LA SVOLTA STORICA DELLA FASE MULTICENTRICA di Luigi Longo

LA SVOLTA STORICA DELLA FASE MULTICENTRICA

di Luigi Longo

 

 

                                                        Quando leggo nel mio Plutarco le vite

                                                        degli uomini grandi mi viene a schifo

                                                        questo secolo parolajo.

Federico Schiller*

 

 

Ho trovato interessante la lettura dello scritto di Piero Pagliani Slittamento di paradigma, apparso in www.sinistreinrete.info del 18/2/23 e ripreso qui http://italiaeilmondo.com/2023/02/28/slittamento-di-paradigma-paradossi-nonsense-e-pericoli-di-una-svolta-storica-di-piero-pagliani/, perché stimola una serie di riflessioni da sviluppare e approfondire.

Le elenco, per comodità di sintesi, per punti, senza ordine di priorità.

 

Primo. La svolta storica rappresentata dalla decisione politica della Russia di abbandonare le relazioni, improntate soprattutto alla sfera economica, con l’Europa (a seguito di fatti irreversibili: il boicottaggio Usa-Nato al Nord Stream 1 e 2; la guerra alla Russia via Nato-Europa-Ucraina; le sanzioni alla Russia che si sono rilevate un boomerang contro la serva Europa; il ladrocinio degli attivi monetari detenuti all’estero dalla banca centrale russa; la trappola europea, tramite Francia e Germania, garanti degli accordi di Minsk; eccetera) e di lavorare in coordinamento e in cooperazione con la Cina, alla costruzione del polo asiatico allargato (con altre nazioni dell’Africa e dell’America Latina) in grado di sfidare l’egemonia assoluta degli Usa (in relativo declino) e proporre un nuovo modello di sviluppo e di relazioni sociali dentro la fase multicentrica (rimando alla letteratura ormai solida sulle forti potenzialità del polo in tutte le sfere sociali: economica, finanziaria, militare, scientifica, tecnologica, sociale, culturale, eccetera). Un polo asiatico, quello della Cina e della Russia, la cui costruzione è iniziata a partire dalla configurazione e dalla loro ascesa a potenze mondiali: una data simbolica può essere il 2011 con la distruzione della Libia e il tentativo mancato di demolire la Siria, da parte degli Usa, che ha significato la loro messa in discussione come unica potenza di coordinamento mondiale.

E’ utile ricordare, di passaggio, che la Russia, storicamente a fasi alterne, mantenendo un’autonomia dall’Occidente, ha avuto periodi di relazioni intense con l’Europa (si pensi, per esempio, al periodo di Pietro il Grande e di Caterina II, il XVIII secolo della cosiddetta europeizzazione o modernizzazione della nuova Russia).

 

Secondo. L’Europa, per ragioni storiche, non è mai esistita come soggetto politico con una propria autodeterminazione in grado di svolgere un ruolo di crocevia tra Oriente e Occidente, ricco di relazioni economiche, sociali, culturali, storiche, come sintesi di esperienze e peculiarità territoriali dei diversi popoli.

L’Unione europea, a partire dalla seconda guerra mondiale che sancisce l’egemonia statunitense nel mondo cosiddetto libero dell’Occidente, è stata un progetto Usa da utilizzare contro il cosiddetto mondo comunista egemonizzato dall’URSS. Oggi, dopo l’implosione dell’URSS, l’Unione europea non serve più ed è stata sostituita dal progetto Nato. E’ la Nato che detta l’agenda europea e tiene unite le diverse nazioni secondo le strategie statunitensi di conflitto contro le potenze in grado di sfidare il suo dominio assoluto.

Resta la domanda posta dallo storico Jacques Le Goff: quale Europa? Cioè come ri-costruire una Europa come sintesi altra delle nazioni autodeterminate senza la servitù volontaria verso gli Stati Uniti?

E’ tutto da studiare e capire bene, con senso critico, il processo di americanizzazione dei territori europei.

