratteristica del campo di battaglia moderno. Ho già detto più volte che il dottor Philip Karber, sempre a Westpoint, ha riconosciuto che gli Stati Uniti si troverebbero in una posizione molto sfavorevole in un campo di battaglia di questo tipo, dato che queste tattiche di “distribuzione” e occultamento non funzionerebbero per le unità dell’esercito americano, il cui “inquinamento del segnale” è di molti ordini di grandezza superiore a quello di qualsiasi altro Paese del mondo. Ciò significa che tutti i posti di comando posteriori, le aree C2, ecc. si illuminerebbero come alberi di Natale sui sensori SIGINT/ELINT. I droni russi tracciano gli ucraini grazie ai deboli segnali delle loro schede telefoniche, immaginate un quartier generale di un battaglione statunitense con una propria rete di router wifi 5G.

Una delle diapositive della presentazione del dottor Karber a West Point.
Per continuare, l’autore nota anche che le forze russe si sono notevolmente adattate a questo campo di battaglia moderno, con le forze di artiglieria in particolare che sono diventate “altamente reattive… e meno vulnerabili al fuoco di controbatteria”. Si fa riferimento a come anche gli attacchi HIMAR siano stati in gran parte neutralizzati dall’EW russa, mentre l’infrastruttura C2 è diventata più resistente a tali attacchi in generale grazie a una migliore distribuzione, Opsec, ecc.Le forze russe, inoltre, impiegano raramente i blindati e la fanteria in assalti concentrati e nella difesa occupano posizioni disperse, mentre ricorrono sempre più spesso all’artiglieria per smussare gli attacchi ucraini.
L’autore conclude il trattato con la conclusione che l’attuale disposizione sul campo di battaglia è il culmine di decenni di sviluppi russi e di comprensione del fatto che le grandi concentrazioni di truppe sono estremamente vulnerabili nell’era moderna. Egli conclude che ci sono solo due modi possibili per contrastare queste vulnerabilità e uscire dallo stallo intrinseco:Il primo consiste nel migliorare l’efficacia dei propri complessi di ricognizione-incendio e ricognizione-attacco, al fine di degradare le capacità di attacco in profondità dell’avversario. Il secondo consiste nel disperdere le formazioni sul campo di battaglia per aumentare la sopravvivenza.
Quindi, sia la Russia che l’Ucraina stanno facendo quanto sopra. Entrambe stanno migliorando il loro fuoco di ricognizione in molti modi, nel caso dell’Ucraina si tratta della fornitura aggiuntiva di sistemi ISR occidentali, come la costellazione finlandese di satelliti SAR ICEYE, annunciata di recente e fornita all’Ucraina. E chiaramente, entrambi stanno disperdendo le loro formazioni. Anzi, per certi versi si può azzardare che l’Ucraina lo stia facendo ancora di più, o meglio, della Russia, semplicemente per necessità.Ma l’autore ci lascia con un ultimo punto molto importante:Tuttavia, le attuali condizioni del campo di battaglia aggiungono la difficoltà di raggiungere la concentrazione di forze necessaria per stabilire gli sforzi principali durante le operazioni offensive. Questo riduce gli impegni su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che un tradizionale ammassamento fisico delle truppe. A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per il comando e il controllo, soprattutto se contestato dalla guerra elettronica. Solo interrompendo la catena di morte dell’avversario, le formazioni più grandi possono riacquistare la capacità di concentrarsi e di impegnarsi in una guerra di manovra. Durante la guerra in Ucraina, la superiorità nell’efficacia della catena di morte è diventata uno degli obiettivi principali per entrambe le parti. In questa guerra e in qualsiasi altra caratterizzata dalle stesse dinamiche, questa superiorità diventa una condizione essenziale per la vittoria.
Per i non addetti ai lavori potrebbe sembrare un’insalata di parole, ma permettetemi di scomporla perché converge con un punto conclusivo che io stesso ho esposto qualche tempo fa su come sia possibile superare il temuto stallo moderno.

In primo luogo, ribadisce un’ultima volta l’ovvio: raggiungere la concentrazione di forze necessaria per fare breccia è quasi impossibile, perché grandi gruppi di unità sono troppo vulnerabili all’annientamento istantaneo da parte di inarrestabili sistemi di precisione a lungo raggio. Proprio la settimana scorsa è circolata la voce che un comandante ceceno, che aveva tenuto un “discorso entusiasmante” a un folto gruppo di truppe, sia stato visitato dalla fata HIMAR nel giro di pochi istanti.

Il fatto è che i piccoli droni moderni sono quasi invisibili ai radar. Lo ha ammesso lo stesso Putin nei colloqui della scorsa settimana, quando gli è stato chiesto di parlare degli attacchi dei droni al Cremlino e di come poterli fermare. Ha detto che la Russia sta facendo degli aggiustamenti al riguardo, ma che è difficile perché i piccoli droni moderni, in particolare quelli fatti di legno e altri materiali economici/sottili, sono praticamente “trasparenti” per quanto riguarda le onde radar. Avete mai notato che la parte anteriore del cono nasale di un caccia è fatta di un materiale diverso dal metallo più duro del resto dell’aereo?

Questo perché le onde radar passano semplicemente attraverso il cono nasale come se non ci fosse, perché i materiali più leggeri sono piuttosto porosi alle onde radar. Il punto è che non c’è modo di aggirare il fatto che i piccoli droni vi ronzeranno e vi osserveranno in ogni momento, a prescindere dalla grandezza della vostra “superpotenza”, e qualsiasi concentrazione di truppe che esponete stupidamente sul campo sarà rapidamente bombardata da un nemico competente.

Ma il punto chiave è la frase successiva, che incollo di nuovo:

Questo riduce gli impegni su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che un tradizionale ammassamento fisico di truppe. A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per il comando e il controllo, soprattutto se contestato dalla guerra elettronica.

Questo è il punto cruciale: per aggirare questa situazione di stallo, l’unico modo è creare un comando e controllo altamente efficiente, fluido e ben addestrato, in grado di coordinare con grande competenza le varie unità e i vari “effetti” (EW, fuoco, psico/ibrido, ecc.) in modo potentemente sincronizzato, in modo da consentire alle unità di terra che avanzano di perforare e sfondare le linee del nemico grazie agli altri sistemi coordinati che identificano e sopprimono le strutture difensive chiave, le batterie, ecc.

