Mali: un colpo di stato che potrebbe innescare un processo di pace, di Bernard Lugan

Contrariamente alle analisi superficiali della sottocultura mediatica-africanista, il colpo di stato appena compiuto in Mali potrebbe infatti, se fosse “gestito” bene, avere effetti positivi sulla situazione regionale. In un certo senso, segna il ritorno alla situazione che era all’origine dell’intervento Serval nel gennaio 2013 quando le forze del leader tuareg Iyad ag Ghali hanno marciato su Bamako dove erano attese dai sostenitori dell’imam Fulani. Mahmoud Dicko.
La questione che allora si poneva per François Hollande era semplice: era possibile consentire a una rivendicazione nazionalista Tuareg basata su una corrente islamista di fiorire oltre ai centri regionali di destabilizzazione situati nel nord della Nigeria con Boko Haram, nel regione del Sahara settentrionale occidentale con AQIM e nell’area del confine algerino-marocchino-mauritano con il Polisario ?
L’errore francese fu quindi quello di non condizionare la riconquista di Gao, Timbuktu e del Mali settentrionale da parte di Serval, al riconoscimento da parte di Bamako di una nuova organizzazione costituzionale e territoriale in modo che i Tuareg e i Peul non fossero più automaticamente esclusi dal gioco politico attraverso la democrazia che è diventato una semplice etno-matematica elettorale. La ferita etnica alla base del problema [1] e che era stata superinfettata dagli islamisti di Aqmi-Al-Qaeda non essendo stata curata, la guerra si è poi estesa a tutta la regione, dilagando nel Burkina Faso e il Niger.
Quindi, dal 2018-2019, l’intrusione di DAECH attraverso l’EIGS (Stato islamico nel Grande Sahara) ha portato a un conflitto aperto tra l’EIGS ei gruppi etno-islamisti che affermano di far parte del movimento di Al-Qaeda, gli EIGS li accusano di privilegiare l’etnia a spese del califfato.
Infatti, i due principali leader etno-regionali della nebulosa di Al-Qaeda, vale a dire il Touareg ifora Iyad Ag Ghali e il Peul Ahmadou Koufa, leader della Katiba Macina, più etno-islamista che islamista, avevano deciso di negoziare un uscita dalla crisi. Non volendo una simile politica, Abdelmalek Droukdal, leader di Al-Qaeda per tutto il Nord Africa e per la banda saheliana, ha poi deciso di riprendere il controllo e imporre la sua autorità, entrambi su Ahmadou. Koufa e Iyad ag Ghali. È stato poi “neutralizzato” dalle forze francesi informate dai servizi di Algeri preoccupati nel vedere che lo Stato Islamico si stava avvicinando al confine algerino.
L’Algeria, che considera il nord-ovest del BSS come il suo cortile, ha sempre “sponsorizzato” gli accordi di pace lì. Il suo uomo locale è Iyad ag Ghali, la cui famiglia vive nella regione di Ouargla. Questo ifora tuareg ha una base di popolarità a Bamako con l’Imam Mahmoud Dicko e soprattutto è contro la disgregazione del Mali, una priorità per l’Algeria che non vuole un Azawad indipendente che sia un faro per il suo possedere Tuareg.
Se fosse ben negoziato, il colpo di stato appena avvenuto in Mali potrebbe quindi, contrariamente a quanto scrive la maggior parte degli analisti, segnare l’accelerazione di un processo negoziale volto a sia il conflitto Soum-Macina-Liptako portato avanti dai Fulani, da qui l’importanza di Ahmadou Koufa, sia quello del nord del Mali, che è l’aggiornamento della tradizionale disputa Tuareg, da qui l’importanza di Iyad ag Ghali.
Il ritorno al gioco politico dei Tuareg radunato alla guida di Iyad ag Ghali, e quelli dei Peul al seguito di Ahmadou Koufa, permetterebbero quindi di concentrare tutti i mezzi sull’EIGS, e quindi di prevedere nel medio termine una riduzione di Barkhane, poi il suo slittamento verso la regione peri-ciadica dove gli elementi di futura destabilizzazione in atto eserciteranno pesanti minacce su Ciad e Camerun, il tutto alimentato dall’intrusione turca in Libia.
[1] A questo proposito, fare riferimento al mio libro Les Guerres du Sahel , des origines à nos jours.
Maggiori informazioni sul blog di Bernard Lugan .