 

Terzo. La fase multicentrica non necessariamente deve sfociare nella terza guerra mondiale (la fase policentrica) ma può assestarsi, con un accordo di spartizione del mondo, tra le potenze mondiali così come storicamente è già avvenuto (Graham Allison). La spartizione del mondo tra le potenze egemoni (con le loro aree di influenza) è la logica conseguenza di un modello di sviluppo e dei relativi rapporti sociali basati sul potere e sul dominio e, questo, riguarda sia le potenze occidentali (alla faccia della cosiddetta democrazia!), sia le potenze orientali (alla faccia del cosiddetto comunismo!).

Pertanto si pone il problema della ricerca di un altro modello di sviluppo, di altri rapporti sociali a partire dai territori nazionali con le loro aggregazioni (aree, regioni, poli, altro) e del soggetto sessuato che si faccia carico di tale modello sociale di sensatezza della vita (individuale e sociale) a partire dalle peculiarità territoriali e storiche. Intendo il territorio come l’insieme delle relazioni dei processi di modi di produzione e riproduzione della vita umana sessuata e dei processi di produzione e riproduzione della vita della natura (animata ed inanimata). L’equilibrio/squilibrio tra i suddetti processi è dato prevalentemente dall’intervento dell’essere umano sessuato storicamente dato (ma queste sono questioni profonde da ri-costruire con autocoscienza critica sessuata, nella logica di un lavoro multidisciplinare).

 

Quarta. Le relazioni sociali sono fondate sul potere e sul dominio. Il potere si forma nelle diverse sfere della società (economica, politica, culturale, istituzionale, territoriale, eccetera) tramite l’accumulazione del denaro (inteso come rapporto sociale) con modalità diverse. Nelle fasi della società capitalistica (monocentrica, multicentrica, policentrica) le sfere sociali assumono peso e valenza specifica ed esprimono i loro agenti strategici (Gianfranco La Grassa) che vanno a costituire quelli egemonici che praticano il dominio (inteso in senso gramsciano) dell’intera società. Dominio che viene realizzato ed esercitato attraverso lo strumento dello Stato con le sue articolazioni territoriali dove i suddetti agenti strategici egemonici producono, gestiscono ed eseguono le proprie strategie.

 

Quinta. La pericolosità degli Usa è data dal fatto che, per la loro storia, non accettano una condivisione del dominio mondiale con altre potenze. Il suo dominio è assoluto, essi hanno “una missione speciale” da compiere e sono pertanto l’unica “nazione indispensabile” al mondo (Costanzo Preve) e per questo impongono un modello sociale a loro immagine e somiglianza. La potenza imperiale americana nella rappresentazione formale che fa di se stessa, ha la guerra come forma privilegiata, se non addirittura unica, di attestazione della sua esistenza. (Alain Badiou).

Al contrario, la Russia e la Cina, che sono per un mondo multicentrico a partire dalla affermazione della propria sovranità, hanno un diverso approccio per l’uso della guerra; per esempio, mentre per gli occidentali [gli Usa] la guerra inizia quando la politica si ferma, [al contrario, per i russi] la guerra in Ucraina segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare in modo fluido dall’una all’altra, anche nel corso dei combattimenti. Questo crea pressione sull’avversario e lo spinge a negoziare (Jacques Baud); e per la modalità delle relazioni tra nazioni (basti pensare al funzionamento dell’aggregato geoeconomico BRICS, BRICS+; al coordinamento dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, SCO; alla cooperazione dell’Unione Economica Euroasiatica, UEE; eccetera): “trattano i Paesi come soggetti legittimi, con esigenze e aspirazioni legittime” (Piero Pagliani).

Per queste ragioni bisogna ritenere la potenza Usa pericolosa per il mondo intero e pertanto ogni sforzo va fatto per piegarla verso un mondo multicentrico.