In breve, è necessaria una capacità di armi combinate a spettro completo in cui l’aviazione, l’artiglieria divisionale, le truppe di segnalazione/guida e il comando inferiore operino tutti in una sincronizzazione fluida per avanzare insieme. Se ricordate, questo è stato esattamente il punto principale su cui mi sono soffermato per spiegare perché la prima grande incursione dei Leopard/Bradley dell’AFU è fallita nei campi minati, e come non siano stati in grado di sincronizzare tutti gli elementi necessari per sopprimere le difese russe (artiglieria, ATGM, riporti di mine, ecc.), il che ha causato un’azione a singhiozzo. ), il che ha causato un’avanzata a scatti che a volte ha visto i convogli di corazzati dell’AFU doversi “fermare e aspettare” sul posto per lunghi periodi di tempo mentre i loro esploratori avanzati o le squadre ISR dei droni trasmettevano lentamente le coordinate ai gruppi di fuoco nel tentativo di sopprimere le difese abbastanza da permettere al gruppo di corazzati di avanzare senza essere distrutto all’istante.

Il problema è che la Russia ha ancora problemi con questo tipo di integrazione. Può essere migliore di quella dell’Ucraina, e sta migliorando di giorno in giorno, con alcuni settori e accoppiamenti di unità/comandi di teatro che vanno meglio di altri. Ma ci sono stati casi in passato, in particolare durante l’offensiva di Kharkov dell’anno scorso, in cui abbondavano le storie dell’orrore sulla mancanza di comunicazione/coordinamento tra i gruppi aerei russi e le forze di terra, ad esempio con i piloti dei Su-25 che cercavano disperatamente di chiamare le truppe a terra con i loro cellulari per capire chi bombardare.

Ci si potrebbe chiedere come sia possibile, quando l’intero scopo di questo articolo è quello di mostrare i decenni di genialità militare della Russia nel teorizzare queste stesse soluzioni. Il problema sta nel fatto che una cosa è teorizzare tutto questo e una cosa completamente diversa è introdurlo senza problemi nelle strutture di comando e, soprattutto, addestrarlo e inculcarlo in ogni truppa e unità. Quindi, mentre questi sistemi sono stati sviluppati sulla carta, la loro effettiva implementazione rimane frammentaria, ma è in continuo miglioramento.

Una delle altre ragioni della disomogeneità ha a che fare con l’equipaggiamento tecnico stesso – o con la sua mancanza – piuttosto che con l’addestramento del personale. Uno dei limiti principali delle forze armate russe sono i sistemi di comunicazione. Alcuni di essi sono obsoleti e non sono all’altezza dei moderni standard di collegamento digitale. Tutti abbiamo sentito parlare del famigerato scandalo delle radio cinesi Baofeng da 20 dollari. Ma ricordate: la parola chiave è “alcuni”.

Ciò causa ovvi problemi nel coordinamento di operazioni su larga scala. Ancora una volta: si tratta di una scala progressiva, non binaria. La Russia ha alcuni problemi in questa categoria, ma è ancora una delle forze armate più potenti al mondo da questo punto di vista. La maggior parte dei Paesi della NATO ha problemi ancora peggiori, come la storia recentemente raccontata delle unità di carri armati tedeschi che non riuscivano nemmeno a comunicare, con i comandanti costretti ad aprire i portelloni e a gridare indicazioni ai carri armati adiacenti perché le loro apparecchiature di comunicazione erano così scarse.

È semplicemente qualcosa su cui la Russia deve ancora lavorare, come ha riconosciuto lo stesso Putin durante la recente tavola rotonda in cui ha elencato i “sistemi di comunicazione” tra i droni e le munizioni guidate tra le cose trovate “carenti” durante la SMO.

Ma come ho illustrato in dettaglio nel precedente articolo sull’ISR, la Russia sta rapidamente migliorando anche in questo senso, poiché sta introducendo una grande varietà di sistemi di integrazione del campo di battaglia incentrati sulla rete, come lo Strelets-M, l’Andromeda-D, il Planshet-M e molti altri, che danno ai comandanti la possibilità di trasmettere istantaneamente le coordinate dei bersagli nemici a qualsiasi tipo di unità sul campo di battaglia, sia essa una batteria di artiglieria o persino un cacciabombardiere come il Su-34 con un sistema corrispondente.

Questi sono esattamente i tipi di sistemi richiesti per ottenere il coordinamento necessario a superare l’impasse insito nella moderna guerra ISR-heavy. Se ogni singola unità sul campo di battaglia fosse completamente integrata tra loro, dove un solo clic di un dito può promuovere obiettivi sugli schermi di ogni altra unità nel teatro, allora l’avanzamento e la svolta sarebbero semplici. Tenete presente che anche l’Ucraina dispone di una serie di sistemi di questo tipo (di cui ho parlato a lungo nel mio articolo sull’ISR), come GIS Art, Nettle, Delta e altri ancora. Ma il problema è che sono per lo più incentrati sull’artiglieria e non sono del tutto diffusi, per non parlare del fatto che l’Ucraina non ha una vera e propria forza aerea di cui parlare, che è una componente critica di ciò di cui stiamo parlando.

In generale, l’esercito russo rimane “disomogeneo”, ma lo è anche quello di tutti gli altri eserciti del mondo, la maggior parte dei quali lo è ancora di più della Russia. Ci sono unità specializzate e d’élite all’interno dell’esercito russo che sono le più avanzate al mondo nei rispettivi MOS, persino di gran lunga superiori ai loro equivalenti americani (in particolare nel reparto EW, per esempio, dove persino gli Stati Uniti ammettono che la Russia è in vantaggio, come ho riassunto una volta dal loro rapporto interno di Fort Benning). Ma poi, dall’altra parte del teatro, la Russia avrà altre unità dello stesso tipo che utilizzano equipaggiamenti degli anni ’70 semplicemente perché gli ammodernamenti non hanno ancora fatto il loro corso in tutte le forze armate. La ragione di ciò, tra l’altro, è dovuta al fatto che questa guerra è il più grande impegno su scala per la Russia dalla Seconda Guerra Mondiale, il che significa che sta usando unità che non sono mai state pensate per essere risorse di prima linea, e quantità di truppe che non ha usato in 70 anni, il che richiede di attingere alle vecchie scorte per armare queste vaste quantità di truppe impreviste.

Lo si può vedere ovunque: ci sono unità di artiglieria con i più recenti 2S19M2 completamente automatizzati e computerizzati e poi ci sono ancora unità che si aggirano con i Gvozdika o addirittura con i cannoni D-20 dell’era della Seconda Guerra Mondiale. In tempo di pace, queste unità con equipaggiamenti vecchi sarebbero state tenute nelle retrovie solo a scopo di addestramento, mentre i distretti militari più pronti e in prima linea, come l’Ovest e il Sud, avrebbero avuto tutte le ultime novità.

T

Ciò significa che su alcuni fronti limitati, la Russia è in grado di eseguire l’intera misura delle evoluzioni teoriche delineate in questo articolo, mentre in altre aree subirà un relativo rallentamento e le unità presenti saranno probabilmente buone solo per mantenere una difesa statica.

Ma con la grande industrializzazione avviata dalla SMO, la Russia si sta modernizzando a un ritmo più veloce che mai. Lo si può vedere chiaramente anche guardando i video recenti dei soldati stessi: le loro uniformi e l’equipaggiamento generale sono molto migliorati rispetto all’inizio dell’SMO, dove si vedevano ancora molti reparti straccioni con elmetti/armature/camicie malridotte.

Quando la modernizzazione raggiungerà il punto critico di saturazione dei necessari sistemi di rete ad alta tecnologia, è chiaro che la Russia avrà voltato pagina e vedremo un esercito russo come nessun altro. I decenni di teorizzazione e di evoluzione delle dottrine convergeranno con il progresso tecnologico necessario per implementare con successo queste dottrine nella pratica. A quel punto, nessun altro esercito al mondo avrà sia la base dottrinale istituzionalizzata sia la tecnologia, l’equipaggiamento e l’esperienza per superare il grande enigma del campo di battaglia moderno.

https://simplicius76.substack.com/p/dissecting-west-point-think-tanks?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=129649191&isFreemail=false&utm_medium=email

IL MODO RUSSO DI FARE LA GUERRA IN UCRAINA: UN APPROCCIO MILITARE CHE DURA DA NOVE DECENNI

The Russian Way of War in Ukraine: A Military Approach Nine Decades in the Making

Il modo russo di fare la guerra in Ucraina: Un approccio militare che dura da nove decenni
Quando lo scorso settembre le forze ucraine hanno lanciato offensive sia nel nord-est che nel sud del Paese, riconquistando seimila chilometri quadrati di territorio occupato dai russi, si è rafforzata una narrativa sulla guerra in Ucraina che intrecciava una serie di fatti disparati in una storia concisa del conflitto: L’invasione iniziale della Russia è stata smorzata da una difesa ucraina efficace e vivace, dopodiché le forze ucraine hanno combinato agilità tattica, saggia pianificazione operativa e supporto materiale internazionale per infliggere agli avversari russi un numero impressionante di vittime e una persistente delusione sul campo di battaglia.

Tuttavia, ci sono caratteristiche della guerra – e delle prestazioni di entrambe le parti – che si perdono in questa narrazione semplificata. Tra queste c’è il fatto che, nonostante le numerose ed evidenti carenze mostrate nella pratica dalle forze militari russe, a livello concettuale esse sono in realtà in anticipo sui tempi. La storia di quasi un secolo di cultura strategica e di pensiero militare sovietico e russo lo dimostra chiaramente. Ancora più importante, l’esplorazione di questa storia del pensiero militare nel contesto della competizione di Mosca per il vantaggio con i suoi concorrenti e avversari occidentali mette in evidenza dinamiche che si evolvono in modo continuo, influenzando il carattere della guerra oggi e in futuro. In sostanza, studiando la storia delle idee che hanno plasmato i campi di battaglia di ieri, possiamo comprendere meglio quelli di oggi e concettualizzare e preparare quelli di domani.

Capire l’evoluzione della strategia militare russa

La previsione e la preveggenza sono concetti della strategia militare russa generalmente associati alla previsione del carattere della guerra futura, che si traduce poi in forme e metodi di guerra, come i concetti operativi, le strutture delle forze e le attrezzature militari necessarie. Come dimostra un’analisi di decenni di storia, la strategia militare russa negli ultimi decenni ha previsto correttamente una serie di implicazioni dei progressi nelle armi e nelle tecnologie dei sensori che attualmente influenzano il carattere della guerra in Ucraina.

La capacità di individuare e colpire bersagli a distanze sempre maggiori e con una precisione sempre maggiore aumenta la vulnerabilità di dense concentrazioni di truppe e limita quindi la capacità di condurre operazioni sequenziali e concentrate su larga scala. Per questo motivo, al fine di migliorare la sopravvivenza, le attuali condizioni del campo di battaglia costringono le unità militari a disperdersi in formazioni più piccole, a trincerarsi o a entrambe le cose, a meno che queste condizioni non vengano contrastate efficacemente. Di conseguenza, il campo di battaglia tende a diventare più frammentato, offrendo un’azione più indipendente alle formazioni tattiche inferiori, poiché la profondità del fronte si sta espandendo in misura considerevole.

Nel 1936, Georgii Isserson, uno dei principali architetti dell’arte operativa – lo sforzo di organizzare e allineare gli effetti delle azioni tattiche rispetto a obiettivi generali – nell’Unione Sovietica degli anni ’30, descrisse il valore della storia nel riconoscere gli sviluppi militari:

Ogni periodo storico è gravido di novità e mostra nuove tendenze e forme rudimentali.

Data la massima di Isserson, diventa particolarmente prezioso esaminare due concetti militari sovietici/russi – la guerra lineare (sul campo di battaglia frammentato) e la guerra senza contatto – che hanno avuto origine tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Entrambi questi concetti hanno avuto un impatto significativo sul pensiero militare russo contemporaneo riguardo alla condotta di una guerra convenzionale su larga scala. Nati principalmente dai progressi della tecnologia militare, sviluppati inizialmente negli anni ’80, questi concetti hanno ora finalmente raggiunto la maturità. Essi rafforzano una tendenza nella visione russa della guerra convenzionale su larga scala in atto dall’avvento delle armi nucleari. Un esame storico adeguatamente contestualizzato deve quindi iniziare all’indomani della Grande Guerra Patriottica dell’Unione Sovietica – la Seconda Guerra Mondiale – e proseguire attraverso la Guerra Fredda fino ai giorni nostri.