 

Sesta. La crisi della potenza egemone di coordinamento mondiale, gli Usa, è una crisi di declino irreversibile che riguarda soprattutto l’Occidente per la penetrazione nei territori del loro modello di sviluppo e dei relativi rapporti sociali. Gli Stati Uniti appaiono, nel mondo di oggi, una realtà onnipresente: non solo essi sono una delle superpotenze da cui dipende l’avvenire dell’umanità (e, invero, data la terrificante capacità distruttiva delle armi moderne, la sua stessa esistenza), ma le teorie scientifiche, i processi tecnologici, i condizionamenti culturali, i modelli di comportamento penetrano, per il bene come per il male, tutta la nostra vita, influenzandola assai più di quanto comunemente non appaia (Raimondo Luraghi).

Quindi non è solo la crisi degli Usa ma è una crisi di civiltà dell’Occidente che si evidenzia con maggiore decisione nella fase multicentrica (una crisi d’epoca, di passaggio verso nuovi equilibri mondiali e nuovi modelli economici e sociali). Una crisi che evidenzia il nichilismo occidentale della ricerca del post-umano (intelligenza artificiale, rivoluzione digitale, robotizzazione, recisioni delle radici umane e naturali, eccetera) e non riesce ad esprimere una nuova idea di sviluppo economico e sociale tendente al benessere individuale e sociale. La civiltà ha bisogno di ben altro progresso, di ben altra scienza (vanno ripensati sia la sua produzione sia i suoi obiettivi, tenendo presente la sua non neutralità: abbiamo raschiato il fondo facendo passare per scienza la produzione dei falsi vaccini per combattere la malattia da covid-19 scaturita da un virus Sars-Cov-2 di origine artificiale usato per una guerra batteriologica prevalentemente statunitense) che aiutino a produrre sensatezza individuale e sociale affrontando i bisogni fondamentali della produzione e riproduzione della vita, innervando e rispettando le leggi della natura (di cui non sappiamo molto!).

 

Settima. Quale strumento (Antonio Gramsci, Massimo Bontempelli e Costanzo Preve), quale forza nuova (Gianfranco La Grassa) occorre per ridare senso e slancio ad un lavoro collettivo? È chiaro che non siamo più in grado di svolgere, né tanto meno di fare, sintesi politica dei diversi saperi multidisciplinari che interpretano la realtà. Il livello dell’attuale degrado culturale è elevato in confronto ad altre crisi d’epoca, basti osservare come si fa ricerca nelle Università, diventate luoghi istituzionali di ricerca di finanziamenti, di denaro per i propri particolari poteri e non luogo di ricerca per capire, comprendere, interpretare e cambiare la realtà per migliorarla. Questo deve far riflettere sulla deriva delle relazioni umane individuali e sociali anche in termini di intelligenza collettiva; se penso alle crisi d’epoca delle due guerre mondiali (la lunga fase policentrica) dove la maggioranza della popolazione aveva una intelligenza derivata dalla pratica (che è già teoria e prassi) e dalla volontà di dare sensatezza alla vita, dove il sapere popolare era uno strumento importante nei rapporti sociali storicamente dati.

 

Ottava. Che fare? Intanto bisogna a) pensare ad una articolazione sessuata dell’intellettuale collettivo (in tutto il mondo siamo sempre in due), b) ri-prendere un processo di autocoscienza critica del partire da sé (Carla Lonzi, Luce Irigaray, Luisa Muraro) in tutte le relazioni individuali e sociali e, qui, noi uomini dobbiamo andare a lezione dal pensiero femminile (soprattutto quello di derivazione marxiana). Noi uomini (a prescindere dai rapporti di potere), con il nostro ordine simbolico della società cosiddetta capitalistica, abbiamo, parafrasando Luigi Pirandello, troppe maschere e non siamo più in grado di mostrare i volti.

 

 

* L’epigrafe è tratta da Federico Schiller, La congiura del Fiesco- I Masnadieri, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1924, pag. 132.

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