Battaglia profonda e operazioni profonde

La Grande Guerra Patriottica è considerata l’apice dell’arte operativa sovietica, le cui basi teoriche erano state gettate negli anni Venti e Trenta. I suoi due elementi primari, la battaglia profonda e l’operazione profonda, cercavano di attaccare le forze nemiche simultaneamente in tutta la loro profondità tattica e operativa, utilizzando l’artiglieria a lungo raggio, gli attacchi aerei e gli sbarchi aerei. L’obiettivo era quello di penetrare nella prima linea nemica e di seguirla con un potente secondo scaglione meccanizzato che sfruttasse lo sfondamento iniziale. Inutile dire che ciò richiedeva un’enorme densità di truppe lungo una linea del fronte ininterrotta, a più livelli di profondità, e la struttura delle forze dell’Armata Rossa era organizzata di conseguenza.

La strategia militare sovietica rimase incentrata su quella che fu chiamata strategia di distruzione per la maggior parte della Guerra Fredda, preparandosi a condurre operazioni offensive su larga scala durante il periodo iniziale della guerra. Tuttavia, nel corso del tempo sono stati apportati degli adattamenti a questa strategia. Il primo grande cambiamento avvenne negli anni Cinquanta, in seguito alla consapevolezza che qualsiasi guerra convenzionale su larga scala avrebbe comportato l’impiego di armi nucleari. Ciò ebbe un impatto significativo sulla strategia militare sovietica e sulla successiva struttura delle forze militari, poiché aumentò la vulnerabilità della tradizionale concentrazione di forze necessaria per condurre operazioni in profondità. Le unità avrebbero avuto bisogno di una maggiore mobilità per aumentare la sopravvivenza. Le successive riforme di Zhukov miravano quindi a trasformare le più grandi e ingombranti divisioni meccanizzate e di fucilieri della Seconda Guerra Mondiale in divisioni di carri armati e di fucilieri a motore più piccole e più mobili.

Questa minaccia persistente ha spinto i sovietici, alla fine degli anni ’70, ad abbandonare gradualmente le forze profondamente stratificate e densamente ammassate, optando invece per distaccamenti tattici più avanzati e gruppi di manovra di livello operativo. Questa forte posizione avanzata e la maggiore mobilità miravano a ridurre ulteriormente la vulnerabilità aumentando la velocità di avanzata delle forze sovietiche. La necessaria concentrazione di forze per le operazioni offensive non doveva più essere ottenuta con formazioni ammassate, ma piuttosto con un rapido movimento da posizioni disperse e con il cambio di fuoco, aumentando l’importanza delle formazioni operative indipendenti. Di conseguenza, secondo la visione sovietica, il campo di battaglia sarebbe diventato sempre più frammentato, offrendo maggiore indipendenza d’azione ai comandanti delle formazioni di armi combinate.

Guerra non lineare

Nel 1978, nell’ambito di un programma denominato Assault Breaker, la Defense Advanced Research Projects Agency degli Stati Uniti iniziò a lavorare su una serie di sistemi avanzati di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR), capacità di attacco a lungo raggio e munizioni a guida di precisione. Queste capacità di attacco profondo avrebbero consentito alle forze armate statunitensi di rilevare e ingaggiare obiettivi a distanze molto maggiori con un alto grado di precisione, mirando specificamente contro forze sovietiche di retroguardia fortemente concentrate prima che potessero unirsi alla battaglia. Ciò rappresentava una soluzione tecnologica per superare lo squilibrio di forze convenzionali tra la NATO e il Patto di Varsavia e costituiva una componente chiave del concetto generale di AirLand Battle degli Stati Uniti.

Il maresciallo Nikolai Ogarkov, all’epoca capo dello Stato Maggiore sovietico, dedicò molta attenzione a queste tecnologie emergenti, riconoscendone le importanti implicazioni per il carattere e la condotta della guerra convenzionale. Nel 1984 parlò addirittura dell’uso di macchine volanti senza pilota. I sovietici non tardarono a riconoscere il potenziale offensivo di questi sistemi d’arma. Riconoscendo il ritardo tecnologico dell’Unione Sovietica, Ogarkov divenne la forza trainante nello sviluppo di nuovi concetti e capacità per contrastare queste minacce emergenti, gettando in gran parte le basi dell’attuale strategia militare russa.

Le capacità che i sovietici cercarono di sviluppare divennero note come il complesso ricognizione-attacco e ricognizione-fuoco, che consentiva loro di attaccare preventivamente i sistemi occidentali di attacco profondo e di attacco in profondità. Il complesso ricognizione-attacco avrebbe utilizzato armi di alta precisione a lungo raggio, come missili balistici e da crociera, contro obiettivi di livello operativo e strategico. Il complesso ricognizione-fuoco era il suo equivalente a livello tattico, con l’utilizzo di artiglieria come obici e artiglieria a razzo, come parte di brigate e divisioni, sparando munizioni convenzionali e di precisione. Basato sulla ricognizione attiva attraverso sensori ISR avanzati, combinati con sistemi automatizzati di comando e controllo e di attacco di precisione a lungo raggio, l’obiettivo concettuale era quello di accelerare il processo tra rilevamento, decisione e distruzione dell’obiettivo. Il maggiore generale Ivan Vorobyev, uno dei contemporanei di Ogarkov, immaginava che questi sistemi operassero in una rete di mezzi di ricognizione, consentendo la distruzione degli obiettivi quasi in tempo reale.

Lo sviluppo del concetto sovietico cercò di mitigare la distruttività di queste nuove capacità occidentali disperdendo ulteriormente le forze sovietiche sul campo di battaglia, compresi gli elementi di supporto logistico, per renderle meno vulnerabili. In questo modo, riconoscevano che mantenere lo slancio e raggiungere la concentrazione necessaria prima della battaglia sarebbe diventato più difficile. Verso la fine della Guerra Fredda, questi sviluppi sono maturati in quella che i sovietici chiamavano battaglia non lineare. Nel 1990, il tenente colonnello Lester Grau, dell’Ufficio studi dell’esercito sovietico presso il Combined Arms Center dell’esercito statunitense, ha redatto un rapporto sulle previsioni sovietiche sulla guerra futura, affermando che:

I sovietici considerano la battaglia non lineare come una battaglia in cui battaglioni e reggimenti/brigate separati “tatticamente indipendenti” combattono battaglie di incontro e assicurano i loro fianchi per mezzo di ostacoli, fuoco a lungo raggio e tempo. . . . Le grandi unità, come le divisioni e gli eserciti, possono influenzare la battaglia attraverso l’impiego delle loro riserve e dei sistemi di attacco a lungo raggio, ma l’esito sarà deciso dalle azioni dei battaglioni e dei reggimenti/brigate di armi combinate che combattono separatamente su più assi a sostegno di un piano e di un obiettivo comuni. . . . Il combattimento tattico sarà ancora più distruttivo che in passato e sarà caratterizzato da combattimenti frammentati [ochagovyy] o non lineari. La linea del fronte scomparirà e termini come “zone di combattimento” sostituiranno i concetti obsoleti di FEBA, FLOT e FLET. Non esisteranno rifugi sicuri o “retrovie profonde”.

Guerra senza contatto

Queste nuove capacità di attacco di precisione della NATO e soprattutto degli Stati Uniti, inizialmente progettate contro i reparti successivi sovietici, sono state infine impiegate contro l’Iraq durante la prima guerra del Golfo nel 1991. Mentre la campagna aerea della coalizione si protrasse per trentanove giorni, l’offensiva di terra durò appena cento ore. Otto anni dopo, la campagna della NATO contro la Jugoslavia fu combattuta interamente senza dispiegare forze di terra. Entrambi i conflitti influenzarono fortemente la visione russa della guerra futura e determinarono i tipi di attacco da cui le forze russe dovevano essere in grado di difendersi, in particolare la minaccia di un attacco aerospaziale massiccio.

Secondo il defunto Maggiore Generale Vladimir Slipchenko, probabilmente uno dei più influenti teorici militari russi degli ultimi decenni, l’Operazione Desert Storm fu la prima manifestazione di quella che Ogarkov aveva definito una “rivoluzione negli affari militari” – un riferimento al crescente uso di sistemi di attacco di precisione a lungo raggio nella guerra futura. Il concetto di guerra di sesta generazione, elaborato dallo stesso Slipchenko, indicava la computerizzazione della guerra e l’aumento dell’uso di armi a distanza. Il suo elemento più importante era quindi la guerra senza contatto, in contrapposizione alla tradizionale guerra di contatto di quarta generazione.

Nella guerra futura, ha affermato Slipchenko, il ruolo della guerra a distanza senza contatto aumenterà, utilizzando sistemi di attacco a lungo raggio e munizioni a guida di precisione, diretti da capacità ISR e di comando e controllo potenziate e supportati da sistemi spaziali come i satelliti di sorveglianza, navigazione e comunicazione. Egli ha sottolineato che l’accresciuta capacità di trovare e colpire obiettivi sia a maggiore velocità che a maggiore distanza, oggi denominata “kill chain” nelle forze armate occidentali, renderebbe pericolose le tradizionali concentrazioni di massa di truppe.

Oltre all’impiego tattico, gli attacchi a distanza e senza contatto, come parte di complessi di ricognizione e attacco, verrebbero condotti anche a distanze operative e strategiche, mirando a obiettivi militari, economici e infrastrutturali, utilizzando missili da crociera, missili balistici e veicoli aerei senza pilota (UAV) armati, oltre alla tradizionale potenza aerea con munizioni di precisione. Di conseguenza, il campo di battaglia si espanderebbe e Slipchenko ha concluso che:

Concetti fondamentali come “fronte”, “retro” e “linea avanzata” stanno cambiando… . . Sono ormai superati e sostituiti da due sole frasi: “bersaglio” e “non bersaglio” per un attacco a distanza di alta precisione.

Di conseguenza, le battaglie profonde e le operazioni profonde sono state costantemente contrastate e sostituite dal concetto di attacco profondo. Poiché la Russia, all’epoca, era in ritardo di una generazione, Slipchenko sottolineò la necessità di sviluppare le proprie capacità belliche di sesta generazione.

Sviluppi recenti

Negli ultimi decenni, i concetti di guerra non lineare e senza contatto sono stati temi ricorrenti tra gli scrittori militari russi. I teorici di spicco S. S. Bogdanov, tenente generale in pensione, e il colonnello S. G. Chekinov concordavano sul fatto che, grazie ai progressi delle tecnologie informatiche, l’ingaggio a distanza dell’avversario con munizioni di precisione avrebbe costituito una parte significativa di quella che definivano la guerra di nuova generazione. Ciò implicava fianchi sempre più esposti, linee di fronte sempre più sfumate tra gli avversari e l’espansione del raggio d’azione ben oltre le prime linee. Allo stesso modo, il colonnello generale Kartapolov ha sottolineato il passaggio da operazioni su larga scala a colpi di precisione lungo il fronte e in profondità nel territorio avversario.

In diverse dichiarazioni recenti, lo stesso generale Valery Gerasimov, attuale capo dello Stato Maggiore russo, ha menzionato l’espansione della portata spaziale della guerra moderna, in cui aumentano sia l’uso che l’impatto delle armi di precisione. Ha dichiarato che i colpi a lungo raggio e senza contatto sono ora condotti in tutta la profondità del territorio nemico, utilizzando complessi di ricognizione-colpo e ricognizione-fuoco. Secondo Gerasimov, gli “ingaggi frontali di grandi formazioni di forze” che conducono “operazioni sequenziali e concentrate” sono sostituiti da formazioni disperse, mobili, ad armi combinate, collegate in un unico spazio di intelligence-informazione, che pone maggiori esigenze al comando e al controllo.

Sebbene gli sviluppi teorici non significhino necessariamente che i concetti vengano trasformati in dottrina e tradotti con successo nella pratica, entrambi i concetti hanno fortemente influenzato l’attuale pensiero militare russo e le forme e i metodi di guerra che esso prevede. Invece di combattere lungo migliaia di chilometri di linea del fronte ininterrotta, i pensatori militari russi hanno immaginato una guerra futura in cui la guerra di contatto lineare si sarebbe verificata solo in luoghi specifici e il combattimento non lineare lungo la maggior parte del fronte, con effetti che avrebbero sostituito le concentrazioni di truppe al fine di stabilire uno sforzo principale. Insieme alla prospettiva di piccole guerre più comuni lungo la periferia della Russia, questi punti di vista hanno fortemente influenzato gli sforzi russi di riorganizzazione e modernizzazione, intrapresi sulla base della crescente necessità di formazioni tattiche più piccole, ad alta prontezza, capaci di azioni indipendenti e di guerra senza contatto.

Nel 1999, Slipchenko affermava che la guerra senza contatto non era ancora completamente maturata. Da allora, tuttavia, la tecnologia che la rende possibile è finalmente diventata maggiorenne. Nel febbraio 2020, le forze turche hanno impiegato gli UAV e l’artiglieria contro le truppe siriane in un breve e netto combattimento, distruggendo decine di veicoli blindati a distanza di sicurezza. In una dimostrazione ancora più convincente, la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020 ha visto il dispiegamento su larga scala di UAV armati e munizioni vaganti impiegate con grande efficacia. La maggior parte delle vittime armene sono state inflitte dalle armi standoff azere, invece che dai tradizionali scontri ravvicinati, minando la capacità dell’Armenia di concentrare forze sufficienti per condurre contrattacchi ad armi combinate e infliggendo infine una sconfitta decisiva raramente vista nella guerra moderna.

La Russia stava osservando entrambi i casi, ma l’esercito russo aveva già dimostrato il suo complesso di ricognizione e fuoco con un’efficienza spaventosa. L’11 luglio 2014, vicino al villaggio ucraino di Zelenopillya, nel primo di molti attacchi di artiglieria transfrontalieri, un UAV russo ha individuato un’area di assembramento tattico ucraino all’interno del territorio ucraino. Il conseguente attacco di artiglieria, durato meno di tre minuti, ha ucciso oltre trenta soldati ucraini, ne ha feriti un altro centinaio e ha distrutto veicoli ed equipaggiamenti di due battaglioni. Da allora, le forze russe hanno continuato a migliorare le loro capacità di attacco di precisione e hanno ampliato i loro concetti con diverse altre varianti, tra cui l’attacco radioelettronico, mirato principalmente a disorganizzare il comando e il controllo dell’avversario e a ridurre l’efficacia della catena di uccisione del nemico.

Il campo di battaglia ucraino

Anche se non sempre viene presentata come tale, la guerra in Ucraina è, o almeno è diventata, un conflitto tra pari, in gran parte grazie all’entità del sostegno occidentale e soprattutto statunitense, che ha fornito all’Ucraina quantità significative di sistemi d’arma avanzati, per non parlare dell’intelligence sul campo di battaglia in tempo reale che aiuta a identificare gli obiettivi russi per i colpi di precisione a lungo raggio ucraini. Di conseguenza, questa è la prima guerra della storia in cui entrambe le parti sono in grado di colpire l’intera profondità tattica e operativa dell’avversario con un alto livello di precisione.

Dopo il fallimento dell’invasione iniziale, il periodo successivo dei combattimenti nel Donbas è stato inizialmente caratterizzato dal dominio russo negli incendi. Oltre alle munizioni di precisione, l’impiego di UAV per il rilevamento dei bersagli ha migliorato notevolmente l’efficacia dei numerosi sistemi di artiglieria russi. Le batterie di artiglieria russe che impiegavano gli UAV per il rilevamento dei bersagli si sono dimostrate generalmente in grado di impegnare le posizioni ucraine entro pochi minuti dal rilevamento. Di conseguenza, le compagnie di fanteria ucraine sono state costrette a disperdersi e spesso hanno occupato linee del fronte larghe fino a tre chilometri. Di conseguenza, i battaglioni hanno coperto fronti che tradizionalmente sono di competenza delle brigate. La superiorità dell’artiglieria russa e la densità dei sensori hanno persino impedito agli ucraini di concentrarsi in unità superiori alle dimensioni della compagnia, perché qualsiasi cosa più grande sarebbe stata rilevata prematuramente e presa di mira efficacemente da lontano.

Solo quando le forze ucraine sono riuscite a stabilire le proprie catene di morte efficaci, la loro artiglieria è stata in parte in grado di contrastare questo fenomeno, in particolare attraverso l’uso del sistema HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System), fornito dagli Stati Uniti e a sua volta derivato dal programma Assault Breaker. Prendendo di mira efficacemente le scorte di munizioni russe, gli ucraini hanno degradato costantemente la superiorità dell’artiglieria russa durante l’estate del 2022, costringendo la Russia a spostare i suoi centri di distribuzione logistica ferroviaria da cinquanta a cento miglia dietro il fronte. Anche i colpi di precisione a lungo raggio ucraini si sono dimostrati eccezionalmente efficaci nel distruggere i posti di comando russi. Sul fronte di Kherson, ad esempio, nell’arco di otto mesi, hanno distrutto diversi quartieri generali russi di alto livello, degradando la capacità della Russia di condurre operazioni su larga scala.

Ogni volta che si conduce una manovra offensiva o difensiva, la sicurezza si trova nella mobilità, con periodi di concentrazione il più possibile brevi. Ciò è stato dimostrato durante l’offensiva ucraina di Kharkiv, dove le truppe ucraine si sono affidate alla velocità e alla sorpresa, utilizzando unità di ricognizione poco armate e in rapido movimento, mentre la densità delle truppe russe era relativamente bassa. Quando grandi formazioni rimangono statiche e concentrate, diventano facilmente bersaglio. Questo è stato dimostrato durante il fallito attraversamento russo del Siverskyi Donets l’11 maggio 2022, quando elementi significativi di una brigata russa di fucili motorizzati sono stati individuati e distrutti grazie all’uso della ricognizione aerea e dell’artiglieria.

Attualmente, la densità delle truppe e l’intensità dei combattimenti variano notevolmente lungo il fronte. Ciò comporta fianchi aperti che devono essere protetti con altri mezzi. Nel frattempo, l’esercito russo si sta adattando e il suo complesso di ricognizione e fuoco continua ad evolversi, diventando altamente reattivo e con la sua artiglieria meno vulnerabile al fuoco di controbatteria. Le forze russe si affidano inoltre sempre più a munizioni di disturbo per il fuoco di controbatteria e utilizzano efficacemente la guerra elettronica per contrastare gli UAV ucraini. I colpi degli HIMARS ucraini sono anche parzialmente contrastati dalle difese aeree russe, mentre l’infrastruttura di comando e controllo russa è diventata molto più resistente. Le forze russe, inoltre, impiegano raramente i blindati e la fanteria in assalti concentrati e nella difesa di posizioni disperse, mentre ricorrono sempre più spesso all’artiglieria per smussare gli attacchi ucraini.

Implicazioni per la guerra in Ucraina e oltre

Stiamo assistendo alla maturazione delle capacità di attacco in profondità sviluppate negli anni Settanta e Ottanta. Come i teorici militari sovietici/russi hanno capito da tempo, questi progressi nella tecnologia delle armi e dei sensori, nel corso di diversi decenni, hanno reso estremamente vulnerabili le grandi concentrazioni di truppe. Inoltre, sebbene ciò non abbia portato all’eliminazione dal lessico militare di termini come FLOT (forward line of own troops), FLET (forward line of enemy troops) e FEBA (forward edge of battle area), gli obiettivi vengono ora colpiti lungo l’intera profondità del fronte e oltre. Questi teorici hanno anche riconosciuto fin dall’inizio che esistono due possibili soluzioni militari per contrastare questo fenomeno. La prima consiste nel migliorare l’efficacia dei propri complessi di ricognizione-incendio e ricognizione-attacco, al fine di degradare le capacità di attacco in profondità dell’avversario. Il secondo consiste nel disperdere le formazioni sul campo di battaglia per aumentare la sopravvivenza.

Tuttavia, le attuali condizioni del campo di battaglia aggiungono la difficoltà di raggiungere la concentrazione di forze necessaria per stabilire gli sforzi principali durante le operazioni offensive. Questo riduce gli ingaggi su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che un tradizionale ammassamento fisico delle truppe. A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per il comando e il controllo, soprattutto se contestato dalla guerra elettronica. Solo interrompendo la catena di morte dell’avversario, le formazioni più grandi possono riacquistare la capacità di concentrarsi e di impegnarsi in una guerra di manovra. Durante la guerra in Ucraina, la superiorità nell’efficacia della catena di morte è diventata uno degli obiettivi principali per entrambe le parti. In questa guerra e in qualsiasi altra caratterizzata dalle stesse dinamiche, questa superiorità diventa una condizione essenziale per la vittoria.

Il capitano Randy Noorman MA è un ufficiale dell’Esercito reale olandese e attualmente lavora come storico militare presso l’Istituto olandese di storia militare, parte dell’Accademia della difesa olandese.

Le opinioni espresse sono quelle dell’autore e non riflettono la posizione ufficiale dell’Accademia Militare degli Stati Uniti, del Dipartimento dell’Esercito o del Dipartimento della Difesa.

https://mwi.usma.edu/the-russian-way-of-war-in-ukraine-a-military-approach-nine-decades-in-the-making/

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AUTUNNI e PRIMAVERE, di Pierluigi Fagan

AUTUNNI e PRIMAVERE. Queste stagionalità sono usate, in varie culture, come metafore dei cicli vitali. Negli autunni la vita appassisce e si prepara al letargo, si riduce; nelle primavere rinasce, fiorisce. Vi sono primavere ed autunni della vita personale, della vita naturale, della vita sociale e del corso storico, della vita del pensiero.
La teoria di Darwin è conosciuta come teoria dell’evoluzione, ma Darwin non usò mai il termine “evoluzione” nella prima edizione dell’Origine (1859), come Marx non usò quasi mai il termine “capitalismo”. In entrambi i casi, interpreti successivi hanno coniato i concetti appiccicati poi come etichette alla loro teoria generale. Dobbiamo dedurre che questi pensatori non avessero capacità concettuale di sintesi o dobbiamo ipotizzare che le sintesi in seguito apposte fossero pertinenti e precise solo fino ad un certo punto?
Quanto a Darwin si tratta sicuramente del secondo caso. In realtà, Darwin voleva solo rispondere ad una domanda ben precisa: da dove provengono le nuove specie? Del resto, questo intento è ciò che fa il titolo della sua opera principale. Posta la domanda, Darwin risponde: le nuove specie vengono fuori da un complesso processo naturale. Risposta oggi per noi scontata, ma non lo era affatto ai suoi tempi. Ai suoi tempi (seconda metà del XIX secolo), l’immagine di mondo era strutturata sulla vigenza di verità dell’Antico testamento. Ma lasciamo da parte questa ricostruzione storica e continuiamo il discorso principale.
Qual è il processo naturale ipotizzato da Darwin per spiegare le fasi primaverili della vita ovvero quando si produce il molteplice plurale? L’inglese, del tutto ignaro esistesse il DNA ed i geni, la pensava così: in natura si produce continuamente varietà, le varietà vengono selezionate dalla natura stessa in base al loro essere adatte al contesto (ecologie naturali, vegetali ed animali, e clima), tali varietà più adatte si riproducono e diventano lo standard di una data epoca e di un certo luogo. Quando cambia il contesto, varietà prima adatte possono diventare non più adatte, nuove ne prendono il posto. Il processo è sempre dinamico, cambia sempre perché cambia sempre il contesto naturale.
In effetti, noi e la natura siamo su una palla per lo più di terra che gira intorno ad una stella. Ad essa ci avviciniamo e da essa ci allontaniamo, l’asse terrestre vacilla su sé stesso. Il tutto ha effetti sull’atmosfera e da qui il motore del cambiamento costante delle condizioni naturali; quindi, della vita che nel contesto si ambienta. Pensando a quanto si sono dannati l’anima a cercare il famoso “motore della storia” certi pensatori, vien da sorridere. Perché cercare un motore quasi che la situazione originaria sia una statica, quando la situazione del contesto in cui ambientiamo la vita è dinamico di sua natura? È un tipico caso, non certo l’unico, di disallineamento tra mondo ed immagine di mondo.
È un caso “tipico” nella cultura occidentale. In Cina, ad esempio, la più antica scrittura sapienziale (ovvero la più antica scrittura punto ovvero il più antico complesso di pensieri anticamente in forma orale), s’intitolava “Libro dei Mutamenti”. Pare che gli antichi cinesi avessero ben chiaro che il Tutto muta di continuo e cercarono di trovare buoni consigli per aiutarsi a capire in anticipo come mutasse per poi consigliare il da farsi. Altresì, la loro più antica scrittura storica, più o meno coeva dalla prima scrittura storica occidentale che avemmo con Erodoto, si chiamava “Annali delle Primavere ed Autunni”.
Se la vita è ambientata su un tapis roulant o se preferite un fiume o un vento o qualcosa che corre sempre e chissà dove va, ne consegue in via logica il problema dell’adattamento. Non vi vestite e non mangiate e non vivete in autunno come in primavera, no?
A differenza di Darwin, noi oggi sappiamo da dove viene questa incessante produzione di varietà vitale. Di recente, s’è trovato che sarebbero esistite delle molecole-stampo che riproducono le molecole tipo in certi processi chimici pre-biotici. Siamo cioè ancora nella chimica inorganica. Ad un certo punto, poco dopo che s’era formata la Terra, iniziano anche i processi organici e la riproduzione, pensiamo, venne guidata da molecole RNA e solo dopo un bel po’ da altre più complesse dette DNA. Sta il fatto che questo processo di copia+incolla non è sempre del tutto preciso, fa errori. È perché fa “errori” che vengono fuori le novità.
Curioso noi si chiami “errore” il meccanismo da cui dipende l’esistenza di tutta la vita. Del resto, il linguaggio riflette l’immagine di mondo, la nostra è gravata dall’ingegnerismo moderno ottocentesco ed è certo che in ingegneria un errore produce catastrofe. Peccato che tra vita ed ingegneria si sia in dominii del tutto diversi, come tra intelligenze naturali ed artificiali.
Ad ogni modo, l’elemento fondante l’esistenza della vita è la varietà, produzione incessante di varietà e novità, per l’ovvio motivo che se l’esistenza è ambientata in un flusso costante di cambiamento, ciò che va bene (è adatto) oggi, potrebbe non esserlo domani. Così, l’esistenza degli uomini, individuale e sociale, sembra una eterna corsa in perenne ritardo in cui noi cerchiamo una qualche forma di ordine che fermi il tempo, spazzata poi via dallo scorre del tempo che cambia il contesto in cui noi cerchiamo di fissare un ordine.
Darwin, come ogni pensatore, è da ambientare nella mentalità della sua epoca o geo-epoca poiché le caratteristiche storiche variano a seconda del tempo e della geografia. Trovò quindi idoneo chiamare il meccanismo che sceglie le varietà adatte “selezione naturale”. Immerso nella cultura anglosassone che dalla concezione della vita “solitary, poor, nasty, brutish and short” di Hobbes (Leviatano) passa al catastrofismo malthusiano (Malthus era centrale nella cultura della famiglia Darwin), corso che poi arriva alla definizione cardine di economia del barone L.C. Robbins, un economista inglese marginalista “L’economia è la scienza che studia la condotta umana nel momento in cui, data una graduatoria di obiettivi, si devono operare delle scelte su mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi.”, la cultura di questo popolo è ossessionata da scarsità, lotta per la sopravvivenza ed il predominio.
Segue documentario su National Geographic in cui qualche bestia divora e dilania un’altra bestia in maniera orripilante. In alternativa, qualche CEO di successo che ti spiega beffardo e compiaciuto del suo amaro realismo disincantato, ma anche un po’ sadico che o mangi o sei mangiato e quindi intanto corri, poi si vedrà. Poi magari l’intera vita si è sviluppata per simbiosi (la vita terrestre viene da cellule e le cellule si sono formate per aggregazione cooperativa di cose prima aliene le une alle altre), l’intero regno vegetale e dei funghi non si divora reciprocamente, molti animali sono vegetariani, molti altri sono sociali e si danno mutuo appoggio; tuttavia, non è questa l’immagine di mondo che piace agli anglosassoni. Se la vita fosse come la immaginano gli anglosassoni si sarebbe estinta da tempo.
In effetti, il concetto di selezione naturale, severo giudice che ne salva uno su un milione a seconda di quanto è cattivo, feroce ed egoista, andrebbe annegato nel più ampio concetto di vaglio adattivo ovvero va tutto più o meno bene secondo varietà (poi certo, ci sono qualità e qualità di pura esistenza ed assieme alla cooperazione c’è anche la competizione), salvo quelli che proprio non sono adatti o sfortunati (poiché certe volte è puramente questione di sfortuna, caso e contingenza visto la natura non l’ha creata un ingegnere).
Quindi, il senso della vita, non la mia o la tua, la vita come processo, è la varietà perché cosa è adatto oggi non è detto lo sia domani e del domani non v’è certezza, come diceva il poeta della giovinezza. La qualcosa vale anche per le società, i modi sociali, i modi economici, i sistemi di pensiero, le idee. Nelle fasi autunnali questa varietà si riduce, gli ordini si sclerotizzano, le immagini di mondo si fanno pensiero unico, dogmatico e prepotente, la varietà è bandita, ci si deve uniformare alla Verità che è -sempre- Una, la mente appassisce. Nelle fasi primaverili la varietà esplode, la diversità fiorisce, gli ordini diventano plastici alla ricerca di nuovi assetti, le immagini di mondo diventano “Cento scuole”, il giardino del pensiero diventa fertile e dinamico, così le idee, i pensatori di idee, le forme di vita associata, le verità tornano al loro statuto naturale che è relativo, relativo alla condizione, alla situazione, all’inquadratura, al luogo, al tempo, a ciò che funziona meglio in quel contesto che non è più quello di ieri e non è ancora quello di domani.
Dopodiché, in questa variata ecologia delle verità, a noi portatori di pensiero, rimane il gioco della discussione, del confronto, del dibattito, della dialettica, della verifica tra fatti e teorie, del cercar di convincerti del mio mentre tu provi a convincermi del tuo, del grande scontro-incontro tra immagini di mondo. Così è sempre stato e speriamo così sempre sarà.
Oggi, qui in Occidente, siamo nella fase autunnale (anche Braudel usò la metafora a proposito delle fasi finanziarie del capitalismo), ma prima o poi speriamo torni la primavera e come diceva il cinese “…che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero gareggino”. Ovvero: in tempi che cambiano profondamente e velocemente, pluralizza o perisci.

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Ucraina, il conflitto! 40a puntata Un massacro Con Stefano Orsi e Max Bonelli

Siamo ad oltre due settimane di una offensiva ucraina non dichiarata, ma dai costi sempre più drammatici in materiale e vite umane. Una realtà che il regime e la NATO faticano sempre più a nascondere dietro il velo della propaganda e di azioni ad effetto dallo scarso significato militare. Con esso è il mito stesso della invincibilità della NATO che inizia a incrinarsi. Un altro importante tassello nella caduta di credibilità e autorevolezza della narrazione occidentale. Gli Stati Uniti hanno perseguito la logica dello scontro e inibito ogni possibilità di soluzione diplomatica. I russi sanno di dover risolvere sul terreno le questioni poste nell’ottobre 2021. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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